Tetto agli stipendi: la casta non li rispetta

Tetto agli stipendi: la casta non li rispetta

Tetto agli stipendi: la casta non li rispetta

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La casta invisibile è quella che, all’ombra della politica, presidia le società controllate dalla politica, gestendo (spesso a beneficio della politica) potere e affari. In cambio ha compensi di tutto rilievo. Dal 1 aprile 2014 è stato però posto un tetto agli stipendi dei supermanager pubblici. Certamente a quelli delle società controllate direttamente o indirettamente dal Tesoro: non un pesce d’aprile, ma una soglia di 300mila euro l’anno oltre la quale non si deve andare. Quel tetto dovrebbe valere anche per le società pubbliche controllate da Regioni e Comuni. Così ora la Corte dei conti della Lombardia ha preparato un dossier che segnala gli uomini d’oro che invece quel tetto lo hanno sfondato. Ecco chi sono.

Il primo è nientemeno che Antonio Rognoni, ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, la società che fu creata dall’allora presidente Roberto Formigoni per gestire tutti i grandi appalti lombardi, compresi quelli di Expo. Rognoni porta a casa la cifra record di ben 953.526,95 euro, tre volte il compenso massimo indicato dalla legge, raggiunto sommando il suo ruolo di direttore generale (284mila euro), quello di direttore lavori (303mila) e gli incarichi in Cal, la società Concessioni autostradali lombarde (altri 367mila euro). Un uomo che ne vale tre. Il 20 marzo, Rognoni è stato arrestato, nel corso delle indagini su Infrastrutture Lombarde ed Expo. E a giugno è stato rinviato a giudizio immediato per associazione a delinquere e turbativa d’asta.

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Il secondo della lista è Giuseppe Sala, il plenipotenziario dell’Expo, che supera il tetto con 430.615,20 euro, sommando gli emolumenti di amministratore delegato (270 parte fissa, più 126 parte variabile) e di consigliere d’amministrazione (27mila) di Expo 2015 spa. I dati della Corte dei conti si riferiscono al 2013 e segnalano anche altri due supermanager oltre la soglia: Giorgio Papa, direttore generale di Finlombarda, la cassaforte finanziaria della Regione, che porta a casa 319.945,36 euro; e Luigi Legnani, amministratore delegato di Trenord e vicedirettore generale di Fnm, con 319.305 euro. All’elenco della magistratura contabile manca almeno un altro supermanager lombardo: Stefano Cetti, ai vertici di Mm spa, rimasta fuori dall’analisi della Corte dei conti perché è controllata non dalla Regione, ma dal Comune di Milano. È la società omologa di Infrastrutture Lombarde, è l’appaltificio del Comune, anch’esso coinvolto nei lavori per Expo.

Stefano Cetti raggiunge la cifra di 340,6mila euro l’anno, sommando gli emolumenti di direttore generale di Mm (210 parte fissa, più 105,6 parte variabile) e di amministratore unico di Metro Engineering srl (25mila euro), società impegnata tra l’altro nella Brebemi, la nuova autostrada Milano-Brescia.

Cetti è rimasto eroicamente al suo posto anche quando le intercettazioni dell’indagine sulla “cupola degli appalti” hanno svelato i suoi intensi rapporti con il capo della “cupola”, Gianstefano Frigerio, arrestato l’8 maggio 2014: lo incontrava e lo riveriva, garantendogli un contatto dentro Mm. Telefonate, appuntamenti, cene: niente di penalmente rilevante, hanno stabilito i magistrati, ma certo professionalmente imbarazzante. Frigerio, intercettato, diceva: “Cetti è importante, eh, perché tutte le robe della metropolitana… lì verranno fuori anche un sacco di lavori…Cetti mi ha detto ‘ci sono anche delle strade di collegamento prima dell’Expo’”. Poi, riferendosi a Cetti e ad Angelo Paris (il manager di Expo arrestato insieme a Frigerio e a Primo Greganti), aggiungeva: “Sono dei miei ragazzi… almeno quei due, quei due lì li faccio correre”.

Lavori al Nord e risiedi al Sud? Altri tre mesi di cassintegrazione

Lavori al Nord e risiedi al Sud? Altri tre mesi di cassintegrazione

Bufera in Lombardia per il decreto che “regala” 90 giorni in più di ammortizzatori a chi viene dalle regioni meridionali. E nella scuola è caos per le cattedre occupate dai fuori sede

 – Dom, 10/08/2014 – 08:32

Milano – Peggio di fomentare la guerra tra poveri (soprattutto in tempo di crisi), c’è solo fomentare la guerra tra poveri seminando in aggiunta discriminazione e quindi inevitabile zizzania tra gente del Nord e gente del Sud.

Un’impresa riuscita al governo se è vero che essere «meridionali» vale tre mesi in più di mobilità in deroga, oppure un posto in cima alle graduatorie per diventare insegnante di ruolo. Non al Sud, ma nel ben più accogliente Nord e scalzando gli insegnanti locali fino a quel momento pronti a salire in cattedra. Attoniti di fronte all’assalto dato da campani e siciliani con il trasferimento chiesto in extremis nelle graduatorie dei precari nelle regioni della «Padania». Non trastulli sociologici, ma mesi di stipendio per chi oggi non solo non arriva a fine mese, ma con questa disoccupazione record il mese non ha nemmeno modo di cominciarlo.

