Concordia, De Falco: “Contro di me provvedimento abnorme”

Concordia, De Falco: “Contro di me provvedimento abnorme”. Ammiraglio Dell’Anna: “È una promozione”

”Ma quale mobbing, quale rimozione. Non scherziamo. Ne firmo cinquecento l’anno di questi trasferimenti. Si tratta di un normale, fisiologico avvicendamento”. Lo afferma l’ammiraglio Ilarione Dell’Anna, responsabile del personale della Guardia costiera, in un’intervista al Messaggero. ”De Falco è in quel posto da nove anni. È normale che in un’organizzazione militare si passi da un settore all’altro, si diversifichino le esperienze. Bisognava riorganizzare tutta la direzione marittima di Livorno, due ufficiali a fine anno andranno in pensione”, spiega Dell’Anna.
Nessuno è inamovibile – ”De Falco è un capitano di fregata. È stato capo servizio operativo e ora sarà responsabile dell’Ufficio studio, del controllo della gestione delle relazioni esterne della direzione marittima di Livorno. Un incarico esattamente dello stesso livello. E non ha cambiato neppure sede, ma solo sedia”, dice Dell’Anna. ”Quando trasferiamo il personale, per dirne una, da Imperia a Gela, allora che dovrebbe accadere? Piaccia o no a De Falco, nessuno nel nostro mondo può reclamare forme di inamovibilità”.
Il trasferimento serve a De Falco – La stessa opinione è stata espressa dall’ammiraglio ispettore capo Felicio Angrisano, comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto, secondo il quale il trasferimento ”non è una diminutio, ma un passo necessario per la sua carriera. Si tratta di fare l’assistente del responsabile del Dipartimento marittimo di Livorno. In questa posizione De Falco potrà mettere a frutto la sua esperienza ed essere anche a disposizione a tempo pieno della magistratura che conduce l’inchiesta sul naufragio”. In un’intervista alla Stampa Angrisano precisa che ”prima dei fatti del Giglio, De Falco era capo sezione operazioni. Subito dopo è stato avanzato d’incarico, assumendo quello di capo servizio, pur mantenendo lo stesso grado. Ora gli si chiede di maturare un’ulteriore e diversa esperienza per essere valutato per la promozione a capitano di vascello, galloni che, se assegnati, gli consentirebbero di assumere ad esempio la responsabilità dell’intero reparto operativo a Livorno, destinazione che risulta gradisca. Fa parte dell’addestramento, non esistono incarichi a vita”.
De Falco: contro di me provvedimento abnorme – Non la pensa allo stesso modo il diretto interessato invece. Per De Falco il trasferimento è ”un provvedimento abnorme. Io non voglio promozioni, voglio soltanto lavorare. E non è questione di inamovibilità, ma di competenza e di economicità amministrativa. Si spendono soldi per formare un ufficiale operativo e poi lo si spedisce in ufficio?”. In un’intervista al MessaggeroDe Falco insiste: ”Provo un senso di grande amarezza in queste ore. Perché lo Stato mi ha formato per una decina d’anni nel settore operativo e ora questa formazione si rivela non più essenziale. Un paio d’anni fa vennero anche a dirimi che sarei andato a comandare una capitaneria di porto, poi non se ne è fatto più niente. Mi spiegate voi il perché?”, dice De Falco. ”Negli uffici della Guardia costiera ho già lavorato, non posso certo disdegnarli. Ma il punto è un altro. Andatevi a vedere gli ordini di servizio: nel posto che vado a occupare, prima di me ci sono stati solo giovani e ufficiali vicini alla pensione. Questa sarebbe la rilevanza dell’incarico?”.
“Lo Stato deve rimediare” – Così Renato Roffi, ex capitano di corvetta livornese, che 23 anni fa fu trasferito nel giro di tre giorni dopo avere denunciato gli errori della Capitaneria di porto di Livorno nella gestione dei soccorsi per la tragedia del Moby Prince, commenta il trasferimento del comandante Gregorio De Falco. “E’ difficile pensare – dice al telefono con l’ANSA – che il suo provvedimento arrivi dal comando generale della Guardia Costiera, perché il comportamento di De Falco ha dato lustro al corpo, penso semmai a una decisione presa della Marina militare. E ha assolutamente ragione De Falco, che conosco appena, quando dice che in quel posto ci vanno solo ufficiali in attesa di andare in pensione o che hanno alle spalle una carriera tutt’altro che brillante. Insomma, è una deminutio capitis bella e buona”. Roffi in questi giorni rivive ciò che capitò a lui nella primavera del 1991 e da allora ha ingaggiato un lunghissimo braccio di ferro con lo Stato che lo ha visto quasi sempre vincitore: “Sono più di 20 i ricorsi al Tar vinti per valere le mie ragioni – racconta – e l’ultimo è recentissimo e impone a un comandante ormai in pensione di riscrivere le mie note caratteristiche”.

