I Comuni sono pronti, scatta la Tasi. Da ottobre s’inizia a pagare

I Comuni sono pronti, scatta la Tasi. Da ottobre s’inizia a pagare

Deliberata la gran parte delle aliquote. Ecco come e quanto si versa

di MATTEO PALO

Roma, 19 settembre 2014 – Il mosaico della Tasi è, ormai, a un passo dal completamento. A mezzanotte di ieri, infatti, il ministero del Tesoro ha decretato lo stop alla pubblicazione, da parte dei sindaci, delle delibere che contengono le aliquote della nuova tassa sui servizi indivisibili, come l’illuminazione pubblica e la manutenzione delle strade. Gli enti locali hanno dovuto rispettare due termini: l’invio entro lo scorso 10 settembre e la pubblicazione ieri. Hanno risposto alla chiamata 5.220 amministrazioni, secondo i dati provvisori, che si sommano a quelle arrivate al traguardo già a maggio: in totale siamo a oltre 7mila. Tra queste, adesso, compaiono tutte le più importanti città italiane. A questo punto, ne mancano all’appello circa 650.

Partiamo dal funzionamento concreto dalla tassa. Il nuovo tributo ha un’aliquota che varia da un minimo dell’un per mille fino a un massimo del 3,3 per mille. Il limite, però, può essere raggiunto soltanto a condizione che una quota pari allo 0,8 per mille venga collegata alle detrazioni a favore delle categorie meno abbienti. Il modo in cui si sono comportate le amministrazioni viene sintetizzato da Guido Castelli, sindaco di Ascoli e responsabile finanza locale per l’Anci: «Secondo le nostre prime verifiche, i Comuni italiani si stanno orientando sul 2,5-2,6 per mille, che poi sono le aliquote che consentono di ripristinare le entrate venute meno con la cancellazione dell’Imu». Per le seconde case e per gli immobili di lusso, la Tasi si sommerà alla vecchia imposta municipale sugli immobili. E proprio questo fa temere che, alla fine, gli italiani verseranno molto più che con la vecchia Imu: secondo il servizio politiche territoriali della Uil, una famiglia su due pagherà più di due anni fa.

Il quadro delle delibere è piuttosto complesso. Il primo termine per fissare la propria aliquota era stabilito al 23 maggio scorso: allora si erano mossi 2.178 Comuni, fissando la data per l’acconto al 16 giugno. In questo secondo round se ne sono aggiunti all’elenco altri 5.220. Tra questi ci sono quasi tutti i capoluoghi di provincia, con la sola eccezione di Crotone: tra i più importanti vanno citati Roma, Bari, Catania, Verona, Padova, Palermo, Siena, Perugia, Trieste, Pescara, L’Aquila, Campobasso, Reggio Calabria, Firenze e Milano. In queste città il prossimo 16 ottobre i cittadini dovranno versare un acconto pari al 50% della Tasi complessiva per il 2014. Saranno chiamati al prelievo non solo i proprietari, ma anche gli inquilini, che pagheranno una quota variabile tra il 10 e il 30%, a seconda dei casi. Restano fuori, a questo punto, circa 650 amministrazioni. In queste città la tassa andrà pagata d’ufficio con l’aliquota base dell’uno per mille entro il prossimo 16 dicembre.

Obesità infantile, tanti i colpevoli

Obesità infantile, tanti i colpevoli

di Brigida Stagno

Adottare un’alimentazione corretta fin da bambini è fondamentale per prevenire obesità e sovrappeso e quindi le malattie croniche correlate, come diabete, patologie cardiovascolari, sindrome metabolica. Manca però una corretta e coerente informazione nutrizionale, dovuta in parte anche alla tendenza da parte dei media a criminalizzare ciclicamente un singolo nutriente a scapito degli altri, trascurando le vere cause dell’obesità infantile, fenomeno in crescita nel mondo occidentale.
I numeri parlano chiaro: secondo alcune statistiche, nel 2012 l’eccesso ponderale riguardava il 32,3% dei bambini della terza elementare, con percentuali più elevate nel Centro-Sud: in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Basilicata l’eccesso ponderale riguarda più del 40% del campione, mentre Sardegna, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige meno del 25%. Il sovrappeso frequente nei paesi europei, Italia inclusa, riguarda più il 27% dei ragazzi di 13 anni e il 33% degli undicenni.
In età pediatrica e nell’adolescenza il sovrappeso è il risultato di più fattori: genetica (presenza di genitori in sovrappeso e con un indice di massa corporea eccessivo), eccesso di calorie ingerite (rispetto al fabbisogno nutrizionale del bambino) e sopratutto mancanza di attività fisica. A questi fattori andrebbero aggiunti la carenza di sonno, dimostrata da studi scientifici, l’atteggiamento troppo restrittivo di alcuni genitori nei confronti della linea dei propri figli, o al contrario un atteggiamento troppo morbido e permissivo. I genitori non sempre sono infatti consapevoli dei problemi di peso dei propri figli: tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 38% non ritiene che il proprio figlio sia in eccesso ponderale. Più raramente la responsabilità è delle alterazioni ormonali, come ipotiroidismo o disfunzioni surrenali.
Un’indagine dell’ISTAT del 2000 ha dimostrato che circa il 25% dei bambini e adolescenti in sovrappeso ha a sua volta un genitore obeso o in sovrappeso, ma la percentuale sale a circa il 34% quando lo sono entrambi i genitori. Per questo motivo serve un’educazione alimentare rivolta a tutta la popolazione, mentre a poco servono le diete restrittive, difficili da seguire in età pediatrica.

