Scuola, in 70mila sfilano contro il governo.

 

SCUOLA
Per le associazioni studentesche la manovra annunciata dal governo non si occupa dei problemi della scuola: “Non è cambiamento se il deficit si usa per condoni e tagli delle tasse ai ricchi”. A Torino sono stati incendiati due manichini raffiguranti i vicepremier. Flash mob con maschere di Dalì di fronte alla Piramide a Roma. A Napoli gli studenti sfilano insieme ai migranti: cori e striscioni per Mimmo Lucano

Oltre 70mila studenti hanno sfilato in corteo dal Nord al Sud d’Italia per rivendicare il diritto allo studio, con lo slogan “Diamo una scossa al Paese”. Per i sindacati studenteschi, la manovraannunciata dal governo ignora i problemi della scuola: la finanziaria “non prevede maggiori risorse per il diritto allo studio né per la qualità della formazione o della ricerca“, dice Giacomo Cossu, coordinatore nazionale di Rete della Conoscenza. Che annuncia lo “stato di agitazione permanente nelle scuole e nelle università finché non avremo risposteconcrete, mentre ad oggi il ministro Bussetti rifiuta di incontrare le rappresentanze studentesche”. “Non è cambiamento – continua – se il maggior deficit previsto viene utilizzato per condoni agli evasori fiscali e per tagliare le tasse ai più ricchi. Per noi giovani mancano le risorse e i provvedimenti concreti per contrastare la precarietà”.

“Nessuna delle promesse fatte in campagna elettorale verrà mantenuta – aggiunge Giulia Biazzo, coordinatrice di Unione degli Studenti – nessuna abolizione della legge 107 e nessun superamento dell’alternanza scuola-lavoro, solo provvedimenti che peggioreranno la condizione di noi studenti. La riduzione delle ore obbligatorie di alternanza scuola-lavoro non risolve la necessità di una totale riforma del sistema didattico e crea ulteriore discriminazione tra licei, istituti tecnici ed istituti professionali. Per Alessio Bottalico, di Link – Coordinamento universitario, è necessario “un forte aumento dei fondi statali per borse di studio e residenze universitarie, arrivando all’eliminazione della figura dell’idoneo non beneficiario e all’accorciamento dei tempi di erogazione delle borse. Allo stesso tempo – spiega – è più che mai urgente ampliare la no tax area, per permettere a quanti più studenti possibile di poter accedere all’Università”.

Torino, bruciati manichini di Salvini e Di Maio. Il ministro dell’Interno: “Gesto schifoso” – A Torino il corteo è partito da piazza Arbarello e ha sfilato attraverso le vie del centro fino a raggiungere piazza Castello. A promuoverlo l’associazione Studenti Indipendenti, che ha invitato a scendere in piazza “contro razzismo, finto governo del cambiamento e disuguaglianze“. Alcuni studenti hanno dato fuoco a pupazziraffiguranti Matteo Salvini e Luigi Di Maio. In cima ai lampioni di piazza Castello sono state appese alcune foto dei due vicepremier con il volto imbrattato di vernice rossa.

Torino, studenti bruciano manichini con le maschere di Salvini e Di Maio. Cori e slogan contro i due ministri

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Davanti all’ufficio regionale del Miur, in corso Vittorio Emanuele, i ragazzi hanno bruciato l’immagine una telecamera di cartoneposta sopra a dei mattoni. “I mattoni sono quelli che rischiano di caderci in testa tutti i giorni – spiegano – mentre le telecamere sono quelle che vogliono mettere in ogni scuola per controllarci“. Tra gli striscioni esposti dai manifestanti, una parodia del simbolo leghista (“Lega Salvini e lascialo legato“), “Una scuola sicura è antirazzista e antisessista”, “Scuole sicure? Cadono a pezzi, ma con le telecamere”.

La reazione del capo del Viminale al gesto dimostrativo arriva su Twitter: “Questi “democratici” studenti, coccolati dai centri sociali e da qualche professore,avrebbero bisogno di molte ore di educazione civica. Forse capirebbero che BRUCIARE in piazza il manichino di Salvini, e di chiunque altro, o appenderne ai lampioni le immagini è una cosa schifosa“.

Matteo Salvini

@matteosalvinimi

Questi “democratici” studenti, coccolati dai centri sociali e da qualche professore,avrebbero bisogno di molte ore di educazione civica.
Forse capirebbero che BRUCIARE in piazza il manichino di Salvini,e di chiunque altro,o appenderne ai lampioni le immagini è una cosa schifosa. pic.twitter.com/ekdwMIRHos

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Più pacato il commento di Luigi Di Maio: “Per prima cosa vediamoci, le porte del ministero sono aperte, parliamo. Costruiamo insieme una nuova scuola“, dice in diretta su Facebook. E sottolinea che “le manifestazioni si devono fare“: “Andate avanti – dice il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico – ho fatto il rappresentante degli studenti per cinque anni, so bene qual è il valore di una pressione sociale pacifica. Ma non è vero che tagliamo a scuole e università. Vediamoci per un confronto“.

