Appalti G8, la Gdf confisca beni per 13 milioni a Balducci

Appalti G8, la Gdf confisca beni per 13 milioni a Balducci

Beni per un valore di 13 milioni,dell’ex Provveditore alle Opere Pubbliche di Roma e presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici Angelo Balducci, e di componenti della sua famiglia, sono stati confiscati dalla GdF di Roma. Balducci,con altri funzionari pubblici e imprenditori, è stato al centro di indagini delle Procure di Roma, Firenze e Perugia sulla cosiddetta “cricca degli appalti”. La confisca riguarda beni immobili,tra cui un casale a Montepulciano,quote societarie e conti bancari.
Cricca degli appalti era esteso fenomeno di malaffare – Secondo gli investigatori la cosiddetta ‘cricca degli appalti’ era ”un esteso e organizzato fenomeno di malaffare – si legge in una nota della GdF- definito da alcuni dei soggetti intercettati come “sistema gelatinoso” che, dal 1999, a fronte dell’uso sistematico della corruzione e di articolati illeciti tributari diretti a camuffare l’erogazione di tangenti, ha consentito la metodica assegnazione ad un numero chiuso di imprese favorite, in primis quelle di Diego Anemone, di rilevantissimi appalti pubblici, tra cui anche quelli relativi ai cosiddetti “Grandi Eventi” (Mondiali di Nuoto 2009, Vertice G8 all’Isola de La Maddalena, Celebrazioni del 150mo Anniversario dell’Unità d’Italia)”. Da questo ramificato ‘sistema corruttivo’ Balducci secondo gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle di Roma, avrebbe tratto notevoli benefici accumulando un ingente patrimonio personale che, già sottoposto alla misura di prevenzione patrimoniale del sequestro nel giugno dello scorso anno, viene oggi definitivamente confiscato.
Quattro mesi fa il sequesto del Salaria Village – La confisca dei beni di Angelo Balducci avviene a quattro mesi di distanza dal maxi-sequestro del centro sportivo “Salaria sport Village” a Roma, centro sportivo del valore di circa 200 milioni di euro, operato dalla Guardia di Finanza di Roma nei confronti dell’imprenditore Diego Anemone. ”Tale struttura rappresenta – come rivelato dalle articolate investigazioni economico-finanziarie delle Fiamme Gialle – il frutto del reinvestimento di ingenti proventi giunti nelle casse delle imprese di Anemone a seguito dell’aggiudicazione pilotata degli appalti pubblici gestiti da Angelo Balducci ed attualmente è diretta da un’Amministrazione Giudiziaria che ne garantisce la continuità aziendale”. Il tribunale di Roma ha inoltre applicato a Balducci la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per tre anni, con obbligo di soggiorno nel Comune di Roma per lo stesso periodo, ”così riconoscendone la pericolosità sociale -sottolinea la GdF in una nota – quale soggetto dedito a traffici delittuosi e che vive abitualmente con i proventi di attività illecite”.

I Comuni sono pronti, scatta la Tasi. Da ottobre s’inizia a pagare

I Comuni sono pronti, scatta la Tasi. Da ottobre s’inizia a pagare

Deliberata la gran parte delle aliquote. Ecco come e quanto si versa

di MATTEO PALO

Roma, 19 settembre 2014 – Il mosaico della Tasi è, ormai, a un passo dal completamento. A mezzanotte di ieri, infatti, il ministero del Tesoro ha decretato lo stop alla pubblicazione, da parte dei sindaci, delle delibere che contengono le aliquote della nuova tassa sui servizi indivisibili, come l’illuminazione pubblica e la manutenzione delle strade. Gli enti locali hanno dovuto rispettare due termini: l’invio entro lo scorso 10 settembre e la pubblicazione ieri. Hanno risposto alla chiamata 5.220 amministrazioni, secondo i dati provvisori, che si sommano a quelle arrivate al traguardo già a maggio: in totale siamo a oltre 7mila. Tra queste, adesso, compaiono tutte le più importanti città italiane. A questo punto, ne mancano all’appello circa 650.

Partiamo dal funzionamento concreto dalla tassa. Il nuovo tributo ha un’aliquota che varia da un minimo dell’un per mille fino a un massimo del 3,3 per mille. Il limite, però, può essere raggiunto soltanto a condizione che una quota pari allo 0,8 per mille venga collegata alle detrazioni a favore delle categorie meno abbienti. Il modo in cui si sono comportate le amministrazioni viene sintetizzato da Guido Castelli, sindaco di Ascoli e responsabile finanza locale per l’Anci: «Secondo le nostre prime verifiche, i Comuni italiani si stanno orientando sul 2,5-2,6 per mille, che poi sono le aliquote che consentono di ripristinare le entrate venute meno con la cancellazione dell’Imu». Per le seconde case e per gli immobili di lusso, la Tasi si sommerà alla vecchia imposta municipale sugli immobili. E proprio questo fa temere che, alla fine, gli italiani verseranno molto più che con la vecchia Imu: secondo il servizio politiche territoriali della Uil, una famiglia su due pagherà più di due anni fa.

