Ci prendono in giro

Fingono di ridursi lo stipendio, sgamato l’ennesimo bluff della Casta

30 gen

 
 
 
 
 

 

 
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Oggi pomeriggio, i quotidiani on line e il tg rilanciano pomposamente la notizia che i deputati si sarebbero ridotti lo stipendio di 1300 euro lordi (700 netti al mese). La notizia in realtà è una bufala perché la busta paga degli onorevoli rimarrà intatta nonostante la decisione dell’ufficio di presidenza della Camera scaturita dopo mesi d polemiche e di annunci con cui si dichiarava di voler riportare le indennità dei parlamentari italiani alle medie europei. A svelare il gioco di prestigio messo in atto dalla Casta per salvare le apparenze ma senza ridursi lo stipendio è il giornalista Franco Bechis: “Il segreto è tutto nelle nuove norme previdenziali dei parlamentari -scrive Bechis- che sono scattate dal primo gennaio scorso. Passando dal sistema retributivo a quello contributivo, i deputati si sarebbero visti lievitare la busta paga di circa 700 euro netti al mese, perchè non è più loro chiesto di versare tutti e due i contributi che versavano prima: uno per il vitalizio (1.006 euro al mese) e uno previdenziale (784,14 euro al mese), oltre alla quota assistenziale (526,66 euro al mese). La riforma delle pensioni avrebbe toccato solo marginalmente i deputati in carica (un anno su 5 di legislatura), che avrebbero recuperato ben più di quello svantaggio con i 700 euro netti in più in busta paga. Se la notizia degli stipendi aumentati fosse uscita, li avrebbero linciati. Così hanno deciso non di tagliarsi lo stipendio, ma di rinunciare a quell’aumento.”

Insomma continuano a prenderci in giro.

M.M.

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Intervista Audio al preparatore Piero Fischi (con qualche consiglio molto utile)

Pubblicato in: Allenamento Ciclismo, Personallenamento22 commenti
Per un appassionato di ciclismo, conoscere Piero Fischi è davvero una fortuna. E’ una grande fonte di conoscenza e di esperienza sul mondo delle due ruote, per cui non smetterei mai di di fargli mille domande. (Nella foto alcune pubblicazioni di Piero sulla mia scrivania)

Ho pensato allora di intervistarlo per tutti noi e gli ho chiesto di raccontarci un po’ la sua storia, la sua esperienza, dapprima come ciclista e poi come preparatore.

E soprattutto gli ho chiesto qualche consiglio in più sull’allenamento specifico per il ciclista che oltre a pedalare deve anche lavorare e seguire mille altri impegni.

Mi ha molto stupito sentire un preparatore del suo livello (allena da anni anche ciclisti professionisti) parlare di moderazione, di rispetto del proprio fisico, di equilibrio.

Queste sono le qualità essenziali che secondo me,deve avere un preparatore serio che si interfaccia con un cicloamatore che voglia allenarsi nel modo migliore possibile, ma tenendo conto delle sue specifiche caratteristiche e del suo stile di vita.

Nell’intervista Piero Fischi fa capire che una preparazione corretta non è mirata solo al raggiungimento di determinati obiettivi, ma deve essere pensata a 360° per garantire la massima integrità fisica del proprio corpo per molti anni, senza dimenticare l’aspetto psicologico.

E’ per questi motivi che sono rimasto subito molto colpito da questa preparatore, e quando l’ho intervistato, chiacchierare di ciclismo è stato un grande piacere.

Nell’intervista Piero da anche alcune indicazioni in più sul progetto “PersonAllenamento™” di cui ho parlato qualche giorno fa.

A questo proposito,vi posso anticipare che il nuovo portale dedicato ai programmi di allenamento personalizzati “PersonAllenamento™” sarà probabilmente online dalla prossima settimana, ma potremmo per ora gestire solo un numero limitato di ciclisti.

Molto presto vi farò sapere tutti i dettagli.

Nel frattempo ascolta l’intervista cliccando sul tastino con la freccetta “play” oppure se preferisci scarica l’intervista sul tuo computer in formato MP3 cliccando sul link sotto.

Click destro qui per scaricare l’intervista (formato MP3)

Blog 5

MeegaUpload, fake o realtà?

Dopo la chiusura dei vari siti di file-hosting, file-sharing, sul web si è scatenata una vera e propria caccia ai loro successori. Come possiamo ben capire tale passaggio può nascondere varie insidie, in molti si stanno chiedendo quale possa essere il servizio più affidabile e stabile, se Anonyupload o il nuovo MeegaUpload nato in questi giorni o nessuno dei due.

Per quanto riguarda Anonyupload sul sito è possibile registrarsi, ma sconsigliamo tale azione fino a che non verranno fatte ulteriori verifiche, in quanto il sito non è degli Anonymuos e non sappiamo dove i nostri dati possano finire.

Parlando di MeegaUpload viene subito all’occhio

la doppia “e”, che sinceramente, fa presagire che questo nuovo sito possa essere una nuova truffa on-line.

Naturalmente non volendo accusare nessuno prima del dovuto, attendiamo risvolti, ma sconsigliamo a chiunque volesse registrarsi ai siti sopra citati di attendere ulteriori notizie al riguardo, per non incappare in truffe dove i vostri dati potrebbero finire nelle mani sbagliate.

Stay Tuned!

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Libertà di stampa: l’Italia precipita al 61esimo posto. L’Fnsi: “Pesa ancora il conflitto d’interessi”

