Mille e cinquecento euro a testa per la cena di Capodanno con Cracco.

Mille e cinquecento euro a testa per la cena di Capodanno con Cracco. Ecco tutte le follie della casta del dopo Renzi

Gli chef Cracco e Bottura
Gli chef Cracco e Bottura

Massimo Bottura, il cuoco italiano più famoso al mondo, aveva promesso di lasciare Modena ed il suo tempio laico del food “La Francescana” se il suo amato Matteo Renzi avesse perso il referendum sulla riforma costituzionale. Venticinque giorni dopo lo schiaffo abrasivo della bocciatura popolare, Bottura è rimasto al suo posto. Non parte più, resta a spadellare e macina legittimamente profitti su profitti. Addirittura il collega Carlo Cracco, ossia il volto politically correct dello chef riformista e di sinistra, organizza per il San Silvestro all’Arsenale di Venezia un party da 1.500 euro a cranio, menú stellato, giro in gondola & champagne dopo la mezzanotte. Sessanta i posti in palio, c’è sold out da giorni.  L’unico ad uscire di scena, senza aver nemmeno mangiato il panettone, è proprio lui, Renzi. La Casta è sana, salva e festeggia in riva al mare sull’atollo come Francesco Totti ed Ilary Blasi oppure in Cambogia, destinazione sufficientemente radical chic scelta da uno dei pilastri del renzismo, il sindaco pd di Bergamo Giorgio Gori per il viaggio natalizio con la moglie Cristina Parodi ed i tre figli.

Un passo indietro lungo un anno

Solo dodici mesi fa Matteo era capo del governo, aveva l’Italia fra le mani e si riposava a Courmayeur circondato dall’adorazione genuflessa, ostinata, quasi impudica del cosiddetto establishment: il ” Thę Best OF” fra attori, giornalisti, registi, politologi, cuochi, cantanti e presentatori tv. Sembrava che il nuovo ” miracolo italiano” dovesse durare per sempre ed invece al giro di boa del Capodanno 2017 il castello friabile del paese che ‘piace alla gente che piace’ – come diceva un celebre slogan pubblicitario dei favolosi anni 80 – è diventato la polvere sotto cui riposano le macerie di quel che resta del mito di Renzi. Insomma, il povero Matteo è passato dalle nevi incantate della Valle d’Aosta al tinello casalingo di Pontassieve dove passa il tempo a vergare memorie, accudire i figli ( tre come quelli di Gori) o smaltire il pandoro di Santo Stefano con un giro in bici. Renzi rispedito a casa e tutti gli altri, da Alex Zanardi a Roberto Bolle, Michele Placido, Paolo Sorrentino o Roberto Benigni – compagni di viaggio nell’ultima trasferta in USA da Barak Obama- in giro a brindare perché il mondo continua. Non si scandalizza Luciano Canfora, professore di filologia classica a Bari, autore del saggio ” La natura del potere” ( Laterza ). ” La logica è questa” dice ” il potere deve essere forte, saldo impavido altrimenti non può essere riconosciuto come tale”.

Cocktail di Capodanno da 500 euro per i soliti noti

Intanto, punto essenziale, il miracolo non è mai stato davvero economico, perché a mangiare sono stati sempre i pochi soliti noti. Renzi – per adesso – fuori, il ceto medio sempre più povero trema perché il tema é trovare 6,5 miliardi di euro per il Monte dei Paschi o per quanto ci chiederà l’Europa nel rispetto del patto di stabilità mentre la Casta, ieri renziana oggi progressivamente gentiloniana, continua a resistere – sfacciata, impunita, voltaggabbana- fra pranzi di Gala in Laguna o festosi cocktail da consumare sotto il Cupolone che costano poco meno di 500 euro, la media di un assegno- base per un lavoratore in cassa integrazione. Mai come adesso la divaricazione ē chirurgica, precisa. Da una parte l’elite che, dopo aver firmato a favore del si al referendum, sta provando elegantemente a scendere dal carro dello sconfitto per risalire su quello del vincitore, chiunque egli sia. Dall’altra, il “popolo profondo” come lo chiama Canfora che arriva a stento alla fine del mese ed ha digerito malissimo l’esibizione plastica del potere renziano, il girocollo di cashmere, il giro in barca con Diego Della Valle, un salto sul jet di Sergio Marchionne o un aperitivo con Vittorio Colao che guadagna, per sua stessa ammissione, 17 milioni di euro all’anno facendone oggettivamente guadagnare moltissimi di più agli azionisti della sua azienda (dal 2008 é al vertice di Vodafone ma potrebbe andare a fare l’ad di Eni). E’ il popolo profondo che ha resistito alla rivoluzione renziana, inerte resistenza passiva ad un cambiamento – questo anche il popolo bue lo aveva capito subito-che non avrebbe cambiato nulla nelle tasche della gente. ” Noi organizziamo un cenone molto sofisticato ed un brindisi che costa 400 euro ma siamo già in over booking” spiega lo chef Niko Sinisgalli, principe del Tazio, uno dei ristoranti più lussuosi di Roma al Boscolo Exedra, “non abbiamo solo stranieri come potrebbe pensare qualcuno, ci sono tanti italiani, professionisti, imprenditori, attori che possono e continuano a spendere”. I giovani no, quelli sono sempre più poveri di padri e nonni, al massimo organizzano una bicchierata in un pub. Budget fissato in un range assai stretto fra i 15 ed i 25 euro. Per il target economy, aggiunge Maria Rosito, moglie e manager di Sinisgalli ( più o meno come Rosa Fanti fa con Carlo Cracco), c’è il bar che comunica infatti con piazza della Repubblica e la più democratica folla gelatinosa della vicinissima Stazione Termini. “Molti vengono qui solo per farsi una foto” osserva Maria, una laurea in scienza della comunicazione ed un passato da mannequin ” si siedono al tavolino, ordinano un caffè o un analcolico. In due non arrivano a sborsare 10 euro ma si accontentano di assistere allo spettacolo da fuori. Dentro, ci sono star che si concedono etichette pregiate o manager che investono anche 2mila euro in vini o champagne per una cena”.

