Sicurezza: primo ok per la pistola elettrica e le telecamere sulla divisa della polizia

Sicurezza: primo ok per la pistola elettrica e le telecamere sulla divisa della polizia

Dopo lo spray al peperoncino e le microcamere sulle divise, che dopo mesi di sperimentazione potrebbero fare il loro esordio “ufficiale” in ordine pubblico giovedì a Napoli, è in arrivo un nuovo strumento per i poliziotti: la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha approvato un emendamento al decreto stadi che autorizza la sperimentazione del Taser, la pistola elettrica. L’emendamento, che dovrà ora ricevere il via libera dall’Aula, è stato approvato dopo che il viceministro all’Interno Filippo Bubbico ne ha proposto una riformulazione rispetto al testo iniziale di Forza Italia: la sperimentazione dovrà avvenire “con le necessarie cautele per la salute e l’incolumità pubblica e secondo principi di precauzione e previa intesa con il Ministro della salute”.
Arma di dissuasione – Presto dunque il Taser, che produce una scossa elettrica che rende la persona colpita inoffensiva per alcuni secondi e che già utilizzano diverse polizie europee, potrebbe approdare nelle questure. “C’è da augurarsi – dice il promotore dell’emendamento Gregorio Fontana – che la condizione posta dalla riformulazione non si trasformi in una manovra ostativa, verso un’operazione di ammodernamento tecnologico, di estrema utilità per gli operatori della sicurezza e per tutti i cittadini”.
Numerosi studi ne hanno rilevato la pericolosità – Contraria Sel, con il capogruppo in Commissione Daniele Farina: “numerosi studi e rapporti ne hanno rilevato la pericolosità e l’uso indiscriminato nei paesi dove l’armamento è stato adottato”. Al Dipartimento di Pubblica Sicurezza si guarda invece con interesse alla possibile sperimentazione. Perché lo spray, le microcamere e, ora il Taser, sono strumenti che vanno verso un’unica ottica: ridurre al minimo il contatto fisico tra operatori di polizia da un lato e cittadini dall’altro. E, di conseguenza, ridurre drasticamente i rischi che un arresto o una carica di alleggerimento possano degenerare, come accaduto in passato e come insegna ad esempio la storia di Federico Aldrovandi.
Si comincia ad abbattere un pregiudizio – “Piano piano – commenta il segretario del Sap Gianni Tonelli – si comincia ad abbattere un pregiudizio di fondo verso determinati strumenti, che non sono di repressione ma di prevenzione, anche se la strada da fare è ancora molto lunga”. Per l’Associazione nazionale dei funzionari di Polizia “sarebbe preferibile impiegare già nella fase sperimentale pistole Taser che dispongono di un sistema di videoregistrazione connesso automaticamente al loro uso, come avviene già in Francia” a garanzia di agenti e cittadini.
In arrivo le telecamere installate sulle divise – In attesa che il Parlamento si pronunci sul Taser, faranno intanto l’esordio ufficiale in ordine pubblico le microcamere installate sulle divise, la cui sperimentazione è in corso a Roma, Napoli, Torino e Milano: in occasione del vertice della Bce di giovedì a Napoli, gli agenti dei reparti mobili potranno utilizzare i nuovi strumenti e sarà il dirigente incaricato della gestione della piazza a decidere se sussistono o meno le necessità per la loro attivazione.
Garantita la privacy – Nel parere con cui il Garante della privacy ha dato il via libera all’utilizzo, si sottolinea infatti che il sistema, per quanto finalizzato alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione, all’accertamento o alla repressione dei reati, è pur sempre soggetto al rispetto dei principi del codice privacy sul trattamento dei dati personali. E dunque le immagini riprese dovranno essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolte. Ecco perché il sistema dovrà essere attivato solo ove vi sia effettiva necessità, ossia nel caso di insorgenza di concrete e reali situazioni di pericolo di turbamento dell’ordine e della sicurezza pubblica. Le riprese, inoltre, dovranno essere conservate per un periodo di tempo limitato e poi cancellate.
M5s: soldi per pistole taser e non per stipendi – La possibilità di sperimentare la pistola elettrica è un’ “esigenza così tanto urgente e necessaria da essere inserita in un decreto legge”?. Se lo chiedono i Cinque Stelle polemizzando sui costi. “Quanto ci costeranno queste ‘pistole giocattolo’ non è dato sapere mentre i nostri emendamenti per sbloccare il tetto agli stipendi delle forze dell’ordine non sono stati dichiarati ammissibili. Questa – concludono i deputati M5s – è la priorità di governo e maggioranza: pistole elettriche invece dello sblocco degli stipendi e la tutela della salute della polizia. Noi, invece, domani incontriamo le forze di polizia”.

