Ucraina, nuove sanzioni Ue-Usa. Russia: “Risposta sarà adeguata”

Ucraina, nuove sanzioni Ue-Usa. Russia: “Risposta sarà adeguata”

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Il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy spiegherà la decisione mirata a mantenere la pressione su Mosca nonostante il cessate il fuoco in est Ucraina. Obama: “I settori colpiti quelli finanziario, dell’energia e della difesa”

Bruxelles, 11 settembre 2014 – Gli Stati membri dell’Unione europea si sono accordati perché le sanzioni economiche rafforzate contro la Russia, decise lunedì, entrino in vigore domani. Il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, ha spiegato in una nota che per il momento la Ue intende mantenere la pressione su Mosca, già a fine mese ma gli ambasciatori dei 28 potrebbero suggerire la revoca delle restrizioni se la messa in atto del piano di pace andrà avanti secondo i piani. “Oggi ci uniamo all’Unione europea” nell’inasprire le sanzioni contro la Russia “in risposta alle azioni illegali in Ucraina”, ha detto il presidente americano, Barack Obama.

”L’ho detto dall’inizio della crisi che volevamo trattare una soluzione politica in grado di rispettare l’integrità territoriale e la sovranità dell’ Ucraina. Con il G7, i partner europei e gli altri alleati, abbiamo detto chiaramente che eravamo pronti a imporre costi maggiori sulla Russia. Attuiamo queste nuove misure alla luce delle azioni della Russia per destabilizzare ulteriormente l’Ucraina nell’ultimo mese” ha messo in evidenza Obama, precisando che vengono ”monitorati da vicino gli sviluppi dall’annuncio del cessate il fuoco e dell’accordo di Minsk, ma non abbiamo ancora visto le prove che la Russia abbia messo fine ai suoi sforzi per destabilizzare l’Ucraina”. ”Amplieremo le sanzioni contro i settori finanziari, dell’energia e della difesa russi. Queste misure aumenteranno l’isolamento politico della Russia e i costi che dovrà sopportare” ha affermato Obama. ”Se la Russia attuerà gli impegni presi, le sanzioni possono essere alimentate. Se invece la Russia continuerà con le sue azioni aggressive e con le violazioni della legge internazionale, i costi continueranno ad aumentare”.

La Nato intanto fa sapere che la Russia ha ancora circa 1.000 soldati schierati nelle regioni orientali e separatiste ucraine. La prima reazione russa al provvedimento è affidata a Aleksandr Lukasehvich, portavoce del ministero degli Esteri: “Le sanzioni Ue rappresentano una linea assolutamente non amichevole, che contraddice gli interessi della stessa Unione Europea. La risposta di Mosca sarà commensurabile“.

Ntv incontra le Banche. Si attende un nuovo ad

Ntv incontra le Banche. Si attende un nuovo ad

6 settembre 2014

Chiuso, quasi, un capitolo, come quello, pesante, di Alitalia, Intesa Sanpaolo mette mano a un’altra operazione in cui si trova coinvolta sia come creditrice  che come azionista delle medesima società. Stiamo parlando di Ntv, la società che ha aperto alla concorrenza i binari italiani ma che ora naviga in cattive acque.

Perciò il cfo Fabio Tomassini e altri manager di vertice di Ntv, hanno incontrato in questi giorni a Roma, per circa quattro ore, i rappresentanti delle principali banche creditrici: Intesa Sanpaolo, appunto, che vanta crediti per 394 milioni, Mps, a 175,7 milioni, Banco Popolare a quota 95,2 e Bnp-Bnl, a 17,8 milioni. All’incontro non erano presenti i banchieri di Lazard, la banca d’affari  incaricata di predisporre il nuovo piano industriale, in arrivo nel prossimo Cda. Dove si parlerebbe anche di un rafforzamento del management con l’arrivo, anche di un nuovo amministratore delegato.

A margine del workshop Ambrosetti il direttore generale di Intesa Sanpaolo, Gaetano Miccichè, ha detto che la sua banca  “resta in attesa nelle prossime settimane del piano industriale di Ntv che verrà presentato a cda, soci e creditori”. Al momento infatti  “non c’è nient’altro che un accordo di congelamento del debito, il tema principale è mantenere la concorrenza leale tra pubblico e privato”, ovvero con il principale concorrente Trenitalia. Che, per bocca del presidente di Fs Marcello Messori, proprio a Cernobbio, dopo tanta guerra guerreggiata, tende la mano al concorrente “malato”: “Auspico che il concorrente delle Ferrovie dello Stato nell’alta velocità possa trovare un equilibrio gestionale adeguato per poter svolgere al meglio il servizio”.

