Inchiesta sulle acque minerali.

Inchiesta sulle acque minerali. Ecco le sostanze nelle 32 marche più famose

Secondo l’ultima puntata di Report gli italiani sono quelli che bevono più acqua minerale dopo i messicani. “Abbiamo delle acque minerali tutte a norma e tra le migliori in Europa. Ci sono tuttavia informazioni che vale la pena di conoscere”

Aumenta il consumo di acque minerali
Aumenta il consumo di acque minerali
Redazione Tiscali

Chiare, fresche e dolci acque” era il titolo dell’ultima puntata di Report in cui una inchiesta di Claudia Di Pasquale ha messo a nudo  il mondo delle acque minerali approfondendone l’origine e alcune pratiche di commercializzazione. Si tratta di un mercato molto importante e perennemente in crescita in Italia, dove – come ha anticipato da studio Sigfrido Ranucci – si spendono “ogni anno mediamente 3,5 miliardi di euro, e si imbottigliano 14 miliardi di litri”. Tanto da risultare “quelli che ne consumano di più dopo il Messico, 200 litri a testa”.

Nonostante ci siano acque minerali “che hanno caratteristiche simili a quelle dell’acqua di casa devono sottostare a un’apposita legge che limita la presenza di alcuni elementi che contengono”, tanto che ce ne sono alcune “che addirittura non potrebbero essere bevute tutti i giorni – precisa Ranucci – cosa consigliata anche dal Ministero dello sviluppo economico nel manuale per l’etichettatura”. Tale manuale, in effetti, indica di “rivolgersi ad un medico prima di consumarle soprattutto se si hanno delle patologie”.

Nessuna uguale all’altra

Di fatto non esiste un’acqua minerale uguale ad un’altra e la differenza la fanno i componenti del terreno dove sgorga la sorgente, spiega la trasmissione. Alla fine se vuoi sapere cosa contiene l’acqua che bevi “devi leggere le etichette”, ma – va detto – “la legge non obbliga le aziende produttrici a scrivere proprio tutto”.

I 32 campioni analizzati

Report ha analizzato le normative che regolano questo settore e le differenze con l’acqua potabile. A distanza di 7 anni dall’analisi condotta da una equipe composta dalle università di Napoli, Bologna, Cagliari e Benevento che aveva analizzato 186 campioni di acque minerali tra le più famose d’Italia scovando le cose che non erano indicate in etichetta, il gruppo di Ranucci ha replicato quegli studi. “Ha portato 32 campioni di acque minerali tra le più famose ad analizzare presso il prestigioso British Geological Survey in Gran Bretagna fornendo alla fine una tabella con i risultati che pubblichiamo di seguito.

Si scopre così che in certe acque possono esserci dei livelli elevati di berillio, “ma – come sottolinea Benedetto De Vivo, professore di Geochimica all’Università Federico II di Napoli – uno può assumere tranquillamente acqua che contiene berillio e chi la produce non è assolutamente  fuori legge perché non c’è la legge”.

Oppure trovarsi a constatare che “oggi il limite del manganese è di 50 microgrammi per l’acqua potabile e di 500 per le acque minerali”, spiega Claudia Di Pasquale. Mentre per quanto riguarda l’alluminio Luca Arcangeli, direttore sanitario dell’Arpa Lazio, precisa che il limite per le acque potabili “è di 200 microgrammi per litro, mentre per le acque minerali non ha limite”. Per il fluoruro invece “le acque potabili – continua l’esperto – hanno un limite di 1,50 e quelle minerali di 5”. Il professor Benedetto De Vivo si domanda perché sia così, “se poi ormai beviamo più acqua minerale che acqua di rubinetto?”. Per questo nell’etichetta dovrebbe essere tutto precisato, soprattutto se un’acqua non è consigliabile per l’infanzia. Ma spesso certe scritte sulle bottiglie che finiscono sulle nostre tavole proprio non ci sono.

Le differenze tra potabile e minerale

Inoltre, è corretto che le differenze tra acque potabili e acque minerali ci siano? “Sì, certo – risponde alla Di Pasquale il vice presidente di Mineracqua, Ettore Fortuna – E’ corretto e lo fa il legislatore non è che le facciamo noi le leggi”. Sono per altro norme che rispecchiano direttive europee.

Una sostanza che ha lo stesso limite sia per l’acqua potabile che per quella minerale è invece l’arsenico, che Paola Michelozzi, dirigente del Dipartimento Epidemiologia Ambientale del Lazio, definisce “sostanza che ha effetto su tutto, su tutti i sistemi dell’organismo, a partire dal sistema cardiovascolare, polmonare, ha effetti genotossici ed effetti cancerogeni accertati. Per il tumore del polmone, della cute e della vescica”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito come limite dell’arsenico nell’acqua da bere 10 microgrammi per litro, precisa l’autrice dell’inchiesta, ma “sarebbe giusto conoscere se bevo un’acqua minerale qual è la concentrazione di arsenico”, afferma Domenico Cicchella, docente di Geochimica Ambientale all’Università del Sannio. Però – dice il professor De Vivo confermando l’osservazione del collega – “se lei guarda un’etichetta di un’acqua minerale, non trova…”. E ancora: “Mica c’è scritto quanto cadmio c’è. Mica c’è scritto quanto rame c’è”.

Tutte a norma e tra le migliori d’Europa

Il vice presidente di Mineracqua fa notare che nelle etichette “non c’è spazio per scrivere più nulla…”. Ma – fa notare Ranucci dallo studio di Report – invece “sarebbe giusto”. Molto utile allora la tabella, con i risultati delle analisi delle 32 acque minerali tra le più note, presentata da Report cui vale la pena di dare un’occhiata. “La bella notizia – precisa Ranucci – è che abbiamo delle acque minerali tutte a norma e anche che sono tra le migliori in Europa. Detto questo però ci sono informazioni che vale la pena di conoscere”. Per esempio “ci sono quelle povere di sodio e quelle ricche di solfati – spiega Claudia Di Pasquale – Abbiamo trovato il berillio. In qualcuna c’è anche un po’ di arsenico”.

Ma ecco la tabella (Versione Pdf).

