Caso Wesolowski, vescovi: “La giustizia vaticana”

“Un archivio degli orrori di oltre 100mila file pedo-porno”: prove schiaccianti contro Wesolowski

Un archivio segreto che conteneva file video e immagini di bambini nudi, costretti a rapporti sessuali fra di loro o con adulti. Materiale agghiacciante contenuto nel computer della canonica della Nunziatura di Santo Domingo. Monsignor Jozef Wesolowski aveva una raccolta degli orrori immensa, composta da oltre centomila documenti sequestrati dagli inquirenti e contenuti in parte nel pc portatile del religioso, arrestato in Vaticano tre giorni fa per volere di Papa Francesco.
Nelle foto e nei filmini pornografici, in parte scaricati da internet e in parte fatti dalle stesse vittime, scrive il Corriere della sera, compaiono ragazzini dai tredici ai 17 anni e adulti, figure queste ultime al vaglio degli inquirenti. Persone che hanno sostenuto e aiutato il religioso nella sua attivita perdo-pornografica e in molti casi avrebbero partecipato agli incontri. “Nel capo di imputazione – scrive il quotidiano milanese – si parla esplicitamente di ‘reati commessi in concorso con persone ancora ignote’ e gli atti dell’inchiesta fanno comprendere come i promotori di indagine del Vaticano abbiano già trovato alcuni elementi per arrivare alla loro identificazione”. Insomma: un’inchiesta tutta in divenire che potrebbe avere ancora clamorosi sviluppi. Ciò che gli inquirenti sospettano è che Wesolowski facesse parte di una rete internazionale dedita al traffico di materiale pedo-pornografico.
Secondo gli inquirenti, il prelato aveva una particolare “abilità a utilizzare strumentazione elettronica che può essere reperita per connessioni illecite. Comportamento che l’imputato ha mostrato di perseguire con modalità fortemente compulsive”. Scrive il Corsera che sono state trovate oltre “100 mila file a sfondo sessuale, ai quali si aggiungono più di 45 mila immagini cancellate”. L’archivio scoperto è stato “diviso in quattro volumi e contenente circa 130 video e più di 86 mila fotografie”. Il resto del materiale era contenuto nel pc portatile che il religioso aveva sempre con sé. Nei file protagoniste sono anche numerose bambine, ma scrive Fiorenza Sarzanini, la predilezione era per i maschi.
L’indagine prosegue sugli eventuali fiancheggiatori di Wesolowski. Secondo il Corriere giudici sarebbero convinti che “Francisco Javier Occi Reyes, il diacono arrestato dalla polizia dominicana nel giugno 2013 che poi ha denunciato Wesolowski alle alte gerarchie vaticane con una lettera, sia soltanto una pedina di un gioco più grande”. Da qui indagini a tutto campo che comprendono tutti i paesi dove l’uomo è stato prima di Santo Domingo. In ogni caso sono decine i bambini coinvolti, anche se l’indagine si basa soprattutto sulla testimonianza di tre bambini e della loro madre. Un ruolo importante ha giocato anche un’inchiesta televisiva realizzata da una giornalista di una tv locale che avrebbe indotto il Vaticano a prendere seriamente in considerazione il caso, per via del “danno cagionato all’immagine dello Stato e della Santa Sede”. Da qui gli arresti domiciliari.
Il nunzio ha detto di poter “chiarire tutto”. La consapevolezza delle prove schiaccianti però ha indotto le autorità vaticane a restringerlo agli arresti domiciliari, onde evitare la cattura in territorio italiano e la conseguente estradizione su richiesta della Repubblica di Santo Domingo. Le autorità vaticane hanno comunque agito in collaborazione con le forze di polizia del Paese sudamericano. Il processo avverrà per direttissima, come previsto dai trattati internazionali in materia di violenza sui minori.