Un futuro in cui si attende che i soci sborsino altri quattrini per consentire la normale attività che dovrebbe puntare ancor più sulla rotta Torino-Roma-Salerno, mentre sarebbero in forse gli investimenti, circa 15 milioni di euro, sulla dorsale Adriatica, per mantenere una quota di mercato del 23% nei volumi e del 22,7% nei valori. Si parla di 80-100 milioni di euro, da trovare tra i soci Montezemolo, Della Valle, Punzo (al 35%), Intesa (20%), Sncf (20%), Generali (15%) e Alberto Bombassei (5)%.

è questo giova sia agli utenti dei servizi sia alle imprese nel medio termine”.

Onder, Baudo e altre assurdità in Rai

Onder, Baudo e altre assurdità in Rai

di Mariano Sabatini

Il caso Luciano Onder, che riempie i giornali (avevo la notizia in anteprima ma non ho voluto darle credito, perché non pensavo sarebbero arrivati a tanto), ci dà l’idea tangibile di come funzionano le cose in Rai. Da tempo auspicavo che il giornalista specializzato in adenoidi, carcinomi e altri malanni di varia gravità si facesse da parte, per godersi la pensione che percepisce fin dal 2008, nel rispetto di una delibera del cda che prevede la rescissione dei contratti di consulenza agli ex dipendenti. Provvedimento che, in pura teoria, avrebbe potuto e dovuto agevolare la crescita di talenti interni. Niente di più sbagliato.
Ora pare che Onder se ne vada davvero; ma leggiamo che al suo posto sarebbe stato assoldato un collaboratore alla modica cifra di 400mila euro annui. Mentre i solerti impiegati di viale Mazzini sono impegnati a raschiare il fondo del barile, sottraendo pochi euro ai lavoratori autonomi che portano in dono la propria professionalità al servizio pubblico, gli sprechi che hanno portato la Rai alla situazione attuale proseguono indisturbati.
Tanto è vero che per sostituire Giovanni Floris, passato a La7, hanno chiamato un giornalista di carta stampata, un esterno, con un fior di contratto di collaborazione: Massimo Giannini, già vicedirettore di “Repubblica”. Capisco, allora, la malinconia di Riccardo Iacona, valente inchiestista di Presadiretta su Rai3, che denuncia i tagli ai già esigui compensi dei suoi giornalisti assoldati a partita Iva, costretti tra l’altro ad anticiparsi le spese delle trasferte.
Sembra che la tv pubblica, per mano di una dirigenza poco adatta a valutare e trattare le esigenze del mezzo televisivo, abbia un particolare talento per mortificare l’entusiasmo e la professionalità dei collaboratori contrattualmente più deboli – la massa che rappresenta, però, il motore dell’azienda – per esaltare quella dei più forti.
Ho letto una lunga intervista a Pippo Baudo, per anni colonna imprescindibile dell’intrattenimento in Rai, in cui con il candore del quasi ottuagenario che non ha più nulla da perdere né dimostrare sostiene che forse anche lui avrebbe diritto di tornare in onda su una delle tre reti. Come dargli torto, con l’attuale programmazione?
Il rinnovamento dovrebbe passare attraverso un innalzamento dell’offerta, non fondarsi sull’umiliante professionalizzazione dell’incompetenza a cui assistiamo. Così come il risanamento dei bilanci dovrebbe prevedere strategie più sottili dei ciechi tagli lineari. Vaglielo a far capire.

Italia nella coalizione di guerra al Califfato.

