Xi Jinping in Italia, al via la visita che preoccupa Usa e Ue |
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Il presidente cinese, Xi Jinping, e la first lady ieri a Fiumicino (REUTERS) | ||
È iniziata la due giorni del leader cinese Xi Jinping a Roma, una visita ufficiale caratterizzata da imponenti misure di sicurezza. Oggi il leader cinese incontrerà il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e in serata al Quirinale sarà Andrea Bocelli a chiudere la cena di Stato. Domani, invece, è previsto l’incontro con il premier Giuseppe Conte e la firma del MoU sulla via della seta. Poi Xi volerà a Palermo e dalla Sicilia in Francia, dove martedì 26 marzo sarà ricevuto all’Eliseo dal presidente francese Emmanuel Macron insieme con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il presidente della commissione Ue, Jean Claude Juncker. Sul tavolo, i temi del commercio e del clima. |
Archivio mensile:luglio 2019
Imu, Tasi, imposte sui redditi: stangata da 40 miliardi sulla casa
Imu, Tasi, imposte sui redditi: stangata da 40 miliardi sulla casa |
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Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria (ANSA) | ||
La febbre sugli immobili segna 39,5. Intesi come i miliardi di imposte che lo Stato e i Comuni hanno reperito l’anno scorso da fabbricati e terreni, in aumento del 2% sul 2017. E quest’anno il termometro pare destinato a marcare un altro rialzo, dopo il via libera ai rincari dei tributi locali deciso con l’ultima legge di Bilancio. Tutto senza nemmeno dover prendere in considerazione la «moderna patrimoniale sulla prima casa», suggerita a inizio aprile dal Fondo mononetario internazionale (Fmi), o la riforma del catasto, riproposta tra le raccomandazioni di politica fiscale del Pnr 2018 e citata il mese scorso dal direttore delle Entrate, Antonino Maggiore, in audizione alla bicamerale sull’anagrafe tributaria. |
LA GRANDE FRENATA
LA GRANDE FRENATAPil: Bankitalia dimezza a +0,3% la stima della crescita 2019 |
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Giuseppe Conte e Giovanni Tria (REUTERS) | ||
Crescita sempre più debole per l’economia italiana. La Banca d’Italia, nelle nuove proiezioni economiche, stima una ripresa a ritmi moderati nella seconda parte dell’anno con un pil, corretto per le giornate lavorative, che crescerebbe quest’anno solo dello 0,3%. La stima per il 2019 rispetto a quella fatta a gennaio viene così dimezzata (+0,6%). Rivista al rialzo la stima per la disoccupazione, che si attesta al 10,5% per il 2019 e al 10,6% nel 2020. |
Polonia e Sud Italia: gemelli negli aiuti Ue, diversi nella crescita economia
Polonia e Sud Italia: gemelli negli aiuti Ue, diversi nella crescita economia |
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Il Paese dell’Est e il nostro Mezzogiorno beneficiano di analoghe dotazioni di fondi. Eppure i risultati sono diversi. Conti in ordine, buona base industriale, gestione centrale della politica di coesione regionale e un sistema scolastico di buon livello spiegano buona parte del gap nella capacità di spesa delle risorse europee disponibili per gli investimenti e soprattutto neirisultati in termini di crescita tra le due aree che ricevono quasi la stessa quantità di aiuti pro-capite da parte della Ue ma registrano tassi di crescita completamente opposti. |
David Sassoli alla guida del Parlamento Ue
David Sassoli alla guida del Parlamento Ue: «Riformare Dublino» |
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David Sassoli (AP) | ||
David Sassoli è il nuovo presidente del Parlamento europeo. L’eurodeputato italiano del Pd, candidato dal gruppo Socialisti&Democratici, ha vinto con 345 voti, soglia che supera la maggioranza assoluta rispetto ai voti validi espressi. Niente da fare per gli sfidanti, la tedesca Ska Keller (Verdi, 119 voti), la spagnola Sira Rego (Gue-Sinistra, 43 voti) e il ceco Jan Zahradil (Conservatori e riformisti, 160 voti). Tra i primi appelli all’Eurocamera, Sassoli ha parlato dell’urgenza di riformare la legislazione in materia di immigrazione. «Ora è arrivato il tempo di ridiscutere ilregolamento di Dublino». Fra gli altri temi in agenda il cambiamento climatico, la “democratizzazione” dell’Europa e il contrasto ai nazionalismi. «L’Europa non è un incidente della storia» ha precisato. Lungo tutto il suo discorso, gli scranni dei deputati del Brexit Partysono rimasti deserti. |
Spose due ragazze della Marina Militare
Julian Assange arrestato, è nelle mani di Scotland Yard
Julian Assange arrestato, è nelle mani di Scotland Yard
Il fondatore di Wikileaks è stato prelevato dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Gli Usa chiedono l’estradizione: rischia cinque anni per pirateria informatica
Julian Assange è stato riconosciuto colpevole, da parte della corte di giustizia di Westminster, di violazione delle condizioni della sua libertà provvisoria nel 2012. In attesa della sentenza, i giudici hanno disposto una misura di custodia in carcere. Per questa accusa il fondatore di Wikileaks rischia fino a 12 mesi di carcere. Assange dovrà affrontare un’altra udienza il 2 maggio sulla richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti per l’accusa di pirateria informatica e cospirazione. Se condannato, rischia fino a 5 anni di reclusione.