Proprio per fermare l’aumento di incidenza del sovrappeso e dell’obesità infantile nel nostro paese e nel mondo, la Fondazione Italiana per la Lotta all’Obesità Infantile (organizzazione nata per portare avanti un percorso rieducativo, alimentare e comportamentale dei bambini e delle loro famiglie) ha messo a punto un documento utile per migliorare la comunicazione degli argomenti legati alla nutrizione e agli stili di vita.

Il documento insiste sull’adozione di un’alimentazione equilibrata e varia, evitando eccessi o difetti nutrizionali: più vegetali (5 porzioni al giorno tra frutta e verdura), più cereali integrali, pesce, carne e latticini magri, meno sale, dolci e grassi. E naturalmente più attività fisica e meno vidoeogiochi e TV.

Gli errori da evitare? L‘eccesso di zucchero (contenuto in molte bibite, succhi di frutta, dolci), di grassi saturi, di derivazione animale (di cui sono ricchi salame, mortadella, salsicce, pancetta), l’abuso di sale, spesso nascosto in molti alimenti, come formaggi, salumi, pane e alimenti pre-confezionati, la mancanza di fibre (contenute in frutta e verdura, cereali integrali e leguminose), utili per favorire il transito intestinale, ridurre l’assorbimento di grassi e dare un maggiore senso di sazietà), l’assenza della prima colazione (pessima abitudine sempre più diffusa), necessaria per migliorare la prestazione psico-fisica e controllare la fame nei pasti successivi.

In sostanza, in una persona sana le evidenze scientifiche dimostrano che un regime alimentare a base di carboidrati (dal 55% al 60-70% per chi fa esercizio fisico regolare), pochi grassi (20%) e circa il 12-15% di proteine aiuta a mantenere un peso ottimale.

08 luglio 2014

Il prestito vitalizio ipotecario cambia volto per diventare conveniente ai proprietari

Il prestito vitalizio ipotecario cambia volto per diventare conveniente ai proprietari

di 9 luglio 2014Commenti (6)

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Sino a oggi i costi e le regole di legge hanno reso improponibile sul mercato italiano l'”home equity loan” anglosassone, cioè il “mutuo inverso” grazie al quale chi possiede una casa può darla in garanzia alle banche e ottenerne un prestito. Ora però la Camera sta iniziando a discutere la proposta di legge (firmatari i deputati Marco Causi e Antonio Misiani del PD, relatore in Commissione Finanze l’onorevole Paolo Petrini del PD), costituita da un unico articolo per integrare e modificare la disciplina del prestito vitalizio ipotecario (articolo 11-quaterdecies, comma 12, del decreto – legge n. 203 del 2005). Le nuove norme, se passeranno (ma l’iter è ancora lungo), risolveranno molti dei punti critici che hanno impedito lo sviluppo anche in Italia del mercato di questi contratti. La proposta di legge si basa sulle elaborazioni condotte dai firmatari sulle richieste per superare le criticità su questo fronte presentate dall’Abi e da altre associazioni dei consumatori durante l’audizione del 13 settembre 2013 alle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera.

Cos’è e come funziona il prestito vitalizio ipotecario
È un contratto tra i proprietari di una casa con più di 65 anni e una banca o una finanziaria con il quale il proprietario ottiene un finanziamento che viene garantito dall’ipoteca iscritta sulla casa a favore della banca o finanziaria. Il finanziamento erogato è pari a una parte del valore di mercato della casa, stabilito con una perizia, e può essere speso per le esigenze dei proprietari (consumi o spese rilevanti, integrazione del proprio reddito) senza che i proprietari debbano lasciare l’abitazione. I proprietari possono decidere di chiudere quando vogliono il contratto, pagando alla banca il capitale ricevuto più gli interessi, oppure di lasciare decidere agli eredi: dopo il loro decesso, questi si troverebbero a poter scegliere se cedere la casa al finanziatore, che escuterebbe l’ipoteca, o rimborsare il prestito ottenuto, con gli interessi maturati nel periodo.

In cos’è diverso dalla nuda proprietà
Rispetto alla vendita della nuda proprietà (il proprietario vende a un terzo la proprietà della casa e si riserva l’usufrutto, cioè il diritto di abitarci, sino alla propria morte; dopodiché l’acquirente ne otterrà il possesso), il prestito vitalizio ipotecario offrirebbe al mutuatario (si tratta infatti di un “mutuo inverso”) il vantaggio di non perdere la proprietà dell’immobile e, quindi, di non impedire agli eredi di recuperare l’immobile dato in garanzia, lasciando a questi ultimi la scelta di rimborsare il credito della banca (capitale più interessi) estinguendo l’ipoteca iscritta sull’immobile all’atto della firma del prestito vitalizio.

RECUPERO DELL’ACQUA PIOVANA: SISTEMI FAI DA TE

RECUPERO DELL’ACQUA PIOVANA: SISTEMI FAI DA TE

 

di Marta Albè

 

Recuperare l’acqua piovana significa avere a disposizione una risorsa preziosa, che permette di evitare sprechi idrici legati all’utilizzo di acqua potabile anche quando non sarebbe necessario. Pensiamo ad esempio all’irrigazione di orti e giardini.

Recuperare l’acqua piovana offre almeno 5 vantaggi e possibili impieghi da non sottovalutare. Il risparmio sulla bolletta è assicurato.

