Archivio mensile:giugno 2013
IN GUERRA PER L’ACQUA
IN GUERRA PER L’ACQUA
di Paolo Salvatore Orrù
Fonte: http://notizie.tiscali.it/
Per gli analisti, nel XXI secolo le battaglie più cruente saranno combattute per l’acqua. Gli eserciti si scontreranno dove laghi e fiumi sono condivisi tra più Paesi. L’Europa non sembra interessata agli eventuali conflitti, l’Italia potrebbe però dover sostenere il peso delle migrazioni. In particolare, preoccupa la vicenda del Nilo: il fiume sacro degli egiziani sfocia nel Mar Mediterraneo, dopo aver attraversato, partendo dalla regione dei Grandi Laghi dell’Africa centrale, Burundi, Ruanda, Tanzania, Uganda, Sudan del Sud, Sudan, Egitto, Repubblica Democratica del Congo, Kenia, Etiopia ed Eritrea. Il corso d’acqua, quindi, potrebbe diventare il pretesto per uno scontro armato tra le nazioni confinanti. In passato, Egitto e Sudan (Stati controllati dalla Gran Bretagna) forti di patti firmati in epoca coloniale, nei primi anni del 1900, avevano raggiunto un accordo privilegiato con cui ottennero di poter dirottare verso le loro nazioni l’80% delle acque del Nilo. “Oggi i Paesi a sud dell’Egitto, il Sudan del Sud in particolare, stanno rivendicano una condivisione più equa di questa risorsa”, spiega Maurizio Simoncelli, storico, vicepresidente dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo e autore di “Hydrowar. Geopolitica dell’acqua tra guerra e cooperazione” (2004). L’economia di queste nazioni, al contrario di quanto sta avvenendo nella maggior parte dei Paesi europei, sta crescendo di qualità e di importanza, per questo sinora i due i governi si sono sempre accordati su come gestire l’oro blu.
Sudan ed Egitto sono in difficoltà: il primo per la scissione con il suo sud (un caso di guerra permanente), il secondo per il persistere degli effetti Primavera Araba. “Per questo gli Stati confinanti, approfittando della debolezza dei due giganti del nord, stanno tentando di ridiscutere l’accordo stipulato cento anni fa”, analizza Simoncelli. Se il Paese delle piramidi, già provato da una guerra civile mai dichiarata, dovesse essere messo in condizione di avere meno acqua di quanta ora ha disposizione, si troverebbe in imbarazzo: l’acqua è essenziale, non solo per lo sviluppo dell’agricoltura e dell’industria ma anche per l’incremento delle presenze nelle zone turistiche, la mancanza porterebbe al calo dei posti lavoro e al conseguente aumento dei flussi migratori verso l’Italia. “Non credo che possano esserci problemi militari, di certo il nostro Paese ne avrebbe nelle migrazioni”, spiega Anna Tatananni nella scheda informativa redatta per Archivio Disarmo.
Rimanendo nell’ambito del Medio Oriente, ci sono altri due focolai che potrebbero infiammare l’area: il conflitto israelo-palestinese per l’utilizzo delle acque del fiume Giordano e del lago di Tiberiade (53 chilometri di circonferenza, si trova in una depressione che raccoglie le acque del fiume Giordano) e il perdurare dell’ostilità della Siria nei confronti di Israele, dato che non ha mai cessato di occupare le alture del Golan, da cui scendono le acque del Giordano, bacino che, fra l’altro, segna anche il confine tra Israele e Giordania. Infine, ma non ultimi, i contrasti tra Turchia e Kurdistan turco per gli invasi che il Paese di Erdogan sta costruendo sul fiume Yusufeli: 15.000 persone dovranno lasciare le proprie case per non finire sott’acqua con loro.
Molti interrogativi sta suscitando la decisione della Turchia di erigere una diga di sbarramento sul fiume Koru per la produzione di energia idroelettrica, il progetto potrebbe non piacere alla Georgia, perché le acque di quel bacino hanno come destinazione finale proprio quel Paese: “Per evitare la lite sarà necessario trovare un accordo a livello internazionale, altrimenti potrebbero scatenarsi forti reazioni militari”, commenta Simoncelli. Allo stesso modo, sempre in Kurdistan, a nord di Siria e Iraq, “abbiamo il problema dei due fiumi, Tigri e Eufrate, che nascono in Turchia ma che vanno ad alimentare l’economia dei due Paesi confinanti. La Turchia, anche questa volta, avrebbe un potere condizionante, chiudendo i rubinetti mettendo in crisi i due Stati. Un problema che va “sminato” al più presto”, spiega l’analista.