di Antonella Loi

Sessantunesimo posto al mondo per libertà di stampa. Dopo gli anni bui del conflitto d’interessi, l’oscurità continua a non diradarsi e lavorare al servizio dell’informazione libera in Italia rimane una chimera. Il rapporto annuale stilato da “Reporter senza frontiere” dice che il nostro Paese abbandona il 49esimo posto raggiunto nel 2010 e precipita quest’anno di dodici posizioni alle spalle della Guyana, poco prima di Repubblica Centrafricana, del Lesotho, della Sierra Leone, del Tonga e del Mozambico.
Giornalisti sotto minaccia – Tra le motivazioni che il “Press freedom index 2011-2012” indica a fondamento del poco lusinghiero giudizio, c’è il fatto che “una dozzina di giornalisti si trovano sotto protezione della polizia”. E tra questi ricodiamo Roberto Saviano, ma anche il 29enne Giovanni Tizian, collaboratore della Gazzetta di Modena, messo sotto tutela dopo le minacce ricevute per i suoi articoli sulle infiltrazioni mafiose nel Nord Italia. Ma non è tutto qui. Perché se il nostro Paese “ha voltato pagina dopo diversi anni di conflitto d’interesse con le dimissioni di Silvio Berlusconi”, scrive ancora l’organizzazione no profit nel suo rapporto, “il posizionamento reca ancora il suo marchio, in particolar modo tramite un tentativo di introdurre una legge bavaglio e uno di introdurre filtri a Internet senza consultare la giustizia, entrambi bocciati però per un soffio”. Appare come un giudizio di merito non tanto su quanto si è cercato di fare nel recente passato ma – si legge tra le righe – su quanto potrebbe ancora accadere in futuro. Perché i presupposti ci sono ancora tutti.
Siddi: la criminalità problema prima di tutto sociale – Se per Franco Siddi, segretario generale della Federazione nazionale della stampa, “il giudizio deve essere sereno evitando di cadere nella propaganda negativa per l’Italia”, è vero che la visione degli analisti internazionali è ancora minata da “tanti anni di oggettiva invadenza, soprattutto politica, a causa del più grande conflitto di interessi che si sia mai visto nel mondo occidentale”. Ed è per questo vengono puniti i tentativi andati a male di imbavagliare la stampa con la legge sulle intercettazioni e il web. Oltre questo c’è però un dato pesante: i 12 giornalisti sotto scorta sono una realtà. “I reporter minacciati sono un criterio di indagine per Reporter senza frontiere – sostiene Siddi – ma non esprimono un problema meramente dell’informazione, piuttosto è un problema sociale che interferisce più ancora sullo stato di legalità del Paese”.
Precarietà – Pacifico il riverbero sull’attività dei giornalisti costretti ad agire sotto minaccia e spesso senza garanzie contrattuali. Come nel caso già citato di Tizian, che da precario cercava la verità, come abbiamo visto, rischiando la vita. “Quanto più un giornalista è debole nella sua organizzazione e nella disciplina del lavoro dal punto di vista contrattuale tanto più diventa vulnerabile o individuabile come obiettivo sul quale esercitare pressioni o atti inconsulti. E’ un caso paradigmatico – dice -: il giornalista precario è debole tante volte”.
Concentrazioni – Tastare il polso dell’informazione in Italia è però ben più complesso. Al di là delle valutazioni che soggiaciono alle classifiche internazionali, sulla libertà sancita dall’articolo 21 della Costituzione, pesa la concentrazione degli organi stampa in poche mani. Ma questo “è piuttosto frutto della globalizzazione e accade anche in Francia e in Inghilterra con concentrazione di diversi organi in un’unica proprietà e concentrazione della raccolta pubblicitaria”, spiega ancora il giornalista. Di pari passo va la commistione tra attività editoriali e interessi economici di altra natura. “Questo limite alla libertà d’informazione c’è sempre stato, gli editori puri si contano sulle dita di una mano”, nonostante l’Italia abbia più di 200 testate quotidiane registrate.
Finanziamento pubblico – Ma allora, in un mercato sempre più globalizzato dove i grandi gruppi editoriali cannibalizzano i piccoli organi di stampa che senso ha il finanziamento pubblico all’editoria? E in un’Italia da sessantunesimo posto significa garanzia di pluralismo o un’ulteriore tegola sulla libertà di informazione? “Se il finanziamento viene concesso seguendo criteri chiari e misure imparziali e sulla base di una programmazione pluriennale, aiuta le testate non commericiali ma di idee, come i giornali politici o di orientamento culturale, ad esistere e raggiungere il pubblico”, dice il segretario. Tutto questo però a patto che si tratti di “un intervento di garanzia”. E sotto questo aspetto, per Siddi “condiziona di più la pubblicità istituzionale che il finanziamento pubblico diretto ai giornali finanziati “.

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Obama nel discorso sullo stato dell’Unione: “Voglio un’America più giusta. I ricchi paghino più tasse”

Un’America più giusta, “costruita per durare”. Un’America dove tutti tornino ad avere le stesse opportunità, dove le regole siano uguali per tutti, dove le imprese che creano posti di lavoro siano premiate e quelle che delocalizzano penalizzate. Dove ogni imprenditore che rischia possa aspirare a diventare il nuovo Steve Jobs. E soprattutto dove i ricchi paghino più tasse, per investire di più in istruzione, sanità, ricerca. E’ la sfida che Barack Obama – nell’attesissimo discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato davanti al Congresso – ha lanciato all’intero Paese a dieci mesi dalle elezioni presidenziali. Rispolverando anche il glorioso slogan che lo portò alla vittoria nel 2008: ‘Yes we can’, “Noi possiamo fare questo, io so che possiamo”. E affermando con determinazione: oggi l’America è più forte del 2008, anche se la grande sfida resta “mantenere vive le promesse”.
Un discorso, quello dello Stato dell’Unione, di solito bipartisan. Obama invita tutta la nazione a “fare squadra”, come fecero i Navy Seal nella notte in cui fu ucciso Bin Laden. Ma il presidente – nel discorso durato poco più du un’ora – tira fuori soprattutto una grinta da campagna elettorale, adottando una visione che il Wall Street Journal a caldo definisce “nettamente populista”. Nel mirino ci sono i rivali repubblicani: quelli che in Congresso bloccano il cambiamento e quelli che si sono candidati per la presidenza, che accusano Obama di voler portare il Paese allo sfascio.
“Voglio combattere l’ostruzionismo con l’azione. Mi opporrò a ogni tentativo di tornare alle stesse politiche che ci hanno condotto fino a questa crisi”, ammonisce il presidente tra gli applausi. In prima fila, accanto al vicepresidente Joe Biden, è seduta la First Lady Michelle. Dietro ci sono anche Lauren Powell, vedova di Steve Jobs, e l’ormai famosa segretaria di Warren Buffet, quella che – come ha denunciato lo stesso ‘oracolo di Omaha’ – paga più tasse del suo datore di lavoro miliardario. E Obama rilancia con forza la cosidetta ‘Buffet Rule’, proprio nel giorno in cui il miliardario Mitt Romney si è finalmente deciso a presentare la sua dichiaraziomne dei redditi, dalla quale emerge che paga solo il 15% di tasse.
“Se guadagni più di un milione di dollari l’anno – tuona Obama – non puoi pagare meno del 30% in tasse”. Giù applausi, anche da una parte del pubblico repubblicano “Un quarto di tutti i milionari adesso pagano meno tasse di milioni di famiglie della middle-class”, sottolinea il presidente: “Vogliamo mantenere questi tagli fiscali per gli americani più ricchi? Oppure vogliamo mantenere i nostri investimenti in altre cose, come l’istruzione e la ricerca”? “Dobbiamo cambiare il nostro regime fiscale in modo che gente come me e un incredibile numero di membri del Congresso paghino la loro giusta porzione di tasse”.
Poi il lavoro, altro chiodo fisso di Obama che su questo delicatissimo campo si gioca gran parte delle sue chance di essere rieletto. Il presidente – dopo aver ricordato come l’industria dell’auto ‘made in Usa’ sia tornata ai vertici con General Motor, Chrysler e Ford – respinge tutte le critiche degli avversari: “Nel 2008 il castello di carte è collassato”, con tutte le conseguenze del caso. “Nei mesi che hanno preceduto il mio primo mandato abbiamo perso circa 4 milioni di posti di lavoro. E ne abbiamo presi altri quattro milioni prima che le nostre politiche avessero effetto. Ma negli ultimi 22 mesi – rivendica – le imprese hanno creato più di tre milioni di posti. Lo scorso anno hanno creato il maggior numero di posti dal 2005. Questi sono i fatti”. Sulle prossime elezioni incombe anche l’incognita Iran. Obama ribadisce: “L’America è determinata ad impedire che l’Iran ottenga l’arma nucleare, e io non tolgo alcuna opzione dal tavolo”. Una risposta anche a chi lo definisce timido in politica estera.
25 gennaio 2012

