Cosa fare in caso di incidenti con auto non assicurate

Cosa fare in caso di incidenti con auto non assicurate

WordNetScritto da Emiliano Caretti | WordNet – ven 1 ago 2014 02:04 CEST

Cosa fare in caso di incidenti con auto non assicurateCosa fare in caso di incidenti con auto non assicurateChe si tratti di una semplice “toccatina” in città piuttosto che qualcosa di più grave, un incidente in auto rimane sempre uno dei momenti più temuti da tutti gli automobilisti, fonte di stress e preoccupazioni anche nei giorni successivi all’avvenimento. Quando, poi, abbiamo a che fare con una vettura senza copertura assicurativa (o con polizza scaduta) allora i timori possono veramente arrivare alle stelle. E non pensiate che queste occasioni siano così rare: secondo gli ultimi dati ufficiali (provenienti da ACI e ANIA, l’Associazione Nazionale delle Imprese Assicuratrici), sono infatti quasi quattro milioni le vetture circolanti “illegalmente” nella penisola, pari a oltre l’8 percento del totale delle auto italiane. Ma quali sono le procedure da tenere se un veicolo privo di assicurazione (o con copertura non più valida) causa un incidente nel quale rimaniamo coinvolti?

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In tal caso, la prima cosa da fare è senza dubbio chiamare in causa le Forze dell’Ordine, dato che la guida senza copertura assicurativa (o scaduta da più di 15 giorni) è anche una violazione grave del Codice della Strada: la sanzione prevista è infatti una multa da 841 a 3.366 Euro, con sequestro del veicolo e l’obbligo della stipula di una polizza di almeno sei mesi e del pagamento della contravvenzione, pena la confisca del mezzo. Anche per quanto riguarda i danni subiti va fatta una distinzione, sempre nel caso che la RCA sia scaduta da un tempo inferiore o superiore a 15 giorni: nel primo caso, infatti, la legislazione prevede che il risarcimento avvenga da parte della “vecchia” compagnia assicuratrice, con nessun’altra complicazione (almeno in teoria); qualora, invece, siano trascorsi più di 15 giorni dalla scadenza della polizza, allora bisognerà fare affidamento al “Fondo per le vittime della strada“.

Scopriamo tutti i segreti del Differenziale

Nato nel 1969, gestito dalla Consap (Concessionaria per i servizi assicurativi pubblici) e finanziato dai contribuenti grazie a una quota (attualmente fissata al 2,5%) di ogni contratto assicurativo, il Fondo per le vittime della strada è un ente che ha il compito di risarcire chi è coinvolto in sinistri causati da pirati della strada e veicoli non assicurati; sarà quindi proprio lui ad effettuare il rimborso dei danni subiti, sia dalle persone che dalle cose. I problemi, in questo caso, sono però sia i tempi che le procedure necessarie: per difendersi dalle frodi, infatti, il Fondo richiede un gran numero di documenti e impiega parecchio tempo per sbrigare le pratiche; in tali casi, quindi, sarà fondamentale l’aiuto di un avvocato specializzato in questo campo: sarà infatti lui che seguirà la pratica e intraprenderà le giuste procedure, evitandoci errori formali che potrebbero compromettere la nostra richiesta di risarcimento.