Il quadro della situazione “idropolitica“, come ha spiegato Tatananni nella sua scheda, mostra come sia necessario spingere gli Stati che condividono dei bacini internazionali a cooperare nella gestione dell’acqua “cercando di trasformare l’acqua da fonte di conflitto a fonte di pace”. A questo riguardo sarebbe necessaria una maggiore consapevolezza di come la gestione di questa risorsa sia fondamentale per la pace sul nostro pianeta. “Un invito in questo senso – rileva ancora Tatananni – sono le parole del professor emeritus dell’Université Catholique de Louvain-la-Neuve, Riccardo Petrella: “Noi dobbiamo modificare il modo in cui guardiamo all’acqua per poter avere la possibilità di generare una effettiva reale cooperazione tra le comunità, le regioni e i Paesi”, ha detto. Non ci sono alternative, in caso contrario il pianeta rischia la catastrofe.
Rapporto Legambiente: non si ferma il sacco delle coste italiane. La top five degli ecomostri
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Da lunedì conti correnti senza più segreti per il Fisco
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L’USCITA DAL CAPITALISMO
L’USCITA DAL CAPITALISMO
di Bruno Amoroso*
intervista a Bruno Amoroso a cura della rivista AltreStorie
Fonte: rivista AltreStorie
D. L’attuale crisi è qualcosa che si poteva prevedere, oppure si è trattato di un evento i cui fattori molteplici globali lo hanno reso in qualche modo imprevedibile e conseguentemente incontrastabile? Quanto è fondata l’accusa rivolta agli economisti in genere di non aver lanciato l’allarme tempestivamente su quanto si stava preparando?
R. «La crisi finanziaria, la più grande ondata di crimine finanziario organizzato della storia umana, secondo le parole di James K. Galbraith, è stata preparata nel corso di tre decenni durante i quali la globalizzazione ha avuto il tempo di organizzarsi dispiegando tutti i suoi effetti con l’imposizione del “pensiero unico” fino al “potere unico” dell’ultimo decennio. Tra gli economisti, e non solo, è prevalsa la corsa a farsi “consiglieri del principe” sostituendo e riscrivendo i libri di testo sotto dettatura del pensiero neoliberista. Tuttavia, le analisi critiche per comprendere quanto è accaduto non sono mancate: dai contributi premonitori di James K. Galbraith, “Lo Stato Predatore”, a quelli di Paul Krugman e Joseph E. Stiglitz. In Italia le persone e i movimenti che potevano denunciare e interpretare queste tendenze hanno scelto la via opportunistica dell’”inserimento” e dell’”integrazione”, trasformando il piano di apartheid globale della globalizzazione in un’opportunità per arricchirsi nel “villaggio globale”, e interpretando i fenomeni reali della “destabilizzazione politica” e “marginalizzazione economica” come “globalizzazione dal basso” e “globalizzazione del welfare”. Si è cioè pensato di poter predicare il pacifismo portando la guerra altrove, di combattere la speculazione e il crimine “tassandoli” per ricavarne parte del dividendo, di poter costruire la “città ideale” dentro le nicchie di un contesto in sfacelo».
D. Si sente spesso sostenere che quella che stiamo vivendo rappresenti non una delle tante crisi cicliche vissute in passato, ma una crisi “sistemica o strutturale”, che può essere superata solo adottando soluzioni estranee al contesto al cui interno è maturata. È d’accordo con questa interpretazione e se sì quali azioni si sentirebbe di proporre?
