Renzi: l’articolo 18 è un totem ideologico, è giusto riscrivere lo Statuto dei lavoratori.

Renzi: l’articolo 18 è un totem ideologico, è giusto riscrivere lo Statuto dei lavoratori. Mai più soldi pubblici ad Alitalia

di 14 agosto 2014

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Argomenti: Governo | Matteo Renzi | Angelino Alfano |Roma (squadra) | Federcalcio | Rai Tre | Juventus |Champions league | Napoli (squadra)

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«È giusto riscrivere lo statuto dei lavoratori? Sì, lo riscriviamo. E riscrivendolo pensiamo alla ragazza di 25 anni che non può aspettare un bambino perché non ha le garanzie minime. Non parliamo solo dell’articolo 18 che riguarda una discussione tra destra e sinistra. Parliamo di come dare lavoro alle nuove generazioni». Lo ha detto il premier Matteo Renzi, nell’intervista a Millennium in onda questa sera su Raitre. «Oggi l’articolo 18 è assolutamente solo un simbolo, un totem ideologico – ha dichiarato Renzi – proprio per questo trovo inutile stare adesso a discutere se abolirlo o meno. Serve solo ad alimentare il dibattito agostano tra gli addetti ai lavori». Passerà Ferragosto a Palazzo Chigi: «è un buon segno, è il segno che ci sono molti cantieri da far partire e che l’Italia può ritrovare slancio e speranza contro tutti questi profeti del pessimismo: i gufi, gli sciacalli, gli avvoltoi. Ormai potremo farne uno zoo».

Smentisco una nuova manovra
Una nuova manovra? «Lo rismentisco. Noi l’abbiamo già fatta la manovra e abbiamo abbassato le tasse», ha detto il premier. «Nella manovra del prossimo anno ci dovranno essere 16 miliardi di riduzione della spesa per stare dentro il 3%, che noi vogliamo rispettare. Per arrivare a questa cifra di solito lo Stato alza le tasse, ma questo meccanismo non si può continuare». Renzi ha detto che il Paese ha più o meno «ha 800 miliardi di spesa pubblica, 16 miliardi sono il 2%, cioè come 20 euro per una famiglia che guadagna mille euro, il 2% si trova agevolmente, ma il punto è capire dove mettiamo i soldi, perchè su alcune voci come la scuola e gli insegnanti bisogna mettere più soldi, bisogna scommettere. Su questo ci sarà una sorpresa a settembre».

Bonus 80 euro: esiste la possibilità di estenderlo
Gli 80 euro potranno essere estesi? «Non lo so, vediamo. Esiste la possibilità di estenderli. Ribadisco: sicuramente lo manteniamo per chi ce l’ha, vediamo se possiamo estenderlo», ha dichiarato Matteo Renzi.

Mai più soldi pubblici ad Alitalia: serve il coraggio di far fallire i carrozzoni
«È del tutto doveroso» non dare mai più soldi pubblici ad Alitalia. «Ne abbiamo messi talmente tanti di soldi pubblici che sarebbe inaccettabile», ha spiegato il premier Matteo Renzi. Ad Alitalia, ha detto Renzi, «è mancata una capacità di guida manageriale forte».
A chi gli chiede se sia stato «sbagliato dare soldi pubblici» alla compagnia di bandiera, Renzi risponde: «Sì. In alcuni casi bisogna avere il coraggio di far fallire alcune aziende che sono dei carrozzoni. Ma bisogna anche far pagare i manager che hanno buttato via i soldi, invece di dargli i premi di produzione. Le regole ci sono già. Basterebbe applicarle. Il problema è che molto spesso, in Italia, si è preferito far finta di niente».

Italiane rapite in Siria, assessore Varese: “Partite per farsi selfie coi ribelli”

Italiane rapite in Siria, assessore Varese: “Partite per farsi selfie coi ribelli”

Il sottosegretario Pistelli ricorda che “la Farnesina si è mossa fin dal primo giorno” del sequestro di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli. Il componente della giunta varesina Stefano Clerici su Facebook: “Due sprovvedute. Da bambine è bene che non si giochi alle ‘piccole umanitarie’, ma con le barbie. Il riscatto? lo farei eventualmente pagare ai loro ancor più sprovveduti genitori”

Italiane rapite in Siria, assessore Varese: “Partite per farsi selfie coi ribelli”

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“Da prima che la notizia fosse nota che noi siamo sulle tracce, alla caccia del gruppo che ha preso le due ragazze”. Il vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, dai microfoni di SkyTg24 interviene sul sequestro in Siria di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due volontarie rapite nei giorni scorsi ad Aleppo. Pistelli assicura che ”la Farnesina si è mossa fin dal primo giorno, cioè sei giorni prima che la notizia fosse nota al grande pubblico” ma sottolinea anche che nella gestione del caso servono “discrezione e silenzio”.

