Napoli, carabiniere uccide diciassettenne. Scoppia la rivolta, distrutte auto della polizia

Napoli, carabiniere uccide diciassettenne. Scoppia la rivolta, distrutte auto della polizia

Era in scooter insieme ad altri due nel quartiere Traiano e non si è fermato all’alt. I carabinieri: “Colpo accidentale”. Il fratello: “E’ stato un omicidio”

VIDEO La madre in lacrime: “So solo che mio figlio è morto”

Napoli, 5 settembre 2014 – Uno scooter, tre ragazzini. L’alt dei carabinieri, il mezzo che non si ferma; poi l’inseguimento e il colpo che parte. La notte balorda di Napoli si è portata via Davide Bifolco, 17enne del Rione Traiano.

SCOPPIA LA RIVOLTA – Dopo la tragedia in strada è scoppiata la rivolta: la gente si è sfogata distruggendo un’auto della polizia e danneggiandone altre. Ressa anche all’ospedale San Paolo, dove è stata trasportata la salma del giovane a disposizione dell’autorità giudiziaria per l’autopsia. In tanti si sono stretti attorno al dolore di parenti e amici sotto casa del 17enne ucciso. (FOTO – LO STRAZIO DEI PARENTI)

LA DINAMICA – Tutto in pochi minuti. Nella ricostruzione fornita dai carabinieri, la morte di Davide è il frutto di un colpo di pistola partito per errore durante le concitate fasi per arrivare a bloccare due delle tre persone che erano fuggite all’alt della pattuglia. Sono circa le 2.40 quando una gazzella del Nucleo radiomobile di Napoli, nota i tre senza casco che viaggiano in sella a uno scooter. Il conducente non si ferma all’alt, e inizia l’inseguimento. 
il guidatore del mezzo in corsa impatta contro una aiuola e perde il controllo, urta la gazzella, e scooter e passeggeri cadono a terra. Subito dopo la caduta, il latitante, Arturo Equabile, 23 anni, fugge a piedi facendo perdere le tracce pur inseguito da uno dei due componenti della pattuglia. A questo punto dalla sua pistola parte un proiettile in maniera accidentale e raggiunge, all’emitorace sinistro il diciassettenne. Il carabiniere è ora indagato per omicidio colposo.

FERMATO UN 18ENNE, FUGGITO UN LATITANTE – In caserma, fermato dai militari, un altro ragazzo che era a bordo dello scooter, il 18enne Salvatore Triunfo, con precedenti per reati contro il patrimonio e danneggiamento. I carabinieri invece hanno identificato e ricercano il terzo occupante dello scooter, un latitante, secondo quanto si è appreso, con precedenti per reati contro il patrimonio, evaso dai domiciliari a febbraio scorso. Davide invece non aveva nessun precedente penale.

LA MADRE – “Oggi sono morta anch’io”. Sono le parole pronunciate con la voce rotta dal pianto da Flora Mussorofo, mamma di Davide. “Aveva solo 17 anni – aggiunge – non poteva fare male a nessuno. Il suo unico svago era giocare a pallone”. Spiega poi di non ricordare se al suo arrivo il figlio fosse ammanettato o meno, perché “ero in preda al panico”.”Niente, Davide non ha fatto niente. Ma che ha fatto che l’hanno ucciso? Voglio giustizia”, prosegue la donna. E racconta: “Era a casa, ha preso un giubbino e un cappellino e mi ha detto ‘vado a fare un giro e vengo’. Cinque minuti, e mi ha chiamato una ragazza e ha detto ‘signora scendete che i carabinieri hanno fermato Davide, servono i documenti”. “Era morto a terra – prosegue Flora Mussoforo – lo chiamavo e gli dicevo ‘alzati, andiamo’. E poi ho detto ‘che avete fatto’, ma nessuno mi rispondeva”. La madre di Davide si rivolge nuovamente al carabiniere: “Venga qui e uccida anche me”. Prova ancora a ricostruire quanto accaduto ieri sera, quando Davide le ha chiesto un cappellino perché “voleva fare ancora un giro in motorino, ma aveva freddo”. Più tardi “sono venuti a chiamarmi – spiega – sono arrivata sul posto e ho visto mio figlio a terra, ho cercato di scuoterlo ma era morto”. (VIDEO – LA MADRE IN LACRIME)

IL FRATELLO – “E’ stato un omicidio, non s’inventino scuse. E’ stato un omicidio”, dice, anche lui tra le lacrime nel rione Traiano, il fratello di Davide, Tommaso Bifolco. “Non è caduto durante l’inseguimento – aggiunge – è stato speronato e ucciso”.

