Riciclaggio, sono estraneo alla vicenda

Riciclaggio, sono estraneo alla vicenda

Mauro Brandani

IN merito all’articolo pubblicato il 17 maggio 2013 dal titolo «Riciclaggio, arrestato giudice del Tar. Il faccendiere: ho entrature nello Ior» e in merito alla smentita del dottor Cipriani pubblicata il 21 maggio 2013, in cui si ripete la circostanza del mio arresto, dichiaro che non sono mai stato arrestato, né indagato e che sono totalmente estraneo alle vicende riportate.

L’ultima prima pagina de l’Unita’

Melanoma, ecco come prevenirlo e riconoscerlo precocemente

Melanoma, ecco come prevenirlo e riconoscerlo precocemente

di Brigida Stagno

L’estate è alle porte e i media tornano a parlare di melanoma: è importante, se si pensa al legame ormai accertato con l’esposizione al sole senza precauzioni e alle maggiori possibilità di prevenzione e diagnosi precoce rispetto al passato. Di questo tumore cutaneo, tra i più aggressivi in assoluto, bisognerebbe in realtà rivolgere l’attenzione tutto l’anno, sia per la moda crescente dei lettini solari anche in inverno, sia per sensibilizzare l’opinione pubblica sul’importanza del controllo periodico dei nei dal dermatologo.
Negli ultimi 10 anni l’incidenza del melanoma è aumentata del 30% e ogni anno questo tumore colpisce nel mondo quasi 200 mila persone, 9 mila delle quali in Italia, con 1500 decessi l’annoSe la diagnosi è precoce, il melanoma può però essere trattato con la chirurgia, mentre in caso contrario può diffondersi ad altre parti dell’organismo, come fegato, polmoni, ossa e cervello (melanoma metastatico), rendendo il trattamento molto difficile con le terapie convenzionali. In questo caso la sopravvivenza media è infatti inferiore ai 9 mesi, con una mortalità a 5 anni dell’85%.
Ma quali sono i consigli per prevenirlo? Innanzitutto è importante conoscere il proprio fototipo ed utilizzare creme solari adeguate alla propria pelle, soprattutto nei bambini e ragazzi sotto i 15 anni. Le persone con pelle chiara, sensibile ai raggi solari, tendente a scottature o con molti nei corrono un rischio maggiore di sviluppare il melanoma (anche se il tumore può nascere sulla pelle normale), specialmente se si espongono frequentemente ai raggi solari e/o UV. Al contrario, le persone con pelle scura hanno meno probabilità di ammalarsi. In ogni caso, è consigliabile ridurre al minimo l’esposizione ai raggi solari, in particolare nelle ore centrali della giornata (per evitare le scottature), utilizzare indumenti adeguati (cappelli, magliette, occhiali), sostare all’ombra, non esporre al sole i bambini fino al 6° mese ed evitare l’uso di lampade e lettini abbronzanti. Ma attenzione. Anche una storia familiare di melanoma aumenta il rischio e il 5–10% dei pazienti con diagnosi di questa neoplasia ha un parente che ha avuto la stessa malattia.
Quanto ai nei, è bene controllarli per verificare eventuali cambiamenti (nel 20-30% circa dei casi il melanoma può degenerare da un neo pre-esistente), e fare un controllo una volta l’anno dal dermatologo o comunque ogni volta che si nota una loro mutazione. L’“ABCDE” del melanoma” prevede il controllo delle cinque caratteristiche dei nei e le loro modificazioni (Asimmetria, Bordo, Colore, Diametro ed Evoluzione). La diagnosi non è però sempre facile, anche perché il melanoma colpisce non solo la cute, ma anche la mucosa orale o genitale (10% dei casi), oppure l’occhio (2-3%) e addirittura il letto dell’unghia. La diagnosi precisa è possibile solo asportando chirurgicamente la lesione sospetta e facendo l’esame istologico.
Nella lotta a questa neoplasia ”- osserva la dottoressa Paola Queirolo, Presidente di IMI (Intergruppo Melanoma Italiano) – oncologia medica Ospedale San Martino di Genova – “oltre alla prevenzione, all’educazione a partire dalle nuove generazioni e alla diagnosi precoce, che aumenta l’efficacia della cura e permette una guarigione nel 95% dei casi, è fondamentale l’accesso a terapie innovative, come il vemurafemib. Si tratta di una terapia personalizzata, in grado di agire in modo specifico in tutti i pazienti con la mutazione del gene BRAF, alterato in circa il 50% dei casi di melanoma metastatico e implicato nell’aumento della crescita e della proliferazione cellulare, bloccando così la crescita delle cellule tumorali. Questo nuovo farmaco (somministrabile per bocca) ha dimostrato sui malati con melanoma metastatico e gene BRAF mutato di aumentare la sopravvivenza, che con la chemioterapia standard (dacarbazina) era in media di 6-9 mesi dalla diagnosi di metastasi. In particolare, in uno studio mondiale pubblicato sulla rivista scientifica “The Lancet Oncology”, condotto su 3200 pazienti con melanoma metastatico,  questa molecola ha determinato una sopravvivenza dopo un anno del 52%, e del 36% dopo 18 mesi. Grazie alla disponibilità di test diagnostici molecolari sempre più precisi, capaci di valutare la presenza della mutazione del gene BRAF, siamo quindi in grado di selezionare quei pazienti con melanoma metastatico da curare con questi farmaci specifici (inibitori del BRAF)”.