Gli Usa, come stabilito dal giudice britannico, hanno tempo sino al 12 giugno per presentare gli elementi di accusa per l’estradizione. I dirigenti del Dipartimento di Giustizia americano hanno comunicato che prevedono di contestare nuovi capi d’imputazione nei confronti del giornalista australiano, oltre i due già noti.
Assange è apparso in un’aula della corte di giustizia di Westminster, nel centro di Londra, verso le ore 15. Il fondatore di Wikileaks era accusato di non essersi presentato in tribunale nel 2012 da parte dellle autorità inglesi e di cospirazione dagli Stati Uniti, “per aver pubblicato dei documenti rubati forniti dall’ex soldato americano Chelsea Manning”, secondo quanto dichiarato dal Dipartimento di Giustizia Usa. Dopo la formalizzazione delle accuse, Assange si è dichiarato “non colpevole”.
Il giornalista australiano è stato arrestato nella mattina dell’11 aprile dall’ambasciata dell’Ecuador dalla polizia britannica. Poi è stato portato a Scotland Yard. L’arresto è avvenuto dopo la revoca della concessione dell’asilo politico da parte del governo di Quito. Mentre era portato via dall’ambasciata, Assange ha pronunciato due frasi: “Questo è ingiusto, non sto lasciando l’ambasciata. Il Regno Unito non ha civiltà”, ha detto prima di lanciare un appello ai cittadini britannici, “dovete resistere”.
La notizia è stata subito confermata dalle autorità inglesi: “Assange è stato preso in custodia dalla polizia e sarà portato al più presto davanti ai magistrati”, ha affermato il ministro dell’Interno britannico Sajid Javid. Il premier Theresa May ha “dato il benvenuto alla notizia” dell’arresto nel corso di una seduta della Camera dei Comuni. “Non è un eroe, è sfuggito alla verità per anni ed è giusto che il suo futuro venga deciso dal sistema giudiziario britannico”, ha dichiarato invece il ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt. “Ciò che vediamo oggi è che nessuno è al di sopra della legge”.
Jen Robinson, uno degli avvocati del team legale di Julian Assange, ha dichiarato in un post su Twitter che il suo assistito è stato arrestato sia per la mancata comparizione davanti a un giudice del Regno Unito nel 2012, sia sulla base di una “richiesta di estradizione degli Stati Uniti”. Scotland Yard ha confermato, dopo le dichiarazioni di Robinson, di aver ricevuto “un mandato di arresto da parte degli Usa”. “Gli Stati Uniti hanno chiesto l’arresto e l’estradizione di Assange perché accusato di crimini informatici”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri del Regno Unito.
Il presidente dell’Ecuador Lenin Moreno ha dichiarato che il suo governo ha annullato l’asilo di Assange per le “ripetute violazoni delle convenzioni internazionali e del protocollo per la vita quotidiana”. Moreno, che ha dato l’annuncio della “decisione sovrana” in un comunicato accompagnato da un video su Twitter, ha poi aggiunto che “Assange non sarà trasferito in paesi in cui vige la pena di morte”. Il riferimento è agli Stati Uniti, dove il fondatore di WikiLeaks è accusato di divulgazione di documenti coperti da segreto di Stato. Ad Assange è stata revocata anche la cittadinanza ecuadoregna, fa sapere il governo di Quito.
Rafael Correa, ex presidente ecuadoregno in esilio in Belgio dal 2017, ha definito Moreno “il più grande traditore della storia dell’America latina”: “Ha permesso che la polizia britannica entrasse nella nostra ambasciata per arrestare Assange. Moreno è un corrotto: quello che ha fatto è un crimine che l’umanità non dimenticherà mai”. Correa aveva concesso l’asilo politico al fondatore di WikiLeaks nell’agosto del 2012.
