Che disastro se le generazioni si ignorano

Che disastro se le generazioni si ignorano

di Marco Lodoli

Dopo decenni di piazze virtuali, talk show debordanti, dibattiti infiniti nei salottini televisivi, forse è il caso di ritornare a parlare e ad ascoltare veramente. Uno dei problemi più vistosi del nostro paese sta proprio nell’incomunicabilità tra generazioni diverse.
Era bello e giusto ascoltare da bambini i racconti dei più vecchi e poi, giunti all’adolescenza, litigare con i padri su questioni decisive, su quella che una volta si chiamava visione della vita. C’era un confronto acceso, spesso uno scontro: i figli portavano una nuova concezione del mondo, la difendevano a oltranza, cercando gli argomenti più forti, e i padri ribadivano le loro idee, e così circolava una bella elettricità che inevitabilmente accendeva luci impreviste. Stridevano tra loro, le generazioni, si opponevano su trincee invisibili, provavano in ogni modo a far valere le proprie ragioni.
Del resto è sempre stato così: chi arriva dopo manifesta tutta la sua insoddisfazione per lo stato delle cose, e una cena in famiglia diventava una tenzone dialettica, uno scambio intenso di parole e sentimenti. Se non avessi discusso a lungo con mio padre, sempre su temi generali, assoluti direi, forse non sarei riuscito a chiarirmi i pensieri. Oggi mi sembra che questa fisiologica dialettica tra le età sia svanita, oggi le generazioni vivono dentro le loro riserve indiane, ignorandosi totalmente. Non si litiga più, si è indifferenti.
Ogni gruppo ha i suoi riti, i suoi miti, i suoi abiti da indossare, le sue abitudini e i suoi prodotti da consumare, i ventenni se ne sbattono dei cinquantenni, i cinquantenni non provano nemmeno a capire i ventenni e il silenzio dilaga. Ogni generazione è autosufficiente, procede velocemente facendo clan e dimenticando gli altri. I più vecchi parlano tra loro ricordando gli anni Settanta, De André, il mondiale di Paolo Rossi, i più giovani ascoltano i rapper e navigano sui loro siti Internet. I valichi si sono chiusi, nonni, padri, figli, nipoti si chiudono nelle loro stanze senza più uscire allo scoperto, senza più fare piazza.
Ogni comunità ha bisogno di conservare una memoria del passato e di aprirsi fiduciosa al futuro, di mescolare il mazzo di carte e distribuirle continuamente, ma ormai il fastidio prevale sulla curiosità, il mutismo sulla parola da dare e ricevere. Il tramonto e l’alba dovrebbero intrecciare le loro luci, perché il giorno sia vivo e sempre inclinato verso il giorno seguente. Se non ricominciamo a confrontarci con passione, tutto inaridirà nella logica della separazione distratta.
Non dobbiamo rimanere con i soliti quattro amici a rimbalzarci le solite opinioni, a scambiarci i soliti giochetti, le stesse preoccupazioni: dobbiamo immaginarci come una comunità viva, in cui il prima e il poi, come vene e arterie, fanno girare il sangue dell’esistenza. Ignorarsi significa solo impaludarsi nella melma delle sicurezze immobili.

Che disastro se le generazioni si ignoranoultima modifica: 2014-08-26T22:34:34+02:00da ugo565
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