Il quadro delle delibere è piuttosto complesso. Il primo termine per fissare la propria aliquota era stabilito al 23 maggio scorso: allora si erano mossi 2.178 Comuni, fissando la data per l’acconto al 16 giugno. In questo secondo round se ne sono aggiunti all’elenco altri 5.220. Tra questi ci sono quasi tutti i capoluoghi di provincia, con la sola eccezione di Crotone: tra i più importanti vanno citati Roma, Bari, Catania, Verona, Padova, Palermo, Siena, Perugia, Trieste, Pescara, L’Aquila, Campobasso, Reggio Calabria, Firenze e Milano. In queste città il prossimo 16 ottobre i cittadini dovranno versare un acconto pari al 50% della Tasi complessiva per il 2014. Saranno chiamati al prelievo non solo i proprietari, ma anche gli inquilini, che pagheranno una quota variabile tra il 10 e il 30%, a seconda dei casi. Restano fuori, a questo punto, circa 650 amministrazioni. In queste città la tassa andrà pagata d’ufficio con l’aliquota base dell’uno per mille entro il prossimo 16 dicembre.

Onder, Baudo e altre assurdità in Rai

Onder, Baudo e altre assurdità in Rai

di Mariano Sabatini

Il caso Luciano Onder, che riempie i giornali (avevo la notizia in anteprima ma non ho voluto darle credito, perché non pensavo sarebbero arrivati a tanto), ci dà l’idea tangibile di come funzionano le cose in Rai. Da tempo auspicavo che il giornalista specializzato in adenoidi, carcinomi e altri malanni di varia gravità si facesse da parte, per godersi la pensione che percepisce fin dal 2008, nel rispetto di una delibera del cda che prevede la rescissione dei contratti di consulenza agli ex dipendenti. Provvedimento che, in pura teoria, avrebbe potuto e dovuto agevolare la crescita di talenti interni. Niente di più sbagliato.
Ora pare che Onder se ne vada davvero; ma leggiamo che al suo posto sarebbe stato assoldato un collaboratore alla modica cifra di 400mila euro annui. Mentre i solerti impiegati di viale Mazzini sono impegnati a raschiare il fondo del barile, sottraendo pochi euro ai lavoratori autonomi che portano in dono la propria professionalità al servizio pubblico, gli sprechi che hanno portato la Rai alla situazione attuale proseguono indisturbati.
Tanto è vero che per sostituire Giovanni Floris, passato a La7, hanno chiamato un giornalista di carta stampata, un esterno, con un fior di contratto di collaborazione: Massimo Giannini, già vicedirettore di “Repubblica”. Capisco, allora, la malinconia di Riccardo Iacona, valente inchiestista di Presadiretta su Rai3, che denuncia i tagli ai già esigui compensi dei suoi giornalisti assoldati a partita Iva, costretti tra l’altro ad anticiparsi le spese delle trasferte.
Sembra che la tv pubblica, per mano di una dirigenza poco adatta a valutare e trattare le esigenze del mezzo televisivo, abbia un particolare talento per mortificare l’entusiasmo e la professionalità dei collaboratori contrattualmente più deboli – la massa che rappresenta, però, il motore dell’azienda – per esaltare quella dei più forti.
Ho letto una lunga intervista a Pippo Baudo, per anni colonna imprescindibile dell’intrattenimento in Rai, in cui con il candore del quasi ottuagenario che non ha più nulla da perdere né dimostrare sostiene che forse anche lui avrebbe diritto di tornare in onda su una delle tre reti. Come dargli torto, con l’attuale programmazione?
Il rinnovamento dovrebbe passare attraverso un innalzamento dell’offerta, non fondarsi sull’umiliante professionalizzazione dell’incompetenza a cui assistiamo. Così come il risanamento dei bilanci dovrebbe prevedere strategie più sottili dei ciechi tagli lineari. Vaglielo a far capire.

Istat, Italia in deflazione (-0,1%)

Istat: consumi sempre più giù, l’Italia è in deflazione per la prima volta dal 1959

Italia è in deflazione. Ad agosto l’indice dei prezzi al consumo misurato dall’Istat nelle prime stime ha segnato un calo dello 0,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno (era +0,1% a luglio). L’Italia entra in deflazione per la prima volta da oltre 50 anni, cioè dal settembre del 1959, quando però l’economia era in forte crescita. Lo precisa l’Istat, ricordando che allora la variazione dei prezzi risultò negativa dell’1,1%, in una fase di 7 mesi di tassi negativi.
Il calo più marcato mai registrato dal nuovo indicatore – Il tasso di variazione annuale dei prezzi è in discesa da quattro mesi consecutivi e passa per la prima volta in negativo. Su base mensile i prezzi sono aumentati dello 0,2%, grazie soprattutto al contributo dei servizi relativi ai trasporti (+3,8%). L’indice europeo Ipca, rileva ancora l’Istat nei calcoli provvisori, scende dello 0,2% sia in termini congiunturali che tendenziali. Nel confronto annuo si tratta del calo più marcato mai registrato dal nuovo indicatore in cui, dal 2002, si tiene conto anche delle riduzioni temporanee di prezzo, ovvero degli sconti e dei saldi. L’inflazione acquisita per il 2014, ovvero il tasso che si avrebbe in media d’anno se il dato rimasse lo stesso fino a dicembre, sale allo 0,4% dallo 0,3% di luglio.
Giù anche gli alimentari – Ad agosto risulta ancora in deflazione anche il cosiddetto carrello della spesa, ovvero l’insieme dei beni che comprende l’alimentare, i beni per la cura della casa e della persona. Il ribasso annuo è infatti pari allo 0,2%, anche se in recupero rispetto al -0,6% di luglio.
Tre settori su dodici in deflazione,anche alimentare – Ad agosto risultano in deflazione tre settori su dodici, tra i comparti monitorati. I prezzi infatti scendono, su base annua, per alimentare (-0,5%), comunicazioni (-9,1%) e abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-1,1%). L’istituto di statistica sottolinea che tra i tre il capitolo comunicazioni presenta tassi negativi già da lungo tempo.

