Prelievi e versamenti sul conto corrente: i consigli per evitare guai col fisco

Prelievi e versamenti sul conto corrente: i consigli per evitare guai col fisco

La soluzione arriva da una recente sentenza della Cassazione

Prelievi e versamenti sul conto corrente: i consigli per evitare guai col fisco

Giroconti, prelievi e versamenti sul conto corrente: cosa bisogna fare per evitare l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate? La soluzione arriva da una recente sentenza della Cassazione.

Prelievi e versamenti non giustificati, indizio per il Fisco

“La Corte innanzitutto ricorda come, in presenza di una movimentazione bancaria in entrata o in uscita dal conto corrente, i prelievi e i versamenti non giustificati sono già un ‘indizio’ a favore del fisco: spetta al contribuente fornire la prova contraria e dare spiegazione di tali operazioni – sottolinea il portale di informazione giuridica ‘La legge per tutti’ – In buona sostanza, scatta una presunzione contraria al titolare del conto; il quale, tuttavia, può difendersi, ma deve dare puntuale chiarimento sull’origine delle somme. Ora, se in caso di giroconto, non si pongono spesso problemi – perché già dalla documentazione bancaria risulta che la somma, transitata su un conto, proviene da un altro di proprietà dello stesso soggetto – non è la stessa cosa quando si parla di versamenti. I versamenti vengono fatti allo sportello, con consegna del denaro contante che, in teoria, potrebbe anche derivare da operazioni ‘in nero’, ossia non dichiarate. Ecco che, allora, fa bene l’Agenzia delle Entrate a chiedere spiegazioni e il contribuente, sin dall’inizio, a preparare la risposta più opportuna”.

Prelievo in contanti

“Ma che succede quando il denaro è frutto di un prelievo, in contanti, da un conto corrente e successivo versamento, anche questo in contanti, su un altro conto della stessa persona? Immaginiamo un professionista che gestisca due conti con due differenti banche per tenere una contabilità distinta e ordinata: il primo dove si fa accreditare i compensi delle fatture, il secondo dove sia lui che la moglie versano i soldi per le spese occorrenti per i figli e, insomma, tutte le uscite per necessità familiari. Un giorno, questa persona preleva dal conto professionale mille euro e trattiene qualche centinaio di euro per alcune spese, mentre il residuo lo versa sul conto familiare. Non si tratta di un giroconto, ma di qualcosa di molto simile. Può scattare un accertamento fiscale in casi di questo tipo? La Cassazione – sottolinea ‘La legge per tutti’ – ha detto di no”.

Spetta al contribuente giustificare i versamenti

Le argomentazioni sono che “negli accertamenti bancari il giudice deve verificare se le giustificazioni e i relativi elementi indiziari forniti dal contribuente siano idonei a contrastare la presunzione applicata dall’Ufficio. Si parte infatti da una presunzione a favore dell’Agenzia delle Entrate nel caso in cui, dalla documentazione bancaria, risultino degli accrediti sul conto corrente, che rivelano l’ingresso di denaro. Spetta poi al contribuente giustificare i versamenti sul proprio conto, affermando che la provvista derivava da prelevamenti eseguiti su un conto, poi riversati su un altro, da cui siano state trattenute delle somme per spese ordinarie connesse alle ordinarie esigenze familiari e personali. Fra l’altro, continua la Cassazione, la prova per il contribuente va commisurata alla natura e alla consistenza degli elementi indiziari contrari impiegati dall’Agenzia delle Entrate. Alla luce di questa interpretazione parrebbe che il contribuente, fermo restando l’onere di giustificare ogni singolo movimento, potrebbe anche fornire indizi supportati da buon senso”.

Ecco la mappa del quarto capitalismo che spezza l’Italia in due

Ecco la mappa del quarto capitalismo che spezza l’Italia in due e salva solo il Nord: chi non produce morirà

Se io faccio lampade da tavolo (un grande successo italiano), nella zona Milano-Venezia trovo i possibili clienti, appena fuori dalla porta dello stabilimento. Se io faccio la stessa azienda a Reggio Calabria, i primi clienti li trovo a mille chilometri

Ecco la mappa del quarto capitalismo che spezza l'Italia in due e salva solo il Nord: chi non produce morirà

Il capitalismo italiano, l’economia italiana sono finiti? Sono al capolinea? Ieri ho pubblicato la mappa Mediobanca-Unioncamere del Quarto Capitalismo (che è quella che trovate qui) e subito c’è stata in Rete grande sorpresa e sconcerto. Anche si tratta di analisi che vanno avanti dal  1996, cioè da vent’anni.

Alcuni hanno chiesto, intanto, che cosa sia il Quarto Capitalismo. In breve si tratta di questo. Per primo capitalismo si intende quello delle origini, cioè le aziende dei fondatori. Per secondo capitalismo si intende quello pubblico, nato negli anni Trenta con la costituzione dell’Iri, a cui nel dopoguerra sono seguiti altri enti pubblici. Per terzo capitalismo si intende quello dei distretti: rete di piccole aziende, specializzate in un tipo di produzione. Il Quarto, infine, è una sorta di evoluzione del terzo. Ecco la definizione standard che ne dà Mediobanca (dove il fenomeno viene studiato anno per anno): “Il quarto capitalismo è costituito dalle imprese della fascia dimensionale intermedia, né grandi né piccole, generalmente distinte da una presenza internazionale e parzialmente riconducibili a sistemi produttivi locali”.

