Scontro Renzi-calcio su chi deve pagare gli straordinari alla Polizia

Scontro Renzi-calcio su chi deve pagare gli straordinari alla Polizia SONDAGGIO

matteo renzi in tribuna al franchi

01 ottobre alle 19:00

Chi deve pagare gli straordinari delle forze dell’ordine impegnate negli stadi? I club, secondo il Premier Matteo Renzi, che su Twitter, facendo riferimento ai contenuti del decreto stadi in votazione alla Camera, scrive: “Gli straordinari delle forze dell’ordine impegnate negli stadi devono essere pagati dalle società di calcio, non dai cittadini“.

LA SERIE A E’ CONTRARIA – Di diverso parere il presidente della Lega di Serie A, Maurizio Beretta, che aRadio 24 spiega: “Il provvedimento così come è ci preoccupa molto, per la sua realtà e per il precedente che rischia di costituire. Le società di calcio sono contribuenti significativi come tutti gli altri e penso che non sia facile stabilire cosa è ordinario e cosa straordinario, perché dipende dai modelli organizzativi. Poi questa cosa è dedicata al calcio o agli eventi sportivi come è scritto nel testo dell’emendamento. Penso che ci siano tante cose su cui è necessario fare chiarezza. Spiace trovarsi questa sorpresa senza un minimo confronto e credo che questo sia un rammarico legittimo”.

Il costo degli straordinari, ogni anno, è di 25 milioni di euro, come ricorda l’agenzia Agi: “Sono il fatturato di molte società di calcio e bisognerebbe avere chiaro il quadro e molte di queste società hanno bilanci in tensione – commenta ancora Beretta -. Con questa operazione rischiamo di scaricare oneri su realtà anche importanti che poi sono chiamate a competere all’estero, a fare una serie di attività. Ricordo che tutta la sicurezza all’interno degli stadi, che sono pubblici, è pagata dalle società direttamente con gli steward. Credo che si stia cercando di addossare un peso su alcune realtà che già ne sopportano una parte significativa. Se andiamo a guardare numeri e cose sarà più facile capire di che grandezza stiamo parlando, poi abbiamo massimo rispetto del legislatore”.

PARLA TAVECCHIO – Sul sito della Figc, un comunicato riassume il pensiero del presidente Carlo Tavecchio sulla vicenda. IL COMUNICATO – La FIGC condivide le parole e le preoccupazioni del presidente della Lega di Serie A Maurizio Beretta  riguardo l’emendamento al decreto stadi approvato dalle commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera, con il quale si intende introdurre un contributo dei club (in percentuale sugli incassi da botteghino) per il pagamento dei costi della sicurezza in occasione degli eventi sportivi. Come già affermato dal presidente Carlo Tavecchio in occasione dell’audizione in commissione lo scorso 16 settembre, il mondo del calcio è consapevole delle ragioni e delle esigenze delle Forze dell’Ordine, con le quali da tempo si sta lavorando in maniera congiunta e proficua, ma chiede un confronto urgente affinché si sgombri il campo da inutili demagogie. “Occorre fare chiarezza su competenze e risorse disponibili – afferma Tavecchio – quindi analizzare con attenzione il contributo già fornito all’Erario direttamente dalle Società ed indirettamente anche attraverso i giochi e le scommesse sportive, al fine di verificare l’intera filiera dei ricavi collegati al gioco del calcio, rispetto alle risorse di cui beneficia. Sono convinto che attraverso una discussione preventiva e approfondita, di concerto con il CONI, si potranno trovare soluzioni condivise”. La Federcalcio rappresenta l’interlocutore imprescindibile per l’approfondimento di tematiche così importanti e si è già attivata nelle sedi competenti perché si avvii sull’argomento un dialogo proficuo.

INTERVIENE ANCHE MALAGO’ – Giovanni Malagò, presidente del Coni, commenta, come si legge su Gazzetta.it: “Il presidente della Lega Serie A Beretta è preoccupato? Lo capisco, ha ragione. Come tutte le questioni giuste o sbagliate che siano, se sono fatte in corso d’opera, se tu hai un tuo bilancio e dalla mattina alla sera ti dicono che hai una spesa supplementare che, per altro ancora non ho capito come si quantifica, è chiaro che non va bene. Servirebbe un’analisi generale per “ridisegnare un vero rapporto con tutto il sistema calcio” valutando “quelli che sono i benefici e gli introiti che ha il pubblico rispetto ai costi che ha”.