GLI AMICI – Enrico ha ancora lo sguardo spaventato. Ripete, quasi a memoria, quel che ha vissuto stanotte. Era a bordo di uno scooter insieme ad un amico, accanto a Davide. “Stavamo percorrendo un viale quando ad un certo punto una macchina dei carabinieri è andata contro lo scooter di Davide. E’ iniziato l’inseguimento, è stata puntata la pistola e Davide è stato ucciso – dice ancora – l’hanno ammanettato come il peggior dei criminali, nonostante fosse già stato colpito”. “Davide era un bravissimo ragazzo – aggiunge Enrico – per me era un fratello. Giocavamo a calcio, scherzavamo tra di noi. Non eravamo delinquenti, stavamo soltanto facendo un ultimo giro prima di tornare a casa”.

“Lo hanno investito, gli hanno sparato e lo hanno ammanettato. Lo hanno ucciso tre volte“. Sono le parole di un altro amico di Davide. “Si tratta di omicidio volontario – aggiunge un altro ragazzo ancora – è morto sul colpo ed è arrivato all’ospedale già morto”. Gli amici riuniti davanti alla casa del giovane, al Rione Traiano, chiedono “giustizia. Chi ha sparato deve pagare”. Un ragazzo che abita in una casa vicina a quella del 17enne ucciso sottolinea ai cronisti: “La camorra ci protegge, lo Stato ci uccide”. Poi si allontana velocemente. Rione Traiano è una delle zone di Napoli in cui è forte la presenza della criminalità, organizzata e non.

50 “italiani” tra gli jihadisti, in Italia 200 reclutatori. Allarme per terroristi infiltrati tra migranti

50 “italiani” tra gli jihadisti, in Italia 200 reclutatori. Allarme per terroristi infiltrati tra migranti

25 Agosto 2014. Politica

 

Cresce il pericolo jihadista in Italia con il risciò di gravi attentati. 50 giovani di seconda generazione sono già’ partiti per la Siria o l’Iraq. I servizi segreti italiani segnalano che sono partiti soprattutto dalle città’ del nord, da Milano a Ravenna. I più’ pericolosi sono pero’ i reclutatori, agenti residenti in Italia, rientrati dopo un periodo di addestramento in Afghanistan. Sarebbero pronti ad organizzare attentati. Intanto prosegue il contrabbando di uomini al posto del petrolio. In Libia e’ diventato il business principale. c’e’ pero’ il problema che gli jihadisti hanno conquistato il vecchio aeroporto e che cominciano a dettare legge anche in quel paese. E così, approfittando del contrabbando di uomini e spesso di morte, potrebbero cominciare ad infiltrate tra i migranti terroristi addestrati. E certo, visto i costi dell’addestramento, non li metterebbero su barche della morte, ma su imbarcazioni sicure di arrivare a Lamdepusa. L’Italia deve sbrigarsi a rivedere tutta la sua politica sui profughi o sarà tropo tardi. Sempre che già non lo sia. Impossibile contropporre solidarietà ad una guerra apertamente dichiarata.  La difesa e’ la prima regola per ogni democrazia.

GoInSardinia, a Olbia la rabbia dei passeggeri

GoinSardinia, indagine della Capitaneria di Olbia: “L’emergenza durerà per tutto il fine settimana”

“La situazione di emergenza legata a GoinSardinia durerà per tutto il fine settimana”. Lo ha precisato l’ammiraglio Nunzio Martello, della Capitaneria di porto di Olbia, che coordina il tavolo tecnico per le gestione dei disagi legati alle difficoltà della compagnia di navigazione sarda.

In porto, per tutta la giornata di giovedì, ha regnato il caos. Solo nella tarda mattinata, GoinSardinia ha comunicato l’impossibilità di garantire la tratta Livorno-Olbia. Per ore, oltre 1.600 passeggeri hanno cercato di reimbarcarsi su una nave per rientrare nella Penisola, dopo essere stati lasciati a piedi. Sono stati diversi gli episodi critici all’interno della stazione marittima Isola Bianca, con i turisti esasperati alla ricerca di informazioni su come rientrare a casa.