In sostanza, si tratta di aziende medie, alle quali vanno aggiunte le più piccole delle grandi. Grosso modo si tratta di aziende da 50 a 500 dipendenti. E hanno la caratteristica di essere di solito organizzate molto bene per l’esportazione (infatti sono dette anche “multinazionali tascabili”). Sono molto importanti? Contano molto nell’economia italiana? Secondo le ricerche fatte in questi anni a queste imprese, che sono circa 4500, fa capo un quarto della produzione industriale italiana. In pratica queste aziende fanno quasi due volte quello che fa l’insieme delle grandi aziende a controllo italiano. Se poi si tiene conto dell’indotto (cioè dei sub-fornitori) si arriva al 40-50 per cento della produzione italiana.

Purtroppo, sono poche: meno di 5 mila. L’economista Michele Salvati ritiene che dovrebbero essere almeno il doppio per avere un sistema davvero interessante. In genere queste aziende vanno bene, hanno buoni prodotti, in alcuni casi sono addirittura leader mondiali nel loro settore e reagiscono abbastanza bene alle crisi perché sono flessibili e veloci nell’adattarsi. Di fatto sono una componente fondamentale della nostra economia.

Perché la mappa del Quarto Capitalismo ha generato sconcerto? Ha sorpreso (per chi non conosceva il fenomeno) la distribuzione dei pallini rossi (ogni pallino è un’azienda). Si vede subito, infatti, che c’è un grande affollamento al Nord, e in particolare sull’asse Milano-Venezia. Poi troviamo altri pallini rossi sparsi lungo la penisola, ma il cuore è quello appena indicato: l’asse Milano-Venezia. Qualcuno ha detto che questa mappa mostra, senza possibili dubbi, che le Italie sono due: quella del Nord, e il resto. L’osservazione farà irritare i meridionalisti e i meridionali, ma purtroppo non è contestabile. Le aziende del Quarto Capitalismo, che sono le più dinamiche e quelle che vanno meglio, molto esportatrici, stanno su, al Nord, in quel pezzo di pianura padana che va da Milano a Venezia: Bergamo, Brescia, Verona…

Il vecchio triangolo industriale (Milano-Torino-Genova) non esiste più: al suo posto c’è la linea che da Torino, passa da Milano, dove si rafforza molto, e poi prosegue verso Venezia. Perché queste aziende stanno lì? Un po’ perché su tratta di luoghi di tradizionali insediamenti industriali. Ma anche per almeno altre due ragioni:

1- Un’azienda oggi non è fatta di un capannone, un imprenditore e decine o centinaia di operai. E’ fatta anche di servizi bancari, servizi di marketing, servizi di esportazione, ecc. Nell’area dove si affolla il Quarto Capitalismo tutto questo c’è, è a portata di mano, lo si trova al bar, verrebbe voglia di dire. E, in genere, è tutto di alto livello.

2- La seconda ragione è più curiosa, ma fondamentale: i clienti. Se io faccio lampade da tavolo (un grande successo italiano), nella zona Milano-Venezia trovo i possibili clienti, appena fuori dalla porta dello stabilimento. Registro quasi in tempi reale le loro reazioni, i loro gusti, le loro necessità, i loro cambiamenti. Se io faccio la stessa azienda a Reggio Calabria, i primi clienti li trovo  a mille chilometri, hanno gusti e abitudini diverse, non li “vivo” e ho anche qualche difficoltà di collegamento. Non solo: il cliente Milano-Venezia, per reddito, cultura e abitudini, non è molto diverso da quello di Francoforte o di Austin nel Texas, e quindi il mio prodotto può viaggiare per il mondo (come accade).

Inoltre, sempre nell’area Milano-Venezia trovo più agevolmente non solo i clienti, ma anche i produttori: fornitori e sub-fornitori di tutte le categorie e con i quali è facile intendersi, cresciuti da precedenti tradizioni addirittura artigiane (senza le quali, ad esempio, la moda non sarebbe mai nata a Milano). Diane Furstenberg veniva dagli Stati Uniti a scegliere i suoi tessuti a Como.

Ultima osservazione: il Quarto Capitalismo è una creatura autonoma, non da laboratorio. Queste aziende sono nate da sole, non da un programma. Hanno trovato i loro consulenti, i loro specialisti, i loro mercati, i loro operai e ingegneri (o designer), i loro banchieri. Sono figlie del loro territorio.

Quindi non si tratta di una storia riproducibile. Nel centro e nel sud c’è poco di tutto ciò. Dopo anni e anni, e molte cattedrali nel deserto (grandi impianti oggi abbandonati, in preda alle erbacce) nulla è spuntato di simile. E non spunterà, purtroppo. E’ un dramma, ma non vedo soluzioni.

Badante per il padre e laurea albanese per il figlio a spese della Lega

Badante per il padre e laurea albanese per il figlio a spese della Lega: chiesto il carcere per Bossi e “il Trota”

Chiesti due anni e tre mesi per il Senatùr, e un anno e mezzo per il figlio Renzo. Per il tesoriere Belsito la richiesta è di due anni e mezzo

Umberto Bossi deve essere condannato a 2 anni e 3 mesi per appropriazione indebita. Questa la richiesta avanzata lunedì a Milano dal pm Paolo Filippini, secondo il quale per Bossi “sostenere i costi della sua famiglia” con il patrimonio della Lega sarebbe stato “un modo di agire consolidato e già concordato dal Segretario federale” con il tesoriere da lui scelto “come persona di fiducia”, e cioè prima con Maurizio Balocchi e poi con Francesco Belsito. Il pm, che ha chiesto per Bossi anche 700 euro di multa, ha chiesto per il figlio Renzo – noto come “il Trota” – un anno e mezzo e 500 euro di multa, e per Belsito 2 anni e mezzo di carcere e 800 euro di multa.