Italia nella coalizione di guerra al Califfato. Raddoppierà spese militari in 10 anni
05 Settembre 2014. Esteri

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L’Italia fara’ parte della coalizione internazionale contro lo stato islamico, una coore coalition, guidata dagli Usa e composta da altri 8 paesi membri. La Nato ha deciso di affrontare l’esercito dell’Isis, ma “senza truppe di terra”. Vale a dire che saranno impiegati anche i caccia italiani per bombardare gli estremisti musulmani. Inoltre le spese militari, come anche per gli altri paesi, aumenteranno come aveva chiesto Obama fino al 2% del pil, nei prossimi dieci anni. Visto che l’Italia per ora non raggiunge nemmeno l’1% del pil, si tratta d raddoppiare la spesa. E’ stato lo stesso premier Matteo Renzi ad annunciare la partecipazione alla coalizione al termine del vertice Nato di Newport in Galles. “Il primo nostro interesse – ha spiegato il premier – deve andare non a questioni geostrategiche ,ma alle bambine ridotte a schiave a Mosul e ai bambini fucilati. Non avevamo immaginato che si sarebbe prodotto un califfato all’interno di Siria ed Iraq e per questo la Nato deve essere capace di rafforzare la sua intelligence ed essere rapida nel pensiero oltre che nell’azione”. Quanto all’Ucraina, Renzi ha detto: “La questione e’ nelle mani della Russia e voglio sperare che il presidente Putin abbia il desiderio di porre realmente fine a polemiche che sono diventate in alcuni casi violenti scontri sul terreno, invasioni di sovranità. Oggi la partita e’ in mano alla Russia e penso che possa prevalere la saggezza”.

 

Sciopero forze dell’ordine, Renzi: no ai ricatti. Alfano: richieste legittime, toni eccessivi

Sciopero forze dell’ordine, Renzi: no ai ricatti. Alfano: richieste legittime, toni eccessivi

I funzionari di polizia: “noi ci mobiliteremo ma i cittadini stiano sicuri: continueremo a tutelarli. I poliziotti continueranno a stare nelle sale di intercettazione e a combattere i delinquenti”

Roma, 5 settembre 2014 – L’annuncio dello sciopero delle forze dell’ordine – all’interno della mobilitazione della P.A. contro il blocco dei salari – è stato un fulmine a ciel sereno, che ha scosso la politica. E mentre Renzi accetta di incontrare gli agenti ma avverte: “Niente ricatti”, il ministro dell’interno Alfano sembra tendere la mano alle forze dell’ordine.

ALFANO – “Le richieste sono legittime ma espresse in toni e modi francamente eccessivi”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano in riferimento allo sciopero generale annunciato dai sindacati delle forze di polizia e dei Cocer interforze.

LUPI – “C’è sensibilità da parte del governo sul tema della specificità delle forze dell’ordine, ma non è con la minaccia dello sciopero che si ottiene questo riconoscimento” ha detto da parte sua il ministro delle Infrastrutture e trasporti Maurizio Lupi.

BOLDRINI – “Mi auguro che ci sia un margine di negoziato per poter venire incontro a queste richieste“, commenta la presidente della Camera, Laura Boldrini. “Mi rendo conto della frustrazione di chi sta sulla strada e rischia la vita – ha osservato -, mi rendo conto che sia molto peculiare il lavoro che viene fatto dalle forze di polizia: è tutta la nostra sicurezza che dipende da questo e mi auguro, pertanto – ha ribadito – che ci sia un margine di negoziato per poter venire incontro a queste richieste”.

APPELLI –  Uno sciopero delle forze dell’ordine contro la proroga del blocco degli stipendi “sarebbe un fatto gravissimo, sarebbe la prima volta e spero che Renzi e Alfano non si intestino questo record negativo”, ha affermato l’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, secondo il quale “quando ci sono venti di guerra nel mondo e l’invasione degli immigrati bisogna dare risorse alle forze dell’ordine per garantire la sicurezza”. “Alfano – ha concluso – faccia il ministro dell’Interno e garantisca le forze dell’ordine“.

Appello anche del vicesegretario Udc Antonio De Poli: “Dal Governo ci aspettiamo un atteggiamento di responsabilità e un segnale di attenzione nei confronti delle forze dell’ordine. In un momento di difficoltà non si può far pagare il prezzo a chi opera quotidianamente per la sicurezza del Paese. Bisogna – prosegue – scongiurare lo sciopero e ci auguriamo che gli annunci che abbiamo sentito in queste ore non si traducano in realtà visto che rischiano di creare una situazione di grande preoccupazione e di allarme tra i cittadini”.