Roma, flash mob con maschere di Dalì – Nella Capitale, i manifestanti – con il volto coperto da maschere di Dalì, come i protagonisti della serie tv “La casa di carta” – hanno realizzato un flash mob in piazzale Ostiense di fronte alla Piramide, per poi sfilare tra i fumogeni fino alla sede del Miur in viale Trastevere, raggiunta intorno alle 13. “#Chihapaura di cambiare? Noi no!” lo slogan del corteo, organizzato da Unione degli studenti, Rete degli studenti medi e Gioventù comunista. Forti disagi al traffico cittadino.

Napoli, studenti e migranti insieme per Lucano – A Napoli, l’hashtag della manifestazione è #noscuolesicure.  “Se ci tenete alla nostra sicurezza assicurateci il nostro futuro“, recitava lo striscione in cima il corteo. Per le strade del capoluogo campano, agli studenti si sono uniti migranti, movimenti per il diritto alla casa e centri sociali. Molti i cori e i cartelli di solidarietà a Mimmo Lucano: “Viva Mimmo”, “Io sto con Riace”. Partito da piazza Garibaldi, di fronte alla stazione Centrale, il corteo si è incrociato con un’altra frangia in piazza Matteotti, per poi dirigersi verso la Prefettura, in piazza Plebiscito. All’altezza di via Medina sono stati esplosi alcuni petardi e accesi fumogeni.

Al termine del corteo, di fronte alla Prefettura, ha preso la parola unmigrante: “Salvini stai scherzando con la nostra vitavai via“, ha detto. “Noi siamo solo immigrati, non siamo bestie, siamo umani“, ha aggiunto. “Da quando c’è Salvini, la politica italiana è diventata razzista e fascista”. Il decreto varato dal ministro dell’Interno, secondo i migranti che hanno preso parte al corteo, “cancella il diritto di asilo per i rifugiati e getta bambini, donne e uomini immigrati nelle mani delle mafie e del caporalato“. Chiedono politiche per l’integrazione: “Non siamo criminali – dicono – vogliamo stare bene e in pace con gli italiani. Molti di noi non avrebbero mai lasciato il loro Paese se non fosse stato necessario”. “Il governo giallo-verde ci vorrebbe divisi – fa eco uno studente – invece noi siamo qui nelle nostre diversità, e continueremo a lottare contro questo governo di razzisti, di sessisti, di gente che ci toglie il futuro”. In piazza anche il movimento Non una di meno, che ha esposto striscioni contro il ddl Pillon.

Lucano costretto a lasciare Riace.

Lucano costretto a lasciare Riace. Saviano cita Dante: “Vieni dietro a me, e lascia dir le genti”

Il commento di Salvini: “Non è eroe dei tempi moderni”. De Magistris pronto a ospitarlo a Napoli

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“Vieni dietro a me, e lascia dir le genti”. Roberto Saviano cita Dante Alighieri per commentare la decisione del Tribunale del riesame di Reggio Calabria sul sindaco di Riace, che ha revocato gli arresti domiciliari, disponendo però nei suoi confronti il divieto di dimora.

Proprio stamattina, poco dopo le 6, Domenico Lucano ha lasciato Riace. Resta a Riace, invece, la compagna di Lucano, per la quale il divieto di dimora é stato attenuato con la misura dell’obbligo di firma.

A stretto giro arriva anche il commento del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, intervenuto al programma “I lunatici” su Radio 2: “Chi c’era prima di me al ministero dell’Interno – dice -, di ben altro colore politico, aveva già iniziato delle inchieste e sollevato dei dubbi e delle perplessità. Ci sono state evidentemente delle irregolarità, perché altrimenti noi non avremmo chiesto trentaquattro chiarimenti”.

“Vogliamo solo che vengano rendicontate le spese effettuate – spiega il ministro dell’Interno – visto che si tratta di denaro pubblico. Se poi un giudice dice che non può mettere piede nel proprio paese, evidentemente Lucano non è un eroe dei tempi moderni. O è stato distratto o non so che altro. Comunque, quando vado in Calabria la gente mi chiede più lavoro, non più immigrati”.

Si dice pronto a ospitare Lucano a Napoli il sindaco Luigi de Magistris, che scrive su Twitter: “Caro Mimmo lo so che non lascerai la tua e nostra amata Calabria ma se vuoi ti ospitiamo con amore a Napoli. Il divieto di dimora nella tua Riace è peggio degli arresti domiciliari. Ma non potranno mai arrestare la rivoluzione. Riace vivrà con Lucano Sindaco!”.

Il giallo di Desiree, trovata morta in un covo di spacciatori a Roma.

Il giallo di Desiree, trovata morta in un covo di spacciatori a Roma. “Cercava il tablet che le era stato rubato”

Partita da Latina, ai genitori aveva detto che andava a trovare un’amica. Invece ha raggiunto la Capitale.