C’è subbuglio, in Lombardia, dopo il decreto dei ministeri del Lavoro e dell’Economia per i «nuovi criteri per l’erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga». Parla di cassa integrazione e di mobilità e stabilisce che per «i lavoratori che hanno già utilizzato la mobilità in deroga per periodi pari o superiori a 3 anni, il periodo massimo concedibile sarà di 5 mesi, che diventano 8 mesi nelle aree del Mezzogiorno». Non solo. «Per i lavoratori che hanno utilizzato la mobilità in deroga per periodi inferiori ai 3 anni» i mesi saranno 7, ma «diventano 10 nelle aree del Mezzogiorno». Tre mesi in più se sei meridionale. Un beneficio che ha mandato in bestia tanti. Perché non solo chi lavora al Sud è ancora una volta privilegiato (e assistito), ma lo è anche se lavorando al Nord con tanto di domicilio, ha mantenuto la sua originaria residenza. Molti, in Lombardia, i casi di operai della stessa fabbrica con diverso trattamento: 7 mesi agli uni, 10 agli altri.

E non si fermano anche le polemiche per l’assalto sudista alle graduatorie della scuola. Perché su 33.380 immissioni in ruolo (28.781 docenti e 4.599 non docenti) in gran parte nelle regioni settentrionali, ben poche andranno agli insegnanti lì residenti. Perché, a differenza del passato, è stato possibile cambiare graduatoria e le 29mila cattedre andranno metà ai vincitori di concorso e metà alle graduatorie provinciali a esaurimento. Tolto dall’allora ministro Carrozza il vincolo dei 5 anni nella provincia di prima nomina in ruolo, ora ridotto a tre, internet ha fatto il resto con siti per capire su quale provincia puntare. A Torino la maestra elementare che era prima è finita al numero 69, superata da sessantotto colleghi in arrivo da altra regione. E delle 129 cattedre su cui puntavano i precari storici, 108 saranno assegnate a nuovi arrivati. Metà sono siciliani. A Milano nella scuola primaria tutti i posti fino al 237 sono occupati da insegnanti che arrivano da fuori. In provincia di Lucca, dieci degli undici immessi in ruolo saranno siciliani, calabresi e campani. A Bergamo tutti i 5 posti vanno a maestri del Sud. Difficile stupirsi se il segretario della Lega Matteo Salvini chiede «concorsi pubblici regionali». A Pavia una maestra precaria da 17 anni era finalmente ventesima e a un passo dalla cattedra, ora è trentanovesima. Una cinquantenne ha perso trenta posizioni e si è rassegnata ad andare in pensione da precaria. A Torino assegnate agli insegnanti del Sud l’84 per cento delle cattedre, nella scuola primaria di Milano il 98. Tante piccole storie, ma di grande ingiustizia.

SPALMA INCENTIVI, DENUNCIA DI ASSORINNOVABILI ALLA COMMISSIONE UE

SPALMA INCENTIVI, DENUNCIA DI ASSORINNOVABILI ALLA COMMISSIONE UE

 

In vista della definitiva approvazione del provvedimento da parte del Senato, l’associazione ha deciso di chiedere alla Commissione Europea l’apertura di una procedura di infrazione ai danni dell’Italia

“A seguito dell’approvazione del Decreto Competitività da parte della Camera, rimangono al Parlamento e al governo margini sempre più esigui per evitare la fuga dall’Italia degli investitori esteri e le migliaia di contenziosi che esporranno il nostro Paese a pesanti risarcimenti e bruttissime figure”. Così assoRinnovabili, a proposito della recente approvazione alla Camera del provvedimento spalma incentivi.

In vista della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (con l’ultima approvazione del Senato che avverrà nei prossimi giorni), l’associazione ha deciso, insieme a una cinquantina di grandi operatori fotovoltaici, di scrivere alla Commissione Europea chiedendo l’apertura di una procedura di infrazione contro lo Stato Italiano per violazione della Direttiva 2009/28/CE che aveva fissato i target europei per lo sviluppo delle energie rinnovabili.

Non appena la norma entrerà in vigore, assoRinnovabili coordinerà poi i ricorsi degli operatori, sia nazionali sia esteri (le adesioni sono già molto numerose), “ingiustamente penalizzati da un provvedimento che modifica unilateralmente e retroattivamente i contratti sottoscritti con il GSE”.

Due i filoni già attivati: il primo, a cui parteciperanno gli operatori italiani, mira ad ottenere la dichiarazione di incostituzionalità dello spalma incentivi, come già segnalato dal presidente emerito della Corte Costituzionale Prof. Valerio Onida; il secondo, riservato invece agli investitori esteri, dimostrerà che è stato violato il Trattato sulla Carta dell’Energia che tutela gli investimenti nei Paesi aderenti (tra cui l’Italia).

“Auspichiamo ancora che il governo metta riparo all’errore strategico insito nel provvedimento spalma incentivi – ha dichiarato Agostino Re Rebaudengo, presidente di assoRinnovabili –. Se ciò non avverrà, ricorreremo in tutte le sedi possibili e rappresenteremo tutte le parti coinvolte e danneggiate da questa norma, miope e controproducente. La recente sentenza della Corte Costituzionale bulgara, che ha annullato una tassa retroattiva del 20% sui ricavi degli impianti fotovoltaici ed eolici, dimostra che la certezza del diritto non può essere stravolta: siamo sicuri che anche la Corte Costituzionale italiana giungerà alle medesime conclusioni”.

P.A., via ‘quota 96’ e pensioni d’ufficio riviste.