Sicurezza: primo ok per la pistola elettrica e le telecamere sulla divisa della polizia

Sicurezza: primo ok per la pistola elettrica e le telecamere sulla divisa della polizia

Dopo lo spray al peperoncino e le microcamere sulle divise, che dopo mesi di sperimentazione potrebbero fare il loro esordio “ufficiale” in ordine pubblico giovedì a Napoli, è in arrivo un nuovo strumento per i poliziotti: la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha approvato un emendamento al decreto stadi che autorizza la sperimentazione del Taser, la pistola elettrica. L’emendamento, che dovrà ora ricevere il via libera dall’Aula, è stato approvato dopo che il viceministro all’Interno Filippo Bubbico ne ha proposto una riformulazione rispetto al testo iniziale di Forza Italia: la sperimentazione dovrà avvenire “con le necessarie cautele per la salute e l’incolumità pubblica e secondo principi di precauzione e previa intesa con il Ministro della salute”.
Arma di dissuasione – Presto dunque il Taser, che produce una scossa elettrica che rende la persona colpita inoffensiva per alcuni secondi e che già utilizzano diverse polizie europee, potrebbe approdare nelle questure. “C’è da augurarsi – dice il promotore dell’emendamento Gregorio Fontana – che la condizione posta dalla riformulazione non si trasformi in una manovra ostativa, verso un’operazione di ammodernamento tecnologico, di estrema utilità per gli operatori della sicurezza e per tutti i cittadini”.
Numerosi studi ne hanno rilevato la pericolosità – Contraria Sel, con il capogruppo in Commissione Daniele Farina: “numerosi studi e rapporti ne hanno rilevato la pericolosità e l’uso indiscriminato nei paesi dove l’armamento è stato adottato”. Al Dipartimento di Pubblica Sicurezza si guarda invece con interesse alla possibile sperimentazione. Perché lo spray, le microcamere e, ora il Taser, sono strumenti che vanno verso un’unica ottica: ridurre al minimo il contatto fisico tra operatori di polizia da un lato e cittadini dall’altro. E, di conseguenza, ridurre drasticamente i rischi che un arresto o una carica di alleggerimento possano degenerare, come accaduto in passato e come insegna ad esempio la storia di Federico Aldrovandi.
Si comincia ad abbattere un pregiudizio – “Piano piano – commenta il segretario del Sap Gianni Tonelli – si comincia ad abbattere un pregiudizio di fondo verso determinati strumenti, che non sono di repressione ma di prevenzione, anche se la strada da fare è ancora molto lunga”. Per l’Associazione nazionale dei funzionari di Polizia “sarebbe preferibile impiegare già nella fase sperimentale pistole Taser che dispongono di un sistema di videoregistrazione connesso automaticamente al loro uso, come avviene già in Francia” a garanzia di agenti e cittadini.
In arrivo le telecamere installate sulle divise – In attesa che il Parlamento si pronunci sul Taser, faranno intanto l’esordio ufficiale in ordine pubblico le microcamere installate sulle divise, la cui sperimentazione è in corso a Roma, Napoli, Torino e Milano: in occasione del vertice della Bce di giovedì a Napoli, gli agenti dei reparti mobili potranno utilizzare i nuovi strumenti e sarà il dirigente incaricato della gestione della piazza a decidere se sussistono o meno le necessità per la loro attivazione.
Garantita la privacy – Nel parere con cui il Garante della privacy ha dato il via libera all’utilizzo, si sottolinea infatti che il sistema, per quanto finalizzato alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione, all’accertamento o alla repressione dei reati, è pur sempre soggetto al rispetto dei principi del codice privacy sul trattamento dei dati personali. E dunque le immagini riprese dovranno essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolte. Ecco perché il sistema dovrà essere attivato solo ove vi sia effettiva necessità, ossia nel caso di insorgenza di concrete e reali situazioni di pericolo di turbamento dell’ordine e della sicurezza pubblica. Le riprese, inoltre, dovranno essere conservate per un periodo di tempo limitato e poi cancellate.
M5s: soldi per pistole taser e non per stipendi – La possibilità di sperimentare la pistola elettrica è un’ “esigenza così tanto urgente e necessaria da essere inserita in un decreto legge”?. Se lo chiedono i Cinque Stelle polemizzando sui costi. “Quanto ci costeranno queste ‘pistole giocattolo’ non è dato sapere mentre i nostri emendamenti per sbloccare il tetto agli stipendi delle forze dell’ordine non sono stati dichiarati ammissibili. Questa – concludono i deputati M5s – è la priorità di governo e maggioranza: pistole elettriche invece dello sblocco degli stipendi e la tutela della salute della polizia. Noi, invece, domani incontriamo le forze di polizia”.