L’ITALIA IN «MISSIONE PROLUNGATA» DI GUERRA SOTTO COMANDO USA

L’ITALIA IN «MISSIONE PROLUNGATA» DI GUERRA SOTTO COMANDO USA

 

di Manlio Dinucci

 

Fonte: Il Manifesto (Italia)

 

Domani – alla vigilia del 13° anniversario dell’11 settembre che segnò l’inizio della «guerra globale al terrorismo» incentrata su Al Qaeda e l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq da parte di coalizioni a guida USA – il presidente Obama annuncerà, in un solenne discorso alla nazione, il lancio di una nuova offensiva a guida USA mirante, secondo quanto ha dichiarato domenica in una intervista alla NBC, ad «affrontare la minaccia proveniente dallo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS)». Pur non inviando ufficialmente forze di terra in Iraq e Siria, il presidente promette: «Degraderemo sistematicamente le capacità dei militanti sunniti dell’ISIS, restringeremo il territorio che controllano e, infine, li sconfiggeremo».

La strategia è stata ufficializzata nella Dichiarazione finale del recente Summit NATO [1], in cui si afferma (al punto 37) che «l’ISIS, con la sua recente avanzata in Iraq, è divenuto una minaccia transnazionale». Chi ne è responsabile? I 28 governi NATO (compreso quello Renzi) non hanno dubbi: «Il regime di Assad che ha contribuito all’emergere dell’ISIS in Siria e alla sua espansione al di là di questo Paese». Si capovolge così la realtà: come già ampiamente documentato, i primi nuclei del futuro ISIS si formano quando, per rovesciare Gheddafi in Libia nel 2011, la NATO finanzia e arma gruppi islamici fino a poco prima definiti terroristi (esprimendo ora, nella Dichiarazione del Summit, «profonda preoccupazione per le attuali violenze in Libia»). Dopo aver contribuito a rovesciare Gheddafi, essi passano in Siria per rovesciare Assad. Qui, nel 2013, nasce l’ISIS che riceve finanziamenti, armi e vie di transito dai più stretti alleati degli Stati Uniti: Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Turchia, Giordania. In base a un piano sicuramente coordinato dalla Cia.

L’ISIS lancia poi l’offensiva in Iraq, non a caso nel momento in cui il governo presieduto da Nouri al-Maliki sta prendendo le distanze da Washington, avvicinandosi sempre più alla Cina. Essa compra circa la metà della produzione petrolifera dell’Iraq, fortemente aumentata, ed effettua grossi investimenti nella sua industria estrattiva. Lo scorso febbraio, i due governi firmano accordi che prevedono forniture militari da parte della Cina. Lo scorso maggio al-Maliki partecipa, a Shanghai, alla Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia, insieme al presidente russo Vladimir Putin e ad Hassan Rouhani, presidente dell’Iran. Paese con cui il governo al-Maliki aveva firmato nel novembre 2013 un accordo che, sfidando l’embargo voluto da Washington, prevede l’acquisto di armi iraniane. Su questo sfondo si colloca l’offensiva dell’ISIS, che incendia l’Iraq trovando materia infiammabile nella rivalità sunniti-sciiti.

L’ISIS svolge quindi di fatto un ruolo funzionale alla strategia USA/NATO di demolizione degli Stati attraverso la guerra coperta. Ciò non significa che la massa dei suoi militanti, proveniente da diversi Paesi, ne sia consapevole. Essa è molto composita: ne fanno parte sia combattenti islamici, formatisi nel dramma della guerra, sia ex militari dell’epoca di Saddam Hussein che hanno combattuto contro gli invasori, sia molti altri le cui storie sono sempre legate alle tragiche situazioni sociali provocate dalla prima guerra del Golfo e dalle successive nell’arco di oltre vent’anni. Ne fanno parte anche diversi provenienti da Stati Uniti ed Europa, dietro le cui maschere certamente si nascondono agenti segreti appositamente formati per tali operazioni.

