Tumore al pancreas, la vitamina D “modificata” apre le porte a nuove cure

Tumore al pancreas, la vitamina D “modificata” apre le porte a nuove cure

Arriva una speranza concreta contro il cancro del pancreas, uno dei tumori più letali: scienziati Usa hanno scoperto che una molecola ottenuta dalla vitamina D potenzia gli effetti della chemioterapia contro questo tumore aumentando – secondo i risultati ottenuti in animali – del 50% i tassi di sopravvivenza. Pubblicati sulla rivista Cell, i risultati sui topolini sono così buoni che è stata già avviata una sperimentazione clinica per testare il derivato della vitamina D su pazienti. Lo studio è stato condotto da Ronald Evans del Salk Institute di La Jolla. Il segreto del derivato della vitamina D è che favorisce la penetrazione dei farmaci all’interno del tumore, rendendoli più efficaci.
Facilita accesso a chemio potenziandone efficacia – Il tumore del pancreas – circa 6000 casi l’anno in Italia – è uno dei più letali: praticamente asintomatico, viene difficilmente diagnosticato in fase precoce, per cui la diagnosi arriva spesso quando la malattia è già estesa ed ha iniziato a diffondersi agli organi vicini, quindi è difficile da guarire. Oggi questa neoplasia si cura soprattutto chirurgicamente ma la mortalità associata all’intervento resta alta. I chemioterapici sono poco efficaci in quanto non riescono a penetrare in profondità nel tumore. I farmaci sono bloccati da uno scudo di cellule cosiddette stellate che favoriscono la crescita tumorale.
Così gli scienziati sono riusciti a lasciare nudo il tumore – Ebbene Evans ha scoperto che queste cellule stellate sono tappezzate di “interruttori” specifici per la vitamina D e che quando questa si lega ad essi le cellule stellate si disattivano lasciando il tumore “nudo” e più esposto ai farmaci. Evans ha infine compreso che bisogna usare un derivato della vitamina D per ottenere risultati veramente apprezzabili e adesso è già in corso presso la University of Pennsylvania una sperimentazione clinica con questo derivato.

ALIMENTI RICCHI DI VITAMINA B

ALIMENTI RICCHI DI VITAMINA B

 

Le vitamine del gruppo B sono molecole utili a garantire l’efficienza del metabolismo delle nostre cellule, in particolare sono essenziali a livello cerebrale, muscolare e gastrointestinale. L’adeguato apporto delle vitamine B è indispensabile per nutrire pelle e capelli, occhi e bocca. A livello più profondo, servono per il buon funzionamento del fegato e sono attive nel metabolismo dei grassi e delle proteine. Inoltre intervengono nella trasformazione dei carboidrati complessi in glucosio, ossia zucchero semplice utilizzabile come diretta fonte di energia.

Proprietà e carenze

Sono diverse le vitamine che fanno parte del Gruppo B, tra cui B1 tiamina, B2 riboflavina, B3 niacinamide, B5 acido pantotenico, B6 piridossina, B8 biotina, B9 acido folico o folacina e B12 cobalamina. Si tratta evidentemente di una serie di sostanze che hanno identità chimica diversa l’una dall’altra: questa diversità si riflette anche nella loro azione nell’organismo e di conseguenza nel fabbisogno giornaliero per il mantenimento dello stato di salute. La dose giornaliera raccomandata (RDA) è dunque diversa a seconda della vitamina:

Vitamina B1: tiamina 1,4 mg;

Vitamina B2: riboflavina 1,6 mg;

Vitamina B3: niacina 18 mg 1;

Vitamina B5: acido pantotenico 6 mg;

Vitamina B6: 2 mg;

Vitamina B8: biotina 50 microgrammi;

Vitamina B9: folacina 0,2 mg;

Vitamina B12: 2 microgrammi.

Dal punto di vista clinico, la carenza di alcune vitamine del gruppo ha particolare rilevanza. È il caso della pellagra, che si manifesta in seguito a un deficit di niacina o vitamina B3. Questa malattia si caratterizza da un’estesa dermatite, incontrollabile diarrea causa di forte disidratazione e anche segnali di demenza resi più acuti dalla forte perdita di liquidi. La carenza di vitamina B3 non è necessariamente legata alla cattiva alimentazione, ma anche da un insufficiente assorbimento intestinale causato da altri disturbi.