BILDERBERG 2014, SEGRETEZZA E MECCANISMO DI DOMINIO DEL CAPITALE

BILDERBERG 2014, SEGRETEZZA E MECCANISMO DI DOMINIO DEL CAPITALE

 

di Domenico Moro

 

da Greenreport 29 giugno 2014

 

Quest’anno il consueto incontro del Gruppo Bilderberg si è tenuto a Copenaghen tra il 29 maggio e il 1° giugno. In Italia rispetto all’anno scorso, almeno tra i mass media, è stata data meno attenzione all’evento, forse perché, a differenza di Monti e di Letta, Renzi non è mai stato ospite né dirigente del Bilderberg. È un peccato, perché l’influenza del Bilderberg sui governi europei va ben al di là della partecipazione diretta di loro esponenti e anche quest’anno il Bilderberg si rivela essere un consesso all’altezza della sua fama, riunendo una fetta importante dell’“élite del potere”, come direbbe Wright Mills. Una élite che, però, è internazionale e non solamente statunitense come quella studiata dal sociologo USA negli anni ’50. Quest’anno si riscontra una più massiccia presenza di scandinavi e la rappresentanza italiana è un po’ più piccola, ma sempre di altissimo livello: Mario Monti, Franco Bernabé, John Elkan e Monica Maggioni.

Il Bilderberg è l’organizzazione più famosa del capitale occidentale e transatlantico. Essendo il corrispettivo della NATO sul piano economico e politico, il Bilderberg riunisce alcune tra le più importanti personalità di USA, Canada, Europa occidentale e Turchia.

Del resto, nasce nel 1954 per contrastare la diffusione del comunismo dopo la fine della seconda guerra mondiale e per rafforzare l’integrazione economica e politica tra Europa occidentale e USA, su cui doveva fondarsi la ricostruzione del mercato mondiale capitalistico. Col tempo e nonostante il dissolvimento dell’URSS il suo ruolo di luogo di incontro delle élite occidentali si è rafforzato (come ha fatto la NATO), a causa dei processi di integrazione e mondializzazione del capitalismo, sempre però nell’ottica di mantenere l’egemonia dell’asse atlantico, basato sull’alleanza USA-Europa occidentale.

Anche quest’anno, come sempre, i contenuti delle discussioni sono stati secretati, per permettere agli intervenuti di esprimersi senza remore, almeno a detta del sito ufficiale del Bilderberg. Quello che sappiamo è che sono stati discussi temi centrali per la vita di milioni di persone: la sostenibilità della ripresa economica, il futuro della democrazia e la decadenza del ceto medio, i prossimi passi che l’Europa deve intraprendere, la nuova architettura del Medio Oriente, l’Ucraina, la possibilità di rispettare la privacy, la condivisione delle informazioni dell’intelligence, chi pagherà per l’incremento demografico, ecc. Ad essere grave non è solo la segretezza della discussione, ma che al rispetto di tale segretezza siano tenuti politici di vertice, capi di partito e membri dei parlamenti, ministri dei governi, dirigenti delle banche centrali e della BCE e membri della Commissione Europea. Lascia quantomeno interdetti che uomini con responsabilità pubbliche enormi incontrino uomini a capo di imperi finanziari e industriali privati, senza che chi li ha eletti possa essere informato né delle conclusioni e né degli indirizzi che risultano dalle loro discussioni su temi di grande centralità.

Si tratta di una preoccupazione tutt’altro che oziosa, perché gli indirizzi emersi nel corso delle discussioni del Bilderberg spesso hanno trovato attuazione nella pratica, come dimostrano i rapporti di alcuni incontri del passato che sono stati decrittati da Wikileaks e di cui ho pubblicato ampie sintesi in italiano nella seconda edizione del mio “Il Gruppo Bilderberg. L’élite del potere mondiale”. Ad esempio, nella conferenza di Buxton nel 1958 si affermava:

“Uno dei maggiori problemi con i quali la Comunità Economica Europea si confronta è quello del coordinamento delle politiche monetarie. Come uno dei partecipanti ha puntualizzato, l’integrazione dei Sei richiede il coordinamento in tutti i campi delle politiche economiche. (…) Qui sta, ad ogni modo, la più grande debolezza del Trattato. La politica monetaria è strettamente legata ai bilanci nazionali e la disciplina di bilancio è notoriamente difficile da raggiungere. I ministri delle finanze sono di solito più ragionevoli e potrebbero occasionalmente accettare pressioni esterne ma è molto più difficile convincere i parlamenti nazionali. Lo speaker dubita che a lungo termine il problema potrebbe essere risolto con successo senza un appropriato meccanismo istituzionale. Questo punto è trattato da un altro partecipante che guarda ad una valuta comune come ad una soluzione definitiva”.