Concordia, De Falco: “Contro di me provvedimento abnorme”

Concordia, De Falco: “Contro di me provvedimento abnorme”. Ammiraglio Dell’Anna: “È una promozione”

”Ma quale mobbing, quale rimozione. Non scherziamo. Ne firmo cinquecento l’anno di questi trasferimenti. Si tratta di un normale, fisiologico avvicendamento”. Lo afferma l’ammiraglio Ilarione Dell’Anna, responsabile del personale della Guardia costiera, in un’intervista al Messaggero. ”De Falco è in quel posto da nove anni. È normale che in un’organizzazione militare si passi da un settore all’altro, si diversifichino le esperienze. Bisognava riorganizzare tutta la direzione marittima di Livorno, due ufficiali a fine anno andranno in pensione”, spiega Dell’Anna.
Nessuno è inamovibile – ”De Falco è un capitano di fregata. È stato capo servizio operativo e ora sarà responsabile dell’Ufficio studio, del controllo della gestione delle relazioni esterne della direzione marittima di Livorno. Un incarico esattamente dello stesso livello. E non ha cambiato neppure sede, ma solo sedia”, dice Dell’Anna. ”Quando trasferiamo il personale, per dirne una, da Imperia a Gela, allora che dovrebbe accadere? Piaccia o no a De Falco, nessuno nel nostro mondo può reclamare forme di inamovibilità”.
Il trasferimento serve a De Falco – La stessa opinione è stata espressa dall’ammiraglio ispettore capo Felicio Angrisano, comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto, secondo il quale il trasferimento ”non è una diminutio, ma un passo necessario per la sua carriera. Si tratta di fare l’assistente del responsabile del Dipartimento marittimo di Livorno. In questa posizione De Falco potrà mettere a frutto la sua esperienza ed essere anche a disposizione a tempo pieno della magistratura che conduce l’inchiesta sul naufragio”. In un’intervista alla Stampa Angrisano precisa che ”prima dei fatti del Giglio, De Falco era capo sezione operazioni. Subito dopo è stato avanzato d’incarico, assumendo quello di capo servizio, pur mantenendo lo stesso grado. Ora gli si chiede di maturare un’ulteriore e diversa esperienza per essere valutato per la promozione a capitano di vascello, galloni che, se assegnati, gli consentirebbero di assumere ad esempio la responsabilità dell’intero reparto operativo a Livorno, destinazione che risulta gradisca. Fa parte dell’addestramento, non esistono incarichi a vita”.
De Falco: contro di me provvedimento abnorme – Non la pensa allo stesso modo il diretto interessato invece. Per De Falco il trasferimento è ”un provvedimento abnorme. Io non voglio promozioni, voglio soltanto lavorare. E non è questione di inamovibilità, ma di competenza e di economicità amministrativa. Si spendono soldi per formare un ufficiale operativo e poi lo si spedisce in ufficio?”. In un’intervista al MessaggeroDe Falco insiste: ”Provo un senso di grande amarezza in queste ore. Perché lo Stato mi ha formato per una decina d’anni nel settore operativo e ora questa formazione si rivela non più essenziale. Un paio d’anni fa vennero anche a dirimi che sarei andato a comandare una capitaneria di porto, poi non se ne è fatto più niente. Mi spiegate voi il perché?”, dice De Falco. ”Negli uffici della Guardia costiera ho già lavorato, non posso certo disdegnarli. Ma il punto è un altro. Andatevi a vedere gli ordini di servizio: nel posto che vado a occupare, prima di me ci sono stati solo giovani e ufficiali vicini alla pensione. Questa sarebbe la rilevanza dell’incarico?”.
“Lo Stato deve rimediare” – Così Renato Roffi, ex capitano di corvetta livornese, che 23 anni fa fu trasferito nel giro di tre giorni dopo avere denunciato gli errori della Capitaneria di porto di Livorno nella gestione dei soccorsi per la tragedia del Moby Prince, commenta il trasferimento del comandante Gregorio De Falco. “E’ difficile pensare – dice al telefono con l’ANSA – che il suo provvedimento arrivi dal comando generale della Guardia Costiera, perché il comportamento di De Falco ha dato lustro al corpo, penso semmai a una decisione presa della Marina militare. E ha assolutamente ragione De Falco, che conosco appena, quando dice che in quel posto ci vanno solo ufficiali in attesa di andare in pensione o che hanno alle spalle una carriera tutt’altro che brillante. Insomma, è una deminutio capitis bella e buona”. Roffi in questi giorni rivive ciò che capitò a lui nella primavera del 1991 e da allora ha ingaggiato un lunghissimo braccio di ferro con lo Stato che lo ha visto quasi sempre vincitore: “Sono più di 20 i ricorsi al Tar vinti per valere le mie ragioni – racconta – e l’ultimo è recentissimo e impone a un comandante ormai in pensione di riscrivere le mie note caratteristiche”.