Le piste aperte – Intanto gli inquirenti lasciano tutte le piste aperte e non escludono anche l’ipotesi che le due giovani siano state cedute ad altre organizzazioni per gestire una trattativa ed ottenere un riscatto. Le due cooperanti sarebbero state rapite nel villaggio di El Ismo, a ovest di Aleppo, da uomini armati dalla casa di quello che viene indicato come il “capo del Consiglio rivoluzionario” locale, presso il quale erano ospitate. Una zona, quella del nord del Siria, dove ribelli, jihadistiislamici e bande di criminali comuni si contendono il territorio, e dove il business dei ricatti è la principale fonte di sostentamento di molti gruppi estremisti.

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In questo scenario caotico, il primo obiettivo è di individuare chi gestisce materialmente il sequestro delle due cooperanti nella fase attuale, che intenzioni abbia, e trovare un canale di collegamento affidabile per intavolare una trattativa, fanno sapere fonti vicine all’inchiesta, specificando tuttavia che “è ancora troppo presto e tutti gli scenari sono aperti”. Sulla base delle esperienze passate, viene ritenuta “concreta” l’ipotesi che Vanessa e Greta possano passare da un gruppo ad un altro, anche se “non ci sono evidenze certe”.

Le famiglie – Nei paesi d’origine delle due ragazze, appena ventenni, cresce l’attesa e la preoccupazione. A Gavirate, piccolo comune della provincia di Varese, la famiglia di Greta Ramelli resta chiusa. A parenti e conoscenti è stata data la consegna del silenzio non solo per favorire l’opera della Farnesina, ma anche perchè la famigliaRamelli ha chiesto così, in maniera ancor più diretta dopo l’arrivo dei giornalisti davanti alle finestre di casa. E la comunità partecipa all’apprensione della famiglia ma senza organizzare iniziative di solidarietà per il momento, ha spiegato il sindaco Silvana Alberio, sottolineando che c’è già “tanto clamore mediatico”. A Brembate, nel Bergamasco, il padre di Vanessa MarzulloSalvatore, ha raccontato in un’intervista che la figlia aveva deciso di partire – per la terza volta verso la Siria – contro la volontà dei familiari, perché “convinta che per aiutare i bambini siriani dovesse andare da loro”. Il signor Marzullo anche ieri era a Roma per incontrare i funzionari della Farnesina (che ha visto “molto attenti” al caso). In attesa, ha spiegato, che arrivi la tanto sospirata “buona notizia”.

La polemica dell’assessore di Varese: “No a riscatto a spese nostre per due sprovvedute” – Mentre la Farnesina lavora per rintracciare la due ragazze rapite, è l’assessore alla tutela ambientale del Comune di Varese Stefano Clerici (Pdl) a sollevare la polemica su un eventuale riscatto a spese dei contribuenti per riportare a casa Vanessa a Greta, che lui definisce “due sprovvedute” (leggi). Sempre su facebook, nel 2012 Clerici – che nella foto del profilo ha la bandiera siriana – si era espresso a favore del dittatore Bashar al-Assad, postando una sua immagine con lo status “Tieni duro presidente”. Nel 2011, tra l’altro, da assessore aveva inaugurato i giardini a Varese dedicati al teorico del fascismo Giovanni Gentile. “Ora mi chiedo – scrive Clerici commentando il rapimento delle cooperanti ad Aleppo – per le due sprovvedute (sarò diplomatico) partite per farsi i selfie tra i ribelli siriani è giusto che si mobiliti la diplomazia internazionale? Si, per carità. Ma che addirittura si ipotizzi il pagamento di un riscatto a spese nostre? Io lo farei eventualmente pagare ai loro ancor più sprovveduti genitori”.

Poi aggiunge: “Umanamente mi dispiace, per carità, ma con la guerra non si scherza e da bambine è bene che non si giochi alle ‘piccole umanitarie’, ma con le barbie. Perché se parti con l’incosciente presunzione di risolvere un problema e poi, paradossalmente, il problema diventi tu, non può essere la collettività a pagarne il prezzo. Ora speriamo solo che tornino sane e salve a casa, che imparino la lezione e che tacciano, perché l’idea che due ragazzine siano in mano a dei terroristi islamici senza alcuno scrupolo mi fa gelare il sangue nelle vene”. Parole accompagnate dal link a un articolo dal titolo “Le stronzette di Aleppo” (leggi). Il pezzo è tratto dalla rivista online Effedieffe, stesso nome della casa editrice diretta da Maurizio Blondet che firma l’articolo. Si definisce di “orientamento cattolico, senza cedimenti o concessioni alle derive vaticanosecondiste“.

Nell’articolo Blondet scrive che le due ragazze – “sempre teneramente abbracciate (inseparabili, lacrimano i giornali), forse per fare intendere di essere un po’ lesbiche (è di moda)” – “nella loro ultima telefonata chiedevano altri fondi. Pericolo per le loro faccine angeliche, o le loro tenerissime vagine? No, erano sicure: avevano capito una volta per tutte che i cattivi erano quelli di Assad, e loro stavano coi buoni, i ribelli. E i buoni garantivano per loro. Si sentivano protette. Nell’ultima telefonata hanno detto che avevano l’intenzione di restare lì”. E prosegue: “Un Paese serio le abbandonerebbe ai buoni, visto che l’hanno voluto impicciandosi di una guerra non loro di cui non capiscono niente […] Invece la Farnesina s’è subito attivata, il che significa una cosa: a noi contribuenti toccherà pagare il riscatto che i loro amici, tagliagole e criminali, ossia buoni, chiederanno. E siccome le sciagure non vengono mai sole, queste due torneranno vegete, saranno ricevute al Quirinale, i media verseranno fiumi di tenerezza, e pontificheranno da ogni video su interventi umanitari, politiche di assistenza, Siria e buoni e cattivi di cui hanno capito tutto una volta per tutte. Insomma, avremmo due altre Boldrini“.