Oltre al riferimento alla possibilità di esercitare “pressioni esterne” sui ministri delle finanze e a termini ora divenuti di uso comune come “disciplina di bilancio” e “coordinamento delle politiche di bilancio”, impressiona il fatto che già nel 1958 si delineava quella strategia di integrazione economica e valutaria che ha trovato piena attuazione nell’Europa attuale. Infatti la definizione di nuovi meccanismi istituzionali, legati alla UE e all’euro, è oggi evidente strumento per piegare i parlamenti nazionali alla disciplina di bilancio e a quanto ne consegue, cioè alla riduzione della spesa sociale, alle privatizzazioni, ecc. Un altro esempio si riscontra a Bad Aachen nel 1980, dove è anticipato il principio di autonomia della Banca centrale, che troverà applicazione appena un anno dopo nel divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, voluto dal governatore Ciampi e dal ministro Andreatta (presente all’incontro di Princeton nel 1978), e soprattutto nello statuto della BCE (i cui due ultimi presidenti, Trichet e Draghi, spesso hanno partecipato al Bilderberg), per definizione indipendente da qualsiasi controllo democratico: “Il maggior onere di una politica economica diretta verso la stabilità ricadrà sulla politica monetaria, che richiederà un più alto grado di autonomia per le banche centrali in altri Paesi europei”.

Ma le tematiche che risultano dai rapporti di Wikileaks non riguardano soltanto le linee di politica economica. Attraverso i rapporti del Bilderberg è possibile ripercorrere i punti salienti della storia dei rapporti tra le potenze europee e tra queste e gli USA, specie riguardo all’unità europea e all’approccio dell’imperialismo occidentale nei confronti dei Paesi del terzo mondo (in particolare quelli ricchi di materie prime energetiche). Infatti, nei rapporti si evidenzia molto chiaramente l’interesse USA a favorire l’unità europea in modo da avere il sostegno di un unico e affidabile interlocutore. A Saltsjöbaden nel 1962 e più ancora nel 1963 a Cannes, gli USA insistono affinché nel processo di unificazione europea sia compresa la Gran Bretagna, con cui hanno sempre avuto una “relazione speciale”, e siano mandati a vuoto i tentativi del presidente francese De Gaulle di realizzare una Europa “terza forza” tra USA e URSS, anche sul piano delle armi nucleari. Queste testimonianze di una serrata dialettica interna dimostrano insieme l’esistenza di rivalità tra le potenze imperialistiche occidentali e la natura del Bilderberg come camera di compensazione di tali contraddizioni.

La segretezza tipica del Bilderberg è tesa a nascondere che l’origine delle linee politiche strategiche nasce al di fuori degli organismi eletti, ufficialmente e formalmente deputati a prendere decisioni pubbliche, ma non impedisce che i concetti discussi all’interno del Bilderberg trovino diffusione fra la cosiddetta opinione pubblica. Infatti, la presenza di giornalisti opinion maker e di proprietari di grandi gruppi del settore dei mass media serve allo scopo di preparare il terreno fra l’opinione pubblica all’accettazione di certe linee strategiche. Non a caso quello dei mass media è uno dei settori di attività più rappresentati nel Bilderberg. Su 136 partecipanti a Copenaghen, troviamo 13 appartenenti al settore, tra cui Monica Maggioni, direttore di Rainews24, e rappresentanti di network televisivi importanti e di testate giornalistiche come Le Monde, El País, Financial Times, The Economist, ecc.

A parte i media, il nucleo decisivo del meccanismo di definizione e di implementazione di linee politiche coerenti con gli interessi del capitale transnazionale risiede nella integrazione tra mondo economico e politico, mediata dal mondo accademico. Infatti, a Copenaghen troviamo 58 esponenti del mondo economico, di cui 35 di imprese non finanziarie e 23 di banche, assicurazioni e fondi d’investimento, 32 politici e 29 esponenti di università e think tank (i pensatoi finanziati dalle corporation). Tra gli esponenti del mondo economico troviamo i capi di alcune delle più importanti imprese transnazionali dei settori più strategici dall’energia alla manifattura a internet, come FIAT, Airbus, Alcoa, Google, Microsoft, BP, Royal Dutch Shell, Novartis, ecc. e di fondi d’investimento e banche globali come Deutsche Bank, Goldman Sachs, ABN-AMRO Bank. Tra i politici ci sono esponenti importanti di quasi tutti i governi dei Paesi partecipanti, come il ministro del Tesoro britannico, i ministri degli Esteri spagnolo e svedese, il ministro degli Affari Economici danese, il segretario di Stato francese al Commercio Estero, oltre a politici sovranazionali, come Rasmussen, segretario generale della NATO, Viviane Reding, commissario europeo alla Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, e il turco Ahmet Üzümcü, direttore generale dell’Organizzazione per il controllo delle armi chimiche. A metà strada tra politica e finanza troviamo anche esponenti delle banche centrali, come il presidente della banca centrale greca, il governatore della banca centrale canadese, un membro del consiglio d’amministrazione della BCE e il presidente del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde.