STOP AI MOZZICONI ABBANDONATI SULLE SPIAGGE ITALIANE GRAZIE A “MA IL MARE NON VALE UNA CICCA?”

STOP AI MOZZICONI ABBANDONATI SULLE SPIAGGE ITALIANE GRAZIE A “MA IL MARE NON VALE UNA CICCA?”

 

Torna sulle spiagge italiane, per il sesto anno consecutivo, la campagna “Ma il mare non vale una cicca?”: il week end del 2 e 3 agosto lungo gli oltre 8.000 km di coste italiane saranno in azione oltre mille volontari impegnati nella distribuzione di 120.000 posacenere tascabili, lavabili e quindi riutilizzabili (20.000 in più rispetto allo scorso anno). L’iniziativa permetterà di risparmiare al mare una fila di mozziconi lunga come un ponte tra Roma e Cagliari, che coprirebbe una distanza di circa 500 km.

Come ogni anno, la campagna è promossa dall’associazione Marevivo in collaborazione con JTI (Japan Tobacco International), con il supporto del Sindacato Italiano Balneari, il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e il sostegno del Corpo delle Capitanerie di Porto. Testimonial dell’edizione 2014 Massimiliano “Max” Giusti, attore, comico, conduttore televisivo, doppiatore e imitatore, che ha deciso di sostenere la campagna, condividendo l’impegno di Marevivo a difesa del mare italiano.

“Un ponte di 500 km composto interamente da cicche che collega Roma e Cagliari. Quando ho provato a focalizzare quest’immagine sono rimasto a bocca aperta – ha dichiarato Max Giusti spiegando la sua adesione alla campagna –. Si dice sempre che da piccoli gesti nascono grandi risultati. Mai vero come in questo caso: semplicemente spegnere la propria cicca nel posacenere tascabile piuttosto che abbandonarla sulla sabbia porta anni di vita e benessere al nostro mare”.

L’iniziativa, che ogni anno avvicina e informa migliaia di bagnanti, intende dunque promuovere un gesto semplice, da cui dipende però l’integrità delle nostre spiagge e dei nostri mari: riporre il mozzicone di sigaretta nell’apposito posacenere anziché abbandonarlo sulla spiaggia.

Infatti, se stimiamo un consumo medio di 12 sigarette al giorno per fumatore (dati dell’Istituto Superiore della Sanità), si può ragionevolmente affermare che sono oltre 16 milioni le cicche risparmiate al mare e alla spiaggia per effetto delle sei edizioni, per un totale di oltre mezzo milione di posacenere distribuiti.

“Basta con i mozziconi sulla spiaggia e in mare, una volta e per tutte impariamo a considerare la cicca di sigaretta per quella che è effettivamente: un rifiuto e, come tale, va gettato in maniera corretta. Nulla più di una semplice cicca di sigaretta dimostra quanto possiamo fare tutti, ogni giorno e con i gesti più semplici, per migliorare l’ambiente che ci circonda – ha commentato Carmen Di Penta, direttore generale di Marevivo –. Anche quest’anno la nostra iniziativa ‘Ma il mare non vale una cicca?’ mostra come, attraverso l’impegno di tutti e assumendo comportamenti più responsabili e rispettosi dell’ecosistema marino, si possa difendere e tutelare le nostre spiagge e le nostre coste”.

“‘Ma il mare non vale una cicca?’ rientra in un più ampio piano di responsabilità sociale e sostenibilità ambientale che JTI porta avanti da anni in tutti i Paesi in cui opera e in particolare in Italia: siamo uno dei principali player del settore ed è nostro dovere promuovere un comportamento responsabile e rispettoso dell’ambiente da parte dei fumatori – ha commentato PierCarlo Alessiani, presidente e amministratore delegato di JT International Italia –. Incoraggiare il corretto smaltimento dei mozziconi è una parte fondamentale delle attività JTI per la salvaguardia dell’ambiente. Ci muoviamo su due livelli: da un lato facendo informazione, dall’altro distribuendo gratuitamente i posaceneri tascabili che dal 2008 a oggi sono stati oltre 4 milioni. Inoltre, a giugno abbiamo lanciato “Like IT”, una nuova campagna di sensibilizzazione attraverso cui, nel corso dell’anno, saranno distribuiti posacenere tascabili in numerose città italiane, in concomitanza con gli eventi culturali supportati da JTI. Un impegno che continua, in tutto il Paese, costante nel tempo”.