Al momento, la compagnia non ha comunicato, né alle autorità né ai passeggeri, se le tratte di venerdì verranno garantite. E così è corsa ad acquistare il biglietto con altre compagnie, anche se sono pochissimi i posti ancora liberi. La Regione sta seguendo l’evoluzione della situazione di ora in ora, in accordo con l’Autorità marittima di Olbia e la Prefettura di Sassari. L’assessore ai Trasporti Massimo Deiana ha attivato interlocuzioni con gli altri vettori “soprattutto con la compagnia Tirrenia che ha un contratto di servizio per trasporti da e per la Sardegna”, chiedendo di garantire la massima disponibilità di posti per i passeggeri e di praticare la migliore tariffa possibile. “La compagnia di navigazione Tirrenia – dice l’assessore- ha dato la disponibilità per i giorni di venerdì, sabato e domenica, cioè 29, 30 e 31 agosto, di 7 mila postiper i passeggeri e 1.100 posti auto”.

A tutti i passeggeri rimasti a terra, intanto, Confcommercio e Federalberghi Sardegna hanno assicurato unposto letto gratuito in una delle strutture alberghiere della Gallura, tra Olbia, Arzachena, San Teodoro e Budoni. “Adesso gestiamo l’emergenza – ha spiegato il presidente di Confcommercio regionale, Agostino Cicalò – poi, quando terminerà questa fase, occorrerà sederci tutti attorno ad un tavolo per pianificare gli interventi per il prossimo anno a partire dal settore dei trasporti che è essenziale per lo sviluppo della Sardegna e deve diventare più efficiente”.

Prima adozione figlio conviventi omosex

Adozioni: la prima volta di una coppia omosessuale

È stata riconosciuta dai Tribunale dei Minorenni di Roma l’adozione, da parte di una coppia di donne omosessuali (libere professioniste), di una bambina, figlia biologica di una di loro. “Le due mamme – ha spiegato Maria Antonia Pili, presidente AIAF del Friuli – hanno dapprima intrapreso e poi portato a termine un percorso di procreazione eterologa all’estero e, dopo la nascita della piccola, hanno stabilmente proseguito nel progetto di maternità condividendo con ottimi risultati i compiti educativi ed assistenzialì’.
Il ricorso – Secondo la presidente dell’AIAF hanno pure offerto alla bambina “una solida base affettiva”. Un’adozione come questa rappresenta il primo caso del genere in Italia. Come ha informato ancora l’avocato Pili, la coppia si era rivolta al Tribunale per il riconoscimento ed il ricorso è stato accolto sulla base dell’articolo 44 della Legge relativa all’adozione, la n. 184 del 4 maggio 1983, modificata nel 2001 dalla Legge 149.
Nell’interesse del minore – L’adozione, in casi particolari, è contemplata “nel superiore e preminente interesse del minore – come sottolinea la presidente AIAF – a mantenere anche formalmente con l’adulto, in questo caso genitore ‘sociale’, quel rapporto affettivo e di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo”. E questo a maggior ragione se nell’ambito di un nucleo familiare ed indipendentemente dall’orientamento sessuale dei genitori.
Nessuna discriminazione tra coppie conviventi – “La norma in questione, infatti, non contiene alcuna discriminazione tra coppie conviventi, siano essi eterosessuali o omosessualì”. Per Pili non si è trattato di concedere un diritto ex novo, ma della garanzia della copertura giuridica ad una situazione di fatto già consolidata.

Istat, Italia in deflazione (-0,1%)

Istat: consumi sempre più giù, l’Italia è in deflazione per la prima volta dal 1959