P.A., via ‘quota 96’ e pensioni d’ufficio riviste. Renzi lavora a intervento più ampio

Un emendamento del governo al dl P.A. rivede i limiti d’età per il pensionamento d’ufficio ed elimina il tetto di 68 anni per professori e medici. Ok di Renzi, verso una nuova misura

Roma, 4 agosto 2014 – Governo, via la ‘quota 96’ e pensionamenti d’ufficio rivisti. La commissione Affari Costituzionali del Senato ha dato l’ok al testo del decreto legge sulla Pubblica amministrazione, inserendo 4 modifiche rispetto al provvedimento uscito dalla Camera. Si tratta degli emendamenti del governo, tra cui la cancellazione della quota 96, la norma che liberava 4 mila pensionamenti nella scuola.

Il ministro della P.A. Marianna Madia aveva annunciato questa mattina uno degli emendamenti proposti, che riguarda la revisione dei limiti di età per il pensionamento d’ufficio, e la conseguente eliminazione del tetto dei 68 anni previsto per professori universitari e medici. A chi le aveva domandato se la fiducia sul decreto P.A. fosse ormai scontata, il ministro aveva risposto: “Dobbiamo correre e, a questo punto, visto che è stata messa alla Camera, mi sembra ragionevole“. Il ministro ha specificato che una delle modifiche riguarda la cosiddetta ‘quota 96’, che sblocca 4 mila pensionamenti nella scuola, un’altra i benefici previsti per le vittime del terrorismo. Una terza rivede i limiti di età per il pensionamento d’ufficio ed elimina quindi il tetto dei 68 anni per i professori universitari e i primari. Non mutano infine le soglie per tutti gli altri dipendenti pubblici: 62 anni e 65 per i medici.

Non ha tardato ad arrivare l’attacco al governo da parte di Sel per gli emendamenti annunciati al dl P.A.: “Non si gioca sulla pelle delle persone. I quota 96 – afferma il capogruppo alla Camera Arturo Scotto – hanno già vissuto un’ingiustizia dalla riforma Fornero che li ha penalizzati e lasciati senza pensione pur avendo i requisiti, e ora il governo Renzi prima li illude alla Camera e poi li disillude al Senato”. Il capogruppo poi rincara la dose: “Una scelta inaccettabile, l’ennesimo sopruso e un’ulteriore beffa, che rinvia di nuovo una decisione attesa da migliaia di lavoratori della scuola e che impedisce il ricambio generazionale in due settori professionali importanti. Ma Renzi non doveva cambiare verso?”.

Giusto togliere dal dl P.A. la ‘quota 96′, che sbloccava 4mila pensionamenti nella scuola, non c’entrava nulla con la ratio e l’idea della norma. E’ il parere del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, riguardo la decisione dell’esecutivo annunciata dal ministro Madia. Il premier oggi ha visto il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Sulla scuola il presidente del Consiglio e il ministro stanno preparando, si apprende, un intervento a fine agosto, assai più ampio come platea del perimetro dei 4mila pensionamenti. Il Capo dell’esecutivo oggi ha incontrato anche gli altri ministri Franceschini e Boschi.

IL COMMENTO DELLA CGIL SUL DL P.A.:”Sarebbe molto grave se non si provvedesse a risolvere il problema dei ‘quota 96’ e gli altri temi su cui era intervenuta la Camera”. Lo ha detto la segretaria confederale della Cgil, Gianna Fracassi, a margine di una conferenza stampa in corso d’Italia. “La Cgil – ricorda la sindacalista – è in campo con una vertenza unitaria per chiedere di cambiare la riforma Fornero”. Rispetto agli emendamenti annunciati dal governo, Fracassi osserva che “si torna indietro rispetto a quanto definito alla Camera e questo è sbagliato. Sono sbagliati tutti gli emendamenti che determinano un peggioramento delle condizioni dei lavoratori”. Nello specifico, su ‘quota 96’ “bisogna correggere un errore tecnico. Siamo preoccupati – conclude Fracassi – se in una settimana il governo torna indietro. Auspichiamo una soluzione in tempi brevi”.

I QUOTA 96 – Sono circa 4 mila gli insegnanti che non sono potuti andare in pensione nonostante i requisiti (61 anni di età e 35 di contributi oppure 60 anni di età e 36 di contributi) a causa della riforma Fornero. Nell’applicazione di questa normativa non è stata infatti considerata una delle peculiarità del settore scuola, ovvero che la data di pensionamento è necessariamente legata alla conclusione dell’anno scolastico. La cosiddetta ‘quota 96’ era stata duramente attaccata da Carlo Cottarelli, commissario alla spendig review, che aveva criticato la decisione dei tagli alle tasse a fronte delle richieste della politica di dirottare le risorse altrove. I rilievi della Ragioneria di Stato, tuttavia, hanno evidenziato la norma tra quelle in difetto di copertura.

PENSIONAMENTO D’UFFICIO – Inoltre un emendamento del governo rivede i limiti d’età per il pensionamento d’ufficio, eliminando il tetto dei 68 anni inserito per professori universitari e medici.