VIAGGIO IN AUSTRALIA

UGO E LAURA
Viaggio in Australia dal 16 maggio al 10 giugno 2011

 
Ho avuto la fortuna di passare quasi un mese, insieme a mia moglie Laura, in Australia come regalo, del mio pensionamento, da parte dei nostri figli Francesco, Antonio e Alessandro. Un gesto bellissimo, inaspettato, che mi ha emozionato. Insieme al biglietto aereo una lettera che mi augurava buon viaggio e se volevo portare con me mia moglie……dovevo pensarci io!!!!
Siamo partiti il 16 maggio 2011 dall’aeroporto di Fiumicino (Roma) con la compagnia aerea Emirates. Ottima compagnia, partiti in orario (fantastica la telecamera esterna che ti permette di vedere il decollo) scalo di 4 ore a Dubai, per il cambio di aereo, un airbus A-380 eccezionale, per Sydney. A bordo si ha un monitor individuale con tante forme di intrattenimento, il tutto accompagnato da un ottimo cibo e da hostess gentilissime. Arrivo a Sydney alle 6,10 di mattina in perfetto orario dopo quasi 20 ore di volo, dai finestrini dell’aereo vediamo albeggiare, la visione è stupenda. Arrivarci è stata un’avventura, una prova che ci ha consentito di capire quando il mondo giù sotto è distante. I controlli all’aeroporto sono pignoli e severi, c’è da riempire dei moduli e non fanno passare nessun tipo di cibo. Fatto questo, prendiamo il treno, 7 dollari cadauno, e ci dirigiamo verso il centro con fermata a Museum nei pressi della quale c’è il nostro hotel. Ci danno subito la stanza anche se sono le 8 del mattino. Posiamo i bagagli, doccia e subito fuori, è tanta la voglia di vedere la città e non ci sembra quasi vero che siamo all’altra parte del mondo. Attraversiamo l’Hyde Park, Macquarie St ed entriamo nel Royal Botanic Gardens, il giardino impostato all’inglese (come tutti in Australia) con una grande vegetazione, lussureggiante e colorata: mentre passeggiamo intravediamo l’Harbour Bridge. Camminiamo nel parco fino a raggiungere il lungomare, lo percorriamo e come d’incanto davanti a noi si presenta la sagoma inconfondibile l’Opera House e l’Harbour Bridge, la visione è incantevole e meravigliosa. Iniziamo a fare foto quando ad un tratto una signora ci chiede se vogliamo farne una insieme. Altra cosa che ho notato in Australia è che la gente se ti vede con macchina fotografica o una cartina si ferma per dare consigli o aiutare. Dal punto di vista umano la gene è molto cordiale e disponibile, a volte se chiedi l’indicazione per una strada ti ci accompagnano personalmente. Tuttavia la gente è piuttosto riservata e distante nei rapporti interpersonali. La magnifica Opera House una delle più significative architetture realizzate nel XX secolo, della sua posizione spettacolare sul promontorio di Circular Quay, domina incontrastata il porto e rappresenta, grazie anche alla sua particolare forma a conchiglia, il simbolo della città se non di tutto il paese. Ci portiamo alla Circular Quay e poi verso il quartiere The Rocks, il quartiere più vecchio di tutta l’Australia. Le vecchie costruzioni in mattoncini, che una volta ospitavano fabbriche o cantieri, sono stati oggi trasformati in bellissimi negozi e gallerie d’arte in stile coloniale ed affacciati sul porto. La parte alta di The Rocks è costituita da una serie di viuzze, giardini interni e magazzini che ospitano numerosi centri commerciali. The Rocks in questo momento è un brulicare di turisti che si aggirano tra i vecchi edifici e negli angoli più nascosti del quartiere. Ci fermiamo a bere un caffè in uno degli eleganti bar all’aperto. Camminiamo costeggiamo le acque della baia, qui si può ammirare l’Opera House dalla parte opposta e l’atmosfera è veramente spettacolare. Arriviamo all’Harbour Bridge e ne percorriamo un tratto a piedi, non ci avventuriamo nella scalata delle arcate, ma da qui il panorama della baia è straordinario. Tutta la città con i suoi grattacieli e la sua splendida baia, annoverata tra le più belle del mondo, ci appare nella luce di una tranquilla mattinata australiana. Il nostro sogno si è avverato siamo dall’altra parte del mondo!!!
Percorriamo la George St e ci fermiamo a mangiare presso una food court, dove si mangia spendendo poco e si può scegliere tra i diversi tipi di cucina. Percorriamo ancora la George St e le strade intorno ed è un susseguirsi di negozi, centri commerciali (tra cui il Queen Victoria Building), grandi magazzini e palazzi altissimi. Verso le 17.00 decidiamo di rientrare in albergo per riposarci un poco, ci buttiamo sul letto e ci svegliamo la mattina dopo. Il fuso orario e la stanchezza avevano preso il sopravvento.
Il giorno successivo dalla Circular Quay prendiamo il traghetto (ferry) per Manly, ridente cittadina turistica adagiata in una stretta penisola a nord del porto di Sydney tra l’interno della baia e l’oceano. L’atmosfera è rilassante, il corso principale molto animato, le case in stile vittoriano e la bella spiaggia di soffice sabbia bianca che dà sul Pacifico è piena di surfisti. Ci fermiamo a mangiare il primo inevitabile fish & chips con birra australiana. Prendere il ferry per Manly, oltre che una bellissima passeggiata che vi da la possibilità di vedere Sydney e la sua baia dal mare lasciandovi a bocca aperta, è consigliabile perché vi fa fare un bel giro in battello facendovi vedere quello che vedreste con una mini crociera organizzata ma spendendo molto meno. Il pomeriggio visitiamo la St Mary Cathedral in stile gotico; la Art Gallery of New South Wales (ingresso libero) è uno dei maggiori musei in Australia, con cinque livelli che presentano una gamma diversificata d’arte compresa una di artisti europei tra i quali Van Gogh, Rubens, Canaletto, Picasso, Manet, Cezanne; abbiamo ripercorso il Giardino Botanico e poi cena in un ristorantino del centro. La sera di nuovo alla Circular Quay per vedere la prospettiva di Sydney di notte. La zona è animata e piena di gente e la visione dell’Opera House e dell’Harbour Bridge illuminati è qualcosa che non dimenticherò mai.
Il terzo giorno prendiamo il bus per Bondi Beach, la spiaggia è un’ampia distesa di sabbia bianchissima, è piena di surfisti che sfidano le alte onde e di gente che prende il sole nonostante la bassa stagione. Decidiamo di percorrere a piedi un itinerario, segnalato da diverse guide, che da Bondi ci porta fino a Cogee dopo circa due ore di cammino. Una camminata bellissima che permette di ammirare baie incontaminate, piscine incastonate tra le rocce alimentate dalle acque del Pacifico; tratti rocciosi a picco sul mare; attraversare un cimitero che digrada dolcemente fino alla scogliera sull’Oceano; fiori selvatici; ville da favola. A Cogee prendiamo il bus e facciamo ritorno a Sydney. Appena fuori dalla stazione Circular Quay un gruppo di aborigeni, con tanto di volto dipinto, suonano il didjeridoo. Non è affatto male. Il pomeriggio saliamo su un ferry che ci porta a Darling Harbour passando sotto il ponte. La tratta ci permette di ammirare lo splendido skyline cittadino da un’altra prospettiva, non so quante foto ho scattato. Darling Harbour è una vasta zona pedonale e ricreativa di Sydney, un mix di negozi, ristoranti, locali di intrattenimento, bar e un bellissimo lungomare. C’è anche l’acquario che però a quell’ora era chiuso e…….pazienza. Attraversiamo il Pyrmont Bridge, il primo ponte elettrico girevole al mondo, oggi riservato soltanto ai pedoni e alla monorotaia, che domina la scena spiccando sulla baia. Cena in un ristorante portoghese. Quarto e ultimo giorno, la prima parte della giornata la trascorriamo a Chinatown, una miscela colorata della cultura asiatica, shopping e cucina. Qui acquistiamo dei souvenir da portare in Italia. A Sydney ci sono moltissimi asiatici e, talvolta, più che una metropoli occidentale pare essere a Hong Kong o a Singapore. Ci spostiamo nel Queen Victoria Building enorme centro commerciale con quattro piani, oltre 200 negozi, boutique di moda e una gran varietà di ristoranti. Il QVB spicca per la sua architettura in stile romanico che contrasta con i grattacieli e palazzi ultramoderni che lo circondano. L’edificio è molto bello, elaborato e decorato con vetrate, balaustre in ferro battuto, piastrelle e statue di grandi dimensioni e con una cupola centrale, che ha un diametro di venti metri, circondata da una serie di cupole più piccole. Il pomeriggio lo trascorriamo nel quartiere The Rocks, oggi è sabato e c’è il mercato che è più di una semplice esperienza di shopping. Con i gioielli, opere d’arte indigena, fotografia suggestiva, dolci e salati, arti e mestieri, il mercato è molto suggestivo. E’ il quartiere più antico della città e di tutta l’Australia, qui sono sbarcati i primi europei giunti nel continente australiano nel  1788. Oggi, questo è il “museo a cielo aperto” di Sydney, e ai suoi estremi troviamo i due simboli della metropoli australiana l’Harbour Bridge e l’Opera House.
Dimenticavo di dire che la zona centrale di Sydney è servita da un bus/shuttle il 555  gratuito.
 