Una particolare menzione va fatta quest’anno alla presenza di ben quattro importanti personalità provenienti dal settore militare e dell’intelligence, a riprova della connessione tra vertici dell’economia e apparati di sicurezza dello Stato. Si tratta degli statunitensi Philippe Breedlove, capo militare della NATO, David Petreus, già capo della truppe USA in Medio Oriente ed ex direttore della CIA, e Keith B. Alexander, già a capo dello US Cyber Command (il settore del Pentagono addetto alla guerra elettronica) e della National Security Agency (l’agenzia che coordina tutti i servizi di intelligence USA), e del britannico John Sawers, capo dell’MI6, il celeberrimo servizio segreto di Sua Maestà. A questi si aggiunge Alex Karp, presente anche all’edizione del 2013 e fondatore e amministratore delegato di Palantir, una società finanziata dalla CIA che sviluppa software per l’intelligence. Petreus è oggi un dirigente di KKR, un fondo d’investimento USA diretto da Henry Kravis (una vecchia conoscenza del Bilderberg), e si è incontrato di recente al Four Season di Firenze con diversi esponenti del governo Renzi, in particolare con Fabrizio Pagani, ex direttore dell’OCSE e ora capo della segreteria tecnica del ministro del Tesoro Padoan, per contro del quale sta seguendo la partita delle privatizzazioni. Una dimostrazione del legame esistente tra i governi italiani, supportati e diretti dal PD, con il capitale transnazionale, come dimostra anche la presenza al Bilderberg di Letta nel 2012 e Monti prima e dopo il suo incarico di premier.

Pure da menzionare è la presenza di due cinesi, unici non occidentali presenti all’incontro e probabilmente invitati a discutere sullo scenario economico e politico cinese, uno dei temi in agenda. Si tratta del professore di economia dell’Università di Pechino Huang Yiping e del ministro Liu He. Liu He, che ha ottenuto un master ad Harward, dirige l’ufficio degli affari economici e finanziari della Repubblica Popolare Cinese ed è vicedirettore della Commissione per lo sviluppo e le riforme. Questa non è la prima volta al Bilderberg per dei cinesi né per un politico cinese, visto che il viceministro degli Esteri cinese, Fu Ying, era stato presente a due degli ultimi incontri. Si tratta di una dimostrazione del rapporto che esiste tra alcuni esponenti dell’élite cinese ed il capitale transnazionale occidentale, nonostante la conflittualità esistente tra Cina e USA.

Il Bilderberg non è una setta segreta, agente di una congiura internazionale, come certa vulgata complottistica pretenderebbe. Il Bilderberg è qualcosa di più serio: è una tipica organizzazione del capitale nella sua fase transnazionale, insieme ad altre organizzazioni, come l’Aspen Institute e la Commissione Trilaterale. Obiettivo dei democratici europei dovrebbe essere l’analisi scientifica di queste organizzazioni, attraverso la spiegazione del loro ruolo nei meccanismi di costruzione del consenso e di implementazione dei principi del neoliberismo, dalla deregolamentazione del mercato del lavoro alle privatizzazioni all’abbattimento del welfare state, ecc. La connessione diretta, in queste sedi di confronto e discussione, con chi fa informazione e chi opera nelle riproduzione delle idee e soprattutto con qualificati esponenti governativi e di organismi sovranazionali permette a imprese e banche globali di avere una influenza diretta sulla elaborazione delle politiche degli Stati occidentali. Al di sopra della corruzione dei politici che giornalmente trova spazio sui mass media, c’è un’altra corruzione, più nascosta ma con effetti molto più pesanti sulla vita dei cittadini europei, quella del processo di definizione e controllo delle decisioni generali, che vengono subordinate agli interessi particolari di una ristrettissima minoranza.

Tetto agli stipendi: la casta non li rispetta

Tetto agli stipendi: la casta non li rispetta

Tetto agli stipendi: la casta non li rispetta

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La casta invisibile è quella che, all’ombra della politica, presidia le società controllate dalla politica, gestendo (spesso a beneficio della politica) potere e affari. In cambio ha compensi di tutto rilievo. Dal 1 aprile 2014 è stato però posto un tetto agli stipendi dei supermanager pubblici. Certamente a quelli delle società controllate direttamente o indirettamente dal Tesoro: non un pesce d’aprile, ma una soglia di 300mila euro l’anno oltre la quale non si deve andare. Quel tetto dovrebbe valere anche per le società pubbliche controllate da Regioni e Comuni. Così ora la Corte dei conti della Lombardia ha preparato un dossier che segnala gli uomini d’oro che invece quel tetto lo hanno sfondato. Ecco chi sono.

Il primo è nientemeno che Antonio Rognoni, ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, la società che fu creata dall’allora presidente Roberto Formigoni per gestire tutti i grandi appalti lombardi, compresi quelli di Expo. Rognoni porta a casa la cifra record di ben 953.526,95 euro, tre volte il compenso massimo indicato dalla legge, raggiunto sommando il suo ruolo di direttore generale (284mila euro), quello di direttore lavori (303mila) e gli incarichi in Cal, la società Concessioni autostradali lombarde (altri 367mila euro). Un uomo che ne vale tre. Il 20 marzo, Rognoni è stato arrestato, nel corso delle indagini su Infrastrutture Lombarde ed Expo. E a giugno è stato rinviato a giudizio immediato per associazione a delinquere e turbativa d’asta.