Anni d’inquinamento possono essere scontati agli oceani se si evita di disperdere nell’ambiente i rifiuti, anche i più piccoli: un mozzicone di sigaretta, ad esempio, impiega da 1 a 5 anni prima della completa degradazione. Il problema può sembrare contenuto se considerato su scala individuale, ma assume dimensioni importanti a livello aggregato: basti pensare che i mozziconi di sigaretta, al primo posto nella lista dei 10 rifiuti più raccolti nelle strade, costituiscono tra il 30 e il 40% dei rifiuti nel Mar Mediterraneo (dati del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente – UNEP).

Questi numeri spiegano l’importanza della campagna “Ma il mare non vale una cicca?” e vanno associati ai risultati potenziali dell’iniziativa, che quest’anno coinvolge anche 25 aree marine protette.

Ogni posacenere può contenere fino a un massimo di sei mozziconi, e ipotizzando che venga riempito e svuotato due volte al giorno (ogni fumatore consuma una media di 12 sigarette al giorno – dati Istituto Superiore Sanità), si può calcolare che verranno risparmiati al mare 1.440.000 mozziconi al giorno (120.000 posacenere x 12 mozziconi), 2,8 milioni considerando soltanto i due giorni della campagna.

PANNELLI SOLARI: ORIENTAMENTO A EST E OVEST MEGLIO CHE A SUD

PANNELLI SOLARI: ORIENTAMENTO A EST E OVEST MEGLIO CHE A SUD

 

di Francesca Fiore

 

Orientare i pannelli solari verso est e verso ovest, anziché verso sud, come si fa generalmente: secondo Ralph Gottschalg, professore della Loughborough University, questa sarebbe la soluzione per aumentarne la resa.

Massimizzare la produzione di energia elettrica dal sole è l’obiettivo dei ricercatori che, in tutto il mondo, sono impegnati a migliorare l’efficienza dei pannelli solari: solitamente, i pannelli solari sono orientati a sud, per assorbire la maggior quantità di luce possibile.

Gottschalg, a capo di un team che mira a fornire una risposta per alcuni problemi irrisolti riguardo alla produzione solare, spiega però che sono molti gli interventi da fare per permettere che i pannelli fotovoltaici sui tetti rendano al massimo: primo fra tutte, la posizione.

Secondo il professore, che ha spiegato l’idea in un’intervista radiofonica a Four Radio, sistemare i pannelli rivolgendoli a sud, creerebbe una serie di ombre dovute alla poca distanza dei pannelli circostanti: questo vale soprattutto per i grandi impianti, ma anche per i tetti.

Sistemarli invece in modo alternato, rivolti sia verso est che verso ovest, permetterebbe di tagliare l’ombra, pur posizionandoli molto vicini fra loro. Un singolo pannello, rivolto sia a est che a ovest, sarebbe l’ideale: in questo modo, gli spazi fra i pannelli sarebbero ridotti notevolmente e la produzione di energia massimizzata.

Non è solo una questione di quantità di luce solare in valore assoluto, ma anche di opportunità: i pannelli esposti a sud generano più elettricità nel pomeriggio, quando il sole è al punto massimo. Ma, allo stesso tempo, questo avviene quando le famiglie sono al lavoro e non possono utilizzare tutta la potenza generata.

Gottschalg ammette che l’installazione suggerita è difficile da realizzare, a causa della forma dei tetti: ma invita il governo a mettere in campo sussidi e agevolazioni per i proprietari di grandi impianti che volessero modificare l’orientamento dei propri pannelli.

Per questo, oltre alla sistemazione dei pannelli, il professore suggerisce una serie di modifiche e azioni da intraprendere, per aumentare la resa dei pannelli ed evitare le dispersioni: lo stimolo all’utilizzo delle batterie, ad esempio, o l’immissione della quota extra sulla rete.

Anche la rete, conclude il professore, dovrebbe essere ammodernata con interventi mirati, per evitare interruzioni di energia o sovraccarichi impossibili da gestire.