Melanoma, ecco come prevenirlo e riconoscerlo precocemente

Melanoma, ecco come prevenirlo e riconoscerlo precocemente

di Brigida Stagno

L’estate è alle porte e i media tornano a parlare di melanoma: è importante, se si pensa al legame ormai accertato con l’esposizione al sole senza precauzioni e alle maggiori possibilità di prevenzione e diagnosi precoce rispetto al passato. Di questo tumore cutaneo, tra i più aggressivi in assoluto, bisognerebbe in realtà rivolgere l’attenzione tutto l’anno, sia per la moda crescente dei lettini solari anche in inverno, sia per sensibilizzare l’opinione pubblica sul’importanza del controllo periodico dei nei dal dermatologo.
Negli ultimi 10 anni l’incidenza del melanoma è aumentata del 30% e ogni anno questo tumore colpisce nel mondo quasi 200 mila persone, 9 mila delle quali in Italia, con 1500 decessi l’annoSe la diagnosi è precoce, il melanoma può però essere trattato con la chirurgia, mentre in caso contrario può diffondersi ad altre parti dell’organismo, come fegato, polmoni, ossa e cervello (melanoma metastatico), rendendo il trattamento molto difficile con le terapie convenzionali. In questo caso la sopravvivenza media è infatti inferiore ai 9 mesi, con una mortalità a 5 anni dell’85%.
Ma quali sono i consigli per prevenirlo? Innanzitutto è importante conoscere il proprio fototipo ed utilizzare creme solari adeguate alla propria pelle, soprattutto nei bambini e ragazzi sotto i 15 anni. Le persone con pelle chiara, sensibile ai raggi solari, tendente a scottature o con molti nei corrono un rischio maggiore di sviluppare il melanoma (anche se il tumore può nascere sulla pelle normale), specialmente se si espongono frequentemente ai raggi solari e/o UV. Al contrario, le persone con pelle scura hanno meno probabilità di ammalarsi. In ogni caso, è consigliabile ridurre al minimo l’esposizione ai raggi solari, in particolare nelle ore centrali della giornata (per evitare le scottature), utilizzare indumenti adeguati (cappelli, magliette, occhiali), sostare all’ombra, non esporre al sole i bambini fino al 6° mese ed evitare l’uso di lampade e lettini abbronzanti. Ma attenzione. Anche una storia familiare di melanoma aumenta il rischio e il 5–10% dei pazienti con diagnosi di questa neoplasia ha un parente che ha avuto la stessa malattia.
Quanto ai nei, è bene controllarli per verificare eventuali cambiamenti (nel 20-30% circa dei casi il melanoma può degenerare da un neo pre-esistente), e fare un controllo una volta l’anno dal dermatologo o comunque ogni volta che si nota una loro mutazione. L’“ABCDE” del melanoma” prevede il controllo delle cinque caratteristiche dei nei e le loro modificazioni (Asimmetria, Bordo, Colore, Diametro ed Evoluzione). La diagnosi non è però sempre facile, anche perché il melanoma colpisce non solo la cute, ma anche la mucosa orale o genitale (10% dei casi), oppure l’occhio (2-3%) e addirittura il letto dell’unghia. La diagnosi precisa è possibile solo asportando chirurgicamente la lesione sospetta e facendo l’esame istologico.
Nella lotta a questa neoplasia ”- osserva la dottoressa Paola Queirolo, Presidente di IMI (Intergruppo Melanoma Italiano) – oncologia medica Ospedale San Martino di Genova – “oltre alla prevenzione, all’educazione a partire dalle nuove generazioni e alla diagnosi precoce, che aumenta l’efficacia della cura e permette una guarigione nel 95% dei casi, è fondamentale l’accesso a terapie innovative, come il vemurafemib. Si tratta di una terapia personalizzata, in grado di agire in modo specifico in tutti i pazienti con la mutazione del gene BRAF, alterato in circa il 50% dei casi di melanoma metastatico e implicato nell’aumento della crescita e della proliferazione cellulare, bloccando così la crescita delle cellule tumorali. Questo nuovo farmaco (somministrabile per bocca) ha dimostrato sui malati con melanoma metastatico e gene BRAF mutato di aumentare la sopravvivenza, che con la chemioterapia standard (dacarbazina) era in media di 6-9 mesi dalla diagnosi di metastasi. In particolare, in uno studio mondiale pubblicato sulla rivista scientifica “The Lancet Oncology”, condotto su 3200 pazienti con melanoma metastatico,  questa molecola ha determinato una sopravvivenza dopo un anno del 52%, e del 36% dopo 18 mesi. Grazie alla disponibilità di test diagnostici molecolari sempre più precisi, capaci di valutare la presenza della mutazione del gene BRAF, siamo quindi in grado di selezionare quei pazienti con melanoma metastatico da curare con questi farmaci specifici (inibitori del BRAF)”.

STOP AI MOZZICONI ABBANDONATI SULLE SPIAGGE ITALIANE GRAZIE A “MA IL MARE NON VALE UNA CICCA?”

STOP AI MOZZICONI ABBANDONATI SULLE SPIAGGE ITALIANE GRAZIE A “MA IL MARE NON VALE UNA CICCA?”

 

Torna sulle spiagge italiane, per il sesto anno consecutivo, la campagna “Ma il mare non vale una cicca?”: il week end del 2 e 3 agosto lungo gli oltre 8.000 km di coste italiane saranno in azione oltre mille volontari impegnati nella distribuzione di 120.000 posacenere tascabili, lavabili e quindi riutilizzabili (20.000 in più rispetto allo scorso anno). L’iniziativa permetterà di risparmiare al mare una fila di mozziconi lunga come un ponte tra Roma e Cagliari, che coprirebbe una distanza di circa 500 km.

Come ogni anno, la campagna è promossa dall’associazione Marevivo in collaborazione con JTI (Japan Tobacco International), con il supporto del Sindacato Italiano Balneari, il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e il sostegno del Corpo delle Capitanerie di Porto. Testimonial dell’edizione 2014 Massimiliano “Max” Giusti, attore, comico, conduttore televisivo, doppiatore e imitatore, che ha deciso di sostenere la campagna, condividendo l’impegno di Marevivo a difesa del mare italiano.

“Un ponte di 500 km composto interamente da cicche che collega Roma e Cagliari. Quando ho provato a focalizzare quest’immagine sono rimasto a bocca aperta – ha dichiarato Max Giusti spiegando la sua adesione alla campagna –. Si dice sempre che da piccoli gesti nascono grandi risultati. Mai vero come in questo caso: semplicemente spegnere la propria cicca nel posacenere tascabile piuttosto che abbandonarla sulla sabbia porta anni di vita e benessere al nostro mare”.

L’iniziativa, che ogni anno avvicina e informa migliaia di bagnanti, intende dunque promuovere un gesto semplice, da cui dipende però l’integrità delle nostre spiagge e dei nostri mari: riporre il mozzicone di sigaretta nell’apposito posacenere anziché abbandonarlo sulla spiaggia.

Infatti, se stimiamo un consumo medio di 12 sigarette al giorno per fumatore (dati dell’Istituto Superiore della Sanità), si può ragionevolmente affermare che sono oltre 16 milioni le cicche risparmiate al mare e alla spiaggia per effetto delle sei edizioni, per un totale di oltre mezzo milione di posacenere distribuiti.

“Basta con i mozziconi sulla spiaggia e in mare, una volta e per tutte impariamo a considerare la cicca di sigaretta per quella che è effettivamente: un rifiuto e, come tale, va gettato in maniera corretta. Nulla più di una semplice cicca di sigaretta dimostra quanto possiamo fare tutti, ogni giorno e con i gesti più semplici, per migliorare l’ambiente che ci circonda – ha commentato Carmen Di Penta, direttore generale di Marevivo –. Anche quest’anno la nostra iniziativa ‘Ma il mare non vale una cicca?’ mostra come, attraverso l’impegno di tutti e assumendo comportamenti più responsabili e rispettosi dell’ecosistema marino, si possa difendere e tutelare le nostre spiagge e le nostre coste”.