Il deficit di vitamina B1 invece è la causa del beri-beri che si manifesta con nevriti, mal di testa, stitichezza, respiro affannoso ed eccessiva stanchezza, irritabilità innaturale ed inappetenza. La malattia regredisce davvero rapidamente con la somministrazione di tiamina, appunto la vitamina B1.

Alimenti

Almonds – a ceramic bowl via Shutterstock

Particolarmente ricchi di vitamine B sono i seguenti cibi:

lievito di birra;

fegato e carne di maiale;

riso integrale;

grano integrale;

legumi e soia;

frutta a guscio: nocciole, mandorle, noci;

tuorlo d’uovo;

tonno;

ortaggi verdi freschi;

banane e prugne;

patate.

Tra i legumi, i piselli sono particolarmente ricchi di vitamine B2 e B6. Ceci, spinaci, fagiolini, succo d’arancia, fragole, broccoli e lattuga sono le principali fonti della folacina, ovvero la vitamina B9: una carenza può essere la causa di una forma di anemia e, inoltre, può incidere negativamente sulla capacità del trasporto cellulare di ossigeno. In gravidanza l’apporto quotidiano di folacina diventa ancora più importante perché serve per il corretto sviluppo nel feto del cervello e delle sue strutture e del midollo spinale. Per questo motivo nelle donne in stato interessante il fabbisogno quotidiano raddoppia e diventa pari a 0,4 mg al giorno.

INTOSSICAZIONE DA MERCURIO: SINTOMI PRINCIPALI E RIMEDI NATURALI

INTOSSICAZIONE DA MERCURIO: SINTOMI PRINCIPALI E RIMEDI NATURALI

 

di Francesca Biagioli

 

Purtroppo siamo sempre più esposti ai metalli pesanti presenti ormai spesso, sia pure in piccole quantità, nell’aria, in alcune acque, nel pesce, nelle occlusioni dentali, nei vaccini, ecc. Il mercurio, in particolare, è un metallo pericoloso proprio perché viene facilmente a contatto con il nostro corpo e, accumulandosi nel tempo molto lentamente, può dare dei problemi al nostro organismo creando una vera e propria intossicazione.

Vediamo quali sono i primi e principali sintomi che possono comparire in caso di intossicazione da mercurio.

Dolori articolari e muscolari

Il mercurio tende a concentrarsi nei tessuti lentamente nel corso del tempo. Può creare quindi dolori articolari e muscolari, infiammazioni varie e sensazione di rigidità agli arti. Si può avvertire anche stanchezza e debolezza muscolare o crampi. Ovviamente non è semplice attribuire questi sintomi ad una presenza eccessiva di mercurio nel corpo dato che si possono confondere con fibromialgia, artrite, sindrome da fatica cronica o altro.

Problemi digestivi

Anche in caso di problemi digestivi non è facile individuare la causa in un’intossicazione da mercurio. Probabilmente è più facile collegare le due cose se in bocca si hanno alcune vecchie otturazioni dentali a base di mercurio (oggi fortunatamente cadute in disuso). In questo caso i problemi si possono verificare proprio perché piccolissimi frammenti di mercurio mentre si mastica finiscono nel cibo e di conseguenza poi nell’apparato digerente dove possono creare problemi sia allo stomaco che alla flora batterica intestinale.

Disturbi cerebrali

Il mercurio tende a concentrarsi soprattutto nei tessuti grassi, come appunto il cervello. Un’intossicazione da mercurio può quindi influire negativamente sulle funzionalità della nostra mente o sul suo sviluppo in caso si tratti di neonati o bambini. Non è un caso che in gravidanza si dica di consumare con molta moderazione tonno e altri pesci grassi proprio per evitare che le quantità di mercurio in essi contenuti possano raggiungere il feto e compromettere il suo sviluppo cerebrale. I sintomi che possono comparire invece negli adulti sono emicrania, difficoltà nella memoria e nel linguaggio, scarsa attenzione o altro.