Sei milioni spariti dalle casse dell’esercito: 3 arresti nel napoletano

Sei milioni spariti dalle casse dell’esercito: 3 arresti nel napoletano

LaPresse
Roma, 26 mag. (LaPresse) – Una gigantesca sottazione di fondi dalle casse dell’esercito italiano, scoperta dagli stessi responsabili del Centro Amministrativo dell’esercito e denunciata ai carabinieri, ha portato all’arresto, questa mattina, di 3 persone e alla segnalazione di altri 44 soggetti alle Procure militare e ordinaria, per i reati di peculato militare, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, nell’ambito di un’indagine svolta insieme da guardia di finanza e carabinieri della capitale. In totale sono stati sottratti alle casse dell’esercito 6 milioni di euro.
Destinatari delle misure cautelari dell’Autorità Giudiziaria romana sono un commercialista, un imprenditore e un pensionato campani. L’attività di carabinieri e guardia di finanza di Roma ha consentito di portare alla luce un vasto sistema di frode che, con la collaborazione di un maresciallo dell’esercito, già rimosso e sospeso dal suo incarico dallo stesso esercito e la cui posizione è attualmente al vaglio dalla Procura militare di Roma, e grazie a una fitta rete di collegamenti, ideati ed attuati da un commercialista, ha portato alla sottrazione dei sei milioni, finiti su conti correnti di decine di soggetti compiacenti, residenti perlopiù nella provincia di Napoli. La frode è stata scoperta grazie all’analisi di documentazione bancaria, intercettazioni telefoniche, indagini patrimoniali e onfessioni di decine di soggetti coinvolti.
La frode prevedeva il coinvolgimento, con ruoli principali, di un commercialista, di un luogotenente dell’esercito e di due soggetti incaricati di reperire altre persone disposte ad occultare le somme rubate, facendole transitare dai propri conti correnti, per poi prelevarle in contanti e restituirle agli organizzatori del sistema, non prima di averne trattenuto una piccola parte per l’opera fornita. La truffa è stata realizzata negli anni che vanno dal 2010 al 2013. I conti correnti su cui veniva riveersato il denaro erano 44. E’ stato accertato che il sottufficiale continuava a godere del denaro rubato sperperandolo in vacanze, autovetture e immobili e sponsorizzando la sua passione di cantante amatoriale, fino all’intervento degli investigatori che hanno proceduto al sequestro di tutti i conti correnti degli indagati e ricostruito minuziosamente il loro patrimonio.
26 maggio 2014

COLESTEROLO: 10 CIBI PER RIDURLO E TENERLO A BADA

COLESTEROLO: 10 CIBI PER RIDURLO E TENERLO A BADA

 

di Marta Albè

 

Colesterolo alto? Alcuni cibi possono contribuire ad abbassarlo. In linea di massima, seguire una dieta ricca di verdura, legumi, frutta e cereali integrali dovrebbe aiutarci a mantenere i livelli di colesterolo sotto controllo.

Certi alimenti più di altri, in base a specifici studi scientifici, sono considerati utili allo scopo.

Ecco quali sono alcuni dei nostri migliori alleati naturali per abbassare il colesterolo grazie ad un’alimentazione più sana.

1) Fragole

Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università Politecnica di Ancona ha evidenziato che le fragole aiutano a ridurre i livelli di colesterolo LDL e di trigliceridi. Ad un gruppo di volontari in buona salute è stato richiesto di consumare mezzo chilo di fragole ogni giorno per un mese. Il merito sarebbe delle antocianine, i pigmenti che donano al frutto il caratteristico colore rosso.

2) Pomodori

I pomodori sono un rimedio naturale per contrastare il colesterolo alto e l’ipertensione, soprattutto se mangiati cotti e con regolarità. Il merito è del licopene, un carotenoide antiossidante che contribuisce inoltre a ridurre il rischio di infarto e di ictus. Secondo gli esperti che hanno condotto lo studio in questione, il licopene può ridurre il colesterolo LDL fino al 10% se assunto ogni giorno in dosi superiori a 25 milligrammi.

3) Anguria

L’estate si avvicina e presto sarà tempo di anguria, una vera e propria alleata per il cuore e per ridurre il colesterolo LDL. Lo ha rivelato uno studio condotto presso l’Università americana di Purdue. Un gruppo di ricercatori ha evidenziato che l’anguria protegge il cuore grazie alla citrulina, una sostanza già nota alla comunità scientifica per le sue proprietà benefiche contro ipertensione e malattie cardiache. Secondo alcuni studiosi, basterebbe una fetta di anguria al giorno per aiutare il nostro organismo a ridurre i livelli di colesterolo cattivo.

4) Pistacchi

I pistacchi potrebbero rappresentare l’arma segreta per combattere pressione alta, stress e colesterolo. Secondo gli scienziati che di recente hanno condotto una ricerca in proposito, mangiare con regolarità dosi contenute di pistacchi aiuterebbe in modo concreto a tenere sotto controllo alcuni problemi di salute, compresi il colesterolo alto e l’ipertensione. I pistacchi se assunti in piccole quantità e con regolarità, aiutano a ridurre il colesterolo cattivo e ad aumentare i livelli di colesterolo buono e di antiossidanti nel sangue.