Istat: disoccupati raddoppiati dall’inizio della crisi, aumenta la povertà. Poche le nascite e giovani in fuga

Istat: disoccupati raddoppiati dall’inizio della crisi, aumenta la povertà. Poche le nascite e giovani in fuga

Non emerge certo una fotografia positiva dell’Italia nel rapporto annuale 2014 dell’Istat. L’indicatore di povertà assoluta, stabile fino al 2011, sale di ben 2,3 punti percentuali nel 2012, attestandosi all`8% delle famiglie. L’Ente statistico sottolinea che la grave deprivazione, dopo l`aumento registrato fra il 2010 e il 2012 (dal 6,9% al 14,5% delle famiglie) registra un lieve miglioramento nel 2013, scendendo al 12,5%.
Il rischio di persistenza in povertà, ovvero la condizione di povertà nell’anno corrente e in almeno due degli anni precedenti, è nel 2012 tra i più alti d`Europa (13,1 contro 9,7%). Si tratta di una condizione strutturale: le famiglie maggiormente esposte continuano a essere quelle residenti nel Mezzogiorno, quelle che vivono in affitto, con figli minori, con disoccupati o in cui il principale percettore di reddito ha un basso livello professionale e di istruzione. Il rischio di persistenza nella povertà raggiunge il 33,5% fra le famiglie monogenitori con figli minori. Nel Mezzogiorno è cinque volte più elevato che nel Nord, tre volte più elevato tra gli adulti sotto i 35 anni, due volte più elevato tra i disoccupati e gli inattivi.
A questo proposito il numero di disoccupati in Italia è raddoppiato. Dall’inizio della crisi, nel 2013 arriva a 3 milioni 113 mila unità. In quasi sette casi su 10 l`incremento è dovuto a quanti hanno perso il lavoro, con l`incidenza di ex-occupati che arriva al 53,5% (dal 43,7% del 2008). Dal 2008 al 2013 l`occupazione è diminuita di 984 mila unità (-973 mila uomini e -11 mila donne), con una flessione del 4,2% e un calo più forte nell`ultimo anno (-478 mila occupati).
Se si considera l’insieme di disoccupati e forze lavoro potenziali, ammontano a oltre 1 milione le persone con almeno 50 anni che vorrebbero lavorare. Tra gli over50 crescono sia gli occupati (1 milione 70 mila unità in più, +19,1%) sia coloro che vorrebbero lavorare e non trovano il lavoro (+261 mila disoccupati e +172 mila forze di lavoro potenziali, rispettivamente +147% e +33,4%), mentre diminuiscono gli inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare (-448 mila, -4,1%).
Il tasso di occupazione scende al 55,6% (dal 58,7% del 2008). Nel Mezzogiorno il calo è più forte(-583 mila unità, -9%), con il tasso di occupazione pari al 42%, a fronte del 64,2% del Nord e del 59,9% del Centro. Il calo dell`occupazione nei cinque anni è quasi esclusivamente maschile (-6,9% a fronte di -0,1% per le donne); tuttavia nel 2013 torna a calare anche l`occupazione femminile (-128 mila unità, pari a -1,4% rispetto al 2012). Il tasso di occupazione degli stranieri si riduce di 9 punti, attestandosi al 58,1%; per gli uomini il tasso è al 67,9%, per le donne al 49,3% (rispettivamente -14 e -3,4 punti), nonostante la crescita, tra il 2008 e il 2013, degli stranieri occupati (+246 mila unità tra gli uomini e +359 mila tra le donne).
Inoltre, prosegue l’Istituto di statistica, cresce la disoccupazione di lunga durata che raggiunge il 56,4% del totale (45,1% nel 2008). Si riducono gli ingressi nell`occupazione dalla disoccupazione: se nel periodo pre-crisi (2007-2008) su 100 disoccupati 33 avevano trovato un lavoro un anno dopo, nel periodo 2012-13 questi scendono a 24. Per ogni disoccupato, c`è almeno un`altra persona che vorrebbe lavorare. Nel 2013 il totale delle forze lavoro potenziali, ovvero gli inattivi più vicini al mercato del lavoro, arriva a 3 milioni 205 mila, con un incremento di 417 mila unità.
Complessivamente, nel 2013 sono 6,3 milioni gli individui potenzialmente impiegabili. Aumentano anche gli scoraggiati, che tra le forze di lavoro potenziali sono 1 milione 427 mila individui. I giovani sono i più colpiti dalla crisi: i 15-34enni occupati diminuiscono, fra il 2008 e il 2013, di 1 milione 803 mila unità, mentre i disoccupati e le forze di lavoro potenziali crescono rispettivamente di 639 mila e 141 mila unità. Il tasso di occupazione 15-34 anni scende dal 50,4% del 2008 all`attuale 40,2%, mentre cresce la percentuale di disoccupati (da 6,7% a 12%), studenti (da 27,9% a 30,7%) e forze di lavoro potenziali (da 6,8% a 8,3%).
Cala la spesa per consumi. Molte famiglie che fino al 2011 avevano utilizzato i risparmi accumulati o avevano risparmiato meno (la propensione al risparmio è scesa dal 15,5% del 2007 al 12% del 2011) hanno ridotto i propri livelli di consumo nel 2012 per mantenere i loro standard. La contrazione dei livelli di consumo si è verificata nonostante l`ulteriore diminuzione della propensione al risparmio (pari all`11,5%) e il crescente ricorso all`indebitamento (nel 2012, le famiglie indebitate superano quota 7%).
Giù anche la spesa sanitaria – Nel 2012, la spesa sanitaria pubblica inoltre è pari a circa 111 miliardi di euro, inferiore di circa l’1% rispetto al 2011 e dell’1,5% in confronto al 2010. Durante la crisi, dal 2008 al 2011, le prestazioni a carico del settore pubblico si sono ridotte, compensate da quelle del settore privato a carico dei cittadini. Infatti, il valore della produzione pubblica (valutata a prezzi 2005) è rimasto invariato, mentre quello del settore privato è cresciuto dell’1,7%.
Tiene in Italia l’occupazione femminile, specie a fronte del forte calo di quella maschile, tanto che crescono le famiglie con donne breadwinner, ovvero quelle in cui la donna è l’unica ad essere occupata; ma in tempi di crisi è sempre più difficile lavorare ed essere madri, specie per le straniere. Spesso le madri lavoratrici, soprattutto le neo madri, si affidano ai nonni, anche se cresce il ricorso al nido, per lo più privato.
In Italia – inoltre – si vive sempre più a lungo ma resta bassa la propensione ad avere figli, le donne fanno pochi figli e sempre più tardi, a 31 anni in media il primo figlio. Anche le donne straniere in età feconda sta rapidamente “invecchiando”.

