Ferrari, accordo sulla liquidazione di Montezemolo: 27 milioni

Ferrari, accordo sulla liquidazione di Montezemolo: 27 milioni

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Luca Cordero di Montezemolo percepirà circa 27 milioni come buonuscita. Fiat Chrysler ha comunicato che il manager percepirà «l’indennità di fine mandato attribuitagli sin dal 2003 e già descritta nella Relazione sulla Remunerazione pubblicata dalla società, pari a cinque volte la componente fissa della remunerazione annua di 2,7 milioni e quindi in totale di 13.710.000, pagabile nell’arco di vent’anni». A questa si sommano 13,2 milioni a fronte anche dell’impegno di Montezemolo di non svolgere attivita’ in concorrenza con il Gruppo Fiat sino al marzo 2017. «Sarà corrisposta la componente fissa e variabile della remunerazione dovuta sino a tale momento, che corrisponde alla originaria scadenza del mandato in Ferrari, complessivamente pari ad 13,2 milioni da erogare entro il 31 gennaio 2015». Infine Montezemolo conserverà in via temporanea il diritto di acquistare prodotti del Gruppo Fiat con alcune facilitazioni nonche’ di usufruire di taluni servizi attinenti la sicurezza.

Luca Cordero di Montezemolo prende la parola ad inizio della conferenza stampa a Maranello: «Si apre una fase nuova ed è giusto che si apra con un soggetto nuovo. Rassegno le mie dimissioni perchè è finito un ciclo». Il presidente uscente della Ferrari ha rievocato i suoi rapporti con tutto il mondo Ferrari, da Piero Ferrari a Sergio Marchionne – «ci sono state incomprensioni nel weekend».

«Spero che il nuovo ciclo sia diverso e importante – ha detto Montezemolo -. Ferrari è la cosa più importante della mia vita insieme alla mia famiglia. Ferrari significa per me è guardare avanti, andare oltre, innovare, spingere miglirare giorno per giorno. E’ un motivo di orgoglio per me aver lavorato a ungruppo che ora va in Borsa».

«E’ un giorno importante, dopo 23 anni, passati molto in fretta devo dire, oggi rassegno le dimissioni dalla Ferrari’. Cosi’ il presidente del Cavallino, Luca Cordero di Montezemolo, ha esordito nella conferenza stampa d’addio in corso al Museo Ferrari a Maranello. Montezemolo ha aggiunto che Amedeo Felisa manterra’ la carica di amministratore delegato.

«Ogni tanto avete scritto delle cazzate – ha detto Montezemolo ai giornalisti presenti in sala -: qualche volta ve l’ho fatto presente, altre volte no…. Mi mancheranno le vostre cazzate».

Sergio Marchionne ha precisato ai giornalisti: «L’amicizia con Luca non si è incrinata con le incomprensioni degli ultimi tempi. Il percorso era tracciato e avete contribuito voi ad accelerare le decisioni». L’ad ha precisato che era nelle cose «la tempistica era da scegliersi. Sono processi che succedono in tutte le aziende.». E ha anche aggiunto per il futuro: «In un gruppo come Fiat da 300mila dipendenti stiamo preparando piani di successione per tutte le posizioni chiavi di questa azienda».

Marchionne&Montezemolo: una conferenza stampa di “cazzate”

Marchionne&Montezemolo: una conferenza stampa di “cazzate”

10 settembre 2014

Un momento della conferenza stampa congiunta di Marchionne & Montezemolo per l’addio del presidente di Ferrari.

Ei’ in corso a Maranello la conferenza stampa congiunta di Sergio Marchionne & Luca Cordero di Montezemolo sull’addio di quest’ultimo alla Ferrari, per il quale si aprono diverse strade tra cui, in primis, la presidenza di Alitalia.

A parte le parole Ferrari e Fiat ( o meglio, Fca)  la parola “cazzate” è quella che è stata detta più volte durante la conferenza. Il neo presidente Marchionne ha pure sottolineato che una delle poche cose giuste che ha fatto alla guida del gruppo Fiat è stato “quello di aver assicurato l’autonomia della casa del Cavallina Rampante”. Una delle poche cose giuste ben pagate, 47,9 milioni di euro, di cui 40,7 milioni grazie alle azioni del Lingotto ricevute con un superpremio nel 2009,  secondo la classifica sulle società quotate del Sole24Ore.