5) Legumi

Una porzione di legumi al giorno aiuta ad abbassare il colesterolo. Via libera dunque a ceci, fagioli, piselli e lenticchie. Secondo uno studio pubblicato in Canada, i legumi ci aiutano a ridurre i livelli di colesterolo LDL del 5% se consumati una volta al giorno. Nello stesso tempo si ridurrebbe il rischio di contrarre malattie cardiovascolari. Sono sufficienti 130 grammi di legumi al giorno per avere effetti positivi. I legumi inoltre offrono al nostro corpo un ricco apporto di proteine e di sali minerali. Tra i legumi troviamo anche la soia, che secondo la Harvard Medical School avrebbe però effetti più modesti rispetto a quanto comunemente si creda. Chi preferisce non consumare soia, dunque, può scegliere tra gli altri legumi.

6) Avena

La Harvard Medical School indica l’avena tra gli alimenti che possono aiutare ad abbassare il colesterolo. Potrete, ad esempio, scegliere i fiocchi d’avena per arricchire la vostra colazione ed accompagnarli a della frutta fresca e di stagione. L’avena aiuta ad abbassare il colesterolo grazie alla sua ricchezza di fibre. Secondo gli esperti, dovremmo assumere da 20 a 35 grammi di fibre ogni giorno, tra cui 10 grammi di fibre insolubili.

7) Orzo

Anche l’orzo e altri cereali integrali, per via della loro ricchezza di fibre possono contribuire ad abbassare il colesterolo. Nei negozi di prodotti biologici potrete acquistare sia cereali integrali in chicco da utilizzare per la preparazione di primi piatti e di insalate che fiocchi di cereali integrali per la colazione, oppure le relative farine da utilizzare per la preparazione casalinga del pane o della pasta.

8) Noci

Noci, ma anche mandorle e arachidi, insieme ad altre tipologie di frutta secca, secondo gli studi più recenti sono benefiche per abbassare il colesterolo. Consumare circa 50 grammi di frutta secca al giorno, secondo quanto indicato dalla Harvard Medical School, aiuterebbe ad abbassare il colesterolo del 5%. Inoltre la frutta secca contiene altri nutrienti benefici per il cuore, perciò il suo consumo viene consigliato per la prevenzione dei disturbi cardiaci.

9) Mele

Una mela al giorno toglie il medico di torno e aiuta ad abbassare il colesterolo. Le mele sono davvero un toccasana per la nostra salute e secondo alcune ricerche condotte nel Regno Unito, mangiare una mela al giorno ridurrebbe le morti dovute al rischio cardiovascolare proprio come assumere una statina al giorno, ma senza effetti collaterali. Le statine sono farmaci che vengono prescritti proprio per abbassare il colesterolo. Le mele sono ricche di pectina, che contribuisce al loro effetto benefico. Altri tipi di frutta particolarmente utili sono uva, agrumi e le già citate fragole.

10) Melanzane

Ancora da Harvard, ecco la segnalazione di un ortaggio particolarmente indicato per abbassare il colesterolo. Si tratta delle melanzane, che hanno un basso contenuto di calorie e che allo stesso tempo sono ricche di fibre. Dunque ricordiamo di consumarle spesso, soprattutto quando sono di stagione.

Istat: disoccupati raddoppiati dall’inizio della crisi, aumenta la povertà. Poche le nascite e giovani in fuga

Istat: disoccupati raddoppiati dall’inizio della crisi, aumenta la povertà. Poche le nascite e giovani in fuga