Se i mussulmani vogliono dissanguare animali vivi lo facciano a casa loro

Se i mussulmani vogliono dissanguare animali vivi lo facciano a casa loro

di Oscar Grazioli

Lungi da me affrontare questioni che possano anche solo lontanamente “profumare” di razzismo, ma direi che si evince una netta sproporzione fra il trattamento che i mussulmani dedicano agli stranieri che visitano i loro paesi e quello che dedichiamo loro, quando vengono a farci visita o si fermano nella nostra nazione, con i documenti più o meno in regola.
Ricordo un episodio accaduto tanti anni fa a Mostar (era ancora in piedi il famoso ponte distrutto poi durante la guerra). Ero in vacanza con mia moglie e  proprio alla fine del ponte un artigiano stava disponendo le sue creazioni in strada per attirare i turisti. Non avevo osservato che le sue opere d’arte erano di natura religiosa e scattai una foto. Non l’avessi mai fatto. Il contatto fisico è stato evitato da due “colleghi” dell’artista che poi mi hanno spiegato che avevo tentato di rubare l’anima al creativo. Ho fatto qualche altro giro in paesi rigidamente mussulmani e mi sono sempre adeguato alle loro regole, come mamma mi ha insegnato. Se vai a casa di un altro non puoi pensare di dettare la tua legge. Ancora una volta ritorna alla cronaca il problema della macellazione rituale che mussulmani (ed ebrei) pretendono nei paesi dove soggiornano, anche se questa contrasta con la legislazione che vuole lo stordimento dell’animale prima della iugulazione.
Ebbene L’Associazione “Animalisti Italiani Onlus”, con formale comunicazione ha provveduto nei giorni scorsi a diffidare il Sindaco di San Miniato (PI) affinché vieti l’apertura di un mattatoio per la macellazione rituale, tenuto conto che la legge Toscana la vieta espressamente e che la struttura non ha tutte le autorizzazioni sanitarie necessarie. La diffida si riferisce all’annuncio che prevede per il prossimo 14 settembre l’inaugurazione a San Miniato (PI) della macelleria regionale per la produzione di carne islamica secondo riti che prevedono la macellazione degli animali senza preventivo stordimento. Un metodo in cui gli animali vengono dissanguati vivi e sentono il gelo e la morte arrivare morendo tra infinite sofferenze. La legge italiana nel rispetto degli animali prevede l’uccisione con un colpo secco o lo stordimento prima di procedere al dissanguamento ed espressamente specifica all’articolo 3 del Decreto Legislativo 333/1998 “Le operazioni di trasferimento, stabulazione, immobilizzazione, stordimento, macellazione e abbattimento devono essere condotte in modo tale da risparmiare agli animali eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili”.
Senza dunque volere ricorrere alle terrificanti immagini di chi decapita reporter occidentali per motivi politici e religiosi, i mussulmani, nel nostro paese, godono di ampie libertà e facilitazioni (moschee, integrazione nelle scuole, centri di accoglienza, sanità gratuita ecc.). Personalmente fino a quando non sarò libero di sedere al tavolino di un bar di Algeri a bere un Cognac assieme a un’amica in short e tacco 12, se vogliono dissanguare animali vivi lo facciano a casa loro. Qui rispettino le nostre leggi e i nostri sentimenti. Al di là d’ogni sfumatura razzista che non è nella mia cifra.

Stacanovisti e assenteisti del Parlamento italiano Sempre presente Cinzia Maria Fontana (Pd)

Stacanovisti e assenteisti del Parlamento italiano

Sempre presente Cinzia Maria Fontana (Pd)



Precedente1 di 9Successiva
Share this Gallery

Con il 100% di presenze alla Camera dall’inizio della legislatura, nel febbraio 2013, Cinzia Maria Fontana (nella foto), Giuseppe Guerini e Tito Iannuzzi, guidano la classifica degli stacanovisti del Parlamento, secondo il monitoraggio che quotidianamente fa Openpolis.