Il ” popolo profondo” non beve champagne

In fondo, la rivoluzione copernicana ipotizzata dall’ex DC Renzi non è riuscita proprio perché il ” popolo profondo” si doveva accontentare di fare da “spettatore” al grande banchetto. Il potere che era remoto, invisibile, intangibile eppure influentissimo all’epoca del capitalismo delle grandi famiglie imprenditoriali italiane aveva l’ambizione di “rottamare” l’ancien regime per diventare visibile, imperversante, a larga diffusione pop. “Il disegno sulla carta era giusto ma le riforme da sole non bastano a modificare un sistema in modo strutturale” spiega Cesare Romiti, “il risultato dopo gli anni del governo di Renzi ē un paese più povero, diviso, conflittuale”. Altro che ripresa della Middle class, altro che promessa elettorale per gli statali di 85 euro in busta paga. “I consumi non sono affatto in ripresa” sottolinea Carlo Rienzi, numero uno del Codacons, noto sostenitore delle Class action per la difesa dei diritti di risparmiatori, cittadini, consumatori. Bisogna riequilibrare il sistema ma adesso ci tocca ripartire da zero, a cominciare dalla legge elettorale ed i margini per una inversione del ciclo economico non si vedono ancora, come sottolinea sapientemente Sandro Riello, uno degli imprenditori più illuminati del nord Est, peraltro mai avversario di Renzi, anzi. Purtroppo, la Casta, nonostante i proclami di rottamazione, ha mantenuto, intatti, i suoi privilegi. Nessun taglio ai vitalizi, auto blu ancora in circolazione, onorevoli che prenotano tavoli da ” Assunta madre” il ristorante di pesce dei vip dove si può arrivare a spendere anche 1.000 euro in una sera ( vini inclusi ) se si ē in buona compagnia o si punta dritti sul tandem aragosta- Dom Perignon. A Natale nel privē c’era Sinisa Mijalovich ex Milan, allenatore del Torino con la moglie Arianna Rapaccioni, i figli, i nipoti, i parenti. Tavolone extra large per l’ ex calciatore serbo a due passi da un altro tavolo di professionisti romani che pasteggiavano a base di ostriche & champagne. Dopo il 26 tutti a Cortina dove non si trova più una stanza a meno che non si voglia accettare di infilarsi nella lista d’attesa del Posta, ma le speranze- signora sono nelle disdette in extremis, sorry. Alle 2.17 del 30 chiamiamo il Cristallo, sontuoso paradiso a 5 stelle affacciato sulle nevi della perla ampezzana per chiedere una stanza. Gentilissimo, l’addetto al concierge ci fa aspettare venti minuti poi tira fuori dal cilindro una unica soluzione: una suite ( la numero 205 con vista mozzafiato) che costa 4.800 euro al giorno e moltiplicate per 6 dal 31 al giorno della Befana. ‘ Ma faccia presto a mandarci mail e carta di credito’ puntualizzano al Cristallo, ‘ non ē rimasto altro, Capodanno ē domani’.

Piscina coperta o volo Last minute?

Diciamocelo, Renzi non ne ha azzeccata una, è andato avanti a colpi di fiducia e ora si aggrappa alla poltrona di segretario Pd circondato dal Giglio appassito, una ex maggioranza che va da Luca Lotti a Deborah Serracchiani, la Pasionaria in guerra contro Massimo D’Alema che è finita a piangere in pubblico, causa stress mediatico passando per Maria Elena Boschi, la Zarina defraudata che sarebbe stata perfetta – se il renzismo avesse vinto- per un Capodanno a Cortina, visone bianco, cappello, stivaloni, pochette by Louis Vuitton, smalto fresco di manicure color rosso rubino. Più che tradito dagli elettori, Renzi ed il renzismo sono stati smascherati dai meccanismi sofisticati della business community. Bastava osservare un dato su tutti. Anche in tempo di crisi i dirigenti di ex partecipazioni statali hanno incassato buonuscite da capogiro. Sia chiaro, questo non succede solo in Italia. Come documenta una celebre attivista della corporate governance USA, Nell Minow, il compenso totale di un cheo come Angelo Mozilo ex plenipotenziario della banca fallita Countrywide ë stato di 102 milioni di dollari. Non solo, il furbo manager ha venduto anche azioni acquisite per effetto delle stock options per un totale di 157 milioni di dollari approfittando del ribasso del valore dei titoli del 78 per cento accumulato sulla base di ingenti perdite dichiarate in bilancio. Secondo Marco Onado, docente di finanza alla Bocconi di Milano, ordinario di economia alla Brown University, il vecchio adagio ” così vuole il mercato” in realtà non funziona più. In finanza – la verità è venuta a galla prima ancora del pasticcio-Mps che costerà 250 euro a famiglia cioé peserà sui contribuenti incolpevoli- si assicurano compensi elevati in caso di risultati positivi per i super manager senza mai tener conto dei flop o delle perdite. Strano a dirsi, ma l’antico ed un po’ volgare detto popolare “fammi amministratore un anno o mi arricchisco o mi danno” sembra tristemente in auge. La Casta ha incassato poltrone potere e soldi dal renzismo – basta pensare ai risultati del vertice Rai formato dal renzianissimo Dg Antonio Campo Dall’Orto e dalla presidente bipartisan Monica Maggioni- ma non paga alcun flop. Finché il mandato non scade, tutti restano al loro posto. Sperimentano, giocano a fare i ” Direttori” cambiano tecnostrutture spoilerando intere prime o seconde file del Parterre,  portano a casa lauti trattamenti di fine rapporto magari approfittando della permanenza al potere per ingraziarsi il nuovo vincitore. “Purtroppo proseguendo così consegneremo il paese a Grillo e alle istanze anti europeiste” ragiona ad alta voce Piero Fassino sconfitto proprio a Torino dalla Pentastellata Chiara Appendino più forte nelle periferie che nel foyer del Teatro Regio oppure nelle ovattate stanze del San Paolo. I ricchi sono sempre più ricchi, sintetizza Cesarina Ferruzzi, i poveri ancor più poveri. Non é giusto, siamo d’accordo, ma come fare a cambiare le regole perfino quelle dei mercati o della finanza?