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Desiree aveva 16 anni ed è stata trovata morta in un cantiere abbandonato nel quartiere di San Lorenzo, a Roma. Non sono noti i motivi del suo decesso, sui quali adesso s’indaga. Quel cantiere in via dei Lucani è diventato covo di spacciatori e consumatori di droga, e secondo le ricostruzioni della gente del rione, Desiree, da Latina, si sarebbe spinta fin lì per recuperare un tablet che le era stato rubato. Ai genitori aveva raccontato che avrebbe trascorso la notte da un’amica.

Si legge sul Corriere della sera:

Alle 3 di notte un anonimo ha chiamato i soccorsi – forse anche più di una volta – da un telefono pubblico, ma l’equipaggio di un’ambulanza del 118 non ha potuto varcare il cancello perché chiuso con un lucchetto. Così la ragazza è stata raggiunta soltanto dopo l’intervento dei vigili del fuoco, ma ormai era troppo tardi. Desirèe era già morta, in circostanze misteriose. Sul giallo di via del Lucani c’è il massimo riserbo, come anche su chi abbia telefonato al 112.

“È arrivato il momento di cedere le armi alle donne. Hanno qualcosa in più”

“È arrivato il momento di cedere le armi alle donne. Hanno qualcosa in più”

L’incontro con lo scrittore italiano più amato e tradotto al mondo, al cinema (dopo il teatro) nelle vesti di attore

HUFFPOST ITALIA

“Volevo affrontarmi. Essere cieco e stare per un’ora su un palcoscenico e raccontare una storia per un’ora e mezza, è stata una grossa sfida che volevo fare a me stesso”. Inizia così, con queste parole, pronunciate con un tono di voce basso, ma possente “e reso forte grazie alle tante sigarette fumate fino ad oggi”, il nostro incontro con Andrea Camilleri. Novantatrè anni da poco compiuti, trenta milioni di libri venduti in tutto il mondo principalmente con le avventure del Commissario Montalbano, l’autore italiano vivente più amato al mondo ha deciso di mettersi in gioco trasformandosi in attore. Lo ha fatto lo scorso 11 giugno, portando in scena al Teatro Greco di Siracusa“Conversazione su Tiresia”, uno spettacolo che potrà essere visto il 5, il 6 e il 7 novembre prossimi al cinema grazie a Palomar e a Carlo Degli Esposti.

“Dopo la richiesta fattami da Valentina Alferj (curatrice dello spettacolo, ndr) e da Roberto Ando’ (che ne ha curato la regia, ndr), chiesi a Laura Pacelli, la mia collaboratrice, di procurarmi tutto il materiale possibile su Tiresia e alla fine, dopo pochi giorni, arrivò con quattro faldoni. Ho scoperto che quel personaggio, che conosciamo per la prima volta nell’Odissea di Omero, ha percorso tutta la letteratura italiana e non, da allora ai giorni nostri, ininterrottamente. Ho impiegato tre mesi a farmi largo in questa foresta e a scegliere i punti salienti, più di tremila testi. I testi e le citazioni fatte sono solo un terzo di quelle avute tra le mani”. “Qualche volta – continua – soprattutto quando non ero in vena, scambiavo un autore per un altro. Poi mi sono fatto largo e sono riuscito ad organizzare il discorso, ma soprattutto a trovare il tonocon cui intrattenere tremila persone. Il tono è stata la cosa più importante, una conversazione tra amici che ha funzionato”.

“Ho scelto Tiresia – spiega – per la sua cecità attraverso la quale vede il presente, ma anche il futuro. Tiresia è affascinante: è stato uomo ed è stato donna, in entrambi i casi vero, ma resta sempre l’ambiguità di chi è stato uomo e di chi è stato donna. Le tracce di essere stato donna se le è portate dietro nelle sette esistenze di essere stato uomo. L’atto divinatorio è stato fondamentale: è stato uno dei divini maggiori assieme a Calcante. Non prevedeva solo sventure, ma anche felicità, purtroppo rara.Vedeva l’avvenire, spesso costellato da dispiaceri e malattie. E’ stato bello constatare i mutamenti: sembrava fatto di pongo. Ogni autore lo ha modellato come voleva e lui si prestava. Aveva un grandissimo fascino di un personaggio enigmatico quale era”.

Il mondo femminile ha un suo fascino, spiega Camilleri. “E’ arrivato il momento di cedere le armi alle donne”. Io da ex uomo – aggiunge – non posso che ammirarle. Anche Margareth Tatcher ha qualcosa in più, perché come tutte le donne, fanno i figli, la matrice più importante. Le donne sono più disposte al compromesso e alla pace, più di noi uomini”.

“Ero nella mia nuova situazione di cieco e quindi e ho avuto un’illuminazione”, continua. “Sostengo, ed è vero, non è un paradosso, che da quando ho perso la vista vedo le cose più chiaramente, potevo prendere in considerazione proprio Tiresia per questa e attraverso questa mia menomazione. Questo è stato l’impulso, poi ci ho ragionato sopra, ripensando a tutte le volte che lo avevo incontrato, ad esempio nella letteratura anglosassone e in Ezra Pound. Persino Eliott ne fa il protagonista de “La terra desolata”, motivi per parlarne ce n’erano.