Statali, spuntano i trasferimenti facili. E la pensione forzata scatta da 62 anni

Statali, spuntano i trasferimenti facili. E la pensione forzata scatta da 62 anni

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Il governo accelera sul turnover dei dirigenti. Mobilità, Cgil all’attacco

di MATTEO PALO

Roma, 28 luglio 2014 – La staffetta generazionale diventa più semplice e viene rafforzata. È questo il senso della modifica più importante arrivata con il primo passaggio parlamentare del decreto legge di riforma della pubblica amministrazione. Anche i dirigenti della Pa — da oggi il decreto approda alla Camera per la discussione generale — potranno essere pensionati prima, con quattro anni di anticipo rispetto a quanto prevede la legge Fornero. E non si tratta dell’unica novità a una delle riforme chiave del governo Renzi. Tutte innovazioni che, secondo il ministro Marianna Madia, seguono due direttrici: cambiamento ed equità. La commissione Affari costituzionali della Camera ha deciso, come oggi accade per i dipendenti, il pensionamento d’ufficio per i dirigenti a partire dai 62 anni. La decisione di andare oltre dovrà essere motivata “con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi”. In linea generale non sarà possibile raggiungere i 66 anni per il pensionamento di vecchiaia. Le uniche eccezioni sono per medici e professori universitari (asticella a 65). Oltre ai magistrati, che vengono completamente esclusi. Sul fronte della pubblica istruzione viene reintrodotta per circa 4mila insegnanti la cosiddetta ‘quota 96’, la somma di età anagrafica e contributiva: potranno chiedere la pensione all’Inps subito dopo la conversione del provvedimento in legge. Il costo per lo Stato di questa misura sarà di circa 100 milioni di euro, da pagare attraverso tagli alla spesa.

Aggiustamenti anche alle norme sulla mobilità. Il trasferimento di un dipendente pubblico da un ufficio all’altro potrà avvenire senza che siano fornite spiegazioni. Sembra proprio questa la conseguenza di un emendamento al dl Pa, che cancella quanto previsto dal codice civile, secondo cui in casi di spostamento da un’unità produttiva a un’altra è necessario mettere sul tavolo “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”. Ora invece il passaggio non dovrà essere giustificato e potrà quindi scattare in qualsiasi situazione, purché non venga superato il limite di distanza fissato a 50 chilometri. Altri emendamenti, approvati in settimana, hanno invece ammorbidito le previsioni, ridando voce ai sindacati per la definizione dei criteri di mobilità e salvando i genitori con figli piccoli o sotto legge 104. La Cgil è critica, parla di “una mobilità assolutamente discrezionale, senza quelle necessarie motivazioni, organizzative e tecniche”.

Migranti, il bilancio si aggrava: 29 i cadaveri nella stiva.

Migranti, il bilancio si aggrava: 29 i cadaveri nella stiva. Tra loro anche bimbo di un anno

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Nella giornata di ieri recuperati 749 migranti. Arrivati a Messina i 440 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia

Roma, 20 luglio 2014 – Sono 29 e non 19 i cadaveri trovati nella stiva del barcone soccorso ieri nel Canale di Sicilia e trainato a Malta dopo il trasbordo dei 556 migranti su una petroliera danese arrivata nel pomeriggio a Messina. Tra le vittime anche un bimbo di un anno che viaggiava insiema alla madre. Ieri un’altra persona era morta durante il trasferimento in motovedetta a Lampedusa, ma il numero delle vittime è destinato a salire visto che ci sono ancora almeno 30 dispersi.

Secondo fonti malesi, i migranti – quasi tutti di origine siriana – sono morti nella calca durante un naufragio, secondo fonti italiane invece, avrebbero perso la vita a causa dei fumi tossici provenienti dal motore.

Intanto continuano senza sosta le attività delle  Unità della Marina Militare. Ieri 5 interventi di salvataggio hanno portato al recupero di 749 migranti tra cui 100 donne, 61 minori e un neonato. Questa mattina quattro ponti aerei hanno permesso di trasferire 368 immigrati dal centro d’accoglienza di Lampedusa (Ag) a Vicenza, Verona, Venezia, Reggio Emilia, Rimini, Forlì e Rovigo. Nella struttura di contrada Imbriacola rimangono 640 persone.

Sono infine sbarcati a Pozzallo 203 nigeriani, tra cui due donne, soccorsi da una nave petroliera che li ha recuperati su due gommoni a 45 miglia a nord della Libia. Ma i due centri di accoglienza in provincia di Ragusa, Pozzallo e Comiso, sono pieni ed è probabile che i nuovi arrivati verranno trasferiti in pullman verso altri centri siciliani.

GENOVA – “Non sono scafisti, ma schiavisti“: così si è espresso il questore di Genova Vincenzo Montemagno riferendosi ai tre egiziani arrestati la scorsa notte con l’accusa di essere stati gli scafisti dei 106 passeggeri naufragati al largo di Capo Passero e successivamente sbarcati a Genova grazie a una petroliera che li ha salvati. “Hanno fatto fare a questi profughi un viaggio in condizioni disumane. Li hanno picchiati e ricattati chiedendo loro piu’ denaro altrimenti li avrebbero buttati in mare e li hanno costretti a stare per ore sotto il sole dentro teloni per non farsi vedere” ha detto il questore, aggiungendo: “Meritano una pena esemplare”. Gli arrestati, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, hanno 25, 26 e 17 anni.

LE PAROLE DEL PREMIER – “Il problema va risolto alla radice”, aveva detto ieri Matteo Renzi. Mentre il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, auspica l’utilizzo delle caserme per accogliere i migranti, arrivati ormai a quota 80mila durante il 2014.

SANZIONI E AEREI DI LINEA

SANZIONI E AEREI DI LINEA

 

di Paul Craig Roberts

 

Fonte: http://www.paulcraigroberts.org

Link: http://www.paulcraigroberts.org/2014/07/17/sanctions-airliners-paul-craig-roberts/

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PG

 

Le sanzioni non avranno alcun effetto sulle imprese russe. Le aziende russe possono ottenere, dalla Cina, dalla Francia o dalla Germania, più prestiti bancari di quanti ne necessitino.