Recupero acqua piovana: vantaggi e utilizzi

1) L’acqua piovana raccolta e filtrata può essere utilizzata per la pulizia della casa e per il bucato. La sua efficacia pulente è maggiore e permette di risparmiare sia sull’acqua potabile che sull’impiego e acquisto di detergenti e anticalcare per la lavatrice.

2) L’impiego dell’acqua piovana è adatto per lo sciacquone del WC senza temere accumuli di calcare. L’acqua piovana non ne contiene.

3) Innaffiare orto e giardino senza sprechi idrici e risparmiando sull’acqua potabile.

4) Grazie ad appositi sistemi di raccolta, l’acqua piovana può essere utilizzata anche per l’igiene personale, per riempire la vasca da bagno e per lavarsi i denti, oltre che per la doccia.

5) L’impiego dell’acqua piovana è indicato per la pulizia dei pavimenti e per il lavaggio dei piatti a mano, oltre che dell’automobile.

Acqua piovana per l’irrigazione

Uno dei sistemi più semplici per la raccolta dell’acqua piovana ai fini dell’irrigazione consiste nel posizionare nell’orto o in giardino una o più cisterne piuttosto capienti. Anche chi possiede un balcone o un terrazzo può raccogliere l’acqua piovana, collocando alcuni secchielli nei punti più adatti. Ciò permetterà di innaffiare piante, orto e giardino durante i mesi estivi senza ricorrere all’acqua potabile ed evitando le restrizioni e le sanzioni delle ordinanze comunali in merito.

Rivolgendosi ad un installatore, oppure optando per il fai-da-te e basandosi sugli strumenti appositi che si trovano in vendita, sarà possibile unire alla raccolta dell’acqua piovana un sistema di irrigazione goccia a goccia dell’orto, che permetterà l’impiego razionale delle risorse idriche.

Leggi anche: I migliori metodi per annaffiare le piante quando partite per le vacanze

Impianto per la raccolta dell’acqua piovana auto-costruito

Con un po’ di manualità è possibile costruire da sé un impianto per la raccolta dell’acqua piovana. L’impianto che vi presentiamo è stato realizzato all’interno del progetto Vivere Con Stile promosso dall’Amministrazione Comunale di Portogruaro (VE). Il progetto “open source” è stato pubblicato sul web in modo tale che potesse risultare di ispirazione per altri cittadini alla ricerca di informazioni e di strumenti per il risparmio idrico. Il sistema è basato sull’idea di prelevare l’acqua piovana che cade, durante le piogge, da una o più condotte pluviali esistenti, cioè provenienti dal tetto, e di convogliarla in un serbatoio che funge da accumulo temporaneo.

È necessario porre particolare attenzione alla scelta del punto della casa in cui collocare il serbatoio e alla sua altezza da terra. Ad esso dovrà essere collegato almeno un tubo di distribuzione dell’acqua piovana. In vendita esistono numerose tipologie di tubi e serbatoi di raccolta. Per l’orto e per il giardino può essere utile dotarsi di un rubinetto a tempo per automatizzare l’innaffiatura.

È possibile seguire passo dopo passo le istruzioni online per l’auto-costruzione dell’impianto.

Installazione di un impianto per il recupero dell’acqua piovana

Seguendo le immagini del video che vi proponiamo potrete comprendere quanto possa essere semplice l’installazione di un impianto per la raccolta dell’acqua piovana da esterno o da giardino. Dopo aver acquistato gli strumenti necessari, è possibile procedere all’installazione fai-da-te. I sistemi di raccolta dell’acqua piovana permettono di recuperarla dai tetti, filtrarla, conservarla in cisterne e riutilizzarla per il giardino o per usi domestici. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito web www.raccoltaacquapiovana.it.

Raccogliere l’acqua piovana con una bottiglia

Chi desidera sperimentare in modo semplice la raccolta dell’acqua piovana potrà provare a ricorrere a delle comuni bottiglie di plastica. Dovrete inoltre tenere da parte i loro tappi e procurarvi del nastro isolante. È necessario tagliare i tappi conservando soltanto le loro ghiere. Una delle due bottiglie dovrà essere tagliata a metà, per formare un imbuto. Unite i tappi uno sull’altro con del nastro isolante ed avvitateli sul collo delle due bottiglie. Otterrete così un unico sistema composto da una bottiglia con imbuto incorporato.

Il tutto andrà posizionato in un punto in cui sarà possibile raccogliere l’acqua piovana. Un sistema ancora più semplice consiste nell’inserire un normale imbuto in una bottiglia di vetro o di plastica, in modo da ottenere un piccolo serbatoio fai-da-te per la sua raccolta. Potrete posizionarlo sul balcone, in giardino o al di sotto del punto di scolo di una grondaia.

Raccolta di acqua piovana con un serbatoio

Per l’installazione di un sistema di recupero dell’acqua piovana con serbatoio procedete come segue:

1) Innanzitutto è necessario preparare un sistema di tubature che permettano la raccolta dell’acqua piovana dai punti di scolo, ad esempio per quanto riguarda i tetti e le grondaie. Le tubature dovranno essere collegate ad un serbatoio di accumulo.

2) È indispensabile posizionare un filtro per l’acqua piovana. La sua collocazione dovrà permettere che l’acqua venga filtrata prima di raggiungere il serbatoio. In questo modo al suo interno vi sarà unicamente acqua pulita e priva di residui come foglie e pietrisco. L’acqua non sarà potabile ma potrà essere impiegata per innaffiare e per le pulizie domestiche senza problemi.