R. «La crisi attuale è una crisi economica e sociale provocata dal successo della nuova struttura del processo di accumulazione capitalistico, che si è dato a partire dagli anni Settanta con la globalizzazione. Il cuore del processo è la finanza, cioè la trasfigurazione da un sistema basato sul profitto capitalistico a quello basato sull’esproprio dei redditi e la rapina delle ricchezze materiali e intellettuali. La crisi in corso non ha nulla di ciclico, diversamente dalle crisi economiche del capitalismo industriale, e troverà il suo punto di approdo in un potere assoluto coincidente con l’impoverimento di gran parte dei cittadini. Per questo l’uscita dagli effetti della crisi può avvenire solo con l’uscita dal capitalismo che oggi è quello della speculazione finanziaria e della rapina di Stato».
D. Quale ruolo hanno giocato i mercati finanziari nella costruzione dell’attuale situazione economica? In che misura sono stati causa della crisi e potrebbero contribuire a sanarla?
R. «I mercati finanziari sono le “fabbriche” che hanno sostituito quelle del fordismo industriale, la culla della rapina e dell’esproprio. Questo percorso di “finanziarizzazione” delle economie capitalistiche inizia negli anni Ottanta con la modifica della legge bancaria negli Stati uniti, ai tempi di Reagan, poi negli anni Novanta con l’introduzione di nuove regole per la finanza che hanno consentito la produzione dei derivati e titoli tossici, con Clinton, il tutto con il consolidarsi di un potere unico finanziario-militare illustrato ampiamente da James K. Galbraith. L’Europa ha seguito per imitazione le stesse politiche con le “direttive europee”, passivamente recepite anche in Italia, che hanno introdotto la banca “universale” e la liberalizzazione dei mercati finanziari. In Italia questo percorso è stato segnato dalla biografia di Mario Draghi, che bene illustra i conflitti d’interessi e le collusioni tra mondo politico e poteri finanziari. Negli anni Ottanta è direttore per l’Italia della Banca Mondiale, negli anni Novanta diventa direttore generale al Tesoro e privatizza il sistema bancario, introduce il Testo Unico del 1993 sulle banche che recepisce tutte le direttive europee, comprese quelle ben note sui derivati speculativi. Poi lascia la mano per andare a dirigere la Goldman Sachs e contribuire così a mettere a punto la “grande truffa” che esplode nel 2008, di cui non era a conoscenza come responsabile della sorveglianza in quanto governatore della Banca d’Italia. Nel mentre la “sinistra” è distratta dalla difesa dell’”autonomia” della Banca d’Italia, dalla denuncia sul conflitto d’interessi di Berlusconi contro il quale, in ogni caso, non fa nulla».
D. Che ruolo potrebbe rivestire l’Unione Europea in questo particolare passaggio storico-economico? L’euro può offrire uno scudo contro la crisi?
R. «L’euro doveva essere lo scudo, ma la sua gestione è stata affidata a chi ha messo in moto la crisi, inutile ripetere i nomi delle persone e organizzazioni, ed è quindi divenuto la camicia di forza che impedisce agli Stati e alla stessa UE di reagire e di difendersi. Il ruolo dell’Europa è possibile se negli Stati nazionali si manifestano forze popolari che si facciano carico di riprendere il percorso di “pace” e “cooperazione” che fu alla base dell’idea di Europa nel primo dopoguerra, e poi fatto deragliare prima dalla “guerra fredda” e successivamente, negli anni Novanta, dalla scelta di fare del progetto europeo un piano di “competitività” e di “guerra”. Una ricostruzione dell’Europa a partire dai popoli e dagli Stati deve assumere una forma confederale tra le quattro grandi meso-regioni europee (Paesi nordici, Europea centrale, Europa mediterranea, e Europa occidentale). Uscire dal guscio asfissiante del dominio dell’Europa occidentale e dell’alleanza atlantica è la premessa per queste nuove politiche».
D. Una delle affermazioni ricorrenti è che bisogna tagliare la spesa pubblica per creare le condizioni di base utili a contrastare e superare la crisi. Quanto è condivisibile una simile posizione? L’attuale crisi economica costringerà a sacrificare l’attuale modello di Stato sociale?