Auto piomba sul bar: morti 4 ragazzi.

Auto piomba sul bar: morti 4 ragazzi. Conducente positivo all’alcotest accusato di omicidio volontario

È accusato di omicidio volontario Gianni Paciello, il 22enne di Sassano (Salerno) che domenica con la Bmw del padre è piombato sui tavolini di un bar uccidendo quattro giovani, tra i quali suo fratello. Secondo quanto si apprende dai carabinieri, l’accusa è stata formulata all’alba dalla Procura di Lagonegro (Potenza). In un primo momento l’uomo – che è stato portato all’ospedale di Polla e successivamente trasferito a Salerno – era stato fermato con l’accusa di omicidio colposo, poi modificata in seguito all’accertamento del superamento di circa tre volte del limite consentito del tasso alcolemico.
L’omicida è ricoverato – Gli inquirenti hanno lavorato per l’intera nottata acquisendo elementi utili. Secondo gli investigatori, Gianni Paciello, che è risultato negativo ai test medici inerenti l’assunzione di sostanze stupefacenti, nello stato confusionale in cui si trovava causato dall’alcol non doveva mettersi alla guida di un’auto. Il 22enne è ora ricoverato nell’ospedale San Giovanni di Dio Ruggi d’Aragona dopo aver ricevuto le prime cure dai sanitari dell’ospedale di Polla per aver riportato un trauma vascolare toracico. Paciello gestisce in società un altro bar nella zona di Sassano.
Le vittime – A perdere la vita nell’incidente, verificatosi poco dopo le 16,30 nella frazione Silla del grosso centro agricolo-commerciale del Vallo di Diano, sono stati Giovanni Femminella di 16 anni, suo fratello Nicola di 22 anni, entrambi figli del proprietario del bar, Daniele Paciello di 19 anni e Luigi Paciello di 15 anni, quest’ultimo fratello di Gianni Paciello. La tragedia ha sconvolto oltre che la comunità sassanese l’intero Vallo di Diano. Sul posto dell’incidente sono giunte, subito dopo il fatto, centinaia di persone. Il sindaco di Sassano, Tommaso Pellegrino, ha annunciato che proclamerà il lutto cittadino nel giorno dei funerali.
La dinamica della tragedia – Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri della compagnia di Sala Consilina, diretta dal capitano Emanuele Corda, la Bmw ha impattato contro una rotatoria, posta alla fine di un rettilineo imboccato a forte velocità, ed è rimbalzata contro la vetrina del bar “New Club 2000”. L’ impatto è stato attutito parzialmente da un marciapiede, ma l’ auto è finita su un tavolino posto davanti ad una vetrina, al quale erano seduti i quattro giovani.
Martedì i funerali – Le esequie si terranno in maniera separata: alle ore 9, nella chiesa della frazione Silla, saranno celebrate le esequie di Daniele Paciello, 19 anni. A distanza di qualche ora, alle 12, nella chiesa della frazione Varco Notar Ercole si renderà omaggio alle salme di Giovanni Femminella, 16 anni, e di suo fratello Nicola, 22 anni, entrambi figli del proprietario del bar teatro della tragedia. Nel pomeriggio, infine, alle 15, sono state fissate le esequie di Luigi Paciello, 15 anni, fratello di Gianni Paciello, 22 anni, il conducente dell’auto assassina. Gianni Paciello non parteciperà ai funerali in quanto è ricoverato, in stato di arresto con l’accusa di omicidio volontario, nell’ospedale San Leonardo di Salerno per aver riportato un trauma vascolare toracico.
Auto andava a 100km orari – É quanto trapela dalle indagini che i carabinieri della Compagnia di Sala Consilina (Salerno) stanno conducendo per ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente mortale avvenuto nella frazione Silla. In quel tratto, i limiti di velocità consentono un’andatura non superiore ai 50 chilometri orari. La Procura della Repubblica di Lagonegro (Potenza), comunque, sta mantenendo il più stretto riserbo sull’attività investigativa in corso.