CITTADINI SICURI – “Le nostre azioni sono tutte nell’ambito della legalità della legge, noi ci mobiliteremo ma i cittadini stiano sicuri: continueremo a tutelarli con le volanti, le manifestazioni continueranno a essere presidiate: su questo non c’e’ nessun problema. I poliziotti continueranno a stare nelle sale di intercettazione e a combattere i delinquenti”, assicura Enzo Marco Letizia dell’Associazione nazionale Funzionari di Polizia, intervenendo ad Agorà Estate, su Rai3. “I servizi burocratici sono un’altra vicenda e, soprattutto, quelli che saranno liberi dal servizio in permesso sindacale, quelli che si metteranno in ferie, si scenderà in piazza per manifestare quello che ci sta capitando, quello che sta capitando al Paese – ha proseguito Letizia – il Paese sta correndo rischi serissimi anche con delle politiche poco accorte sulla repressione penale in tema di sicurezza”.

Ucraina, è cessate il fuoco tra Kiev e ribelli.

Ucraina, è cessate il fuoco tra Kiev e ribelli. La Nato crea task-force di intervento rapido. Obama: “E’ ora di agire insieme contro Isis”

La decisione del Gruppo di contatto per la crisi ucraina che si è riunito a Minsk. Kerry: “Ampia coalizione contro Is”. Obama: “Al cessate il fuoco seguano i fatti”

Newport, 5 settembre 2014 – Raggiunto l’accordo per un cessate il fuoco bilaterale tra Kiev e i ribelli filorussi. La tregua, annunciata da Minsk, dove si è riunito oggi il Gruppo di contatto per la crisi ucraina, è entrata in vigore alle 18 (le 17 in Italia). L’accordo è stato poi confermato dal presidente ucraino Poroshenko: “Un protocollo preliminare all’accordo di cessate il fuoco è stato firmato a Minsk”, ha scritto sul profilo Twitter. E il premier Renzi dal vertice Nato ha affermato che “bisogna verificare la concretezza dei passi in avanti”.

In agenda alla riunione di Minsk, non solo la tregua (l’impegno di entrambe le parti a fermare “le operazioni offensive” e, per le truppe governative, a ritirarsi da gran parte delle regioni industriali orientali di Donetsk e Lugansk), ma anche lo scambio di prigionieri, secondo la formula “tutti per tutti”, e la supervisione internazionale del processo nell’ambito di un piano di pace per tappe che potrebbe uscire dalla riunione.

VERTICE NATO – E a Newport, nella ‘due giorni’ al vertice della Nato, i leader dell’Alleanza Atlantica hanno riaffermato con forza il pieno sostegno all’Ucraina. La Nato comunque, ha annunciato il segretario generale Anders Fogh Rasmussen, ha già approvato il piano di rafforzamento delle difese dell’Alleanza nell’Europa orientale in risposta all’intervento russo in Ucraina. Piano che include la creazione dell’annunciata “punta di lancio” dell’Alleanza, una forza di reazione rapida con equipaggiamenti pre-posizionati e nei Paesi dell’Est in modo che possano rapidamente rinforzati nel caso di una crisi. Il nuovo piano di risposta dell’Alleanza (Rap) include le spearhead, una forza di intervento immediato che avrà cinque basi-deposito nei paesi baltici, Polonia e Romania e che sarà “molto reattiva” e “avrà una presenza continua” nell’est europeo. Il Regno Unito ha già annunciato che parteciperà con 3.500 soldati a questa forza. L’obiettivo della nuova struttura è rassicurare i Paesi membri della Nato che una volta appartenevano al blocco sovietico, specialmente i Paesi baltici, Lituania, Estonia e Lettonia oltre la Polonia.
RENZI –  “Il meccanismo delle sanzioni in Europa è abbastanza complicato: il comitato degli ambasciatori si è riunito e ha predisposto un ‘pacchetto sanzioni’. Ma questo pacchetto non entra in vigore subito perchè ha bisogno di 72 ore per gli stati membri. C’è lo spazio, un lasso di tempo in cui le sanzioni sono preparate, predisposte”, ha detto il premier dal vertice Nato. “Credo che in questo momento la questione politica sia nelle mani della Russia. Voglio sperare che Putin abbia il desiderio di porre realmente fine alle polemiche e ai violenti scontri”. Renzi ha inoltre precisato che “se la tregua non terrò, le sanzioni decise dall’Ue saranno applicate”. Quanto alla situazione in Iraq, Renzi ha annunciato che “l’Italia è parte della coalizione internazionale contro lo stato islamico.
OBAMA – “Al cessate il fuoco devono seguire i fatti”, ha sottolineato Obama, precisando che se la Russia continuerà ad alimentare le tensioni ci saranno nuove sanzioni.  Allo stesso tempo il presidente americano ritiene che se la tregua dovesse reggere le sanzioni contro la Russia potrebbero essere revocate, considerando anche il fatto che ci vorrà del tempo affinchè l’intesa dispieghi tutti i suoi effetti.
FRONTE ISIS  – E gli Usa stanno convincendo gli alleati della Nato a formare “una coalizione” la più vasta possibile per combattere la minaccia degli jihadisti sunniti dello Stato Islamico (Is) in Iraq. Il tutto “ovviamente con una linea rossa (red line) invalicabile per tutti noi: escludere l’impegno di truppe di terra”, ha detto il segretario di Stato John Kerry a margine del summit Nato in Galles a Newport. “Dobbiamo attaccarli (Is) in modo da impedire loro di conquistare altro terreno, e rafforzare le forze di sicurezza irachene e gli altri nella regione (curdi in primis, ndr) che sono pronti a combattere contro di loro, ma senza impiegare le nostre truppe di terra”. E sull’Isis è intervenuto anche Obama: “E’ una grave minaccia per tutti e nella Nato c’è una grande convinzione che è l’ora di agire per indebolirlo e distruggerlo”.