Subito dopo la comunicazione della detenzione, il governo russo ha diramato un comunicato: “La speranza del Cremlino è che i diritti di Julian Assange non vengano violati dopo l’arresto da parte delle autorità britanniche”. Mosca poi critica Londra: “La mano della democrazia strangola la gola della libertà”, è l’accusa della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. “L’Ecuador ha esposto Assange al rischio reale di gravi violazioni dei diritti umani”, ha dichiarato invece la relatrice speciale dell’Onu per i dirittu umani, Agnes Callamard.
Assange non è stato arrestato fuori dall’ambasciata, ma è stato l’ambasciatore a far entrare la polizia britannica all’interno della sede diplomatica, dove il fondatore di WikiLeaks è stato arrestato. “L’Ecuador ha revocato illegalmente l’asilo politico concesso in precedenza a Julian Assange in violazione del diritto internazionale”, accusa l’organizzazione su Twitter.
“Questo è un momento buio per la libertà di stampa”, ha commentato su Twitter Edward Snowden, ex analista dell’Nsa e gola profonda del Datagate esiliato a Mosca.
La settimana scorsa Wikileaks aveva lanciato l’allarme sostenendo che Assange sarebbe stato cacciato dall’ambasciata e quindi arrestato dalle autorità britanniche. Il governo di Quito si era rifiutato di commentare la notizia ma il ministro degli Esteri, Jose Valencia, aveva fatto sapere che il governo stava riesaminando l’asilo che gli era stato concesso. Il 10 aprile Wikileaks ha denunciato che il suo fondatore è stato oggetto di una sofisticata operazione di spionaggio all’interno dell’ambasciata, al fine di espellerlo o estradarlo. La direttrice dell’organizzazione, Kristinn Hrafnssonnon, non ha fornito prove delle sue affermazioni ma ha segnalato che lo “sfratto” di Assange sarebbe potuto avvenire in qualunque momento.
Il fondatore di WikiLeaks viveva nell’ambasciata ecuadoregna a Londra dall’estate del 2012. Il giornalista australiano aveva fatto richiesta di asilo come “perseguitato politico”, dopo che le autorità britanniche avevano deciso di estradarlo in Svezia, dove sarebbe andato a processo per le accuse di stupro, molestie e coercizione illegale, rivoltegli da due donne. Alla luce dell’arresto, un’accusatrice ha chiesto tramite il suo avvocato di riaprire l’inchiesta. I giudici svedesi hanno dichiarato di aver saputo dell’arresto di Assange solo dopo l’esecuzione del mandato: “Non sappiamo perché sia stato arrestato, stiamo seguendo la situazione”.
Elton John contro la Brexit: “Sono un cittadino europeo, non un idiota inglese imperialista”
Elton John contro la Brexit: “Sono un cittadino europeo, non un idiota inglese imperialista”
Durante il concerto all’Arena di Verona il cantante ha criticato duramente la politica britannica: “Mi vergogno del mio paese per quello che ha fatto”
Elton John, durante il concerto all’Arena di Verona del 29 maggio, ha detto di essersi vergognato del voto dei propri connazionali sulla Brexit: “Mi vergogno del mio paese per quello che ha fatto. Si sono divise le persone. Sono stufo a morte dei politici, specialmente dei politici britannici. Sono stanco della Brexit. Io sono europeo. Non sono un idiota inglese stupido, coloniale, imperialista”.
Come riporta il The Guardian, quella di Verona non è la prima occasione in cui il cantante critica la politica britannica. Nel luglio 2018 Elton John aveva criticato il contesto politico del suo paese: “Non penso che alla gente in Inghilterra sia stata detta la verità. Gli è stato promesso qualcosa che era completamente ridicolo e economicamente insostenibile”. Il cantante in quell’occasione ha sostenuto che il processo sulla Brexit è stato confusionario, come “camminare attraverso il labirinto di Hampton Court bendato, essere girato circa 16 volte su se stesso e cercare di trovare la via d’uscita”.
Macron fa saltare le nozze Fca/Renault.
Caos procure: sfiducia e ritorsione dentro l’Anm
Caos procure: sfiducia e ritorsione dentro l’Anm
Il sindacato dei magistrati si spacca: 3 correnti vogliono “fare fuori” Magistratura Indipendente dalla giunta
Non c’è pace per la magistratura italiana. A consumare l’ennesimo capitolo di quella che sembra una crisi senza fine è la spaccatura della giunta dell’Associazione nazionale magistrati all’indomani del documento con cui Magistratura Indipendente ha blindato i suoi tre consiglieri del Csm autosospesi, insieme a un loro collega di Unicost, dopo che il loro nome è apparso nei documenti dei pm perugini che indagano su Palamara. Una decisione, presa nel corso di un’assemblea a porte chiuse, in contrasto il documento che l’Anm aveva approvato all’unanimità.