“Il Teatro Greco di Siracusa è un luogo magico”, precisa Camilleri. E’ uno di quei luoghi magici come navi spaziali che si muovono nel tempo invece che nello spazio. Lo sono le cattedrali, i templi, i vecchi teatri greci o latini….se ci mettete piedi sopra, è come mettere i piedi dentro un’astronave. Poi, la commozione di stare seduto su un palcoscenico dove è stato Eschilo – aggiunge è stata immensa, una grande commozione profonda, è stato come scoprire e vivere l’eternità“. “Ho insegnato recitazione e regia, ho fatto 140 spettacoli teatrali, conosco bene l’arte dell’attore che ho praticata non esibendomi davanti al pubblico, ma dietro le quinte. Sono stato attore attraverso le centinaia di attori con cui ho lavorato. Questo spettacolo è la summa definitiva della mia esperienza teatrale”.

Voglia di rifarla ancora? Gli chiediamo. “Perché no? (ride, ndr) Però dovrò poi fare una chiusura di clausura yoga. Sono un impiegato della scrittura al quale non si può dire nulla, nella mia vita non ho mai preso un giorno di licenza per malattia, ho sempre lavorato, ogni mattina. Se ci sarò ancora, volentieri. Mi fa sorridere e mi da speranza come quando i poliziotti mi hanno dato il passaporto nuovo che scadrà nel 2024, mi mette di buon umore e mi da’ speranza”.

Le sue parole continuano e attraverso le sue, quelle di Tiresia, continueranno prima sul palcoscenico e adesso al cinema. “Tra cento anni, conclude Camilleri,l’uso della parola ci sarà. Molte cose del mondo che stiamo vivendo oggi, tra cento anni saranno più che obsolete. Non so che mondo ci sarà, ma credo che avrà poco da dividere con quello di oggi a noi contemporaneo”.

Tito Boeri: “Su Quota 100 i conti non tornano. L’Inps rischia l’assalto”

Tito Boeri: “Su Quota 100 i conti non tornano. L’Inps rischia l’assalto”

Il presidente dell’Istituto di previdenza al Corriere sulla riforma delle pensioni pensata dal Governo: “I conti sono sbagliati, aumenterà la spesa”

SIMONA GRANATI – CORBIS VIA GETTY IMAGES

“I conti non tornano”. Lo dice con chiarezza Tito Boeri, presidente dell’Inps che al Corriere della Sera spiega i rischi della riforma delle pensioni che il Governo ha intenzione di portare a termine. Le simulazioni fatte, sottolinea, mettono in evidenza un inevitabile aumento della spesa. Boeri lancia poi un allarme: il governo ha fatto promesse molto impegnative sulla previdenza e l’Inps rischia l’assalto. I suoi dipendenti subiscono troppo spesso aggressioni. Si legge sul quotidiano:

“Quello che il governo deciderà, noi ci metteremo pancia a terra a realizzarlo. Come sempre. Ma spetta all’Inps segnalare per tempo potenziali violazioni del patto intergenerazionale di cui è garante: le persone mi fermano per strada e mi chiedono se le loro pensioni verranno pagate. Quando i chiarimenti sulle intenzioni effettive del governo non ci vengono dati nelle sedi istituzionali, siamo costretti a chiederli pubblicamente. Perché dobbiamo essere messi nelle condizioni di prepararci e ragguagliare i cittadini. “Non vogliamo fare da parafulmine per reazioni a promesse non mantenute. I nostri dipendenti negli uffici territoriali subiscono quotidianamente aggressioni al punto che, Salvini lo sa bene, abbiamo dovuto chiedere di rafforzare la sorveglianza davanti alle sedi”.

La cifra prevista nel disegno di legge di Bilancio per la previdenza, sostiene il presidente dell’Inps, è insufficiente e inevitabilmente la spesa aumenterà. Un dato, questo, che secondo Boeri pare evidente già dall’analisi delle simulazioni che l’Istituto ha fatto.

Boeri torna poi sulla sua posizione di presidente dell’Inps e sul suo futuro dice:

“Se il presidente del Consiglio mi convocasse e mi dicesse che non c’è più fiducia in me, non aspetterei un minuto di più. Lascerei. Ma non posso farlo per un tweet ù dice. E trovo pericolosa per la nostra democrazia la delegittimazione sistematica di organi in dipendenti, autorità di controllo, regolatori o pareri tecnici”.

Non si è fatta attendere la risposta di Di Maio: “Eviterei allarmismi inutili. Quota 100 si farà”, ha affermato il vicepremier. Salvini, invece, dice: “Boeri è da mesi in campagna elettorale, magari sfiderà Minniti alle primarie”.