 

 

Rifiuti radioattivi, gestirli in modo più razionale

Rifiuti radioattivi, gestirli in modo più razionale

Rifiuti radioattivi, gestirli in modo più razionale

Più informazioni su: .

La Francia, riferisce La Stampa del 9 settembre, ha deciso di bloccare il trasferimento dall’Italia delcombustibile nucleare da riprocessare. I trasporti nucleari da Saluggia via Val Susa a La Hague vengono, al momento, interrotti.

Sappiamo, in particolare, che da Saluggia (sede di depositi temporanei di rifiuti radioattivi) e Trino (ex centrale nucleare) le scorie nucleari vengono inviate via treno a La Hague per un riprocessamento che, in teoria, dovrebbe mettere in sicurezza i rifiuti atomici, ma che in pratica attenua ma non annulla affatto il lascito mortale dei prodotti di fissione consumati nei reattori, ancorché dismessi.

Lo sappiamo, perché il movimento No Tav ha avuto il merito di promuovere, in particolare a Villar Focchiardo, comune che a suo tempo ha predisposto un ricorso al Tar, convegni aperti e sostenuti da interventi di esperti sull’argomento ed ha attivato in collaborazione con i francesi di Sortir du Nucléaire, una rete di attivisti che protestano con blocchi non violenti per sollevare il problema della messa in sicurezza del percorso dei treni carichi di materiali radioattivi.

Pubblicità

Le stesse scorie trattate nell’impianto francese dovrebbero compiere il cammino a ritroso per l’immagazzinamento finale in Italia nel deposito unico di stoccaggio che dovrebbe essere pronto entro il 2025, come richiesto dalle normative in atto nei Paesi europei. Ma a Parigi non si fidano che potremmo, noi “italiani”, riprendere le scorie indietro, costruendo in massima sicurezza un deposito entro la scadenza del 2025. Ed ecco la decisione di sospendere i viaggi.

Dopo i cinque viaggi già effettuati, La Stampainforma che “a Trino restano ancora 47 barre di combustibile nucleare esaurito e a Saluggia 13,2 tonnellate di combustibile irraggiato che aspettano di varcare le Alpi per essere riprocessate“. Sarebbero necessari ancora tre viaggi, che, al solito, avvengono pressoché clandestinamente.

Per la sede del deposito italiano, che sarà di superficie (e dunque non sotterraneo come quello a suo tempo ipotizzato a Scanzano Jonico), Giampiero Godioex ricercatore dell’impianto di Eurex, teme che alla fine si punti su Saluggia, in provincia di Vercelli. In effetti, afferma, “l’Italia è quel Paese noto per far diventare definitivo il temporaneo. A Saluggia c’è già depositata la maggioranza delle scorie radioattive italiane nei centri D2 e D3, tra l’altro in una collocazione “infame”, a ridosso della Dora Baltea (dove le esondazioni del fiume sono frequenti e i recenti fenomeni estremi si sono già manifestati)”.

Dovrebbe essere – e questo è per noi inconcepibile – la società pubblica Soginazienda che gestisce lo smantellamento delle vecchie centrali, appena uscita da periodo di sprechi, scandali e indagini,  a occuparsi dell’iter di predisposizione del deposito, da definire e perfezionare entro il gennaio del 2015.

I francesi hanno motivi seri per dubitare dei nostri tempi, in quanto va ricordato, ad esempio, che secondo legge n. 368 del 2003, di recepimento delle direttive Ue, il deposito nazionale avrebbe dovuto essere operativo entro la fine del 2008. Ma siamo al punto in cui siamo: cioè, di fatto, si sta partendo, a chiacchiere, solo ora per ripiegare magari sui palliativi più facilmente a disposizione.

Non va infine dimenticato che il riprocessamento effettuato a La Hague con la tecnologiaPurex serve alla Francia anche per estrarre dalle scorie radioattive il plutonio necessario alla costruzione delle sue bombe atomiche.

L’intera vicenda possiamo inserirla nella categoria: “referendum del 2011 da attuare”. Gli italiani, in 27 milioni si sono pronunciati contro il rischio nucleare, quindi dobbiamo esigere dai decisori politici che la questione dei rifiuti radioattivi, nel rispetto della volontà popolare, sia gestita nel modo più razionale trasparente e sicuro possibile.