Alle domande dei giornalisti, Luca e Sergio, così continuavano a chiamarsi i due “contendenti”, hanno “provato” a scherzare, sul “cantiere” aperto in Ferrari, soprattutto per la Gestione Sportiva, e sul futuro di Montezemolo, che vedrà un impegno forte sino al 13 ottobre con la casa di Maranello, con la scuola di suo figlio di 4 anni (per il quale, forse, voleva dire asilo o scuola materna)  e…con una “azienda che si muove ma nei cieli”, per cui “Luca” ha risposto: “è una possibilità, anche se è prematuro”.

iPhone 6 contro la concorrenza, qual è lo smartphone migliore?

iPhone 6 contro la concorrenza, qual è lo smartphone migliore?

Yahoo FinanzaDa Andrea Signorelli | Yahoo Finanza – 16 ore fa

L’era di iPhone 6 è ufficialmente cominciata con la presentazione di ieri a Cupertino, durante la quale sono stati presentati i due nuovi modelli dello smartphone di casa Apple e il nuovissimo iWatch.

Partiamo dal “telefono”, che cosa cambia rispetto all’iPhone 5s? Innanzitutto il fatto che i nuovi modelli sono due: iPhone 6 e iPhone 6 Plus, il primo con uno schermo da 4,7 pollici, il secondo da 5,5. Schermi più grandi, ma anche design più sottile e componenti interni migliorati rispetto alla versione precedente.

La vera domanda, però, non è tanto se questo nuovo iPhone sia migliore dei suoi predecessori, ma come si pone rispetto a una concorrenza (che viaggia principalmente sull’ottimo software Android) che negli ultimi anni si è fatta sempre più agguerrita e che sta rosicchiando fette di mercato ogni mese che passa.

Ecco un riassunto da Business Insider:

Vediamo allora le caratteristiche del nuovo iPhone rispetto ai telefoni rivali di Samsung (Galaxy Note 4 e Galaxy S5), HTC One e Nokia Lumia 830. Il prezzo di riferimento, per il momento, può essere solo quello statunitense, dove con un contratto biennale la spesa di partenza è di 199 dollari per l’iPhone 6 e di 299 dollari per l’iPhone 6 plus (senza contratto bisogna aggiungere circa 400 dollari).

Prezzo nella media della concorrenza per il primo modello, mentre è evidente come la versione Plus miri a un target che non ha problemi a spendere di più. Lo schermo del nuovo telefono base di Apple sarà invece anche più grande, ma rimane comunque il più piccolo tra i principali concorrenti (e questa è una caratteristica che alcuni potrebbero apprezzare), dove si va dai 5 pollici dell’Htc One fino ai 5,7 del Galaxy Note 4, il cui vero competitor, però, è l‘iPhone Plus.

iPhone 6 rimane ancora il telefono più leggero nella sua categoria (129 grammi per la versione base), così come il più sottile (6,9 millimetri), interessante il fatto che anche la versione Plus sia più sottile dei suoi concorrenti (7,1 millimetri).

Tra i punti deboli di iPhone, storicamente, ci sono la durata della batteria e la memoria interna. Entrambi gli aspetti sono stati migliorati, ma per quanto riguarda la batteria l’iPhone base è ancora il più debole della sua fascia (14 ore di telefonate in 3G – come il Nokia Lumia – contro i 20 di media della concorrenza Samsung e HTC), mentre la versione Plus supera tutti arrivando addirittura a 24 ore di telefonate in 3G.

Per quanto riguarda la memoria interna, è stata aumentata quella massima disponibile, che adesso arriva a 128 gigabyte per entrambe le versioni (partendo da un minimo di 16 giga). Il limite, come sempre, è che dovete scegliere prima se spendere di più per avere più memoria, perché la memoria è fissa. Mentre negli altri smartphone è espandibile via microSD fino a 128 giga.

Infine, la telecamera. Migliorata ulteriormente rispetto alle versioni precedenti (camera da 8 megapixel e camera interna da 1.2), ma comunque superata dalla camera a 16 megapixel dei due competitor Samsung (superiori anche per quanto riguarda la camera frontale). Qual è il bilancio? Come sempre, sul tema si registrano posizioni molto diverse, quasi da tifoseria, tra “androidiani” e supporter di Apple.

La verità, probabilmente, sta nel mezzo: in quanto a caratteristiche tecniche non solo l’iPhone non regna più incontrastato, ma sotto alcuni aspetti è stato ormai superato da Samsung e altri. Quello che molti utenti di iPhone sottolineano, però, è come i prodotti Apple rimangano di qualità superiore per il modo ottimale in cui i vari elementi e software vengono sfruttati (come dire che a parità di processore, un iPhone è più veloce, e a parità di megapixel, le foto sono migliori).