Ucraina, l’ira di Obama. Putin: «Kiev come nazisti»

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Venerdi 29 Agosto 2014 Scoprila »

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Ucraina, l’ira di Obama. Putin: «Kiev come nazisti»

Gli Usa duri: «Mosca pagherà». Il Cremlino nega l’invasione. Jihad, l’Isis decapita un altro prigioniero.

Resta alta la tensione tra l’Ucraina e la Russia , sempre più sull’orlo di una guerra a viso aperto. Mentre da un lato Kiev incassa l’appoggio della Nato, a cui chiede anche l’adesione, Vladimir Putin paragona l’esercito ucraino agli invasori nazisti della seconda guerra mondiale. Intanto sembra diventare sempre più evidente, nonostante le smentite di Mosca, che truppe russe agiscono sul suolo ucraino. Il ministro degli Esteri polacco ha infatti denunciato che le truppe russe si starebbero «apparentemente avvicinando a Mariupol», sottolineando che in Ucraina «la gente muore a migliaia». Guarda il servizio

Nuove sanzioni in arrivo per Mosca
Proprio dalla Nato arriva un nuovo monito a Mosca perché ritiri le sue forze dal suo ucraino.  «Chiediamo alla Russia di  mettere alle fine alle azioni militari illegali in Ucraina, al  sostegno ai separatisti armati e che adotti misure che portino alla  descalation della grave crisi”»ha affermato Rasmussen. E per Mosca in arrivo sanzioni anche dall’Europa«Quando la Russia non e’ all’altezza delle sue responsabilità l’Europa deve reagire», ha spiegato Seibert, portavoce del governo tedesco. Intanto Obama attacca Putin «La Russia è responsabile» per ciò che sta accadendo in Ucraina. Le parole di Obama

Putin: «Esercito ucraino come i nazisti»
Ma il Cremlino non sembra voler recedere di un passo. Dopo la smentita di giovedì. fatta dal ministro della difesa russo sulla presenza di forze in Ucraina, oggi Vladimir Putin ha voluto paragonare l’esercito ucraino alle forze naziste che mosserò contro la Russia nella seconda guerra mondiale. «Piccoli villaggi e grandi città circondati dall’esercito ucraino che sta colpendo direttamente zone residenziali con l’obiettivo di distruggere le infrastrutture», ha affermato Putin, «mi ricordano tristemente la Seconda guerra mondiale quando gli occupanti nazisti assediavano le nostre città». Il presidente russo ha quindi spiegato che «è necessario costringere le autorità ucraine ad avviare negoziati sostanziali e non solo su questioni tecniche». L’incontro Putin – Poroshenko