Andiamo a chiudere i diplomifici

Andiamo a chiudere i diplomifici

di Marco Lodoli

Tempo d’esami, tempo di valutazioni: e tra poco non soltanto i nostri studenti saranno giudicati, ma anche le scuole, i presidi, gli insegnanti. La tendenza è questa, dolorosa ma a quanto pare necessaria. In tutta Europa, proprio per garantire una buona offerta formativa ai ragazzi, per rassicurare i genitori, per essere davvero efficienti e non buttare al vento tanti anni di studio, si cerca di capire se le scuole sono all’altezza o se battono la fiacca.
Sarà una rivoluzione non facile da digerire, perché ogni insegnante crede giustamente di dare il meglio di sé e non tollera sguardi indiscreti nel registro e nella sua programmazione, perché i dirigenti scolastici sono già oberati di impegni e certo non faranno salti di gioia all’arrivo degli ispettori ministeriali. Però la linea è questa, bisognerà abituarsi a rendere conto del proprio operato. C’è però un aspetto di tutta la faccenda che fatico a digerire.
Perché le scuole pubbliche devono essere sistemate sul piatto della bilancia, esaminate con scrupolo intransigente, mentre continuano a proliferare, senza che nessuno dica niente, senza alcun controllo, i diplomifici? I cartelloni della mia città ora sono invasi dalla pubblicità di scuole fantasma che garantiscono il recupero degli anni perduti: due anni in uno, tre anni in uno, quattro anni in uno, non c’è problema. Basta pagare. Anche io, da giovane, per sbarcare il lunario ho insegnato per un poco in una di queste fabbriche di diplomi.
Sul registro avevo l’elenco degli studenti, trenta, trentacinque nomi per classe, ma in realtà sui banchi trovavo solo una decina di ragazzi sbadiglianti, sfaticati, somarissimi figli di papà che si sentivano sicuri della promozione visto che qualcuno lasciava ogni mese un assegno in segreteria. Gli altri stavano in altre città, si affacciavano ogni morte di papa, tanto per dimostrare la loro esistenza in vita. Queste scuole sono semplicemente uno scandalo, andrebbero chiuse per sempre, senza pietà, e invece continuano ad arricchirsi producendo ignoranza e ingiustizia.
Non sono le scuole private cattoliche, che conservano sempre una qualche decenza e a volte sono persino di buon livello: sono piccole imprese a delinquere, teatrini vergognosi dove si recita la farsa dello studio fasullo e dei voti regalati, anzi comprati. E allora, se davvero si vuole allineare la scuola italiana agli standard europei, se si vuole ficcare il naso nel lavoro di insegnanti e presidi, io pretendo che la stessa severità venga applicata a questi luoghi – non meritano nemmeno l’appellativo di scuole – dove si mercifica il presente e il futuro. Facciamo piazza pulita di questi indegni mercatini, e poi pensiamo al resto.