Italia è in deflazione. Ad agosto l’indice dei prezzi al consumo misurato dall’Istat nelle prime stime ha segnato un calo dello 0,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno (era +0,1% a luglio). L’Italia entra in deflazione per la prima volta da oltre 50 anni, cioè dal settembre del 1959, quando però l’economia era in forte crescita. Lo precisa l’Istat, ricordando che allora la variazione dei prezzi risultò negativa dell’1,1%, in una fase di 7 mesi di tassi negativi.
Il calo più marcato mai registrato dal nuovo indicatore – Il tasso di variazione annuale dei prezzi è in discesa da quattro mesi consecutivi e passa per la prima volta in negativo. Su base mensile i prezzi sono aumentati dello 0,2%, grazie soprattutto al contributo dei servizi relativi ai trasporti (+3,8%). L’indice europeo Ipca, rileva ancora l’Istat nei calcoli provvisori, scende dello 0,2% sia in termini congiunturali che tendenziali. Nel confronto annuo si tratta del calo più marcato mai registrato dal nuovo indicatore in cui, dal 2002, si tiene conto anche delle riduzioni temporanee di prezzo, ovvero degli sconti e dei saldi. L’inflazione acquisita per il 2014, ovvero il tasso che si avrebbe in media d’anno se il dato rimasse lo stesso fino a dicembre, sale allo 0,4% dallo 0,3% di luglio.
Giù anche gli alimentari – Ad agosto risulta ancora in deflazione anche il cosiddetto carrello della spesa, ovvero l’insieme dei beni che comprende l’alimentare, i beni per la cura della casa e della persona. Il ribasso annuo è infatti pari allo 0,2%, anche se in recupero rispetto al -0,6% di luglio.
Tre settori su dodici in deflazione,anche alimentare – Ad agosto risultano in deflazione tre settori su dodici, tra i comparti monitorati. I prezzi infatti scendono, su base annua, per alimentare (-0,5%), comunicazioni (-9,1%) e abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-1,1%). L’istituto di statistica sottolinea che tra i tre il capitolo comunicazioni presenta tassi negativi già da lungo tempo.

Che disastro se le generazioni si ignorano

Che disastro se le generazioni si ignorano

di Marco Lodoli

Dopo decenni di piazze virtuali, talk show debordanti, dibattiti infiniti nei salottini televisivi, forse è il caso di ritornare a parlare e ad ascoltare veramente. Uno dei problemi più vistosi del nostro paese sta proprio nell’incomunicabilità tra generazioni diverse.
Era bello e giusto ascoltare da bambini i racconti dei più vecchi e poi, giunti all’adolescenza, litigare con i padri su questioni decisive, su quella che una volta si chiamava visione della vita. C’era un confronto acceso, spesso uno scontro: i figli portavano una nuova concezione del mondo, la difendevano a oltranza, cercando gli argomenti più forti, e i padri ribadivano le loro idee, e così circolava una bella elettricità che inevitabilmente accendeva luci impreviste. Stridevano tra loro, le generazioni, si opponevano su trincee invisibili, provavano in ogni modo a far valere le proprie ragioni.
Del resto è sempre stato così: chi arriva dopo manifesta tutta la sua insoddisfazione per lo stato delle cose, e una cena in famiglia diventava una tenzone dialettica, uno scambio intenso di parole e sentimenti. Se non avessi discusso a lungo con mio padre, sempre su temi generali, assoluti direi, forse non sarei riuscito a chiarirmi i pensieri. Oggi mi sembra che questa fisiologica dialettica tra le età sia svanita, oggi le generazioni vivono dentro le loro riserve indiane, ignorandosi totalmente. Non si litiga più, si è indifferenti.
Ogni gruppo ha i suoi riti, i suoi miti, i suoi abiti da indossare, le sue abitudini e i suoi prodotti da consumare, i ventenni se ne sbattono dei cinquantenni, i cinquantenni non provano nemmeno a capire i ventenni e il silenzio dilaga. Ogni generazione è autosufficiente, procede velocemente facendo clan e dimenticando gli altri. I più vecchi parlano tra loro ricordando gli anni Settanta, De André, il mondiale di Paolo Rossi, i più giovani ascoltano i rapper e navigano sui loro siti Internet. I valichi si sono chiusi, nonni, padri, figli, nipoti si chiudono nelle loro stanze senza più uscire allo scoperto, senza più fare piazza.
Ogni comunità ha bisogno di conservare una memoria del passato e di aprirsi fiduciosa al futuro, di mescolare il mazzo di carte e distribuirle continuamente, ma ormai il fastidio prevale sulla curiosità, il mutismo sulla parola da dare e ricevere. Il tramonto e l’alba dovrebbero intrecciare le loro luci, perché il giorno sia vivo e sempre inclinato verso il giorno seguente. Se non ricominciamo a confrontarci con passione, tutto inaridirà nella logica della separazione distratta.
Non dobbiamo rimanere con i soliti quattro amici a rimbalzarci le solite opinioni, a scambiarci i soliti giochetti, le stesse preoccupazioni: dobbiamo immaginarci come una comunità viva, in cui il prima e il poi, come vene e arterie, fanno girare il sangue dell’esistenza. Ignorarsi significa solo impaludarsi nella melma delle sicurezze immobili.