Rimedi contro l’intossicazione da mercurio

Non c’è bisogno di arrivare ad una vera e propria intossicazione da mercurio o altri metalli pesanti prima di mettere in atto una strategia per disintossicare l’organismo. Quest’ultimo in parte è in grado di farlo da solo grazie ai suoi organi emuntori, in parte ha necessità di essere sostenuto con alcuni rimedi naturali. Per prima cosa, ovviamente, sarebbe bene ridurre al minimo l’esposizione, ad esempio limitando il consumo dei pesci grassi sopraindicati, evitando vaccini non necessari, eliminando in maniera protetta e scadenzata nel tempo le amalgame dentarie in mercurio, ecc. Tutti comunque, anche inconsapevolmente, vi siamo più o meno esposti e quindi, al bisogno, possiamo utilizzare alcuni rimedi per arginare il problema. Tra i più utilizzati ed efficaci ci sono la zeolite, l’argilla ventilata e l’alga Clorella. Per altre soluzioni potete leggere: Come depurarsi dai metalli pesanti,10 alimenti e rimedi naturali. 

Cozze, ostriche, miele e uova: ecco i cibi che risvegliano passione maschile

Cozze, ostriche, miele e uova: ecco i cibi che risvegliano passione maschile

Per risvegliare i sensi e accendere la passione del vostro lui tentatelo sin dalla tavola, proponendogli “peccati di gola” a base di cozze, vongole e ostriche, miele e uova oltre che l’immancabile peperoncino e il cioccolato.
Questo il suggerimento che arriva dall’87° Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia(Siu)in che si è tenuto a Firenze, dove gli esperti hanno discusso delle ultime ricerche in materia di alimentazione e sessualità al maschile, puntando l’attenzione in particolare sulla fertilità.
“Esistono cibi che, più di altri, possono dare una marcia in più sotto alle lenzuola – spiega Vincenzo Mirone, segretario generale della Siu -alcuni sono conosciuti come il peperoncino, altri sono meno noti come l’avena o il miele, che riattivano la produzione di testosterone aumentando la libido.
Nel menù che accende la passione di lui poi entrano a pieno diritto le uova, che riequilibrano i livelli degli ormoni maschili aumentando il desiderio; le ostriche e i frutti di mare, che abbondano di zinco essenziale per il liquido spermatico e una buona eiaculazione; il cioccolato, utile anche per lei perché riduce lo stress e aiuta il rilascio di serotonina”.
Per la fertilità, invece, si ai cibi ricchi di vitamina c che migliorano la qualità dello sperma (spremuta di arancia e pompelmo a colazione, un’insalata di pomodori condita con il basilico o arricchita di verdura a foglia verde come la rucola a pranzo) si a cavoli, broccoli, spinaci e legumi che aumentano la produzione di spermatozoi, si alle noci che li rendono più attivi e mobili e si anche allo zafferano, al fegato, al pollo e al pesce, che ne migliorano la qualità e prevengono i difetti.
No invece alle bevande zuccherate, a un consumo troppo abbondante di carne rossa e processata industrialmente, a fritti, merendine e a tutti gli alimenti che contengono troppi grassi saturi. Infine, moderazione con l’alcol

RIMEDI NATURALI CONTRO LA PRESSIONE BASSA: GLI ALLEATI

RIMEDI NATURALI CONTRO LA PRESSIONE BASSA: GLI ALLEATI

 

di Gianluca Rini

 

Molto utili i rimedi naturali contro la pressione bassa. Si tratta di soluzioni che la natura mette a disposizione, per risolvere quel malessere dettato dal fatto che la pressione sanguigna abbia valori inferiori a 100 per la massima e a 60 per la minima. Di solito il medico prescrive degli integratori di magnesio e potassio, ma la fitoterapia propone di più.

Liquirizia

Per rimediare alla pressione bassa, basterebbe mettere in bocca una semplice caramella di liquirizia. Allo stesso tempo è bene non bere eccessivamente caffè. Le caramelle da utilizzare sono quelle non gommose e non zuccherate. Va bene il classico legnetto che si può masticare.

Ribes nigrum

Da non dimenticare il ribes nigrum, che è un semplice frutto di bosco e quindi può essere assunto anche dai più piccoli. Soprattutto questo rimedio naturale si può usare nel corso dell’autunno o della primavera, specialmente per le persone che soffrono di allergia ai pollini e che risentono dei fastidi connessi a questo disturbo.