La tabella di Report sulle 32 acque minerali analizzate dal British Geological Survey

Il capitano dei carabinieri e l’intercettazione truccata per incastrare il padre di Renzi

Il capitano dei carabinieri e l’intercettazione truccata per incastrare il padre di Renzi: “Lo dobbiamo arrestare”

Il clima è pesantissimo perché la Procura di Giuseppe Pignatone, che si sta muovendo con molta accortezza, sta disvelando una trama che fa intravedere scenari inquietati

Il capitano Scafarto, Matteo Renzi e il padre Tiziano
Il capitano Scafarto, Matteo Renzi e il padre Tiziano

Gli ufficiali del Noe dei carabinieri volevano arrestare Tiziano Renzi, il padre dell’allora premier Matteo Renzi, anche se l’inchiesta del Pm anglonapoletano John Henry Woodcock ipotizzava un reato, il traffico di influenze, che non prevedeva la possibilità di arrestare l’indagato.
Siamo a una svolta nelle indagini della Procura di Roma sulla fuga di notizie del fascicolo Consip. E si aggrava la posizione degli ufficiali del Nucleo Operativo ecologico che volevano addirittura intercettare il comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette, e il suo capo di Stato maggiore, il generale Gaetano Maruccia.

Il clima è pesantissimo perché la Procura di Giuseppe Pignatone, che si sta muovendo con molta accortezza, sta disvelando una trama che fa intravedere scenari inquietati. Con il procedere delle indagini, infatti, si riduce al lumicino, anzi a zero, la possibilità che il capitano Scafarto abbia commesso un errore nella trascrizione sulla informativa della intercettazione nella quale l’imprenditore Romeo avrebbe detto di aver incontrato Tiziano Renzi. E allora se è stata una scelta voluta, perché Scafarto pur sapendo che l’errore sarebbe stato scoperto perché lo fa?
Una possibile risposta è che Scafarto sia un «esaltato». Non si spiegherebbe altrimenti questo comportamento a meno che non si ritenga il capitano Gianpaolo Scafarto sia stato condizionato da un altro collega o da un soggetto esterno nel tentativo di inquinare l’indagine destabilizzando i vertici dei carabinieri.

I contenuti di alcune chat compromettenti sono stati contestati l’altro giorno negli interrogatori al vicecomandante del Noe, il colonnello Sessa.
Fate attenzione alle date. L’informativa consegnata alla Procura di Roma è del 9 gennaio scorso. Sei giorni prima, il 3 gennaio, Scafarto chatta su WhatsApp con i suoi sottoposti.
SCAFARTO «Buongiorno a tutti, forse abbiamo riscontro di incontro tra Romeo e Renzi Tiziano. Ieri ho sentito a verbale Mazzei il quale ha riferito che Romeo gli ha raccontato di aver cenato o pranzato con Tiziano e Carlo Russo. Quindi l’ambientale ( si riferisce a quella nella quale si sente dire “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato”, ndr) e seguenti Remo (vicebrigadiere Remo Reale, ndr) riascoltala subito. Questo passaggio è vitale per arrestare Tiziano. Attendo la trascrizione…».
REALE: «(un’ora dopo la richiesta del capitano, ndr) Sto trascrivendo..ho trovato quel passaggio e sembra sia Bocchino che dice quella frase».
SCAFARTO: «Ok, ascolta bene. Falla ascoltare pure a qualcun’altro»
REALE: «Già fatto è siamo giunti alla conclusione che è Bocchino che abbassando il tono della voce dice quella frase».
SCAFARTO: «Quindi Bocchino dice che lui ha incontrato..o Romeo ha incontrato?».
REALE: «Bocchino riferisce a Romeo una tesi difensiva da adottare in virtù di notizie in loro possesso».
SCAFARTO. «Ok. Mi rimandi file che hai trascritto di Bocchino e Romeo non me l’hai mandato…».
REALE: «Arriva…file trasmesso».

Non ci sono più dubbi, dunque. Il capitano Scafarto manipola l’informativa sostituendo il nome di Bocchino con quello di Romeo perché lavora per arrivare all’arresto del padre del presidente del Consiglio.

In un’altra chat (9 agosto) con il suo vicecomandante, il colonnello Sessa, Scafarto gli comunica che vuole piazzare le cimici per intercettare il comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, che deve incontrare l’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni. E cimici vanno piazzate anche per sentire il capo di Stwtk Maggiore, il generale Gaetano Maruccia.

È evidente, a questo punto, che la tranche della inchiesta Consip sulla fuga di notizie agli indagati (e anche ai giornali) è a un giro di boa. Che la Procura di Giuseppe Pignatone sta valutando con molta attenzione le posizioni del ministro Luca Lotti, del comandante generale Del Sette, del generale che guida i carabinieri della Toscana, Saltalamacchia.

Ma non si può far finta di nulla. Il fatto che un capitano del Noe avesse deciso di arrestare il padre del presidente del Consiglio è gravissimo. È un attacco che punta alla destabilizzazione. È solo il desiderio di un esaltato o dietro c’è un burattinaio? E chi è?

Il sogno Hyperloop contagia L’Europa: come viaggiare a 1000 chilometri orari

Il sogno Hyperloop contagia L’Europa: come viaggiare a 1000 chilometri orari

Il rivoluzionario progetto prevede delle “capsule sospese con magneti all’interno di un tubo dove la densità dell’aria è molto minore rispetto a quella dell’atmosfera”

Componente per la realizzazione del progetto Hyperloop
Componente per la realizzazione del progetto Hyperloop
Redazione Tiscali

Lo slogan coniato per l’occasione da Hyperloop One, l’azienda di Los Angeles sbarcata in Europa per diffondere il suo sogno, è “noi non vendiamo un nuovo sistema di trasporto, noi vendiamo tempo”. Si ritengono portatori di una realtà rivoluzionaria. “Quando per 300 chilometri serve meno di mezz’ora, la media per recarsi in ufficio, cambia l’idea stessa di città. E cambia anche quella di area produttiva ed economica legata a un tessuto urbano. Si pensi solo a cosa potrebbe significare per il settore edilizio o per la logistica”, sostiene stando a Repubblica, Rob Lloyd, da Amsterdam, dove è in visita per incontrare il ministro dei trasporti dei Paesi Bassi.

Lloyd non è uno qualunque. Ha lavorato per Cisco come presidente per Europa, Africa e Medio Oriente. Ventun anni impiegati a gestire problematiche di gran livello durante la rivoluzione del Web. Ora la nuova creatura si chiama Hyperloop ed entro il 2021 dovrebbe emettere i primi vagiti a Las Vegas, negli Emirati Arabi Uniti e in Olanda.

Il progetto originario è del 2013 e scaturisce dalla mente di Elon Musk. Prevede delle “capsule lanciate a mille e cento chilometri all’ora sospese grazie a dei magneti all’interno di un tubo dove la densità dell’aria è molto minore rispetto a quella dell’atmosfera”. Un progetto non facile da realizzare e che, in ogni caso, richiederà del tempo.