Sulla rotta di loro signori

Cesarina, signora del jet set meneghino è in partenza per un Capodanno esotico, le sue amiche come la spumeggiante contessa Marinella di Capua o Laura Morino compagna dell’imprenditore Adriano Teso, sono segnalate invece in quel di Montecarlo. Tania Missoni festeggia fra i trulli ma poi corre a Saint Moritz mentre il lusso a cinque stelle si consumerà nelle masserie più esclusive della Puglia shabby chic. A Cortina apre casa il re delle Geox Mario Moretti Polegato che dispone di una magione con piscina coperta e pezzi pregiati. A tavola con lui i volti noti della tv, fra cui uno dei suoi più cari amici Bruno Vespa. Forse, mormorano vezzosamente le signore, arrivano anche i Gori se rientrano in tempo dalla Cambogia. I Gori, appunto. Giorgio era direttore di Canale 5 con Silvio Berlusconi, ha fondato la Magnolia per riconvertirsi poi al renzismo militante. Renzi ha perso ma lui è più quotato di sempre. Sua moglie Cristina Parodi conduce il rotocalco più importante del day time del servizio pubblico Rai ( La Vita in diretta ) facendo la spola il venerdì fra Roma ed uno studio creato proprio per lei a Milano. Ecco i Gori di lotta e di governo c’erano ieri, ci sono oggi, ci saranno domani. Che torni in scena Renzi ē più incerto. Ma non dimenticate, signori potenti, che il ” popolo profondo” fa peccato pensando male ma non sbaglia. Mai. ” La verità è che Renzi avrà pure sbagliato ma qui se non cambia il manico non cambia niente” sintetizza Antonio Frongia, 65 anni, di professione ‘barbone dei Parioli’. ” Si, lo scriva” si infervora “io sono ufficialmente senza fissa dimora, ma ho una sedia attaccata con la catena ad un albero di piazza Euclide ai Parioli, ogni giorno ne vedo di tutti i colori in questo quartiere di ricchi. Imprenditori con il Rolex che bevono il caffè senza pagare, onorevoli che si fanno aspettare dalla scorta mentre salgono a trovare l’amante…come si dice? Francia o Spagna, per la Casta basta che se…magna” . Concordo, signor Frongia. ” Mi chiami pure Antonio”. Questa è l’Italia, buon 2017 a tutti.

Mafie, consigli per una vera opposizione

Mafie, consigli per una vera opposizione

by supermarco

Proseguiamo con le nostre considerazioni scaturite dalla prima seduta del nuovo Consiglio comunale, descritta sui quotidiani locali con termini entusiastici, quando per noi in realtà è andato in scena un dramma che speriamo non si trasformi, nel tempo, in qualcosa di peggio.

Terracina è una città di circa 45.000 abitanti, la terza città della provincia, la sedicesima nel Lazio per numero di residenti.

Il Consiglio comunale di Terracina non è un cinema di provincia o, peggio ancora, un teatrino nel quale assistere agli spettacoli delle compagnie amatoriali o ai saggi degli alunni a fine anno scolastico. Che purtroppo l’approccio sia questo, lo ha dimostrato la successiva seduta del Consiglio comunale, seguita letteralmente da quattro gatti, quando alla prima seduta, parafrasando Sandro Ciotti, «gli spalti erano gremiti ai limiti della capienza» da tifosi sfegatati.

Civismo deriva da civico, il cui significato è “che riguarda il cittadino”.

Cittadino, non provincialotto.

Chiusa questa rapidissima e doverosa disamina del contesto, passiamo ai contenuti.

A Roma, città natale del Sindaco, si usa il detto “aprire bocca e dare fiato”. Modo di dire probabilmente ben noto al primo cittadino, viste le sue affermazioni sulle «infiltrazioni» e sulle «cosche malavitose».

Ma, dall’altra parte, cioè dall’opposizione, che cosa si è sentito?

A Terracina si dice che “le chiacchiere stanno a zero”.

Ecco, chiacchiere in risposta ad altre chiacchiere.

Che cos’ha fatto il civico-cittadino Damiano Coletta, pochi giorni dopo essersi insediato sulla poltrona di sindaco di Latina? Ha organizzato un convegno su trasparenza e legalità, invitando i rappresentanti delle forze dell’ordine (http://www.latinacorriere.it/2016/07/13/latina-convegno-trasparenza-legalita-coletta-la-citta-riparte).

Tutto ciò è avvenuto nella nostra città?

Un incontro di approfondimento del genere l’ha organizzato il neo sindaco?

Ci ha pensato, in sua vece, l’opposizione?

Il compito di una sana opposizione è quello di criticare l’operato della maggioranza e di fornire proposte.

Dove sono queste proposte?

Ci deve pensare il Terracina Social Forum dal di fuori della massima assise cittadina?

Perfetto, noi questo compito ce lo assumiamo.

Molto volentieri.

E allora affermiamo, con forza e determinazione, che il contrasto alle mafie è un impegno che deve riguardare TUTTI, nel senso che TUTTI devono fare la propria parte: la maggioranza, l’opposizione, le forze dell’ordine, le associazioni di categoria, gli ordini professionali, gli istituti bancari, le agenzie immobiliari, gli operatori turistici, i commercianti, chi gestisce spazi culturali (pubblici E PRIVATI), le scuole, il corpo docente, le associazioni antimafia, le associazioni ambientaliste, le associazioni culturali, i singoli cittadini.

A Terracina si deve costituire, con una certa rapidità, un Osservatorio della legalità aperto a tutte le realtà precedentemente citate.

La politica deve chiedere che in provincia sia istituita la Direzione DistrettualeAntimafia presso il Tribunale di Latina, che siano aumentate risorse e mezzi delle forze dell’ordine, nonché potenziate le attività di controllo sul territorio (in particolare le indagini patrimoniali), favorendo la collaborazione tra tutte le forze dell’ordine.

Il Comune deve dichiarare Terracina città antimafia; istituire, come a Formia, la “Cassetta del cittadino perbene”; istituire la Commissione consiliare antimafia sul modello del Comune di Milano; istituire l’anagrafe patrimoniale degli eletti come previsto dalla legge per i Comuni con più di 50.000 abitanti; far sottoscrivere, ai candidati alle elezioni, il Codice di autoregolamentazione delle candidature approvato dalla Commissione parlamentare antimafia nella seduta del 3 aprile 2007; aderire al Codice europeo di comportamento per gli eletti; garantire la massima trasparenza delle remunerazioni del sindaco, dei componenti della Giunta, dei dirigenti comunali e degli eventuali consulenti; aderire al Codice etico per gli amministratori locali (la cosiddetta “Carta di Pisa”); fornire informazioni e dati alla rete Avviso Pubblico per quanto concerne l’elaborazione del rapporto annuale “Amministratori sotto tiro”, in cui vengono elencati il numero delle minacce e delle intimidazioni mafiose e criminali nei confronti degli amministratori locali e di persone che operano nell’ambito della Pubblica Amministrazione in tutta Italia.