Cardo mariano

Il cardo mariano agisce su più fronti. Innanzitutto è un digestivo e aiuta soprattutto, dopo che si è mangiato molto, specialmente se si soffre di fegato grasso o se i livelli di colesterolo sono alti. Il cardo mariano, nella sua azione di digestione, aiuta in maniera efficace il fegato. Dobbiamo comunque sapere che è capace di svolgere un’azione da tonico. Riesce a recuperare molto velocemente i valori della pressione sanguigna. Può essere utilizzato anche durante il periodo dell’allattamento, anzi possiamo dire che è la pianta più adatta ad arricchire il latte materno. Di conseguenza si può assumere subito dopo il parto, perché favorisce il recupero delle forze.

Spirulina

La spirulina è molto utile da assumere quando il nostro stile di vita è basato troppo sulla sedentarietà e sullo stress. È un alimento completo, in quanto contiene acidi grassi essenziali, aminoacidi, minerali, soprattutto calcio, magnesio, potassio e selenio, e vitamine.

Melograno

Il succo di melograno è una fonte incredibile di vitamina A, di vitamina B e di vitamina C. È ricco di flavonoidi, che svolgono un’azione benefica a vantaggio del sistema cardiovascolare. Riesce a mantenere sotto controllo il livello di colesterolo e a prevenire l’aterosclerosi. I tannini che esso contiene hanno delle favorevoli proprietà astringenti e rinfrescanti.

Eleuterococco

L’eleuterococco può essere utile alle donne per la bassa pressione che si manifesta in corrispondenza del ciclo mestruale, quando gli estrogeni del corpo tendono ad abbassarsi. Può essere preso soprattutto nei giorni di flusso abbondante, perché ha una blanda funzione estrogenica.

Equiseto arvense

La pianta dell’equiseto arvense è utile per contrastare i processi di demineralizzazione. La troviamo in erboristeria in polvere o in fiale e aiuta quando la pressione bassa si accompagna a perdita di capelli e alla fragilità delle unghie.

Tè roibos

Il tè roibos abbonda di proteine, di sali minerali e di vitamina C. In generale lo si può definire come un ricchissimo antiossidante, che costituisce un vero e proprio elisir di giovinezza.

ERBE ANTINFIAMMATORIE NATURALI: PROPRIETÀ E VIRTÙ

ERBE ANTINFIAMMATORIE NATURALI: PROPRIETÀ E VIRTÙ

 

di Alessia

 

Le infiammazioni sono reazioni del tutto naturali del nostro organismo che consentono di aiutare il nostro corpo a guarire; se però l’infiammazione tende a diventare cronica allora possono entrare in ballo altri fattori che vanno a compromettere lo stato di salute al punto da degenerare in varie malattie, anche gravi.

Per affrontare un’infiammazione cronica è bene cambiare stile di vita e prediligere attività più salutari, come scegliere un’alimentazione equilibrata e fare dello sport.

La natura, come sempre, ci viene in aiuto per cui in cucina possiamo sfruttare una serie di erbe, che possono aiutare l’organismo a tenere l’infiammazione sotto controllo.

La prima è la curcuma, la cui capacità anti-infiammatoria è data dalla curcumina, lo stesso principio attivo che le conferisce il colorito giallognolo. Un recente studio italiano ha dimostrato che il suo utilizzo riduce del 58% il dolore e la rigidità causati dall’artrite e nello stesso tempo fa diminuire del 63% la dipendenza dai classici antidolorifici. Basta assumerne dai 400 ai 600 mg in polvere al giorno o utilizzarla in cucina nelle nostre pietanze.

L’artiglio del diavolo (non lasciatevi ingannare dal nome!) è stato anch’esso riconosciuto in tutta Europa e negli Stati Uniti come un forte coadiuvante della riduzione del dolore da artrosi.

Il suo potere antidolorifico è stato dimostrato scientificamente nel trattamento di dolori di lieve e media entità alla schiena, il collo e la spalla. Quali sono le quantità necessarie? Dai 600 ai 1.200 mg per tre volte al giorno.

La Boswellia è invece un’erba ayurvedica, comunemente nota con il termine di “incenso indiano”. I suoi acidi sono capaci di legarsi agli enzimi che provocano l’infiammazione. Il suo utilizzo è indicato per l’artrite e per il morbo di Crohn.

Il pepe di Cayenna, grazie alla capsaicina, il principio attivo del peperoncino, può essere utile per curare la neuropatia diabetica e tenere a bada la salute del cuore. Si può utilizzare sia sotto forma di crema, da spalmare direttamente sulla zona interessata, sia in capsule.