Detto questo, vi sono fatti incontrovertibili i quali dimostrano che l’ISIS è una pedina del nuovo grande gioco imperiale in Medio Oriente. Nel maggio 2013, un mese dopo aver fondato l’ISIS, Ibrahim al-Badri – il «califfo» oggi noto col nome di battaglia di Abu Bakr al-Baghdadi – incontra in Siria il senatore statunitense John McCain, capofila dei repubblicani incaricato dal democratico Obama di svolgere operazioni segrete per conto del governo. L’incontro è documentato fotograficamente (v. l’articolo di Thierry Meyssan [2]). Molto sospetto è anche l’illimitato accesso che l’ISIS ha alle reti mediatiche mondiali, dominate dai colossi statunitensi ed europei, attraverso cui diffonde i filmati delle decapitazioni che, suscitando orrore, creano una vasta opinione pubblica favorevole all’intervento della coalizione a guida USA in Iraq e Siria. Il cui reale scopo strategico è la rioccupazione dell’Iraq e la demolizione della Siria.

Si apre così, preparata da 145 attacchi aerei effettuati in Iraq in un mese dall’aviazione USA, una «missione prolungata» di guerra che – precisa A. Blinken, viceconsigliere di Obama per la sicurezza nazionale – «durerà probabilmente oltre l’attuale amministrazione». Guerra in cui il governo Renzi, scavalcando il Parlamento, si è già impegnato a far partecipare l’Italia. I nostri cacciabombardieri sono pronti, ha annunciato la ministra della «difesa» Pinotti, per «un’azione militare, che bisognerebbe avere il coraggio di fare».

Rifiuti radioattivi, gestirli in modo più razionale

Rifiuti radioattivi, gestirli in modo più razionale

Rifiuti radioattivi, gestirli in modo più razionale

Più informazioni su: .

La Francia, riferisce La Stampa del 9 settembre, ha deciso di bloccare il trasferimento dall’Italia delcombustibile nucleare da riprocessare. I trasporti nucleari da Saluggia via Val Susa a La Hague vengono, al momento, interrotti.

Sappiamo, in particolare, che da Saluggia (sede di depositi temporanei di rifiuti radioattivi) e Trino (ex centrale nucleare) le scorie nucleari vengono inviate via treno a La Hague per un riprocessamento che, in teoria, dovrebbe mettere in sicurezza i rifiuti atomici, ma che in pratica attenua ma non annulla affatto il lascito mortale dei prodotti di fissione consumati nei reattori, ancorché dismessi.

Lo sappiamo, perché il movimento No Tav ha avuto il merito di promuovere, in particolare a Villar Focchiardo, comune che a suo tempo ha predisposto un ricorso al Tar, convegni aperti e sostenuti da interventi di esperti sull’argomento ed ha attivato in collaborazione con i francesi di Sortir du Nucléaire, una rete di attivisti che protestano con blocchi non violenti per sollevare il problema della messa in sicurezza del percorso dei treni carichi di materiali radioattivi.

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Le stesse scorie trattate nell’impianto francese dovrebbero compiere il cammino a ritroso per l’immagazzinamento finale in Italia nel deposito unico di stoccaggio che dovrebbe essere pronto entro il 2025, come richiesto dalle normative in atto nei Paesi europei. Ma a Parigi non si fidano che potremmo, noi “italiani”, riprendere le scorie indietro, costruendo in massima sicurezza un deposito entro la scadenza del 2025. Ed ecco la decisione di sospendere i viaggi.

Dopo i cinque viaggi già effettuati, La Stampainforma che “a Trino restano ancora 47 barre di combustibile nucleare esaurito e a Saluggia 13,2 tonnellate di combustibile irraggiato che aspettano di varcare le Alpi per essere riprocessate“. Sarebbero necessari ancora tre viaggi, che, al solito, avvengono pressoché clandestinamente.

Per la sede del deposito italiano, che sarà di superficie (e dunque non sotterraneo come quello a suo tempo ipotizzato a Scanzano Jonico), Giampiero Godioex ricercatore dell’impianto di Eurex, teme che alla fine si punti su Saluggia, in provincia di Vercelli. In effetti, afferma, “l’Italia è quel Paese noto per far diventare definitivo il temporaneo. A Saluggia c’è già depositata la maggioranza delle scorie radioattive italiane nei centri D2 e D3, tra l’altro in una collocazione “infame”, a ridosso della Dora Baltea (dove le esondazioni del fiume sono frequenti e i recenti fenomeni estremi si sono già manifestati)”.