Orrore in Iraq
Continua intanto l’escalation di violenza degli jihadisti in Iraq. Il gruppo estremista Isis ha pubblicato il video della decapitazione di un presunto miliziano curdo che sarebbe stato catturato durante i combattimenti dei giorni scorsi. Le immagini, caricate su YouTube, rappresentano un monito alle autorità del Kurdistan iracheno a porre fine alla cooperazione militare con gli Stati Uniti. L’esecuzione arriva a pochi giorni dall’esecuzione del reporter americano James Foley e all’indomani della pubblicazione, ad opera degli jihadisti del Sinai, di un altro video che mostra la decapitazione di quattro egiziani accusati di essere spie del Mossad. I video delle decapitazioni

Istat, Italia in deflazione (-0,1%)

Istat: consumi sempre più giù, l’Italia è in deflazione per la prima volta dal 1959

Italia è in deflazione. Ad agosto l’indice dei prezzi al consumo misurato dall’Istat nelle prime stime ha segnato un calo dello 0,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno (era +0,1% a luglio). L’Italia entra in deflazione per la prima volta da oltre 50 anni, cioè dal settembre del 1959, quando però l’economia era in forte crescita. Lo precisa l’Istat, ricordando che allora la variazione dei prezzi risultò negativa dell’1,1%, in una fase di 7 mesi di tassi negativi.
Il calo più marcato mai registrato dal nuovo indicatore – Il tasso di variazione annuale dei prezzi è in discesa da quattro mesi consecutivi e passa per la prima volta in negativo. Su base mensile i prezzi sono aumentati dello 0,2%, grazie soprattutto al contributo dei servizi relativi ai trasporti (+3,8%). L’indice europeo Ipca, rileva ancora l’Istat nei calcoli provvisori, scende dello 0,2% sia in termini congiunturali che tendenziali. Nel confronto annuo si tratta del calo più marcato mai registrato dal nuovo indicatore in cui, dal 2002, si tiene conto anche delle riduzioni temporanee di prezzo, ovvero degli sconti e dei saldi. L’inflazione acquisita per il 2014, ovvero il tasso che si avrebbe in media d’anno se il dato rimasse lo stesso fino a dicembre, sale allo 0,4% dallo 0,3% di luglio.
Giù anche gli alimentari – Ad agosto risulta ancora in deflazione anche il cosiddetto carrello della spesa, ovvero l’insieme dei beni che comprende l’alimentare, i beni per la cura della casa e della persona. Il ribasso annuo è infatti pari allo 0,2%, anche se in recupero rispetto al -0,6% di luglio.
Tre settori su dodici in deflazione,anche alimentare – Ad agosto risultano in deflazione tre settori su dodici, tra i comparti monitorati. I prezzi infatti scendono, su base annua, per alimentare (-0,5%), comunicazioni (-9,1%) e abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-1,1%). L’istituto di statistica sottolinea che tra i tre il capitolo comunicazioni presenta tassi negativi già da lungo tempo.

Libia nel caos: ‘Le aziende italiane hanno crediti per 1 miliardo, rischiano di

Libia nel caos: ‘Le aziende italiane hanno crediti per 1 miliardo, rischiano di perderlo’

Gian Franco Damiano, presidente della Camera di commercio italo-libica, lancia l’allarme: “Le nostre imprese sono creditrici nei confronti di aziende sotto controllo statale libico, ma i governi degli ultimi due anni non hanno fatto nulla per prevenire il disastro”. Gabriele Iacovino, capo analista del Cesi: “Le realtà economiche risentono della mancata stabilizzazione del paese: senza sviluppo, il Paese fallirà”

libia

Un miliardo di euro in fumo: potrebbe essere uno dei costi della crisi libica per l’Italia. Un miliardo di euro di cui le imprese italiane sono creditrici nei confronti di aziende sotto controllo statale libico e che con il caos in corso rischiano di non essere mai saldati. Lo spiega a IlFattoQuotidiano.itGian Franco Damiano, presidente della Camera di commercio italo-libica: “Per la precisione si tratta di circa 350 milioni di euro risalenti ancora agli anni Novanta e di 650 milioni degli anni Duemila. Si sapeva quello che stava per succedere. C’erano state informative dei servizi, già a maggio Marco Minniti aveva lanciato l’allarme, dicendo che c’erano sei mesi di tempo per salvare la Libia, ma non si è fatto nulla per prevenire il disastro. Si è trattato quanto meno di indolenza da parte dei nostri governi degli ultimi due anni. E le imprese italiane ne vanno di mezzo”.