Appalti G8, la Gdf confisca beni per 13 milioni a Balducci

Appalti G8, la Gdf confisca beni per 13 milioni a Balducci

Beni per un valore di 13 milioni,dell’ex Provveditore alle Opere Pubbliche di Roma e presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici Angelo Balducci, e di componenti della sua famiglia, sono stati confiscati dalla GdF di Roma. Balducci,con altri funzionari pubblici e imprenditori, è stato al centro di indagini delle Procure di Roma, Firenze e Perugia sulla cosiddetta “cricca degli appalti”. La confisca riguarda beni immobili,tra cui un casale a Montepulciano,quote societarie e conti bancari.
Cricca degli appalti era esteso fenomeno di malaffare – Secondo gli investigatori la cosiddetta ‘cricca degli appalti’ era ”un esteso e organizzato fenomeno di malaffare – si legge in una nota della GdF- definito da alcuni dei soggetti intercettati come “sistema gelatinoso” che, dal 1999, a fronte dell’uso sistematico della corruzione e di articolati illeciti tributari diretti a camuffare l’erogazione di tangenti, ha consentito la metodica assegnazione ad un numero chiuso di imprese favorite, in primis quelle di Diego Anemone, di rilevantissimi appalti pubblici, tra cui anche quelli relativi ai cosiddetti “Grandi Eventi” (Mondiali di Nuoto 2009, Vertice G8 all’Isola de La Maddalena, Celebrazioni del 150mo Anniversario dell’Unità d’Italia)”. Da questo ramificato ‘sistema corruttivo’ Balducci secondo gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle di Roma, avrebbe tratto notevoli benefici accumulando un ingente patrimonio personale che, già sottoposto alla misura di prevenzione patrimoniale del sequestro nel giugno dello scorso anno, viene oggi definitivamente confiscato.
Quattro mesi fa il sequesto del Salaria Village – La confisca dei beni di Angelo Balducci avviene a quattro mesi di distanza dal maxi-sequestro del centro sportivo “Salaria sport Village” a Roma, centro sportivo del valore di circa 200 milioni di euro, operato dalla Guardia di Finanza di Roma nei confronti dell’imprenditore Diego Anemone. ”Tale struttura rappresenta – come rivelato dalle articolate investigazioni economico-finanziarie delle Fiamme Gialle – il frutto del reinvestimento di ingenti proventi giunti nelle casse delle imprese di Anemone a seguito dell’aggiudicazione pilotata degli appalti pubblici gestiti da Angelo Balducci ed attualmente è diretta da un’Amministrazione Giudiziaria che ne garantisce la continuità aziendale”. Il tribunale di Roma ha inoltre applicato a Balducci la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per tre anni, con obbligo di soggiorno nel Comune di Roma per lo stesso periodo, ”così riconoscendone la pericolosità sociale -sottolinea la GdF in una nota – quale soggetto dedito a traffici delittuosi e che vive abitualmente con i proventi di attività illecite”.

Napoli: Carabiniere spara, ucciso 17enne.

Napoli: Carabiniere spara, ucciso 17enne. Un testimone: “Un’esecuzione” ed e’ rivolta

05 Settembre 2014. Politica

 