 

3) Dopo aver posizionato il filtro, potrete installare il serbatoio, collegandolo ai tubi di raccolta dell’acqua e ad un eventuale conduttura di scolo per l’acqua in eccesso, che dovrà raggiungere la fognatura. La capienza del serbatoio dovrà essere valutata in base alle condizioni climatiche della zona in cui si vive.

Cambiano le rendite: ecco il nuovo catasto

Cambiano le rendite: ecco il nuovo catasto

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Argomenti: Fisco | Daniele Capezzone | Consiglio di Stato | Confedilizia | Senato | Lazio

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Cambiano le rendite: ecco il nuovo catasto - I capisaldi della riforma

Il nuovo Catasto sta diventando una priorità, visto che l’autonomia fiscale degli enti locali e in particolare l’Imu dipendono strettamente dai valori attribuiti agli immobili. Il comitato ristretto presieduto da Daniele Capezzone, che sta elaborando il nuovo testo base della delega fiscale, ha completato l’esame della parte dedicata al Catasto. Apportando alcune importanti modifiche al testo da cui era partita, cioè quello passato alla commmissione Finanze del Senato sul finire della scorsa legislatura.

In sostanza resta l’impianto di fondo, cioè la nascita di due diversi dati, un valore patrimoniale e una rendita catastale, determinabili attraverso un algoritmo basato su funzioni statistiche, ma spunta di nuovo il “federalismo catastale” tramontato tre anni fa.

 
 

Nella “vecchia” delega tutto il lavoro avrebbe dovuto essere scaricato sull’ex agenzia del Territorio ma c’erano delle perplessità come sarebbe stato possibile effettuare una ricognizione su 60 milioni di unità immobiliari, anche potendo utilizzare professionisti esterni ma con un budget molto risicato di circa 500mila euro. Del resto si tratta un’opera impegnativa: cancellare i “vani”, la categorie e le classi (ridotte a poche unità) e sostituire il sistema con i metri quadrati. Si tratterà, anzitutto di «definire gli ambiti territoriali del mercato immobiliare di riferimento» (volendo ci sono già le microzone, che erano state individuate proprio a questo scopo). Poi si procederà a individuare due valori, approssimati alle medie dell’ultimo triennio: quello patrimoniale e la rendita (si veda l’articolo qui sotto).

L’aiuto dovrebbe venire dai Comuni, che dovrebbero comunicare gli aspetti presenti nell’algoritmo che verrà utilizzato per calcolare il «valore patrimoniale» degli immobili di categoria A, B e C che gli uffici del Territorio si trovano nell’impossibilità di verificare. Come l’affaccio, allo stato di manutenzione, all’esposizione, che in un progetto edilizio sono facilmente riscontrabili ma in una mappa catastale no.

Forse anche per questo nel nuovo testo base elaborato dal comitato ristretto si è deciso di ridare corpo alle funzioni catastali dei Comuni, un progetto complesso partito con il Dpcm del 14 giugno 2007, che dava concretezza al progetto del passaggio ai Comuni delle funzioni catastali (legge 296/2006). Nel marzo 2008 già 5.068 Comuni avevano scelto, con delibera, quali e quante funzioni assumere e 2.374 erano stati già considerati “pronti” mentre altri 481 avevano deciso di affidarsi completamente all’ex agenzia del Territorio, che gestisce centralmente il Catasto. Le delibere di altri 2.213 Comuni erano invece state respinte al mittente per irregolarità. Proprio quando già si stavano già individuando i dipendenti del Territorio da trasferire ai Comuni, un ricorso al Tar Lazio di Confedilizia aveva bloccato il 3 giugno 2008 il Dpcm. La decisione era stata cassata dal Consiglio di stato e rinviata al Tar Lazio, che alla fine aveva emesso una sentenza (4312/2010) che comunque confermava l’annullamento dell’articolo 3, comma 4 del Dpcm del 14 giugno 2007, per cui il governo avrebbe dovuto emanare un nuovo Dpcm per meglio precisare le specifiche attività di esercizio delle funzioni dei comuni: «soprattutto per impedire forme di accertamento catastale del tutto arbitrarie».

Ora, comunque, nella delega fiscale l’intenzione è di tornare in qualche modo sulla questione, (si veda «Il Sole 24 Ore» del 19 luglio), ridando corpo all’ipotesi del decentramento per facilitare la fornitura dei dati necessari per la revisione delle rendite e valorizzando le esperienze positive sin qui realizzate, soprattutto in Comuni come Torino e Genova. Qui, tra l’altro, i controlli sulle mancate comunicazioni di variazioni al Catasto per immobili ritrutturati (che avrebbero dovuto passare di categoria e quindi aumentare la base imponibile) avevano già dato ottimi frutti.

Quando e come registrare un contratto di affitto?

Quando e come registrare un contratto di affitto?

 

 

registrare contratto di affittoRegistrare un contratto di affitto è un obbligo a cui gli interessati, locatore e conduttore, devono provvedere per evitare che il loro rapporto sia considerato come “in nero”. Esso è annoverato infatti come obbligo di legge, e al suo adempimento dovrai procedere entro 30 giorni dalla conclusione del contratto di locazione. L’unica esclusione a tale regola si ha nel caso in cui la stessa locazione abbia una durata inferiore a trenta giorni. In questo articolo ti spiegheremo come procedere alla registrazione del contratto, e quali documenti dovrai necessariamente presentare.