Addio a Bernardo Bertolucci

Bernardo e il nostro immaginario

Bertolucci ha accompagnato il mutamento pubblico e intimo del nostro Paese con film memorabili e conosciuti in tutto il mondo

SUNSET BOULEVARD VIA GETTY IMAGES

Come sarebbe stato il mondo senza uno come Bernardo Bertolucci? E’ una domanda che ci si pone ogni volta che se ne va un grande, in questo caso del cinema (ma possiamo dire della cultura in genere, visti i suoi molteplici interessi, conoscenze e la famiglia di intellettuali da cui proveniva), portandosi con sé per sempre un mondo – da lui “creato”, immaginato, rappresentato, idealizzato e a volte persino odiato – più grande di lui. Stamattina è toccato a colui “che aveva le carte in regola per differenziarsi in ogni circostanza dal gregge conformista”, citando Alberto Moravia – conosciuto grazie al padre Attilio, grande poeta – autore del romanzo “Il conformista” che Bertolucci decise di trasformare in film nel 1970.

“Bernardo”, come lo chiamavano in molti nel mondo del cinema alternandolo a “Maestro”, lottava da tempo con la sua malattia, ma a 77 anni, dal basso della sua sedia a rotelle, non ha mai perso la sua dignità, la sua voglia di dire quello che pensava, la sua voglia di vivere. “Roma è malata come me, ma a differenza mia, può ancora farcela a guarire, dovrà solo impegnarsi”, ci disse in uno dei nostri ultimi incontri, ricordando di essere uno dei tanti paladini del suo quartiere romano, Trastevere, perché vari sindaci – da Alemanno alla Raggi senza dimenticare Marino – non intervenendo in nessun modo, gli avevano impedito di scorrazzare liberamente e da solo con la sua sedia elettrica per le via antistanti l’Orto Botanico, piene di buche e di macchine parcheggiate in maniera selvaggia sui marciapiedi. Lui, giustamente, se la prendeva, e ogni volta che ne aveva la possibilità, gridava questo suo malcontento alla stampa o alle tante persone venute ad acclamarlo ogni volta che c’era un suo incontro pubblico. Quando non ne poteva più, si faceva portare nella sua splendida casa in campagna in Umbria, ma poi si intristiva e tornava indietro, perché anche quel posto era troppo pieno di ricordi.

Davanti al ritiro di un premio (gli Oscar, il Leone d’Oro a Venezia undici anni fa, la Palma Onoraria a Cannes nel 2011, la stella sulla Walk of Fame di Hollywood poco dopo), di un’onorificenza (come Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana Medaglia d’oro per i benemeriti della cultura e dell’arte) o a un convegno in cui doveva parlare di cinema se interessato – e lo ripetiamo – se interessato – lui arrivava sempre, a fatica, ma c’era. Si presentava con la sua allure inconfondibile evidenziata dagli indimenticabili cappelli a falda larga, con i suoi modi irruenti ma generosi, con quella sua voce sottile che veniva fuori da quella bocca capace di pronunciare a sua volta qualsiasi cosa: frasi pungenti, risate, sconcezze, parole, parole, ancora denunce e tanto, tanto amore. Per chi? Per le persone che gli erano vicine e per i suoi attori, perché era generoso del suo cinema oltre che di sè stesso. “Era un bambino, un bambino ironico”, ci ha raccontato qualche settimana fa a Palermo Tea Falco (qui l’intervista: https://www.google.it/amp/s/m.huffingtonpost.it/amp/2018/10/25/tea-falco-non-esiste-io-sono-gli-altri_a_23571587/), protagonista del suo ultimo film, “Io e Te”(2012), la bella e brava ragazza catanese da lui scoperta e poi lanciata nel cinema italiano e non solo. “Quando l’ho incontrato per il provino – ci disse – gli consegnai una poesia che avevo scritto per lui, senza sapere che suo padre fosse stato un poeta, ma lo conquistai dopo dodici provini. Era una persona fantastica, questo sì, ma sul lavoro era molto esigente”.

Come sarebbe stato, dunque, il mondo, l’Italia in primis, senza film come “Prima della rivoluzione” (1964), Il conformista” (1970), “Ultimo Tango a Parigi” (1972), “Novecento” (1976), “L’ultimo imperatore” (1987), “Il tè nel deserto” (1990), “Piccolo Buddha” (1993) e tanti altri? Come sarebbe stata e come saremmo oggi senza le sue parole? Probabilmente, tutti i nostri difetti, uniti ai pochi pregi, avrebbero continuato a persistere e ad accompagnare noi e non soltanto noi, ma grazie a lui ne siamo stati tutti un po’ più consapevoli fino ad accettarli e a condannarli a nostra volta. Ci ha ricordato ogni volta che una realtà migliore é possibile, basta volerla e – in alcuni casi – soltanto immaginarla.

Salaria, esplode autocisterna in stazione di servizio vicino a Rieti: 2 morti, uno è vigile del fuoco.