Napoli violenta, Napoli città con molti scippi e rapine, vive una giornata drammatica. Un diciassettenne ucciso, un testimone che dice “E’ stata un’esecuzione” ed il quartiere Traiano in rivolta. Due auto della polizia date alle fiamme. E’ il risultato di una tragica notte iniziata con l’inseguimento di tre giovani su uno scooter. I tre non si sono fermati all’alt dei carabinieri, ne e’ nato un inseguimento, conclusosi quando il conducente ha preso un’aiuola del mezzo, urtando la Gazzella e cadendo a terra. Ma c’e’ anche chi dice che il motorino sia stato speronato dai militari. Uno e’ riuscito a fuggire e mentre i carabinieri bloccavano fil altri due, e’ partito un colpo dalla pustola d’ordinanza. Accidentalmente dicono i carabinieri, “un’esecuzione” sostiene un testimone. Così’ e’ morto ad appena 17 anni Davide Bifolco. I carabinieri pensavano che si trattasse di rapinatori, e forse non avevano torto. Infatti quello fuggito a piedi sarebbe un latitante, evaso a febbraio dai domiciliari, a cui era detenuto per rapina. L’altro fermato, Salvatore Tronfio, 18 anni, ha precedetti per furto e danneggiamento. C’era un altro scooter vicino a quello inseguito, con amici dei tre giovani. Uno di questi racconta: “Stavamo percorrendo un viale quando ad un certo punto la macchina dei carabinieri e’ andata contro lo scooter di Davide: E’ iniziato l’inseguimento, e’ stata puntata la pistola e Davide e’ stato ucciso. Poi l’hanno ammanettato come il peggiore dei criminali, nonostante fosse già’ stato colpito”.C’e’ da dire che carabinieri e polizia agiscono su un territorio pericoloso e spesso anche i ragazzi giovani sono armati di pistola. E spesso in solo due uomini devono affrontare più’ persone. Per questo capita che tirino fuori la pistola a scopo precauzionale. Come sia veramente partito il colpo mortale saranno ora gli investigatori a stabilirlo. Comunque troppo spesso giovani rapinatori, come quelli abituali dei rolex, vengono mandati ai domiciliari, dai quali puntualmente evadono per continuare a fare il loro lavoro. E per le forze dell’ordine diventa difficile controllare tutto senza mai perdere la lucidità necessaria.

Riina: “Ciotti? Possiamo pure ammazzarlo”

Riina: “Ciotti? Possiamo pure ammazzarlo”. E lui: “Minaccia chi si batte per la giustizia”

Il boss mafioso, iintercettato nel carcere di Opera, paragona tra l’altro il sacerdote a don Puglisi. Coro di solidarietà verso il fondatore di Libera

Milano, 31 agosto 2014 – Ancora minacce di morte da parte del boss Totò Riina: nel mirino stavolta è don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che gestisce diversi beni confiscati alla mafia.
Le nuove intercettazioni, svelate da Repubblica, sono state effettuate nel carcere milanese di Opera, dove il padrino di Corleone è a colloquio con il boss pugliese Alberto Lorusso. “Questo prete è una stampa e una figura che somiglia a padre Puglisi“, dice Riina riferendosi al sacerdote palermitano ucciso dalla mafia per il suo impegno nel quartiere palermitano di Brancaccio”.
E ancora: “Ciotti, Ciotti, putissimo pure ammazzarlo”, possiamo pure ammazzarlo, afferma Riina. Le frasi risalgono al 14 settembre del 2013 e portarono ad alzare il livello delle misure di sicurezza a protezione del sacerdote.

LA REPLICA – Lo stesso padre di Libera ha replicato a queste minacce: “Per me l’impegno contro la mafia è da sempre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiustizie, delle violenze, al suo stare dalla parte delle vittime, dei poveri, degli esclusi. Al suo richiamarci a una ‘fame e sete di giustizia’ che va vissuta a partire da qui, da questo mondo”.
E riguardo al paragone con don Puglisi, don Ciotti rimarca: a lui “non oso paragonarmi perché sono un uomo piccolo e fragile, un mafioso divenuto collaboratore di giustizia parlò di ‘sacerdoti che interferiscono’. Ecco io mi riconosco in questa Chiesa che ‘interferisce'”.

E in una nota il sacerdote sottolinea: “Le minacce di Totò Riina dal carcere sono molto significative. Non sono rivolte solo a Luigi Ciotti, ma a tutte le persone che in vent’anni di Libera si sono impegnate per la giustizia e la dignità del nostro Paese. Cittadini a tempo pieno, non a intermittenza. Solo un ‘noi’ – non mi stancherò di dirlo – può opporsi alle mafie e alla corruzione. Libera è cosciente dei suoi limiti, dei suoi errori, delle sue fragilità, per questo ha sempre creduto nel fare insieme, creduto che in tanti possiamo fare quello che da soli è impossibile”.