Le tre caratteristiche che definiscono Washington – l’arroganza, la superbia e la corruzione – ne fanno un allievo lento. Le persone arroganti che sguazzano nella tracotanza sono incapaci di imparare. Quando incontrano resistenza rispondono con tangenti, minacce e coercizione. La diplomazia richiede capacità di apprendimento, ma Washington ha lasciato perdere la diplomazia anni fa e si basa sul [solo] uso della forza.

Di conseguenza, con le sue sanzioni Washington sta minando il proprio potere e la propria influenza. Le sanzioni stanno incoraggiando i Paesi a ritirarsi dal sistema di pagamenti in dollari che è il fondamento del potere statunitense. Christian Noyer, governatore della Banca di Francia e membro del Consiglio Direttivo della BCE, ha detto che le sanzioni di Washington stanno portando le imprese e i Paesi fuori del sistema dei pagamenti in dollari. L’enorme somma [quasi 9 miliardi di dollari, ovvero più del doppio dell’utile netto di esercizio 2013 del gruppo BNP – NdT] estorta alla banca francese BNP Paribas per aver fatto affari con Paesi messi all’indice da Washington rende evidenti gli accresciuti rischi legali che derivano dall’utilizzo del dollaro, quando Washington detta le regole.

L’attacco di Washington alla sponda francese è stata l’occasione per molti di ricordare le numerose sanzioni del passato e meditare sulle future sanzioni, come quelle che si profilano per la tedesca Commerzbank. Un mossa atta a diversificare le valute utilizzate nel commercio internazionale è inevitabile. Noyer ha sottolineato che il commercio tra l’Europa e la Cina non ha bisogno di usare il dollaro e può essere interamente sostenuto da euro o renminbi [la valuta cinese – NdT].

Il fenomeno delle norme statunitensi che si espandono globalmente a tutte le operazioni in dollari sta accelerando la traiettoria di allontanamento dal sistema di pagamento in dollari. Alcuni Paesi hanno già predisposto accordi bilaterali con i partner commerciali per commerciare nelle proprie valute. I BRICS stanno stabilendo nuovi metodi di pagamento indipendenti dal dollaro e stanno creando il proprio Fondo Monetario Internazionale per finanziare gli squilibri commerciali.

Il cambio del dollaro dipende dal suo ruolo nel sistema dei pagamenti internazionali. Se questo ruolo viene meno, analoga sorte toccherà alla domanda di dollari e alla quotazione del dollaro rispetto alle altre valute. L’inflazione penetrerà nell’economia americana attraverso i prezzi delle importazioni, e gli americani, già sotto forte pressione, sperimenteranno un’ulteriore compressione dei loro standard di vita.

Nel XXI secolo si è assistita a una crescente diffidenza verso Washington. Le bugie statunitensi, come le “armi di distruzione di massa” irachene, “l’uso di armi chimiche da parte di Assad” e “le armi nucleari iraniane” sono [ormai] riconosciute come menzogne dagli altri governi. Le bugie sono stati utilizzate da Washington per distruggere alcuni Paesi e minacciare di distruzione gli altri, mantenendo il mondo in costante agitazione. Washington non offre alcun vantaggio atto a compensare le turbolenze che Washington stessa infligge al resto del mondo. L’amicizia con Washington richiede il rispetto delle sue richieste, e i governi stanno valutando come tale amicizia non valga la pena se messa a confronto con l’elevato prezzo da pagare.

Lo scandalo dello spionaggio NSA e il rifiuto di Washington di chiedere scusa e desistere [dal continuare – NdT] hanno approfondito la diffidenza verso Washington da parte dei suoi stessi alleati. Sondaggi globali mostrano come ci siano Paesi che considerano gli Stati Uniti come la più grande minaccia per la pace. Il popolo americano stesso non ha fiducia nel proprio governo. I sondaggi mostrano che una grande maggioranza degli americani crede che i politici, i media sempre pronti a prostituirsi [sacrificando la verità], e i gruppi di interesse privato, come Wall Street e il complesso militare / legato alla sicurezza, manipolino il sistema per i propri fini, il tutto a spese del popolo americano.

L’impero di Washington sta cominciando a mostrare crepe, una circostanza porterà ad azioni disperate da parte di Washington. Oggi (17 luglio) ho sentito un servizio della BBC sulla National Public Radio in merito a un aereo di linea malese, abbattuto in Ucraina. La notizia avrebbe potuto essere [data] onesta[mente], ma aveva tutta l’aria di una macchinazione ordita dalla Russia e dai “separatisti” ucraini. Mentre la BBC sollecitava pareri [ancor] più di parte, la trasmissione si è conclusa con un report, proveniente da social media, riguardante il fatto che i separatisti avessero abbattuto l’aereo di linea con un sistema d’arma russo.

Nessuno, all’interno del programma, si è chiesto cosa i separatisti avessero da guadagnare dall’abbattimento di un aereo di linea. La discussione verteva, invece, sulla possibilità, una volta accertata la responsabilità russa, che ciò avrebbe forzato l’UE ad approvare sanzioni americane contro la Russia ancora più severe. La BBC stava seguendo il copione di Washington, dirigendo la storia esattamente dove Washington voleva che andasse.