Dovrebbe essere – e questo è per noi inconcepibile – la società pubblica Soginazienda che gestisce lo smantellamento delle vecchie centrali, appena uscita da periodo di sprechi, scandali e indagini,  a occuparsi dell’iter di predisposizione del deposito, da definire e perfezionare entro il gennaio del 2015.

I francesi hanno motivi seri per dubitare dei nostri tempi, in quanto va ricordato, ad esempio, che secondo legge n. 368 del 2003, di recepimento delle direttive Ue, il deposito nazionale avrebbe dovuto essere operativo entro la fine del 2008. Ma siamo al punto in cui siamo: cioè, di fatto, si sta partendo, a chiacchiere, solo ora per ripiegare magari sui palliativi più facilmente a disposizione.

Non va infine dimenticato che il riprocessamento effettuato a La Hague con la tecnologiaPurex serve alla Francia anche per estrarre dalle scorie radioattive il plutonio necessario alla costruzione delle sue bombe atomiche.

L’intera vicenda possiamo inserirla nella categoria: “referendum del 2011 da attuare”. Gli italiani, in 27 milioni si sono pronunciati contro il rischio nucleare, quindi dobbiamo esigere dai decisori politici che la questione dei rifiuti radioattivi, nel rispetto della volontà popolare, sia gestita nel modo più razionale trasparente e sicuro possibile.

DIETRO RENZI LA LOBBY DELLA PRIVATIZZAZIONE DELLA POLIZIA

DIETRO RENZI LA LOBBY DELLA PRIVATIZZAZIONE DELLA POLIZIA

 

di comidad

 

L’ex ministro dell’Istruzione Gelmini ha rivendicato il copyright sulle proposte di “riforma” della Scuola avanzate in questi giorni da Matteo Renzi. La Gelmini ha fatto riferimento a quelli che, secondo lei, sarebbero i capisaldi della “riforma” che porta il suo nome: “il superamento del ’68”, il “merito”, ecc.

Il ricordo del ’68 ha sempre un notevole potenziale di distrazione, ed infatti la Gelmini si è dimenticata di ricordare l’effetto principale di quella “riforma” a lei attribuita, e cioè l’abolizione dell’istruzione tecnica. Col ’68 l’istruzione tecnica non c’entrava nulla, dato che risaliva addirittura ai governi post-unitari. Se in Italia sono potuti nascere un ENI o un ENEL praticamente da un giorno all’altro, è stato perché era possibile attingere ai diplomati degli Istituti Tecnici. Quell’istruzione tecnica che prima lo Stato garantiva pressoché gratuitamente, oggi gli studenti sono costretti a comprarsela, spesso a credito, indebitandosi con banche e finanziarie; e poi magari iscrivendosi a quei corsi di laurea triennale che avrebbero dovuto sostituire la tradizionale figura del diplomato-perito. In realtà la figura del laureato triennale (l’ingegnere di serie B) interessa oggi alle aziende molto meno del diplomato del tipo pre-riforma Gelmini.

Con maggiore probabilità, però la Gelmini non ha dimenticato, ma semplicemente non ne ha mai saputo nulla, poiché la sua funzione di “ministro” consisteva appunto nel confondere le acque, mentre dietro di lei le lobby curavano i propri affari. Altrettanto probabilmente, ciò vale anche per Renzi, che forse non sa neppure di cosa parla, ma recita il copione che gli hanno affidato, composto inesorabilmente dai soliti luoghi comuni. Un altro slogan con specifica funzione fumogena e diversiva, è infatti quello del “merito”. Per quanto possa essere relativo questo concetto (in ambito lavorativo significa servilismo verso i dirigenti e spionaggio verso i colleghi), fa sorridere la prospettiva di una valutazione del “merito”, comunque concepito, affidata a personalità “borderline” come gli attuali dirigenti scolastici, reclutati nella feccia della categoria docente, fra i soggetti più affini alla criminalità comune.

Come oggi Renzi, a suo tempo anche la Gelmini tenne i media impegnati a parlare di aspetti astratti o marginali, mentre le vere modifiche al sistema passavano sotto silenzio. Probabilmente tra un mese Renzi tirerà fuori come un coniglio dal cilindro il provvedimento che davvero gli interessa (cioè interessa al Fondo Monetario Internazionale), cioè lo spostamento dell’ultimo anno del liceo verso l’università, a configurare un sistema analogo a quello statunitense, che distingue College (un doppione del Liceo) e University.