La risposta definitiva si avrà solo quando l’iPhone 6 inizierà a essere nelle mani di tutti. Per il momento quello che è certo è che, a differenza del passato, la Apple ha dato vita a una vera e propria gamma di telefoni. Sono trascorsi i tempi in cui ogni iPhone sostituiva sul mercato quello precedente. Oggi Apple continuerà a vendere iPhone 5S e iPhone 5C, aggiungendo a questi gli ultimi due nati. Insomma, ormai Apple ha un iPhone per tutte le tasche e i gusti: volete un telefono di fascia media (il migliore della fascia media)? C’è l’iPhone 5C.

Volete un telefono ottimo ma con uno schermo ridotto? C’è l’iPhone 5S. Se lo preferite con lo schermo grande c’è il 6 e se volete un phablet (incrocio tra smartphone e tablet) c’è anche il 6 Plus. E così, l’offerta si è differenziata ed è andata incontro sia a chi ha bisogno di spendere meno, sia a chi può spendere ancora di più. L’altra novità importante – non in termini assoluti, ma si sa che quando questo genere di cose le prende in mano Apple le cose cambiano – è Apple Pay. Il sistema di pagamenti mobili reso possibili dagli accordi che la casa di Cupertino ha stretto con le maggiori banche del mondo. Difficile capire se funzionerà bene e se cambierà le nostre abitudini nei pagamenti, certo è che se le dimostrazioni che si sono viste finora sono simili alla realtà, il modo in cui facciamo acquisti potrebbe cambiare per davvero. L’altra novità, ovviamente, è l’iWatch. Che dopo mesi e mesi di chiacchiere è stato finalmente mostrato al pubblico. L’oggetto entra di diritto nella categoria dei “wearables”, le tecnologie da indossare e che col passare del tempo diventeranno dei prolungamenti tecnologici del nostro corpo (un po’ come i Google Glass). Un sensore che registra il nostro battito cardiaco, un personal trainer che monitora la nostra attività fisica, un lettore mp3 e un device che, usato assieme all’iPhone, ci consentirà anche di leggere messaggi, email, guardare foto, chiamare, consultare mappe. Col tempo dovrebbero arrivare anche le app dedicate.

Sarà un successo? Difficile a dirsi, soprattutto visti i dubbi che hanno già preso a circolare. In molti hanno notato come sia poco sottile, altri hanno espresso perplessità sull’avere al polso una sorta di iPhone preistorico nello stesso momento in cui si ha in tasca il nuovissimo smartphone Apple. In favore di iWatch giocano però le tre versioni disponibili (base, sportiva, elegante), il fatto che punti molto sul fitness e soprattutto il fatto che, solitamente, i device Apple diventano uno status symbol.

Ntv incontra le Banche. Si attende un nuovo ad

Ntv incontra le Banche. Si attende un nuovo ad

6 settembre 2014

Chiuso, quasi, un capitolo, come quello, pesante, di Alitalia, Intesa Sanpaolo mette mano a un’altra operazione in cui si trova coinvolta sia come creditrice  che come azionista delle medesima società. Stiamo parlando di Ntv, la società che ha aperto alla concorrenza i binari italiani ma che ora naviga in cattive acque.

Perciò il cfo Fabio Tomassini e altri manager di vertice di Ntv, hanno incontrato in questi giorni a Roma, per circa quattro ore, i rappresentanti delle principali banche creditrici: Intesa Sanpaolo, appunto, che vanta crediti per 394 milioni, Mps, a 175,7 milioni, Banco Popolare a quota 95,2 e Bnp-Bnl, a 17,8 milioni. All’incontro non erano presenti i banchieri di Lazard, la banca d’affari  incaricata di predisporre il nuovo piano industriale, in arrivo nel prossimo Cda. Dove si parlerebbe anche di un rafforzamento del management con l’arrivo, anche di un nuovo amministratore delegato.

A margine del workshop Ambrosetti il direttore generale di Intesa Sanpaolo, Gaetano Miccichè, ha detto che la sua banca  “resta in attesa nelle prossime settimane del piano industriale di Ntv che verrà presentato a cda, soci e creditori”. Al momento infatti  “non c’è nient’altro che un accordo di congelamento del debito, il tema principale è mantenere la concorrenza leale tra pubblico e privato”, ovvero con il principale concorrente Trenitalia. Che, per bocca del presidente di Fs Marcello Messori, proprio a Cernobbio, dopo tanta guerra guerreggiata, tende la mano al concorrente “malato”: “Auspico che il concorrente delle Ferrovie dello Stato nell’alta velocità possa trovare un equilibrio gestionale adeguato per poter svolgere al meglio il servizio”.

