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Appalti G8, la Gdf confisca beni per 13 milioni a Balducci
Appalti G8, la Gdf confisca beni per 13 milioni a Balducci
Caselli, Sabina Guzzanti e la Trattativa
Napoli: Carabiniere spara, ucciso 17enne.
Napoli: Carabiniere spara, ucciso 17enne. Un testimone: “Un’esecuzione” ed e’ rivolta
05 Settembre 2014. Politica
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Napoli violenta, Napoli città con molti scippi e rapine, vive una giornata drammatica. Un diciassettenne ucciso, un testimone che dice “E’ stata un’esecuzione” ed il quartiere Traiano in rivolta. Due auto della polizia date alle fiamme. E’ il risultato di una tragica notte iniziata con l’inseguimento di tre giovani su uno scooter. I tre non si sono fermati all’alt dei carabinieri, ne e’ nato un inseguimento, conclusosi quando il conducente ha preso un’aiuola del mezzo, urtando la Gazzella e cadendo a terra. Ma c’e’ anche chi dice che il motorino sia stato speronato dai militari. Uno e’ riuscito a fuggire e mentre i carabinieri bloccavano fil altri due, e’ partito un colpo dalla pustola d’ordinanza. Accidentalmente dicono i carabinieri, “un’esecuzione” sostiene un testimone. Così’ e’ morto ad appena 17 anni Davide Bifolco. I carabinieri pensavano che si trattasse di rapinatori, e forse non avevano torto. Infatti quello fuggito a piedi sarebbe un latitante, evaso a febbraio dai domiciliari, a cui era detenuto per rapina. L’altro fermato, Salvatore Tronfio, 18 anni, ha precedetti per furto e danneggiamento. C’era un altro scooter vicino a quello inseguito, con amici dei tre giovani. Uno di questi racconta: “Stavamo percorrendo un viale quando ad un certo punto la macchina dei carabinieri e’ andata contro lo scooter di Davide: E’ iniziato l’inseguimento, e’ stata puntata la pistola e Davide e’ stato ucciso. Poi l’hanno ammanettato come il peggiore dei criminali, nonostante fosse già’ stato colpito”.C’e’ da dire che carabinieri e polizia agiscono su un territorio pericoloso e spesso anche i ragazzi giovani sono armati di pistola. E spesso in solo due uomini devono affrontare più’ persone. Per questo capita che tirino fuori la pistola a scopo precauzionale. Come sia veramente partito il colpo mortale saranno ora gli investigatori a stabilirlo. Comunque troppo spesso giovani rapinatori, come quelli abituali dei rolex, vengono mandati ai domiciliari, dai quali puntualmente evadono per continuare a fare il loro lavoro. E per le forze dell’ordine diventa difficile controllare tutto senza mai perdere la lucidità necessaria.
Riina: “Ciotti? Possiamo pure ammazzarlo”
Riina: “Ciotti? Possiamo pure ammazzarlo”. E lui: “Minaccia chi si batte per la giustizia”
Il boss mafioso, iintercettato nel carcere di Opera, paragona tra l’altro il sacerdote a don Puglisi. Coro di solidarietà verso il fondatore di Libera
Milano, 31 agosto 2014 – Ancora minacce di morte da parte del boss Totò Riina: nel mirino stavolta è don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che gestisce diversi beni confiscati alla mafia.
Le nuove intercettazioni, svelate da Repubblica, sono state effettuate nel carcere milanese di Opera, dove il padrino di Corleone è a colloquio con il boss pugliese Alberto Lorusso. “Questo prete è una stampa e una figura che somiglia a padre Puglisi“, dice Riina riferendosi al sacerdote palermitano ucciso dalla mafia per il suo impegno nel quartiere palermitano di Brancaccio”.
E ancora: “Ciotti, Ciotti, putissimo pure ammazzarlo”, possiamo pure ammazzarlo, afferma Riina. Le frasi risalgono al 14 settembre del 2013 e portarono ad alzare il livello delle misure di sicurezza a protezione del sacerdote.
LA REPLICA – Lo stesso padre di Libera ha replicato a queste minacce: “Per me l’impegno contro la mafia è da sempre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiustizie, delle violenze, al suo stare dalla parte delle vittime, dei poveri, degli esclusi. Al suo richiamarci a una ‘fame e sete di giustizia’ che va vissuta a partire da qui, da questo mondo”.