L’ALLARME DEL WWF: “BASTA CEMENTO SULLE NOSTRE COSTE”

L’ALLARME DEL WWF: “BASTA CEMENTO SULLE NOSTRE COSTE”

 

Tratto da http://www.today.it/green/cemento-coste-italiane-wwf.html

 

Oltre 8.000 chilometri di coste che andrebbero tutelati, valorizzati e preservati dall’invadente intervento dell’uomo. E invece dal 1988 ad oggi ben 312 “macro attività umane” hanno sottratto suolo naturale a pochi passi dal mare: villaggi, residence, centri commerciali, porti, autostrade, dighe e barriere hanno alterato il profilo e il paesaggio del nostro Paese facendo perdere biodiversità e patrimonio naturale.

“In un quarto di secolo abbiamo cancellato e imprigionato, coprendole di cemento, l’incomparabile bellezza delle nostre dune sabbiose, compromesso irrimediabilmente la macchia mediterranea, i boschi costieri e le aree di riposo e ristoro, come stagni costieri e foci di fiumi, per migratori”, dice Donatella Bianchi, presidente del WWF Italia. Ben il 10% delle coste italiane sono artificiali e alterate dalla presenza di infrastrutture pesanti come porti, strutture edilizie, commerciali ed industriali che rispecchiano l’intensa urbanizzazione di questi territori in continuo aumento e dove si concentra il 30% della popolazione.

Le regioni più colpite sono Sicilia e Sardegna, con 95 e 91 casi rispettivamente di nuove aree costiere invase dal cemento, ma a segnare un record negativo è la costa adriatica, dove meno del 30% del “waterfront” è libero da urbanizzazioni. Il tutto documentato da una serie di foto tratte da Google che illustrano i casi più eclatanti regione per regione. Persino le aree protette che l’Europa ci chiede di salvaguardare hanno subito interventi e rischiano di scomparire pezzo dopo pezzo. Un quadro che conferma quanto denunciato quest’anno dallo stesso ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che ha definito lo stato di conservazione complessivo degli habitat costieri di interesse comunitario “non soddisfacente” (cattivo o inadeguato) per l’86,7% a fronte di un dato medio di tutti gli habitat presenti in Italia del 67,6%.

Alcuni esempi

Dalla cava del 2003 della Baia di Sistiana in Friuli, occupata poi da un mega villaggio turistico, alla Darsena di Castellamare di Stabia in Campania; dall’urbanizzazione della foce del Simeto in Abruzzo, al porto turistico ampliato e villaggio turistico sulla foce del Basento in Basilicata. Sono alcune delle “case history” illustrate nella foto gallery regione per regione pubblicata dal WWF. E a peggiorare le cose, il fatto che di tanta meraviglia non esista un “custode” unico visto che ad oggi nessuno sa chi realmente governi le nostre coste: la gestione è “condivisa” a livelli molto diversi (Stato, Regioni, Enti locali) con una frammentazione di competenze che ha portato spesso a sovrapposizioni, inefficienze, illegalità, e complicazioni gestionali e di controllo. Dalla legge sulla “Protezione delle bellezze naturali” del 1939, all’articolo 9 della Costituzione che tutela il paesaggio, passando per la Convenzione Ramsar sulle zone umide del 1971, senza dimenticare la Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo e la Convenzione sulla diversità biologica di Rio del 1992, non mancano certo le leggi a tutela delle coste. Nonostante questo, non si sa chi le governi.

Spese pazze in Regione, Richetti e Bonaccini indagati per peculato.

Spese pazze in Regione, Richetti e Bonaccini indagati per peculato. Il primo si ritira dalle primarie, l’altro: ‘Chiarirò al pm’

Commenti

Viene contestato uno scorretto uso delle auto blu. Richetti: “Scelta personale”. Sono otto i consiglieri regionali del Pd dell’Emilia-Romagna indagati. Intanto Bonaccini diserta FestaReggio e corre a Bologna. Renzi non commenta

Presidenza della Regione, Richetti non correrà alle primarie: “Scelta personale, scusate”

Bologna, 9 settembre 2014 – La Procura della Repubblica ha formalmente iscritto Matteo Richetti nel registro degli indagati con l’accusa di peculato nell’ambito dell’inchiesta sulle ”spese pazze” della Regione.