Un futuro in cui si attende che i soci sborsino altri quattrini per consentire la normale attività che dovrebbe puntare ancor più sulla rotta Torino-Roma-Salerno, mentre sarebbero in forse gli investimenti, circa 15 milioni di euro, sulla dorsale Adriatica, per mantenere una quota di mercato del 23% nei volumi e del 22,7% nei valori. Si parla di 80-100 milioni di euro, da trovare tra i soci Montezemolo, Della Valle, Punzo (al 35%), Intesa (20%), Sncf (20%), Generali (15%) e Alberto Bombassei (5)%.

è questo giova sia agli utenti dei servizi sia alle imprese nel medio termine”.

Onder, Baudo e altre assurdità in Rai

Onder, Baudo e altre assurdità in Rai

di Mariano Sabatini

Il caso Luciano Onder, che riempie i giornali (avevo la notizia in anteprima ma non ho voluto darle credito, perché non pensavo sarebbero arrivati a tanto), ci dà l’idea tangibile di come funzionano le cose in Rai. Da tempo auspicavo che il giornalista specializzato in adenoidi, carcinomi e altri malanni di varia gravità si facesse da parte, per godersi la pensione che percepisce fin dal 2008, nel rispetto di una delibera del cda che prevede la rescissione dei contratti di consulenza agli ex dipendenti. Provvedimento che, in pura teoria, avrebbe potuto e dovuto agevolare la crescita di talenti interni. Niente di più sbagliato.
Ora pare che Onder se ne vada davvero; ma leggiamo che al suo posto sarebbe stato assoldato un collaboratore alla modica cifra di 400mila euro annui. Mentre i solerti impiegati di viale Mazzini sono impegnati a raschiare il fondo del barile, sottraendo pochi euro ai lavoratori autonomi che portano in dono la propria professionalità al servizio pubblico, gli sprechi che hanno portato la Rai alla situazione attuale proseguono indisturbati.
Tanto è vero che per sostituire Giovanni Floris, passato a La7, hanno chiamato un giornalista di carta stampata, un esterno, con un fior di contratto di collaborazione: Massimo Giannini, già vicedirettore di “Repubblica”. Capisco, allora, la malinconia di Riccardo Iacona, valente inchiestista di Presadiretta su Rai3, che denuncia i tagli ai già esigui compensi dei suoi giornalisti assoldati a partita Iva, costretti tra l’altro ad anticiparsi le spese delle trasferte.
Sembra che la tv pubblica, per mano di una dirigenza poco adatta a valutare e trattare le esigenze del mezzo televisivo, abbia un particolare talento per mortificare l’entusiasmo e la professionalità dei collaboratori contrattualmente più deboli – la massa che rappresenta, però, il motore dell’azienda – per esaltare quella dei più forti.
Ho letto una lunga intervista a Pippo Baudo, per anni colonna imprescindibile dell’intrattenimento in Rai, in cui con il candore del quasi ottuagenario che non ha più nulla da perdere né dimostrare sostiene che forse anche lui avrebbe diritto di tornare in onda su una delle tre reti. Come dargli torto, con l’attuale programmazione?
Il rinnovamento dovrebbe passare attraverso un innalzamento dell’offerta, non fondarsi sull’umiliante professionalizzazione dell’incompetenza a cui assistiamo. Così come il risanamento dei bilanci dovrebbe prevedere strategie più sottili dei ciechi tagli lineari. Vaglielo a far capire.

Decreto palchi, ok alle norme di sicurezza per fiere e spettacoli

Decreto palchi, ok alle norme di sicurezza per fiere e spettacoli

Definite le modalità con cui applicare le disposizioni sui cantieri mobili e temporanei previste dal d.lgs 81/2008

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28/08/2014 – Definiti con il Decreto palchi i criteri per l’applicazione delle norme sui cantieri mobili e temporanei agli spettacoli e alle manifestazioni fieristiche.

Il Decreto attua quanto stabilito dal Decreto del Fare, che estende a spettacoli e fiere il Titolo IV del D.lgs 81/2008sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il testo precisa che, per quanto riguarda gli spettacoli, le disposizioni sui cantieri mobili e temporanei si applicano alle attività di montaggio e smontaggio delle opere temporanee e all’allestimento e disallestimento degli impianti. Viene inoltre chiarito per opere temporanee si intendono quelle di notevole importanza e complessità per le geometrie e i sovraccarichi o per le quali è stata richiesta una specifica progettazione strutturale.

Date le particolari esigenze connesse all’allestimento degli spettacoli, nello svolgimento dei lavori bisogna tenere in considerazione la presenza contemporanea di più imprese esecutrici, il numero elevato di lavoratori, anche di nazionalità diversa, la necessità di operare in spazi ristretti e tempi ridotti e i rischi derivanti dalle condizioni meteo.