Più generoso della Gelmini, è stato invece l’ex ministro Brunetta, che non ha rivendicato copyright nei confronti di Renzi, sebbene lo stesso Brunetta possa considerarsi l’antesignano ed il precursore delle polemiche scomposte verso le cosiddette “forze dell’ordine”. Qualcuno ancora si ricorda dell’epiteto di “panzoni” lanciato ai poliziotti dal ministro nel 2009. Lo stesso Brunetta qualche giorno dopo presentò delle “scuse” che di fatto rincaravano la dose, poiché il ministro continuava ad accusare la gran parte dei poliziotti di svolgere un lavoro da “passacarte”.

Con altrettanta insolenza, oggi Renzi accusa poliziotti e carabinieri di essere dei “ricattatori” per aver prospettato un’ipotesi di sciopero. Come si vede, poliziotti e carabinieri sono garantiti e protetti solo quando ammazzano persone inermi ai posti di blocco. Lì se la cavano sempre con accuse di “omicidio colposo” che poi svaniscono per strada. Nell’omicidio a Rione Traiano di una settimana fa, i media si sono lanciati in pseudo-analisi sociologiche sul “degrado” napoletano, mentre richiedere un’analisi del sangue dei carabinieri coinvolti nella vicenda sarebbe stato più consono ai dati di fatto. La diffusione dell’alcolismo e delle tossicodipendenze fra i “tutori dell’ordine”, costituisce infatti uno di quei capitoli su cui non è lecito far domande. A proposito di distrazione, il razzismo antimeridionale può vantare un potenziale praticamente illimitato. Nonostante i narco-Stati e le Mafialand disseminate dalla NATO nei Balcani, persino tra le “opposizioni” c’è ancora chi è disposto a bersi le “Gomorre” e le “Terre dei Fuochi”.

Polizia e carabinieri non sfuggono però al “trend” europeo, che vede le lobby interessarsi al lucroso business della privatizzazione delle forze di polizia. Nel Regno Unito il processo di privatizzazione delle cosiddette forze dell’ordine è già in fase avanzata.

La privatizzazione dei corpi di polizia comporterà inevitabilmente un certo grado di dissacrazione mediatica di quelle “forze dell’ordine” che una volta non potevano neppure essere sfiorate dalla critica. Sarebbe stato invece interessante, ad esempio, capire quanto incidano le “forze dell’ordine” nella quota dei reati commessi, cioè quante “Uno Bianca” esistano ancora.

Può apparire inoltre paradossale la posizione di poliziotti e carabinieri, impegnati a criminalizzare e reprimere proprio i movimenti che lottano contro quelle privatizzazioni che oggi vanno a colpire persino le cosiddette forze dell’ordine. Anche la smilitarizzazione e l’accorpamento dell’Arma dei carabinieri alla polizia di Stato (come è già avvenuto in Francia con la Gendarmerie), servirebbe appunto a porre le basi giuridiche per privatizzazioni a tappeto. Infatti, nonostante la presunta “buona amministrazione” francese, nessun risparmio è derivato dalla privatizzazione della Gendarmerie.

D’altra parte le lobby delle privatizzazioni non sono solo esterne alle istituzioni, ma coinvolgono anche i funzionari interni. Come è già accaduto per l’industria di Stato, una gran parte della nomenklatura poliziesca si prepara a riciclarsi nei panni di “imprenditoria privata”, anche se ovviamente sarà sempre il contribuente a pagare. La contrapposizione tra Stato e “privato” rimane infatti sul piano meramente astratto, dato che molti funzionari pubblici militano nella lobby delle privatizzazioni.