Nuova tragedia dell’immigrazione in Libia, affonda un barcone: oltre 200 dispersi

Nuova tragedia dell’immigrazione in Libia, affonda un barcone: oltre 200 dispersi

Oltre 200 persone sono disperse dopo l’affondamento di un barcone al largo della costa libica. A bordo c’erano 250 persone, ma solo 26 sono state tratte in salvo. Lo ha reso noto il portavoce della Marina libica, Ayub Qassem, citato dal sito di Al Jazeera.
Tanti morti galleggiano sul mare – “Ci sono così tanti morti che galleggiano sul mare”, ha spiegato Qassem, aggiungendo che la guardia costiera libica ha pochi mezzi per intervenire. Il naufragio è avvenuto vicino a Tajoura, a est della capitale Tripoli. La maggior parte dei migranti erano africani, secondo il portavoce della Marina. La guardia costiera libica può contare solo su pescherecci e imbarcazioni che noleggia dal Ministero del Petrolio.
Salvati domenica 95 migranti – Nella giornata di domenica la Marina italiana è intervenuta per soccorrere un barcone a 60 miglia dalla Libia e ha posto in salvo 95 migranti. Altri 9 sono stati soccorsi al largo di Lampedusa dalla guardia costiera. Domenica sera 111 migranti siriani sono arrivati nel porto di Crotone su una motovedetta della guardia costiera, che aveva intercettato il peschereccio che li aveva portati dalla Siria fino davanti alle coste italiane.

“La violenza domestica uccide più delle guerre”

“La violenza domestica uccide più delle guerre”

La violenza domestica, soprattutto contro donne e bambini, uccide più delle guerre: è la sorprendente conclusione del primo studio che tenta di calcolare il prezzo anche monetario di un fenomeno che, secondo i suoi autori, costa all’economia mondiale oltre 8.000 miliardi di dollari all’anno. Il dossier, commissionato dalCopenaghen Consensus, il think tank del sociologo danese Bjorn Londborg, sollecita le Nazioni Unite a prestare attenzione agli abusi domestici che di fatto rischiano di essere trascurati a livello internazionale a fronte dei conflitti armati, dalla Siria all’Iraq, all’Ucraina.
Le case come un campo di battaglia – “Per ogni morto civile su un campo di battaglia, nove persone sono uccise in dispute interpersonali”, hanno calcolato Anke Hoeffler della Università di Oxford e James Fearon di Stanford University, gli autori del rapporto. Il nuovo studio si ispira a ricerche americane che hanno stimato, includendo mancati guadagni e spese per la giustizia, in 9,1 milioni di dollari il costo medio di un omicidio. Dalle risse domestiche ai conflitti armati, secondo Hoeffler e Fearon, la violenza costa al mondo 9.500 miliardi di dollari l’anno, per lo più in output economico mancato, e l’equivalente dell’11,2 per cento del Pil.
Violenza e abusi rubano non meno del’1,9% del Pil – Questi costi tuttavia, secondo Hoeffler e Fearon, non derivano più di tanto dalle guerre civili – 170 miliardi annui – che impallidiscono davanti ai 650 miliardi degli omicidi e soprattutto alle migliaia di miliardi della violenza domestica. Basandosi su costi stimati, lo studio valuta che gli abusi non letali sull’infanzia rubano l’1,9 per cento del Pil nei paesi ricchi e fino al 19 per cento nelle nazioni povere dell’Africa sub Sahariana dove le punizioni corporali più severe sono comuni.
Violenza in casa è spesso trascurata – Secondo Lomborg la violenza in casa è spesso trascurata nello stesso modo con cui gli incidenti d’auto, che uccidono di più, attirano meno attenzione dei disastri aerei. “Non vogliamo solo dire che abbiamo un grosso problema”, ha spiegato: “Vogliamo invitare a trovare soluzioni intelligenti”. L’idea rientra nello sforzo del Copenaghen Consensus di aiutare l’Onu a individuare target per il 2030 che raccolgano il testimone dagli obiettivi del Millennio in scadenza nel 2015 e che includono attualmente la riduzione della povertà e il miglioramento delle scorte di acqua. I nuovi obiettivi, è il suggerimento, potrebbero includere la fine delle percosse gravi come forma accettata di disciplina per minori e la riduzione della violenza domestica contro le donne.