In serata abbiamo preso l’aereo, atterrati ad Adelaide dove ci attendono Marco e Valeria due cugini di mia moglie, che ci portano a casa di uno di loro dove c’era un altro appuntamento importante, l’incontro con il resto dei parenti. Con Marco e Valeria ci eravamo visti da poco tempo in Italia, Giulio che non conoscevamo e a sorpresa troviamo anche il cugino Ezio con la moglie Cathry e la figlia Renate, venuti dal Queensland dove abitano, per l’occasione. La nostra visita era attesa con gioia, è sembrato quasi di essere a Carramba che sorpresa. Tutto questo ci fa molto piacere.
 Il giorno successivo visitiamo il centro di Adelaide, una città verde ed elegante, progettata con uno schema a pianta quadrata. Il centro non è grande e si può girare tranquillamente a piedi. Adelaide è conosciuta come la città dalle mille chiese, devo dire che è vero: di ogni confessione in ogni angolo. La prima impressione è che si tratti di una città a misura d’uomo con quartieri tranquilli, normale, ordinata, molto verde case basse con giardino. Qui in Australia non si vive in palazzi ma in case singole con tanto di giardino, garage e tutto il resto, vi lascio immaginare quale sia l’estensione delle città. Visitiamo il museo Tandanya, ovvero l’istituto Nazionale Culturale Aborigeno, gestito dagli aborigeni, che ospita collezioni di manufatti unici al mondo di straordinaria bellezza e interesse. Il Central Market, il cuore della passione cittadina per l’enogastronomia, nelle strade intorno al mercato caffè e ristoranti che offrono esempi di cucina internazionale e multietnica. La mattina dopo, con Giovanni, marito Valeria, andiamo a passeggio in un parco poco distante dalla loro abitazione. Questa è una cosa che si ripeterà per tutti i giorni nel nostro soggiornato ad Adelaide, alle 7.00 del mattino un paio di ore di camminata nel parco. C’è da dire che i parchi sono ben organizzati, accoglienti e sono tanti gli australiani che li frequentano per passeggiare, fare jogging o semplicemente per respirare in piena natura. Con Giovanni, che non conoscevo, credo di avere instaurato una grande amicizia, con cui ho avuto il piacere di fare delle bellissime passeggiate e di poter discutere su moltissimi argomenti. Quella mattina, mentre parlavamo, Giovanni mi segnala qualcosa !!! davanti a noi c’è un canguro anzi due, tre…….i canguri nei boschi dell’Australia una sensazione indescrivibile. I boschi vedono per lo più la presenza di maestosi eucalipti, tante sono le varietà di uccelli che cinguettano liberamente, tra cui numerosi pappagalli; la speranza di incontrare il koala è fondato ma quella mattina non si vede. Il resto della giornata la trascorriamo tra la Chinatown, dove ci fermiamo a mangiare in un ristorante cinese e North Terrace il “viale culturale” della città. E’ un viale ombreggiato fiancheggiato dai più importanti edifici tra cui l’Università,  il South Australian Museum, l’Art Gallery of  South Australian, il Migration Museum, il Parlamento e l’Adelaide Festival Centre.
Quest’oggi la passeggiata mattutina la facciamo in un altro parco, l’escursione è molto piacevole tra rocce rosse con pareti a strapiombo ed il bonus di una bella cascata immersa nel verde. La giornata la trascorriamo a Victor Harbour un’isoletta a circa 100 Km con la speranza di vedere i pinguini. Siamo saliti sull’auto di Marco, per raggiungerla attraversiamo distese di kilometri di allevamenti, prati, vigneti enormi e all’orizzonte montagne senza fine, dove il rosso della terra sembra volerci dire che li all’uomo non è concesso fermarsi e lasciare alcuna traccia. Una passerella di legno, lunga circa 600m, collega la terraferma con l’isola. La si può raggiungere a piedi o con una carrozza ferroviaria trainata da cavalli. Scegliamo la prima soluzione e al nostro arrivo sulla piccola baia ci aspetta lo spettacolo offerto da un gruppo di delfini che continuano a saltare a pochi metri da noi. Pranzo a base di fisch & chips e via ad esplorare l’isola alla ricerca dei pinguini. La passeggiata sull’isola è molto bella anche se c’è un vento fastidioso, vediamo diversi animali ma niente pinguini. Incontriamo un opossum, un piccolo marsupiale di color grigio. Ci dicono che è difficile vederlo di giorno, forse aspettava noi !!, perché è un animale notturno che provoca non pochi danni alla flora e alle coltivazioni. I pinguini riusciamo a vederli ma in una specie di clinica dove ricoverano gli animali malati o feriti. Il giorno successivo visitiamo il Giardino Botanico che non è molto grande, ma è interessante, dove si può ammirare una serra vittoriana e un’imponente serra in stile moderno che ricrea l’ambiente di una foresta pluviale tropicale. La sera torta al cioccolato e spumante locale per festeggiare il compleanno di mia moglie.
 Gli australiani, quando si va a fare una passeggiata con l’autovettura, dicono che “è vicino”, e invece si percorrono quasi sempre oltre cento chilometri, su strade per lo più con poco traffico. Guidano a sinistra in modo tipicamente anglosassone, sono perfettamente allineati nella loro corsia  e rispettosi dei limiti di velocità.  Una mattina passeggiando in un parco montano abbiamo avuto la piacevole sorpresa di vedere un koala sopra un albero di eucalipto, in seguito ne abbiamo visti altri, una meraviglia. Abbiamo visitato un villaggio tedesco Hahndorf, il più antico insediamento tedesco esistente in Australia. Il villaggio conserva molti esempi di architettura tedesca. Molto bella è stata la giornata trascorsa al Parco Nazionale di  Cleland, situato sulle montagne di Adelaide, preserva le aree vitali del pascolo naturale e si può godere della possibilità di interagire con gli animali australiani come canguri, koala e guardare gli altri come wombats, dingo, diavolo della Tasmania, echidna, emu, bandicut, potoroo, wallaby, pellicani, lorichetti, e tanti altri uccelli e roditori. La parte migliore è il contatto tra i visitatori e gli animali: ci si può avvicinare senza problemi e dar loro da mangiare. Una sensazione bellissima trovarsi circondati dai canguri. E’ pure possibile accarezzare i koala, grazie alla collaborazione di una addetta al parco che ci racconta le strane caratteristiche di questo strano animale che dorme 20 ore al giorno e si nutre esclusivamente di foglie di eucalipto.
Altra bella giornata l’abbiamo trascorsa a Barossa Valley famosa zona di produzione vinicola, il vino prodotto qui è ben noto in tutto il mondo. I vigneti si estendono a perdita d’occhi, curati in forma quasi maniacale, assumono geometrie perfette quasi da sembrare dei veri e propri giardini. Girare queste fattorie del vino è un’esperienza da non perdere anche per chi è astemio. Ogni azienda personalizza, oltre alla produzione, la sua immagine da offrire ai visitatori, dove si può sostare per assaggiare specialità locali e degustare i vini prodotti. Ad Adelaide siamo stati ospiti a casa di Valeria, siamo stati benissimo e ci siamo sentiti come a casa. Con loro abbiamo visitato Adelaide  e dintorni e vissuto un po’ di vita australiana, anziché da turisti. Questi giorni insieme sono trascorsi alla grande. Noi abbiamo portato a casa loro un po’ di aria italiana e loro ci hanno regalato delle grandi emozioni australiane. E’ arrivato però il momento dei saluti e, una volta asciugate le lacrime, ci siamo rimessi in marcia per la nostra ultima tappa australiana: Melbourne.
 