Non emerge certo una fotografia positiva dell’Italia nel rapporto annuale 2014 dell’Istat. L’indicatore di povertà assoluta, stabile fino al 2011, sale di ben 2,3 punti percentuali nel 2012, attestandosi all`8% delle famiglie. L’Ente statistico sottolinea che la grave deprivazione, dopo l`aumento registrato fra il 2010 e il 2012 (dal 6,9% al 14,5% delle famiglie) registra un lieve miglioramento nel 2013, scendendo al 12,5%.
Il rischio di persistenza in povertà, ovvero la condizione di povertà nell’anno corrente e in almeno due degli anni precedenti, è nel 2012 tra i più alti d`Europa (13,1 contro 9,7%). Si tratta di una condizione strutturale: le famiglie maggiormente esposte continuano a essere quelle residenti nel Mezzogiorno, quelle che vivono in affitto, con figli minori, con disoccupati o in cui il principale percettore di reddito ha un basso livello professionale e di istruzione. Il rischio di persistenza nella povertà raggiunge il 33,5% fra le famiglie monogenitori con figli minori. Nel Mezzogiorno è cinque volte più elevato che nel Nord, tre volte più elevato tra gli adulti sotto i 35 anni, due volte più elevato tra i disoccupati e gli inattivi.
A questo proposito il numero di disoccupati in Italia è raddoppiato. Dall’inizio della crisi, nel 2013 arriva a 3 milioni 113 mila unità. In quasi sette casi su 10 l`incremento è dovuto a quanti hanno perso il lavoro, con l`incidenza di ex-occupati che arriva al 53,5% (dal 43,7% del 2008). Dal 2008 al 2013 l`occupazione è diminuita di 984 mila unità (-973 mila uomini e -11 mila donne), con una flessione del 4,2% e un calo più forte nell`ultimo anno (-478 mila occupati).
Se si considera l’insieme di disoccupati e forze lavoro potenziali, ammontano a oltre 1 milione le persone con almeno 50 anni che vorrebbero lavorare. Tra gli over50 crescono sia gli occupati (1 milione 70 mila unità in più, +19,1%) sia coloro che vorrebbero lavorare e non trovano il lavoro (+261 mila disoccupati e +172 mila forze di lavoro potenziali, rispettivamente +147% e +33,4%), mentre diminuiscono gli inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare (-448 mila, -4,1%).
Il tasso di occupazione scende al 55,6% (dal 58,7% del 2008). Nel Mezzogiorno il calo è più forte(-583 mila unità, -9%), con il tasso di occupazione pari al 42%, a fronte del 64,2% del Nord e del 59,9% del Centro. Il calo dell`occupazione nei cinque anni è quasi esclusivamente maschile (-6,9% a fronte di -0,1% per le donne); tuttavia nel 2013 torna a calare anche l`occupazione femminile (-128 mila unità, pari a -1,4% rispetto al 2012). Il tasso di occupazione degli stranieri si riduce di 9 punti, attestandosi al 58,1%; per gli uomini il tasso è al 67,9%, per le donne al 49,3% (rispettivamente -14 e -3,4 punti), nonostante la crescita, tra il 2008 e il 2013, degli stranieri occupati (+246 mila unità tra gli uomini e +359 mila tra le donne).
Inoltre, prosegue l’Istituto di statistica, cresce la disoccupazione di lunga durata che raggiunge il 56,4% del totale (45,1% nel 2008). Si riducono gli ingressi nell`occupazione dalla disoccupazione: se nel periodo pre-crisi (2007-2008) su 100 disoccupati 33 avevano trovato un lavoro un anno dopo, nel periodo 2012-13 questi scendono a 24. Per ogni disoccupato, c`è almeno un`altra persona che vorrebbe lavorare. Nel 2013 il totale delle forze lavoro potenziali, ovvero gli inattivi più vicini al mercato del lavoro, arriva a 3 milioni 205 mila, con un incremento di 417 mila unità.
Complessivamente, nel 2013 sono 6,3 milioni gli individui potenzialmente impiegabili. Aumentano anche gli scoraggiati, che tra le forze di lavoro potenziali sono 1 milione 427 mila individui. I giovani sono i più colpiti dalla crisi: i 15-34enni occupati diminuiscono, fra il 2008 e il 2013, di 1 milione 803 mila unità, mentre i disoccupati e le forze di lavoro potenziali crescono rispettivamente di 639 mila e 141 mila unità. Il tasso di occupazione 15-34 anni scende dal 50,4% del 2008 all`attuale 40,2%, mentre cresce la percentuale di disoccupati (da 6,7% a 12%), studenti (da 27,9% a 30,7%) e forze di lavoro potenziali (da 6,8% a 8,3%).
Cala la spesa per consumi. Molte famiglie che fino al 2011 avevano utilizzato i risparmi accumulati o avevano risparmiato meno (la propensione al risparmio è scesa dal 15,5% del 2007 al 12% del 2011) hanno ridotto i propri livelli di consumo nel 2012 per mantenere i loro standard. La contrazione dei livelli di consumo si è verificata nonostante l`ulteriore diminuzione della propensione al risparmio (pari all`11,5%) e il crescente ricorso all`indebitamento (nel 2012, le famiglie indebitate superano quota 7%).
Giù anche la spesa sanitaria – Nel 2012, la spesa sanitaria pubblica inoltre è pari a circa 111 miliardi di euro, inferiore di circa l’1% rispetto al 2011 e dell’1,5% in confronto al 2010. Durante la crisi, dal 2008 al 2011, le prestazioni a carico del settore pubblico si sono ridotte, compensate da quelle del settore privato a carico dei cittadini. Infatti, il valore della produzione pubblica (valutata a prezzi 2005) è rimasto invariato, mentre quello del settore privato è cresciuto dell’1,7%.
Tiene in Italia l’occupazione femminile, specie a fronte del forte calo di quella maschile, tanto che crescono le famiglie con donne breadwinner, ovvero quelle in cui la donna è l’unica ad essere occupata; ma in tempi di crisi è sempre più difficile lavorare ed essere madri, specie per le straniere. Spesso le madri lavoratrici, soprattutto le neo madri, si affidano ai nonni, anche se cresce il ricorso al nido, per lo più privato.
In Italia – inoltre – si vive sempre più a lungo ma resta bassa la propensione ad avere figli, le donne fanno pochi figli e sempre più tardi, a 31 anni in media il primo figlio. Anche le donne straniere in età feconda sta rapidamente “invecchiando”.