R. «La spesa pubblica non c’entra con la crisi e invece di guardare al deficit dello Stato e al debito estero si dovrebbe guardare all’occupazione e al deficit della bilancia dei pagamenti come ho spiegato nel mio libro “L’Europa oltre l’euro”. La spesa pubblica aumenta in situazioni di crisi in ragione degli stabilizzatori automatici che hanno il compito di evitare forti conseguenze sociali, ed è per questo che Keynes raccomandava al governo: “Occupatevi dell’occupazione e questa si prenderà cura del bilancio dello Stato”. Chi vuole gli stabilizzatori sociali, cioè il welfare, non intende risolvere la crisi ma scaricarne i costi in modo irresponsabile sui cittadini più deboli e i lavoratori, cioè sul 99% delle persone».
D. Cosa ha comportato e cosa comporterà per l’Europa lo spostamento del baricentro mondiale fuori dall’Occidente industrializzato?
R. «Significa che l’Europa deve ripensarsi e ritrovare il suo spirito di pace e di cooperazione con le nuove aree mondiali emergenti, lasciandosi alle spalle i vecchi mercati ricchi dell’Occidente. Insistere sul modello della guerra e della competitività significa condannarsi al suicidio e alla marginalità sia verso l’Occidente che verso l’Oriente. La cooperazione con le nuove aree in crescita non si ottiene con la competitività ma con rapporti diretti e di cooperazione tra Stati, cioè sullo scambio reale di capacità e di beni e con la messa in comune delle risorse disponibili».
D. Nel dibattito pubblico spesso si attribuisce la colpa dell’attuale stato di cose, almeno in Italia, a una classe dirigente incolta, poco lungimirante e fautrice di ripetute scelte sbagliate. Condivide questa posizione e se sì come ritiene si possano conciliare fra loro due ambiti apparentemente così distanti quali istanza politica e azione tecnico-scientifica?
R. «La classe dirigente politica e imprenditoriale che abbiamo è quella che è sopravvissuta alla guerra condotta contro il sistema italiano dagli anni Cinquanta in poi dagli Stati Uniti, Francia e Germania, e che continua oggi. Questa guerra è stata vinta finora prima con l’eliminazione fisica dei personaggi scomodi (Mattei, Olivetti ecc.), poi con la distruzione del sistema politico italiano negli anni Novanta e ancora oggi. La corruzione, esistente è la causa di questi sviluppi e di come, attraverso i fiumi di denaro riversati sui politici e sulle istituzioni, se ne è ottenuto il silenzio e la collusione alla realizzazione dei piani di costruzione del consenso su un progetto italiano ed europeo squilibrato. La reazione popolare degli ultimi anni, e espressa dalle ultime elezioni, dimostra che il limite della sopportazione è stato raggiunto, ma anche il fallimento di questi piani di destabilizzazione politica e di marginalizzazione economica del Paese».
D. Fra gli effetti della lunga crisi che stiamo vivendo vi è anche l’aumento considerevole di giovani senza lavoro, costretti a vivere in condizioni di precarietà e a fare i conti con un futuro dai contorni molto incerti. In che modo tutto ciò potrà influire sulla nostra futura società?
R. «A chi avanzava riserve critiche sulle forme dell’integrazione europea si rispondeva che queste volevano far “sprofondare” l’Italia nel Mediterraneo. Ebbene, è proprio l’adesione acritica alle strategie della globalizzazione e dell’UE che sta facendo sprofondare l’Italia nel “sottosviluppo”. Ma l’Italia è un Paese forte e le reazioni sociali e politiche che si annunciano lo dimostrano. Il successo di questa tendenza è anche la sola speranza offerta ai nostri giovani».
D. Dal suo punto di vista quando ritiene si possa immaginare un’inversione di tendenza dell’attuale dinamica recessiva? E quando ciò dovesse accadere, passato il peggio, che insegnamenti potremmo e dovremmo trarne da quanto accaduto?
R. «Questa crisi si fermerà quando i 4/5 della popolazione saranno ridotti in condizioni di povertà e marginalizzazione. Un percorso avviato ma che richiede tempo. La “ripresa” sarà una stabilizzazione e istituzionalizzazione della povertà e della dipendenza politica del Paese dai centri finanziari. Che questo possa avvenire in forma “pacifica” è da dimostrare. La vera ripresa ci può essere solo se il 99% degli esclusi riprende il controllo sulla macchina del potere politico ed economico. Le forme in cui questo avverrà, se avverrà, non saranno indolori per le vecchie classi dirigenti e per questo si oppongono con tutti gli strumenti a disposizione. La forza obiettiva di questo cambiamento dipende dal fatto che l’alternativa a una vera ripresa è lo scenario dell’implosione dell’Europa sul modello jugoslavo, a noi ben noto. La preferenza per una soluzione, anche europea, negoziata e con un cambio di indirizzo dovrebbe apparire ovvia e di buon senso, oltre che più giusta. Ma raramente l’equità e la giustizia prevalgono sugli interessi costituiti».