MESSAGGI DI SOLIDARIETA’ – Non appena sono state rese note le minacce del boss, le attestazioni di stima, sostegno e solidarietà nei confronti di don Luigi Ciotti si sono moltiplicate: dalla presidente dell’Antimafia Rosy Bindi (“Ciotti non sarà lasciato solo contro la mafia”) alla Cgil, da Legambiente al presidente del Senato Pietro Grasso, che ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un messaggio: “Caro Luigi, sono più di venti anni che sfidi la mafia con coraggio e passione. Le minacce di Riina emerse oggi sono l’ennesimo attacco ad una storia di impegno e di memoria che coinvolge ogni anno migliaia di cittadini e che ha contribuito a rendere il nostro Paese piu’ libero e piu’ giusto. Ti conosco da anni e so che non ti sei lasciato intimorire nemmeno per un attimo: continuerai sulla strada della lotta alla criminalita’, e tutti noi saremo al tuo fianco”.

Interviene anche la presidente della Camera Laura Boldrini, che su Facebook, accanto a una foto che la ritrae con don Ciotti, scrive: “Le minacce di Totò Riina all’amico don Ciotti preoccupano certo, ma non sorprendono. Un uomo come Luigi, che da anni promuove la cultura della legalità e combatte contro le mafie attraverso azioni concrete, non può che essere un nemico per un boss di Cosa Nostra”.
“Una persona da temere – scrive ancora Boldrini riferendosi a don Ciotti – per aver dimostrato, insieme con Libera, che i beni della criminalità possono essere riutilizzati a scopi sociali; per aver portato i giovani a coltivare le terre che un tempo erano delle cosche; per aver insomma fornito un’alternativa alla logica del sopruso e dell’intimidazione di cui la mafia si nutre”.

La presidente della commissione antimafia Rosy Bindi a Formia: “La Dda si dedicherà al sudpontino”

***video***La presidente della commissione antimafia Rosy Bindi a Formia: “La Dda si dedicherà al sudpontino”

 | set 05, 2014 | Commenti 0

*Rosy Bindi a Formia*

*Rosy Bindi a Formia*

Si è parlato anzitutto di criminalità organizzate e antimafia, dopotutto l’ospite della “Festa democratica e dell’Unità” che si sta svolgendo in questi giorni a Formia, nella villa comunale, era il presidente della commissione antimafia Rosy Bindi. Peraltro nel giorno in cui, poche ore prima, icarabinieri di Formia hanno arrestato l’ennesimo camorrista che a Scauri viveva e stava tranquillamente pescando pur essendo latitante, e la Corte di Cassazione ha confermato la recente storia mafiosa del Comune di Fondi. Feudo elettorale dal quale peraltro proviene uno dei componenti proprio della commissione antimafia Claudio Fazzone, in “compagnia” peraltro dell’altra espressione elettorale della Provincia di Latina in Senato, Claudio Moscardelli.

La Bindi per questi motivi ha annunciato che la volontà del governo, in questo senso, è quello di accendere finalmente i riflettori su Latina e tutto il Basso Lazio, che vive una realtà tipica di infiltrazione criminale. Perché da queste parti la camorra ci vive, fa affari, si nasconde, entra nelle pubbliche amministrazioni, negli appalti e nei piani regolatori. Oltre che ripulire il proprio denaro, conservarlo e reinvestirlo. In tutta tranquillità. E allora la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha annunciato la Bindi, dal mese di ottobre dedicherà una parte delle proprie attività e risorse al sudpontino. Vedremo in che modo.

*Un momento dell'incontro*

*Un momento dell’incontro*

Si è parlato della camorra a Formia nell’incontro di ieri, col sindaco Sandro Bartolomeo. A moderare uno dei componenti della leva giovane del Pd, Raffaele Vallefuoco. Insomma si parlava di mafie e antimafia, in un ambito tuttavia politico e targato Pd. Nonostante ciò il sindaco ha incassato i complimenti della Bindi relativamente alla capacità di raccontare fedelmente alcune storie di camorra legate alla nostra città, facendo i nomi delle famiglie o dei personaggi scomodi della città. Ricordando le speculazioni edilizie tentate all’Acerbara, l’acquisizione dell’hotel Marina di Castellone tentata da Cipriano Chianese, la negazione della camorra da parte dell’ex sindaco Michele Forte.