Il costo della registrazione

Registrare un contratto di affitto comporta un costo, essendo un’operazione che impegna i pubblici uffici addetti. Dal momento che l’operazione di registrazione interessa ambo le parti in causa, la spesa relativa sarà equamente suddivisa, al 50%, tra locatore e conduttore, salvo che questi non stipulino patto contrario. Tale spesa è, per gli immobili urbani, pari al 2% del canone annuo moltiplicato per il numero delle annualità totali. Nella eventualità in cui il tuo contratto di locazione avesse durata pluriennale, potrete decidere di versare l’ammontare totale in un’unica soluzione; in questo caso, oltretutto, potreste godere di uno sconto sulla spesa totale, pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per le annualità del contratto. Dovrete poi versare l’imposta così calcolata presso qualsiasi riscossore, ufficio postale o banca, ricorrendo al modello F23, prima di procedere alla registrazione del contratto. Una copia della quietanza di pagamento dovrà essere consegnata all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente entro 30 giorni dalla data del contratto, insieme con la richiesta di registrazione compilata sull’apposito modulo.
Se doveste risolvere il contratto prima del tempo, e aveste nel frattempo versato l’importo per l’intera durata del contratto di locazione, il pagante ha diritto al rimborso delle annualità non godute.

La registrazione telematica

Il legislatore italiano, conscio delle problematiche e delle tempistiche legate alla procedura per registrare il contratto di affitto, è intervenuto con legge 44/2012, riconoscendo agli interessati come te la possibilità di procedere alla registrazione per via telematica. A tal fine, dovrai procurarti i software Iris e Siria, che l’Agenzia delle Entrate mette gratuitamente a disposizione sul proprio sito internet; la procedura non è eccessivamente complessa, ma, data l’estensione dell’obbligo di registrazione telematica ai possessori di 10 o più unità immobiliari, che fino ad ora erano forse abituati alla registrazione cartacea, potrai rivolgerti al tuo commercialista, oppure al CAF di zona. Il drastico calo a 10 unità, che nel regime precedente erano invece 100, è stata anche pensata al fine di sopprimere il problema sociale del contratto sociale. I due software appena richiamati possono però essere utilizzati per registrare i soli contratti di affitto che abbiano riguardo a massimo tre affittuari in unico immobile, e a condizione che i contraenti siano persone fisiche. In caso di registrazione telematica, ti elenchiamo ciò che ti sarà necessario per completare la procedura:

  • Originale e fotocopia del contratto di locazione che deve essere registrato
  • Software Iris, Siria (entrambi sia in locale o via web), Contratti di Locazione o Locazioni Web

La registrazione cartacea

Più complessa diviene la procedura per l’ipotesi di registrazione cartacea, essendo necessaria la presentazione di più documenti. Questa, in realtà, è una scelta cui potresti ricorrere nel caso in cui preferissi avere l’assistenza diretta di un dipendente competente dell’Agenzia delle Entrate: ti consigliamo allora di premunirti dei documenti che ti elencheremo, in modo da evitare di dover tornare una volta ulteriore, con tutto ciò che ne consegue in termini di tempo ed energie perse. Entro 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto di affitto (o della sua decorrenza, se precedente), dovrai recarti presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per registrare il contratto di affitto. La legge elenca precisamente i documenti necessari perché tu possa promuovere correttamente domanda di registrazione del contratto di affitto. Innanzitutto, dovrai compilare due documenti:

  • Il modello 69, che potrai ritirare presso lo stesso ufficio
  • La quietanza di pagamento delle imposte secondo il modello F23 che prima abbiamo richiamato

Al dipendente dell’Agenzia dovrai presentare, insieme a tali modelli opportunamente compilati, anche altri documenti, che dorai procurarti da solo:

  • Il contratto di locazione che deve essere registrato, almeno in duplice copia con firme originali
  • Il numero necessario di marche da bollo del valore di 14,62 euro ciascuno, e precisamente una per ogni quattro pagine composte di cento righi, salvo non si scelga la cedolare secca. Le marche da bollo devono essere applicate a entrambe le copie del contratto che consegnerai all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate

A questo punto dovrai calcolare e pagare il 2% del canone annuo, moltiplicato per il numero totale delle annualità, così come ti abbiamo accennato nel primo paragrafo. Della registrazione del contratto di affitto, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate ti rilascerà una ricevuta. A questo punto l’intera procedura è completa, e potrai avere la certezza di essere in regola con il sistema di legge, sia con riguardo agli aspetti pubblicitari, sia a quelli fiscali.

CONDIZIONATORI: LE 7 REGOLE PER NON SPRECARE ENERGIA

CONDIZIONATORI: LE 7 REGOLE PER NON SPRECARE ENERGIA

 

di G. C.

 

I primi giorni di caldo ed afa hanno fatto già sentire i loro effetti. Nelle grandi città si respirava a fatica, ma anche in campagna l’umidità e il caldo non hanno dato tregua. Le soluzioni per combattere le alte temperature sono sempre le stesse: bere tanto e non uscire nelle ore più calde della giornata.