“‘Ma il mare non vale una cicca?’ rientra in un più ampio piano di responsabilità sociale e sostenibilità ambientale che JTI porta avanti da anni in tutti i Paesi in cui opera e in particolare in Italia: siamo uno dei principali player del settore ed è nostro dovere promuovere un comportamento responsabile e rispettoso dell’ambiente da parte dei fumatori – ha commentato PierCarlo Alessiani, presidente e amministratore delegato di JT International Italia –. Incoraggiare il corretto smaltimento dei mozziconi è una parte fondamentale delle attività JTI per la salvaguardia dell’ambiente. Ci muoviamo su due livelli: da un lato facendo informazione, dall’altro distribuendo gratuitamente i posaceneri tascabili che dal 2008 a oggi sono stati oltre 4 milioni. Inoltre, a giugno abbiamo lanciato “Like IT”, una nuova campagna di sensibilizzazione attraverso cui, nel corso dell’anno, saranno distribuiti posacenere tascabili in numerose città italiane, in concomitanza con gli eventi culturali supportati da JTI. Un impegno che continua, in tutto il Paese, costante nel tempo”.

Anni d’inquinamento possono essere scontati agli oceani se si evita di disperdere nell’ambiente i rifiuti, anche i più piccoli: un mozzicone di sigaretta, ad esempio, impiega da 1 a 5 anni prima della completa degradazione. Il problema può sembrare contenuto se considerato su scala individuale, ma assume dimensioni importanti a livello aggregato: basti pensare che i mozziconi di sigaretta, al primo posto nella lista dei 10 rifiuti più raccolti nelle strade, costituiscono tra il 30 e il 40% dei rifiuti nel Mar Mediterraneo (dati del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente – UNEP).

Questi numeri spiegano l’importanza della campagna “Ma il mare non vale una cicca?” e vanno associati ai risultati potenziali dell’iniziativa, che quest’anno coinvolge anche 25 aree marine protette.

Ogni posacenere può contenere fino a un massimo di sei mozziconi, e ipotizzando che venga riempito e svuotato due volte al giorno (ogni fumatore consuma una media di 12 sigarette al giorno – dati Istituto Superiore Sanità), si può calcolare che verranno risparmiati al mare 1.440.000 mozziconi al giorno (120.000 posacenere x 12 mozziconi), 2,8 milioni considerando soltanto i due giorni della campagna.

PANNELLI SOLARI: ORIENTAMENTO A EST E OVEST MEGLIO CHE A SUD

PANNELLI SOLARI: ORIENTAMENTO A EST E OVEST MEGLIO CHE A SUD

 

di Francesca Fiore

 

Orientare i pannelli solari verso est e verso ovest, anziché verso sud, come si fa generalmente: secondo Ralph Gottschalg, professore della Loughborough University, questa sarebbe la soluzione per aumentarne la resa.

Massimizzare la produzione di energia elettrica dal sole è l’obiettivo dei ricercatori che, in tutto il mondo, sono impegnati a migliorare l’efficienza dei pannelli solari: solitamente, i pannelli solari sono orientati a sud, per assorbire la maggior quantità di luce possibile.

Gottschalg, a capo di un team che mira a fornire una risposta per alcuni problemi irrisolti riguardo alla produzione solare, spiega però che sono molti gli interventi da fare per permettere che i pannelli fotovoltaici sui tetti rendano al massimo: primo fra tutte, la posizione.

Secondo il professore, che ha spiegato l’idea in un’intervista radiofonica a Four Radio, sistemare i pannelli rivolgendoli a sud, creerebbe una serie di ombre dovute alla poca distanza dei pannelli circostanti: questo vale soprattutto per i grandi impianti, ma anche per i tetti.

Sistemarli invece in modo alternato, rivolti sia verso est che verso ovest, permetterebbe di tagliare l’ombra, pur posizionandoli molto vicini fra loro. Un singolo pannello, rivolto sia a est che a ovest, sarebbe l’ideale: in questo modo, gli spazi fra i pannelli sarebbero ridotti notevolmente e la produzione di energia massimizzata.

Non è solo una questione di quantità di luce solare in valore assoluto, ma anche di opportunità: i pannelli esposti a sud generano più elettricità nel pomeriggio, quando il sole è al punto massimo. Ma, allo stesso tempo, questo avviene quando le famiglie sono al lavoro e non possono utilizzare tutta la potenza generata.

Gottschalg ammette che l’installazione suggerita è difficile da realizzare, a causa della forma dei tetti: ma invita il governo a mettere in campo sussidi e agevolazioni per i proprietari di grandi impianti che volessero modificare l’orientamento dei propri pannelli.

Per questo, oltre alla sistemazione dei pannelli, il professore suggerisce una serie di modifiche e azioni da intraprendere, per aumentare la resa dei pannelli ed evitare le dispersioni: lo stimolo all’utilizzo delle batterie, ad esempio, o l’immissione della quota extra sulla rete.

Anche la rete, conclude il professore, dovrebbe essere ammodernata con interventi mirati, per evitare interruzioni di energia o sovraccarichi impossibili da gestire.

COLESTEROLO: 10 CIBI PER RIDURLO E TENERLO A BADA

COLESTEROLO: 10 CIBI PER RIDURLO E TENERLO A BADA

 

di Marta Albè

 

Colesterolo alto? Alcuni cibi possono contribuire ad abbassarlo. In linea di massima, seguire una dieta ricca di verdura, legumi, frutta e cereali integrali dovrebbe aiutarci a mantenere i livelli di colesterolo sotto controllo.

Certi alimenti più di altri, in base a specifici studi scientifici, sono considerati utili allo scopo.