ATTENZIONE A NON SCIVOLARE SULL’OLIO ASSASSINO

ATTENZIONE A NON SCIVOLARE SULL’OLIO ASSASSINO

 

di Francesca Fugazzi

 

Frigge le patate e scalda gli animi. L’olio di palma è uno dei nuovi mostri che contribuiscono a distruggere il pianeta. Una versatile ed economica materia prima ricavata dalla polpa del frutto della palma, coltivata in immense piantagioni nel Sud-Est asiatico, ma anche in alcune zone africane e sudamericane, e presente in una stupefacente moltitudine di prodotti, dai cosmetici ai saponi, dalle margarine ai dolciumi confezionati, dalle paste pronte ai prodotti da forno. Pochi sapranno che, nell’elenco degli ingredienti, spesso non compare neppure con il suo vero nome; viene genericamente indicato come olio (o grasso) vegetale (talvolta idrogenato). In forte crescita, anche l’utilizzo dell’olio come biocarburante. Ma da dicembre 2014 sarà obbligatorio riportare sull’etichetta, stando al regolamento UE 1169/2011, la tipologia di olio o grasso vegetale contenuto in ciascun prodotto. Sarà quindi più facile decidere come e cosa acquistare.

La produzione globale di olio di palma è mastodontica. Dai dati di oilworld.biz si evince che nel 2006 ne sono state prodotte quasi 37 milioni di tonnellate, mentre nel 2009, appena 3 anni dopo, la produzione è aumentata di circa un quinto superando i 45 milioni di tonnellate; per il 2013 l’Agriculture Department Database statunitense stima una produzione di più di 58 milioni di tonnellate. Per comprendere meglio gli ordini di grandezza, ricordiamo che gli oli di girasole e colza vengono prodotti rispettivamente in ragione di 10 e 20 milioni di tonnellate annue. L’olio di oliva, invece, si attesta, per lo stesso anno, su poco più di 3 milioni di tonnellate: un’inezia. L’olio di palma è quindi l’olio più prodotto al mondo, avendo guadagnato questo primato nel 2005, quando ha doppiato l’olio di soia, grazie a un tasso di crescita dell’8% annuo, come si evince da uno studio globale sulla produzione di oli vegetali. Con questi dati si possono comprendere, seppur in estrema sintesi, i termini di questo enorme flagello di dannosità sempre maggiore: distruzione di ecosistemi, sterminio di animali, emissione di gas serra, lesione di diritti umani.

Le principali nazioni produttrici sono Indonesia e Malesia, che insieme ne producono quasi l’86%, Paesi il cui grado di biodiversità è sempre più minacciato dal continuo disboscamento di foresta primaria: proprio l’Indonesia si aggiudica un tristissimo record, comparendo nel Guinness dei Primati del 2008 come il distruttore più veloce di foresta al mondo: all’ora viene raso al suolo l’equivalente di 300 campi da calcio, come ci documenta l’associazione Say No to Palm Oil. La distruzione delle foreste di torba su cui poi impiantare le coltivazioni viene attuata con incendi sistematici: ciò porta con sé, proprio per la natura di questa particolare foresta, il rilascio di grandissime quantità di anidride carbonica che costituiscono una quota del 4% annuo sulla quota globale planetaria.

Come se tutto ciò non bastasse, tale conversione alla monocoltura, già di per sé gravissima, si trascina dietro la devastazione permanente di ecosistemi e l’uccisione di moltissimi animali. Per esempio, ad essere colpiti sono gli oranghi che vivono proprio nelle foreste del Borneo e Sumatra. Negli ultimi dieci anni la popolazione degli oranghi è diminuita di un terzo, passando da 60.000 a 40.000, l’80% del loro habitat è già stato distrutto e questi meravigliosi animali potrebbero, se si resta a guardare, estinguersi, secondo gli esperti, in circa 25 anni, addirittura meno per altri. Si è calcolato che all’anno vengano uccisi tra i 1.000 e i 5.000 oranghi. E con loro a farne le spese si annoverano tigri, rinoceronti, elefanti, scimmie, leopardi. Basti dire che l’ecosisistema locale conta circa 300.000 specie. Un’ecatombe. Per non parlare di tutte le comunità locali che vivono in armonia con la natura e che, è facile presumerlo, vengono per sempre soppiantate dai luoghi che abitano per far spazio alla cieca avidità delle multinazionali oppure vengono sfruttate come manodopera a basso costo.