Se i mussulmani vogliono dissanguare animali vivi lo facciano a casa loro

Se i mussulmani vogliono dissanguare animali vivi lo facciano a casa loro

di Oscar Grazioli

Lungi da me affrontare questioni che possano anche solo lontanamente “profumare” di razzismo, ma direi che si evince una netta sproporzione fra il trattamento che i mussulmani dedicano agli stranieri che visitano i loro paesi e quello che dedichiamo loro, quando vengono a farci visita o si fermano nella nostra nazione, con i documenti più o meno in regola.
Ricordo un episodio accaduto tanti anni fa a Mostar (era ancora in piedi il famoso ponte distrutto poi durante la guerra). Ero in vacanza con mia moglie e  proprio alla fine del ponte un artigiano stava disponendo le sue creazioni in strada per attirare i turisti. Non avevo osservato che le sue opere d’arte erano di natura religiosa e scattai una foto. Non l’avessi mai fatto. Il contatto fisico è stato evitato da due “colleghi” dell’artista che poi mi hanno spiegato che avevo tentato di rubare l’anima al creativo. Ho fatto qualche altro giro in paesi rigidamente mussulmani e mi sono sempre adeguato alle loro regole, come mamma mi ha insegnato. Se vai a casa di un altro non puoi pensare di dettare la tua legge. Ancora una volta ritorna alla cronaca il problema della macellazione rituale che mussulmani (ed ebrei) pretendono nei paesi dove soggiornano, anche se questa contrasta con la legislazione che vuole lo stordimento dell’animale prima della iugulazione.
Ebbene L’Associazione “Animalisti Italiani Onlus”, con formale comunicazione ha provveduto nei giorni scorsi a diffidare il Sindaco di San Miniato (PI) affinché vieti l’apertura di un mattatoio per la macellazione rituale, tenuto conto che la legge Toscana la vieta espressamente e che la struttura non ha tutte le autorizzazioni sanitarie necessarie. La diffida si riferisce all’annuncio che prevede per il prossimo 14 settembre l’inaugurazione a San Miniato (PI) della macelleria regionale per la produzione di carne islamica secondo riti che prevedono la macellazione degli animali senza preventivo stordimento. Un metodo in cui gli animali vengono dissanguati vivi e sentono il gelo e la morte arrivare morendo tra infinite sofferenze. La legge italiana nel rispetto degli animali prevede l’uccisione con un colpo secco o lo stordimento prima di procedere al dissanguamento ed espressamente specifica all’articolo 3 del Decreto Legislativo 333/1998 “Le operazioni di trasferimento, stabulazione, immobilizzazione, stordimento, macellazione e abbattimento devono essere condotte in modo tale da risparmiare agli animali eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili”.
Senza dunque volere ricorrere alle terrificanti immagini di chi decapita reporter occidentali per motivi politici e religiosi, i mussulmani, nel nostro paese, godono di ampie libertà e facilitazioni (moschee, integrazione nelle scuole, centri di accoglienza, sanità gratuita ecc.). Personalmente fino a quando non sarò libero di sedere al tavolino di un bar di Algeri a bere un Cognac assieme a un’amica in short e tacco 12, se vogliono dissanguare animali vivi lo facciano a casa loro. Qui rispettino le nostre leggi e i nostri sentimenti. Al di là d’ogni sfumatura razzista che non è nella mia cifra.

Ucraina, entrate in vigore le sanzioni Ue contro la Russia.

Ucraina, entrate in vigore le sanzioni Ue contro la Russia. Putin: “Una minaccia al processo di pace”