L’idoneità delle imprese deve essere verificata dal committente o dal responsabile dei lavori. Va inoltre redatto il piano di sicurezza e coordinamento, che deve essere messo a disposizione dei rappresentanti per la sicurezza prima dell’inizio dei lavori. I lavoratori che si occupano delle opere temporanee devono inoltre essere formati sul montaggio e smontaggio dei ponteggi.

Per quanto riguarda le manifestazioni fieristiche, il decreto stabilisce che le norme sui cantieri mobili e temporanei si applicano alle attività di approntamento e smantellamento degli allestimenti.

Anche in questo caso bisogna considerare diversi aspetti tipici delle manifestazioni, come la presenza di più imprese e lavoratori, gli spazi ristretti, i tempi ridotti, le condizioni ambientali, l’eventuale presenza di vincoli architettonici e la presenza di più stand contigui.

Il committente o il responsabile dei lavori deve prendere tutte le informazioni sugli spazi in cui realizzare lo stand e verificare l’idoneità di imprese e lavoratori. Il piano di sicurezza e coordinamento deve essere messo a disposizione dei rappresentanti per la sicurezza prima dell’inizio dei lavori.

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Normativa sull’argomento

GoInSardinia, a Olbia la rabbia dei passeggeri

GoinSardinia, indagine della Capitaneria di Olbia: “L’emergenza durerà per tutto il fine settimana”

“La situazione di emergenza legata a GoinSardinia durerà per tutto il fine settimana”. Lo ha precisato l’ammiraglio Nunzio Martello, della Capitaneria di porto di Olbia, che coordina il tavolo tecnico per le gestione dei disagi legati alle difficoltà della compagnia di navigazione sarda.

In porto, per tutta la giornata di giovedì, ha regnato il caos. Solo nella tarda mattinata, GoinSardinia ha comunicato l’impossibilità di garantire la tratta Livorno-Olbia. Per ore, oltre 1.600 passeggeri hanno cercato di reimbarcarsi su una nave per rientrare nella Penisola, dopo essere stati lasciati a piedi. Sono stati diversi gli episodi critici all’interno della stazione marittima Isola Bianca, con i turisti esasperati alla ricerca di informazioni su come rientrare a casa.

Al momento, la compagnia non ha comunicato, né alle autorità né ai passeggeri, se le tratte di venerdì verranno garantite. E così è corsa ad acquistare il biglietto con altre compagnie, anche se sono pochissimi i posti ancora liberi. La Regione sta seguendo l’evoluzione della situazione di ora in ora, in accordo con l’Autorità marittima di Olbia e la Prefettura di Sassari. L’assessore ai Trasporti Massimo Deiana ha attivato interlocuzioni con gli altri vettori “soprattutto con la compagnia Tirrenia che ha un contratto di servizio per trasporti da e per la Sardegna”, chiedendo di garantire la massima disponibilità di posti per i passeggeri e di praticare la migliore tariffa possibile. “La compagnia di navigazione Tirrenia – dice l’assessore- ha dato la disponibilità per i giorni di venerdì, sabato e domenica, cioè 29, 30 e 31 agosto, di 7 mila postiper i passeggeri e 1.100 posti auto”.

A tutti i passeggeri rimasti a terra, intanto, Confcommercio e Federalberghi Sardegna hanno assicurato unposto letto gratuito in una delle strutture alberghiere della Gallura, tra Olbia, Arzachena, San Teodoro e Budoni. “Adesso gestiamo l’emergenza – ha spiegato il presidente di Confcommercio regionale, Agostino Cicalò – poi, quando terminerà questa fase, occorrerà sederci tutti attorno ad un tavolo per pianificare gli interventi per il prossimo anno a partire dal settore dei trasporti che è essenziale per lo sviluppo della Sardegna e deve diventare più efficiente”.

Libia nel caos: ‘Le aziende italiane hanno crediti per 1 miliardo, rischiano di

Libia nel caos: ‘Le aziende italiane hanno crediti per 1 miliardo, rischiano di perderlo’