Ma anche nelle mura domestiche il caldo, talvolta, è irresistibile. L’unica soluzione è ricorrere alla tecnologia: condizionatori e ventilatori saranno amici inseparabili. E così, come ogni estate, il refrigerio avrà un costo non indifferente. Come utilizzare i condizionatori senza sprecare energia? Ecco le sette regole:

1. Se dovessimo ancora comprare un condizionatore d’aria scegliamolo efficiente, ovvero di classe energetica A.

2. Impostiamo il condizionatore in modalità “deumidificazione”: abbassando la percentuale di umidità, la stanza si rinfresca in modo naturale. Questa opzione non richiede una quantità di energia eccessiva

3. Tenete il condizionatore ad una temperatura mite, di 3-4 gradi inferiore alla temperatura esterna

4. Pulire periodicamente i filtri, che se sporchi divorano energia

5. Fare attenzione alle dispersioni di aria fredda. Quando si accende il condizionatore è bene chiudere le finestre

6. Quando il caldo non è eccessivo preferire un ventilatore

 

7. Non accendere il condizionatore nelle ore notturne.

Riqualificazione energetica, la detrazione fiscale sale al 65%

Riqualificazione energetica, la detrazione fiscale sale al 65%

Per i privati proroga fino a fine 2013, per i condomini fino a giugno 2014. La detrazione del 50% per le ristrutturazioni è prorogata fino a fine 2013 ed è estesa agli arredi fissi e agli interventi antisismici

Letto 31884 volte 

31/05/2013 – La detrazione fiscale per la riqualificazione energetica sale dal 55% al 65% e varrà fino alla fine del 2013 per i privati, e fino a giugno 2014 per i condomini. Questi ultimi però accederanno all’agevolazione soltanto se gli interventi riguardano “almeno il 25% della superficie dell’involucro”.


Il bonus per le ristrutturazioni mantiene invece l’aliquota del 50%, è prorogato fino alla fine del 2013 ed è esteso agli ‘arredi fissi’ (cucine, armadi a muro ecc.) e agli interventi antisismici nelle aree a rischio.
 
Lo ha deciso il Consiglio dei Ministri di questa mattina, dando il via libera al Decreto-legge per le misure energetiche nell’edilizia.

La nuova detrazione del 65% – spiega il Governo – si concentrerà “sugli interventi strutturali sull’involucro edilizio, maggiormente idonei a ridurre stabilmente il fabbisogno di energia. Un’ultima conferma, e non ne sono previste successive – si legge nella nota -, stabilita per dare la possibilità a quanti non lo avessero già fatto, di migliorare l’efficienza energetica del proprio edificio”.

Per le spese documentate sostenute a partire dal 1° luglio 2013 fino al 31 dicembre 2013 o fino al 31 dicembre 2014 (per le ristrutturazioni importanti dell’intero edificio) – spiega Palazzo Chigi -, spetterà la detrazione dell’imposta lorda per una quota pari al 65% degli importi rimasti a carico del contribuente, ripartita in 10 quote annuali di pari importo

Secondo il Governo “l’effetto concentrato nel tempo della proroga e l’aumento della percentuale della detrazione possono dare un forte impulso all’economia di settore e in particolare al comparto dell’edilizia specializzata, caratterizzato da una forte base occupazionale, concorrendo in questo momento di crisi al rilancio della crescita e dell’occupazione e allo sviluppo di un comparto strategico per la crescita sostenibile”.
 
La detrazione del 50% si applicherà anche ai lavori di miglioramento sismico nelle aree a rischio, come annunciato ieri dal premier Enrico Letta a Bologna, al termine di un incontro a un anno dal sisma. “Il Consiglio dei Ministri di domani – ha detto ieri Letta – affronterà il tema della necessità che il nostro Paese rilanci la politica di ristrutturazioni ecocompatibili e a rischio sismico. Ne va del nostro lavoro di prevenzione i cui costi sono infinitamente più bassi dei costi di ricostruzione. Bisogna riqualificare e ristrutturare”.
 
L’estensione della detrazione anche agli arredi è una novità dell’ultima ora e ricalca una proposta avanzata qualche mese fa da FederLegnoArredo (leggi tutto); si tratterebbe di una misura simile a quella già sperimentata qualche anno fa, che consentiva di detrarre parte delle spese (il 20%) sostenute per l’acquisto di arredi nell’ambito di una ristrutturazione.

La misura del 50% non è citata nel comunicato finale del Consiglio dei Ministri, ma è stata confermata dal Ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, e dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti,Maurizio Lupi.
 
Il nodo che il CdM ha sciolto oggi è quello della copertura finanziaria. Il testo del Decreto-legge entrato in Consiglio dei Ministri pare contenesse una percentuale di detrazione per la riqualificazione energetica pari al 75%, ipotesi respinta dal Ministero dell’Economia.

Nonostante l’esborso, una Ricerca condotta dal Centro studi della Confederazione Nazionale degli Artigiani (CNA) e dal Cresme ha dimostrato che le due agevolazioni generano un saldo positivo per lo Stato. “Tra il 1998 e il 2012 – spiega lo studio – lo Stato italiano ha incassato dall’attività avviata con gli incentivi 49,5 miliardi di euro, a fronte di minor gettito maturato pari a 31,7 miliardi di euro. Il saldo al 2012 è quindi positivo per 17,8 miliardi di euro” (leggi tutto).

Ricordiamo che il Decreto-legge che dispone la proroga delle detrazioni contiene anche le norme di recepimento della Direttiva europea 2010/31/UE in materia di prestazione energetica nell’edilizia, la cosiddetta Direttiva ‘Edifici a Energia Quasi Zero’ (leggi tutto).

Infine, il Decreto legge interviene sulla questione dell’abilitazione professionale necessaria per svolgere attività di installazione e manutenzione di impianti da fonti rinnovabili, dando la possibilità di qualificarsi facendo valere l’esperienza lavorativa già svolta (leggi tutto).
 