Ecco quali sono alcuni dei nostri migliori alleati naturali per abbassare il colesterolo grazie ad un’alimentazione più sana.

1) Fragole

Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università Politecnica di Ancona ha evidenziato che le fragole aiutano a ridurre i livelli di colesterolo LDL e di trigliceridi. Ad un gruppo di volontari in buona salute è stato richiesto di consumare mezzo chilo di fragole ogni giorno per un mese. Il merito sarebbe delle antocianine, i pigmenti che donano al frutto il caratteristico colore rosso.

2) Pomodori

I pomodori sono un rimedio naturale per contrastare il colesterolo alto e l’ipertensione, soprattutto se mangiati cotti e con regolarità. Il merito è del licopene, un carotenoide antiossidante che contribuisce inoltre a ridurre il rischio di infarto e di ictus. Secondo gli esperti che hanno condotto lo studio in questione, il licopene può ridurre il colesterolo LDL fino al 10% se assunto ogni giorno in dosi superiori a 25 milligrammi.

3) Anguria

L’estate si avvicina e presto sarà tempo di anguria, una vera e propria alleata per il cuore e per ridurre il colesterolo LDL. Lo ha rivelato uno studio condotto presso l’Università americana di Purdue. Un gruppo di ricercatori ha evidenziato che l’anguria protegge il cuore grazie alla citrulina, una sostanza già nota alla comunità scientifica per le sue proprietà benefiche contro ipertensione e malattie cardiache. Secondo alcuni studiosi, basterebbe una fetta di anguria al giorno per aiutare il nostro organismo a ridurre i livelli di colesterolo cattivo.

4) Pistacchi

I pistacchi potrebbero rappresentare l’arma segreta per combattere pressione alta, stress e colesterolo. Secondo gli scienziati che di recente hanno condotto una ricerca in proposito, mangiare con regolarità dosi contenute di pistacchi aiuterebbe in modo concreto a tenere sotto controllo alcuni problemi di salute, compresi il colesterolo alto e l’ipertensione. I pistacchi se assunti in piccole quantità e con regolarità, aiutano a ridurre il colesterolo cattivo e ad aumentare i livelli di colesterolo buono e di antiossidanti nel sangue.

5) Legumi

Una porzione di legumi al giorno aiuta ad abbassare il colesterolo. Via libera dunque a ceci, fagioli, piselli e lenticchie. Secondo uno studio pubblicato in Canada, i legumi ci aiutano a ridurre i livelli di colesterolo LDL del 5% se consumati una volta al giorno. Nello stesso tempo si ridurrebbe il rischio di contrarre malattie cardiovascolari. Sono sufficienti 130 grammi di legumi al giorno per avere effetti positivi. I legumi inoltre offrono al nostro corpo un ricco apporto di proteine e di sali minerali. Tra i legumi troviamo anche la soia, che secondo la Harvard Medical School avrebbe però effetti più modesti rispetto a quanto comunemente si creda. Chi preferisce non consumare soia, dunque, può scegliere tra gli altri legumi.

6) Avena

La Harvard Medical School indica l’avena tra gli alimenti che possono aiutare ad abbassare il colesterolo. Potrete, ad esempio, scegliere i fiocchi d’avena per arricchire la vostra colazione ed accompagnarli a della frutta fresca e di stagione. L’avena aiuta ad abbassare il colesterolo grazie alla sua ricchezza di fibre. Secondo gli esperti, dovremmo assumere da 20 a 35 grammi di fibre ogni giorno, tra cui 10 grammi di fibre insolubili.

7) Orzo

Anche l’orzo e altri cereali integrali, per via della loro ricchezza di fibre possono contribuire ad abbassare il colesterolo. Nei negozi di prodotti biologici potrete acquistare sia cereali integrali in chicco da utilizzare per la preparazione di primi piatti e di insalate che fiocchi di cereali integrali per la colazione, oppure le relative farine da utilizzare per la preparazione casalinga del pane o della pasta.

8) Noci

Noci, ma anche mandorle e arachidi, insieme ad altre tipologie di frutta secca, secondo gli studi più recenti sono benefiche per abbassare il colesterolo. Consumare circa 50 grammi di frutta secca al giorno, secondo quanto indicato dalla Harvard Medical School, aiuterebbe ad abbassare il colesterolo del 5%. Inoltre la frutta secca contiene altri nutrienti benefici per il cuore, perciò il suo consumo viene consigliato per la prevenzione dei disturbi cardiaci.

9) Mele

Una mela al giorno toglie il medico di torno e aiuta ad abbassare il colesterolo. Le mele sono davvero un toccasana per la nostra salute e secondo alcune ricerche condotte nel Regno Unito, mangiare una mela al giorno ridurrebbe le morti dovute al rischio cardiovascolare proprio come assumere una statina al giorno, ma senza effetti collaterali. Le statine sono farmaci che vengono prescritti proprio per abbassare il colesterolo. Le mele sono ricche di pectina, che contribuisce al loro effetto benefico. Altri tipi di frutta particolarmente utili sono uva, agrumi e le già citate fragole.

10) Melanzane

Ancora da Harvard, ecco la segnalazione di un ortaggio particolarmente indicato per abbassare il colesterolo. Si tratta delle melanzane, che hanno un basso contenuto di calorie e che allo stesso tempo sono ricche di fibre. Dunque ricordiamo di consumarle spesso, soprattutto quando sono di stagione.