La Uefa apre un’inchiesta su Tavecchio per i suoi “presunti commenti razzisti”

La Uefa apre un’inchiesta su Tavecchio per i suoi “presunti commenti razzisti”

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Il nuovo presidente della Figc nel mirino per il discusso discorso di presentazione della sua candidatura alla federazione. Tavecchio è tranquillo: “Si tratta di un atto dovuto, sono certo che potrò spiegare anche in sede UEFA sia il mio errore che le mie vere intenzioni”

Parigi, 20 agosto 2014  – L’Uefa ha aperto una inchiesta per “presunti commenti razzisti” nel confronti del nuovo presidente della Figc Carlo Tavecchio. Nel mirino dell’organismi calcistico europeo le dichiarazioni pronunciante da Tavecchio durante il discorso di presentazione della sua candidatura alla federazione.

Il neo presidente aveva detto:  “In serie A gioca chi mangiava le banane

La Uefa ha annunciato di aver “personalmente informato il presidente della Figc, Carlo Tavecchio, della decisione di aprire un’inchiesta disciplinare sui presunti commenti razzisti fatti durante la sua campagna elettorale per la presidenza della Federcalcio”. Le frasi in questione sono quelle su “Opti Poba”. A occuparsi della vicenda il comitato etico e disciplinare della Uefa.
TAVECCHIO: SERENO, SPIEGHERO’ MIE INTENZIONI  – “Sono sereno e rispettoso della decisione della UEFA. Del resto si tratta di un atto dovuto, quindi da noi stessi previsto e sono certo che potrò spiegare anche in sede UEFA sia il mio errore che le mie vere intenzioni”. Lo dice Carlo Tavecchio dopo l’apertura dell’inchiesta Uefa.

Renzi, la tripletta: via Senato, Unità e Fiat

Renzi, la tripletta: via Senato, Unità e Fiat

Renzi pensa molto di sé ma neppure lui avrebbe creduto a un simile colpo: liberare l’Italia negli stessi giorni, del Senato, dell’Unità e della Fiat. Non era facile perché non c’è apparente legame fra i tre grandi scomparsi, una istituzione, un giornale-memoria e una azienda che, da sola, rappresentava e garantiva l’Italia come Paese industriale. Non ditemi che mettere insieme le tre chiusure (o partenze per sempre) è solo una trovata polemica. Renzi è bravo, come dicono tutti (chiamandolo continuamente Matteo perché è così giovane, e dandogli ideali pacche sulle spalle) e se si chiude il Senato è solo per una sua decisione (il perché, dovremo estrarlo dalle macerie); se chiude l’Unità, ciò che resta di un pezzo glorioso del suo partito, è perché tutto quel passato di altri gli dà noia; se se ne va la Fiat, un esodo unico in Europa e mai accaduto in un grande Paese, è perché il suo disinteresse per ciò che non controlla  – o lui o la Boschi – lo innervosisce e, francamente, non gli interessa.

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Nella loro diversa pesantezza e dimensione, tutti e tre gli eventi hanno un loro aspetto non chiaro (e anzi, misterioso) e stupisce che così tanta parte dei media italiani si prestino a celebrare due degli eventi e a ignorare il terzo.

Nonostante la memoria corta di un mondo su cui piovono Twitter e hashtag come la cenere dopo Hiroshima, credo che si ricorderà la fine del Senato. Perché non se ne conosce la ragione; perché c’erano cose ben più urgenti da fare; perché ha sradicato in modo rozzo e violento i molti legami, ascendenze e conseguenze nellaCostituzione; perché, come ha detto bene, chiaro e al momento giusto, il capogruppo di Forza Italia Paolo Romani, questa legge porta due firme: quella di Matteo Renzi e quella di Silvio Berlusconi. Lo testimonia un’immagine destinata a restare come quelle dei Marines di Iwo Jima: Maria Rosaria Rossi, di casa Berlusconi, abbraccia Maria Elena Boschi, di casa Renzi, con il furore femminile di poche grandi occasioni della vita. La commenta bene, in un desolato e bellissimo testo, su Il Corriere della Sera (7 agosto) Corrado Stajano: “Perché, ci si chiede, discutere della legge fondamentale della Repubblica in modo così affannoso e dilettantesco, con il ritmo di una tappa a cronometro su pista, tra minacce e blandizie?”. Nell’entusiasmo del momento si erano persino dimenticati che Giorgio Napolitano, a un certo momento, avrebbe dovuto diventare senatore a vita. E la Finocchiaro è dovuta correre indietro a inserire un’eccezione per ex presidenti della Repubblica, che restano d’ora in poi i soli senatori a vita. Ma dove? Nel festoso suk di portatori di interessi nominati dalle Regioni.