Nella sua ricostruzione, se da un lato ha ritenuto di escludere alcune spese, come i finanziamenti per il Sindacato Nazionale Padano, la scuola Bosina o i costi per le cure e la badante del Senatur (per questi capi di imputazione ha chiesto l’assoluzione), dall’altro il pm citando prove e intercettazioni non ha avuto dubbi nel ritenere i tre responsabili di “reiterate distrazioni di denaro dalle casse del partito”.

L’accusa: a Renzo soldi per l’Audi e per la laurea in Albania

Secondo l’accusa tra il 2009 e il 2011, l’ex tesoriere si sarebbe appropriato di circa mezzo milione di euro, mentre l’ex leader del Carroccio avrebbe speso con i fondi del partito oltre 208mila euro. A Renzo sono stati addebitati, invece, più di 145mila euro: migliaia di euro in multe, i cui “verbali originali” sono stati trovati nella disponibilità di Belsito “in una logica di pagamento da parte della Lega”, tremila euro di assicurazione auto, 48mila euro per comprare una macchina, (un’Audi A6) e 77mila euro per la “laurea albanese”.

“Tempo fa ho depositato gli atti per dimostrare che tutte le spese sono state da me pagate – ha detto Renzo Bossi al termine dell’intervento del pm -. E poi per metà delle multe il pm ha detto che c’è il tentativo, per le altre ho saldato il debito con Equitalia. Riguardo alla laurea in Albania ha parlato solo di quella di Pier Moscagiuro (ex guardia del corpo di Rosi Mauro, ndr) il quale è stato assolto. Io non mi sono mai laureato”.

Nella sua requisitoria è vero che il pm ha parlato anche di tentativo di pagare le multe con i soldi del partito ma si è riferito solo a quelle i cui verbali originali sono stati sequestrati a Belsito e che quindi è stato impossibile ‘saldare’, mentre per la laurea in Albania ha sostenuto che c’è la “prova” che sia stata “comprata” con i fondi di via Bellerio.

LA LISTA NERA DEI FARMACI DA EVITARE: FANNO PIÙ MALE CHE BENE

LA LISTA NERA DEI FARMACI DA EVITARE: FANNO PIÙ MALE CHE BENE

di  greenMe.it  – Giornalisti

Molto spesso i farmaci che assumiamo hanno più rischi per la nostra salute che benefici. Ogni anno, la rivista francese ‘Prescrire’ pubblica un rapporto, in cui elenca una serie di medicine che possono essere sostituite da alternative migliori e meno dannose.

Secondo il rapporto 2017,  ogni anno viene autorizzata la commercializzazione di farmaci, ma spesso non si hanno prove pregresse della loro efficacia e su cosa comporti l’assunzione. “A volte – si legge – sono meno efficaci o addirittura dannosi, eppure continuano a godere di ottima fama tra operatori sanitari e pazienti”.

Adesso, dunque, arriva la nuova lista nera dei farmaci, 91 in tutto, in cui il rapporto tra rischio e benefici è sfavorevole in tutte le situazioni cliniche. Parliamo di prodotti venduti in tutta l’Unione europea che vengono analizzati così da studiarne effetti negativi, positivi e la loro reale efficacia.

“La valutazione da parte di Prescrire del rapporto rischio-beneficio di un farmaco in una data situazione si basa su un processo rigoroso: ricerca documentale sistematica e riproducibile, determinazione dei criteri di efficacia per i pazienti, gerarchizzazione dei dati scientifici in base al loro livello di evidenza, confronto rispetto al trattamento standard, presa in considerazione degli effetti avversi e di una loro quota di incognite”, si legge nell’abstract del Rapporto.

A cinque anni dalla prima pubblicazione, i farmaci non sono più solo quelli commercializzati in Francia ma in tutta l’Unione europea. “Il più delle volte, quando una terapia farmacologica è auspicabile, altre opzioni hanno un rapporto rischio-beneficio migliore di quello dei farmaci scartati. In una situazione di stallo terapeutico, per malattie gravi, non è giustificato esporre i pazienti a gravi rischi quando l’efficacia clinica non è dimostrata”, si legge.

E ancora: “L’uso di questi farmaci nel corso di una ricerca clinica può essere accettabile, ma a condizione che si informino i pazienti delle incognite sul rapporto rischi-benefici e che sia utile una valutazione. Negli altri casi, è meglio concentrarsi sui trattamenti utili ad aiutare i pazienti a tollerare l’assenza di opzioni in grado di cambiare la prognosi o di migliorare la qualità della vita, al di là dell’effetto placebo”.

Tra i 91 farmaci, che vanno dal trattamento contro il raffreddore a decongestionanti, si viene esposti a rischi cardiovascolari gravi o addirittura mortali. Nel bugiardino, si parla di ipertensione, ictus, disturbi del ritmo cardiaco.