Istat: disoccupati raddoppiati dall’inizio della crisi, aumenta la povertà. Poche le nascite e giovani in fuga

Istat: disoccupati raddoppiati dall’inizio della crisi, aumenta la povertà. Poche le nascite e giovani in fuga

Non emerge certo una fotografia positiva dell’Italia nel rapporto annuale 2014 dell’Istat. L’indicatore di povertà assoluta, stabile fino al 2011, sale di ben 2,3 punti percentuali nel 2012, attestandosi all`8% delle famiglie. L’Ente statistico sottolinea che la grave deprivazione, dopo l`aumento registrato fra il 2010 e il 2012 (dal 6,9% al 14,5% delle famiglie) registra un lieve miglioramento nel 2013, scendendo al 12,5%.
Il rischio di persistenza in povertà, ovvero la condizione di povertà nell’anno corrente e in almeno due degli anni precedenti, è nel 2012 tra i più alti d`Europa (13,1 contro 9,7%). Si tratta di una condizione strutturale: le famiglie maggiormente esposte continuano a essere quelle residenti nel Mezzogiorno, quelle che vivono in affitto, con figli minori, con disoccupati o in cui il principale percettore di reddito ha un basso livello professionale e di istruzione. Il rischio di persistenza nella povertà raggiunge il 33,5% fra le famiglie monogenitori con figli minori. Nel Mezzogiorno è cinque volte più elevato che nel Nord, tre volte più elevato tra gli adulti sotto i 35 anni, due volte più elevato tra i disoccupati e gli inattivi.
A questo proposito il numero di disoccupati in Italia è raddoppiato. Dall’inizio della crisi, nel 2013 arriva a 3 milioni 113 mila unità. In quasi sette casi su 10 l`incremento è dovuto a quanti hanno perso il lavoro, con l`incidenza di ex-occupati che arriva al 53,5% (dal 43,7% del 2008). Dal 2008 al 2013 l`occupazione è diminuita di 984 mila unità (-973 mila uomini e -11 mila donne), con una flessione del 4,2% e un calo più forte nell`ultimo anno (-478 mila occupati).
Se si considera l’insieme di disoccupati e forze lavoro potenziali, ammontano a oltre 1 milione le persone con almeno 50 anni che vorrebbero lavorare. Tra gli over50 crescono sia gli occupati (1 milione 70 mila unità in più, +19,1%) sia coloro che vorrebbero lavorare e non trovano il lavoro (+261 mila disoccupati e +172 mila forze di lavoro potenziali, rispettivamente +147% e +33,4%), mentre diminuiscono gli inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare (-448 mila, -4,1%).
Il tasso di occupazione scende al 55,6% (dal 58,7% del 2008). Nel Mezzogiorno il calo è più forte(-583 mila unità, -9%), con il tasso di occupazione pari al 42%, a fronte del 64,2% del Nord e del 59,9% del Centro. Il calo dell`occupazione nei cinque anni è quasi esclusivamente maschile (-6,9% a fronte di -0,1% per le donne); tuttavia nel 2013 torna a calare anche l`occupazione femminile (-128 mila unità, pari a -1,4% rispetto al 2012). Il tasso di occupazione degli stranieri si riduce di 9 punti, attestandosi al 58,1%; per gli uomini il tasso è al 67,9%, per le donne al 49,3% (rispettivamente -14 e -3,4 punti), nonostante la crescita, tra il 2008 e il 2013, degli stranieri occupati (+246 mila unità tra gli uomini e +359 mila tra le donne).
Inoltre, prosegue l’Istituto di statistica, cresce la disoccupazione di lunga durata che raggiunge il 56,4% del totale (45,1% nel 2008). Si riducono gli ingressi nell`occupazione dalla disoccupazione: se nel periodo pre-crisi (2007-2008) su 100 disoccupati 33 avevano trovato un lavoro un anno dopo, nel periodo 2012-13 questi scendono a 24. Per ogni disoccupato, c`è almeno un`altra persona che vorrebbe lavorare. Nel 2013 il totale delle forze lavoro potenziali, ovvero gli inattivi più vicini al mercato del lavoro, arriva a 3 milioni 205 mila, con un incremento di 417 mila unità.
Complessivamente, nel 2013 sono 6,3 milioni gli individui potenzialmente impiegabili. Aumentano anche gli scoraggiati, che tra le forze di lavoro potenziali sono 1 milione 427 mila individui. I giovani sono i più colpiti dalla crisi: i 15-34enni occupati diminuiscono, fra il 2008 e il 2013, di 1 milione 803 mila unità, mentre i disoccupati e le forze di lavoro potenziali crescono rispettivamente di 639 mila e 141 mila unità. Il tasso di occupazione 15-34 anni scende dal 50,4% del 2008 all`attuale 40,2%, mentre cresce la percentuale di disoccupati (da 6,7% a 12%), studenti (da 27,9% a 30,7%) e forze di lavoro potenziali (da 6,8% a 8,3%).
Cala la spesa per consumi. Molte famiglie che fino al 2011 avevano utilizzato i risparmi accumulati o avevano risparmiato meno (la propensione al risparmio è scesa dal 15,5% del 2007 al 12% del 2011) hanno ridotto i propri livelli di consumo nel 2012 per mantenere i loro standard. La contrazione dei livelli di consumo si è verificata nonostante l`ulteriore diminuzione della propensione al risparmio (pari all`11,5%) e il crescente ricorso all`indebitamento (nel 2012, le famiglie indebitate superano quota 7%).
Giù anche la spesa sanitaria – Nel 2012, la spesa sanitaria pubblica inoltre è pari a circa 111 miliardi di euro, inferiore di circa l’1% rispetto al 2011 e dell’1,5% in confronto al 2010. Durante la crisi, dal 2008 al 2011, le prestazioni a carico del settore pubblico si sono ridotte, compensate da quelle del settore privato a carico dei cittadini. Infatti, il valore della produzione pubblica (valutata a prezzi 2005) è rimasto invariato, mentre quello del settore privato è cresciuto dell’1,7%.
Tiene in Italia l’occupazione femminile, specie a fronte del forte calo di quella maschile, tanto che crescono le famiglie con donne breadwinner, ovvero quelle in cui la donna è l’unica ad essere occupata; ma in tempi di crisi è sempre più difficile lavorare ed essere madri, specie per le straniere. Spesso le madri lavoratrici, soprattutto le neo madri, si affidano ai nonni, anche se cresce il ricorso al nido, per lo più privato.
In Italia – inoltre – si vive sempre più a lungo ma resta bassa la propensione ad avere figli, le donne fanno pochi figli e sempre più tardi, a 31 anni in media il primo figlio. Anche le donne straniere in età feconda sta rapidamente “invecchiando”.