Intanto Renzi ha chiuso l’Unità. Ma quando mai?, ti direbbero al Nazareno, se ti accogliessero e non temessero che qualcuno gli guardi le carte sul tavolo. L’Unità, ti direbbero, ha finito la corsa, punto e basta. Svelto com’è, Renzi non ha neanche perduto tempo a verificare se e come l’organo del Partito Democratico svolge il suo ruolo. Sì, qualche volta avrà notato con la coda dell’occhio, che non era tutto scritto da lui, che non c’entrava, neppure dopo anni di Ds e poi di Pd remissivo e sempre pronto a qualche pacificazione, con la nuova vita insieme, lui e Berlusconi, Berlusconi e lui.>

Non tutti cambiano radicalmente in una o due assemblee, come i membri di direzione del suo partito. Dopo tutto quel giornale ha mai aperto con grande foto del sorriso fisso sulla non realtà della Boschi o della incompetente e dannosa gentilezza della Madia? Diciamo la verità: il giornale stava nei ranghi ma non lo aveva ancora portato in trionfo. E poi, a certe scadenze, veniva fuori con certi ricordi e immagini e voci di cui non senti il bisogno, mentre condividi questa nuova Italia rinnovata e pacificata con Berlusconi. Intanto se i competenti del mondo fanno notare le tue disattenzioni economiche e il rischio grave dell’Italia, sei già circondato di “grandi giornali” italiani detti indipendenti che si occupano di non dirlo. Infine deve avere notato che nessuno, anche tra i più miti redattori dell’Unità, era mai stato boy scout. Renzi ha imparato solo la prima parte del celebre motto: “Tutti per uno”. È svelto, e passa subito alla conclusione: chiudere, e farla finita, come gli dice Verdini da un pezzo, con la paccottiglia comunista.

La Fiat, che era l’immagine dell’Italia industriale nel mondo e il punto di riferimento per l’industria italiana (se lo fa la Fiat, come fa la Fiat…) si è sfilata con agilità dalle tasse (paga a Londra), dai legami con l’Italia (ha sede amministrativa e legale in Olanda) e dalla produzione (che ha luogo alla periferia di Detroit). Di fronte a un evento di tale enormità i politici non c’erano, non al Parlamento di una o due Camere, non al governo. Renzi lavorava a cambiare verso, a cambiare l’Italia, a forgiare le riforme che tracciano qualche solco ma non si sa per dove.

Anche perché gli hanno portato a Palazzo Chigi tre immensi gipponi, che sarebbero destinati alla produzione italiana (famosa nel mondo per la Cinquecento, ricordate?). Ma la produzione italiana non esiste. Piani, progetti e investimenti sono stati tenuti fermi. E gli operai della Fiat, noti nel mondo per il loro lavoro, ora sopravvivono in buon numero con la cassa integrazione di questa Repubblica, mentre la Casa Tudor-Marchionne paga al governo inglese. Renzi? Per lui va bene. Il Paese gli sembra più fresco, più giovane. Senza Fiat, senza Unità, senza Senato, lui ci ha riportati come bambini al mattino di una giornata che ci promette bellissima. Se righiamo dritto, senza ostruzionismi e senza menarla sulla Costituzione.