Ma la Bindi l’accento della discussione, relativamente ai rapporti tra istituzioni e camorra l’ha posto sulla capacità di organizzare appalti, affidamenti, lottizzazioni, piano regolatore, riciclaggio, direttamente dall’interno dei Comuni. Secondo l’ex presidente del Partito Democratico, “prima che arrivi la magistratura con gli arresti bisogna adoperarsi per cogliere i segnali, per un cambiamento culturale, di comportamenti, perché di prestanome e di riferimenti delle criminalità, le pubbliche amministrazioni ne sono piene”.

Totò Riina shock: “Ogni sei mesi Berlusconi ci pagava 250 milioni di lire”

Totò Riina shock: “Ogni sei mesi Berlusconi ci pagava 250 milioni di lire”

Kikapress

Scritto da Yahoo! Notizie | Kikapress – 19 ore fa

Il boss di Cosa Nostra Totò RiinaIl boss di Cosa Nostra Totò Riina(KIKA) – Sono rivelazioni a dir poco inquietanti quelle che l’ex capo di Cosa Nostra Totò Riina pronuncia tra le mura del carcere milanese di Opera. Per la prima volta, il boss mafioso rivela come andarono le cose in quel ‘patto di protezione’ che la Cassazione ha accertato definitivamente, ordinando l’arresto dell’ex senatore Marcello Dell’Utri.

Durante la consueta passeggiata pomeridiana, parlando con il compagno d’aria Alberto Lorusso, Riina confessa: “A noialtri ci dava 250 milioni di lire ogni sei mesi. A chi si riferisce? All’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che negli anni Settanta cercava ‘protezione’ proprio dalla mafia. Riina parla anche del boss Tanino Cinà, l’uomo che in quegli anni suggerì a Dell’Utri di inviare Vittorio Mangano come stalliere ad Arcore, proprio per esaudire i desideri dell’ex premier.

 

L'ex presidente del Consiglio Silvio BerlusconiL’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

Il boss dei boss è un fiume in piena: “Noi su Berlusconi abbiamo un diritto, sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo. Anche se poi precisa: “Non lo ammazziamo però, perché noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto”.

E non è finita qua, perché prima di fare rientro in cella, i due ne hanno anche per il ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Disgraziato”, dice Riina. “Il più cattivo ministro di sempre, si sta impegnando per i sequestri di bene”, gli fa eco Lorusso.

Camorra: arrestato boss Gionta latitante, finto turista per Malta

Camorra: arrestato boss Gionta latitante, finto turista per Malta

Agenzia Giornalistica ItalianaAgenzia Giornalistica Italiana – 4 ore fa

Contenuti correlati

  • (AGI) - Napoli, 17 ago. - Con la complicita' di tre persone incensurate, due donne e un uomo, fingendosi due coppie di turisti, si stava imbarcando da Pozzallo, in provincia di Ragusa, per Malta.Visualizza foto(AGI) – Napoli, 17 ago. – Con la complicita’ di tre persone incensurate, due …

(AGI) – Napoli, 17 ago. – Con la complicita’ di tre persone

incensurate, due donne e un uomo, fingendosi due coppie di

turisti, si stava imbarcando da Pozzallo, in provincia di

Ragusa, per Malta. I carabinieri pero’ hanno bloccato e

arrestato Aldo Gionta, 42 anni, figlio del boss Valentino (in

carcere e all’ergastolo), attuale reggente del clan omonimo

tra i piu’ potenti dell’area vesuviana del Napoletano,

latitante dal 3 giugno scorso. A Gionta i militari dell’Arma

hanno notificato un decreto di fermo di pm per associazione a

delinquere di stampo mafioso e violazione degli obblighi da

sorvegliato speciale.