Una scintilla “accese” la vita sulla Terra

Una scintilla “accese” la vita sulla Terra: la scoperta a 60 anni dall’esperimento di Miller

Una “scintilla elettrica” ha dato il via a tutte le reazioni chimiche che hanno portato allo sviluppo delle molecole base della vita. Lo ha dimostrato una ricerca nata dalla collaborazione fra Italia e Francia e pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas). Antonino Marco Saitta, dell’università Sorbona di Parigi, e Franz Saija, dell’Istituto per i processi chimico-fisici del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) a Messina, hanno riprodotto l’esperimento di Stanley Miller, che oltre 60 anni fa ricostruì in laboratorio l’origine delle molecole alla base della vita.
Scariche elettriche innescarono formazione degli amminoacidi – La nuova simulazione dimostra per la prima volta che sono state delle scariche elettriche ad innescare la formazione dei “mattoni” della vita, gli amminoacidi. L’analisi su scala atomica fatta adesso con l’aiuto di modelli computerizzati ha indicato infatti che le reazioni chimiche alla base della vita, finora mai chiarite nei dettagli, sono state innescate da scariche elettriche.
Molecole della vita si formano in ambienti molto semplici – Nel loro esperimento, Miller e Urey dimostrarono che prendendo le sostanze volatili più semplici, come metano, ammoniaca, acqua, idrogeno, e producendo una scarica elettrica, si recuperano amminoacidi, quindi che le molecole della vita si formano da sole in ambienti molto semplici. Nel ripetere quell’esperimento, Saitta e Saija hanno applicato dei campi elettrici sopra i 0,35 volt per Angstrom a queste miscele di molecole semplici, che hanno formato velocemente e spontaneamente delle molecole di acido formico e di formammide.
Ricercatori hanno ottenuto anche un protoaminoacido – Con scariche elettriche di 0,5 volt si è arrivati alla formazione di un protoaminoacido. ”I ricercatori italiani e francesi hanno fornito una base teorica e il dettaglio delle reazioni di chimica quantistica all’esperimento di Miller”, commenta Ernesto Di Mauro, docente di Genetica molecolare dell’università Sapienza di Roma. Due i dati interessanti della ricerca, secondo Di Mauro.
Nella reazione si è formata dalla formalmide – ”Nella reazione – spiega – si è formata dalla formalmide, il prodotto base per la sintesi degli aminoacidi, dei precursori del dna e degli acidi metabolici”. E poi l’uso di scariche elettriche come sorgente di energia, ”che ci riporta al vento solare – conclude – fatto non solo di luce, ma di elettroni e protoni, e perciò di elettricità. L’aver identificato la via biosintetica che porta da sostanze semplici ai precursori della vita, genetica e metabolica, indirizza la chimica di base per applicazioni biotecnologiche, come sostanze antivirali e gli ormoni”.

Napoli: Bobbio choc, viva carabiniere Rione Traiano, e’ vera vittima

Napoli: Bobbio choc, viva carabiniere Rione Traiano, e’ vera vittima

Adnkronos NewsAdnkronos News – 51 minuti fa

Napoli, 7 set. – (Adnkronos) – “Viva e sempre l’Arma dei Carabinieri e le forze di Polizia, qualunque cosa accada. E viva il carabiniere di Rione Traiano”. Non usa giri di parole Luigi Bobbio, per anni pm della Dda di Napoli ed ex sindaco di Castellammare di Stabia, che dalla sua pagina Facebook interviene nel dibattito sulla morte del 17enne Davide Bifolco. “Sono convinto – scrive Bobbio – che, specialmente nello stato in cui siamo, giustficazionismo, buonismo, perdonismo e pietà non solo non servono a niente ma aggravano il male”.

Secondo Bobbio, la “vera vittima” della vicenda è il carabiniere, “vittima del suo senso del dovere e del fatto di essere chiamato a operare in una realtà schifosa in cui la mentalità delinquenziale e l’inclinazione a vivere violando ogni regola possibile è la normalità. A 17 anni ormai si è uomini fatti, e gli uomini sono responsabili delle loro scelte, delle loro azioni e del loro stile di vita. Un carabiniere è un carabiniere e un teppista è un teppista. E i Carabinieri non devono proteggere i teppisti ma, al contrario, proteggere i ragazzi perbene dai teppisti, dai delinquenti e dagli sbandati”. (segue)