Deve poi elaborare un codice etico per i fornitori dell’ente, dare corretta applicazione al codice dei contratti pubblici, garantire la massima trasparenza delle gare d’appalto, pubblicando sul sito Internet dell’ente ogni singolo passaggio delle procedure concorsuali; deve altresì inserire nei contratti una clausola di recesso, che consenta all’ente di recedere senza penali da un contratto e l’obbligo per i propri uffici ad applicarla nel caso in cui l’informativa prefettizia su infiltrazioni mafiose arrivi a lavori già iniziati.

All’interno del Comune si deve applicare il D. lgs. n. 231/2001, che prevede solo per i soggetti giuridici privati regole di governance societaria stringenti e definite per prevenire le infiltrazioni criminali. Si devono organizzare corsi di formazione dei dipendenti comunali sui rischi di infiltrazione mafiosa nella pubblica amministrazione, soprattutto per i dipendenti del settore degli appalti, urbanistica ed edilizia, nonché prevedere la rotazione periodica del personale nei settori indicati al punto precedente.

L’ente deve introdurre il rispetto del criterio dell’ordine cronologico nell’istruttoria delle pratiche amministrative comunali e, per le opere pubbliche e per gli interventi di manutenzione, grazie ad una più accurata programmazione dei lavori pubblici, deve ridurre il più possibile il ricorso alla trattativa privata giustificata dalla necessità ed urgenza di provvedere.

L’amministrazione comunale deve promuovere tra i cittadini e soprattutto tra gli operatori economici l’adesione al manifesto del cittadino/consumatore per la legalità e lo sviluppo (http://www.faiconsumocritico.org). Deve poi promuovere, tra i liberi professionisti locali, la sottoscrizione del manifesto antimafia predisposto dall’associazione Professionisti Liberi, nonché l’adesione, tra le aziende, al codice antimafia per le imprese (http://www.portale231.com/images/codice_antimafia.pdf). Deve anche informare gli imprenditori locali riguardo all’iscrizione alla white list della Prefettura, introdotta dalla legge anticorruzione, contenente l’elenco delle imprese non soggette a tentativi di infiltrazione mafiosa.

Il Comune deve poi sostenere le associazioni antimafia presenti sul territorio, promuovendo l’iscrizione tra i cittadini e gli operatori economici.

Nel settore agricolo l’ente deve introdurre sgravi fiscali per le aziende che rispettano i contratti di lavoro e attuano la formazione professionale del personale, chiedere che siano incrementati i controlli per contrastare il fenomeno del caporalato, introdurre sistemi premianti per le imprese che denunciano fenomeni di caporalato, tutelare il più possibile i braccianti che denunciano i caporali, controllare che nel settore non si ricorra a forme di remunerazione a cottimo, verificare che nelle campagne del territorio comunale non siano presenti ghetti (o altre sistemazioni ai limiti dell’abitabilità) per i braccianti stranieri e liberare immediatamente tali ghetti o alloggi simili, trovando una sistemazione alternativa per i braccianti. Va poi contrastato con forza il fenomeno dell’uso di sostanze dopanti, per soffrire meno la fatica, da parte dei lavoratori agricoli stranieri.

L’amministrazione comunale deve aderire a Coltiviamo diritti, la rete per restituire dignità, diritti, rispetto, valore, al lavoro dei braccianti agricoli, nonché promuovere il progetto europeo AGREE (Agricoltural job rights to end foreign workers exploitation), che mira a favorire la formazione e il dialogo tra operatori del settore, attori locali e cittadinanza per diffondere la coscienza dei problemi legati allo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura.

Nelle campagne va poi contrastato il lavoro grigio, quando un contratto c’è, ma serve al datore di lavoro come scudo per le verifiche: è sufficiente segnare poche giornate e nessuno potrà contestare.

Il Comune deve introdurre agevolazioni fiscali a favore degli imprenditori che denunciano il pizzo, l’usura o altri fenomeni estorsivo-malavitosi, ma nello stesso va revocata la licenza commerciale agli operatori economici che si macchiano del reato di favoreggiamento nei confronti dei mafiosi.

Vanno organizzati, nelle scuole di ogni ordine e grado, incontri con esponenti delle forze dell’ordine e con le associazioni antimafia per promuovere la cultura della legalità, nonché corsi per l’utilizzo consapevole del denaro, come misura di prevenzione dell’usura.

Il Comune deve poi organizzare iniziative in occasione della Notte bianca della legalità e in occasione della Giornata nazionale della memoria e dell’impegno per ricordare le vittime delle mafie; deve introdurre sul proprio sito Internet un link alla pagina del Ministero dell’Interno con le fotografie dei principali latitanti ricercati; deve costituirsi parte civile nel processo per l’omicidio di Gaetano Marino. Infine, dovrebbe istituire il premio Angelo Vassallo per il cittadino che, durante l’anno, più si è distinto per la tutela dell’ambiente e della legalità, il premio annuale Roberto Mancini per l’esponente delle forze dell’ordine, della magistratura o della società civile che più si è distinto nell’attività di contrasto dell’ecomafia, ed assegnare alle nuove strade cittadine nomi di vittime delle mafie (magistrati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine, ecc.).

Il destino crudele della Chapecoense

Fra morte e macerie il difensore Alan Ruschel, con un’anca semi rotta e ferito, ha abbracciato i vigili del fuoco e gli operatori di soccorso chiedendogli di ritrovare il suo anello nuziale, di dire alla moglie che lui era ancora vivo. Dettagli di luce in una tragedia buia e terribile, quella dell’aereo British Aerospace 146 operato dalla LAMIA che ospitava per lo più giocatori, staff, tifosi e membri della squadra di calcio brasiliana Chapecoense, precipitato sulle alture colombiane intorno a Medellin forse per un guasto elettrico. Quando è caduto, era a 5 minuti dall’atterraggio in pista a Medellin.

Di 81 persone a bordo, circa la metà composta dalla squadra, soltanto in cinque sono sopravvissuti (si parla di un sesto ma si attendono conferme): il 27enne Alan Ruschel, il portiere Jakson Follmann, Helio Zampier Neto, una persona di cui non si conosce al momento il nome e la hostess Jimena Suárez. Tutti gli altri, secondo le autorità che hanno sospeso le ricerche per forti piogge e maltempo, sarebbero morti. In tutto 76 vittime.

VIDEO – La squadra Chapecoense al check-in prima della partenza

La storia della Chapecoense è una favola con un destino crudele. Sette anni fa, nel 2009, questa squadra di una cittadina industriale brasiliana con poco più di 200mila abitanti giocava nell’equivalente della nostra serie D. Una scalata memorabile l’ha portata fino alla prima divisione nel 2014 e per la prima volta, quest’anno, a giocarsi un titolo importante come la Copa Sudamericana, pari alla nostra Europa League. Era la loro prima finale. Mercoledì dovevano affrontare nella finale di andata l’Atletico Nacional di Medellin, fra i tifosi, alcuni dei quali su quel maledetto aereo, si respirava un’aria di giubilo e speranza mai vista prima, nonostante la Chapecoense fosse al momento nona in classifica.