* Bruno Amoroso, presidente del Centro Studi Federico Caffè e collaboratore di Comune-info, è stato uno degli allievi del noto economista Federico Caffè (nel libro «La stanza rossa», per Città aperta, traccia il significato dell’avventura intellettuale e umana dell’amico e maestro). Docente presso l’Università di Roskilde (Danimarca) e quella di Hanoi (Vietnam), Amoroso è tra i promotori dell’Università del Bene Comune ed è autore di numerosi articoli e libri (tra cui «Europa e Mediterraneo. Le sfide del futuro» per Dedalo edizioni; l’ultima pubblicazione è «L’Europa oltre l’Euro», edita da Castelvecchi). Altri articoli di Amoroso sono QUI.
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Allarme Corte dei Conti: “Pressione fiscale al 53%” Catricalà: “Recuperare l’evasione del canone Rai”
Allarme Corte dei Conti:
“Pressione fiscale al 53%”
Catricalà: “Recuperare
l’evasione del canone Rai”
Audizione alla Camera del presidente della Corte dei Conti. “L’economia sommersa ha dimensioni rilevanti, fino al 18% del Pil. Peggio di noi solo la Grecia”. Fico, presidente della Vigilanza Rai: “Non vogliamo svendere l’azienda. Piuttosto io dico di tagliare gli F35”
Roma, 19 giugno 2013 – “Non si può pensare di offuscare con dichiarazioni il lavoro svolto insieme” mettendo “a repentaglio quello che fanno i colleghi”. Lo ha detto l’esponente del M5S e presidente della commissione di Vigilanza Rai Roberto Fico che sottolinea: “Non un fatto di diritto di critica o di opinione, ma non vedo perche’ bisogna uscire fuori e parlare contro quello che si è fatto insieme. Questo non ha nulla a che vedere con il pluralismo ma con un concetto che ha a che fare con valori piu’ alti come la lealta’”. “Davvero non conosco movimento – ha aggiunto – dove democraticamente si discute come il nostro”.
Poi Fico ha sottolineato il suo pensiero sulla Rai: “In questo momento vendere la Rai significa svenderla e la Rai non si svende. Non si può vendere neanche un canale senza una legge seria sul conflitto di interessi e sull’antitrust”. ‘’Ho letto di stime secondo cui la vendita della Rai garantirebbe due miliardi allo Stato, ma non e’ neanche la meta’ dei soldi che abbiamo programmato di spendere per gli F35: un’assurdita’. Andrei piuttosto a tagliare gli F35 e a finanziare la Rai’’.
Fico ha annunciato che la commissione di Vigilanza Rai terrà le sue prime due audizioni congiunte martedi’ prossimo alle 20.30. Ad essere ascoltati saranno la presidente della Rai Annamaria Tarantola e il direttore generale. “Sarà data massima trasparenza alla commissione, massima visibilità alla audizione” che verrà trasmessa dal canale satellitare della Rai, sul circuito chiuso e sulla web tv. L’audizione proseguira’ fino alle 23 e se necessario verra’ aggiornata. “Ho chiesto all’ufficio di presidenza di procedere alla composizione della sottocommissione permanente di accesso”. E’ uno spazio che deve essere “assolutamente utilizzato. Ci sono gia’ molte richieste”. La formazione di questa commissione “non puo’ essere trascinata nel tempo ma va compiuta entro fine giugno”, ha aggiunto.