E riguardo al paragone con don Puglisi, don Ciotti rimarca: a lui “non oso paragonarmi perché sono un uomo piccolo e fragile, un mafioso divenuto collaboratore di giustizia parlò di ‘sacerdoti che interferiscono’. Ecco io mi riconosco in questa Chiesa che ‘interferisce'”.
E in una nota il sacerdote sottolinea: “Le minacce di Totò Riina dal carcere sono molto significative. Non sono rivolte solo a Luigi Ciotti, ma a tutte le persone che in vent’anni di Libera si sono impegnate per la giustizia e la dignità del nostro Paese. Cittadini a tempo pieno, non a intermittenza. Solo un ‘noi’ – non mi stancherò di dirlo – può opporsi alle mafie e alla corruzione. Libera è cosciente dei suoi limiti, dei suoi errori, delle sue fragilità, per questo ha sempre creduto nel fare insieme, creduto che in tanti possiamo fare quello che da soli è impossibile”.
MESSAGGI DI SOLIDARIETA’ – Non appena sono state rese note le minacce del boss, le attestazioni di stima, sostegno e solidarietà nei confronti di don Luigi Ciotti si sono moltiplicate: dalla presidente dell’Antimafia Rosy Bindi (“Ciotti non sarà lasciato solo contro la mafia”) alla Cgil, da Legambiente al presidente del Senato Pietro Grasso, che ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un messaggio: “Caro Luigi, sono più di venti anni che sfidi la mafia con coraggio e passione. Le minacce di Riina emerse oggi sono l’ennesimo attacco ad una storia di impegno e di memoria che coinvolge ogni anno migliaia di cittadini e che ha contribuito a rendere il nostro Paese piu’ libero e piu’ giusto. Ti conosco da anni e so che non ti sei lasciato intimorire nemmeno per un attimo: continuerai sulla strada della lotta alla criminalita’, e tutti noi saremo al tuo fianco”.
Interviene anche la presidente della Camera Laura Boldrini, che su Facebook, accanto a una foto che la ritrae con don Ciotti, scrive: “Le minacce di Totò Riina all’amico don Ciotti preoccupano certo, ma non sorprendono. Un uomo come Luigi, che da anni promuove la cultura della legalità e combatte contro le mafie attraverso azioni concrete, non può che essere un nemico per un boss di Cosa Nostra”.
“Una persona da temere – scrive ancora Boldrini riferendosi a don Ciotti – per aver dimostrato, insieme con Libera, che i beni della criminalità possono essere riutilizzati a scopi sociali; per aver portato i giovani a coltivare le terre che un tempo erano delle cosche; per aver insomma fornito un’alternativa alla logica del sopruso e dell’intimidazione di cui la mafia si nutre”.
La presidente della commissione antimafia Rosy Bindi a Formia: “La Dda si dedicherà al sudpontino”
***video***La presidente della commissione antimafia Rosy Bindi a Formia: “La Dda si dedicherà al sudpontino”
Adriano Pagano | set 05, 2014 | Commenti 0
*Rosy Bindi a Formia*
Si è parlato anzitutto di criminalità organizzate e antimafia, dopotutto l’ospite della “Festa democratica e dell’Unità” che si sta svolgendo in questi giorni a Formia, nella villa comunale, era il presidente della commissione antimafia Rosy Bindi. Peraltro nel giorno in cui, poche ore prima, icarabinieri di Formia hanno arrestato l’ennesimo camorrista che a Scauri viveva e stava tranquillamente pescando pur essendo latitante, e la Corte di Cassazione ha confermato la recente storia mafiosa del Comune di Fondi. Feudo elettorale dal quale peraltro proviene uno dei componenti proprio della commissione antimafia Claudio Fazzone, in “compagnia” peraltro dell’altra espressione elettorale della Provincia di Latina in Senato, Claudio Moscardelli.
La Bindi per questi motivi ha annunciato che la volontà del governo, in questo senso, è quello di accendere finalmente i riflettori su Latina e tutto il Basso Lazio, che vive una realtà tipica di infiltrazione criminale. Perché da queste parti la camorra ci vive, fa affari, si nasconde, entra nelle pubbliche amministrazioni, negli appalti e nei piani regolatori. Oltre che ripulire il proprio denaro, conservarlo e reinvestirlo. In tutta tranquillità. E allora la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha annunciato la Bindi, dal mese di ottobre dedicherà una parte delle proprie attività e risorse al sudpontino. Vedremo in che modo.