I COMMENTI
“Il provvedimento varato oggi dal Governo coinvolge tutto il comparto del legnoarredo senza alcuna limitazione. Grazie alla lungimiranza del premier Enrico Letta e del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, potranno essere salvaguardati 8.000 posti di lavoro e 1.800 piccole imprese”. Così Roberto Snaidero, presidente FederlegnoArredo. “Quello di oggi è un grande risultato per FederlegnoArredo e per tutte le imprese che hanno dimostrato di credere in un lavoro di squadra che negli ultimi mesi ci ha visti impegnati per favorire l’approvazione di uno strumento che avrà ripercussioni positive sui consumi e sull’intero sistema del legnoarredo” ha concluso Snaidero.
 
Le misure approvate oggi “rappresentano il segnale che il Governo è sulla strada giusta per il rilancio dello sviluppo del Paese, che non può non partire dall’edilizia, e per quanto riguarda la salvaguardia e la valorizzazione del nostro territorio” ha commentato il Consiglio Nazionale degli architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. “Fortemente significativa, poi, l’attenzione per le misure finalizzate alla messa in sicurezza degli edifici che da tempo gli architetti italiani hanno proposto alla politica e che considerano prioritarie, tenuto conto dello stato di degrado del nostro patrimonio edilizio”. “È però ora assolutamente  necessario – ha concluso il Cnappc – che si vada verso la stabilizzazione dei bonus e che quello di oggi sia l’ultimo intervento in termini di proroghe”.

Riqualificazione energetica, la detrazione fiscale sale al 65%

Riqualificazione energetica, la detrazione fiscale sale al 65%

Per i privati proroga fino a fine 2013, per i condomini fino a giugno 2014. La detrazione del 50% per le ristrutturazioni è prorogata fino a fine 2013 ed è estesa agli arredi fissi e agli interventi antisismici

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31/05/2013 – La detrazione fiscale per la riqualificazione energetica sale dal 55% al 65% e varrà fino alla fine del 2013 per i privati, e fino a giugno 2014 per i condomini. Questi ultimi però accederanno all’agevolazione soltanto se gli interventi riguardano “almeno il 25% della superficie dell’involucro”.


Il bonus per le ristrutturazioni mantiene invece l’aliquota del 50%, è prorogato fino alla fine del 2013 ed è esteso agli ‘arredi fissi’ (cucine, armadi a muro ecc.) e agli interventi antisismici nelle aree a rischio.
 
Lo ha deciso il Consiglio dei Ministri di questa mattina, dando il via libera al Decreto-legge per le misure energetiche nell’edilizia.

La nuova detrazione del 65% – spiega il Governo – si concentrerà “sugli interventi strutturali sull’involucro edilizio, maggiormente idonei a ridurre stabilmente il fabbisogno di energia. Un’ultima conferma, e non ne sono previste successive – si legge nella nota -, stabilita per dare la possibilità a quanti non lo avessero già fatto, di migliorare l’efficienza energetica del proprio edificio”.

Per le spese documentate sostenute a partire dal 1° luglio 2013 fino al 31 dicembre 2013 o fino al 31 dicembre 2014 (per le ristrutturazioni importanti dell’intero edificio) – spiega Palazzo Chigi -, spetterà la detrazione dell’imposta lorda per una quota pari al 65% degli importi rimasti a carico del contribuente, ripartita in 10 quote annuali di pari importo

Secondo il Governo “l’effetto concentrato nel tempo della proroga e l’aumento della percentuale della detrazione possono dare un forte impulso all’economia di settore e in particolare al comparto dell’edilizia specializzata, caratterizzato da una forte base occupazionale, concorrendo in questo momento di crisi al rilancio della crescita e dell’occupazione e allo sviluppo di un comparto strategico per la crescita sostenibile”.
 
La detrazione del 50% si applicherà anche ai lavori di miglioramento sismico nelle aree a rischio, come annunciato ieri dal premier Enrico Letta a Bologna, al termine di un incontro a un anno dal sisma. “Il Consiglio dei Ministri di domani – ha detto ieri Letta – affronterà il tema della necessità che il nostro Paese rilanci la politica di ristrutturazioni ecocompatibili e a rischio sismico. Ne va del nostro lavoro di prevenzione i cui costi sono infinitamente più bassi dei costi di ricostruzione. Bisogna riqualificare e ristrutturare”.
 
L’estensione della detrazione anche agli arredi è una novità dell’ultima ora e ricalca una proposta avanzata qualche mese fa da FederLegnoArredo (leggi tutto); si tratterebbe di una misura simile a quella già sperimentata qualche anno fa, che consentiva di detrarre parte delle spese (il 20%) sostenute per l’acquisto di arredi nell’ambito di una ristrutturazione.

La misura del 50% non è citata nel comunicato finale del Consiglio dei Ministri, ma è stata confermata dal Ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, e dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti,Maurizio Lupi.
 
Il nodo che il CdM ha sciolto oggi è quello della copertura finanziaria. Il testo del Decreto-legge entrato in Consiglio dei Ministri pare contenesse una percentuale di detrazione per la riqualificazione energetica pari al 75%, ipotesi respinta dal Ministero dell’Economia.

Nonostante l’esborso, una Ricerca condotta dal Centro studi della Confederazione Nazionale degli Artigiani (CNA) e dal Cresme ha dimostrato che le due agevolazioni generano un saldo positivo per lo Stato. “Tra il 1998 e il 2012 – spiega lo studio – lo Stato italiano ha incassato dall’attività avviata con gli incentivi 49,5 miliardi di euro, a fronte di minor gettito maturato pari a 31,7 miliardi di euro. Il saldo al 2012 è quindi positivo per 17,8 miliardi di euro” (leggi tutto).