CORTE DEI CONTI, ALLARME EVASIONE FISCALE – La pressione fiscale effettiva “si è impennata fino al 53%”, dieci punti oltre quella “apparente”. Il dato è stato fornito dal presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampolino, in audizione presso le commissione Finanze e Bilancio della Camera. “L’evasione fiscale continua a essere per il nostro paese un problema molto grave”, ha spiegato, sottolineando che il fenomeno è “tra le cause delle difficoltà del sistema produttivo, dell’elevato costo del lavoro, dello squilibrio dei conti pubblici, del malessere sociale esistente”. Giampaolino ha aggiunto che ci sono “divisioni su un tema come quello del contrasto all’evasione” e che la strategia di contrasto è caratterizzata da “andamento ondivaghi e contraddittori”. Per sua natura, ha inoltre affermato, questo tema “dovrebbe costituire elemento di piena condivisione e concordanza”.
“PEGGIO DI NOI SOLO LA GRECIA” – La Corte dei Conti, poi, sottolinea come l’economia sommersa “ha dimensioni rilevanti, fino al 18% del Pil, e colloca il nostro paese al secondo posto nella graduatoria internazionale guidata dalla Grecia“. Giampaolino ha aggiunto che per quanto riguarda l’Iva resta elevata la “propensione a non dichiarare” con una sottrazione di imposta nel 2011 pari a 46 miliardi di euro. “Molto grave”, ha poi affermato, resta anche l’evasione dell’Irap. Per i due tributi “il vuoto di gettito creato dall’evasione stimato dall’Agenzia delle entrate – ha concluso il presidente della Corte dei conti – ammonterebbe nel solo 2011 a 50 miliardi”.
1 CONTROLLO OGNI 20 ANNI – Inoltre, a fronte di un universo di quasi 5 milioni di contribuenti che svolgono attività produttive ‘indipendenti’ e come tali a maggior rischio di evasione , il numero dei controlli approfonditi che l’Agenzia delle Entrate con l’ausilio della Gdf riesce a mettere in campo annualmente difficilmente supera i 200.000 dato che equivale ad una possibilità di controllo ogni 20 anni di attività”.
CANONE RAI – Intanto il viceministro per lo sviluppo economico Antonio Catricalà è intervenuto in merito al canone Rai. “E’ all’esito del contratto di servizio. La nostra idea è di recuperare l’evasione – ha detto -. Il contratto di servizio è già scaduto, siamo in ritardo faremo mini consultazioni, sentiremo forse anche le parti sociali”. Catricalà ha inoltre puntualizzato di non aver “mai parlato di vendita della Rai o cessione della concessione del servizio pubblico”. “La legge attuale prevede che la concessione scada a maggio 2016. Dobbiamo pensare allo scenario immediatamente successivo”, ha continuato il viceministro. “E’ necessario immaginare una consultazione pubblica di grande profilo. Non puo’ essere una scelta fatta nelle segrete stanze del ministero o della Rai – ha continuato Catricalà-. Naturalmente restano salve tutte le competenze delle commissioni parlamentari competenti, prima di tutto quella di Vigilanza”. Il viceministro ha poi precisato che “sarà comunque una scelta del Parlamento e non del governo su come si attiva di nuovo la concessione e di conseguenza la convenzione. Bisogna preparare il terreno, bisogna aver fatto un’istruttoria completa e che tutti quelli che si possono esprimere, si siamo espressi”.
Terremoto in Lunigiana, notte di paura: 11 scosse Gabrielli: “Denunceremo chi procura allarme”
Terremoto in Lunigiana,
notte di paura: 11 scosse
Gabrielli: “Denunceremo
chi procura allarme”
La più alta di magnitudo 3.4. Popolazione nei rifugi della protezione civile e nelle auto
Dopo il terremoto di magnitudo 5,2, e le scosse di assestamento non si sono fermate. Nella notte sono state undici scosse, l’ultima alle 6:37 del mattino. La popolazione della Lunigiana e della Garfagnana ha dormito fuori casa. Arrivato il capo della Protezione Civile: “L’importante è evitare il panico”
Roma, 22 giugno 2013 – Continua a tremare la terra nella zona della Lunigiana, in Toscana, dove nel corso della notte ci sono state undici scosse, l’ultima alle 6:37 del mattino. La scossa più forte registrata dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) è stata di magnitudo 3.4 alle 3:56, con ipocentro a 10.5 km e ipocentro in prossimità dei Comuni lucchesi di Giuncugnano, Minucciano, Vagli Sotto e Piazza al Serchio, e quello massese di Casola in Lunigiana. Le altre scosse di assestamento, dopo quella di ieri di magnitudo 5.2, sono state registrate tra le 00:21 e le 6:37. (FOTO). Stamattina è arrivato in zona il Capo della Protezione Civile Franco Gabrielli, che ha fatto il punto della situazione e ammonito: “Denunceremo chi procura allarme”.