24 giugno 2014

Istat, raddoppiano in 5 anni gli italiani che lasciano il Paese. Calano le nascite

Istat, raddoppiano in 5 anni gli italiani che lasciano il Paese. Calano le nascite

Nascite in calo in Italia nel 2013 per il quinto anno consecutivo. Toccato il minimo storico di 514mila nuovi nati. E’ la fotografia fornita dall’Istat attraverso gli indicatori demografici del nostro Paese. Circa l’80% dei nuovi nati proviene da donne italiane, il 20% da donne straniere. Il numero medio di figli per donna scende da 1,42 nel 2012 a 1,39 nel 2013.
Raddoppiato il numero degli italiani che lasciano il Paese – Le immigrazioni dall’estero sono scese nel 2013 a 307 mila, pari a un tasso del 5,1 per mille, contro le oltre 350 mila del 2012 (5,9 per mille). Aumentano, invece, le emigrazioni, circa 126 mila (2,1 per mille), contro i 106 mila dell’anno precedente (1,8 per mille). Il saldo migratorio con l’estero è di 182 mila unità, per un tasso del 3 per mille (4,1 nel 2012). E’ quanto emerge dal Report “indicatori demografici” dell’Istat. Nel periodo 2008-2013, tra coloro che abbandonano il Paese per una destinazione estera raddoppia sia il numero di residenti stranieri (da 22 a 44 mila), che il numero di italiani (da 40 a 82 mila).
Destinazione preferita il Regno Unito – Nel 2013 la destinazione estera favorita dagli italiani è il Regno Unito, con circa 13 mila trasferimenti, segue la Germania con 11 mila 600. Gli stranieri, invece, emigrano prevalentemente in Romania, oltre 10 mila trasferimenti nel 2013 (+21% sul 2012) e Albania, oltre 2 mila trasferimenti (+23%). Calano gli ingressi dei cittadini stranieri, 279 mila nel 2013 contro i 321 mila del 2012. I rimpatri di italiani sono 28 mila.
Meno matrimoni con rito religioso – La celebrazione del matrimonio con rito religioso perde ulteriore terreno nei confronti del rito civile. Tra il 2008 e il 2013 la quota di sposi che sceglie il primo passa infatti dal 63% al 57%, mentre la quota di coloro che optano per il secondo cresce dal 37% al 43%. Lo segnala l’Istat nel report degli indicatori demografici del nostro Paese. Complessivamente nel 2013 si sono celebrati meno
26 giugno 2014

India, bimba di 8 anni stuprata e impiccata a un albero

India, bimba di 8 anni stuprata e impiccata a un albero

Una bambina di 8 anni è stata stuprata e impiccata ad un albero in un villaggio del West Bengala, lo stato indiano dove sorge Calcutta. Lo riferiscono oggi i media indiani. Tre uomini sospettati di esseri gli autori della violenza sono stati linciati dalla folla prima dell’arrivo della polizia. Uno di loro e’ morto all’ospedale.
Lo scioccante delitto è venuto alla luce giovedì a Kalibazar, nel distretto di East Midnapore, e ricorda la tragedia delle due cuginette di 14 e 15 anni trovate appese ad un albero di mango a fine maggio in Uttar Pradesh. Da quanto è emerso, la bambina era scomparsa mercoledì sera dopo essere uscita di casa per comprare del riso per la cena.
I genitori hanno subito lanciato l’allarme e sono iniziate le ricerche, in particolare vicino ad uno stagno dove si pensava fosse caduta. Invece, e’ stata trovata l’indomani a circa 200 metri da casa sua impiccata con una cintura ad ramo di un grosso albero. Il suo corpo presentava molte ferite e anche segni di una violenza sessuale.
I familiari hanno subito sospettato il ‘tantric’ del villaggio, una figura tra il mago e il guaritore, del delitto e sono andati a cercarlo nella sua abitazione. L’uomo e altri due presunti complici erano sul punto di scappare, ma sono stati fermati dalla folla infuriata e picchiati fino a quando sono intervenute le forze dell’ordine.
Il tantric è morto in ospedale per le ferite. Seconde alcune fonti, la famiglia della vittima era coinvolta in una disputa su dei terreni, e potrebbe quindi essere stata vittima di una ritorsione.
25 luglio 2014