I FARMACI CHE NON GUARISCONO DALLE MALATTIE

LA DERIVA DELL’INDUSTRIA FARMACEUTICA: I FARMACI CHE NON GUARISCONO DALLE MALATTIE

 

di Enzo Pennetta

 

Un farmaco che non guarisce dalle malattie può sembrare un’idea assurda, è invece la più razionale dal punto di vista del marketing. Un sistema integrato con il “trattamento” dei malati gravi con l’eutanasia e i test genetici prenatali.

C’è qualcosa che non va nell’industria farmaceutica se è possibile leggere notizie come quella apparsa il 26 maggio scorso sul Corriere della Sera con il titolo “Trovato farmaco per grave malattia. Ma nessuno lo produce”. La vicenda è così riassumibile:

“Dopo anni di studi, i ricercatori dell’IFOM di Milano hanno identificato e descritto la causa di una gravissima malattia genetica, principale causa di emorragia cerebrale nei bambini sotto i 10 anni e hanno scoperto che un vecchio farmaco, fuori brevetto, potrebbe curarla…

In Italia ci sarebbero quindi circa 300.000 casi di CCM. Colpisce nel 25-30% dei casi bambini e ragazzi sotto i 20 anni, nel 60% adulti tra 20 e 40 anni, e per il 10-15% gli ultra-quarantenni. Ad oggi l’unica terapia possibile è la chirurgia che però spesso è impraticabile perché pericolosa, in quanto il bisturi può facilmente danneggiare le parti sane del cervello…

Il farmaco però, da tempo fuori brevetto, non è più prodotto e nessuna casa farmaceutica, nemmeno quella che lo produsse per prima, è disposta a rimetterlo in commercio, perché lo giudica poco remunerativo. Dejana e i suoi colleghi, anche sulla spinta emotiva trasmessa loro dai genitori dei piccoli malati, sono da tempo alla ricerca di una soluzione, senza poterla trovare. «È un peccato – commenta sconsolata Dejana – perché, una volta tanto, eravamo riusciti a trovare un farmaco in gran parte già sperimentato, quasi pronto per l’utilizzo, ma nessuno vuole produrlo, bloccando ogni possibilità di trattamento dei pazienti colpiti da questa gravissima malattia.

Siamo quindi davanti al un caso di un farmaco che potrebbe curare circa 300.000 pazienti solo in Italia ma che nessuno vuole produrre perché “poco remunerativo”.

Il problema non è però circoscritto al caso della CCM ma è ben più ampio ed è ad esempio all’origine del nuovo allarme sulla diminuita efficienza degli antibiotici (vedi Corriere della Sera del 30 aprile 2014 “I super-batteri devastanti. Vecchie infezioni tornano a uccidere”!). Che alla base della diminuita capacità degli antibiotici ci fosse la rinuncia delle industrie farmaceutiche ad investire nella ricerca era stato già detto nel dicembre del 2011 sempre sul Corriere nell’articolo “Così un batterio cancellerà la specie umana”. L’affermazione è importante e va evidenziata: “Di infezione o si guarisce o si muore e così la cura è per poco, i farmaci per la pressione alta o il colesterolo invece si prendono per tutta la vita e rendono molto di più”. In poche parole la logica del profitto è chiara: conviene investire in malattie non mortali e dalle quali non si guarisce.

Non sarà quindi ritenuta remunerativa neanche la ricerca di cure per le malattie genetiche che possono essere diagnosticate entro il terzo mese di gravidanza e affrontate ricorrendo all’aborto. Riguardo questo tipo di patologie la tendenza è data dalla diagnosi prenatale mediante amniocentesi che consente di individuare la presenza della trisomia 21 (sindrome di Down), i dati in tal senso indicano una riduzione delle nascite di bambini Down proprio per via del ricorso all’aborto, nel 2009 si è calcolato che i bambini abortiti perché affetti dalla sindrome di Down siano stati 1.118.

Se la stessa tendenza dovesse affermarsi per altre patologie di origine genetica non sarebbe un buon investimento quello nella ricerca di cure che verrebbero sempre meno richieste. Nel gennaio 2014 sul New England Journal of Medicine è apparso un articolo che tratta proprio della possibilità di ottenere una sequenza completa del genoma entro i tre mesi di gravidanza, ma nel caso di ricorso alla fecondazione assistita eterologa sarà possibile escludere ancor prima della scelta del donatore la presenza di determinate patologie, il servizio è offerto dalla società Gene Peeks per un costo contenuto in circa 1.500 euro.

Le malattie genetiche secondo questa visione dovrebbero restare un retaggio delle classi povere che non potranno permettersi l’analisi genetica fetale (o ancor più, embrionale) o la fecondazione eterologa.