Il video dall’aereo prima dell’incidente. Machado: “Si parte”

La squadra si era imbarcata ieri e inizialmente avrebbe dovuto volare dal Brasile alla Colombia con un charter: le autorità brasiliane hanno però negato i piani di volo. Così la scelta è ricaduta sul 146, lo stesso aereo che utilizzò l’Argentina di Leo Messi per l’ultimo suo match giocato in Brasile. Il nuovo piano di volo prevedeva la tratta San Paolo-scalo a Santa Cruz in Bolivia e successivo arrivo a Medellin.
Ma intorno alle 21.30 ora locale, probabilmente per un guasto elettrico o forse una perdita di carburante, l’aereo è scomparso dai radar. Un’ora dopo è precipitato vicino a La Ceja tentando un atterraggio di emergenza in Colombia. I familiari delle vittime e tutta la citta di Chapeco, nel religiossisimo Stato di Santa Caterina, hanno cominciato a pregare. Preghiere purtroppo vane per la maggior parte delle persone.

Latina, 16 ordini di custodia in Comune: chiesto l’arresto del deputato Maietta (Fdi)

Latina, 16 ordini di custodia in Comune: chiesto l’arresto del deputato Maietta (Fdi)

Latina, 16 ordini di custodia in Comune: chiesto l’arresto del deputato Maietta (Fdi)

GIUSTIZIA & IMPUNITÀ
L’accusa è di associazione a delinquere e di reati contro la pubblica amministrazione. Accusato anche il parlamentare di centrodestra. Tre i filoni dell’inchiesta: i favori al Latina Calcio, l’edilizia e 154 appalti sospetti per un valore di 2,4 milioni di euro.

di  | 14 novembre 2016
Sedici ordinanze di custodia cautelare, otto in carcere e otto ai domiciliari, con l’accusa di associazione per delinquere e reati contro la pubblica amministrazione. Il Comune di Latina è stato travolto dall’inchiesta del gip Mara Mattioli, nata dall’interrogazione parlamentare dell’ex M5s Giuseppe Vacciano: coinvolti politici locali (e in particolare esponenti dell’ex giunta di Fdi e Fi), dirigenti, imprenditori e notai. Tra loro l’ex sindaco di Fratelli d’Italia Giovanni Di Giorgi, mentre è stata chiesta alla Camera l’autorizzazione a procedere all’arresto per il presidente del Latina Calcio e deputato Fdi, Pasquale Maietta. Coinvolti anche l’ex assessore Giuseppe Di Rubbo (Forza Italia), l’ex consigliere provinciale di An Silvano Spagnoli (gestore delle piscine comunali) e il dirigente Ventura Monti. L’ex consigliere comunale di Fi Vincenzo Malvaso è invece finito in carcere a Velletri: l’amministratore è da mesi al centro di un’indagine in merito alla variante che ha permesso di costruire un palazzo oltre i limiti previsti. Almeno 30 gli indagati.

Secondo la procura, si sono verificate gravi “irregolarità nella gestione della cosa pubblica” ed era stato messo in piedi un sistema in cui il “comparto dirigenziale del comune di Latina violava le regole per favorire alcuni imprenditori”. Tra gli esempi citati in conferenza stampa c’è il caso dell’aria condizionata: in seguito alla rottura dell’impianto nello stadio del Latina Calcio, alcuni amministratori del Comune, secondo l’accusa, si sono adoperati per far rimuovere una parte del condizionatore dell’ospedale pubblico e farla installare nella struttura sportiva.

 

Ma è solo uno dei tanti episodi finiti al centro delle indagini. Per soddisfare le esigenze della società infatti, dal 2011 al 2014 sono state realizzate una serie di opere, quali l’ampliamento dello stadio comunale e il rifacimento di un campo destinato agli allenamenti della squadra, utilizzando procedure irregolari e traendo indebitamente dalle casse comunali oltre 1.200.000 euro. Per l’ampliamento della Tribuna est dello stadio comunale Francioni il Comune non solo ha speso 444.000 euro di denaro pubblico, benché tali lavori, non indispensabili, spettassero alla società concessionaria, ma ha anche commesso violazioni urbanistiche in quanto l’area in esame era stata dichiarata inedificabile.

I favori fatti alla società riguardano solo uno dei tre filoni dell’inchiesta: gli investigatori si sono infatti concentrati anche sull’edilizia (e in particolare la costruzione della piscina) e su 154 appalti sospetti per un valore di 2,4 milioni di euro. E’ stato accertato, hanno spiegato i carabinieri, che il “comparto dirigenziale del comune per soddisfare gli interessi privati di alcuni personaggi politici nella gestione delle strutture sportive, ha avviato una serie di procedimenti amministrativi in violazione di regolamenti interni e delle regole basilari che governano il buon andamento della pubblica amministrazione”. Per l’assegnazione di pubblici appalti ci si avvaleva di un vero e proprio “sistema” con il quale i funzionari pubblici comunali favorivano gli imprenditori locali, commettendo reati contro la pubblica amministrazione, finalizzati a consentire un’illecita spartizione di ripetuti affidamenti alle stesse ditte di appalti mediante frazionamenti della spesa. I carabinieri hanno inoltre documentato come molti degli appalti in questione avrebbero potuto essere evitati con un corretta programmazione degli interventi, ignorata per favorire evidentemente le citate società.

Nel settore dell’urbanistica è emerso un altro sistema associativo finalizzato a far ottenere indebiti vantaggi di natura patrimoniale a privati o società, composto da politici della decaduta giunta comunale, funzionari tecnici del Comune di Latina e imprenditori, con l’apporto di intermediari apparentemente esterni all’amministrazione ma ad essa funzionalmente collegati. I carabinieri sottolineano che “era stato architettato un complesso meccanismo che consentiva la realizzazione, in maniera illecita ed estremamente redditizia, di costruzioni con artificiosi incrementi di volumetrie o su particelle espropriate, e quindi di proprietà del Comune”. Tra i vari episodi monitorati i carabinieri hanno segnalato la gestione della piscina comunale, affidata dal 2008 a una società dilettantistica, che contrariamente a quanto previsto dal contratto non aveva mai provveduto al pagamento delle utenze energetiche (spese sostenute dal comune con conseguente danno erariale quantificabile in euro 700.000 circa) e non aveva adempiuto al versamento fideiussorio.