Gian Franco Damiano, presidente della Camera di commercio italo-libica, lancia l’allarme: “Le nostre imprese sono creditrici nei confronti di aziende sotto controllo statale libico, ma i governi degli ultimi due anni non hanno fatto nulla per prevenire il disastro”. Gabriele Iacovino, capo analista del Cesi: “Le realtà economiche risentono della mancata stabilizzazione del paese: senza sviluppo, il Paese fallirà”

libia

Un miliardo di euro in fumo: potrebbe essere uno dei costi della crisi libica per l’Italia. Un miliardo di euro di cui le imprese italiane sono creditrici nei confronti di aziende sotto controllo statale libico e che con il caos in corso rischiano di non essere mai saldati. Lo spiega a IlFattoQuotidiano.itGian Franco Damiano, presidente della Camera di commercio italo-libica: “Per la precisione si tratta di circa 350 milioni di euro risalenti ancora agli anni Novanta e di 650 milioni degli anni Duemila. Si sapeva quello che stava per succedere. C’erano state informative dei servizi, già a maggio Marco Minniti aveva lanciato l’allarme, dicendo che c’erano sei mesi di tempo per salvare la Libia, ma non si è fatto nulla per prevenire il disastro. Si è trattato quanto meno di indolenza da parte dei nostri governi degli ultimi due anni. E le imprese italiane ne vanno di mezzo”.

Sono circa 150/200 le aziende nostrane presenti in Libia, con numeri variabili e una presenza fissa di almeno un centinaio, operanti in svariati settori, dalle infrastrutture alle costruzioni, dallatecnologia alle telecomunicazioni, dal food a quella ittica che stava partendo in questi mesi. Nonostante la crescente e invasiva presenza turca e cinese, il made in Italy continua ad essere apprezzato. “Nei primi mesi dell’anno il flusso di traffico dall’Italia verso la Libia era aumentato, ma anche in direzione contraria c’era molto movimento: è un aspetto sottovalutato, questo, ma sono molti i privati che vengono a fare shopping da noi, e che spesso lamentano le pastoie burocratiche e la difficoltà di avere visti. Ora purtroppo è tutto fermo. Quando telefono giù, sento la gente stanca, che ha voglia di ricostruire. Distruggere la propria capitale e le sue infrastrutture è un gioco al massacro che il 95% dei libici non comprende”. Damiano prosegue ritenendo l’impostazione data finora dalla Nato sbagliatissima e ribadisce: “Le imprese in silenzio resistono, alcune continuano a lavorare tra mille difficoltà, ma solo lasciate sole. Le istituzioni non ci sono. Per i big esistono le relazioni intergovernative, ma la piccola e media impresa, quella che paga le tasse, non ha capacità di lobby ed è bistrattata”

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Ma quali sviluppi può avere la situazione? “L’aeroporto di Tripoli, al centro degli scontri in atto, è un importante hub economico – spiega a IlFattoQuotidiano.it Gabriele Iacovino, responsabile degli analisti per il Medio Oriente del Cesi – Centro Studi internazionali – se non funziona ne resta compromesso tutto il paese, dato che su Bengasi ci sono pochissimi voli ed è difficile entrare dal confine tunisino. Mai come ora le autorità di Tripoli sono state in difficoltà. Lo scontro in corso, ovviamente, non è solo per il controllo dell’aeroporto, ma è un conflitto profondo tra islamisti e laici”. Su quali conseguenze ciò possa avere per il nostro paese, Iacovino è chiaro: “La sicurezza energeticaitaliana non è particolarmente a rischio, per ora. I danni sono circoscritti, perché negli ultimi anni i rifornimenti di petrolio e gas dalla Libia sono stati ridotti e non c’è stata una ripresa netta dell’industria estrattiva rispetto al pre Gheddafi. In una nuova escalation di violenza potrebbero esserci ripercussioni, ma comunque circoscritte”.

“Allargando il discorso alla stabilizzazione della Libia – prosegue – dovremmo fare lo sforzo di guardare alla Libia non solo come bacino energetico, ma come un partner economico e finanziario a 360 gradi, le realtà attive sono numerosissime, il problema è che dal punto di vista politico manca la forza di supportare la stabilizzazione del paese. Potrebbe essere una partnership ben oltre il rapporto energetico, un volano per lo sviluppo reciproco, non solo per noi ma soprattutto per loro: senza sviluppo economico e politico, la Libia è destinata ad essere un nuovo Stato fallito“. Che tipo di intervento servirebbe? “Se ci fosse un coraggio maggiore da parte della nostra politica estera nel prendere la leadership nel processo di ricostruzione politica, si otterrebbero indubbi vantaggi per la popolazione libica, ma si creerebbero anche i presupposti per relazioni istituzionali ed economiche: due bacini economico-finanziari a incastro, con interessi reciproci”.