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Il secondo della lista è Giuseppe Sala, il plenipotenziario dell’Expo, che supera il tetto con 430.615,20 euro, sommando gli emolumenti di amministratore delegato (270 parte fissa, più 126 parte variabile) e di consigliere d’amministrazione (27mila) di Expo 2015 spa. I dati della Corte dei conti si riferiscono al 2013 e segnalano anche altri due supermanager oltre la soglia: Giorgio Papa, direttore generale di Finlombarda, la cassaforte finanziaria della Regione, che porta a casa 319.945,36 euro; e Luigi Legnani, amministratore delegato di Trenord e vicedirettore generale di Fnm, con 319.305 euro. All’elenco della magistratura contabile manca almeno un altro supermanager lombardo: Stefano Cetti, ai vertici di Mm spa, rimasta fuori dall’analisi della Corte dei conti perché è controllata non dalla Regione, ma dal Comune di Milano. È la società omologa di Infrastrutture Lombarde, è l’appaltificio del Comune, anch’esso coinvolto nei lavori per Expo.

Stefano Cetti raggiunge la cifra di 340,6mila euro l’anno, sommando gli emolumenti di direttore generale di Mm (210 parte fissa, più 105,6 parte variabile) e di amministratore unico di Metro Engineering srl (25mila euro), società impegnata tra l’altro nella Brebemi, la nuova autostrada Milano-Brescia.

Cetti è rimasto eroicamente al suo posto anche quando le intercettazioni dell’indagine sulla “cupola degli appalti” hanno svelato i suoi intensi rapporti con il capo della “cupola”, Gianstefano Frigerio, arrestato l’8 maggio 2014: lo incontrava e lo riveriva, garantendogli un contatto dentro Mm. Telefonate, appuntamenti, cene: niente di penalmente rilevante, hanno stabilito i magistrati, ma certo professionalmente imbarazzante. Frigerio, intercettato, diceva: “Cetti è importante, eh, perché tutte le robe della metropolitana… lì verranno fuori anche un sacco di lavori…Cetti mi ha detto ‘ci sono anche delle strade di collegamento prima dell’Expo’”. Poi, riferendosi a Cetti e ad Angelo Paris (il manager di Expo arrestato insieme a Frigerio e a Primo Greganti), aggiungeva: “Sono dei miei ragazzi… almeno quei due, quei due lì li faccio correre”.

Cosa fare in caso di incidenti con auto non assicurate

Cosa fare in caso di incidenti con auto non assicurate

WordNetScritto da Emiliano Caretti | WordNet – ven 1 ago 2014 02:04 CEST

Cosa fare in caso di incidenti con auto non assicurateCosa fare in caso di incidenti con auto non assicurateChe si tratti di una semplice “toccatina” in città piuttosto che qualcosa di più grave, un incidente in auto rimane sempre uno dei momenti più temuti da tutti gli automobilisti, fonte di stress e preoccupazioni anche nei giorni successivi all’avvenimento. Quando, poi, abbiamo a che fare con una vettura senza copertura assicurativa (o con polizza scaduta) allora i timori possono veramente arrivare alle stelle. E non pensiate che queste occasioni siano così rare: secondo gli ultimi dati ufficiali (provenienti da ACI e ANIA, l’Associazione Nazionale delle Imprese Assicuratrici), sono infatti quasi quattro milioni le vetture circolanti “illegalmente” nella penisola, pari a oltre l’8 percento del totale delle auto italiane. Ma quali sono le procedure da tenere se un veicolo privo di assicurazione (o con copertura non più valida) causa un incidente nel quale rimaniamo coinvolti?

Nissan GT-R: Godzilla contro tutti

In tal caso, la prima cosa da fare è senza dubbio chiamare in causa le Forze dell’Ordine, dato che la guida senza copertura assicurativa (o scaduta da più di 15 giorni) è anche una violazione grave del Codice della Strada: la sanzione prevista è infatti una multa da 841 a 3.366 Euro, con sequestro del veicolo e l’obbligo della stipula di una polizza di almeno sei mesi e del pagamento della contravvenzione, pena la confisca del mezzo. Anche per quanto riguarda i danni subiti va fatta una distinzione, sempre nel caso che la RCA sia scaduta da un tempo inferiore o superiore a 15 giorni: nel primo caso, infatti, la legislazione prevede che il risarcimento avvenga da parte della “vecchia” compagnia assicuratrice, con nessun’altra complicazione (almeno in teoria); qualora, invece, siano trascorsi più di 15 giorni dalla scadenza della polizza, allora bisognerà fare affidamento al “Fondo per le vittime della strada“.

Scopriamo tutti i segreti del Differenziale

Nato nel 1969, gestito dalla Consap (Concessionaria per i servizi assicurativi pubblici) e finanziato dai contribuenti grazie a una quota (attualmente fissata al 2,5%) di ogni contratto assicurativo, il Fondo per le vittime della strada è un ente che ha il compito di risarcire chi è coinvolto in sinistri causati da pirati della strada e veicoli non assicurati; sarà quindi proprio lui ad effettuare il rimborso dei danni subiti, sia dalle persone che dalle cose. I problemi, in questo caso, sono però sia i tempi che le procedure necessarie: per difendersi dalle frodi, infatti, il Fondo richiede un gran numero di documenti e impiega parecchio tempo per sbrigare le pratiche; in tali casi, quindi, sarà fondamentale l’aiuto di un avvocato specializzato in questo campo: sarà infatti lui che seguirà la pratica e intraprenderà le giuste procedure, evitandoci errori formali che potrebbero compromettere la nostra richiesta di risarcimento.