Una lunga carrellata, vediamone alcuni. Con gli antinfiammatori (inibitori della Cox 2) sono stati correlati aumento degli incidenti cardiovascolari (inclusi infarto del miocardio e trombosi) e reazioni cutanee tipiche; i farmaci per i crampi possono causare diarrea, mal di stomaco, fotodermatiti e convulsioni. Perché sono genotossici e teratogeni quindi danneggiano il feto e possono essere causa aborto spontaneo.

In termini di farmaci contro l’aumento di peso , Xenical ha solo efficacia modesta e temporanea. “A partire 2017, nessun farmaco può perdere peso in modo sostenibile e sicuro. Meglio attaccare con i cambiamenti di attività fisica e la dieta con, se necessario, il supporto psicologico.

Diversi trattamenti contro l’ osteoporosi dovrebbero essere esclusi, ad esempio il ranelato di stronzio (Protelos), che può causare disturbi neurologici e cardiovascolari.

Cancerologia, ematologia: mifamurtide, nintedanib, olaparib, panobinostat, rabectedina, vandetanib, vinflunina, catumaxomab, defibrotide.

Cardiologia: aliskirene, bezafibrato, ciprofibrato, fenofibrato, dronedarone, ivabradina, nicorandil, olmesartan, ranolazina, trimetazidina, vernakalant.

Dermatologia, allergologia: mechitazina, omalizumab, prometazina iniettabile, tacrolimus.

Diabete, nutrizione: alogliptina, linagliptina, saxagliptina, sitagliptina, vildagliptina, canagliflozina, dapagliflozina, pioglitazone, bupropione + naltrexone, orlistat.

Dolori, reumatologia: celecoxib, etoricoxib, parecoxib, aceclofenac, diclofenac, ketoprofene in gel, piroxicam, denosumab, ranelato di stronzio, diaceréina, glucosamina, capsaicina in patch, metocarbamol, tiocolchicoside, chinina, colchicina + polvere d’oppio + tiemonio, desametasone + salicilamide + salicilato di idrossietile, prednisolone + salicilato di glicole dipropilenico.

Gastroenterologia: domperidone, droperidol, prucalopride.

Ginecologia, endocrinologia: tibolone.

Malattie infettive: moxifloxacina, telitromicina.

Neurologia: donepezil, galantamina, rivastigmina, memantina, alemtuzumab, natalizumab, teriflunomide, flunarizina, oxetorone, tolcapone.

Oftalmologia: ciclosporina in collirio, idebenone.

Pneumologia, ORL: efedrina, nafazolina, oximetazolina, fenilefrina, pseudoefedrina, tuaminoeptano, ambroxol, bromexina, folcodeina, tixocortol, omalizumab, mepolizumab, mannitolo per inalazione, nintedanib.

Psichiatria, dipendenze: agomelatina, duloxetina, citalopram, escitalopram, milnacipran, venlafaxina, tianeptina, dapoxetina, etifoxina, bupropione.

 

Per visualizzare l’elenco dei farmaci con tutti i dettagli sulla salute clicca qui (Fonte Prescrire)

 

Leggi anche il nostro approfondimento sugli integratori: 15 ingredienti che potrebbero farti male

Russia, attacco terroristico nella metro di San Pietroburgo: 14 morti

Russia, attacco terroristico nella metro di San Pietroburgo: 14 morti, 47 feriti. Due ricercati, la polizia: “E’ terrorismo”

1/28  >
Due stazioni della linea blu invase dal fumo dopo lo scoppio di un ordigno riempito di frammenti di proiettili alle 14.40 (ora locale). Vicino a Piazza della Rivoluzione ne è stato trovato un altro inesploso: era nascosto dentro un estintore e la sua potenza era pari a un chilo di tritolo. Secondo le informazioni preliminari riportate dall’agenzia Interfax, le forze dell’ordine seguono la pista kamikaze: l’attentatore sarebbe un 23enne asiatico

Sono almeno 14 i morti causati dall’esplosione avvenuta alle 14.40 (ora locale) in un convoglio della metropolitana di San Pietroburgo, tra le stazioni di Tekhnologichesky Institut – centro di interscambio tra la linea blu e la rossa – e Sennaya Ploshchad. E almeno 47 i feriti, di cui 6 gravi, secondo gli ultimi aggiornamenti del ministero della Salute. Secondo il portale Fontanka, che ha base in città, 10 vittime si trovavano sul vagone della metro, mentre le altre 4 sarebbero decedute o in ospedale o mentre ricevevano i primi soccorsi.

A esplodere è stato un ordigno rudimentale: una valigetta ventiquattrore riempita di frammenti di proiettili, il cosiddetto shrapnel, che deflagrando sono in grado di ferire un gran numero di persone. Probabilmente, precisa Interfax, è stato “lasciato su un vagone prima della partenza del treno”. Un secondo ordigno inesploso è stato rinvenuto poco dopo l’esplosione alla fermata della metropolitana Ploshchad Vosstaniya: era “mascherato da estintore” e la sua potenza era pari a un chilo di tritolo. Il dispositivo conteneva “elementi lesivi” al suo interno ed è dunque simile a quello usato all’interno del convoglio, per quanto molto più potente. L’esplosione nella metro è stata classificata come “attacco terroristico” dalla procura generale russa e dal premier Dmitri Medvedev che avviene nel giorno in cui a Strelna, a pochi chilometri da lì, era arrivato il presidente della Federazione russa Vladimir Putin per incontrare il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko. 