*Un momento dell’incontro*
Si è parlato della camorra a Formia nell’incontro di ieri, col sindaco Sandro Bartolomeo. A moderare uno dei componenti della leva giovane del Pd, Raffaele Vallefuoco. Insomma si parlava di mafie e antimafia, in un ambito tuttavia politico e targato Pd. Nonostante ciò il sindaco ha incassato i complimenti della Bindi relativamente alla capacità di raccontare fedelmente alcune storie di camorra legate alla nostra città, facendo i nomi delle famiglie o dei personaggi scomodi della città. Ricordando le speculazioni edilizie tentate all’Acerbara, l’acquisizione dell’hotel Marina di Castellone tentata da Cipriano Chianese, la negazione della camorra da parte dell’ex sindaco Michele Forte.
Ma la Bindi l’accento della discussione, relativamente ai rapporti tra istituzioni e camorra l’ha posto sulla capacità di organizzare appalti, affidamenti, lottizzazioni, piano regolatore, riciclaggio, direttamente dall’interno dei Comuni. Secondo l’ex presidente del Partito Democratico, “prima che arrivi la magistratura con gli arresti bisogna adoperarsi per cogliere i segnali, per un cambiamento culturale, di comportamenti, perché di prestanome e di riferimenti delle criminalità, le pubbliche amministrazioni ne sono piene”.
Totò Riina shock: “Ogni sei mesi Berlusconi ci pagava 250 milioni di lire”
Il boss di Cosa Nostra Totò Riina(KIKA) – Sono rivelazioni a dir poco inquietanti quelle che l’ex capo di Cosa Nostra Totò Riina pronuncia tra le mura del carcere milanese di Opera. Per la prima volta, il boss mafioso rivela come andarono le cose in quel ‘patto di protezione’ che la Cassazione ha accertato definitivamente, ordinando l’arresto dell’ex senatore Marcello Dell’Utri.
Durante la consueta passeggiata pomeridiana, parlando con il compagno d’aria Alberto Lorusso, Riina confessa: “A noialtri ci dava 250 milioni di lire ogni sei mesi”. A chi si riferisce? All’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che negli anni Settanta cercava ‘protezione’ proprio dalla mafia. Riina parla anche del boss Tanino Cinà, l’uomo che in quegli anni suggerì a Dell’Utri di inviare Vittorio Mangano come stalliere ad Arcore, proprio per esaudire i desideri dell’ex premier.
Il boss dei boss è un fiume in piena: “Noi su Berlusconi abbiamo un diritto, sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo”. Anche se poi precisa: “Non lo ammazziamo però, perché noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto”.
E non è finita qua, perché prima di fare rientro in cella, i due ne hanno anche per il ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Disgraziato”, dice Riina. “Il più cattivo ministro di sempre, si sta impegnando per i sequestri di bene”, gli fa eco Lorusso.
Camorra: arrestato boss Gionta latitante, finto turista per Malta
(AGI) – Napoli, 17 ago. – Con la complicita’ di tre persone
incensurate, due donne e un uomo, fingendosi due coppie di
turisti, si stava imbarcando da Pozzallo, in provincia di
Ragusa, per Malta. I carabinieri pero’ hanno bloccato e
arrestato Aldo Gionta, 42 anni, figlio del boss Valentino (in
carcere e all’ergastolo), attuale reggente del clan omonimo
tra i piu’ potenti dell’area vesuviana del Napoletano,
latitante dal 3 giugno scorso. A Gionta i militari dell’Arma
hanno notificato un decreto di fermo di pm per associazione a
delinquere di stampo mafioso e violazione degli obblighi da
sorvegliato speciale.
Di fatto il boss era ricercato dal 24 maggio scorso, quando
non era ritornato a casa di sera perche’ temeva un agguato ai
suo danni. Ancora ricercato e’ il figlio Valentino junior, 23
anni, pure sfuggito al provvedimento della procura di Napoli di
giugno. Arrestati per favoreggiamento i tre complici della
finta vacanza del boss, che forse da Malta avrebbe raggiunto
destinazioni del Nord Africa o della penisola Iberica per la
sua latitanza. Aldo Gionta era in possesso di un documento
falso e fino all’ultimo ha negato la sua vera identita’,
confermata dalle impronte digitali. I Gionta sono la cosca
dominante a Torre Annunziata, alleati dei potenti Nuvoletta di
Marano fin dagli anni ’80 contro la Nco di Raffaele Cutolo, e i
‘maranesi’ sono a loro volta legati alla mafia siciliana
corleonese. Valentino Gionta senior e’ stato condannato tra
l’altro come mandante dell’omicidio del giornalista Giancarlo
Siani. (AGI)