UNA NOTTE DI PAURA – La paura non ha abbandonato neppure durante la notte la popolazione della Lunigiana e della Garfagnana dopo la forte scossa di terremoto registrata ieri alle 12.33 di magnitudo 5.2. Moltissimi gli abitanti di Fivizzano, Casola in Lunigiana, in provincia di Massa Carrara, e Minucciano (Lucca) che hanno preferito dormire fuori casa: tanti anziani e bambini sono stati ospitati nelle strutture messe a disposizione dalla protezione civile, in particolarte scuole e palestre. Ma tantissime le famiglie che hanno preferito trascorrere la notte in auto, lontani dalle mura delle abitazioni.
ARRIVATO GABRIELLI – Il capo dipartimento del della Protezione civile, Franco Gabrielli è arrivato al centro operativo allestito a Fivizzano, in provincia di Massa Carrara, epicentro ieri della violenta scossa (5.2) delle 12,33. “Stiamo procedendo, a norma di legge, per perseguire penalmente chi procura allarme, chi anche sui siti dà orari di possibili nuove scosse .- ha detto Gabrielli – Sono cose che hanno solo un profilo criminale, per creare preoccupazione nella popolazione’’.
Per Gabrielli il terremoto di magnitudo 5,2, registrato ieri con epicentro a Fivizzano, non è legato alla scossa di 3,5 registrata nella serata di sabato scorso: ‘’Qualcuno ha detto che quella scossa poteva essere premonitrice – ha ricordato Gabrielli – Ma negli ultimi otto anni ci sono stati sul territorio nazionale 635 terremoti simili e dal 1° gennaio ne abbiamo già avuti 35 di magnitudo 3,5 o superiori’ Se avessimo dovuto fare azioni preventive o evacuative avremmo un Paese in continua evacuazione’’.
Per il capo della Protezione è “molto probabile” che le scosse di terremoto in Lunigiana proseguiranno ancora nei prossimi giorni, ma l’importante è evitare il panico, e rassicurare la popolazione. “Nelle prossime ore – ha detto ancora – definiremo la quantità dei danni, anche se non si rilevano particolari criticità. Questo è un territorio preparato, si è fatta nel tempo una buona prevenzione strutturale”.
Forte scossa di terremoto: trema tutto il Nord Italia
Forte scossa di terremoto: trema tutto il Nord Italia
Magnitudo 5.2, epicentro in provincia di Massa Carrara
Crolli in Lunigiana. Repliche fino a magnitudo 4
Un terremoto di magnitudo 5,2 è stata registrata alle 12,33 fra le province di Lucca, Massa e La Spezia. Lo rende noto la sala sismica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
BOLOGNA, 21 giugno 2013 – Torna l’incubo terremoto: alle 12.33 una scossa fortissima -di magnitudo 5.2 – ha fatto tremare tutto il Nord d’Italia. Epicentro, in Toscana: a Fivizzano, in provincia di Massa Carrara, a una profondità tra i 5 e i dieci chilometri. Proprio il fatto che l’epicentro sia stato così vicino alla superficie ha fatto sì che la scossa sia stata avvertita in tutto il Nord: in Emilia Romagna – già piegata dalla devastazione del maggio dell’anno scorso – in Toscana, Lombardia, Piemonte, Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Liguria.
ALTRE SCOSSE – Alle 13.19 nuova forte scossa fin Lunigiana, con magnitudo 3.8 ed epicentro a Minucciano (Lucca) con una profondità di 10,7 chilometri. E verso le 14,12 nuova scossa piùttosto forte, di magnitudo 4.0. Come alle 16,23 sempre di magnitudo 4. Si tratta delle repliche più forti registrate finora, sempre con epicentro tra le province di Lucca e Massa. Altre scosse di assestamento sono state a lungo registrate nelle ore successive.