Sei milioni spariti dalle casse dell’esercito: 3 arresti nel napoletano

Sei milioni spariti dalle casse dell’esercito: 3 arresti nel napoletano

LaPresse
Roma, 26 mag. (LaPresse) – Una gigantesca sottazione di fondi dalle casse dell’esercito italiano, scoperta dagli stessi responsabili del Centro Amministrativo dell’esercito e denunciata ai carabinieri, ha portato all’arresto, questa mattina, di 3 persone e alla segnalazione di altri 44 soggetti alle Procure militare e ordinaria, per i reati di peculato militare, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, nell’ambito di un’indagine svolta insieme da guardia di finanza e carabinieri della capitale. In totale sono stati sottratti alle casse dell’esercito 6 milioni di euro.
Destinatari delle misure cautelari dell’Autorità Giudiziaria romana sono un commercialista, un imprenditore e un pensionato campani. L’attività di carabinieri e guardia di finanza di Roma ha consentito di portare alla luce un vasto sistema di frode che, con la collaborazione di un maresciallo dell’esercito, già rimosso e sospeso dal suo incarico dallo stesso esercito e la cui posizione è attualmente al vaglio dalla Procura militare di Roma, e grazie a una fitta rete di collegamenti, ideati ed attuati da un commercialista, ha portato alla sottrazione dei sei milioni, finiti su conti correnti di decine di soggetti compiacenti, residenti perlopiù nella provincia di Napoli. La frode è stata scoperta grazie all’analisi di documentazione bancaria, intercettazioni telefoniche, indagini patrimoniali e onfessioni di decine di soggetti coinvolti.
La frode prevedeva il coinvolgimento, con ruoli principali, di un commercialista, di un luogotenente dell’esercito e di due soggetti incaricati di reperire altre persone disposte ad occultare le somme rubate, facendole transitare dai propri conti correnti, per poi prelevarle in contanti e restituirle agli organizzatori del sistema, non prima di averne trattenuto una piccola parte per l’opera fornita. La truffa è stata realizzata negli anni che vanno dal 2010 al 2013. I conti correnti su cui veniva riveersato il denaro erano 44. E’ stato accertato che il sottufficiale continuava a godere del denaro rubato sperperandolo in vacanze, autovetture e immobili e sponsorizzando la sua passione di cantante amatoriale, fino all’intervento degli investigatori che hanno proceduto al sequestro di tutti i conti correnti degli indagati e ricostruito minuziosamente il loro patrimonio.
26 maggio 2014

IL MOSE ERA SOLO UN MAGNA MAGNA

IL MOSE ERA SOLO UN MAGNA MAGNA

 

di Marco Cedolin

 

Quando sei anni fa parlavo della truffa del Mose, durante le conferenze di presentazione del mio libro “Grandi Opere”, ribadendo che si trattava di un’opera inutile e devastante, che avrebbe fagocitato quasi 5 miliardi di euro sottratti ai contribuenti italiani, per l’unico scopo d’ingrassare la mafia del tondino e del cemento ed il bestiario politico ad essa compiacente, percepivo spesso un velo d’incredulità. Il cemento porta lavoro, mi veniva fatto notare, e non si può sempre dire no alle opere che segnano il progresso della nostra nazione.

A guardare i giornali di oggi, il Mose, più che portare lavoro e progresso, sembra avere generato tutta una serie di rubalizi e profitti illeciti (quelli che avevamo ampiamente previsto) che hanno già condotto all’arresto del sindaco di Venezia Orsini (PD) ed alla richiesta di custodia cautelare per l’ex ministro e governatore del Veneto Galan (PdL)…..

I provvedimenti in questione rientrano nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura di Venezia, sul malaffare che ha fatto di contorno (o sarebbe meglio dire da perno) al sistema Mose e che ha già messo in manette 35 persone e prodotto un centinaio d’indagati. Si tratta di uomini politici, imprenditori e perfino di un generale, tutti coinvolti nel magna magna riguardante i miliardi di denaro pubblico, gettati nel buco nero di questa enorme ed inutile infrastruttura.

Come sempre accade in questi casi, l’inchiesta è partita solamente ora che i miliardi stanziati per il Mose sono spariti interamente, e riguarderà in larga misura importi marginali, senza intaccare troppo in profondità il sistema mafioso che è stata l’unica vera (l’acqua alta era poco più che un pretesto) base fondante dell’opera. Ancora qualche altro arresto e qualche altra indagine, poi tutto cadrà nel dimenticatoio e solamente l’obbrobrio di cemento resterà a testimoniare questa ennesima truffa, condotta nel nome del lavoro e del progresso.

Camera e Senato tagliano gli stipendi ai dipendenti. Loro protestano

Camera e Senato tagliano gli stipendi ai dipendenti. Loro protestano, Boldrini li stoppa: “Guardate il mondo reale”

Commenti

L’appello dei Cinque stelle: “Ok, ma i politici dovrebbero dare l`esempio ai cittadini cominciando da se stessi”. La Camera recede anche dal contratto di affitto per i Palazzi Marini, che ospitano gli uffici dei deputati.