Anche l’aglio, come è ben noto, è un ottimo anti-infiammatorio soprattutto per le vie respiratorie, l’artrite e la salute del cuore e si presume che svolga un’azione mutagena nei confronti delle cellule adipose, responsabili dell’obesità.

Un piccolo consiglio: se tagliate o schiacciate l’aglio prima del suo consumo, andrete ad amplificare i suoi effetti.

Passiamo poi al noto ginger o zenzero, su cui i ricercatori hanno puntato dopo aver scoperto che un suo uso costante e a lungo termine è capace di prevenire le malattie cardiache, riducendo il livello di colesterolo e impedendo la coagulazione del sangue.

Si consigliano 250 mg di estratto di zenzero per quattro volte al giorno.

Da ultimo c’è il tè verde, forse già utilizzato da molti di voi per le sue proprietà antiossidanti. Se ne assumete due tazze ogni giorno si stima che si possa diminuire la possibilità di contrarre artrite, malattie cardiache, morbo di Alzheimer, epatite, malattie infiammatorie intestinali e cancro allo stomaco.

Allora che dite? Non sarebbe meglio fare una scorta di tutte queste erbe prima di correre subito in farmacia?

Pronta la prima milza artificiale, pulisce il sangue dalle infezioni

Pronta la prima milza artificiale, pulisce il sangue dalle infezioni

Pronta la prima milza artificiale: si tratta di un dispositivo extra-corporeo, ispirato alle macchine per la dialisi, che usa microscopici magneti per ripulire il sangue da batteri, funghi e tossine responsabili di pericolose infezioni che possono portare alla morte per setticemia. La ‘biomilza’ è stata sviluppata dai ricercatori dell’università di Harvard, che pubblicano su Nature Medicine i primi successi ottenuti con la sperimentazione sui ratti.
Pulisce il sangue dalle infezioni – La setticemia, che ogni anno uccide otto milioni di persone nel mondo, ”è un problema medico di grande rilevanza che sta diventando sempre più grave a causa della resistenza agli antibiotici”, spiega il coordinatore dello studio Donald Ingber. ”Siamo entusiasti di questa biomilza perchè permetterà di trattare i pazienti velocemente senza dover aspettare giorni per identificare la causa dell’infezione. Inoltre è capace di rimuovere efficacemente anche i microrganismi resistenti agli antibiotici. Speriamo di poter portare avanti la sperimentazione in animali più grandi per arrivare poi all’uomo”.
Positivi i primi test sugli animali – Il dispositivo è formato da due canali principali collegati trasversalmente da piccole aperture: nel primo canale scorre il sangue infetto da depurare, mentre il secondo contiene una soluzione salina in cui vengono confinati i microrganismi man mano che vengono catturati. Il segreto per intrappolarli sta nell’uso di microscopiche perline magnetiche (500 volte più piccole di un capello) rivestite con una speciale ‘esca’, ovvero una versione geneticamente modificata della proteina umana Mbl (lectina legante il mannosio) che aggancia gli zuccheri presenti sulla superficie di tossine e microrganismi (vivi e morti). I primi test di laboratorio condotti usando sangue umano infetto hanno dimostrato che la biomilza è in grado di filtrare fino ad un litro di sangue all’ora rimuovendo più del 90% dei patogeni.
Risultati altrettanto promettenti ottenuti sui topi – Il 90% degli animali sottoposti a filtrazione è sopravvissuto, contro il 14% di quelli non trattati. I dati dimostrano che il passaggio attraverso la biomilza non altera la composizione del sangue e non provoca la formazione di coaguli.

COME COMBATTERE IL DIABETE? BASTA MANGIARE… IL MANGO!

COME COMBATTERE IL DIABETE? BASTA MANGIARE… IL MANGO!

 

di Matteo Ludovisi

 

I problemi di glicemia delle persone in sovrappeso e obese, potrebbero essere in parte risolti introducendo un semplice frutto nel loro regime alimentare: il mango.

Il mango infatti, secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Nutrition and Metabolic Insights, ha rilevato che il consumo regolare di mango può aiutare le persone in sovrappeso e obese a combattere l’insorgere di problemi diabetici, abbassando la concentrazione di zuccheri nel loro sangue. Questi risultati sono importanti, considerando che circa il 34% degli adulti americani presenta seri problemi di peso e valutando i rischi per la salute legati proprio all’obesità.