Obesità infantile, tanti i colpevoli

Obesità infantile, tanti i colpevoli

di Brigida Stagno

Adottare un’alimentazione corretta fin da bambini è fondamentale per prevenire obesità e sovrappeso e quindi le malattie croniche correlate, come diabete, patologie cardiovascolari, sindrome metabolica. Manca però una corretta e coerente informazione nutrizionale, dovuta in parte anche alla tendenza da parte dei media a criminalizzare ciclicamente un singolo nutriente a scapito degli altri, trascurando le vere cause dell’obesità infantile, fenomeno in crescita nel mondo occidentale.
I numeri parlano chiaro: secondo alcune statistiche, nel 2012 l’eccesso ponderale riguardava il 32,3% dei bambini della terza elementare, con percentuali più elevate nel Centro-Sud: in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Basilicata l’eccesso ponderale riguarda più del 40% del campione, mentre Sardegna, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige meno del 25%. Il sovrappeso frequente nei paesi europei, Italia inclusa, riguarda più il 27% dei ragazzi di 13 anni e il 33% degli undicenni.
In età pediatrica e nell’adolescenza il sovrappeso è il risultato di più fattori: genetica (presenza di genitori in sovrappeso e con un indice di massa corporea eccessivo), eccesso di calorie ingerite (rispetto al fabbisogno nutrizionale del bambino) e sopratutto mancanza di attività fisica. A questi fattori andrebbero aggiunti la carenza di sonno, dimostrata da studi scientifici, l’atteggiamento troppo restrittivo di alcuni genitori nei confronti della linea dei propri figli, o al contrario un atteggiamento troppo morbido e permissivo. I genitori non sempre sono infatti consapevoli dei problemi di peso dei propri figli: tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 38% non ritiene che il proprio figlio sia in eccesso ponderale. Più raramente la responsabilità è delle alterazioni ormonali, come ipotiroidismo o disfunzioni surrenali.
Un’indagine dell’ISTAT del 2000 ha dimostrato che circa il 25% dei bambini e adolescenti in sovrappeso ha a sua volta un genitore obeso o in sovrappeso, ma la percentuale sale a circa il 34% quando lo sono entrambi i genitori. Per questo motivo serve un’educazione alimentare rivolta a tutta la popolazione, mentre a poco servono le diete restrittive, difficili da seguire in età pediatrica.

Proprio per fermare l’aumento di incidenza del sovrappeso e dell’obesità infantile nel nostro paese e nel mondo, la Fondazione Italiana per la Lotta all’Obesità Infantile (organizzazione nata per portare avanti un percorso rieducativo, alimentare e comportamentale dei bambini e delle loro famiglie) ha messo a punto un documento utile per migliorare la comunicazione degli argomenti legati alla nutrizione e agli stili di vita.

Il documento insiste sull’adozione di un’alimentazione equilibrata e varia, evitando eccessi o difetti nutrizionali: più vegetali (5 porzioni al giorno tra frutta e verdura), più cereali integrali, pesce, carne e latticini magri, meno sale, dolci e grassi. E naturalmente più attività fisica e meno vidoeogiochi e TV.

Gli errori da evitare? L‘eccesso di zucchero (contenuto in molte bibite, succhi di frutta, dolci), di grassi saturi, di derivazione animale (di cui sono ricchi salame, mortadella, salsicce, pancetta), l’abuso di sale, spesso nascosto in molti alimenti, come formaggi, salumi, pane e alimenti pre-confezionati, la mancanza di fibre (contenute in frutta e verdura, cereali integrali e leguminose), utili per favorire il transito intestinale, ridurre l’assorbimento di grassi e dare un maggiore senso di sazietà), l’assenza della prima colazione (pessima abitudine sempre più diffusa), necessaria per migliorare la prestazione psico-fisica e controllare la fame nei pasti successivi.

In sostanza, in una persona sana le evidenze scientifiche dimostrano che un regime alimentare a base di carboidrati (dal 55% al 60-70% per chi fa esercizio fisico regolare), pochi grassi (20%) e circa il 12-15% di proteine aiuta a mantenere un peso ottimale.

08 luglio 2014

Guariti 6 bambini con terapia genica che usa il virus dell’Aids. Un successo della ricerca italiana Telethon

Guariti 6 bambini con terapia genica che usa il virus dell’Aids. Un successo della ricerca italiana Telethon