L’ad di Hyperloop Rob Lloyd

Una cosa da fantascienza comunque, studiata dalle sue “Tesla e Space X e che lo stesso Musk ha regalato rendendo open source il progetto”. Le società nate da quello sforzo si chiamano appunto Hyperloop Transportation Technologies e Hyperloop One.

Ad avviso dello stesso Lloyd che ne è amministratore delegato può sembrare una follia, ma “questa è l’infrastruttura della nuova banda larga, calata nel mondo reale”. Una scommessa che cambierà il concetto stesso di mobilità, sostiene. Una sfida dalle prospettive economiche enormi. “Parliamo di un mercato ben più grande di quello della tecnologia”.

Negli Usa esiste già un tratto, in Nevada, e tra qualche giorno sarà effettuato un test ufficiale. Contestualmente si cerca di diffondere la buona novella in tutto il mondo, cercando di far capire agli amministratori internazionali che si parla di una tecnologia che potrebbe consentire di spostarsi da Monaco a Berlino in soli 40 minuti. Da Madrid a Tangeri in 50 minuti. Da Cagliari a Bastia in 40 minuti. Da Londra a Edimburgo in meno di un’ora. Da Tallin, in Estonia, a Helsinki, in Finlandia, in 8 minuti.

Secondo le prime reazioni i costi dovrebbero risultare promettenti: risparmi di un terzo rispetto all’alta velocità, senza contare i vantaggi ambientali derivanti dal fatto che tutto funziona elettricamente. Per ora l’iniziativa – a leggere Repubblica – è piaciuta molto agli Emirati Arabi. E si dice anche ad altri Paesi. Ma non mancano le riserve. Altre volte progetti innovativi hanno dovuto fare i conti col fallimento. Ma ci sono stati anche progetti apparentemente irrealizzabili o pericolosi che invece sono diventati realtà.

Per Luca Cesaretti, uno dei fondatori della Ales Tech di Milano e ha sviluppato il sistema di levitazione magnetica Ironlev partendo proprio da Hyperloop, “i problemi sono i costi”. Ma ciò non significa che non si possa fare. “Per questo abbiamo ideato una tecnologia che si possa applicare anche ai binari tradizionali. Non arrivi a mille chilometri all’ora, però riduci i consumi e l’usura. Detto questo, il movimento Hyperloop è concreto e ha già raccolto centinaia di milioni di dollari”. Una forte spinta alla fattibilità del progetto dovrebbe arrivare tuttavia dalle leggi che i Paesi riusciranno a sfornare per “far operare questa nuova specie di trasporto pubblico”, spiega Lloyd.

Benevento in Serie A: non è stregoneria!

Benevento in Serie A: non è stregoneria!

Per la prima volta nella sua storia calcistica il Benevento approda nella massima serie.

Subito si sono sprecati titoli d’effetto e ironici tutti basati sulla dicotomia tra il logo dei Sanniti, rappresentato da streghe e il risultato sportivo raggiunto dalla compagine giallorossa.

Per la maggior parte delle testate infatti, la storica promozione rappresenta un vero e proprio miracolo calcistico o una stregoneria, ma è davvero così?

Secondo, il punto di vista degli “addetti ai lavori”, infatti, il successo di questa strepitosa stagione passa da una programmazione sapiente e oculata, partita da lontano e più precisamente dallo scorso anno di Lega Pro, culminato con la altrettanto storica promozione in B. In quell’occasione, dal Mr.Auteri, venne allestito un organico composto da un sapiente mix di giocatori esperti o maturi e di giovani pronti a tutto pur di raggiungere l’obiettivo prefissato, la vittoria sul campo. Coadiuvato e appoggiato in toto da tutto lo staff tecnico e societario quell’organico sorprese tutti con una promozione diretta sul campo.

Una volta approdato in B, il Benevento ha pensato bene di non stravolgere l’organico vincitore del campionato precedente che, sia sotto l’aspetto tecnico, sia per quanto riguarda l’età, presentava i presupposti giusti per fare un buon campionato.

Ma la mossa che sorprese tutti fu la scelta dirigenziale e societaria di non avvalersi delle prestazioni dell’allenatore artefice del miracolo affidandosi a un tecnico più esperto per la categoria quale Baroni.

A buona parte dei tifosi sanniti la scelta sembrò azzardata e poco riconoscente nei confronti del tecnico Auteri che, ancora una volta, in carriera, si ritrovò a costruire realtà importanti in Lega Pro senza poter continuare anche in serie B il suo lavoro.

Ebbene quella scelta sul campo si è rivelata felice e fruttuosa, restituendo al campionato di B una squadra pragmatica e concreta, sorretta da individualità anche importanti e calciatori in rampa di lancio in grado di poter dare alla causa ancora tanto e per tanto tempo.

Ma al di là del fattore tecnico, che ha influito in misura diretta sul risultato sportivo – di pari passo con un livello tecnico medio del campionato di B di qualità tecnica appena superiore  alla sufficienza e una formula tanto criticabile quanto avvincente quale quella dei play off – il vero motore trainante del Benevento è stato ancora una volta il presidente Vigorito e con esso l’enorme dose di passione sportiva e completa dedizione alla causa che l’avvocato è stato in grado di trasmettere a tutta la sua realtà sportiva.

Il presidente è destinato a entrare nel novero di quei presidenti “vecchio stampo” in grado di dare tutto sia sotto l’aspetto umano sia economico, per la causa sportiva.

Una Società che in C2 parte senza un campo d’allenamento decente e uno stadio sistemato, è stata in grado di  creare, con passione e investimenti importanti, una struttura organizzativa notevole, rimodellare le strutture sportive ai suoi fini, rifondare e curare il settore giovanile (specchio essenziale per valutare l’operato di ogni società calcistica), investire ogni anno con caparbietà e ostinazione alla ricerca del risultato, il tutto senza chiedere nulla in cambio e col solo scopo di portare il Benevento il più in alto possibile: un presidente d’altri tempi in tempi attuali in cui vince invece austerità e occhio continuo ai bilanci.