Un ago incandescente scioglie il tumore

Un ago incandescente scioglie il tumore, eseguito a Chioggia il primo intervento

Questa tecnica innovativa chiamata la “termoablazione mediante microonde”, permette di eliminare il tumore e anche le forme metastatiche al fegato, ai reni, ai polmoni, alla tiroide e alle ossa in un’unica seduta

Un ago incandescente in grado di “sciogliere” il tumore senza che il paziente senta dolore. Questa tecnica innovativa chiamata la “termoablazione mediante microonde” è stata effettuata  martedì scorso nell’ospedale di Chioggia. I professionisti della Ulss 14 hanno curato, in soli dieci minuti, un signore chioggiotto di 65 anni che era affetto da una grave lesione metastatica epatica. L’intervento di alta specialità si è tenuto nelle nuove sale operatorie di day surgery, recentemente restaurate.

Elimina il tumore in una sola seduta

La nuova metodica permette di eliminare il tumore (e anche le forme metastatiche) al fegato, ai reni, ai polmoni, alla tiroide e alle ossa in un’unica seduta, anche ambulatorialmente, in cui il paziente viene sedato e curato in pochi minuti e, in molti casi, senza avere la necessità poi di altri trattamenti come quelli chemioterapici.

Distrugge il tessuto malato con la massima precisione

L’operazione viene effettuata tramite un terminale chiamato antenna che  viene inserita direttamente nella lesione. “L’antenna attraverso un aumento di temperatura rapido, controllato e localizzato, provoca la distruzione del tessuto malato con la massima precisione”, hanno spiegato il primario di Chirurgia Salvatore Ramuscello insieme al responsabile del servizio di ecografia interventistica Mario Della Loggia.

Tempi di ricovero molto brevi

“Rispetto a ieri possiamo intervenire in maniera mininvasiva, con una piccola incisione di 2-3 millimetri, su tumori importanti e calibrare il tipo di cura a seconda della neoplasia: si agisce localmente, delimitando e colpendo solo l’area interessata dalla malattia. Persino l’intensità di calore e la durata dell’intervento viene misurata in base alla grandezza del tumore da distruggere. In questo modo evitiamo l’asportazione chirurgica, rendendo possibile il trattamento anche su pazienti pluripatologici, quindi inoperabili e fragili, con tempi di ricovero più brevi e una migliore ripresa funzionale dei pazienti stessi”.

Trovato intatto un dinosauro soffocato dal fango

Trovato intatto un dinosauro soffocato dal fango: è vissuto 70 milioni di anni fa

Lo scheletro dell’animale è stato scoperto da un contadino cinese con gli arti divaricati, il collo steso e la testa alzata

Trovato intatto un dinosauro soffocato dal fango: è vissuto 70 milioni di anni fa
Una ricostruzione artistica degli ultimi momenti di vita del dinosauro Tongtianlong limosus

Una morte atroce: intrappolato in una palude di fango, con gli arti divaricati, il collo steso e la testa alzata. Così è stato ritrovato quasi completamente intatto, immortalato come in un fotogramma di milioni di anni fa, il Tongtianlong limosus, la nuova specie di oviraptosauro i cui resti sono stati trovati in Cina. Il ritrovamento, descritto sulla rivista Scientific Reports, si deve ai ricercatori guidati da Junchang Lu, dell’Accademia cinese di geologia.

Il Dragone del fango

I fossili, trovati da un contadino e alcuni operai nella Nanxiong Formation del Ganzhou durante gli scavi per la costruzione di una scuola, mostrano che questo dinosauro, chiamato Dragone del fango, era diverso dalle altre specie della famiglia degli oviraptosauri, per via dalla forma particolare del suo cranio, simile ad una cupola, e la forma convessa della premascella, cioè un osso sulla punta della mascella. Era simile a un uccello, coperto di piume, incapace di volare, con una testa priva di denti e dal becco affilato, e una cresta ossea sul capo che gli serviva per attirare compagne e cacciare i rivali, come i moderni casuari.

Una specie vissuta oltre 70 milioni di anni fa

Sarebbe morto tra i 66 e 72 milioni di anni fa. Nella stessa area del ritrovamento, negli ultimi 5 anni, sono stati identificati ben sei gruppi di oviraptosauri, vissuti nel tardo Cretaceo, cioe’ circa 72 milioni di anni fa. Il che dimostrerebbe, secondo i ricercatori, che ci sia stato come una specie di exploit evolutivo alla fine del Cretaceo, in Asia, prima dell’estinzione di massa dei dinosauri e che probabilmente questo e’ stato uno degli ultimi gruppi di dinosauri a diversificarsi.

Un milione e settecentomila pneumatici fuori uso sono stati rimossi dalla Terra dei Fuochi.

Fila pneumatici da Napoli a confine Austria, rimossi dalla Terra dei Fuochi

Un milione e settecentomila pneumatici fuori uso sono stati rimossi dalla Terra dei Fuochi.

Si tratta, per intenderci, se messi in fila, della possibilità di coprire la distanza tra Napoli e il confine austriaco.

I comuni sovrastati da tale indesiderato cumulo o fila, sono ventinove, compresi tra Napoli e Caserta e l’operazione è avvenuta tramite un protocollo firmato nel 2013 per bonificare la Terra dei Fuochi.

In totale sono quasi 16.000 tonnellate di gomme e i dati sono stati diramati in una riunione per l’attuazione del protocollo.

Il ritorno alla normalità ambientale e lungo, ma prosegue con tante operazioni mirate.

Morti sospette in ospedale, le intercettazioni shock: “Le nostre menti omicide sono geniali”

Morti sospette in ospedale, le intercettazioni shock: “Le nostre menti omicide sono geniali”

Lui, anestesista all’ospedale di Saronno (Varese) è accusato di aver ucciso 5 pazienti tra cui il marito dell’infermiera sua amante

Morti sospette in ospedale, le intercettazioni shock: 'Le nostre menti omicide sono geniali'
L’infermiera Laura Taroni e l’ex viceprimario del pronto soccorso di Saronno Leonardo Cazzaniga

Emergono particolari e intercettazioni inquietanti tra il medico e l’infermiera dell’ospedale di Saronno (Varese), arrestate dai carabinieri di Saronno in esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di omicidio. Lui, anestesista, Leonardo Cazzaniga, è accusato dell’omicidio di 4 anziani pazienti fra il 2012 e il 2013 all’ospedale di Saronno (Varese) dove lavorava e, successivamente, di aver ammazzato con l’infermiera, Laura Taroni, sua amante il marito di lei. Per entrambi l’accusa è comunque di omicidio volontario.