Non tutti i virus vengono per nuocere ma se c’era un male capace di scatenare terrore in chiunque, quello era proprio l’Aids. L’idea di usarlo per salvare vite umane è quindi ancora più rivoluzionaria, anche se non è certo la prima volta che si usa la caratteristica invadenza di un virus per guarire una malattia degenerativa. Del come e del perché, ai sei bambini guariti da gravi malattie ereditarie importerà poco, ma il fatto è che la terapia genica che usa come cavallo di Troia il virus dell’Aids ha funzionato. La ricerca italiana, pubblicata su Science, è stata presentata in una conferenza stampa a Milano, dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Tiget).
Tre anni di lavoro – I risultati, che i ricercatori del Tiget definiscono incoraggianti e molto promettenti, sono stati ottenuti dopo tre anni di trattamento su sei bambini. Di questi, tre (provenienti da Libano, Usa ed Egitto) con una malattia neurodegenerativa considerata finora incurabile, la leucodistrofia metacromatica; gli altri tre (provenienti da Italia, Turchia e Usa) con da una rara immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich.
Sei bambini trattati – Il risultato, celebrato da una doppia pubblicazione sulla prestigiosa rivista Science e presentato in un’affollata conferenza stampa, si deve all’intuizione di Luigi Naldini, oggi direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano. Proprio lui, nel 1996, pensò di disarmare il temutissimo virus Hiv, responsabile dell’Aids, per trasformarlo in un efficiente cavallo di Troia che trasporta nella sua pancia i geni sani con cui correggere gravi malattie ereditarie, arrivando fino alle cellule dell’inaccessibile sistema nervoso centrale.
La sperimentazione – Dopo anni di esperimenti in laboratorio per valutare sicurezza ed efficacia della terapia genica sulle cellule staminali del sangue, nel 2010 è partita la sperimentazione su 16 piccoli pazienti da tutto il mondo, di cui 6 affetti da una grave malattia neurodegenerativa, la leucodistrofia metacromatica (la malattia di Sofia al centro del caso Stamina), e 10 colpiti da una rara immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich. Dopo tre anni, ecco i primi frutti. Jacob (3 anni, americano), Canalp (4 anni, turco) e Samuel (9 anni, di Roma), tutti affetti dalla sindrome di Wiskott-Aldrich, sono potuti quasi rinascere.
I bimbi guariti – Lo racconta Alessandro Aiuti, responsabile dell’unità di Ricerca clinica pediatrica del Tiget. “Nella sindrome di Wiskott-Aldrich – spiega Aiuti – le cellule del sangue sono direttamente colpite dalla malattia e le staminali corrette hanno sostituito le cellule malate, dando luogo a un sistema immunitario funzionante e a piastrine normali. Grazie alla terapia genica i bambini non vanno più incontro a emorragie e infezioni gravi e possono correre, giocare e andare a scuola”. Ottimi risultati sono stati ottenuti anche su Mohammad (4 anni dal Libano), Giovanni (3 anni dagli Usa) e Kamal (3 anni, egiziano), i primi tre pazienti trattati per la leucodistrofia metacromatica: la malattia, aggredita prima della comparsa dei sintomi, è stata arrestata.
Il caso del piccolo Mohammad – “Il caso più eclatante è quello di Mohammad, il primo si cui siamo intervenuti”, spiega Alessandra Biffi, che ha coordinato questa seconda ricerca. “Ha iniziato la terapia quando aveva solo 16 mesi: dopo la settimana di cura e i due mesi di osservazione in ospedale, è tornato alla sua vita. E’ sopravvissuto ai due fratelli maggiori, morti per la stessa malattia, e ormai – conclude la ricercatrice – ha raggiunto in buona salute un’età a cui nessun paziente era potuto arrivare in simili condizioni”.

Saviano: “Sole le mafie puntano sui giovani”

Saviano: “Sole le mafie puntano sui giovani”

Di  | il 4 luglio 2013 | Lascia un commento

 

“Le uniche organizzazioni che in Italia puntano sui giovani sono le mafie”. Lo ha dettoRoberto Saviano nella serata di chiusura del ‘Festival Letterature’, ieri sera alla Basilica di Massenzio
parlando di “storie di informazione indipendente”.

Alla serata era presente il sindaco di Roma, Ignazio Marino, e l’assessore alla Cultura,Flavia Barca.

“La cultura è per noi al primo posto. Il comune investirà di più” ha detto Marino, ricordando che solo in questa edizione del festival sono state 20 mila le persone che hanno partecipato alla manifestazione. Nel suo lungo intervento accompagnato dalla colonna sonora dal vivo degli Almamegretta, Saviano parlando delle mafie e degli investimenti immobiliari ha fatto riferimento a “un’intercettazione telefonica della soubrette Michela Cerea che parlava con un imprenditore legato alla ‘ndrangheta nella quale si faceva riferimento al segretario di Daniela Santanche’ e da cui si è saputo che lei avrebbe avuto un ministero a settembre”.

Uno dei motivi per cui Roma è una delle città più care per gli immobili è perché le organizzazioni investono qui” ha sottolineato Saviano. La serata si è aperta con una “riflessione imposta dalla cronaca” ha detto l’autore di ‘Gomorra’, facendo riferimento a una dichiarazione del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, secondo la quale la maggiore incidenza dei tumori in alcune zone della Campania dipenderebbe anche “dagli stili di vita dei campani”.

“Forse voleva dire altro di una terra che soffre” ha sottolineato Saviano, snocciolando una serie di dati sui rifiuti tossici. “Questi dati non sono stili di vita ma veleni” ha concluso. Poi ha ammesso che “discutere di informazione indipendente è complicatissimo”.

Ha preferito raccontare “cosa significa affrontare il meccanismo dei poteri criminali” ribadendo, come ha fatto più volte, che “non è mai pericoloso chi racconta ma chi legge”. Poi ha precisato che il modo in cui vengono “determinate le politiche dei media importanti non è l’omertà ma la trascuratezza”.

E infine nell’affollatissima Basilica di Massenzio, dove molti sono rimasti in piedi, ha invitato al coraggio che significa “credere ancora in cosa si vuole realizzare. Una cosa davvero fondamentale in questo momento”.

IL BUSINESS DELL’INSOLVENZA E LO SCHIAVISMO PER DEBITI APPLICATI AGLI STUDENTI

IL BUSINESS DELL’INSOLVENZA E LO SCHIAVISMO PER DEBITI APPLICATI AGLI STUDENTI

 

di comidad

 

Una notizia del marzo scorso, mai arrivata in Italia, riguardava la decisione del presidente Obama di tagliare gli incentivi delle compagnie private di recupero crediti incaricate della riscossione presso gli studenti “beneficiari” di prestiti federali per potersi pagare l’istruzione universitaria. In tal modo si spera che le compagnie di recupero crediti siano un po’ meno motivate a dare la caccia agli studenti insolventi, concedendo loro un po’ di respiro.