Certificati medici e sport amatoriale, anche quest’anno si rischia il caos

Certificati medici e sport amatoriale, anche quest’anno si rischia il caos

Certificati medici e sport amatoriale, anche quest’anno si rischia il caos. Il Dl Fare del 2013 ha cancellato l’obbligo del certificato medico per svolgere attività ludico-motoria amatoriale (per esempio nuoto libero o palestra) ma nonostante ciò nell’ultimo anno le strutture hanno continuato a richiederlo ai fini dell’iscrizione. E il rischio è che anche quest’anno nonostante la legge i cittadini siano costretti a pagare dai 30 ai 50 euro per un certificato che non serve.
Le palestre non si sentono tutelate – Nonostante i chiarimenti del Ministero i dubbi ancora permangono. Dubbi che dovrebbero essere quasi sciolti per quanto riguarda invece i certificati per le attività sportive non agonistiche (quelle organizzate dalle scuole, nell’ambito di attività parascolastiche e quelle dei giochi studenteschi a livello provinciale o regionale) su cui sono in arrivo nuove linee guida. Il certificato sarà obbligatorio e avrà validità annuale. L’elettrocardiogramma, invece, dovrà essere effettuato almeno una volta nella vita (dai 60 anni una volta l’anno).
Ma come scegliere lo sport giusto per i bambini? – Prima, fino a 4 o 5 anni di vita, imparare a percepire il proprio corpo nello spazio, quindi aprirsi ad attività di squadra e ad attività specialistiche. Questo il percorso sportivo ideale per i più piccoli, secondo gli esperti dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che, in occasione della ripresa dell’anno scolastico, prevengono le domande di molti genitori con una serie di consigli pensati per aiutarli a scegliere l’attività migliore per i propri figli.
Il nuoto resta lo sport ideale per i più piccoli – Anche in età prescolare il nuoto resta lo sport ideale per i più piccoli. Oltre a questo, fino ai 7-8 anni sarebbe bene far loro praticare attività come l’atletica leggera o la ginnastica, in cui il piccolo impara ad utilizzare il proprio corpo nello spazio e a migliorare la coordinazione neuromotoria. Impegno atletico, aspetto ludico e spirito di squadra sono le virtù delle discipline sportive collettive, come calcio, pallavolo, basket. In genere, però, spiegano gli esperti, i bimbi sono pronti ad apprezzarle solo dopo i 7 anni. Oltre i 9-10 anni ci si può accostare anche a discipline più specializzate, che richiedono ad esempio il contemporaneo utilizzo di un attrezzo, come avviene nella scherma, nel tennis e nel tiro con l’arco, che favoriscono, in particolare, la capacità di concentrazione.
Nel caso di malattie croniche, niente paura – L’80% dei piccoli pazienti, purché con le precauzioni basilari, può non deve astenersi dal praticare sport. Anzi, “l’attività sportiva può essere anche parte del piano terapeutico”, spiega Attilio Turchetta, responsabile di Medicina dello Sport del Bambino Gesù, dove è attiva, da tempo, una specifica Unità Operativa dedicata alla valutazione funzionale e alla certificazione medico-sportiva di bimbi affetti da patologie come cardiopatie congenite, malattie oncologiche, renali, polmonari o neuromuscolari. “Praticare sport – aggiunge – produce un incremento dell’autostima tale da superare molte delle difficoltà che una malattia crea”.

Italia, meta più votata del mondo dai lettori di Traveller

Italia, meta più votata del mondo dai lettori di Traveller

4 settembre 2014

L’Italia guida la classifica delle mete mondiali più votate dai lettori di Traveller

Traveller, la celebre rivista di viaggi edita da Conde Nast, come ogni anno chiede ai propri lettori di votare le destinazioni più appealing del mondo. E, per la seconda volta consecutiva, l’Italia guida la classifica. Il merito della vittoria va ricercato soprattutto nel fascino dell’abbinata cultura e cibo. Al secondo posto si piazzano gli Usa (considerati il miglior luogo dove soggiornare), seguiti da Francia, Spagna e Grecia. Insomma, a livello mondiale la Vecchia Europa guadagna ben 4 posizioni nella top five. Con l’Italia in testa.