La sensazione che si tratti di un’operazione di Washington c’è tutta. Tutti i guerrafondai erano pronti al momento giusto. Il vicepresidente americano Joe Biden ha dichiarato che l’aereo era “saltato dal cielo” e che “non era un incidente”. Come fa una persona senza un preciso ordine del giorno a fare delle dichiarazioni con una tale sicurezza prima di avere tutte le informazioni? Chiaramente, Biden non sottintendeva affatto che fosse stata Kiev a far esplodere in cielo l’aereo di linea. Egli si era portato avanti nonostante non fosse stata dimostrata la colpevolezza della Russia [si sottintende che la dava comunque per assodata – NdT]. In effetti, il modus operandi di Washington, sarà di accumulare le censure alla Russia fino al punto di rendere non più necessarie le prove.

Il senatore John McCain si è buttato sulla supposizione che vi fossero cittadini statunitensi a bordo dell’aereo al fine di appellarsi ad azioni punitive contro la Russia prima che la lista dei passeggeri e la causa del disastro fossero note.

“L’indagine” è condotta dal regime di Kiev, ovvero da un regime fantoccio imposto da Washington. Penso che si sappiano già a quali conclusioni si arriverà.

Ci sono alte probabilità che si stia per avere ulteriori prove falsificate, come ad esempio quelle artefatte presentate dal segretario di Stato americano Colin Powell alle Nazioni Unite al fine di “provare” l’esistenza di inesistenti “armi di distruzione di massa” in mano agli iracheni. Washington è riuscita in ciò con così tanti inganni, bugie e crimini da ritenere di poter sempre avere successo in azioni del genere.

Nel momento in cui scrivo, non si hanno informazioni attendibili sull’aereo di linea, ma la domanda sorge spontanea (come si chiedevano sempre gli antichi Romani): “Cui prodest?” Non c’è alcun motivo plausibile per l’abbattimento dell’aereo di linea da parte dei separatisti, ma Washington sì che ha avuto un movente contro la Russia e, forse, ne ha avuti anche due. Tra le indiscrezioni e le voci ce n’è una che afferma come l’aereo presidenziale di Putin abbia volato lungo una rotta simile all’aereo malese, a soli 37 minuti di distanza da quest’ultimo. Questa indiscrezione ha portato a speculare sul fatto che Washington abbia deciso di liberarsi di Putin e abbia confuso l’aereo di linea malese con il jet di Putin. Russia Today riferisce che i due aerei hanno un aspetto simile.

Prima di dire [che la tecnologia militare] di Washington sia troppo sofisticata per confondere un aereo di linea con l’aereo presidenziale russo, si ricordi che quando Washington abbatté un aereo di linea iraniano nello spazio aereo dell’Iran, la Marina statunitense affermò di pensare che i 290 civili che aveva assassinato fossero a bordo di un jet da combattimento iraniano, un caccia F-14 Tomcat prodotto in USA e un autentico pilastro della Marina degli Stati Uniti stessa. Se la Marina a stelle e strisce non sa distinguere tra il suo cavallo di battaglia nel campo dei jet fighter e un aereo di linea iraniano, chiaramente gli Stati Uniti possono confondere i due aeromobili che l’articolo di Russia Today mostra apparire come assai simili.

Durante l’intero servizio della BBC con la Russia nel mirino, nessuno ha menzionato l’aereo passeggeri iraniano che gli Stati Uniti “hanno fatto saltare giù dal cielo”. Nessuno ha imposto sanzioni a Washington.

Qualunque sia l’esito dell’incidente accaduto all’aereo malese, mostra come la politica morbida di Putin nei confronti dell’intervento duro di Washington in corso in Ucraina, rappresenti un pericolo. La decisione di Putin di rispondere con la diplomazia invece che con mezzi militari alle provocazioni di Washington in Ucraina ha dato a Putin una mano vincente, come dimostra l’opposizione alle sanzioni di Obama da parte dell’UE e dello stesso mondo del business degli Stati Uniti. Tuttavia, non ponendo fine in modo energico e rapido al conflitto sponsorizzato da Washington in Ucraina, Putin ha lasciato la porta aperta alle subdole macchinazioni in cui Washington eccelle.

Se Putin avesse accettato le rivendicazioni al ricongiungimento con la Madre Russia provenienti dagli ex territori russi orientali e meridionali dell’Ucraina, l’imbroglio ucraino sarebbe finito mesi fa e la Russia non starebbe correndo il rischio di essere nel mirino [della autodefinitasi “comunità internazionale” – NdT].

Putin non ha ottenuto il beneficio completo di essersi rifiutato di inviare truppe in ex territori russi, perché la posizione ufficiale di Washington è che le truppe russe [già] operano in Ucraina. Quando i fatti non supportano l’ordine del giorno di Washington, quest’ultima li scarta. I media degli Stati Uniti accusano Putin di essere l’autore della violenza in Ucraina. È l’accusa di Washington, non qualche fatto noto, che è la base per le sanzioni.

Poiché non vi è nessun atto troppo vile da scoraggiare Washington dall’intraprenderlo, Putin e la Russia potrebbero diventare vittime di una subdola macchinazione.

La Russia sembra ipnotizzata dall’Occidente e motivata ad essere inclusa in esso. Questo desiderio di accettazione fa gioco a Washington. La Russia non ha bisogno dell’Occidente, ma l’Europa ha bisogno della Russia. Una delle opzioni per la Russia è mirare a fare i propri interessi e aspettare che sia l’Europa a corteggiarla.

Il governo russo non dovrebbe dimenticare che l’atteggiamento di Washington verso la Russia si rifà alla dottrina Wolfowitz, che recita: “Il nostro primo obiettivo è quello di prevenire il riemergere di un nuovo rivale, sia sul territorio dell’ex Unione Sovietica sia altrove, che rappresenti una minaccia simile a quella posta in passato dall’Unione Sovietica. Questa è una considerazione dominante alla base della nuova strategia di difesa regionale e richiede che ci sforziamo di prevenire che qualsiasi potenza ostile possa dominare una regione le cui risorse potrebbero, sotto un controllo consolidato, essere sufficienti a generare una potenza globale”.