Di fatto il boss era ricercato dal 24 maggio scorso, quando

non era ritornato a casa di sera perche’ temeva un agguato ai

suo danni. Ancora ricercato e’ il figlio Valentino junior, 23

anni, pure sfuggito al provvedimento della procura di Napoli di

giugno. Arrestati per favoreggiamento i tre complici della

finta vacanza del boss, che forse da Malta avrebbe raggiunto

destinazioni del Nord Africa o della penisola Iberica per la

sua latitanza. Aldo Gionta era in possesso di un documento

falso e fino all’ultimo ha negato la sua vera identita’,

confermata dalle impronte digitali. I Gionta sono la cosca

dominante a Torre Annunziata, alleati dei potenti Nuvoletta di

Marano fin dagli anni ’80 contro la Nco di Raffaele Cutolo, e i

‘maranesi’ sono a loro volta legati alla mafia siciliana

corleonese. Valentino Gionta senior e’ stato condannato tra

l’altro come mandante dell’omicidio del giornalista Giancarlo

Siani. (AGI)

Inchino della Madonna al boss: “Pervertito il sentimento religioso, duri provvedimenti in arrivo”

Inchino della Madonna al boss: “Pervertito il sentimento religioso, duri provvedimenti in arrivo”

Vicende come quella della processione di Oppido Mamertina ricorre “in zone dove il pervertimento del sentimento religioso si accompagna spesso all’azione della criminalità e a un’acquiescenza, dettata da paura o interesse, purtroppo ancora diffusa tra le popolazioni”. Così l’Osservatore Romano stigmatizza quanto accaduto in Calabria, dove la processione della Madonna delle Grazie si è fermata davanti all’abitazione del boss della ‘ndrangheta Peppe Mazzagatti, 82 anni, condannato all’ergastolo ed ai domiciliari per motivi di salute. La Direzione investigativa antimafia calabrese ha avviato l’inchiesta in seguito alla segnalazione dei carabinieri di Oppido Mamertina, il cui comandante ha abbandonato la processione dopo l’inchino davanti al boss.
L’inchino della Madonna al boss  – L’episodio è accaduto due giorni fa a Oppido Mamertina dove la processione della Madonna delle Grazie della frazione Tresilico si è fermata davanti all’abitazione del presunto boss della ‘ndrangheta Peppe Mazzagatti, 82 anni, condannato all’ergastolo ed ai domiciliari per motivi di salute. Il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha definito l’episodio come “deplorevoli e ributtanti rituali cerimoniosi” mentre il Vescovo, monsignor Francesco Milito, ha annunciato “provvedimenti energici”.
Grasso: triste omaggio, complimenti al maresciallo – “Ho telefonato al maresciallo Marino per ringraziarlo. Grazie ancora, a nome di tutti cittadini onesti”. E’ quanto ha scritto su Facebook il presidente del Senato, Pietro Grasso, rivolgendosi al maresciallo dei Carabinieri che ha ordinato i suoi uomini di andarsene di fronte all’ ‘inchino’ della statua della processione di Oppido Mamertino davanti alla dimora del boss. “Sono certo che questo gesto inammissibile, questo tristissimo “omaggio”, non rappresenti il popolo calabrese”, ha aggunto Grasso.
Duro intervento del capo della diocesi – Un “temerario gesto di blasfema devozione che va all’opposto di quella dovuta alla Madre di Dio” ha aggiunto nella sua condanna il vescovo di Oppido-Palmi Francesco Milito. “Chi è riuscito a compierlo, e a ritentarlo – ha aggunto – è lontano da ogni spirito di fede pura, retta ed autentica. Se neanche le parole del Papa, con una condanna da tutti comprensibile nella sua incisiva chiarezza, sono riuscite a far da freno, è segno che l’indurimento di alcune coscienze è sotto il livello di guardia”. E ancora: “L’episodio in questione – ha aggiunto – risulta ancora più grave se si considera l’opera decisa ed energica che, in Oppido Mamertina, comprendente anche Tresilico, a partire dal 15 agosto 2013 con forti segni emblematici, e dal 16 dicembre 2013, a poche settimane dalla nota operazione anti ‘ndrangheta, si è messa in atto per l’educazione delle coscienze nella prospettiva di una radicale conversione, attraverso percorsi di catechesi e di approfondimento, che avranno compimento nella missione cittadina, diretta dai Padri Minimi di san Francesco di Paola con la presenza delle reliquie del Santo”.
Il sindaco prende le distanze – Il sindaco di Oppido, Domenico Giannetta, ha preso le distanze da eventuali gesti non consoni ma “ci pare che è stata ripetuta una gestualità che va avanti da oltre 30 anni”. Alfano si è complimentato con i Carabinieri che hanno preso le distanze da quelli che il Ministro giudica “atti incommentabili”. La Presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, ha telefonato al maresciallo dei carabinieri Andrea Marino per ringraziarlo. “Quanto è avvenuto nel corso della processione – ha detto – sconcerta e addolora e la Commissione antimafia intende approfondire i fatti incontrando anche lo stesso maresciallo Marino”. Duro è anche il commento del procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, secondo il quale il gesto compiuto è “un vero e proprio atto di sfida alle parole di scomunica di Papa Francesco. Bene il comportamento dei Carabinieri ora la Procura farà il suo lavoro”. Non è la prima volta che in Calabria emergono ingerenze della criminalità nei riti religiosi. A Pasqua in due comuni del vibonese c’era stata una forte polemica sullo svolgimento della processione dell’Affruntata.
07 luglio 2014