Secondo le prime informazioni diffuse in serata è stato un attentatore suicida a causare l’esplosione, anche se inizialmente si era esclusa l’ipotesi del kamikaze. Una fonte delle forze dell’ordine russe ha fatto sapere che si tratterebbe un giovane di 23 anni originario dell’Asia centrale. Il ragazzo avrebbe portato l’esplosivo in uno zaino. Sui social media e sui media russi sono state diffuse fotografie che mostrano un giovane con gli occhiali, che indossa una giacca marrone con il cappuccio e un cappello blu, e che porta uno zaino. L’uomo sarebbe stato legato a gruppi islamisti radicali vietati in Russia. L’agenzia Interfax ha precisato che si tratta di conclusioni ancora provvisorie sulla base dei resti recuperati sulla scena dell’esplosione, ma che informazioni definitive saranno disponibili dopo gli esiti dei test del Dna.Nel pomeriggio erano circolate altre immagini di un presunto assassino, che sarebbe stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza della metropolitana: si trattava di un uomo in abiti scuri con un cappello nero e una barba che incorniciava la parte inferiore del viso. In serata però l’agenzia Interfax ha fatto sapere che l’uomo si è presentato alle autorità e ha dichiarato di essere estraneo ai fatti.

РЕН ТВ публикует видео с камеры наблюдения, запечатлевшей предполагаемого виновника взрыва в метро Петербургаhttp://ren.tv/novosti/2017-04-03/ren-tv-publikuet-video-s-kamery-nablyudeniya-zapechatlevshey-predpolagaemogo 

Il Comitato Investigativo russo, scrive Kommersant, ha aperto due indagini: una in base all’articolo 205 del codice penale – “terrorismo” – e una in base al codice 223, “produzione di esplosivi e ordigni”. La vice governatrice di San Pietroburgo Anna Mityanina ha dichiarato che delle 36 persone che sono state trasferite negli ospedali dal luogo dell’esplosione una è morta durante il trasporto in ambulanza. Altre 13 persone sono in condizioni gravi, mentre otto sono in stato di choc. Il sito dell’Independent riferisce che sostenitori dell’Isis stanno celebrando l’attacco sui social network, evocando il ruolo russo nel conflitto siriano: il quotidiano britannico ricorda che solo “alcuni giorni fa” i media dello Stato islamico avevano distribuito un ‘manifestò che recitava “Bruceremo la Russia“.

00:00
00:42

La testimonianza – “C’è grande preoccupazione. Ovviamente ognuno chiama i propri amici e i propri cari per assicurarsi che stiano bene e non siano stati toccati da quanto è successo in un orario in cui la metropolitana è affollatissima: niente poteva fare presagire quello che è successo oggi”, ha detto all’Ansa dopo Fabio Mastrangelo, direttore d’orchestra a San Pietroburgo e da 16 anni in Russia. Secondo Mastrangelo, inoltre, i cittadini sarebbero stati avvertiti del rischio di altre esplosioni che potrebbero verificarsi oggi, e quindi invitati a uscire di casa solo in caso di necessità. “Non ci si aspettava potesse succedere a San Pietroburgo una cosa del genere, perché ci sono zone della Federazione Russa un po’ più calde”, ha proseguito, mentre “questa città è in genere molto tranquilla, nessuno si aspettava che un attentato potesse avere luogo qui”. “Forse – rileva – si voleva creare scompiglio nel giorno in cui c’era la visita del presidente” Putin, ma “tutto può essere a questo punto”.

Cybersicurezza, quando Wikileaks svela i segreti degli hacker della Cia

Cybersicurezza, quando Wikileaks svela i segreti degli hacker della Cia

Cybersicurezza, quando Wikileaks svela i segreti degli hacker della Cia

Profilo blogger

Giornalista, scrittore e docente universitario
Il vero pesce d’aprile degno di esser ricordato quest’anno è quello con cui Wikileaks ha beffato la Cia. Il caso Vault7 non finisce di stupire. Nelle precedenti due “puntate” del flusso di rivelazioni erano emersi trucchi e inghippi per spiare la gente attraverso le “smart tv” piene zeppe di vulnerabilità, nonché le chance agevolmente sfruttabili per intrufolarsi nella vita degli altri mediante le falle di computer e cellulari di ultima generazione e quindi i punti deboli di iPhone e Mac per “par condicio” degli utenti Apple.

In occasione del rituale scherzoso che caratterizza l’inizio del mese in corso, Wikileaks ha fatto scattare la “fase 3” andando a scoperchiare una sorta di vaso di Pandora. E’ la storia del “Marble Framework”, che – nel rispetto dell’espressione anglofona – ha lasciato letteralmente di marmo gli esperti di tutto il mondo e pietrificato i tecnici della Central intelligence agency che custodivano i segreti in questione.

Il sistema Marble è composto da un insieme di ben 676 file che costituiscono gli ingredienti di una sorta di pozione magica che regala l’invisibilità a virus, malware, cavalli di Troia e altri comportamenti di attacco informatico realizzati dai servizi americani. Una serie di particolari istruzioni e codici riescono a offuscare quei contenuti nocivi che di norma vengono intercettati dai software di sicurezza e dai comuni antivirus.

Questo meccanismo di protezione permette di dribblare anche i più rigidi controlli posti a tutela di computer e reti e rende impraticabili persino le iniziative di forensic che vengono avviate per ricostruire dinamiche e responsabilità di determinati accadimenti informatici.