Marchionne: “L’Italia sembra incapace di reagire, ma abbiamo fiducia nel governo Renzi”

Marchionne: “L’Italia sembra incapace di reagire, ma abbiamo fiducia nel governo Renzi”

L’amministratore delegato di Fiat-Crysler al Meeting di Rimini. “Il premier ha un compito arduo, ma vada avanti. Dobbiamo smettere di aspettare il miracolo, il futuro dipende da noi”

Rimini, 30 agosto 2014 – L’Italia vive oggi “una recessione prolungata in condizioni che non sono più in grado di garantire un paese competitivo”. Lo ha detto l’ad di Fiat Sergio Marchionne, intervenendo al Meeting Cl di Rimini, secondo cui però il nostro paese “non sembra capace di reagire”. “Saranno almeno 10 anni che dico che abbiamo bisogno di riforme e trasformazioni strutturali” per recuperare “il livello competitivo del Paese”, ha avvertito Marchionne.
Per Fiat “guardare un Paese immobile e incapace di avviare un anche piccolo cambiamento è qualcosa di inconcepibile”, ha spiegato l’a.d. aggiungendo di riporre “la massima fiducia nel governo, anche se fino ad ora chi ha guidato il Paese si è scontrato con un muro di gomma”. “Il presidente Renzi – ha sottolineato –  ha di fronte un ruolo arduo e ingrato. Appare coraggioso e determinato a fare le riforme e io l’ho incoraggiato a proseguire l’intento riformatore senza curarsi degli attacchi”.
Abbiamo passato vent’anni a far finta di fare riforme sociali. Non abbiamo neppure approfittato dell’adesione all’euro, con cui potevamo finanziare le riforme – ha proseguito sempre Marchionne -. Abbiamo solo alimentato una dialettica distruttiva che ha indebolito le istituzioni, così gli investitori non arrivano, i salari si erodono e il tenore di vita cala”. “Quando dico noi, dico tutti. Destra e sinistra, e imprenditori”, ha puntualizzato.
Dobbiamo smettere di aspettare il miracolo, se le riforme fossero davvero varate saremmo i primi a salutarli con gioia ma noi non possiamo riporre tutte le speranza nell’attesa”, ha proseguito l’amministratore delegato di Fiat-Crysler Sergio, sferzando poi i giovani di Cl. “A chi si è iscrittto alla scuola della rassegnazione dico che il futuro non dipende da nessun altro se non da noi. Non aspettate che ve lo dica qualcuno o che vi arrivi una direttiva sulla scrivania. Invece di combattere le inefficienze della democrazia, pensate a un modello nuovo, costruitevi un percorso ma iniziate oggi, iniziate subito, accettate la sfida dell’ignoto”.
E ancora: “Le speranze per il futuro dell’Italia sono in mano alla gente che fa e che decide di reagire, di impegnarsi e mettersi in gioco. Questa è l’esperienza della Fiat- ha sottolineato Marchionne- Decidendo la fusione con la Crysler ci siamo giocati tutto e io in particolare la mia carriera. Abbiamo deciso di assumerci il rischio facendo scelte coraggiose. Ribadiamo anche che non chiudiamo nessuno stabilimento in Italia“. Ma la Fiat oggi per Marchionne “è solo uno degli esempi di quello che si può fare se ognuno di noi fa la propria parte: si può invertire la rotta, quando la voglia di impegnarci vince sulle scelte facili”. “Non è per fare i presuntuosi”, ha detto, ma “per dimostrare che anche in situazioni disperate, anche quando la concorrenza ti considera morto, ti puoi rialzare”. Nel Paese serve una svolta, avverte più volte: “La realtà è che dobbiamo guardare avanti, che non possiamo più aspettare, il Paese sta prendendo una brutta impennata”.
Non sopporto più gente con gelati, barchette e cavolate. Voglio essere orgoglioso di essere italiano, di poter dire che siamo veramente bravi come gli altri perché lo siamo”, ha detto ancora Marchionne rispondendo a margine del suo intervento in merito alla vicenda della copertina dell’Econimist che ritrae il premier Matteo Renzi con un cono gelato in mano ed anche all’ironica risposta del premier stesso di ieri nel cortile di Palazzo Chigi, quando si è fatto fotografare con un vero cono gelato in mano (FOTO). Marchionne ha premesso: “La gente che si impegna a fare le cose, di qualsiasi colore sia, la appoggio. Sono i benvenuti”. “Non possiamo aspettare più. Il sistema ha bisogno di azione e bisogna muoversi – ha ammonito -. Ho preso la Fiat come esempio: non possiamo piùaspettare che vengano modificate le regole, che la gente ci segua, che troviamo accordi, che troviamo soluzioni per tutte le poltrone disponibili. A me non interessa un cavolo”.