Si fa credere che siano stati fissati dei paletti per tentare di regolamentare la produzione. Nel 2001 alcune organizzazioni internazionali, di concerto, fondano la Roundtable on Susainable Palm Oil (RSPO), un gruppo in cui sono rappresentati produttori, trasformatori, ONG, banche ed esponenti del settore commerciale che si occupa di certificare la produzione sostenibile di olio di palma. Al contrario di rari casi di effettiva regolamentazione, molte certificazioni sono risultate di fatto fasulle, nel caso in cui a dare la certificazione fossero le stesse società proprietarie delle piantagioni, come è successo per la prima certificazione rilasciata per esempio.

La questione è dunque assai delicata innanzitutto perché, ancora una volta, il controllato è anche il controllore e perché non è possibile parlare di sostenibilità senza prendere in considerazione la quantità. Si parla sempre di diverse modalità, ma mai di riduzione delle produzioni e dei consumi. Cosa fare? Presto detto: innanzitutto smettere di comprare quel prodotto “X” che si è scoperto contenere olio di palma e diffondere l’informazione. L’europeo medio è il più grande consumatore di olio di palma con quasi 60 chili annui pro capite ed è un produttore a dichiararlo in un suo studio. Se ogni singolo cinese o indiano consumasse olio di palma con la stessa intensità, delle foreste primarie di Indonesia e Malesia non ci sarebbe più traccia. Occorre leggere attentamente le etichette e depennare dalla lista della spesa prodotti anche solo sospetti.

Ma non finisce qui. L’olio di palma viene anche utilizzato come biocarburante e l’obiettivo, di questo si è parlato tanto a Jakarta, è quello di aumentarne la quota per questo utilizzo, ora solo in fase iniziale. Una materia prima che porta con sé moltissime criticità. Dal sito biofuel-news, si apprende che i responsabili che presiedono i vari enti che gravitano attorno alla produzione di questo olio hanno intenzione di sviluppare la piena potenzialità produttiva e perciò economica di tale sostanza. Stringente in questo senso la denuncia, per quanto riguarda la realtà italiana, del gruppo Earthriot, che aveva già manifestato dissenso contro ENI che per motivi energetici importa olio di palma da Indonesia e Malesia. Il gruppo di attivisti porta avanti una costante attività di sensibilizzazione anche attraverso una campagna di raccolta firme indirizzata al Parlamento Europeo per bloccare le importazioni in territorio europeo di olio di palma.

L’economia globalizzata basata sulla libertà di mercato poggia sulla monotonia della monocoltura, che si nutre grazie ad una elefantiaca catena di distruzione. È ora di dire basta.

Dalla paprika al peperoncino, le spezie piccanti allungano la vita

Dalla paprika al peperoncino, le spezie piccanti allungano la vita

Mangiare pietanze con le spezie, in particolare quelle piccanti, può allungare la vita. Grazie alla paprika, al peperoncino ad altre erbe aromatiche forti si genera infatti nell’organismo un effetto positivo che blocca la percezione del dolore, cosa che fa in generale aumentare la sopravvivenza. E’ quanto emerge da una ricerca dell’Università della California, negli Usa, pubblicata sulla rivista Cell.
Gli studiosi hanno svolto delle analisi su topi di laboratorio, basandosi su quanto accadeva a quelli a cui veniva bloccato un particolare recettore del dolore chiamato Trpv1 e scoprendo che risultavano vivere più a lungo (il 14% in più) ed erano più in salute. Sviluppavano meno casi di tumore e avevano un metabolismo migliore.
“Abbiamo ipotizzato che bloccare il recettore del dolore servisse non solo per porre fine a delle sofferenze, ma anche per allungare la vita” spiega Andrew Dillin, ricercatore dell’Università della California, sottolineando che “quando si invecchia aumentano i casi in cui si prova dolore, cosa che fa pensare che il processo di invecchiamento del corpo sia direttamente collegato al dolore stesso”.
Nello studio è stato bloccato il recettore del dolore tramite un procedimento di ingegneria genetica ma come spiega l’esperto lo si può fare semplicemente mangiando spezie piccanti che sono una naturale fonte di capsaicina, principio attivo che blocca il dolore oltre ad avere molte altre proprietà. “Un’ingestione regolare di capsaicina può prevenire problemi metabolici legati all’età e aumentare la longevità” assicura infatti Dillin.