Se dunque c’è da aspettarsi uno stop dello studio e della produzione di farmaci per le malattie di origine genetica, le cose non sembrano andare diversamente per altre patologie gravi e quelle proprie dell’età avanzata in quanto la tendenza sarà quella di non inserirle tra quelle fornite dai servizi sanitari per motivi di costo (o di non produrle come nel caso degli antibiotici). Al riguardo è stato espresso un parere significativo dal ministro delle Finanze giapponese Taro Aso nel gennaio 2013: “Let elderly people ‘hurry up and die’, says Japanese minister”. Nella stessa direzione vanno i recenti orientamenti in Belgio dove nel febbraio 2014 sul Journal of Critical Care è apparso l’articolo ““Piece” of mind: End of life in the intensive care unit Statement of the Belgian Society of Intensive Care Medicine” nel quale si sostiene la necessità dell’eutanasia per i pazienti in terapia intensiva anche in assenza di autorizzazione esplicita. Ancora oltre si spinge la proposta formulata nel maggio scorso dalla società svizzera EXIT di estendere il suicidio assistito alle persone anziane, anche non malate, che ne facciano richiesta.

Con il termine “farmaco”, che in greco significa anche “veleno”, si intende una sostanza impiegata al fine di ripristinare in primo luogo lo stato di salute del paziente e in secondo luogo di alleviare o eliminare i sintomi di una malattia. Con lo spostamento della centralità dell’azione dall’Uomo al profitto il farmaco è diventato in primo luogo un investimento da far fruttare il più possibile, il farmaco che non guarisce è dunque una conseguenza del tutto logica e consequenziale di fronte alla quale non è consentito formulare giudizi di “assurdità”.

Ed è proprio la logicità del fenomeno a far porre l’attenzione sull’impostazione socio-economica che ne è all’origine, quel liberismo che trova le sue origini nella teoria della “mano invisibile” del mercato di Adam Smith secondo la quale lasciando liberi i diversi soggetti di perseguire il proprio vantaggio personale si ottiene come conseguenza il vantaggio generale.

La deriva dell’industria farmaceutica è dunque tale nel senso più stretto del termine, si tratta della direzione verso la quale si dirige spontaneamente qualcosa spinta da una corrente, e la corrente in questo caso è il liberismo economico al quale anche le leggi si adegueranno in quanto ispirate alle stesse idee. L’unica possibilità per tornare a porre al centro della ricerca e dell’industria farmaceutica i farmaci che guariscono è quella di operare una mutazione della visione antropologica, una mutazione che ponga l’Uomo al centro, come fine e non come strumento.

Si tratta in ultima analisi di ridefinire quale sia “Il posto dell’uomo nella natura”.

Istat, raddoppiano in 5 anni gli italiani che lasciano il Paese. Calano le nascite

Istat, raddoppiano in 5 anni gli italiani che lasciano il Paese. Calano le nascite

Nascite in calo in Italia nel 2013 per il quinto anno consecutivo. Toccato il minimo storico di 514mila nuovi nati. E’ la fotografia fornita dall’Istat attraverso gli indicatori demografici del nostro Paese. Circa l’80% dei nuovi nati proviene da donne italiane, il 20% da donne straniere. Il numero medio di figli per donna scende da 1,42 nel 2012 a 1,39 nel 2013.
Raddoppiato il numero degli italiani che lasciano il Paese – Le immigrazioni dall’estero sono scese nel 2013 a 307 mila, pari a un tasso del 5,1 per mille, contro le oltre 350 mila del 2012 (5,9 per mille). Aumentano, invece, le emigrazioni, circa 126 mila (2,1 per mille), contro i 106 mila dell’anno precedente (1,8 per mille). Il saldo migratorio con l’estero è di 182 mila unità, per un tasso del 3 per mille (4,1 nel 2012). E’ quanto emerge dal Report “indicatori demografici” dell’Istat. Nel periodo 2008-2013, tra coloro che abbandonano il Paese per una destinazione estera raddoppia sia il numero di residenti stranieri (da 22 a 44 mila), che il numero di italiani (da 40 a 82 mila).
Destinazione preferita il Regno Unito – Nel 2013 la destinazione estera favorita dagli italiani è il Regno Unito, con circa 13 mila trasferimenti, segue la Germania con 11 mila 600. Gli stranieri, invece, emigrano prevalentemente in Romania, oltre 10 mila trasferimenti nel 2013 (+21% sul 2012) e Albania, oltre 2 mila trasferimenti (+23%). Calano gli ingressi dei cittadini stranieri, 279 mila nel 2013 contro i 321 mila del 2012. I rimpatri di italiani sono 28 mila.
Meno matrimoni con rito religioso – La celebrazione del matrimonio con rito religioso perde ulteriore terreno nei confronti del rito civile. Tra il 2008 e il 2013 la quota di sposi che sceglie il primo passa infatti dal 63% al 57%, mentre la quota di coloro che optano per il secondo cresce dal 37% al 43%. Lo segnala l’Istat nel report degli indicatori demografici del nostro Paese. Complessivamente nel 2013 si sono celebrati meno
26 giugno 2014

Yara, il pm Ruggeri: “Dna faro che ha illuminato le indagini. Senza dubbio Guerinoni è il padre dell’omicida”

Yara, il pm Ruggeri: “Dna faro che ha illuminato le indagini. Senza dubbio Guerinoni è il padre dell’omicida”