Corruzione, Gdf: 1435 denunce nel 2014, il picco nel settore appalti

Corruzione, Gdf: 1435 denunce nel 2014, il picco nel settore appalti

La Guardia di finanza, nei primi cinque mesi del 2014, ha denunciato per concussione, corruzione, peculato o abuso d’ufficio 1.435 persone, 126 delle quali sono state arrestate. Nel solo settore degli appalti, le indagini della Gdf hanno portato alla denuncia di 400 persone, per un valore di gare irregolari di 1,2 miliardi.
Dall’inizio dell’anno sono pervenute alla Guardia di finanza, tramite l’Unità d’informazione finanziaria della Banca d’Italia, oltre 38.000 segnalazioni di operazioni sospette. Lo ha reso noto il comandante generale della Gdf, Saverio Capolupo, dicendosi favorevole all’introduzione del reato di autoriciclaggio. “Nonostante la caduta dei consumi e la crisi economica, l’attività di recupero dell’evasione fiscale procede con risultati costantemente crescenti. Questo grazie a un cambio di strategia che ci ha fatto mettere in primo piano la qualità dei controlli rispetto alla quantità”. Lo ha detto il comandante generale della Guardia di finanza, generale Saverio Capolupo, parlando all’isola di Ponza (Latina).
Grazie a questa nuova strategia, nel 2013 la Guardia di Finanza ha scoperto oltre 15 miliardi di euro di basi imponibili sottratte a tassazione nel campo dell’evasione internazionale, 16 miliardi di ricavi non dichiarati da oltre 8.300 evasori totali e più di 2 miliardi di Iva evasa, riconducibili al fenomeno delle “frodi carosello”. Nello stesso periodo, sono stati denunciati oltre 12.000 responsabili di frodi e reati fiscali, di cui circa 200 arrestati, principalmente per aver utilizzato o emesso fatture false, per non aver versato l’Iva e per non aver presentato la dichiarazione dei redditi o per aver distrutto o occultato la contabilità; sono state poi avviate procedure di sequestro nei confronti dei responsabili di reati fiscali, di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per 5,3 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi già eseguiti.
Il comandante generale della Guardia di finanza, generale Saverio Capolupo, parlando all’isola di Ponza, ha invitato a valutare il fenomeno della cosiddetta “evasione di necessità”. “L’evasione di necessità – ha detto – è un fenomeno che riguarda quei contribuenti che non ottemperano agli obblighi tributari in ragione di contingenti difficoltà economico-finanziarie. Di certo – ha aggiunto – vanno distinti dai circa 3.000 evasori totali già scoperti nell’anno in corso coloro che hanno dichiarato i redditi ma poi non versano le imposte per necessità: condotta meno grave in linea di principio, per la quale si potrebbe ipotizzare una depenalizzazione”. “Deve essere chiaro, però – ha concluso Capolupo – che il nero, l’evasione e le frodi fiscali alterano sempre le regole del mercato e quindi producono ulteriori danni agli imprenditori onesti e coraggiosi, che hanno affrontato le difficoltà restando nell’alveo della legalità”.