Sant’Anna di Stazzema, “Mio zio SS trucidò la vostra gente. Piango, dovevano punirlo”

Sant’Anna di Stazzema, “Mio zio SS trucidò la vostra gente. Piango, dovevano punirlo”

1944-2014. La lettera, inedita, che il nipote di Heinrich Schendel, uno degli 8 componenti della 16esima divisione Reichsführer SS, ha spedito a Enrico Pieri, uno dei pochi sopravvissuti all’eccidio nazista del 1944, di cui ricorre il 70esimo il 12 agosto. “La voglio conoscere, ma non avevo il coraggio di scrivere. Quando ho letto i racconti dei testimoni mi è venuto da piangere. Il fatto che gli assassini potevano vivere solo con la menzogna e l’inganno di se stessi, mi fa pensare che forse anche lì c’è una forma di giustizia”

Sant’Anna di Stazzema, “Mio zio SS trucidò la vostra gente. Piango, dovevano punirlo”

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“Lei non mi conosce e non so se ha voglia di leggere la mia lettera. Mi chiamo Andreas Schenkel, ho 42 anni e sono un nipote di Heinrich Schendel, uno degli assassini di Sant’Anna”. La Storia ha un modo misterioso di fare le presentazioni. Quella della famiglia di un soldato delle SS con Enrico Pieri, superstite di Sant’Anna di Stazzema, arriva solo oggi, 70 anni dopo la strage nazifascista che lo ha lasciato solo al mondo, a 10 anni, con il terrore nel cuore. Arriva sotto forma di una lettera di due pagine scritte al computer in times new roman e spedite dal nipote di uno dei tedeschi che il12 agosto del 1944 giunsero nel paesino versiliese all’alba, accompagnati da fascisti locali.  A Sant’Anna le SS scaricarono le mitragliatrici su 560 persone indifese, squartarono la pancia a donne incinte. Nei forni, accesi per cuocere il pane, chiusero bambini ancora vivi. Altri, i più piccoli, furono lanciati in aria per un tiro al bersaglio. Un eccidio programmato al dettaglio, per terrorizzare la popolazione e isolare i partigiani.

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Enrico Pieri quel giorno sopravvisse a tutta la famiglia, nascondendosi in un sottoscala. Oggi ha 80 anni e ha ricevuto una lettera, che affida a ilfattoquotidiano.it perché venga pubblicata. A scriverla è Andreas Schendel. Suo zio Heinrich, fratello maggiore di suo padre, era uno degli otto componenti della 16esima divisione corazzata “Reichsführer SS” (il grado più alto tra le Schutz Staffeln) ancora vivi quando, nel 2005, il tribunale militare di La Spezia li ha condannati all’ergastolo, che nessuno ha scontato.

“Mio zio Heinrich è morto un anno fa a 91 anni” fa sapere Andreas. Ma in tutto questo tempo nessuno, nella famiglia Schendel, ha mai voluto parlare di Sant’Anna. “Mia nonna si è suicidata dopo la fine della guerra. Suo figlio Heinrich ha lasciato la famiglia e ha rotto ogni contatto. Ciò che era successo allora ha prodotto una famiglia diuomini soli e infelici. Dopo i funerali di mio zio – continua l’uomo – mio padre ha parlato con i familiari di Heinrich e tutti negavano quello che era successo. Il fatto che gli assassini e le loro famiglie potevano continuare a vivere soltanto con la menzogna e l’inganno di se stessi e che gli assassini non hanno vissuto bene, mi fa pensare che forse anche lì c’è una forma di giustizia. Ma sono delle questioni molto difficili… e mi chiedo cosa ne pensa Lei…”.

Andreas Schendel ha scoperto per caso la verità da grande, solo sei anni fa. “Da allora – confessa al sopravvissuto – sento il bisogno di scriverle e di parlarle”. Il giovane Schendel aveva scritto a Pieri molte altre lettere, ma questa è la prima che ha avuto il coraggio di spedire, dopo essere stato ossessionato da ricordi di fatti che non ha mai vissuto, quelli del 12 agosto 1944 a Sant’Anna. “Ho letto il racconto dei testimoni dell’eccidio e mi è venuto da piangere. Nella mia mente sono impresse delle immagini incancellabili ormai da anni. Purtroppo non ho nessuno in famiglia che vorrebbe parlarne”.

Schendel confida anche alcuni presagi, vere e proprie visioni di morte, che lo hanno inseguito durante l’infanzia e che, da adulto, ha creduto di ricollegare a Sant’Anna. “Fin da bambino ho avvertito istintivamente molte cose. Sono cresciuto in campagna e spesso giocavo nel bosco, giocavo alla guerra, e mi sembrava che lì fossero nascosti tanti cadaveri di donne e bambini e che io in qualche modo ne fossi responsabile. Non capivo quelle mie fantasie, fino a quando non sono venuto a sapere di Sant’Anna”. Suggestioni misteriose che il nipote del carnefice definisce “fantasie tremende e inspiegabili”, dettate da un intreccio di destini e silenzi familiari che adesso è più che mai deciso a rompere. “Io ho la fortuna di appartenere a quella piccola parte della famiglia che ama la vita – scrive Schendel – e forse per questo ho la forza di confrontarmi con il passato”.