Alle 10.30 di domenica 5 giugno, con un volo Quantas lasciamo Adelaide e  raggiungiamo Melbourne. All’aeroporto ad attenderci c’è la nostra vecchia amica Angela con il marito Michel. La  temperatura è più fredda. I nostri amici ci accompagnano in hotel al centro, a due passi dalla stazione di Southern Cross, prendiamo possesso della stanza e andiamo a casa dei genitori di Angela, italiani e vogliosi di avere notizie sull’Italia. Pranziamo all’italiana con pasta al ragù, bistecca e insalata con un buon bicchiere di vino australiano. Nel tardo pomeriggio passeggiata in auto per avere una prima impressione della città, e poi in albergo. Il giorno dopo sveglia presto, dalla vetrata dell’8° piano dell’hotel vediamo la città in movimento, si intravede un pallido sole. Ci aspetta Angela che ci accompagnerà per tutti i giorni che trascorreremo a Melbourne; la giornata è un poco fredda ma c’è il sole e come prima tappa scegliamo Federation Square, la piazza principale della città, sorge proprio di fronte alla Flinders Street Station, una delle più importanti stazioni ferroviarie del centro abitato e si presenta come il punto di ritrovo più frequentato della città. Ed è sempre in questo tripudio di acciaio e vetro che hanno luogo i principali eventi culturali, musicali e artistici che si tengono a Melbourne, in questo senso la piazza si presenta quindi come un luogo non solo di aggregazione ma anche di interesse culturale per la popolazione locale e per i numerosi turisti che visitano questa splendida città. In Federation Square si incontrano due importanti edifici: lo Ian Potter Centre, una delle più importanti gallerie d’arte in Australia e l’Australian Centre for the Moving Image, che ripercorre e analizza tutte le principali forme di arte visiva in movimento. Il cento città è delimitato dalla linea gratuita City Circle, un incrocio di larghi viali alberati su quali si affacciano le vetrine di eleganti negozi e strette stradine gremite di bar con tavolini all’aperto e sempre traboccanti di gente. Percorriamo Collins Street, una delle strade più eleganti di Melbourne. Per il pranzo andiamo a  Carlton, il quartiere italiano della città e  lungo Lyon Street ci fermiamo da Brunetti rinomato caffè/ristorante italiano. Il pomeriggio attraversiamo lo Yarra river, il fiume che attraversa la città ed andiamo a visitare il Crown Casino di Melbourne, è la casa da gioco più famosa e frequentata di tutta la nazione e si pone come uno dei luoghi di maggiore fama della città. Il posto è stupendo, il Casinò è lunghissimo, ci sono migliaia di slot machine, tutti i tipi di giochi e la cosa bella che puoi entrare liberamente…non ti chiedono documenti, registrazione e senza pagare il biglietto d’entrata…..entri giochi e esci…non gli importa neanche come sei vestito. Aperto 24 ore al giorno, include bar, ristoranti, discoteche, pub, è sempre pieno di gente. Non potete annoiarvi. Per la cronaca, anche se la tentazione era forte, non abbiamo giocato. Melbourne è caratterizzata da un clima fuori dal comune: si dice che in un solo giorno si passi per le quattro stagioni. Il tempo cambia rapidamente, questa mattina c’era il sole poi è arrivata la pioggia, adesso uscendo dal casinò troviamo un forte vento freddo proveniente da sud, decidiamo di salire sulla Eureka Skydeck  il grattacielo più alto dell’emisfero australe con i suoi 300 m. E’ una delle attrazioni da non perdere, anche se il biglietto è un poco caro: si sale con un rapido ascensore, 36 secondi per arrivare in cima!!!! e lo spettacolo è assicurato. Vale sicuramente la pena vedere la città dall’alto di questo grattacielo che offre (da pagare a parte) l’ulteriore attrazione dell’Edge: un cubo di cristallo trasparente che fuoriesce dall’edificio lasciando vedere la città sotto i propri piedi facendovi provare l’ebbrezza di sembrare sospesi nel vuoto. Riattraversiamo lo Yarra river e ci portiamo a Federation Square e da qui in Bourke St dove sono frequenti spettacoli all’aperto e di strada e dove sono presenti le catene Myer e David Jones, prestigiosi grandi magazzini australiani. Uscendo ci troviamo di fronte la Royal Arcade, la più antica galleria di Melbourne; costruita nel 1869, la galleria unisce Little Collins St con Borke St Mall. In stile vittoriano, con un soffitto composto da finestre di vetro conserva un’eleganza lieve e piena di charme che manca nei centri più moderni. Si è fatta sera siamo stanchi, sta piovendo, decidiamo che per oggi la giornata può finire qui. La mattina successiva ci svegliamo, sta piovendo, è la giornata giusta per andare al Queen Victoria Market, il più grande mercato dello stato di Victoria. Costituito da numerose sezioni al coperto è la meta preferita degli abitanti di Melbourne e di molti visitatori stranieri, che vi si recano per ammirare le opere dell’artigianato locale, tra le quali soprattutto i famosi boomerang e acquistare souvenir di ogni genere e valore. I prezzi sono molto più bassi rispetto a quelli di qualsiasi altro negozio della città. L’atmosfera è cosmopolita e vibrante di vita, suoni e profumi. Ci fermiamo in una bancarella gestita da aborigeni e acquistiamo un didjeridoo, strumento musicale proprio della cultura aborigena, boomerang e altri souvenir. Nel primo pomeriggio ci portiamo nella zona del Parlamento e visitiamo la St Patricks Cathedral in stile gotico. Poi prendiamo il tourist shuttle, un pullman turistico gratuito che fa il giro della città fermandosi in diverse zone del centro cittadino. Ci fermiamo al Melbourne Cricket Ground, con i suoi 100.000 posti è uno degli stadi di cricket più grandi al mondo. Proseguiamo il tour e la tappa successiva la facciamo nella zona dei Docklands, un quartiere che si estende ad ovest del CBD. La zona è caratterizzata da una moderna area residenziale, di business, divertimento e da ristoranti e negozi alla moda lungo i moli.