Renzi, Berlusconi, Grillo: chi ha vinto e chi ha perso

Renzi, Berlusconi, Grillo: chi ha vinto e chi ha perso

Il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo  (Ansa)
Il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo (Ansa)

Questa volta il M5s non ci ha sorpreso. Cinque anni fa ci fu il caso Parma. L’anno scorso ci furono i casi di Roma e Torino e le 19 vittorie nei 20 ballottaggi. Quest’anno niente. Non essere riuscito a piazzare alcun candidato al secondo turno in nessun comune capoluogo, e solo 10 candidati nei 160 comuni superiori ai 15.000 abitanti, è un brutto segnale per il Movimento. Le elezioni amministrative non sono mai state il suo terreno preferito, ma ci si poteva aspettare che sulla scia dei risultati dello scorso anno avrebbe mostrato dei progressi nella selezione di una classe dirigente a livello locale capace di competere con i partiti tradizionali. Evidentemente non è così. E questo nonostante il fatto che a livello nazionale la stima delle intenzioni di voto lo diano di volta in volta al primo o al secondo posto con percentuali che oscillano tra il 25 e il 30%. Numeri molto lontani da quelli ottenuti in questa tornata elettorale che in molte delle città al voto hanno visto il Movimento con percentuali a una cifra. Va da sé che la debolezza dei suoi candidati e del suo radicamento si è riflessa pesantemente sui consensi alla lista, che complessivamente nei 160 comuni ammontano al 10%. I casi Appendino e Raggi restano per ora una eccezione. Ma da qui a profetizzare il tracollo ce ne corre. Per parlare di ritorno al bipolarismo è bene avere qualche dato in più.

A livello locale però è vero che la partita si gioca soprattutto tra centro-sinistra e centro-destra. Nei 160 comuni superiori ci sono state 49 vittorie al primo turno. Di queste 23 sono state appannaggio di Pd e alleati e 11 di Fi e alleati. Nei 111 comuni al ballottaggio il candidato del centro-sinistra è al ballottaggio in 78 casi (in 40 comuni in pole position). Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia sono insieme al ballottaggio in 72 comuni, tra i quali ce ne sono 43 in cui il loro candidato è al primo posto. In questi 111 comuni in cui si voterà Domenica 25 ci saranno 52 sfide dirette tra i candidati del centro-destra e quelli del centro-sinistra. A questi si aggiungono una varietà di altre sfide. Nei 10 comuni su 160 in cui il M5s è al ballottaggio in 5 casi affronterà un candidato del centro-destra e in 4 casi uno del centro-sinistra. Interessante è anche la situazione nei 25 comuni capoluogo. Tre sono già stati assegnati (Cuneo, Palermo e Frosinone). Nei 22 comuni al ballottaggio ci saranno 18 sfide dirette tra centro-sinistra e centro-destra. In 12 casi il candidato di Fi e alleati è primo.

LE COALIZIONI
Risultati nei comuni con più di 15mila abitanti. Dati in %. (Nota: per le comunali risultati maggioritari dei candidati sindaci, per le politiche voti alle coalizioni, per le europee somma dei risultati dei partiti; per le politiche 2013 il dato 28,7 si riferisce a centrodestra e destra uniti – Fonte: cise.luiss.it)
8,4%6,0%6,5%35,9%27,9%40,9%31,2%9,2%10,4%24,3%28,7%16,6%28,4%6,0%8,3%6,6%27,3%22,8%10,2%9,6%18,0%Comunali 2012Politiche 2013Europee 2014Comunali 20170%20%40%60%80%100%
AltriM5sDestraCentrodestraCentroCentrosinistraSinistra

L’esito di tutti questi ballottaggi dipenderà da diversi fattori. Le alleanze che i due contendenti riusciranno a fare nei prossimi giorni. Il livello di astensione che è già stato alto al primo turno e che aumenterà molto probabilmente al secondo. Il fenomeno potrebbe colpire in maniera diversa i due candidati perché non è detto che la loro capacità di rimobilitazione sia la stessa. Un altro fattore molto rilevante potrebbe essere il comportamento degli elettori del M5s. Non sono molti, come abbiamo già fatto notare, ma se decideranno di non astenersi il loro voto potrebbe fare la differenza. In passato hanno preferito più spesso il candidato del centro-destra rispetto a quello del centro-sinistra. È probabile che finisca così anche questa volta. Ma ci saranno differenze interessanti da comune a comune che l’analisi dei flussi metterà in luce.

Per fare un bilancio complessivo di questa tornata elettorale bisogna aspettare Domenica 25. Oggi registriamo il fatto che il centro-destra, anche con un Berlusconi acciaccato, è ancora vivo e vegeto a livello locale. Si è presentato unito quasi dappertutto. Cosa che in passato non è sempre accaduta. Per esempio a Torino e Roma l’anno scorso. Un centro-destra unito è un attore competitivo. Queste elezioni locali ne sono una conferma.

Ma si può estrapolare questa conclusione a livello nazionale ? Per Berlusconi, Salvini e la Meloni non è un problema stare insieme quando si tratta di eleggere un sindaco. Ma non è la stessa cosa eleggere un presidente del consiglio. Quella che una volta chiamavamo la coalizione di Berlusconi non c è più, ma non è ancora nata la coalizione di Salvini. Una volta c’era la secessione a dividere Forza Italia dalla Lega Nord, oggi c’è l’Europa. La secessione era un problema nostro, l’Euro è un problema nostro ma anche dei nostri partners. Berlusconi ci ha abituato a manovre spericolate in nome della unità del centro-destra. La sua capacità di aggregazione è straordinaria. Ma il Berlusconi di oggi non è quello del 1994, del 2001 o del 2008. E soprattutto il Salvini di oggi non è il Bossi di ieri. Su quale programma e su quale candidato premier potrebbero mettersi d’accordo ? Quello che ha funzionato a livello locale non è facilmente replicabile a livello nazionale, soprattutto con una legge elettorale che spinge a stare insieme prima del voto dentro una lista unica.

Rischio erosione per 782 km di spiagge italiane, l’allarme che spaventa il Sud

Rischio erosione per 782 km di spiagge italiane, l’allarme che spaventa il Sud

Cinque le “regioni rosse” principalmente interessate dal fenomeno

Rischio erosione per 782 km di spiagge italiane, l'allarme che spaventa il Sud

Redazione Tiscali

Allarme rosso per l’erosione costiera in Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Molise: ad essere a rischio sono 782 Km di coste meridionali con percentuali elevatissime, oltre il 54%. A denunciare la situazione, i geomorfologi italiani che presenteranno i risultati di alcune ricerche sul cambiamento delle Alpi centrali e sull’erosione costiera, sul rischio di aumento di frane in Campania e nelle regioni vulcaniche, il 15 giugno a Napoli presso il Real Museo di Mineralogia.