Dopo i primi tre mesi ”da incubo”, il ritrovamento del cadavere di Yara ha dato una svolta alle indagini: ”E’ stato di un grande aiuto, come è noto i cadaveri danno informazioni e sapere che sugli slip è stato localizzato questo Dna. A questo punto il Dna è stato il faro alla luce del quale proseguire le indagini”. E’ quanto ha detto il pm titolare del caso Yara, Letizia Ruggeri. Il magistrato ha poi annunciato di non escludere il giudizio immediato, senza quindi passare dall’udienza preliminare. ”Devo valutare come procede questa fase dell’indagine, ma non lo escludo”, ha detto. “E’ stata una indagine faticosissima, ha proseguitoNon avete idea di quanta fatica è stata fatta in un’indagine a elenchi, con nessun testimone e ben poche telecamere funzionanti. Nei primi mesi è stato un incubo”.
La svolta con il dna –  E’ stato il faro alla luce del quale proseguire le indagini.’Dopo aver riesumato il cadavere di Guerinoni, non abbiamo avuto più nessun dubbio sul fatto che fosse il padre del soggetto che stavamo cercando”. E’ così partita un’indagine pazzesca per ritrovare la madre”, anche ”pedinando e intercettando i Guerinoni. ‘Attraverso un’indagine anagrafica, negli anni siamo arrivati alla madre Ester Arzuffi, che condivide nel dna un allele molto raro e particolare. Una volta individuata la madre il percorso è stato in discesa”. Il dna della madre di Bossetti è stato selezionato ed individuato in una rosa di 532 Dna quello di Ester Arzuffi, la madre di Massimo Giuseppe Bossetti, ritenuto l’omicida della piccola Yara Gambirasio. Il pm di Bergamo, ha anche specificato che il Dna della donna aveva un ”gene particolare”. Poi si è proseguito con l’individuazione di Bossetti.
Procuratore: nelle indagini nessuna contraddizione – “Il percorso investigativo si è basato su una linea operativa strettamente scientifica, dall’individuazione della madre del presunto autore fino all’individuazione della persona che conoscete ”: l’ha spiegato il procuratore di Bergamo Francesco Dettori. Dettori, è poi tornato sulle polemiche per la diffusione della notizia sul fermo del presunto assassino di Yara, sostenendo che ”era una persona che andava tutelata” prima di un confronto con il gip. ”Perché dare in pasto alla stampa una persona che ha diritto di essere tutelata?”. Infine ha definito ”aride e stupide”, le polemiche sui milioni di euro spesi durante le indagini. ”Per trovare la verità sul caso di una ragazza di 13 anni non si bada a spese” ha tagliato secco il magistrato.
I Gambirasio: “I Bossetti soffrono più di noi” – La nostra Yara ora è in paradiso”, ha continuato il padre della tredicenne, aggiungendo che è tempo di pensare ai genitori e parenti di Massimo Giuseppe che ”ora sono stati travolti dall’ inchiesta”: lo ha riferito don Corinno che ha parlato con l’uomo al telefono stamani. La famiglia Gambirasio, seguendo lo stesso atteggiamento di questi ultimi anni, nel corso della settimana è rimasta chiusa nel massimo riserbo, ‘protetta’ nella villetta di via Rampinelli. Secondo alcuni conoscenti, la famiglia oggi potrebbe essere andata via, in direzione di Pesaro per il fine settimana, dove era stata invitata a partecipare all’evento ‘Ginnastica in Festa’, in ricordo della passione per la figlia per questa disciplina.
20 giugno 2014

ACQUA POTABILE, L’ITALIA È UN COLABRODO

 

ACQUA POTABILE, L’ITALIA È UN COLABRODO

 

di Andrea Ballocchi

 

L’Italia è un colabrodo. O, più precisamente, lo sono le reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile da cui si disperde quasi il 40% (37,4%) del contenuto. Lo segnala l’ISTAT attraverso il “Censimento delle acque per uso civile”, appena pubblicato. La ricerca fa riferimento ai dati 2012 e certifica un peggioramento delle cose rispetto a quattro anni prima quando le dispersioni di rete erano del 32,1%.

Ma partiamo dall’inizio, ossia dal volume complessivo di acqua prelevata per uso potabile, che è pari a 9,5 miliardi di metri cubi, (+3,8% rispetto al 2008). Un terzo dell’acqua prelevata esce dai trattamenti di potabilizzazione (totale 2,9 miliardi di metri cubi annui).

L’acqua, a questo punto viene immessa nelle reti comunali di distribuzione: il volume è pari a 8,4 miliardi di metri cubi, 385 litri al giorno per abitante (+2,6% rispetto al 2008), mentre quello che è effettivamente erogato agli utenti è di 5,2 miliardi di metri cubi (241 litri per abitante), 12 litri al giorno in meno rispetto all’ultimo dato censito nel 2008. Ecco le dispersioni: 3,1 miliardi di metri cubi “svaniti”.

Non tutte le regioni “perdono” nello stesso modo: la Valle d’Aosta segnala un 20% circa di perdite, con Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e – leggermente di più – Lombardia. Dall’altro lato della lavagna, la Sardegna è quella che fa registrare il primato peggiore con il 50% circa di perdite. Ciò che si evidenzia nel rapporto è però lo scadimento generale rispetto al 2008: «le dispersioni regionali di rete mostrano situazioni di maggiore criticità nelle Isole e nel Centro-Sud, con le eccezioni di Abruzzo e Puglia, che negli ultimi anni hanno sanato alcune situazioni di forte dispersione. Seppur con livelli più bassi, anche nelle regioni del Nord si registra un generale peggioramento della dispersione di rete, ad eccezione della Valle d’Aosta».

In tema di acqua potabile, pochi giorni prima dell’uscita del report ISTAT la Commissione Europea ha pubblicato sul proprio sito web una consultazione pubblica per chiedere ai cittadini europei come si potrebbe migliorare la fornitura di acqua potabile in Europa per garantire che ognuno dei cittadini abbia accesso a un’acqua pulita, sicura e a prezzi contenuti. Alla consultazione si può partecipare fino al 15 settembre 2014.