Il terzo giorno andiamo a visitare i Royal Botanic Gardens, un parco pubblico di 38 ettari che ospita più di 10.000 piante in una successione di curatissimi giardini. I giardini sono considerati tra i migliori del mondo. A nord dei giardini sorge lo Shrine of Remembrance un monumento in memoria degli uomini e donne che hanno servito la patria in guerra. E’ un monumento imponente di granito la cui architettura è ispirata al Partenone di Atene. La giornata è grigia e nuvolosa, comincia a piovere decidiamo così di andare a visitare la National Gallery of Victoria, la più grande galleria d’arte dell’emisfero australe e opera dell’architetto italiano Mario Bellini. Un gioiello con una superfice di 35.000 mq, tra spazi espositivi e d’intrattenimento. Il museo espone opere di grandi artisti tra i quali non mancano anche capolavori italiani, primo fra tutti il Banchetto di Cleopatra di Tiepolo. Nel museo sono esposte opere d’arte Egiziana e Greco Romana, arte Asiatica, arte decorativa, grandi opere del Cinquecento e Seicento, impressionisti e di arte contemporanea. Nel pomeriggio il cielo sembra aprirsi decidiamo di andare al Carlton Gardens nel cui interno si trova il Royal Exibition Bullding, grande centro di esposizione della città e dove il 9 maggio del 1901 si è tenuta la prima seduta del Parlamento australiano. Il resto del pomeriggio lo abbiamo passato al Melbourne Museum, si tratta di un grande complesso che si articola in ben sei piani, ed ospita un gran numero di mostre ed esposizioni, che raccontano l’arte, la storia e la natura dell’area. Abbiamo fatto in tempo a visitare la sezione dedicata alle specie animali che è arrivato l’orario di chiusura senza che ce ne accorgessimo. Ci portiamo a Collins St per vagare tra i tanti negozi e berci un buon caffè!!!!!!! La sera a cena da Angela. L’ultimo giorno a Melbourne ci alziamo presto, il cielo è azzurro anche se fa un po’ freddo, ci portiamo a Federation Square e decidiamo di prendere il tram lungo la St Kilda Road e di andare a vedere il Luna Park e fare una puntatina alla spiaggia di St Kilda. Il Luna Park è un parco divertimento storico, l’entrata è caratterizzata dalla faccia di Mr Moon. Il parco però è chiuso e dall’estero possiamo intravedere le diverse attrazioni come le montagne russe o il carosello. St Kilda è una enorme spiaggia tra le più celebri e frequentate di Melbourne ma siamo alle porte dell’inverno e quindi la troviamo spoglia. Ne approfittiamo per mangiare qualcosa in un ristorante, dove chiacchieriamo con la ragazza che ci serve, che di dice di essere di Milano. Torniamo in centro lungo Swanston ST e Lansdale St, infine prendiamo il treno che ci porta al Fritzroy Gardens, uno dei tanti polmoni verdi della città, che contiene al suo interno il Capitan Cook Cottage. E’ una casetta antica (della famiglia del capitano James Cook, lo scopritore dell’Australia), costruita in Inghilterra a metà del 18° secolo, smontata mattone su mattone e ricostruita a Melbourne nel 1934.
A conclusione del viaggio possiamo dire che siamo stati all’altra parte del mondo, dove è tutto il contrario rispetto all’Italia. Parlo delle stagioni; delle nove ore di fuso orario che fanno si che quando in Italia è giorno lì stanno beatamente dormendo; parlo della guida a destra; parlo delle costellazioni differenti, della Croce del Sud invece che la Stella Polare. Del loro stile di vita molto più rilassato del nostro. Mi ha fatto uno strano effetto vedere come qui si consideri storico un palazzo di nemmeno cent’anni…. L’arte culinaria non è come quella che abbiamo in Italia. Qui, nella maggior parte dei casi, il concetto predominante è il mangiare per saziarsi e non anche il gusto….un sugo o un pasto deve durare cinque minuti perché dedicarsi a lungo alla cucina è considerato una perdita di tempo. Ho incontrato tanti emigranti, quasi sempre segnati da una grande emozione che ne illuminava lo sguardo e li rendeva insaziabili di notizie della loro terra natale e instancabili nel raccontare la loro storia di emigrazione. Dove le navi attraccavano e scaricavano sui moli merci ed emigranti, molti dei quali destinati a nuova vita in questa terra di speranza.
Gli aborigeni hanno diritto di voto dal 1970 ma non sono affatto integrati. O meglio per integrarsi gli si chiede di abbandonare ciò che il loro popolo ha fatto e creduto per generazioni e generazioni perché i “civili” siamo noi….e non loro. Così l’alcolismo è molto diffuso. Diciamo che per molti versi ricordano la storia degli Indiani d’America rinchiusi nelle riserve…..
 