Camera e Senato tagliano gli stipendi ai dipendenti. Loro protestano

Camera e Senato tagliano gli stipendi ai dipendenti. Loro protestano, Boldrini li stoppa: “Guardate il mondo reale”

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L’appello dei Cinque stelle: “Ok, ma i politici dovrebbero dare l`esempio ai cittadini cominciando da se stessi”. La Camera recede anche dal contratto di affitto per i Palazzi Marini, che ospitano gli uffici dei deputati.

Roma, 24 luglio 2014 – Via libera dell’Ufficio di presidenza di Camera e Senato al taglio degli stipendi dei dipendenti. Con una coda di contestazioni da parte degli stessi dipendenti, prontamente rintuzzate dalla presidente della Camera.

BOLDRINI E LE CONTESTAZIONI –  Il tetto degli stipendi dei dipendenti del Parlamento “in linea con il principio dei tetti massimi che vale per tutte le Amministrazioni pubbliche” rappresenta “un fatto importante e positivo”, afferma la presidente della Camera, Laura Boldrini.
“Spiace e rattrista – sottolinea – che non lo abbiano capito quei dipendenti della Camera che stamattina hanno inteso contestare nei corridoi le decisioni che venivano prese dall’Ufficio di Presidenza”.
Esprimendo “apprezzamento per l’alta professionalità e senso delle istituzioni” dei dipendenti della Camera, Boldrini osserva come, “in contemporanea con la loro iniziativa, ben altra protesta veniva dalla piazza di Montecitorio, dove anche stamattina si sono radunati i lavoratori che lamentano il mancato finanziamento della cassa integrazione in deroga. E’ quello il Paese reale, che non ha più reti di protezione sociale, e anche chi lavora dentro Montecitorio è chiamato a rendersene conto”

I TETTI DA DEFINIRE – Dunque i “tetti” alle retribuzioni ci saranno ma sono tutti ancora da definire. O meglio, sono tutti da definire tranne uno: perché la decisione assunta dalle due amministrazioni in maniera congiunta è stata quella di recepire i principi del decreto overnativo e quindi di stabilire che i consiglieri non possano andare oltre i 240mila euro.
Con una differenza: per loro dal tetto sono esclusi gli oneri previdenziali pari all’8,8%. “Anche il Parlamento – si legge nel documento approvato con l’astensione della Lega e il voto contrario di Fdi – è chiamato a fare la sua parte, proseguendo con decisione sul terreno del contenimento dei propri costi di funzionamento”.
Il tetto non varrà però solo per i consiglieri, ossia per i ruoli più remunerati, ma per tutti. “L’articolazione stessa dei livelli stipendiali, e l’esigenza di salvaguardare i rapporti retributivi attualmente esistenti fra le diverse categorie professionali – si legge ancora – rendono necessaria la fissazione di un tetto alle retribuzione non solo per i consiglieri ma anche per le rimenenti categorie professionali, individuato proporzionalmente, in modo da mantenere inalterati i rapporti retributivi oggi esistenti”.

IL NODO INDENNITA’ – Per coloro che già si trovano a recepire una retribuzione superiore al tetto dei 240mila euro, è previsto che la riduzione avvenga nell’arco di 4 anni tra il 2014 e il 2017. Altra questione rimasta in sospeso, oltre a quella della definizione dei “sottotetti”, è poi quella delle indennità. In passato queste avevano già subito un ridimensionamento ma, vista la decisione assunta oggi, si è deciso di “lasciare alla fase di trattativa con i sindacati la riconsiderazione della materia” in modo, per esempio, da ‘compensare’ chi ha maggiori responsabilità.

CONTRATTAZIONE – Da oggi parte infatti la contrattazione sindacale. Intanto, però, la decisione è stata accolta con degli applausi ironici dai dipendenti di Montecitorio che attendenvano l’esito dell’incontro nel corridoio antistante. In concomitanza con l’Ufficio di presidenza, nell’Auletta dei gruppi parlamentari è stata anche convocata un’assemblea sindacale.
Marina Sereni, vice presidente della Camera, che ha la delega sul personale, difende però la decisione: “Se fuori di qui – spiega – c’è un processo di rivisitazione degli stipendi più alti, sarebbe singolare che il legislatore, che ha votato la conversione di quel decreto, non si ponesse il problema. Certo, fa più piacere prendere applausi che l’ironia ma bisogna assumersi delle responsabilità”.

M5S: SI COMINCI DAI POLITICI – “Siamo d`accordo a porre dei tetti agli stipendi dei dipendenti della Camera, l’abbiamo proposto anche noi, ma i politici dovrebbero dare l`esempio ai cittadini cominciando da se stessi”, dicono i deputati M5S in ufficio di Presidenza a Montecitorio Luigi Di Maio, Riccardo Fraccaro e Claudia Mannino.
“Oggi è stato dato parere favorevole al contenimento delle spese per il personale ma di fronte alle nostre proposte di rivedere gli stipendi dei parlamentari – portandoli a 5mila euro lordi con la rinuncia ai vari plafond e indennità e la rendicontazione pubblica delle spese – tutti i partiti, compatti, ci hanno detto `no`”.
“Ancora una volta – concludono – ci troviamo di fronte a un atteggiamento da `casta`, quando i politici decidono di mettere tetti agli stipendi dei dipendenti ma le loro tasche non le vogliono toccate. A dispetto della crisi economica che attanaglia il Paese”.