A carico del deputato Pd, ex presidente del Consiglio regionale, che si è ritirato oggi dalla corsa alle primarie dem, ci sarebbe la contestazione di un uso scorretto delle auto blu.  Sul suo conto, infatti, era stato aperto un procedimento a parte su esposto del consigliere del Movimento 5 Stelle Andrea Defranceschi proprio sull’uso delle auto blu nel periodo di  presidenza del Consiglio regionale. La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati è stata confermata a seguito di un accesso agli atti nella segreteria della Procura fatto stamattina da parte del legale di Richetti, Gino Bottiglioni.

L’inchiesta sulle spese pazze è ormai alle battute finali, la finanza ha mandato in Procura l’informativa finale e i pm stanno procedendo all’iscrizione di molti nomi sul registro degli indagati. I consiglieri sotto accusa sarebbero decine, di tutti i partiti, e nelle prossime settimane riceveranno l’avviso di garanzia. Per il momento sono otto i consiglieri regionali del Pd dell’Emilia Romagna indagati per peculato nell’inchiesta sulle spese dell’assemblea legislativa.

Richetti questa mattina ha motivato il ritiro dalle primarie come una “scelta personale”, chiedendo scusa ai sostenitori. L’avvocato del deputato Pd, Bottiglioni precisa che “la scelta di ritirarsi dalle primarie prescinde dall’esistenza dell’iscrizione sul registro degli indagati. E’ stata, da parte di Richetti, una valutazione politica. Apprendiamo dell’iscrizione con serenità”.

La Procura ha indagato anche Stefano Bonaccini che ha annullato gli appuntamenti politici previsti oggi a Reggio Emilia. Il segretario regionale del Pd in corsa per le primarie (da cui di fatto non si ritira) e’ sulla via del ritorno verso Bologna. “Ho appreso poco fa che la Procura sta svolgendo accertamenti anche sul mio conto – ha detto a caldo Bonaccini – e ho già comunicato, attraverso il mio legale prof. Manes, di essere formalmente a disposizione per chiarire ogni eventuale addebito. Confido di poter dare al più presto ogni opportuno chiarimento”.

Nella sua tappa nella citta’ del Tricolore, Bonaccini avrebbe dovuto visitare un’azienda rilevata dai lavoratori a Scandiano (alle 17) e incontrare alcuni amministratori del territorio alle 18 nell’Hotel Notarie nel centro storico di Reggio. Bonaccini infine era atteso alle 21 alla Festa provinciale del Pd a Campovolo dove si sarebbe dovuto confrontare con il vicepresidente nazionale del Pd Lorenzo Guerini. Tutti gli appuntamenti, confermano dal Pd provinciale, sono stati annullati.

Bonaccini preferisce non commentare la situazione dopo il ritiro di Matteo Richetti, ma ha cambiato l’immagine di copertina sul suo profilo Facebook. Lo ha fatto postando un’immagine che rinvia al proprio sito stefanobonaccini.it (in allestimento) e recita lo slogan: “Il futuro cambia, cambiamo il futuro. Stefano Bonaccini Presidente”.

I rumors di queste ore frenetiche disegnano diversi scenari possibili. Il meno probabile di tutti vede una gara in solitario di Balzani alle primarie del 28 settembre, che a questo punto appaiono davvero a rischio. Torna in auge la pista del ‘briscolone’ (ma fin qui Graziano Delrio, forse l’unico in grado di placare l’intero partito, non ha dato la propria disponibilita’) ma da Roma rimbalza anche l’ipotesi una strategia piu’ attendista, che darebbe fiducia a Bonaccini (in fondo una iscrizione nel registro degli indagati non e’ una condanna e la scelta di Richetti viene considerata una decisione personale). Di sicuro una decisione definitiva sara’ presa nelle prossime ore. E a Imola c’e’ un sindaco che si chiama Daniele Manca, e su cui fino a pochi giorni fa c’era l’imprimatur del premier e della minoranza del partito.

 

Renzi a Porta a Porta non commenta la notizia sui due indagati

“Presidente, con Richetti e Bonaccini indagati cosa succedera’ per le primarie in Emilia-Romagna?”. E’ questa la domanda che i cronisti rivolgono al premier Matteo Renzi al termine del programma ‘Porta a Porta’. Ma Renzi, entrando in auto all’uscita degli studi Rai, si limita a rispondere “buon lavoro”.