Alle 2,30 del 10 giugno 2011 dall’aeroporto Tullamarine di Melbourne abbiamo preso l’aereo per Dubai, con scalo a Kuala Lumpur, e quindi Roma; dove troviamo la sorella di mia moglie Valeria con il marito Rosario che ci riportano a casa, in quel di Terracina, insieme ai tanti ricordi.
 
Se dobbiamo fare un bilancio di questo viaggio, non possiamo dire altro che non lo dimenticheremo mai, perché non avremmo potuto scegliere una meta migliore per rendere indimenticabile il mio pensionamento.
 
 
Ugo Iacoucci 

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Nel 2011 scoperti dalla Guardia di Finanza 50 miliardi di redditi non dichiarati

Oltre 7.500 italiani che non hanno mai pagato un euro di tasse, redditi non dichiarati per oltre cinquanta miliardi, una cifra pari quasi al doppio dell’ultima manovra finanziaria del governo Monti, Iva evasa per otto miliardi. I dati dell’attività della Guardia di Finanza nel 2011 confermano una verità che tutti conoscono: l’Italia continua ad essere un paese di evasori fiscali. I numeri ufficiali sono impietosi e non è un caso che il presidente del Consiglio Mario Monti, fin dal giorno dell’insediamento, vada ripetendo che chi evade le tasse non solo danneggia tutti i cittadini onesti ma “offre ai propri figli un pane avvelenato” perché “li renderà cittadini di un paese non vivibile”.
Senza contare che ogni volta che i numeri sul fenomeno sono resi pubblici, la credibilità dell’Italia all’estero subisce contraccolpi rilevanti. Ecco i dati, dunque: complessivamente, l’attività di contrasto messa in atto dalla Guardia di Finanza ha portato all’individuazione di redditi non dichiarati per oltre 50 miliardi e di Iva evasa per oltre 8 miliardi. L’evasione più consistente e sofisticata, spiegano dalle Fiamme Gialle, è quella che scaturisce “dalle triangolazioni fra società collocate nei paradisi fiscali, dalle intestazioni fittizie di patrimoni, dalle grosse operazioni elusive”. I militari hanno inoltre denunciato 12mila soggetti nell’ambito delle indagini sulle frodi e sui reati fiscali, per aver utilizzato o emesso fatture false (1.981 violazioni), per non aver versato l’iva (402), per aver omesso la dichiarazioni dei redditi (2.000), aver distrutto o nascosto la contabilità (oltre 2.000). Soggetti a cui sono stati sequestrati complessivamente 902 milioni.
A livello internazionale le Fiamme Gialle hanno scoperto redditi non dichiarati per circa 11 miliardi – frutto principalmente dei trasferimenti ‘di comodo’ delle residenze di persone e società nei paradisi fiscali e dello spostamento di capitali all’estero – e scoperto 7.500 evasori totali: in sostanza imprese e lavoratori autonomi che non hanno mai pagato un euro di tasse, non presentando le dichiarazioni annuali. Questi ‘signori’ hanno nascosto redditi per 21 miliardi. Due, invece, i miliardi di Iva evasa con cosiddette ‘frodi carosello’, mentre nel corso dei controlli sono stati scoperti 12.676 lavoratori in nero, di cui oltre 2.500 extracomunitari. “I risultati ottenuti – dice il comandante generale della Guardia di Finanza, il generale Nino Di Paolo – sono in primo luogo frutto della professionalità, dell’impegno e dell’intuito di tutte le Fiamme Gialle, cui va il premio della fiducia dei cittadini, che però va conquistata giorno per giorno”. Una fiducia su cui il comandante generale conta molto per estirpare un fenomeno che è alla base del debito pubblico italiano. “Ora ci sentiamo meno soli” dice non a caso riferendosi alla collaborazione e alla vicinanza di cittadini e media con chi è chiamato a combattere l’evasione.
23 gennaio 2012

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Cei, affondo di Bagnasco: “I partiti facciano le riforme. No al lavoro-campeggio”