Roma, 24 luglio 2014 – Via libera dell’Ufficio di presidenza di Camera e Senato al taglio degli stipendi dei dipendenti. Con una coda di contestazioni da parte degli stessi dipendenti, prontamente rintuzzate dalla presidente della Camera.

BOLDRINI E LE CONTESTAZIONI –  Il tetto degli stipendi dei dipendenti del Parlamento “in linea con il principio dei tetti massimi che vale per tutte le Amministrazioni pubbliche” rappresenta “un fatto importante e positivo”, afferma la presidente della Camera, Laura Boldrini.
“Spiace e rattrista – sottolinea – che non lo abbiano capito quei dipendenti della Camera che stamattina hanno inteso contestare nei corridoi le decisioni che venivano prese dall’Ufficio di Presidenza”.
Esprimendo “apprezzamento per l’alta professionalità e senso delle istituzioni” dei dipendenti della Camera, Boldrini osserva come, “in contemporanea con la loro iniziativa, ben altra protesta veniva dalla piazza di Montecitorio, dove anche stamattina si sono radunati i lavoratori che lamentano il mancato finanziamento della cassa integrazione in deroga. E’ quello il Paese reale, che non ha più reti di protezione sociale, e anche chi lavora dentro Montecitorio è chiamato a rendersene conto”

I TETTI DA DEFINIRE – Dunque i “tetti” alle retribuzioni ci saranno ma sono tutti ancora da definire. O meglio, sono tutti da definire tranne uno: perché la decisione assunta dalle due amministrazioni in maniera congiunta è stata quella di recepire i principi del decreto overnativo e quindi di stabilire che i consiglieri non possano andare oltre i 240mila euro.
Con una differenza: per loro dal tetto sono esclusi gli oneri previdenziali pari all’8,8%. “Anche il Parlamento – si legge nel documento approvato con l’astensione della Lega e il voto contrario di Fdi – è chiamato a fare la sua parte, proseguendo con decisione sul terreno del contenimento dei propri costi di funzionamento”.
Il tetto non varrà però solo per i consiglieri, ossia per i ruoli più remunerati, ma per tutti. “L’articolazione stessa dei livelli stipendiali, e l’esigenza di salvaguardare i rapporti retributivi attualmente esistenti fra le diverse categorie professionali – si legge ancora – rendono necessaria la fissazione di un tetto alle retribuzione non solo per i consiglieri ma anche per le rimenenti categorie professionali, individuato proporzionalmente, in modo da mantenere inalterati i rapporti retributivi oggi esistenti”.

IL NODO INDENNITA’ – Per coloro che già si trovano a recepire una retribuzione superiore al tetto dei 240mila euro, è previsto che la riduzione avvenga nell’arco di 4 anni tra il 2014 e il 2017. Altra questione rimasta in sospeso, oltre a quella della definizione dei “sottotetti”, è poi quella delle indennità. In passato queste avevano già subito un ridimensionamento ma, vista la decisione assunta oggi, si è deciso di “lasciare alla fase di trattativa con i sindacati la riconsiderazione della materia” in modo, per esempio, da ‘compensare’ chi ha maggiori responsabilità.

CONTRATTAZIONE – Da oggi parte infatti la contrattazione sindacale. Intanto, però, la decisione è stata accolta con degli applausi ironici dai dipendenti di Montecitorio che attendenvano l’esito dell’incontro nel corridoio antistante. In concomitanza con l’Ufficio di presidenza, nell’Auletta dei gruppi parlamentari è stata anche convocata un’assemblea sindacale.
Marina Sereni, vice presidente della Camera, che ha la delega sul personale, difende però la decisione: “Se fuori di qui – spiega – c’è un processo di rivisitazione degli stipendi più alti, sarebbe singolare che il legislatore, che ha votato la conversione di quel decreto, non si ponesse il problema. Certo, fa più piacere prendere applausi che l’ironia ma bisogna assumersi delle responsabilità”.

M5S: SI COMINCI DAI POLITICI – “Siamo d`accordo a porre dei tetti agli stipendi dei dipendenti della Camera, l’abbiamo proposto anche noi, ma i politici dovrebbero dare l`esempio ai cittadini cominciando da se stessi”, dicono i deputati M5S in ufficio di Presidenza a Montecitorio Luigi Di Maio, Riccardo Fraccaro e Claudia Mannino.
“Oggi è stato dato parere favorevole al contenimento delle spese per il personale ma di fronte alle nostre proposte di rivedere gli stipendi dei parlamentari – portandoli a 5mila euro lordi con la rinuncia ai vari plafond e indennità e la rendicontazione pubblica delle spese – tutti i partiti, compatti, ci hanno detto `no`”.
“Ancora una volta – concludono – ci troviamo di fronte a un atteggiamento da `casta`, quando i politici decidono di mettere tetti agli stipendi dei dipendenti ma le loro tasche non le vogliono toccate. A dispetto della crisi economica che attanaglia il Paese”.

STOP AGLI AFFITTI – L’ufficio di presidenza della Camera ha anche deciso all’unanimità di recedere dal contratto di affitto per i Palazzi Marini, gli edifici di proprietà dell’imprenditore Sergio Scarpellini che ospitano gli uffici dei deputati. Per il primo febbraio 2015, riferiscono fonti di Montecitorio, la Camera potrà lasciare i palazzi.