“Le nostre menti omicide sono geniali”

E’ una delle frasi pronunciate dal figlio di Laura Taroni, l’infermiera arrestata insieme all’amante, medico ospedaliero, per l’omicidio del marito di lei. L’uomo è in carcere anche per 4 morti sospette avvenute all’ospedale di Saronno. “Tua nonna non è possibile” gli replicava nelle intercettazioni dei carabinieri la madre. “A tua nonna e a tua zia non è semplice… A meno che non gli fai tagliare i fili dei freni a tua zia… Gli tiri l’olio dei freni”. (…) “Poi c’è tua zia Gabriella… Non sei abbastanza grande per poter… Non sei abbastanza grande!” incalzava la donna al figlio appena undicenne. I due, nelle intercettazioni raccolte nel corso delle indagini coordinate dalla procura di Busto Arsizio, continuano a scambiarsi opinioni su progetti violenti fino a quando la donna aggiunge ancora: “E poi cosa avresti fatto? – rivolgendosi sempre al figlio – Le avresti fatte sparire così? Non è così semplice, sono grosse! L’umido da noi passa solo una volta a settimana (…) non abbiamo più neanche i maiali”. La donna conduceva un’azienda agricola (ndr).

“Sono l’angelo della morte”

“Ho sentito parlare (…) del protocollo Cazzaniga direttamente da lui nella misura in cui mi è capitato di sentirlo esclamare frasi tipo: a questo paziente applico il mio protocollo…”. A raccontarlo, in un verbale, è uno degli infermieri sentiti dagli investigatori, che ha confermato il nomignolo che veniva attribuito agli interventi dell’anestesista arrestato insieme all’amante infermiera, nell’indagine coordinata dalla Procura di Busto Arsizio (Varese) e che vede al centro della vicenda l’ospedale di Saronno (Varese). Altri due infermieri, con parole diverse, hanno confermato che “non è un protocollo aziendale, ma consisterebbe nella somministrazione di sedativi e anestetici, singolarmente o in associazione tra loro, decisa da Cazzaniga per provocare la morte dei pazienti con una bassa aspettativa di vita (…) faccio l’angelo della morte – si vantava il medico apertamente in corsia – o anche faccio il mio protocollo”.

Le vittime

Alle vittime, tutte persone anziane e malate, sarebbero stati somministrati, per un lungo periodo, farmaci “assolutamente incongrui” rispetto alle sue reali condizioni di salute, debilitandolo fino alla morte. Secondo l’accusa, il medico avrebbe a lungo fornito dosi letali di farmaci per via endovenosa, in sovradosaggio e in rapida successione: clorpromazina, midazolam, morfina, propofol e promazina.

Coinvolte altre dieci persone

I carabinieri hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Luca Labianca al termine di un’inchiesta durata oltre un anno, condotta dal pm bustocco Cristina Ria. Le indagini coinvolgerebbe anche altre dieci persone, a vario titolo, responsabili per non aver effettuato i controlli e le verifiche su quanto stava avvenendo tra le corsie, a fronte delle segnalazioni ricevute.

Perquisizioni in ospedale

Nelle ultime ore gli investigatori hanno effettuato anche una serie di perquisizioni nell’ospedale di Saronno e in quelli di Busto Arsizio, sede della direzione dell’azienda ospedaliera, e di Angera, dove sarebbe stato trasferito uno dei due principali indiziati.

Aereo della squadra brasiliana della Chapecoense si schianta in Colombia

Aereo della squadra brasiliana della Chapecoense si schianta in Colombia. Si aggrava il bilancio, morto uno dei superstiti: 77 le vittime L’aereo, un British Aerospace 146, sarebbe caduto in una zona montagnosa alle porte di Medellin L’ultima foto prima del disastro L’ultima foto prima del disastro   Redazione Tiscali Un aereo con 81 persone a bordo diretto all’aeroporto internazionale di Medellin si è schiantato in Colombia. Sul volo si trovavano i giocatori della squadra di calcio brasiliana Chapecoense. A dare la notizia gli stessi responsabili dello scalo di Medellin, sottolineando che l’aereo era partito dalla Bolivia. I superstiti erano inizialmente 5, su un totale di 81 passeggeri. Ma ora i media colombiani annunciano che anche uno di questi è deceduto a seguito delle gravi ferite.Si tratta di Danilo, il portiere del Chapecoense. Al momento sono dunque quattro i superstiti, tra i quali i calciatori Jackson Follmann e il terzino 27enne Alan Ruschel, entrambi ricoverati all’ospedale municipale de La Ceja. Il responsabile regionale della polizia, José Gerardo Acevedo, ha riferito che sei persone sono state ritrovate vive, ma che uno dei sopravissuti è morto in seguito. Il volo charter della compagnia boliviana Lamia, si è schiantato in una zona di montagna, a sud di Medellin.  LE FOTO DEL DISASTRO Giocatore infortunato non ha preso il volo Uno dei giocatori del Chapecoense ha avuto salva la vita perché infortunato. “Per me è un momento molto difficile – ha commentato l’argentino Alejandro Martinuccio – sono molto triste”. Martinuccio ha raccontato all’emittente La Red che fin da questa mattina presto ha ricevuto telefonate di amici e colleghi che pensavano fosse nell’aereo: “Mi stavo riprendendo da un infortunio, è la ragione per la quale non ho viaggiato”. Si è poi salvato, perché non era stato convocato per la finale di Copa Sudamericana, anche Claudio Winck, una fugace apparizione nel campionato italiano lo scorso anno, nelle fila del Verona.  Una tragedia di proporzioni enormi ADVERTISEMENT   “E’ una tragedia di proporzioni enormi”, ha detto il sindaco di Medellin, Federico Gutierrez. L’aereo, un British Aerospace 146, sarebbe caduto in una zona montagnosa alle porte di Medellin poco prima della mezzanotte di lunedì ora locale. Il velivolo era partito dall’aeroporto internazionale di San Paolo, in Brasile, e aveva fatto scalo in Bolivia. La squadra di calcio brasiliana Chapecoense avrebbe dovuto giocare mercoledì la finale della Copa Sudamericana contro l’Atletico Nacional di Medellin.  I GIOCATORI DELLA CHAPECOENSE L’aereo aveva finito il carburante Secondo il responsabile dell’agenzia per l’aviazione civile colombiana, Alfredo Bocanegra, le autorità non escludono che l’aereo schiantatosi a sud di Medellin con a bordo la squadra di calcio Chapecoense sia rimasto a secco di carburante. Ufficialmente si continua a parlare di guasto elettrico – ha precisato Bocanegra – ma c’è la testimonianza di una assistente di volo secondo cui sarebbe finito il carburante.  Federcalcio sudamericana annulla partite La Federazione del calcio sudamericana (CONMEBOL) ha annullato tutte le attività fino a nuovo ordine a causa della sciagura aerea in Colombia: lo ha annunciato la stessa CONMEBOL, sottolineando che il suo presidente, Alejandro Dominguez, è partito per Medellin. E’ stata annullata quindi anche la prima di due partite della finale della Copa Sudamericana: la squadra brasiliana di serie A Chapecoense, che si trovava a bordo dell’aereo, avrebbe dovuto giocare mercoledì a Medellin contro l’Atletico Nacional.  Un velivolo usato dalle squadre di calcio sudamericane Anche la nazionale argentina di Lionel Messi ha viaggiato recentemente sull’aereo precipitat. La notizia è stata diffusa da Marca online, che pubblica una foto di Messi e Javier Mascherano accanto ai due piloti, quando i biancocelesti si sono recati in Brasile per la partita di qualificazione in vista dei mondiali del 2018, vinta dai verde-oro due settimane fa per 3 a 0 al Mineirao di Belo Horizonte. Secondo Marca il BAE-146 della Lamia era utilizzato regolarmente dalle squadre di calcio sudamericane.