 “Evadere le tasse è peccato. Per un soggetto religioso questo è addirittura motivo di scandalo”: lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco aprendo i lavori del Consiglio permanente della Cei, il ‘parlamentino’ dei vescovi italiani. “Per certi versi – ha detto ancora Bagnasco – questa è una stagione propizia per imprimere allo Stato e alla stessa comunità politica strutture e dinamiche più essenziali ed efficienti, lontane da sprechi e gigantismi. Per cooperare attivamente con il Governo a riequilibrare l’assetto della spesa in termini di equità reale, e metter mano al comparto delle entrate attraverso un’azione di contrasto seria, efficace, inesorabile alle zone di evasione impunita, e ai cumuli di cariche e di prebende. La Chiesa – ha detto l’arcivescovo di Genova – non ha esitazione ad accennare questo discorso, perché – afferma in trasparente riferimento alla vicenda dell’Ici – non può e non deve coprire auto-esenzioni improprie”.
L’esenzione dell’Ici. “La Chiesa in Italia non chiede trattamenti particolari, ma semplicemente di aver applicate a sé, per gli immobili utilizzati per servizi, le norme che regolano il no profit”, ha precisato il cardinale sottolineando che la Chiesa “non può e non deve coprire auto-esenzioni improprie”. “Ho già avuto modo di precisare – ha detto Bagnasco al ‘parlamentino’ dei vescovi italiani – che, per quanto concerne l’Ici, la Chiesa in Italia non chiede trattamenti particolari, ma semplicemente di aver applicate a sé, per gli immobili utilizzati per servizi, le norme che regolano il no profit. I Comuni vigilino, e noi per la nostra parte lo faremo: ci piacerebbe solo non si investissero tempo e risorse in polemiche che, se pur accettiamo in spirito di mortificazione, finiscono per far sorgere sospetti inutili e, in ultima istanza, infirmare il diritto dei poveri di potersi fidare di chi li aiuta”. Dopo aver parlato di “evasione impunità”, l’arcivescovo di Genova ha spiegato che “la Chiesa non ha esitazione ad accennare questo discorso, perché non può e non deve coprire auto-esenzioni improprie”.
Tecnocrazia transnazionale minaccia politica. Bagnasco denuncia il rischio che la politica sia “sempre più debole e sottomessa”, nell’attuale contesto di crisi economica, che la speculazione la la renda “irrilevante, e quasi inutile” e che una “tecnocrazia transnazionale anonima” voglia “prevalere sulle forme della democrazia fino a qui conosciuta”. “La fluidità di valori, relazioni e riferimenti, non impedisce affatto – semmai favorisce – il formarsi di coaguli sovrannazionali talmente potenti e senza scrupoli, tali da rendere la politica sempre più debole e sottomessa”, ha detto l’arcivescovo di Genova. “Mentre invece dovrebbe essere decisiva, se la speculazione non avesse deciso di tagliarla fuori e renderla irrilevante, e quasi inutile. Ed è quel che sembra accadere sotto gli occhi attoniti della gente. Quando il criterio è il guadagno più alto e facile possibile e nel tempo più breve possibile, allora il profitto non è più giusto, ma diventa scopo a se stesso giocando sulla vita degli uomini e dei popoli. Al di là di ogni ventata antipolitica, va detto che la politica è assolutamente necessaria, e deve mettersi in grado di regolare la finanza perché sia a servizio del bene generale e non della speculazione. Non è possibile vivere fluttuando ogni giorno nella stretta di mani invisibili e ferree, voluttuose di spadroneggiare sul mondo”.
I partiti facciano le riforme. Il cardinale sottolineato “l’incapacità provata di pervenire nei tempi normali a riforme effettive, spesso solo annunciate; e quindi l’incapacità, con questo sistema politico, di pervenire in modo sollecito a decisioni difficili allorché queste si impongono. Quasi fosse normale, per un paese come l’Italia, non essere in grado di assumere una comunicazione franca con i propri cittadini. E dovesse essere fisiologico puntare su una compagine governativa esterna, perché provi a sbrogliare la matassa nel frattempo diventata troppo ingarbugliata. E’ a questo punto – ha proseguito Bagnasco – che si è affacciato il nuovo Governo, come esecutivo di buona volontà, autonomo non dalla politica ma dalle complicazioni ed esasperazioni di essa, e con l’impegno primario e caratterizzante di affrontare i nodi più allarmanti di una delicata, complessa contingenza. Va da sé che, dal punto di vista etico, non possa esserci sospensione della responsabilità della politica, che il Parlamento affida al Governo in ragione del mandato ricevuto dal corpo elettorale. Mandato certo in sé non abdicabile: per questo – ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana – è irrinunciabile che i partiti si impegnino per fare in concomitanza la propria parte”.
Non sacrificare la domenica all’economia.  “Le famiglie oggi sono più vulnerabili, ma non è questo un buon motivo per indebolirle ancora di più, anzi”, ha detto Bagnasco. “Sarebbe grave impedire – o comunque non favorire – che la famiglia possa riunirsi per ritrovarsi, avendo tempi sufficienti liberi dal lavoro. Non è assolutamente indifferente né efficace parcellizzare il tempo del riposo in base alle leggi del mercato. La domenica, che nella tradizione del nostro Paese è dedicata alla famiglia e, se cristiana, al Signore nella comunità – ha detto il presidente della Cei – non può essere sacrificata all’economia, indebolendo anche in questo modo un istituto che sempre di più si conferma, insieme alla persona, come la prima risorsa di una società che voglia essere non una moltitudine di individui ma un popolo coeso e solidale. E’ già fin troppo evidente che, nell’ambito dei poteri globali, si vuole rompere le reti virtuose, e ridurre l’uomo in solitudine perché sia meglio manipolabile”. In questo senso, “si chiede ogni sforzo e lungimiranza perché si corregga una rotta destinata a deragliare sul piano antropologico e sociale, e perché il soggetto famiglia sia sostenuto con politiche forti, dirette ed efficaci, anche in ordine alle scelte educative per i figli”.
Capitalismo sfrenato vuole lavoro-campeggio. “Il capitalismo sfrenato sembra ormai dare il meglio di sé non nel risolvere i problemi, ma nel crearli, dissolvendo il proprio storico legame con il lavoro, il lavoro stabile, e preferendo ad esso il lavoro-campeggio”: lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, citando concetti del sociologo Zygmunt Bauman. “Si va – ha proseguito Bagnasco – dove momentaneamente l’industria sta meglio come se l’altro non esistesse. E per l’altro è in primo luogo da intendersi proprio il lavoratore”. “E’ necessario – ha detto Bagnasco – non solo mantenere e creare lavoro, ma anche conservare nostro il patrimonio di lavoro e di eccellenze che è riconosciuto nel mondo. Invero, è altresì necessario recuperare o incrementare la cultura del lavoro, fatta certo di professionalità, ma anche di quell’approccio mentale e di quelle virtù morali che costituiscono la struttura portante, senza la quale le competenze non possono andare lontano”.