Ecco dove si trovano le spiagge a rischio erosione

Sono Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Molise le ‘regioni rosse’ “per alta percentuale di coste in erosione – spiega Micla Pennetta, coordinatrice dei Geomorfologi della Campania e docente di Dinamica e di Difesa delle coste presso l’Università Federico II – il 54,1% di coste è interessato da processi di erosione costiera. La Calabria ha una percentuale altissima con il 60,9% di coste (278 Km) interessato da erosione costiera, mentre Basilicata, Puglia e Molise, hanno rispettivamente il 57,6%, il 55,1% ed il 52,8% delle coste interessate da fenomeni di erosione costiera”. Risalendo la Penisola, invece, le regioni maggiormente interessate dai processi di erosione costiera sono: Marche (48%), Emilia Romagna (31,4%), Veneto (37,3%), Toscana (39,3%), Liguria (16,7%) e Sardegna (14,5%).

Processo erosivo in atto da sempre

Gli studi sulla fascia costiera hanno consentito anche di individuare preesistenze archeologiche di epoca romana. “I ritrovamenti più eclatanti li stiamo avendo nel casertano – aggiunge Pennetta -. Studiando la geomorfologia delle coste, abbiamo individuato e studiato il sito romano sottomarino di Sinuessa, un approdo risalente all’epoca romana trovato sott’acqua, alla profondità di 8 metri, tra Mondragone e Sessa Aurunca”. Grazie agli studi della morfologia e della sedimentazione marina è stata ricostruita la storia sismica e vulcanica dell’area. Alla profondità di 7 metri e a 650 metri dalla costa è stato rilevato un banco roccioso di natura ignimbritica, posto in sito 39.000 anni fa, quando l’attuale area marina era emersa. Verso il margine settentrionale del banco, è stata rilevata un’area depressa, profonda circa 3 metri, caratterizzata dalla presenza di 24 elementi di forma cubica in conglomerato cementizio, che venivano impiegati sulle coste flegree per la costruzione di moli, banchine e per attività connesse ai porti.

L’uomo ha un ruolo e delle responsabilità

Le scoperte e i ritrovamenti fanno pensare che l’area, in epoca romana, fosse emersa e frequentata. Il rilevamento di manufatti sommersi consente poi di collocare la linea di riva di epoca romana a circa 1 km verso il largo. È stata individuata anche una linea di riva più antica, verosimilmente ascrivibile al periodo greco-romano, a una distanza dalla costa attuale pari a circa 1300 metri. Una situazione di grave erosione è stata rilevata dai geomorfologi anche alla foce del fiume Garigliano, inclusa nella rete Natura 2000, quindi sito di interesse comunitario con arretramento della linea di riva connesso, oltre agli effetti dei processi naturali, alla costruzione di sbarramenti e briglie fluviali lungo il fiume, alla coltivazione di cave di sabbie in alveo e sulle spiagge; asporti che hanno prodotto un impoverimento del trasporto solido e quindi un minore rifornimento della spiaggia.

La carica dei 55 grillini indigenti prima di essere miracolati da Grillo

Di Maio e Fico a reddito zero. Di Battista a tremila euro. La carica dei 55 grillini indigenti prima di essere miracolati da Grillo

Ecco tutto l’elenco dei politici M5S. Poi c’è un caso del tutto incomprensibile: Vito Petrucelli (senatore) ha denunciato un reddito negativo: meno 296 euro. Difficile capire come diavolo abbia fatto

Alessandro Di Battista, deputato del Movimento 5 Stelle. Nel 2012, prima di essere eletto al Parlamento, dichiarò 3.176 euro

A volte la politica è di una semplicità sconcertante. Sono i commentatori che la rendono complicata. Prendiamo il caso dei grillini, che da mesi spiegano che bisogna andare a votare di corsa per impedire che i parlamentari si portino a casa la pensione. E’ una scemenza perché, per ottenere questo risultato, le camere andrebbero sciolte immediatamente, e forse è già tardi. Ma il punto non è questo. Il punto consiste in quello che ha appena rivelato “Il Giornale”: metà dei parlamentari 5 stelle sono dei disoccupati, non hanno  cioè un lavoro nella vita “civile”.

Il più famoso di questi è appunto il famoso Giggino Di Maio (candidato premier, secondo lui, dei grillini), che non a caso è stato sopranominato dalla rete “primaredditozero”: nella sua ultima dichiarazione dei redditi, prima di diventare parlamentare, grazie a una manciata di clic (180 pare), aveva appunto dichiarato un reddito uguale a zero, nemmeno un euro, venti centesimi, niente.  Stava a casa e aspettava che la mamma gli mettesse in tavola la minestra e gli comprasse, ogni tanto, dei calzini nuovi.

Di Maio, che si ostina a presentarsi come futuro capo di palazzo Chigi e che oggi gira avvolto in impeccabili grisaglie era questo: uno che non guadagnava nulla, uno sfaccendato. Ma, si dirà, Giggino è un caso. Mica tanto, visto che un altro che ha fatto una gran carriera, tale Roberto Fico, addirittura presidente della commissione di vigilanza Rai, è un altro che ha denunciato zero redditi prima di diventare parlamentare.

Un altro degli eroi a cinque stelle molto noto, l’avventuroso, Alessandro Di Battista, giramondo e scrittore oltre il ridicolo (famosi i suoi colloqui con le scimmie urlatrici), se non altro denunciava un reddito, annuale, di ben 3.176 euro. Non si sa di cosa vivesse con così pochi soldi: anche lui, quasi certamente, dalla mamma.

Poi c’è almeno un caso del tutto incomprensibile: Vito Petrucelli (senatore) ha denunciato un reddito negativo: meno 296 euro. Difficile capire come diavolo abbia  fatto. Viene solo in mente che probabilmente era così povero, ma davvero povero, che quando l’hanno rapinato (gli alieni?) aveva solo 300 euro in tasca, frutto di un’intera vita di lavoro.

Ma non mancano altri fenomeni fra i 5 stelle. Emanuele Cozzolino, ad esempio, ha dichiarato 24 euro di reddito. Mirella Liuzzi ha avuto più successo nella vita: 114 euro di reddito prima di diventare parlamentare. Inutile cercare notizie su di lei, nemmeno Vikipedia ne ha. Praticamente si tratta di una signorina niente, sbucata fuori dal nulla e che invece adesso viaggia sui 100 mila euro l’anno (come tutti gli altri grillini).