“Matteo Renzi ha chiesto a Richetti di ritirarsi dalle primarie? “Assolutamente no”. Lo ha assicurato il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, a Otto e Mezzo su La7. “Non ci sono state richieste da Roma – ha aggiunto – non ci sono state richieste di candidarsi ne’ ora di ritirarsi. E’ stata una sua scelta”. Su Bonaccini, ha aggiunto: “Mi auguro che Bonaccini possa dimostrare la sua innocenza. Valutera’ lui cosa fare. Nel Pd – ha concluso – vale la regola delle primarie: vinca il migliore”. “Con la riforma costituzionale al Senato, ha detto ancora Boschi, “questo non accadra’ piu’ in futuro perche’ abbiamo eliminato i rimborsi elettorali ai consigli regionali. Anche le riforme aiutano a lavorare meglio”.

Napoli: Bobbio choc, viva carabiniere Rione Traiano, e’ vera vittima

Napoli: Bobbio choc, viva carabiniere Rione Traiano, e’ vera vittima

Adnkronos NewsAdnkronos News – 51 minuti fa

Napoli, 7 set. – (Adnkronos) – “Viva e sempre l’Arma dei Carabinieri e le forze di Polizia, qualunque cosa accada. E viva il carabiniere di Rione Traiano”. Non usa giri di parole Luigi Bobbio, per anni pm della Dda di Napoli ed ex sindaco di Castellammare di Stabia, che dalla sua pagina Facebook interviene nel dibattito sulla morte del 17enne Davide Bifolco. “Sono convinto – scrive Bobbio – che, specialmente nello stato in cui siamo, giustficazionismo, buonismo, perdonismo e pietà non solo non servono a niente ma aggravano il male”.

Secondo Bobbio, la “vera vittima” della vicenda è il carabiniere, “vittima del suo senso del dovere e del fatto di essere chiamato a operare in una realtà schifosa in cui la mentalità delinquenziale e l’inclinazione a vivere violando ogni regola possibile è la normalità. A 17 anni ormai si è uomini fatti, e gli uomini sono responsabili delle loro scelte, delle loro azioni e del loro stile di vita. Un carabiniere è un carabiniere e un teppista è un teppista. E i Carabinieri non devono proteggere i teppisti ma, al contrario, proteggere i ragazzi perbene dai teppisti, dai delinquenti e dagli sbandati”. (segue)

Certificati medici e sport amatoriale, anche quest’anno si rischia il caos

Certificati medici e sport amatoriale, anche quest’anno si rischia il caos

Certificati medici e sport amatoriale, anche quest’anno si rischia il caos. Il Dl Fare del 2013 ha cancellato l’obbligo del certificato medico per svolgere attività ludico-motoria amatoriale (per esempio nuoto libero o palestra) ma nonostante ciò nell’ultimo anno le strutture hanno continuato a richiederlo ai fini dell’iscrizione. E il rischio è che anche quest’anno nonostante la legge i cittadini siano costretti a pagare dai 30 ai 50 euro per un certificato che non serve.
Le palestre non si sentono tutelate – Nonostante i chiarimenti del Ministero i dubbi ancora permangono. Dubbi che dovrebbero essere quasi sciolti per quanto riguarda invece i certificati per le attività sportive non agonistiche (quelle organizzate dalle scuole, nell’ambito di attività parascolastiche e quelle dei giochi studenteschi a livello provinciale o regionale) su cui sono in arrivo nuove linee guida. Il certificato sarà obbligatorio e avrà validità annuale. L’elettrocardiogramma, invece, dovrà essere effettuato almeno una volta nella vita (dai 60 anni una volta l’anno).
Ma come scegliere lo sport giusto per i bambini? – Prima, fino a 4 o 5 anni di vita, imparare a percepire il proprio corpo nello spazio, quindi aprirsi ad attività di squadra e ad attività specialistiche. Questo il percorso sportivo ideale per i più piccoli, secondo gli esperti dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che, in occasione della ripresa dell’anno scolastico, prevengono le domande di molti genitori con una serie di consigli pensati per aiutarli a scegliere l’attività migliore per i propri figli.
Il nuoto resta lo sport ideale per i più piccoli – Anche in età prescolare il nuoto resta lo sport ideale per i più piccoli. Oltre a questo, fino ai 7-8 anni sarebbe bene far loro praticare attività come l’atletica leggera o la ginnastica, in cui il piccolo impara ad utilizzare il proprio corpo nello spazio e a migliorare la coordinazione neuromotoria. Impegno atletico, aspetto ludico e spirito di squadra sono le virtù delle discipline sportive collettive, come calcio, pallavolo, basket. In genere, però, spiegano gli esperti, i bimbi sono pronti ad apprezzarle solo dopo i 7 anni. Oltre i 9-10 anni ci si può accostare anche a discipline più specializzate, che richiedono ad esempio il contemporaneo utilizzo di un attrezzo, come avviene nella scherma, nel tennis e nel tiro con l’arco, che favoriscono, in particolare, la capacità di concentrazione.
Nel caso di malattie croniche, niente paura – L’80% dei piccoli pazienti, purché con le precauzioni basilari, può non deve astenersi dal praticare sport. Anzi, “l’attività sportiva può essere anche parte del piano terapeutico”, spiega Attilio Turchetta, responsabile di Medicina dello Sport del Bambino Gesù, dove è attiva, da tempo, una specifica Unità Operativa dedicata alla valutazione funzionale e alla certificazione medico-sportiva di bimbi affetti da patologie come cardiopatie congenite, malattie oncologiche, renali, polmonari o neuromuscolari. “Praticare sport – aggiunge – produce un incremento dell’autostima tale da superare molte delle difficoltà che una malattia crea”.