Mentre il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, annuncia che anche gli Usa produrranno sanzioni contro la Russia, le limitazioni stabilite da Bruxelles entrano in vigore. Il nuovo round colpisce finanza, energia e difesa. Il pacchetto è entrato in vigore questa mattina con la loro pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue. Le misure sanzonatorie prevedono anche il congelamento dei beni ed il divieto di viaggio per personalità russe ed ucraine accusate di essere implicate nel conflitto in Ucraina. Gli Usa hanno stabilito invece sanzioni nel settore finanziario, dell’energia e della difesa.
La lista – Nella lista delle 24 personalità russe ed ucraine colpite dal nuovo round di sanzioni europee pubblicata oggi dalla Gazzetta ufficiale dell’Ue c’è anche Sergei Chemezov, amico di Putin e capo di RosTekhnologi. Insieme a lui colpiti dalle misure sanzonatorie anche Youri Vorobiov, vicepresidente russo, e diversi vicepresidenti della Duma (Parlamento, ndr): Vladimir Vasiliev, Ivan Melnikov e Igor Lebedev.
Record negativo per il rublo – Nuovo record negativo per il rublo russo, che stamattina è arrivato a quota 37,72 per un dollaro in concomitanza con l’entrata in vigore delle nuove sanzioni europee contro la Russia che colpiscono finanza, energia e difesa. In calo anche la Borsa di Mosca, con l’indice Micex (in rubli) che segna -0,18% e l’Rts (in dollari) a -0,63%.
Putin: sanzioni Ue minano il processo di pace – Le sanzioni Ue contro la Russia “di fatto rappresentano passi che minano il processo di pace in Ucraina”, ha detto Vladimir Putin a Dushanbe, citato dall’agenzia Itar-Tass. “Le sanzioni – ha proseguito il leader del Cremlino – non sono mai state efficaci come strumento di politica estera e non portano mai i risultati attesi, danneggiano coloro che vi fanno ricorso e quelle antirusse non sono un’eccezione”.
Ucraina verso la Nato – Intanto l’Ucraina punta a ottenere “nel prossimo futuro” uno status speciale di cooperazione con la Nato. Lo ha dichiarato il presidente ucraino Petro Poroshenko in una conferenza stampa a Kiev in cui ha parlato della sua visita ufficiale negli Stati Uniti la settimana prossima. Lo riporta l’agenziaInterfax.
Nuovo scambio di prigionieri – Nuovo scambio di prigionieri tra le truppe governative e i miliziani separatisti dell’Ucraina orientale. Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha annunciato sulla sua pagina Facebook che 36 militari di Kiev sono stati liberati recentemente, mentre altri 21 sono stati rilasciati ieri. I filorussi dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk confermano di aver liberato 36 soldati in cambio di 31 miliziani precisando che “Kiev promette di rilasciare altri cinque (miliziani) domani”.

Oscar Pistorius ritenuto colpevole di omicidio colposo

Oscar Pistorius ritenuto colpevole di omicidio colposo, fuori dal carcere su cauzione

Oscar Pistorius è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo dal tribunale di Pretoria dove questa mattina il giudice Thokozile Masipa ha letto il verdetto nel processo a carico dell’ex atleta per l’omicidio della sua fidanzata Reeva Steenkamp. Secondo Masipa i fatti non comprovano la premeditazione nell’omicidio di Reeva. Ma, ha aggiunto ieri nella lettura della sentenza, “quello di omicidio colposo è un verdetto pertinente”.
Omicidio non volontario – Per il giudice il giudice Thokozile Msipa che sta completando la lettura del verdetto, si è trattato di “omicidio non volontario”. Pistorius rischia fino ad un massimo di 15 anni. E’ quanto prevede la pena di “omicidio colposo” inflitta dalla corte. L’ex atleta rischiava in caso, invece, di omicidio premeditato, una pena fino all’ergastolo.
Gli altri capi di imputazione – Il giudice ha ritenuto Pistorius “colpevole” di possesso di armi per l’episodio dei colpi sparati in un ristorante poche settimane prima della morte di Reeva. Lo ha detto il giudice Thokozile Msipa, che sta leggendo il verdetto per la morte della fidanzata affrontando, in questo momento, le altre accuse a suo carico per possesso di armi da fuoco. L’episodio risale al gennaio 2013. Il giudice lo ha ritenuto invece “non colpevole”,invece, per i colpi sparati in un’altra occasione, dal tettuccio trasparente della sua auto.
Pistorius fuori su cauzione – L’atleta paralimpico ha ottenuto inoltre di restare in libertà su cauzione fino alla ripresa delle udienze fissata il 13 ottobre. “Ho fatto ricorso al mio potere discrezionale nei confronti dell’accusato e gli ho accordato l’estensione del regime di libertà su cauzione di cui godeva”, ha detto il giudice.