Si potrebbe andare avanti per ore con questi elenchi. La senatrice Paola Taverna, una guerriera a 5 stelle, indomabile, denunciava 16 mila euro, come segretaria di un poliambulatorio: qualche cappuccino (senza brioches) se lo deve essere permesso. Roberto Giarrusso, invece, ala dura del Movimento, guadagnava meno di 10 mila euro l’anno. Eppure dispone di una stazza notevole: anche a lui deve aver pensato la mamma o qualche altro parente.

Insomma, metà dei “meravigliosi ragazzi” di Grillo non aveva un’occupazione e non guadagnava niente. Adesso, invece, 100 mila all’anno. E con una faccia tosta straordinaria ci vengono a spiegare che sono “gli altri” parlamentari che non vogliono andare a casa. Loro, invece, sognano solo di poter tornare a reddito zero il prima possibile.

Non ci sono grandi commenti da fare. Da questa piccola ricerca si scopre che Grillo ha scoperto e mandato in parlamento un gruppo di sfigati, senza una professione e senza un reddito. Una volta, quando andava più di moda la letteratura americana, c’era un termine preciso per tipi così: drop out. Si può tradurre con sbandati, emarginati  volontari, gente che rifiuta la società e che si getta nel primo fosso che incontra. Meravigliosi ragazzi.

Inferno di Cristallo a Londra, incendio alla Grenfell Tower

Inferno di Cristallo a Londra, incendio alla Grenfell Tower: nella torre anche due famiglie italiane

Gloria Trevisan e Marco Gottardi, entrambi veneti, risultano dispersi a seguito dell’incendio che ha provocato 12 morti e decine di feriti

Redazione Tiscali

 “Siamo stati al telefono con i ragazzi fino all’ultimo istante, poi ci hanno detto che l’appartamento era invaso dal fumo e le comunicazioni si sono interrotte. Speriamo solo in un miracolo”, ha detto Giannino Gottardi, il papà di Marco. Purtroppo la Farnesina ha anche fatto sapere ai genitori che i due giovani “non risultano tra le persone ricoverate negli ospedali di Londra”. Due italiani, Gloria Trevisan 27 anni, di Camposampiero (Pd) e il fidanzato Marco Gottardi, coetaneo, di San Stino di Livenza (Ve), risultano dispersi. Da tre mesi erano nella capitale inglese per lavoro. Abitavano al 23° piano del condominio andato in fiamme. “Il fratello della ragazza – spiega il Gazzettino – è partito per Londra, dopo che per tutta la mattinata i familiari hanno tentato di contattarli telefonicamente. Il telefono squillava, ma nessuno rispondeva e dopo un po’ il segnale è scomparso.

Entrambi arichitetti, i due giovani, vivevano nel palazzo “multietnico” dove insieme a molte persone di tutte le nazionalità abitavano altri tre nuclei familiari italiani, uno di questi con due figli. Gloria ha telefonato alla famiglia proprio quando il rogo è divampato per avvisare di quanto stava accadendo. Da quel momento in poi, i familiari della ragazza non sono più riusciti a mettersi in contatto con lei: a raccontarlo alla sindaca di Camposampiero, Katia Maccarrone, è stato il nonno della ragazza. “Ho parlato con il nonno – riferisce all’Adnkronos la sindaca che è in contatto sia con la famiglia della ragazza dispersa che con la Farnesina per avere notizie e aggiornamenti -. Sono molto preoccupati, sono disperati: l’hanno sentita proprio mentre è iniziato l’incendio, ha chiamato a casa per dire che stava divampando, poi non sono riusciti più a parlarle”. “Sono ore di angoscia”, sottolinea Maccarrone. Gloria è “a Londra da un paio di mesi per cercare lavoro. E proprio domani doveva tornare a casa”, continua.

Le altre notizie

“Nella torre abbiamo cinque appartamenti affittati e alcuni clienti sono italiani”, ha spiegato Beatrice Antonini, agente immobiliare, ai microfoni di Radio 24, in particolare sono “due famiglie italiane con bambini. Al momento non abbiamo saputo niente di loro”. “Non sappiamo cosa sia successo e mi sto recando sul posto per avere maggiori informazioni e sapere se i miei clienti stanno bene”, aggiunge. “Ho saputo che gli allarmi anti incendio non hanno funzionato. mi sembra grave e incomprensibile perché la torre è sempre stata controllata perfettamente”. Alla giornalista che le chiede maggiori dettagli sui controlli effettuati all’interno della torre, l’agente immobiliare replica: “Noi facciamo ogni tre mesi dei controlli negli appartamenti e ci aggiorniamo coi proprietari e col sindacato che gestisce la torre. Tutti i controlli erano normali e non si capisce cosa sia successo”.

Il bilancio delle vittime

E’ di almeno 12 morti il bilancio provvisorio dell’incendio alla Grenfell Tower di Londra, ma il numero è destinato a salire. “Posso confermare sei morti a questo punto, ma questo numero probabilmente aumenterà durante quella che sarà una complessa operazione di recupero della durata di diversi giorni. Numerose altre persone stanno ricevendo cure”. A dare il drammatico annuncio è Stuard Cundy, della polizia metropolitana di Londra. Testimoni raccontano di aver visto con i propri occhi alcuni residenti lanciare nel vuoto i propri bambini, nell’estremo e disperato tentativo di sottrarli alle fiamme. “Si sentiva gente gridare: aiutatemi, aiutatemi – racconta alla Bbc Tamara -. E gente che lanciava i propri bambini urlando, ‘Salvate i miei figli'”, nonostante i pompieri “dicessero di stare fermi e che sarebbe arrivati loro a prenderli”. Nel grattacielo di 27 piani, situato a North Kensington, sono stati completamente distrutti 24 livelli, ma “c’è ancora gente viva all’undicesimo piano del grattacielo”.

Persone ancora in trappola ma vive

A tenere viva la speranza è Daniele, un romano che abita nella zona del terribile incendio. “Ho sentito gli elicotteri. All’inizio pensavo fosse una rissa, poi mi sono alzato e ho visto le fiamme”, racconta l’italiano, che lavora come buttafuori in una discoteca della capitale. “Un mio amico vigile del fuoco, mi ha detto che ci sono ancora persone vive ma intrappolate all’11esimo piano”. Incredibile storia quella di un bimbo salvo dopo esser stato lanciato da una finestra, probabilmente  dalla madre che, disperata, tentava di sottrarlo alle fiamme. Il piccolo sarebbe stato afferrato da un uomo, che lo ha preso al volo.