Forse sarebbe stata una buona occasione per i media nostrani di dimostrarci la “bontà” di Obama, ma, nel darci la notizia, il rischio sarebbe stato anche quello di farci sapere che il business dell’insolvenza studentesca frutta alle compagnie private di recupero crediti circa un miliardo di dollari l’anno, e che intere generazioni di studenti americani non hanno davanti alcuna prospettiva di liberarsi definitivamente della schiavitù dei debiti. Le compagnie di recupero crediti hanno l’alibi di andare a recuperare denaro federale, cioè soldi dei contribuenti, ma in effetti, appaltando il business dell’insolvenza, il governo federale non fa altro che trasferire soldi pubblici ad affaristi privati.

Già dallo scorso anno su organi d’informazione italiani specializzati nel settore universitario, circolava la notizia del dramma dell’insolvenza studentesca negli USA, e ciò costituiva un argomento per invitare a soprassedere alle proposte di “prestito d’onore” per studenti, di cui si era fatto sostenitore Pietro Ichino, allora senatore del PD, ma tuttora lobbista della finanza a tempo pieno.

In realtà è un po’ tardi per soprassedere, dato che ormai in Italia il business dei prestiti agli studenti va a pieno regime, e se ne occupano tutti i maggiori istituti bancari. Unicredit è una delle banche più impegnate nel conferire agli studenti universitari l’onore di indebitarsi a vita, con una vasta gamma di prodotti finanziari per l’istruzione.

Le possibilità per gli studenti di sfuggire all’insolvenza sono scarsissime, perché manca la possibilità di accedere a lavori remunerativi e le famiglie di origine sono sempre più in difficoltà economica, perciò sono state già poste le basi per determinare anche in Italia un dramma dell’insolvenza. Ma non c’è da temere, poiché il gruppo Unicredit ha tra le sue compagnie una specializzata nel recupero crediti, cioè la Credit Management Bank.

Per gli istituti di credito l’insolvenza non è un malaugurato incidente, ma addirittura un auspicio, poiché consente di far lievitare negli anni dei piccoli crediti a cifre astronomiche, vincolando i malcapitati per il resto della loro vita. Il caso della Grecia ha dimostrato che l’insolvenza, vera o presunta, di uno Stato consente alle organizzazioni internazionali di applicare la categoria di schiavismo persino ad intere nazioni.

La schiavitù per debiti ha in lingua inglese un’espressione diventata ormai familiare per milioni di persone: “debt bondage”. Negli Stati Uniti il recupero crediti è infatti uno dei maggiori business, che riguarda anche grandi gruppi bancari.

In California il colosso bancario JP Morgan dal mese scorso sta avendo qualche piccola noia giudiziaria per i suoi metodi criminali nel recupero crediti. Il procuratore generale della California si è deciso a prendere in considerazione le numerose e circostanziate denunce dei consumatori, ma purtroppo l’esperienza passata mostra che gli strumenti giudiziari hanno il fiato corto contro un lobbying finanziario così ramificato e ben attrezzato.

Come già ricordato, il lobbying finanziario è in frenetica attività anche in Italia, dato che l’indebitamento studentesco costituisce uno dei maggiori business in prospettiva. Pietro Ichino si è ispirato al principio che quanto più l’affare è sordido, tanto più devono sembrare altisonanti le motivazioni etiche invocate per giustificarlo; ed ovviamente non poteva mancare lo slogan della “meritocrazia”.

Peccato che a smentire la mitologia meritocratica provveda lo stesso Ichino, il quale si rivela con le sue proposte un pedissequo plagiario della propaganda del Fondo Monetario Internazionale, come dimostra un articolo a firma di Nicholas Barr, dedicato alle mirabolanti virtù dell’indebitamento studentesco, e pubblicato nel 2005 su “Finance e Development”, rivista trimestrale del FMI.

Ma la maggiore agenzia di lobbying è proprio il governo. La recente segnalazione del generale Fabio Mini ha nuovamente posto in evidenza lo storico intreccio d’affari tra il Ministero della Difesa e Finmeccanica, ma questo ruolo di lobbying del governo non si limita affatto alla vendita di armi.

 

A riconferma di un lobbying governativo in ambito finanziario, lo scorso aprile è stato formalizzato l’accordo tra il Ministero dell’Istruzione e BancoPosta per attivare dal prossimo settembre la carta elettronica “IoStudio” per gli studenti della scuola superiore di secondo grado, quindi a partire dai 14 anni di età. Questa carta può diventare un vero e proprio strumento di “servizi” finanziari, anche se per ora è solo una card prepagata; ma un domani chissà. Quel che è certo è che l’arrivo di questa card determinerà una sempre maggiore confidenza dei ragazzi con i servizi finanziari, cioè quel senso di infondata autostima che è alla base di scelte irreparabili come indebitarsi.