La versione 1.0 di questo “pacchetto” risale al 2015 e ci sarebbero le prove del suo utilizzo nel corso di tutto il 2016. Sarebbe ricco di istruzioni in cinese, russo, coreano, arabo e addirittura farsi. Il motivo? Fin troppo semplice. Una eventuale operazione di reverse engineering, mirata a scoprire chi possa essere l’autore di una così micidiale trappola digitale, porterebbe fuori strada gli investigatori lasciando immaginare uno “zampino” tutt’altro che americano.

La diffusione di questo malloppo di codice sorgente non tranquillizza, perché è materiale che può rivelarsi di estrema pericolosità una volta finito nelle mani sbagliate. Non spaventano tanto le singole istruzioni ma piuttosto quel che si legge tra le righe, ovvero ragionamenti e riflessioni che possono aver portato ad un certo risultato e che possono costituire stimolo a chi voglia emulare quanto già fatto con tanto brillanti risultati.

Nel frattempo dalle nostre parti qualcuno si lascia trasportare dalla curiosità di conoscere cosa direbbero in proposito i fratelli Occhionero che, ben lontani dal disporre e saper impiegare passepartout virtuali di questo genere, continuano la loro permanenza nelle nostrane strutture penitenziarie.

Casaleggio Jr, il potente tranquillo del M5S

Casaleggio Jr, il potente tranquillo del M5S

Casaleggio è l’erede dinastico, il Richelieu che si nasconde dietro Rousseau. A sorpresa dà un messaggio tranquillizzante

Casaleggio Jr, il potente tranquillo del M5S

Inizi a sentirlo e per un attimo fai un salto sulla sedia. Il Davide Casaleggio visto ieri da Lilli Gruber, su La7, ha il fascino irresistibile di una epifania a lungo attesa, l’effetto di un mistero che si rivela. Pensateci; Casaleggio jr è l’erede di un guru, è il cardine del primo partito italiano (stando ai sondaggi) e nessuno lo aveva mai ascoltato proferire parola. Superi l’effetto sorpresa, e ti accorgi come la sua immagine pubblica sia platealmente distonica rispetto a quella del personaggio che abbiamo imparato a conoscere negli anni dai racconti mediatici e dai retroscena.

Casaleggio è il potente che sta dietro le quinte, l’erede dinastico, il Richelieu che si nasconde dietro Rousseau, il tessitore che tiene in mano tutti i fili: e quando finalmente lo vedi ha l’aria di un Forrest Gump a cinque stelle. Un bel ragazzo, ma quasi marmoreo, un uomo visibilmente emozionato, con qualche problema di espressione evidentemente legato all’inesperienza: si esprime per doppie ripetizioni, pause emozionali, incertezze, silenzi. Inventa lunghe perifrasi persino per negare che la Casaleggio lavori per il Movimento cinque stelle (e non sarebbe necessario). Più che un Nuovo barbaro che bussa alle porte della capitale, più che un web barbarico sembra un coniglio mannaro.

Ha quel tipo di timidezza per cui, quando è intento a sorridere si scorda per un nanosecondo anche che sta parlando, e si inceppa. Se la domanda non lo soddisfa tace. Se ripetono la domanda, ripete la stessa risposta che ha appena dato, ma in tono minore. Se è imbarazzato lo fa notare: “Grillo in quanto garante e-a… attuato una sua prerogativa….”. Se deve difendere una posizione difficile si arrampica sugli specchi. L’espulsione di Genova – chiede la Gruber – come si concilia con la democrazia diretta?. E lui: “Noi stiamo parlando dell’1% dei casi in Italia”.

I due interlocutori invitati dalla Gruber – Gianluigi Nuzzi e Domenico Masi – sono a loro volta così incantati e stupiti, che quando è il loro turno le domande le fanno alla conduttrice di Otto e mezzo, e non a Casaleggio. Lei, superLilly, è così consapevole del colpo che ha fatto che scherza da sola sul rischio dello spot ai grillini, e mette – anche – nelle domande più innocenti una consapevole e intelligente ironia: “Lei è un campione degli scacchi, cosa ha imparato da questo gioco?”. Lui è così abbottonato che si rifiuta di dire se era più bravo lui o il padre, e tira fuori questa inverosimile risposta: “A volte vincevamo entrambi”.

Il forrestgumpismo a cinque stelle, tuttavia, farà discutere, accende l’ironia del web, ma ha anche un paradossale effetto demitizzante: se per un attimo nel gioco della comunicazione l’immagine del grande vecchio cede il posto a quella del bravo ragazzo, se l’immagine dei garibaldini d’assalto è quella dei sarcastici apocalittici alla Grillo viene sostituita da quella del bravo ragazzo incravattato, forse nulla è lasciato al caso. I grillini fanno un altro passo verso la presentabilità di governo, si “Costituzionalizzano”. Per l’eterogenesi dei fini, il Forrest Gump impolitico è vagamente forlaniano, finisce per dare un messaggio tranquillizzante. Non era evidentemente voluto, non è detto che per questo non sia utile.