Decine di feriti in ospedale

L’inferno si è scatenato per cause ancora da accertare verso l’una locale (le 2 in Italia): il grattacielo è diventato come una gigantesca torcia nella notte. Molti i feriti trasportati negli ospedali. Secondo i media molte persone potrebbero esser rimaste intrappolate nei piani alti. Scioccanti le testimonianze di chi ha assistito con i propri occhi a una scena che ha riportato la paura nella capitale britannica, anche se questa volta non sembra trattarsi di un atto terroristico ma, semmai, di un drammatico “incidente”.

Il racconto drammatico dei testimoni

Sono passati complessivamente sei minuti dal momento in cui è divampato il primo focolaio a un piano basso del grattacielo a quando l’intero palazzone si è ritrovato avvolto dalle fiamme fino in cima. E’ questo il calcolo dei vigili del fuoco. Da confermare, invece, l’indiscrezione secondo cui l’origine dell’incendio andrebbe ricercata al quarto piano. Intanto partono le prime accuse contro i vigili del fuoco. “Dall’una, quando è scoppiato l’incendio, alle quattro di mattina, i vigili del fuoco non sono intervenuti – raccontano diversi testimoni -. Guardavano il grattacielo bruciare”. “Siamo preoccupati per una famiglia di nostri amici che abitava al 21mo piano – dice invece Aysha fuori dal centro di raccolta cibo e generi di prima necessità per le persone evacuate -. Ci sono anche tre bambini piccoli, non ci fanno sapere nulla”.

Paura per il collasso della struttura

La London Fire Brigade, dopo aver condotto coi propri ingegneri strutturali una perizia sull’edificio, ha voluto comunque tranquillizzare spiegando che non vi sono segnali che facciano ipotizzare un collasso della struttura, che resta pertanto sicura per i tanti pompieri che stanno operando al suo interno. Sul posto, nonostante le accuse di alcuni cittadini, hanno lavorato oltre 200 pompieri, con una quarantina di mezzi e autoscale, dalle quali sono stati indirizzati i getti d’acqua, mentre venivano evacuati numerosi inquilini. Presenti anche decine fra ambulanze, pattuglie della polizia e squadre di soccorso speciale. Il sindaco della citta’, Sadiq Khan, ha definito l’accaduto “un incidente grave”, senza evocare peraltro finora alcuna ipotesi dolosa.

Grattacielo ospitava circa 120 appartamenti

Il Grenfell Tower, costruito nel 1974, fa parte della Lancaster West Estate. Si trova nel Borough (Municipalita’) di Kensington and Chelsea, non lontano dalla popolare area di Notting Hill, e ha uno dei sui affacci su Latimer Road, di fronte all’omonima stazione della metropolitana. È una delle tante case popolari costruite dal governo britannico per fornire alloggi sovvenzionati dallo Stato a famiglie a basso reddito. Nei suoi 120 appartamenti vivevano circa 500 persone di tutte le etnie e le religioni. Di recente era stato avviato un ampio progetto di restauro e risistemazione. E, fra le tante ipotesi, non si esclude che il disastro possa avere a che fare proprio con i lavori. Un allarme sulle carenze di sicurezza alla Grenfell Tower era stato infatti lanciato l’anno scorso da un comitato di cittadini, il Grenfell Action Group, ma invano. Il comitato aveva paventato a novembre che “solo un evento catastrofico” potesse smuovere le acque e lamenta ora di aver trovato “orecchie sorde”. Il dito era stato puntato contro la disponibilità di un solo ingresso, a causa dell’avvio di lavori di riqualificazione della stabile, e contro la presenza di rivestimenti in plastica considerati pericolosi e infiammabili. Anche diversi testimoni dei fatti di stanotte hanno avanzato l’ipotesi che la plastica possa aver avuto un ruolo cruciale nell’alimentare il fuoco e il fumo durante il rogo.

Dramma sfiorato nel 2013

Un primo dramma venne sfiorato nel 2013. Secondo il Guardian online, il Grenfell Action Group sostiene che a causa di una sovratensione nel 2013 è stato evitato per un soffio “un incendio dalle conseguenze drammatiche”, in un momento in cui “i residenti hanno vissuto un periodo terrificante di sovratensioni che in seguito si è capito erano provocate da cablaggi difettosi”. Secondo il comitato sia il comune sia l’azienda comunale che gestisce le proprietà di Kensington e Chelsea hanno ignorato gli allarmi del Grenfell Action Group.

Un anno senza Pannella è come un secolo. Ahimé piuttosto buio…

Un anno senza Pannella è come un secolo. Ahimé piuttosto buio…

19/05/2017 09:00 CEST | Aggiornato 19/05/2017 09:25 CEST

GLORIA IMBROGNO

Dicesi “elaborazione del lutto

La rielaborazione emotiva dei significati, dei vissuti e dei processi sociali legati alla perdita dell'”oggetto relazionale”, ovvero della persona (parente o amico) con la quale si era sviluppato un legame affettivo significativo, interrotto dal decesso della stessa. Il processo di elaborazione del lutto, in base all’intensità del legame affettivo interrotto, alle sue modalità, e a diversi fattori protettivi o di rischio, può essere di durata e complessità variabile. Solitamente, nella sua fase acuta, viene completato entro 6-12 o anche 24 mesi in caso di perdite di figure relazionali primarie (genitori, figli, partner), anche se non sono infrequenti possibili sequele per periodi successivi; si deve comunque tenere conto che il processo di elaborazione è fortemente soggettivo, e può durare per tempi assai variabili in base a fattori personali e situazionali.

L’elaborazione del lutto ha una dimensione personale e, con tutto quel che ciò comporta, attiene alla dimensione emotiva dell’individuo. Certo, nei casi in cui l'”oggetto relazionale” è un personaggi pubblico, il “personale” diventa “politico”, ma sicuramente le implicazioni psicologiche del singolo non possono collettivizzarsi e prendere sopravvento sulla realtà.

Marco Pannella è morto l’anno scorso a 86 anni dopo qualche mese di ritiro domestico e alcuni anni di progressivo peggioramento delle sue condizioni psico-fisiche. Negli ultimi 12 mesi sono state dette e scritte talmente tante cose su di lui che dal numero di articoli, saggi o volumetti pubblicati, e dal numero di “pannellologi” apparsi, par quasi che sia nato un genere letterario ad hoc.

Trattandosi però di un leader politico, e di partito, l’assenza di Pannella sembra esser diventata il motivo (ri)fondante della politica radicale, anzi Radicale con la “R” maiuscola. C’è chi ne sente la mancanza, chi l’assenza, chi non vedeva l’ora, chi ne recupera le citazioni più sconosciute, chi sbertuccia gli slogan più noti, chi tappezza i social con foto rubate o immagini storiche, chi lo usa come arma fratricida, chi se ne sbatte altamente.