Marò, Latorre in Italia per 4 mesi. Via libera dell’India

Marò, Latorre in Italia per 4 mesi. Via libera dell’India

Massimiliano Latorre potrà trascorrere quattro mesi in Italia per recuperare in un ambiente privo di stress, ed in famiglia, la sua miglior forma dopo il brutto attacco ischemico avuto il 31 agosto scorso. La decisione, salutata con sollievo dalle autorità italiane, è stata presa oggi a New Delhi dal presidente della Corte Suprema, R.M. Lodha, nel corso di un’udienza di 30 minuti svoltasi in un clima disteso, insolito per gli appuntamenti in tribunale legati alla vicenda dell’incidente in cui il 15 febbraio 2014 morirono al largo del Kerala due pescatori indiani.
Primo a rallegrarsi per l’esito è stato il premier Matteo Renzi – Il premier Renzi via Twitter ha scritto: “Collaborazione con la giustizia indiana e stima per il premier Modi ed il suo governo. Lavoreremo insieme su tanti fronti”. Da parte sua il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha lodato “la sensibilità dei giudici indiani”, aggiungendo che “ora il nostro pensiero è per Girone”.
L’Italia ringrazia il governo indiano per la concessione – Apprezzamento per la Corte indiana è venuto anche dal ministro degli Esteri Federica Mogherini, che ha ricordato come “resta ferma la la volontà e la determinazione del governo italiano a trovare in tempi rapidi una soluzione definitiva a questa controversia”. Da mesi il governo italiano ha annunciato un cammino lento ma irreversibile verso l’internazionalizzazione della vicenda e la ricerca di un arbitrato internazionale, processo che potrebbe essere modificato solo da un “nuovo dialogo” fra India e Italia, che per il momento però stenta a decollare. Dalla famiglia di Latorre è stata la figlia – su Facebook – a esprimere le prime emozioni. “Che bella notizia”, ha scritto Giulia, accompagnando le sue parole con la consueta faccina dello smile, in attesa di riabbracciare presto il papà.
Latorre in Italia per non più di 4 mesi – In tribunale la strada è apparsa oggi subito in discesa quando è stato annunciato alla Corte il ritiro di un’istanza presentata dai legali di Freddy Bosco, proprietario del peschereccio St.Antony, in cui si chiedeva un supplemento di perizie mediche. Una buona notizia seguita da un’altra: la conferma ribadita dal rappresentante giuridico del governo indiano, l”additional sollicitor general’ P.S. Narasimha, che il governo di Delhi non aveva obiezioni alla concessione di un rientro temporaneo per Latorre “su base umanitaria”. Sono poi intervenuti a sostenere la richiesta di Latorre due ‘principi’ del foro indiani, K.T.S. Tulsi e Soli Sarabjee, che hanno illustrato il contenuto dell’istanza e precisato la necessità, caldeggiata anche da specialisti indiani del settore, che il Fuciliere ottenesse il permesso di una convalescenza in Italia.
Richieste garanzie scritte – A questo punto Lodha ha voluto vedere le lettere di impegno dell’ambasciatore Daniele Mancini presente in aula, a nome dello Stato italiano, e dello stesso Latorre. Per la prima non vi sono stati problemi, mentre per la seconda è stato chiesto al Fuciliere una seconda versione più sintetica, “non ambigua e non equivoca”, chiedendo la soppressione di alcuni paragrafi secondo il magistrato non inerenti all’offerta di garanzie. Prima di chiudere la seduta per la pausa pranzo, il giudice ha comunque firmato l’ordinanza di autorizzazione, chiarendo che essa sarebbe diventata operativa solo dopo la presentazione del nuovo impegno scritto da parte di Latorre. Una condizione che il team dei legali della difesa ha risolto molto rapidamente. Questo ha permesso a Latorre, come si è appreso da fonti a New Delhi, di ricevere in tempi record già stasera il passaporto con un visto di uscita dall’India e uno di rientro dall’Italia al termine del permesso per motivi di salute di quattro mesi dal momento della sua partenza.
Latorre ha promesso di ritornare in India – La sua partenza quindi, potrebbe avvenire già domani, con l’arrivo di un’aereo speciale inviato dall’Italia. “Abbiamo ottenuto quanto volevamo”, ha commentato Soli Sarabjee, Procuratore generale indiano ed uno dei due avvocati che hanno presentato l’istanza italiana. In entrambe le lettere si ribadisce sostanzialmente l’impegno a che Latorre “ritornerà in India entro il periodo disposto dalla Corte”, e che “non commetterà trasgressione alcuna delle condizioni imposte per lui”.

Stacanovisti e assenteisti del Parlamento italiano Sempre presente Cinzia Maria Fontana (Pd)

Stacanovisti e assenteisti del Parlamento italiano

Sempre presente Cinzia Maria Fontana (Pd)



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Con il 100% di presenze alla Camera dall’inizio della legislatura, nel febbraio 2013, Cinzia Maria Fontana (nella foto), Giuseppe Guerini e Tito Iannuzzi, guidano la classifica degli stacanovisti del Parlamento, secondo il monitoraggio che quotidianamente fa Openpolis.