Egitto, al Arabiya: almeno 21 morti in esplosione vicino chiesa

Egitto, al Arabiya: almeno 21 morti in esplosione vicino chiesa

Egitto, al Arabiya: almeno 21 morti in esplosione vicino chiesa
di Askanews

Roma, 9 apr. (askanews) – Almeno 21 persone sono morte e alcune decine sono rimaste ferite in un’esplosione vicino alla chiesa di Mar Girgis a Tanta, a Nord del Cairo. Lo riferisce l’emittente al Arabiya.L’attentato giunge nel giorno della domenica delle Palme e qualche settimana prima della visita di Papa Francesco in Egitto, prevista il 28 e 29 aprile.

I dipendenti di Alitalia hanno bocciato il preaccordo

I dipendenti di Alitalia hanno bocciato il preaccordo per il salvataggio della compagnia. A spoglio in corso a Roma, i no complessivi hanno infatti superato il 50% dei 10.101 votanti. Si avvicina perciò l’amministrazione straordinaria e il commissariamento della compagnia. I lavoratori si sono espressi sul verbale d’intesa siglato il 14 aprile tra azienda e sindacati. L’affluenza è stata dell’87%. Hanno votato infatti in 10.101 su 11.602 aventi diritto. I seggi (aperti il 20 aprile) si sono chiusi oggi alle 16. Lo spoglio si è subito concluso nei due seggi di Milano. Mentre si è protratto nella notte a Roma.

No avanti anche a Roma
A Milano (dove il personale Alitalia è costituito da piloti e assistenti di volo) ha stravinto il no. A Linate i voti contrati sono stati 698 no e i favorevoli 153. A Malpensa i no sono stati 278, i sì 39 (2 bianche e 2 nulle). A Roma, il primo parziale risultato, relativo all’urna che accoglieva i voti del personale di volo (non di quello di terra), mostrava a Fiumicino in netto vantaggio il no con 2315 voti, contro 226 sì. Nella seconda urna, dove hanno inserito la scheda amministrativi e non operativi, i voti favorevoli, pur essendo in vantaggio, non sono stati in grado di rovesciare il risultato finale: i “sì” sono infatti 774 e i “no” 440. I seggi per votare a Roma erano sei, di cui cinque a Fiumicino e uno alla Magliana. La proclamazione ufficiale dell’esito del referendum è atteso in nottata.

Alitalia, riunione Gentiloni con ministri a Palazzo Chigi
Intanto, mentre si chiudevano le urne del referendum, a Palazzo Chigi il premier Paolo Gentiloni ha convocato il ministro per le Infrastrutture, Graziano Delrio eil ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti per ribadire il no all’ipotesi della nazionalizzazione della compagnia, in attesa di conoscere il risultato della consultazione.

Lo scenario con la vittoria del no
Con la vittoria del no si avviano le procedure di amministrazione straordinaria. La prospettiva è dunque quella del commissariamento. E il rischio, “concretissimo”, secondo il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, è quello di una liquidazione della compagnia. Una prospettiva che per Calenda costerebbe più di un miliardo alle casse statali. Martedì 25 aprile si riunisce il cda di Alitalia per una valutazione dell’esito del referendum, ma non è escluso che possa già essere richiesta la procedura per l’amministrazione straordinaria. A poche ore dal termine del referendum, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio era intervenuto per mettere la parola fine alle speculazioni su un possibile intervento dello Stato per il salvataggio della compagnia («non c’è un’altra soluzione né possibilità di nazionalizzazione, bisogna seguire con coraggio la strada iniziata») nel caso di una vittoria del no all’accordo.

Una soluzione invocata dai sindacati di base, mentre a scendere in campo in prima persona a favore del sì al preaccordo sono stati i leader di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. A favore dell’intesa si è schierato lo stesso premier Paolo Gentiloni, che, pur consapevole dei sacrifici chiesti ai lavoratori, ha spiegato che «senza l’intesa sul nuovo piano industriale l’Alitalia non potrà sopravvivere».


La scheda di votazione al referendum

Il pre-accordo bocciato
Con la vittoria del sì viene bocciato il pre-accordo siglato il 14 aprile tra Alitalia e sindacati che prevedeca lo sblocco della ricapitalizzazione da 2 miliardi di equity, di cui 900 milioni di nuova cassa. Con un esito positivo del referendum, sia il presidente esecutivo Luigi Gubitosi che quello uscente Luca Cordero di Montezemolo avevano promesso che il piano di rilancio di Alitalia avrebbe puntato su una discontinuità aziendale, un rafforzamento delle rotte a lungo raggio ed investimenti in nuovi aeromobili.

Esuberi per il personale di terra
Sul fronte dei tagli il preaccordo stabiliva per il personale di terra nel preaccordo si prevedono 980 esuberi sui 1.338 esuberi con contratti a tempo indeterminato previsti dal piano industriale (le eccedenze in meno sono dovute al riassorbimento di oltre trecento addetti, soprattutto dell’area della manutenzione, che in precedenza l’azienda voleva esternalizzare). Il personale in esubero avrebbe avuto 2 anni di cassa integrazione straordinaria che, con l’integrazione del Fondo di settore, avrebbe dovuto assicurare fino all’80% della retribuzione. Poi questi lavoratori o saranno riassorbiti dall’azienda o avranno due anni di Naspi (l’ex indennità di disoccupazione).