Salaria, esplode autocisterna in stazione di servizio vicino a Rieti: 2 morti, uno è vigile del fuoco. Diciassette feriti, 6 gravi

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CRONACA
L’incidente poco dopo le 14 vicino a Fara in Sabina. Tre persone ricoverate in codice rosso, 14 in giallo, tutte ricoverate con ustioni e traumi da scoppio. L’assessore regionale alla Sanità: “Istituita l’Unità di crisi e attivato il piano per il maxi afflusso dei feriti”. Il pompiere deceduto non era in servizio: si era fermato per aiutare e chiamare i soccorsi

Prima l’incendio di un’autocisterna piena di liquido infiammabile durante le operazioni di scarico del Gpl. Poi l’esplosione, improvvisa, prima che i vigili del fuoco iniziassero ad arginare le fiamme ma quando la prima squadra era già arrivata sul posto, allertata da un collega fuori servizio che passava in zona e si era accorto di quanto stava accadendo. È questa la prima ricostruzione dell’incidente che si è verificato attorno alle 14 di mercoledì 5 dicembre in un distributore di carburante della Ip sulla via Salaria, in prossimità di Borgo Quinzio, nel Reatino. La deflagrazione ha provocato 2 morti e 17 feriti.

Rieti, il video dell’autocisterna esplosa: le fiamme lungo la salaria, l’intervento dei vigili del fuoco

Le vittime erano un vigile del fuoco in servizio nel distaccamento di Poggio Mirteto e un uomo che si trovava nei pressi del distributore. L’esplosione è stata talmente violenta che il mezzo pesante e un pompiere sono stati sbalzati per una decina di metri finendo in una strada adiacente al distributore e colpendo due automobili. Una delle vittime è stata trovata morta all’interno di una di queste vetture, travolta dalle fiamme. Il vigile, Stefano Colasanti, non era in servizio ma si era fermato per dare una mano e chiamare i soccorsi mentre andava a lavoro a Roma. Ad identificarlo il fratello, un poliziotto intervenuto sul posto. La seconda vittima della deflagrazione, invece, si era fermata con la sua auto in una via a pochi metri dalla stazione di servizio perché incuriosita dall’incendio. Appena ieri in occasione dei festeggiamenti di Santa Barbara presso la caserma di Rieti, Colasanti, che era nel corpo da 21 anni, aveva preso parte a un’esercitazione che simulava una deflagrazione di una cisterna Gpl. “Lui faceva il morto durante la simulazione dei soccorsi per l’esplosione di una cisterna di Gpl”, hanno raccontato i colleghi trattenendo le lacrime.

Vigili del Fuoco

@emergenzavvf

16:00, esplosione distributore carburanti , deceduto uno dei e uno dei civili coinvolti. Dolore senza fine

927 utenti ne stanno parlando

Diciassette in tutto le persone rimaste ferite, tra cui due soccorritori del 118 che hanno riportato ustioni al volto. Sei di queste gravi. Secondo quanto riferito dai soccorritori di Ares 118 “le persone ricoverate hanno tutte riportato ustioni e traumi da scoppio (fratture e contusioni). 3 sono state trasportate in codice rosso e 14 in codice giallo”. I feriti, si legge in una nota della Regione, sono stati distribuiti tra gli ospedali Sant’Andrea, Sant’Eugenio, Gemelli, Monterotondo e De Lellis. Alcuni testimoni hanno spiegato di aver udito diverse esplosioni dopo la prima: “Il boato si è sentito a chilometri di distanza – hanno raccontato – Sembrava un terremoto“. La Salaria è stata chiusa e il traffico deviato sulla vecchia statale.

Rieti, autocisterna esplosa sbalzata per decine di metri contro due auto

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Per fronteggiare l’emergenza, la Regione Lazio ha attivato il piano del maxi afflusso feriti. Sul posto sono intervenuti 8 mezzi del 118 tra ambulanze e automediche e 3 elicotteri per il trasporto dei feriti. “È stato anche allertato il Centro grandi ustioni del Sant’Eugenio e i Dea di II livello a Roma”, ha spiegato l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, annunciando di aver “istituito l’Unità di Crisi presso l’Ares 118 di Roma”.

Le fiamme, intanto, sono state domate facendo rientrare l’allarme. Le operazioni di bonifica dell’area andranno avanti per tutta la notte, con il sindaco Davide Basilicata che ha predisposto una zona rossa in attesa dei risultati e delle comunicazioni dei pompieri per un’eventuale, ma improbabile, evacuazione.  “I vigili del fuoco stanno mettendo in sicurezza l’area e la cisterna, raffreddandola”, ha detto il questore di Rieti, Antonio Mannoni. Domani mattina, invece, riprenderanno i rilievi tecnici. Sul posto, oltre ai vigili del fuoco, anche carabinieri, polizia, Croce Rossa e Protezione Civile.  Intanto la procura della Repubblica di Rieti ha aperto un fascicolo d’inchiesta che è stato assegnato al pm Cusano e ai sostituti Maruotti e Francia.