Ricordiamo che il Decreto-legge che dispone la proroga delle detrazioni contiene anche le norme di recepimento della Direttiva europea 2010/31/UE in materia di prestazione energetica nell’edilizia, la cosiddetta Direttiva ‘Edifici a Energia Quasi Zero’ (leggi tutto).

Infine, il Decreto legge interviene sulla questione dell’abilitazione professionale necessaria per svolgere attività di installazione e manutenzione di impianti da fonti rinnovabili, dando la possibilità di qualificarsi facendo valere l’esperienza lavorativa già svolta (leggi tutto).
 
I COMMENTI
“Il provvedimento varato oggi dal Governo coinvolge tutto il comparto del legnoarredo senza alcuna limitazione. Grazie alla lungimiranza del premier Enrico Letta e del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, potranno essere salvaguardati 8.000 posti di lavoro e 1.800 piccole imprese”. Così Roberto Snaidero, presidente FederlegnoArredo. “Quello di oggi è un grande risultato per FederlegnoArredo e per tutte le imprese che hanno dimostrato di credere in un lavoro di squadra che negli ultimi mesi ci ha visti impegnati per favorire l’approvazione di uno strumento che avrà ripercussioni positive sui consumi e sull’intero sistema del legnoarredo” ha concluso Snaidero.
 
Le misure approvate oggi “rappresentano il segnale che il Governo è sulla strada giusta per il rilancio dello sviluppo del Paese, che non può non partire dall’edilizia, e per quanto riguarda la salvaguardia e la valorizzazione del nostro territorio” ha commentato il Consiglio Nazionale degli architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. “Fortemente significativa, poi, l’attenzione per le misure finalizzate alla messa in sicurezza degli edifici che da tempo gli architetti italiani hanno proposto alla politica e che considerano prioritarie, tenuto conto dello stato di degrado del nostro patrimonio edilizio”. “È però ora assolutamente  necessario – ha concluso il Cnappc – che si vada verso la stabilizzazione dei bonus e che quello di oggi sia l’ultimo intervento in termini di proroghe”.

Così deve cambiare Equitalia: niente ipoteca sulla prima casa, rate ancora più lunghe, stop ai pagamenti anticipati

Così deve cambiare Equitalia: niente ipoteca sulla prima casa, rate ancora più lunghe, stop ai pagamenti anticipati

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Un sì unanime da tutte le forze politiche della Commissione Finanze della Camera alla risoluzione che impegna il Governo a cambiare le regole sul concessionario della riscossione. Tra le priorità anche la riduzione dei costi per i contribuenti e un’ipotesi di proroga sulle multe dei Comuni. Equitalia cambierà.

Le questioni aperte
Niente ipoteche ed espropriazioni sulla prima casa se è l’unico patrimonio di cui dispone il contribuente. Piani ancora più lunghi di rateazione con la possibilità – in presenza di una comprovata e grave difficoltà a causa della crisi economica – di sospendere il pagamento per un periodo di sei mesi. E ancora uno stop al principio del pagamento anticipato (quello che in gergo tecnico si chiama solve et repete) in base al quale il contribuente che presenta ricorso deve comunque versare un terzo dell’importo contestato dal Fisco, salvo poi vederselo restituire se dovesse avere ragione. 
Ma anche la pignorabilità fino a un massimo di un quinto dei beni utilizzati dall’imprenditore per la propria attività. Sono questi i punti principali della risoluzione approvata dalla Commissione Finanze della Camera che impegnano il Governo a intervenire sul concessionario pubblico della riscossione. Una risoluzione approvata all’unanimità come sottolinea il primo firmatario e presidente della Commissione, Daniele Capezzone. Con l’obiettivo di puntare a una maggiore flessibilità senza mettere in discussione la funzione e la capacità di riscuotere, a detta del capogruppo Pd in Commissione, Marco Causi.

 
 

Le richieste della Camera 
Di fatto il Parlamento fissa così i capitoli del dossier su Equitalia che il premier Letta aveva aperto con il discorso sulla fiducia alla Camera, parlando di una ferrea lotta all’evasione ma senza che la parola Equitalia incuta spavento nei contribuenti. E tra i punti della risoluzione ci sono anche altri tre fronti molto caldi. Il compenso che spetta al concessionario pubblico per l’attività di riscossione: il cosiddetto aggio è stato portato all’8% (anche se sugli accertamenti esecutivi è comunque rimasto al 9%) a partire dal 1° gennaio scorso. Una percentuale da rivedere secondo i parlamentari, dando attuazione al percorso già avviato con il decreto salva-Italia di fine 2011 per riparametrare il compenso a Equitalia in base ai costi effettivamente sostenuti. Un punto che impegna al Governo proprio mentre la Corte costituzionale si appresta a decidere sulla sproporzione dell’attuale aggio dopo che ben due Commissioni tributarie (Roma e Torino) hanno sollevato un problema di costituzionalità. Sempre sul fronte dei costi, la Camera chiede un intervento sugli interessi di mora – appena aumentati al 5,2% (con un rincaro di circa il 15%) dal 1° maggio – e per evitare ogni forma di anatocismo.

Il nodo Comuni 
Infine il capitolo enti locali. Entro fine giugno i Comuni dovranno abbandonare per legge Equitalia, che ha già chiesto di non inviare nuovi ruoli da qui alla scadenza. La Commissione Finanze invita il Governo ad a verificare approfonditamente l’efficacia ed efficienza del nuovo sistema di accertamento e riscossione delle entrate comunali «anche valutando l’opportunità di una proroga» e a ripensare le norme vigenti anche uniformando gli strumenti già ora a disposizione per riscuotere le tasse e i ruoli dei municipi.