VERIFICHE SU VITTIME E DANNI – Nessuna notizia di vittime, solo qualche ferito. Una persona sarebbe rimasta ferita in località Postella. Altre tre si sono recate al pronto soccorso di Massa Carrara per contusioni riportate in cadute durante la fuga. Quanto ai danni, secondo le prime indicazioni giunte alla sala operativa della protezione civile della provincia di Massa Carrara, si segnalano crolli di comignoli e cornicioni in Lunigiana, a Fivizzano e Casole. Sarebbero rimaste danneggiate alcune abitazioni con la caduta di tetti. Alcune abitazioni di Minucciano, piccolo centro dell’Alta Garfagnana, zona di epicentro del sisma, sono rimaste lesionate, come riferisce il presidente della Provincia di Lucca Stefano Baccelli.
Paese isolato in Toscana: una frana provocata dalle scosse ha isolato l’abitato di Equi Terme nel comune di Fivizzano in Lunigiana. Passando all’Emilia, sono tre le chiese lesionate in provincia di Modena a causa del terremoto in Lunigiana. Sono quella di San Domenico a Modena e quelle di Pievepelago e Sant’Andrea Pelago in Appennino, mentre sono stati registrati danneggiamenti lievi ad edifici nei comuni di Modena e Carpi. La prefettura di Modena non esclude che ulteriori “accertamenti possano mettere successivamente in luce situazioni di aggravamento nelle strutture già danneggiate dal terremoto dello scorso anno’’. Il Comune di Modena ha assicurato controlli mirati notturni nei parchi per verificare l’eventuale presenza di cittadini che non desiderano far rientro nelle proprie abitazioni e necessitano di assistenza. A Modena resta aperto il cimitero di San Cataldo, mentre sono stati chiusi gli altri, in attesa di ulteriori verifiche.
TRASPORTI – Squadre tecniche di Rete Ferroviaria Italiana si sono messe subito al lavoro per effettuare i controlli sull’integrità dell’infrastruttura ferroviaria dopo la scossa di terremoto in Lunigiana. La circolazione sulla linea Alta Velocità Milano – Bologna è restata regolare, quella sulla linea convenzionale tra Bologna e Piacenza è stata ripristinata dopo una serie di verifiche. Sospesa per ore e alla fine riattivata la circolazione ferroviaria sulla linea Aulla – Lucca , la cosiddetta Garfagnana, tra Borgo Val di Taro e Pontremoli (linea Pontremolese).
REAZIONI – Serve una seria politica di prevenzione dai danni degli eventi sismici. Lo ha chiesto Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera aggiungendo: “La forte scossa di terremoto e quelle di assestamento che questa mattina hanno fatto tremare la terra in Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia e Piemonte ricordano che in un Paese ad alto rischio sismico come l’Italia è fondamentale attuare una seria politica di prevenzione. In tale quadro è inaccettabile che l’eco-bonus del 65% per il risparmio energetico in edilizia non venga esteso anche agli interventi di consolidamento antisismico degli edifici esistenti e che non venga stabilizzato. Su questo il Parlamento deve lavorare”.
“Seguiamo costantemente l’evoluzione del fenomeno e i possibili danni a infrastrutture stradali e ferroviarie’’. Lo afferma il sottosegretario alle infrastrutture Erasmo D’Angelis, evidenziando che “l’Italia purtroppo convive con una sismicità ad alto rischio e non possiamo più agire solo con la logica delle emergenze. Bisogna lavorare sulla prevenzione e la mitigazione dei danni con una grande e continua opera di ristrutturazione antisismica del nostro patrimonio edilizio pubblico e privato per salvare beni e vite umane nel 75% del territorio nazionale che le carte di rischio della Protezione Civile segnalano a medio-elevato pericolo. E’ una priorità del Governo che ha già inserito 300 milioni di euro nel Decreto del Fare per l’edilizia scolastica, da incrementare con il Fondo per la conclusione e l’avvio di opere non rinviabili a cui il Ministero Infrastrutture e Trasporti sta lavorando”. Poi ha ribadito: “E’ comunque determinante estendere l’eco-bonus del 65% per il risparmio energetico in edilizia anche agli interventi di consolidamento antisismico degli edifici. Darebbe anche ossigeno all’edilizia e alle economie locali’’ .