Il cordoglio dei politici – Da Salvini a Zingaretti fino al presidente della Repubblica, in molti hanno espresso la loro vicinanza alle famiglie delle vittime. “Seguiamo con grande apprensione l’evolversi della situazione e siamo costantemente in contatto con le autorità e con i soccorritori che sono intervenuti immediatamente sul posto e che voglio ringraziare per il loro grande coraggio”, ha scritto in una nota il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti. “Da ministro faccio e farò di tutto per tutelare le donne e gli uomini che lavorano per la sicurezza degli italiani, migliorando le condizioni lavorative e aumentando il personale”, ha affermato invece il titolare del Viminale, Matteo Salvini. “Mi dispiace molto di questa tragedia, mi stanno costantemente aggiornando sui soccorsi”, ha commentato il premier Giuseppe Conte. Infine anche il Capo dello Stato è intervenuto. “Alle famiglie delle vittime va il mio sentito cordoglio e ai feriti gli auguri di pronta guarigione”, ha detto Sergio Mattarella che ha inviato anche un messaggio al Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco, il prefetto Bruno Frattasi, esprimendo vicinanza per la scomparsa del vigile Stefano Colasanti.

Vittorio Sgarbi va in pensione senza avere mai lavorato un giorno.

Vittorio Sgarbi va in pensione senza avere mai lavorato un giorno. “È incredibile, ero sempre in aspettativa”

Vittorio Sgarbi va in pensione senza avere mai lavorato un giorno. “È incredibile, ero sempre in aspettativa”

Il critico d’arte, nonché deputato e sindaco di Sutri, ha collezionato 51 anni di contributi da funzionario dei Beni culturali. Ma è in aspettativa dal 1985. “È stata un risparmio per lo Stato. L’hanno avuta tutti, e mi pare giusto perché è una regola democratica”

“L’uomo che è andato in pensione senza lavorare un giorno”. L’uomo in questione è Vittorio Sgarbi, deputato della Repubblicaitaliana e sindaco di Sutri (Viterbo), immortalato così da Panorama che gli dedica una lunga intervista. Il suo è un caso previdenziale sui generis, visto che va in pensione da funzionario dei Beni culturali con 51 anni di contributi, in gran parte solo figurativi. Perché Sgarbi è in aspettativa dal 1985. “Ero sempre in aspettativa gratuita, non mi pagavano”, precisa. Tutto in regola quindi, ma pure lui ammette: “In effetti è incredibile. Primo: non l’ho chiesto, me l’hanno comunicato. Secondo: vado in pensione con la legge Fornero, ovvero le regole più severe per limite anagrafico“.

Facciamo due conti: Sgarbi ha 66 anni, è nato nel 1952. Ha iniziato a lavorare a 20 “come supplente di latino nelle scuole” del Ferrarese. E così arriviamo al 1972: quindi risulterebbe che il nostro parlamentare – che ha lasciato Forza Italia dopo che Berlusconi ha annullato la visita a Sutri – ha lavorato 45 anni. E invece no, arrivano a 50 perché ha riscattato i 4 anni della laurea e uno di perfezionamento. Arriviamo al 1977, quando diventa “prima ispettore poi soprintendente dei Beni culturali”. “Ero poco in ufficio ma lavoravo”, anche se Telese gli ricorda cosa c’era scritto sui suoi certificati medici: “Cimurro e cervicalgia”.

Un assenteismo che gli ha procurato pure una condanna per truffa aggravata e continuata e falso ai danni dello Stato. Tutto descritto ne La Repubblica delle banane, dove si ricorda che Sgarbi “per tre anni ha disertato il suo ufficio alla Soprintendenza di Venezia con scuse puerili, dalle malattie più improbabili a una fantomatica “allergia al matrimonio”, per farsi gli affari suoi: scrivere libri, comparire in tv, frequentare salotti e varie mondanità. Cosí, dal 1996, è un pregiudicato” per i reati sopra citati, “avendo riportato una condanna definitiva a 6 mesi e 10 giorni di reclusione e 700 mila lire di multa”. Assente e condannato, ma tenendosi stretto il suo posto da funzionario pubblico. Rigorosamente in aspettativa.

Panorama Sgarbi spiega che la sua pensione sarà tra i 2500 e i 3500 euro al mese e sottolinea che a casa sua al mese si spendono intorno ai 30mila euro. In che cosa? “Assistenti, dipendenti della Fondazione, 7mila euro solo di affitto“. Per lui la “quota Sgarbi” è più vantaggiosa della “quota 100” della Fornero, ma ci tiene a precisare: “La mia lunghissima aspettativa è stata un risparmio per lo Stato. L’hanno avuta tutti, e mi pare giusto perché è una regola democratica”. E riassume così la sua carriera politico-istituzionale: “È sintetizzabile in maniera semplice: mi cacciano sempre. Da ogni posto: cacciato da sottosegretario dall’allora ministro Giuliano Urbani, cacciato da assessore , dal sindaco Letizia Moratti, da alto commissario a Piazza Armerina, da sindaco di Salemi“.