Secondo la ricerca, il mango “contiene molti composti bioattivi, tra cui la mangiferina, un antiossidante che ha effetti benefici sulla glicemia. Inoltre è ricco di fibre che possono limitare l’assorbimento del glucosio nel sangue”.

Lo studio in particolare, ha analizzato per circa 12 settimane i valori del sangue di 20 persone adulte (11 maschi e 9 femmine) di età compresa tra i 20 e i 50 anni e con un indice di massa corporea (BMI) di 30 a 45 kg/mq. Ogni giorno, i partecipanti hanno consumato 10 grammi di mango liofilizzato, e la loro dieta alimentare è stata costantemente monitorata. I risultati hanno infine confermato che il consumo giornaliero di 10 grammi mango liofilizzato, che equivalgono a circa la metà di un mango fresco (100 grammi), diminuiscono effettivamente i livelli di zucchero nel sangue dei soggetti obesi. Per maggiori informazioni è possibile consultare questo sito.

Rischio Alzheimer, con uso prolungato di ansiolitici aumenta del 51%

Rischio Alzheimer, con uso prolungato di ansiolitici aumenta del 51%

I farmaci usati contro l’ansia e in molti casi di insonnia (le benzodiazepine) se prese per tre mesi o più potrebbero aumentare il rischio di ammalarsi di Alzheimer. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato sulBritish Medical Journal e diretto da Sophie Billioti de Gage dell’Unità di Farmacoepidemiologia dell’Inserm presso l’Università di Bordeaux. “Abbiamo trovato che il rischio aumenta del 43-51% in persone (over-65enni) che hanno iniziato un trattamento con benzodiazepine in passato (più di 5 anni prima della diagnosi). Il rischio – ha spiegato – compare per individui che hanno usato i farmaci per almeno tre mesi e aumenta con l’aumento della durata del trattamento”.
Serve un sistema di sorveglianza appropriato – I medici prescrittori e i pazienti necessitano di un sistema di sorveglianza appropriato per gli effetti avversi cognitivi, afferma in un’editoriale sempre sul BMJ Kristine Yaffe della University of California a San Francisco che ricorda: “nel 2012 la Società Americana di Geriatria ha aggiornato la sua lista di farmaci inappropriati per gli anziani includendo proprio le benzodiazepine, precisamente per i loro effetti avversi nella sfera delle funzioni cognitive”.
Benzodiazepine, rischi elevati già dopo pochi mesi di uso – Gli esperti hanno usato dati del databaseQuebec health insurance program (RAMQ), ed hanno confrontato quasi 1800 casi di Alzheimer con un gruppo di controllo di oltre 7100 individui senza demenza, ma simili per altre caratteristiche (età, sesso etc). Gli esperti hanno considerato le prescrizioni di benzodiazepine – i farmaci ansiolitici più usati anche per l’insonnia – e la durata del trattamento ed hanno trovato una forte associazione tra rischio di ammalarsi di Alzheimer e l’aver usato in passato questo tipo di terapia. Il rischio sale del 51% per trattamenti di tre mesi o più lunghi. Un aumento del rischio di demenza tra coloro che usano benzodiazepine era stato già identificato in precedenti studi, ma restava da chiarire se la natura di questa associazione fosse diretta, cioè se vi fosse un meccanismo di causa-effetto tra uso dei farmaci e aumento del rischio di Alzheimer.
La relazione trovata è di tipo “dose-effetto” – “Nel nostro studio – spiega la ricercatrice – consideriamo solo coloro che avevano usato benzodiazepine oltre 5 anni prima della diagnosi di Alzheimer, scartando quindi coloro che avevano preso questi farmaci a ridosso della diagnosi; inoltre la relazione trovata è di tipo ‘dose-effetto”, quindi esprime una relazione diretta tra dosaggio dei farmaci e aumento del rischio; questi sono entrambi argomenti estremamente a favore dell’ipotesi di causa-effetto tra uso di benzodiazepine e rischio demenza.
Linee guida internazionali raccomandano terapie brevi – “Ad ogni modo, conclude, servono ulteriori studi per arrivare a provare in via definitiva che le benzodiazepine causino l’aumento di rischio. Inoltre si noti che le linee guida internazionali raccomandano terapie brevi (per più di 4 settimane per l’insonnia e non più di 12 per l’ansia), quindi il rischio da noi evidenziato si riferisce a un uso dei farmaci al di fuori delle raccomandazioni”.