Sono circa 150/200 le aziende nostrane presenti in Libia, con numeri variabili e una presenza fissa di almeno un centinaio, operanti in svariati settori, dalle infrastrutture alle costruzioni, dallatecnologia alle telecomunicazioni, dal food a quella ittica che stava partendo in questi mesi. Nonostante la crescente e invasiva presenza turca e cinese, il made in Italy continua ad essere apprezzato. “Nei primi mesi dell’anno il flusso di traffico dall’Italia verso la Libia era aumentato, ma anche in direzione contraria c’era molto movimento: è un aspetto sottovalutato, questo, ma sono molti i privati che vengono a fare shopping da noi, e che spesso lamentano le pastoie burocratiche e la difficoltà di avere visti. Ora purtroppo è tutto fermo. Quando telefono giù, sento la gente stanca, che ha voglia di ricostruire. Distruggere la propria capitale e le sue infrastrutture è un gioco al massacro che il 95% dei libici non comprende”. Damiano prosegue ritenendo l’impostazione data finora dalla Nato sbagliatissima e ribadisce: “Le imprese in silenzio resistono, alcune continuano a lavorare tra mille difficoltà, ma solo lasciate sole. Le istituzioni non ci sono. Per i big esistono le relazioni intergovernative, ma la piccola e media impresa, quella che paga le tasse, non ha capacità di lobby ed è bistrattata”

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Ma quali sviluppi può avere la situazione? “L’aeroporto di Tripoli, al centro degli scontri in atto, è un importante hub economico – spiega a IlFattoQuotidiano.it Gabriele Iacovino, responsabile degli analisti per il Medio Oriente del Cesi – Centro Studi internazionali – se non funziona ne resta compromesso tutto il paese, dato che su Bengasi ci sono pochissimi voli ed è difficile entrare dal confine tunisino. Mai come ora le autorità di Tripoli sono state in difficoltà. Lo scontro in corso, ovviamente, non è solo per il controllo dell’aeroporto, ma è un conflitto profondo tra islamisti e laici”. Su quali conseguenze ciò possa avere per il nostro paese, Iacovino è chiaro: “La sicurezza energeticaitaliana non è particolarmente a rischio, per ora. I danni sono circoscritti, perché negli ultimi anni i rifornimenti di petrolio e gas dalla Libia sono stati ridotti e non c’è stata una ripresa netta dell’industria estrattiva rispetto al pre Gheddafi. In una nuova escalation di violenza potrebbero esserci ripercussioni, ma comunque circoscritte”.

“Allargando il discorso alla stabilizzazione della Libia – prosegue – dovremmo fare lo sforzo di guardare alla Libia non solo come bacino energetico, ma come un partner economico e finanziario a 360 gradi, le realtà attive sono numerosissime, il problema è che dal punto di vista politico manca la forza di supportare la stabilizzazione del paese. Potrebbe essere una partnership ben oltre il rapporto energetico, un volano per lo sviluppo reciproco, non solo per noi ma soprattutto per loro: senza sviluppo economico e politico, la Libia è destinata ad essere un nuovo Stato fallito“. Che tipo di intervento servirebbe? “Se ci fosse un coraggio maggiore da parte della nostra politica estera nel prendere la leadership nel processo di ricostruzione politica, si otterrebbero indubbi vantaggi per la popolazione libica, ma si creerebbero anche i presupposti per relazioni istituzionali ed economiche: due bacini economico-finanziari a incastro, con interessi reciproci”.

Però l’Europa è già intervenuta in passato. “I paesi che portarono alla caduta del regime e poi si tirarono indietro, soprattutto la Francia di François Sarkozy, ma anche gli Usa dietro le quinte, inevitabilmente lasciano l’Italia e l’Europa in prima linea nella gestione dell’agenda libica, col rischio che senza un intervento rapido, possiamo ritrovarci un paese fallito. Le conseguenze sarebbero molto difficili da gestire dal punto di vista economico, ma anche di sicurezza: la Libia sta diventando sempre più un paese non governato, in balia di traffici illegali (dalla droga al traffico di esseri umani), paradiso di terroristi nordafricani e criminali. Ed è proprio questo il problema principale”.