India: malore per uno dei marò

India: malore per uno dei marò, Latorre ricoverato. La figlia: “Ha un’ischemia. Italia mi fai schifo”

Il fuciliere ricoverato nel reparto di neurologia a New Delhi. Il ministro Pinotti è volata in India

New Delhi, 1 settembre 2014 – Malore per Massimiliano Latorre, uno dei due marò trattenuti in India. Per il fuciliere della Marina è stato necessario il ricovero in ospedale nel reparto di neurologia. “I medici dell’ospedale si sono dichiarati soddisfatti di come Latorre ha reagito alle prime cure”, ha reso noto il ministero della Difesa in un comunicato.

Il ministro Roberta Pinotti, saputo dell’accaduto, è subito partita alla volta dell’India per accertarsi personalmente delle condizioni di salute del militare e stare vicino ai suoi familiari che, in questo periodo, si trovano a New Delhi.

Il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha contattato la compagna del marò, Paola Moschetti, per esprimerle la vicinanza sua e del governo. “Sono vicina a Massimiliano Latorre cui auguro con tutto il cuore di rimettersi al più presto – ha detto la neo ‘Lady Pesc’ -. Come è sempre stato in questi mesi, seguiamo ogni giorno il caso dei due fucilieri di Marina con l’obiettivo di riportarli in Italia: per il governo è una priorità”.

LA FIGLIA SU FACEBOOK – “Che bella notizia… Mio padre ha l’ischemia. Purtroppo le belle notizie non ci sono mai, solo notizie del ****”, ha scritto la figlia Giulia su Facebook in un post po rimosso. In uno precedente, invece, la ragazza si è sfogata duramente: “Sì, è vero, mio padre sta in ospedale perché non sta bene ed ha avuto una mancanza. Ma voi Italia di m… fateli stare lì un altro po’! Vi preoccupate di portare qui gli immigrati che bucano le ruote perché vogliono soldi e non vi preoccupate dei vostri fratelli che combattono per voi, e alcuni perdono la vita. Italia mi fai schifo“.

Il post di Facebook di Giulia Latorre, figlia del marò Massimiliano

In un altro post la figlia di Latorre continua nello sfogo: “Sapete solo offendere i marò, sapete solo sputare sui vostri fratelli italiani e, nonostante un militare sta male, state li’ ad offendere e chiamare assassino. I veri assassini e ignoranti siete voi che scrivete e pensate questo. SIETE UN POPOLO IGNORANTE!”, scrive Giulia Latorre replicando ad alcuni internauti che hanno commentato le sue riflessioni sul malore del padre scrivendo che “i fucilieri hanno ucciso due pescatori innocenti”.

“Allora – scrive ancora Giulia su Facebook – se succede qualcosa alle vostre famiglie o a voi, non correte dai carabinieri” o dalla “polizia, visto che ce l’avete a morte con l’Arma. Mi fate pena, persone senza cuore“. “Ora – prosegue – capisco perché Dio si prende le persone buone, perché hanno cuore, e su vuole solo gente che sappia amare l’altro”. “Ora – conclude – chiunque disprezza e offende mio padre, lo denuncio! Così la smettiamo!”. Sono molti i commenti che sostengono la posizione di Giulia e definiscono i fucilieri due “eroi”. Mentre sono pochi quelli che dicono “capisco la figlia, ma un assassino rimane sempre tale. I due marò che sono in India per aver ammazzato due innocenti pescatori, erano su un mercantile privato a difendere interessi privati con i nostri soldi”. E, ancora, “se tuo padre non avesse sparato o avesse scelto di fare l’imbianchino, probabilmente ora non scriveresti questi post penosi!!”.