Però l’Europa è già intervenuta in passato. “I paesi che portarono alla caduta del regime e poi si tirarono indietro, soprattutto la Francia di François Sarkozy, ma anche gli Usa dietro le quinte, inevitabilmente lasciano l’Italia e l’Europa in prima linea nella gestione dell’agenda libica, col rischio che senza un intervento rapido, possiamo ritrovarci un paese fallito. Le conseguenze sarebbero molto difficili da gestire dal punto di vista economico, ma anche di sicurezza: la Libia sta diventando sempre più un paese non governato, in balia di traffici illegali (dalla droga al traffico di esseri umani), paradiso di terroristi nordafricani e criminali. Ed è proprio questo il problema principale”.

Forlì, pescivendolo dichiara 900 euro al mese. Ma ha una Ferrari e un suv

Forlì, pescivendolo dichiara 900 euro al mese. Ma ha una Ferrari e un suv

La Guardia di Finanza contesta a un commerciante un’evasione da 210mila euro tra Iva e imposte. Alle fiamme gialle ha detto: “La fuoriserie? Non la uso perché costa troppo”

Ferrari 360 Modena

Più informazioni su: .

La compagnia di Forlì della Guardia di Finanza ha chiuso una verifica fiscale nei confronti di un commerciante di prodotti ittici contestandogli di aver evaso 210mila euro tra Iva e imposte. L’uomo dichiarava redditi annui per circa 10mila euro, cioè meno di 900 euro al mese, ma era intestatario di una Ferrari 360 Modena del valore di 90mila euro e di un Suv Mercedes ML320. Coi finanzieri ha sostenuto di utilizzare molto raramente la vettura, per gli elevati costi di gestione. L’imprenditore, tra le altre cose, era da tempo sotto il controllo dei finanzieri, visto che più di una volta aveva“dimenticato” di fare lo scontrino dopo aver venduto della merce, incappando nella relativa sanzione.

Durante la verifica i militari hanno ricostruito le attività del magazzino merci e l’applicazione della percentuale di ricarico (ricavata dai prezzi di acquisto e di vendita dei prodotti), oltre ad una serie di controlli incrociati nei confronti di fornitori e clienti del commerciante. Intersecando i dati quindi la Finanza è riuscita a contestare al commerciante per il 2011, 2012 e 2013 una evasione di 198mila euro di imposte dirette e 12mila di Iva. Non riconosciuti inoltre 2mila euro di costi che l’imprenditore aveva indebitamente portato in dichiarazione. Quando sono entrati nel garage dove erano custodite le vetture, il commerciante ha appunto spiegato che la Ferrari la utilizzava “molto raramente” causa gli elevati costi di gestione. Pochi giorni prima della chiusura della verifica l’imprenditore, spiega la Gdf, ha deciso di vendere la fuoriserie.

Pil, la Germania frena: -0,2%. E la Francia si ferma. Bce: “Riforme”

Pil, la Germania frena: -0,2%. E la Francia si ferma. Bce: “Riforme”

L’economia francese ferma per il secondo trimestre consecutivo, quella tedesca arretra per la prima volta dal 2012. Appello di Parigi all’Ue: “Ora più flessibilità”

Roma, 14 agosto 2014 – Non solo per l’Italia, va male anche per Francia e Germania. I dati del Pil nel secondo trimestre 2014 in Francia, diffusi questa mattina dall’istituto di statistica francese Insee, segnano che l’economia francese è ferma per il secondo trimestre consecutivo, a fronte di un atteso +0,1%. Il dato invariato rispetto al trimestre precedente segue la crescita zero già registrata nel primo trimestre dell’anno rispetto all’ultimo trimestre del 2013.

GERMANIA – I dati sono ancora più funesti per la Germania, dove il Pil scende dello 0,2% nel secondo trimestre 2014 rispetto al trimestre precedente. Il dato è peggiore delle attese che indicavano una possibile flessione del -0,1%. La crescita del primo trimestre rispetto all’ultimo del 2013 è stata rivista dal +0,8 al +0,7%. Con il dato di oggi l’economia tedesca arretra per la prima volta dal 2012.

APPELLO ALL’UE – Sulla scia dei dati che mostrano un’economia stagnante, il ministro delle Finanze francese, Michel Sapin, taglia le previsioni di crescita di fine anno, portandole “intorno allo 0,50%” dall’iniziale +1%, e sollecita risposte dall’Europa, dal rafforzamento dell’azione della Bce ad un adattamento delle regole di budget alla situazione economica, quindi maggiore flessibilità rispetto ai vincoli che gravano sui conti pubblici. “La crescita è caduta in Europa e in Francia”, scrive Sapin a Le Monde. “Con una crescita zero nel secondo trimestre – aggiunge il ministro – che estende la stagnazione dei primi tre mesi, il paese rallenta e non raggiungeremo l’obiettivo dell’1% previsto tre mesi fa”. “Quest’anno la crescita della Francia – dice ancora – sarà intorno allo 0,50% e niente ci autorizza a prevedere, al momento, una crescita di molto superiore all’1% nel 2015”. Sapin inoltre rialza al 4% le previsioni del deficit di quest’anno. In precedenza Parigi aveva stimato un deficit al 3,8% e si era impegnata ad abbassarlo al 3%.