Caso Irlanda e rischio di “backstop infinito”

Caso Irlanda e rischio di “backstop infinito”, Theresa May nella tormenta a Westminster

La premier, costretta a divulgare il parere legale dopo la mozione di censura votata dai Comuni, ribadisce che si arriverà a un’intesa commerciale con l’Ue

HENRY NICHOLLS / REUTERS

Per Theresa May il percorso della Brexit si fa ancora più impervio. A Westminster i passi falsi si susseguono e la premier fatica a parare i colpi. L’accordo emerge sempre più come una tonalità di grigio che scontenta i difensori del Remain e gli oltranzisti del Leave. E oltre ai laburisti, ora la May è sotto il tiro dei conservatori Brexiters più accaniti e anche degli alleati della destra unionista nordirlandese del Dup. Un colpo durissimo arriva con la pubblicazione del parere legale sull’accordo, che Theresa May è stata costretta a rendere noto dopo la mozione di censura della Camera dei Comuni. Si legge infatti nel documento che si profila per il Regno Unito il concreto rischio di un “backstop infinito”, ovvero la possibilità reale di rimanere legati all’Ue.

Il backstop è quella clausola di salvaguardia introdotta per evitare il ritorno ad un confine fisico tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord, che prevede il mantenimento dell’unione doganale tra Regno Unito e Unione europea, salvo intese.

Il parere del procuratore generale Geoffrey Cox sancisce che Londra sarebbe tenuta a sottostare “indefinitamente” al backstop nel caso in cui entro la fine del 2020 non dovesse essere approvata un’intesa commerciale complessiva tra Londra e Bruxelles. L’Irlanda del Nord, inoltre, resterebbe nell’Unione doganale fino al raggiungimento di un accordo commerciale sostitutivo tra Londra e Bruxelles. Ma se quest’intesa non dovesse arrivare, in sostanza, l’Irlanda del Nord dovrebbe sottostare a un regime doganale diverso rispetto al resto della Gran Bretagna, ed è proprio questo che preoccupa nordirlandesi del Democratic Unionist Party, che con i loro 10 parlamentari hanno finora sostenuto il Governo di minoranza.

Theresa May ribadisce la sua posizione: il backstop, ha assicurato, non sarà mai attivato, perché la Gran Bretagna riuscirà a portare a casa in tempo un accordo commerciale complessivo con l’Unione europea nei 21 mesi di transizione post Brexit. La premier ha spiegato che l’accordo è vincolante e – per volere di Bruxelles – non dà a Londra la possibilità di ripudiare “unilateralmente il backstop”, ma ha aggiunto che il meccanismo in questione è solo una garanzia teorica per l’obiettivo condiviso dalle parti di mantenere un confine senza barriere fra Irlanda e Irlanda del Nord. Obiettivo assicurato per ora dalla permanenza “temporanea” dell’intero Regno Unito nell’unione doganale durante la fase di transizione e che potrà essere garantito in seguito anche attraverso altre “soluzioni alternative”. Per la May “non sarebbe attraente” per la stessa Ue intrappolare la Gran Bretagna con l’eventuale applicazione del backstop.

Ian Blackford, capogruppo degli indipendentisti scozzesi dell’Snp, ha attaccato la premier accusandola di aver “fuorviato il Parlamento, forse inavvertitamente”, sugli effetti giuridici dell’accordo. Parole respinte dallo speaker dei Comuni, John Bercow, intervenuto per escludere qualsiasi inganno deliberato da parte dell’esecutivo.

Per il Labour è intervenuto il ministro ombra per la Brexit, Keir Starmer, secondo cui il testo del parere legale rende “chiaro” il motivo per il quale la premier avrebbe voluto evitarne la pubblicazione integrale. Nel Question Time il leader Jeremy Corbyn ha invece glissato sul tema, attaccando la premier sul numero record di poveri denunciato in un rapporto dell’Onu sul Regno Unito e sull’atteggiamento “ostile” del Governo verso i migranti.

Angela Merkel cede il testimone, Annegret Kramp-Karrenbauer nuova leader della Cdu

Angela Merkel cede il testimone, Annegret Kramp-Karrenbauer nuova leader della Cdu

La cancelliera commossa nel giorno dell’addio, per lei standing ovation di 15 minuti al congresso di Amburgo

BLOOMBERG VIA GETTY IMAGES

Angela Merkel lascia il timone della Cdu ad Annegret Kramp-Karrenbauer. La fedelissima della cancelliera è stata letta alla guida della Cdu al concresso di Amburgo. Una standing ovation di 15 minuti ha salutato Angela Merkel nel giorno dell’addio.

“Per cinquant’anni siamo stati noi cristiano-democratici a presentare il cancelliere in Germania: complessivamente 50 anni di responsabilità di governo – ha detto la cancelliera nel suo intervento – È motivo di umiltà, più che di orgoglio: perché immaginare e gestire la politica vuol dire vedere il mondo anche con gli occhi degli altri sapendo che il mondo non è in bianco e nero, ma molteplice e colorato, perché abbiamo sempre creduto nel compromesso, perché non crediamo in risposte semplici”. Quanto al futuro della Cdu ha detto: “Abbiamo la forza di invertire le tendenze, di vincere le elezioni se combattiamo uniti e decisi”.

Prima di salutare la platea ha affermato: “Mi sono sempre augurata di svolgere il mio compito con dignità e di lasciare con dignità”. “È stata per me una grande gioia, un onore”.