Andreas vorrebbe visitare Sant’Anna con suo padre, il fratello minore di Heinrich Schendel. Conclude la lettera ringraziando Pieri per averlo “guarito” con il suo impegno a favore della memoria e augura a lui e alla sua nuova famiglia ogni bene. “Gli ho risposto. Gli ho scritto una lettera. Il perdono? No, quello non lo posso dare. Ma lui non ha nessuna colpa. Gli ho scritto che venga a Sant’Anna se vuole rendersi conto di cosa è successo” dice Pieri a ilfattoquotidiano.it. E della madre dell’assassino, che dopo la guerra si è tolta la vita, non si stupisce più di tanto. “Penso che non fosse l’unica ad avere dei rimorsi. Lui dice che la sua famiglia ha pagato. Uno che ha commesso dei delitti, che ha ammazzato dei bambini, qualche rimorso ce lo dovrà pur avere, tranquillo non sta, a meno che non sia un criminale di professione. Però non tutti vanno dietro agli ordini, c’è chi ha rinunciato a sparare”. “Purtroppo – conclude – sono stati pochi”.

Migranti, il bilancio si aggrava: 29 i cadaveri nella stiva.

Migranti, il bilancio si aggrava: 29 i cadaveri nella stiva. Tra loro anche bimbo di un anno

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Nella giornata di ieri recuperati 749 migranti. Arrivati a Messina i 440 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia

Roma, 20 luglio 2014 – Sono 29 e non 19 i cadaveri trovati nella stiva del barcone soccorso ieri nel Canale di Sicilia e trainato a Malta dopo il trasbordo dei 556 migranti su una petroliera danese arrivata nel pomeriggio a Messina. Tra le vittime anche un bimbo di un anno che viaggiava insiema alla madre. Ieri un’altra persona era morta durante il trasferimento in motovedetta a Lampedusa, ma il numero delle vittime è destinato a salire visto che ci sono ancora almeno 30 dispersi.

Secondo fonti malesi, i migranti – quasi tutti di origine siriana – sono morti nella calca durante un naufragio, secondo fonti italiane invece, avrebbero perso la vita a causa dei fumi tossici provenienti dal motore.

Intanto continuano senza sosta le attività delle  Unità della Marina Militare. Ieri 5 interventi di salvataggio hanno portato al recupero di 749 migranti tra cui 100 donne, 61 minori e un neonato. Questa mattina quattro ponti aerei hanno permesso di trasferire 368 immigrati dal centro d’accoglienza di Lampedusa (Ag) a Vicenza, Verona, Venezia, Reggio Emilia, Rimini, Forlì e Rovigo. Nella struttura di contrada Imbriacola rimangono 640 persone.

Sono infine sbarcati a Pozzallo 203 nigeriani, tra cui due donne, soccorsi da una nave petroliera che li ha recuperati su due gommoni a 45 miglia a nord della Libia. Ma i due centri di accoglienza in provincia di Ragusa, Pozzallo e Comiso, sono pieni ed è probabile che i nuovi arrivati verranno trasferiti in pullman verso altri centri siciliani.

GENOVA – “Non sono scafisti, ma schiavisti“: così si è espresso il questore di Genova Vincenzo Montemagno riferendosi ai tre egiziani arrestati la scorsa notte con l’accusa di essere stati gli scafisti dei 106 passeggeri naufragati al largo di Capo Passero e successivamente sbarcati a Genova grazie a una petroliera che li ha salvati. “Hanno fatto fare a questi profughi un viaggio in condizioni disumane. Li hanno picchiati e ricattati chiedendo loro piu’ denaro altrimenti li avrebbero buttati in mare e li hanno costretti a stare per ore sotto il sole dentro teloni per non farsi vedere” ha detto il questore, aggiungendo: “Meritano una pena esemplare”. Gli arrestati, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, hanno 25, 26 e 17 anni.

LE PAROLE DEL PREMIER – “Il problema va risolto alla radice”, aveva detto ieri Matteo Renzi. Mentre il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, auspica l’utilizzo delle caserme per accogliere i migranti, arrivati ormai a quota 80mila durante il 2014.