Il governo francese chiede quindi che l’Europa agisca “con fermezza e chiarezza adattando le sue decisioni alle circostanze profondamente particolari ed eccezionali”. E in particolare chiede di “adattare il ritmo di riduzione del disavanzo pubblico all’attuale situazione economica”. Alla Bce, che comunque “ha preso buone decisioni”, la Francia chiede oggi un intervento più deciso per far fronte al rischio deflazione e per riportare il cambio dell’euro a “un livello più favorevole”, Sul fronte interno, il ministro delle Finanze francese indica che il Governo andrà avanti con le riforme, che taglierà ancora la spesa pubblica per 50 miliardi, e che non ricorrerà a un aumento delle tasse per riequilibrare i conti pubblici.

EUROZONA – Secondo quanto rivelano le stime di Eurostat, l’economia dell’Eurozona a 18 paesi resta ferma nel secondo trimestre rispetto ai precedenti tre mesi e sale dello 0,76% su base annua. Le previsioni degli analisti erano di una crescita trimestrale dello 0,1%. Nell’Unione europea a 28 paesi il Pil cresce dello 0,2% trimestrale e dell’1,2% annuale. Cala ancora a il tasso d’inflazione annuale nell’Ue-18: 0,4% a luglio, contro lo 0,5% di giugno. Si tratta del tasso più basso dall’ottobre 2009. A luglio 2013 era a 1,6%. Il tasso di inflazione mensile a luglio è stato di -0,7%, il tasso annuale era a 0,6%, contro lo 0,7% di giugno. L’anno precedente era a 1,7%, mentre il tasso di inflazione mensile è stato del -0,5% a luglio. Italia invariata. “Ci troviamo davanti ad un quadro misto e come abbiamo sempre sottolineato che la natura della ripresa è fragile. I dati devono essere considerati in un quadro economico di medio termine ed è importante attuare le riforme”, sottolinea l’Ue. “L’attuale aggiustamento nell’Eurozona è una storia di profondo cambiamento strutturale. Ci sono fondamenta sane perché la ripresa vada avanti. Sviluppi di situazioni all’estero possono accrescere l’incertezza, ma le nostra fondamenta restano intatte”, aggiunge un portavoce della Commissione sui risultati del Pil dell’Eurozona.

LA RICETTA BCE – La ricetta della Bce per l’Eurozona è quella di dare più slancio alle riforme strutturali per promuovere gli investimenti privati e creare posti di lavoro, procedendo però in linea con il Patto di Stabilità e di crescita e senza vanificare i progressi conseguiti nei conti pubblici. “Per quanto riguarda le finanze pubbliche – si legge nell’ultimo bollettino dell’Eurotower – in anni recenti un complessivo risanamento ha contribuito alla riduzione degli squilibri di bilancio. Importanti riforme strutturali hanno potenziato la competitività e la capacità di aggiustamento dei mercati nazionali del lavoro e dei beni e servizi. E’ ora necessario che questi sforzi acquisiscano slancio per incrementare il potenziale di crescita dell’area dell’euro. Le riforme strutturali dovrebbero mirare innanzitutto a promuovere gli investimenti privati e la creazione di posti di lavoro”.

“Al fine di ripristinare finanze pubbliche sane – prosegue il bollettino della Bce – i paesi dell’area dell’euro dovrebbero procedere in linea con il Patto di stabilità e crescita senza vanificare i progressi conseguiti nel riequilibrio dei conti pubblici. Il risanamento di bilancio va impostato in modo da favorire l’espansione economica. La piena e coerente applicazione dell’attuale quadro di sorveglianza macroeconomica e dei conti pubblici dell’area dell’euro è indispensabile per ridurre gli elevati rapporti debito/PIL, aumentare la crescita potenziale e rafforzare la capacità di tenuta dell’area agli choc”.

E Renzi in tour al Sud ha commentato: “Ho visto in questi giorni scenari inquietanti sull’Italia per aver fatto -0,2% di Pil. Stamattina vedo che anche la Germania fa -0,2. Io farei a cambio volentieri in termini di dimensioni economiche, ma non è la percentuale dello ‘zero virgola’ che fa la differenza, ma è il clima di rassegnazione nell’opinione pubblica, di chi pensa, a cominciare dalle classe dirigenti, che tanto non cambierà mai”.