Sul personale navigante, invece, si prevedevano tagli retributivi: per l’indennità di volo oraria l’azienda ha chiesto una riduzione del 21,6% pari ad una riduzione complessiva della retribuzione intorno all’8%. Gli scatti annuali di anzianità sarebbero diventati triennali (il primo scatto è previsto nel 2020), era fissato un tetto di incremento retributivo del 25% in caso di promozione, con l’applicazione per i neoassunti dei meno vantaggiosi livelli retributivi applicati per city liner, la riduzione dei riposi (da 120 a 108 annuali), il superamento di alcune indennità.

Assunti figli, parenti e perfino amanti: parentopoli e sprechi in Campania?

Assunti figli, parenti e perfino amanti: parentopoli e sprechi in Campania? Un dossier dei Verdi in Procura

Il 70 per cento degli assunti tramite le agenzie interinali per coprire i vuoti negli organici delle Asl e degli ospedali campani – stando ai dati finora esaminati – sarebbe composto da parenti di infermieri, amministrativi e medici degli ospedali o delle Asl dove prestano la loro attività, ovvero sindacalisti.

Medici e infermieri in una struttura sanitaria
Medici e infermieri in una struttura sanitaria

Il 70 per cento degli assunti tramite le agenzie interinali per coprire i vuoti negli organici delle Asl e degli ospedali campani – stando ai dati finora esaminati – sarebbe composto da parenti di infermieri, amministrativi e medici degli ospedali o delle Asl dove prestano la loro attività, ovvero sindacalisti. La singolare situazione emergerebbe da un dossier presentato in Procura dal gruppo in Consiglio regionale dei Verdi.

“Abbiamo acceso i riflettori sull’uso delle agenzie interinali proliferato negli ultimi dieci anni per coprire i vuoti negli organici delle Asl e degli ospedali campani spiega il consigliere Francesco Emilio Borrelli – e stiamo scoprendo cose assurde che abbiamo ritenuto opportuno racchiudere in un dossier da presentare in Procura. Crediamo che ci siano gli estremi per un’inchiesta che potrebbe portare alla scoperta di una parentopoli o di uno spreco di denaro pubblico di cui qualcuno dovrà rendere conto”.

Una percentuale sospetta

In pratica – a leggere il Mattino – su 100 nomi di interinali assunti a chiamata diretta (ovvero senza concorso) sarebbero 71 quelli che hanno un parente che lavora nelle strutture interessate. “E’ giusto capire dunque – spiega l’esponente dei verdi – se si tratti di un caso o di una vera e propria parentopoli”. I primi dati presi in esame sarebbero quelli dell’Asl di Caserta, dell’ospedale di Caserta e dell’Azienda ospedaliera dei Colli di Napoli.

E’ proprio il ricorso allo strumento delle assunzioni interinali “il giochino” con cui – ad avviso del consigliere, componente della Quinta Commissione Sanità – si finirebbe (apparentemente) “col favorire l’impiego di camici bianchi, soprattutto infermieri e Oss, che risulterebbero figli, parenti o affini (perfino amanti a leggere il titolo riservato dal quotidiano alla notizia, ndr) di personale già dipendente, ovvero sindacalisti”.

Il meccanismo, beninteso, è perfettamente legale, ma secondo i Verdi sarebbe il criterio d’impiego finale che sarebbe fallace, visto che le norme prevedono la selezione per titoli, meriti e competenze.

Per ora solo ipotesi

Per ora quelle sollevate sono solo ipotesi ventilate sulla base di alcuni esposti anonimi e denunce di personale interno – come riporta il Mattino – A questo si aggiunge la collaborazione del Movimento degli infermieri campani dove militano degli assunti in altre regioni e città che ad “oggi hanno difficoltà a rientrare in Campania con trasferimenti di contratti, nonostante la corsia preferenziale attribuita dalle norme alla mobilità”.

Stando al dossier sarebbero comunque coinvolti “cognomi noti e meno noti e rapporti di parentela tra camici bianchi assunti e quelli con impieghi interinali”. Il 71 per cento dei casi finora esaminati. Un numero di coincidenze insomma abbastanza elevato per non destare sospetti. Inevitabile poi che levitino anche i costi in conseguenza di tale meccanismo e che il dossier dei verdi lo metta in rilievo.

Per ora i nomi sono tenuti riservati, sia per rispetto della privacy, sia perché sarà compito della Procura acclarare eventuali reati per adesso tutti da dimostrare.

Casi singolari

In ogni caso “i primi riscontri ci restituiscono una situazione sulla quale è necessario l’intervento della Magistratura per fare chiarezza”, spiega Borrelli. Sicuramente nel novero dei casi presi in considerazione ce ne sarebbero di veramente singolari. Per esempio, “un sindacalista dell’Asl casertana – sostiene l’esponente dei Verdi – vede lavorare nella stessa struttura anche i due figli, il fidanzato della figlia e l’ex fidanzata del genero. Ma situazioni simili le abbiamo trovate anche in altre Asl e ospedali come al Sant’Anna e San Sebastiano dove ci sono ben due nipoti di un sindacalista che si ritrova nella stessa struttura anche due ex fidanzati dei figli”.

Ci saranno davvero stati favoritismi alla fine dell’utilizzo del meccanismo interinale? “Porteremo in Procura anche il bando per l’assunzione a tempo determinato di infermieri all’azienda ospedaliera dei Colli, su cui abbiamo presentato un’interrogazione consiliare, che premia chi ha già lavorato in quelle strutture con un punteggio che sembrerebbe al di fuori di quanto permesso dalle leggi in materia”, annuncia Borrelli sul Mattino.