Città spaccate dal voto: centri per il Sì, periferie per il No

Città spaccate dal voto: centri per il Sì, periferie per il No


Ci si chiedeva prima del voto quale delle due parti sarebbe stata favorita da una partecipazione elevata. Ora lo sappiamo. In Italia, senza tener conto della circoscrizione estero, ha votato il 68,5% degli elettori. Una percentuale di soli 7 punti inferiore a quella delle ultime elezioni politiche e di dieci punti superiore a quella delle europee del 2014. E tutto ciò senza che sulla scheda comparissero partiti e candidati. La regione in cui si è votato di più è stata il Veneto (76,7%), mentre quella in cui si è votato di meno è stata la Calabria (54,4%). Da notare che in Veneto addirittura più che in Emilia (75,9%) e in Toscana (74,5%). (Qui il risultato del voto per regione, provincia e città).

LA MAPPA DEL VOTO
Percentuale dei Sì

Colpisce in particolare il dato del Sud dove si è recato alle urne il 61,6% degli elettori. In questa zona, che va dal Lazio alla Sicilia, si è registrata tra l’altro la più alta percentuale di No, e cioè il 67,4% contro il 57,3% del Nord e il 48,8% della “zona rossa”. Ed è proprio nelle regioni più periferiche del paese che la percentuale dei No è stata la più alta in assoluto. Per esempio 72,2% in Sardegna e 71,6% in Sicilia. L’importanza del fattore marginalità emerge anche da altri dati. Nelle grandi città, quelle sopra i 100mila abitanti, e nei capoluoghi il Sì va decisamente meglio rispetto ai piccoli centri e ai comuni non capoluogo. Questo è vero soprattutto al Nord. Il caso di Milano, dove il Sì ha prevalso sul No, ci fa capire ancora meglio cosa è successo. Infatti il Sì ha vinto largamente nei quartieri centrali e più agiati ma ha perso in quelli periferici. Lo stesso fenomeno si riscontra anche a Roma e a Torino, dove complessivamente il No ha prevalso, tranne che nei quartieri del centro. In breve, questo referendum può essere assimilato alla Brexit e alla elezione di Trump. Due casi in cui si è visto bene l’impatto che hanno avuto il fattore centro-periferia e l’influenza degli elettori marginalizzati.

La politicizzazione del voto ha segnato il destino della riforma costituzionale. Una volta associata la riforma a Renzi e al suo governo è scattato in tanti elettori un riflesso partigiano. Era difficile evitare questa associazione, ma il premier è stato incauto nel rendere la cosa più facile ai suoi avversari. La sostanziale omogeneità del risultato denota che questo voto è stato percepito dalla maggioranza degli elettori come se si trattasse di una elezione politica vera e propria, anche se partiti e candidati non erano in lizza. Una prova ulteriore viene dal buon risultato del Sì nelle regioni della “zona rossa”. In altre parole in questo voto si vede bene una componente partigiana. Dove il Pd è più forte, il Sì è andato meglio. L’organizzazione territoriale conta ancora. Ma il problema è che il Pd rimane forte solo in una zona limitata. Il bilancio complessivo è che il Sì ha prevalso in 12 province su 106, e 11 di queste sono situate in Emilia-Romagna e Toscana.

Un altro problema del Pd è svelato dai flussi calcolati sui dati di sezione. Da questi dati emerge che, rispetto alle elezioni politiche del 2013, il Pd riesce a mobilitare in favore del Sì solo circa due terzi dei suoi (ex) elettori nel centro-nord, e appena la metà a Napoli. Il Sì fa invece il pieno nell’ex elettorato montiano, che risulta il più compatto in assoluto tra tutte le città esaminate. Fra i partiti a sostegno del No, quello con le minori defezioni è il M5S che cede piccole quote verso l’astensione, ma porta a votare No la stragrande maggioranza dei suoi elettori (fra il 76 e il 100%), con la parziale eccezione di Parma. Infatti nella città di Pizzarotti un terzo dei pentastellati non ha votato secondo le indicazioni del Movimento. Anche la Lega mostra grande compattezza, ma solo nelle sue roccaforti di Brescia e Treviso, in cui il No leghista oscilla fra l’85 e l’89%. Viceversa, a Torino e Parma quasi la metà dei votanti leghisti del 2013 ha votato Sì. L’elettorato berlusconiano del 2013 mostra la maggiore divisione interna, cedendo quote rilevanti di voti a Brescia e ad Ancona verso il Sì, e a Napoli verso l’astensione. Infine, in tutte le città prese in esame, gli ex astenuti del 2013, che domenica sono andati alle urne, hanno scelto in larga maggioranza il No.

In conclusione, con il senno di poi si può dire che questo è stato un referendum che difficilmente il Pd poteva vincere. Troppi fattori hanno giocato contro il premier. Ma resta il fatto che 13 milioni di voti sono tanti. E da qui può ripartire la sfida di Renzi.