Rifiuti radioattivi, gestirli in modo più razionale

Rifiuti radioattivi, gestirli in modo più razionale

Rifiuti radioattivi, gestirli in modo più razionale

Più informazioni su: .

La Francia, riferisce La Stampa del 9 settembre, ha deciso di bloccare il trasferimento dall’Italia delcombustibile nucleare da riprocessare. I trasporti nucleari da Saluggia via Val Susa a La Hague vengono, al momento, interrotti.

Sappiamo, in particolare, che da Saluggia (sede di depositi temporanei di rifiuti radioattivi) e Trino (ex centrale nucleare) le scorie nucleari vengono inviate via treno a La Hague per un riprocessamento che, in teoria, dovrebbe mettere in sicurezza i rifiuti atomici, ma che in pratica attenua ma non annulla affatto il lascito mortale dei prodotti di fissione consumati nei reattori, ancorché dismessi.

Lo sappiamo, perché il movimento No Tav ha avuto il merito di promuovere, in particolare a Villar Focchiardo, comune che a suo tempo ha predisposto un ricorso al Tar, convegni aperti e sostenuti da interventi di esperti sull’argomento ed ha attivato in collaborazione con i francesi di Sortir du Nucléaire, una rete di attivisti che protestano con blocchi non violenti per sollevare il problema della messa in sicurezza del percorso dei treni carichi di materiali radioattivi.

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Le stesse scorie trattate nell’impianto francese dovrebbero compiere il cammino a ritroso per l’immagazzinamento finale in Italia nel deposito unico di stoccaggio che dovrebbe essere pronto entro il 2025, come richiesto dalle normative in atto nei Paesi europei. Ma a Parigi non si fidano che potremmo, noi “italiani”, riprendere le scorie indietro, costruendo in massima sicurezza un deposito entro la scadenza del 2025. Ed ecco la decisione di sospendere i viaggi.

Dopo i cinque viaggi già effettuati, La Stampainforma che “a Trino restano ancora 47 barre di combustibile nucleare esaurito e a Saluggia 13,2 tonnellate di combustibile irraggiato che aspettano di varcare le Alpi per essere riprocessate“. Sarebbero necessari ancora tre viaggi, che, al solito, avvengono pressoché clandestinamente.

Per la sede del deposito italiano, che sarà di superficie (e dunque non sotterraneo come quello a suo tempo ipotizzato a Scanzano Jonico), Giampiero Godioex ricercatore dell’impianto di Eurex, teme che alla fine si punti su Saluggia, in provincia di Vercelli. In effetti, afferma, “l’Italia è quel Paese noto per far diventare definitivo il temporaneo. A Saluggia c’è già depositata la maggioranza delle scorie radioattive italiane nei centri D2 e D3, tra l’altro in una collocazione “infame”, a ridosso della Dora Baltea (dove le esondazioni del fiume sono frequenti e i recenti fenomeni estremi si sono già manifestati)”.

Dovrebbe essere – e questo è per noi inconcepibile – la società pubblica Soginazienda che gestisce lo smantellamento delle vecchie centrali, appena uscita da periodo di sprechi, scandali e indagini,  a occuparsi dell’iter di predisposizione del deposito, da definire e perfezionare entro il gennaio del 2015.

I francesi hanno motivi seri per dubitare dei nostri tempi, in quanto va ricordato, ad esempio, che secondo legge n. 368 del 2003, di recepimento delle direttive Ue, il deposito nazionale avrebbe dovuto essere operativo entro la fine del 2008. Ma siamo al punto in cui siamo: cioè, di fatto, si sta partendo, a chiacchiere, solo ora per ripiegare magari sui palliativi più facilmente a disposizione.

Non va infine dimenticato che il riprocessamento effettuato a La Hague con la tecnologiaPurex serve alla Francia anche per estrarre dalle scorie radioattive il plutonio necessario alla costruzione delle sue bombe atomiche.

L’intera vicenda possiamo inserirla nella categoria: “referendum del 2011 da attuare”. Gli italiani, in 27 milioni si sono pronunciati contro il rischio nucleare, quindi dobbiamo esigere dai decisori politici che la questione dei rifiuti radioattivi, nel rispetto della volontà popolare, sia gestita nel modo più razionale trasparente e sicuro possibile.