Chi ne ricorda i momenti duri, chi l’umanità, chi preferisce il Pannella abruzzese chi quello transnazionale, chi quello degli albori, chi quello della soffitta, chi fa emergere i propri o altrui odii chi pratica ipocrisie o millanta ricordi, chi ce la mena coi gabbiani. Insomma un caos molto umano e, se Pannella fosse ancora vivo, magari anche foriero di creatività. Ma Pannella purtroppo non c’è più. E questo è un dato di fatto che occorre sempre tener bene a mente.

La morte di Pannella, almeno per me, non “sembra ieri”. Un po’ perché il “mio” Pannella non era più lui dal 2011, un po’ perché le mie elaborazioni dei lutti sono, magari per un superficiale ed egoistico riflesso auto-difensivo, veloci. La psichiatra svizzera Elisabeth Kübler Ross, considerata la fondatrice dell’approccio psicotanatologico all’elaborazione del lutto, ha teorizzato cinque fasi di questo complesso processo ma le inquadra comunque in un lasso temporale definito intorno all’anno.

Questi 12 mesi senza Pannella sono stati 12 mesi di grandi – prevedibili, se non previste o ricercate – rotture tra chi ha “subito” il lutto. Rotture che hanno portato a una profonda revisione di cosa possa, debba o voglia essere la politica Radicale e di chi sia titolato a portarla avanti o possa esser all’altezza del “fai quello che devi, accada quello che può”.

Far qui il calendario di chi abbia fatto cosa, come, con chi e perché sarebbe cosa (forse) utile ma magari poco opportuna nel giorno in cui si vuol ricordare Marco Pannella. Men che meno mi par utile interrogarsi sul “cosa avrebbe detto” o “cosa avrebbe fatto” Pannella nell’oggi della politica italiana e mondiale.

Per quanto molta della letteratura (critica) di Pannella vivo lo volesse narciso, mangiatore di figli, egocentrico eccetera, Pannella non era dedito al culto della (propria) personalità. Se così fosse stato si sarebbe occupato, tra l’altro, di lasciare dettagliate istruzioni per il “dopo di lui” che avrebbero individuato priorità, metodi e meriti per la tutela della sua eredità personale e politica. Invece non ha lasciato un testamento né disposizioni anticipate di trattamento.

Sapendo di non star bene da diverso tempo, e non avendolo comunicato pubblicamente come ha fatto Emma Bonino, in piena e totale libertà Pannella ha lasciato quelli che l’hanno seguito negli anni, e fino agli ultimi giorni, di fronte alle proprie responsabilità. Certo ha lasciato il patrimonio a uno solo, ma questo ai miei occhi è un dettaglio irrilevante (resto convinto che dalle parti del Partito Radicale non si faccia politica per i soldi).

Pannella non era un pedagogo, non si preoccupava di formare discepoli, faceva politica radicale, quindi liberale, nonviolenta e riformatrice. Sicuramente aveva positivi o pesanti ascendenti su chi lo frequentava, ma come si “riuscisse a dar corpo” alle idee, sue o di altri Radicali, era lasciato alle individualità che s’incamminavano, con lui o il Partito Radicale, verso il perseguimento di obiettivi precisi. Tra questi non c’era l’ottimizzazione delle risorse o quella dei talenti ma, come si dice, “nessuno è perfetto”.

Però a tutto c’è, anzi ci deve essere, un limite. Il futuro della politica Radicale non può esser rivolto al passato né al mantenere vivo un ricordo ineludibile come quello di quel che è stato Marco Pannella per il Pr e la storia politica italiana, europea e internazionale. L’agenda politica globale è piena di DNA, big data, blockchain, bitcoin, microdosing, microtargeting, genome editing e chi più ne ha più ne metta.

A me Pannella non manca, e non lo dico perché abbia elaborato il lutto o mi sia emancipato politicamente, non mi manca perché son abituato a far tesoro delle reali presenze più che rimaner imbrigliato (o imbrogliato) dalle assenze o a favoleggiare di metafisiche compresenze.

Questi 12 mesi dalla morte di Pannella hanno straziato i Radicali. Non si poteva pretendere che potessimo esser immuni dalle ripercussioni di una perdita enorme che quella – e sicuramente il peggio deve ancora venire – ma chi fa politica Radicale deve reagire laicamente davanti alla morte.

C’è quindi da sperare che il primo anniversario della “scomparsa” di Marco Pannella coincida con l’avvenuta elaborazione del lutto e inviti tutti a guardare avanti, oltre gli ostacoli e oltre Chiasso. Altrimenti sarà solo flatus voci con precisi nomi e cognomi.

Strage delle ragazzine a Manchester, attacco terroristico al concerto di Ariana Grande: 22 morti

Strage delle ragazzine a Manchester, attacco terroristico al concerto di Ariana Grande: 22 morti

L’attentato nell’Arena centrale della città, subito dopo la fine dello spettacolo. Bambini tra le vittime

23/05/2017 07:27 CEST | Aggiornato 23/05/2017 17:29 CEST

ANDREW YATES / REUTERS

Torna il terrore in Gran Bretagna, e torna nel modo più scioccante possibile: un attacco terroristico al termine di un concerto per giovani e giovanissime all’Arena di Manchester, il più grande spazio per il divertimento della città. Il bilancio delle vittime è di 22 morti e almeno 120 feriti. Tra i morti – fa sapere il capo della polizia di Manchester, Ian Hopkins – ci sono anche dei bambini. La più giovane vittima finora identificata aveva 8 anni. Almeno 12 bambini gravemente feriti sono ricoverati in ospedale: secondo quanto riferisce la Bbc hanno tutti meno di 16 anni.

Nei corpi di delle vittime sono stati ritrovati bulloni di ferro, scrive il Guardian, riferendo la testimonianza di parenti di tre persone coinvolte nell’attacco, che erano alla Manchester Arena assieme a una giovane donna di 32 anni, per ora dichiarata dispersa. Ricoverate, le tre ferite – tra di loro una ragazzina di 11 anni – avevano “terribili ferite da schegge” e per due è stato necessario un intervento per rimuovere bulloni metallici.

Secondo la polizia, l’esplosione che ha fatto almeno 22 morti è stata provocata da un “dispositivo improvvisato”, forse fatto detonare da un attentatore kamikaze.

All’ora di pranzo arriva la notizia del primo arresto: si tratta di un uomo di 23 anni, fermato in un quartiere meridionale di Manchester per sospetti collegamenti con la strage dell’Arena.