Non è bastata l’astensione del presidente del ‘parlamentino’ dei magistrati, Pasquale Grasso – membro di Mi – a placare gli animi delle altre correnti, che hanno chiesto di sfiduciare la giunta attuale e proposto un incontro urgente per il suo rinnovo. Incontro che, probabilmente, sarà convocato per il 16 giugno prossimo.
Area, Autonomia e Indipendenza e Unicost in un documento congiunto fanno sapere che il documento approvato dai magistrati moderati “esclude la possibilità di proseguire l’esperienza dell’attuale Giunta che vede la presenza e la presidenza di Magistratura Indipendente”.
Albamonte (Area): “Non è possibile che Mi quando è in Anm dice una cosa e quando si riuscire ne dice un’altra. Chiariscano”
Tra i più critici della scelta di Mi Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Anm e rappresentante di Area nel sindacato delle toghe: “Il nostro giudizio è che il documento di ieri di Mi abbia aperto una fase ulteriore di crisi istituzionale – dice a RaiNews 24 – Noi chiediamo un chiarimento: non è possibile che Magistratura Indipendente quando è in Anm dica una cosa e quando si riunisce ne dica un’altra”. La corrente dei magistrati progressisti, che si è riunita in congresso negli ultimi tre giorni a Roma, ha sostenuto più volte la necessità che i quattro togati autosospesi dal Csm lasciassero il loro incarico. Nel documento finale della tre giorni di Area, non a caso, si legge: “I consiglieri autosospesi si devono dimettere per consentire una ripresa dell’attività del Csm a pieno regime, evitandone lo scioglimento”.
Albamonte parla di rischio di “caos istituzionale” nel caso in cui i consiglieri dovessero tornare a lavorare nell’organo di autogoverno dei magistrati. I quattro togati, spiega, se non facessero un passo indietro offrirebbero su un piatto d’argento il pretesto per attuare riforme dell’ordinamento giudiziario che potrebbero rivelarsi dannose: “Chi in questo momento mantiene alta la fibrillazione non dimettendosi, o addirittura rientrando ad esercitare le funzioni di consigliere, alimenta il rischio che queste riforme passino e questo sarà un danno per l’autogoverno per i magistrati e per i cittadini”.
Possibile una giunta a tre, con l’esclusione di Magistratura Indipendente
Cosa succederà ora? A breve, forse già domenica prossima, potrebbe essere convocato il Comitato direttivo centrale dell’Anm. Tra gli scenari possibili, quello di una giunta a tre e, cioè, senza Magistratura Indipendente. E una nuova presidenza. Pasquale Grasso, in questo caso, sarebbe costretto a lasciare il vertice del ‘sindacato’ delle toghe dopo poco più di due mesi dalla sua elezione.
Attesa le decisione dei quattro consiglieri autosospesi. Ieri le pressioni di Ermini
I quattro togati autosospesi – Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli di Magistratura Indipendente e Gianluigi Morlini di Unicost – intanto, dovrebbero comunicare a breve la loro decisione. Il numero due del Csm, David Ermini, li ha incontrati nella mattinata dell′8 giugno e ha chiesto loro di scegliere tra il passo indietro e la ripresa a pieno titolo delle loro funzioni in tempi celeri. La loro decisione sarà determinante per un’eventuale ridefinizione della geografia delle correnti all’interno del Csm. La crisi, insomma, resta aperta. E all’orizzonte è difficile intravedere soluzioni.
L’assist di Renzi a Lotti: “Questo metodo non l’ha inventato lui, c’è sempre stato”
Nella questione interviene Matteo Renzi, che si schiera dalla parte del suo fedelissimo, Luca Lotti. Secondo i magistrati perugini l’ex ministro dello Sport partecipava alle riunioni clandestine insieme ad alcuni magistrati per ‘trattare’ sul nome del futuro capo della procura di Roma, procura davanti alla quale è indagato per il caso Consip. L’ex presidente del Consiglio parla di “ipocrisia” e le sue parole suonano più o meno come un così fan tutti. “Se mettessero un trojan nel telefono di ogni membro del Csm troverebbe discussioni simili. Questo metodo non l’ha inventato Luca Lotti, c’è sempre stato”.