STOP AGLI AFFITTI – L’ufficio di presidenza della Camera ha anche deciso all’unanimità di recedere dal contratto di affitto per i Palazzi Marini, gli edifici di proprietà dell’imprenditore Sergio Scarpellini che ospitano gli uffici dei deputati. Per il primo febbraio 2015, riferiscono fonti di Montecitorio, la Camera potrà lasciare i palazzi.

Istat, raddoppiano in 5 anni gli italiani che lasciano il Paese. Calano le nascite

Istat, raddoppiano in 5 anni gli italiani che lasciano il Paese. Calano le nascite

Nascite in calo in Italia nel 2013 per il quinto anno consecutivo. Toccato il minimo storico di 514mila nuovi nati. E’ la fotografia fornita dall’Istat attraverso gli indicatori demografici del nostro Paese. Circa l’80% dei nuovi nati proviene da donne italiane, il 20% da donne straniere. Il numero medio di figli per donna scende da 1,42 nel 2012 a 1,39 nel 2013.
Raddoppiato il numero degli italiani che lasciano il Paese – Le immigrazioni dall’estero sono scese nel 2013 a 307 mila, pari a un tasso del 5,1 per mille, contro le oltre 350 mila del 2012 (5,9 per mille). Aumentano, invece, le emigrazioni, circa 126 mila (2,1 per mille), contro i 106 mila dell’anno precedente (1,8 per mille). Il saldo migratorio con l’estero è di 182 mila unità, per un tasso del 3 per mille (4,1 nel 2012). E’ quanto emerge dal Report “indicatori demografici” dell’Istat. Nel periodo 2008-2013, tra coloro che abbandonano il Paese per una destinazione estera raddoppia sia il numero di residenti stranieri (da 22 a 44 mila), che il numero di italiani (da 40 a 82 mila).
Destinazione preferita il Regno Unito – Nel 2013 la destinazione estera favorita dagli italiani è il Regno Unito, con circa 13 mila trasferimenti, segue la Germania con 11 mila 600. Gli stranieri, invece, emigrano prevalentemente in Romania, oltre 10 mila trasferimenti nel 2013 (+21% sul 2012) e Albania, oltre 2 mila trasferimenti (+23%). Calano gli ingressi dei cittadini stranieri, 279 mila nel 2013 contro i 321 mila del 2012. I rimpatri di italiani sono 28 mila.
Meno matrimoni con rito religioso – La celebrazione del matrimonio con rito religioso perde ulteriore terreno nei confronti del rito civile. Tra il 2008 e il 2013 la quota di sposi che sceglie il primo passa infatti dal 63% al 57%, mentre la quota di coloro che optano per il secondo cresce dal 37% al 43%. Lo segnala l’Istat nel report degli indicatori demografici del nostro Paese. Complessivamente nel 2013 si sono celebrati meno
26 giugno 2014

QUESTA COOPERAZIONE È UN AFFARE

QUESTA COOPERAZIONE È UN AFFARE

 

di Alex Zanotelli

 

Fonte: nigrizia.it

 

In questi giorni è in discussione alla Camera, in seconda lettura, il disegno di legge “Disciplina generale sulla cooperazione per lo sviluppo”, approvata dal Senato il 25 giugno con 201 voti favorevoli (PD, Scelta Civica, Nuovo Centro Destra, 5 Stelle e FI-PdL), 15 astenuti (Lega e Misto-SEL) e nessun voto contrario.

È chiaro che il governo Renzi vuole affrettare l’approvazione di questo disegno di legge (sono quasi trent’anni che attendiamo una legge quadro sulla cooperazione!). Tutto questo, nella quasi totale assenza di dibattito pubblico, soprattutto da parte degli organismi di volontariato e del mondo missionario.

Eppure il mondo del volontariato italiano e missionario è stato testimone e ha toccato con mano le malefatte della cooperazione italiana, dagli anni Ottanta ad oggi. Dal disastro della cooperazione socialista di Craxi in Somalia (fornivamo cibo ed armi per seppellire i nostri rifiuti tossici in quel Paese), a quella democristiana di Andreotti in Etiopia (la politica delle dighe con le conseguenti deportazioni di intere popolazioni). Dalla legge 73 del 1985 che stanziava 1.900 miliardi di lire per la lotta alla fame nel mondo (servita a sfamare i partiti italiani), alla malacooperazione del Ministero degli Esteri, con quell’incredibile intreccio tra affari e politica, che porterà poi a Tangentopoli (Nigrizia è stata la prima a denunciarlo con forza!). E poi con l’arrivo del berlusconismo, la cooperazione è stata trasformata in un cinico business, che perdura tuttora, gestita dal Ministero degli Affari Esteri (la nostra politica estera è funzionale agli affari delle nostre imprese).

Penso di poter riassumere le quaranta pagine della nuova legge quadro del governo Renzi con la stessa parola: business-affari. Nell’ultima legge-quadro sulla cooperazione, la 49 del 1987, il soggetto principale era il volontariato, nell’odierno disegno di legge il soggetto è diventato l’impresa. Questa legge fotografa bene l’ideologia portante del governo Renzi.

Eppure in questo Paese pullulano migliaia di gruppi, di associazioni, di botteghe del commercio equo e solidale, di reti di finanza etica, di centri missionari che fanno cooperazione con tanti soggetti nel sud del mondo. Quando il governo italiano prenderà seriamente questa straordinaria ricchezza, dandole voce e permettendole di incidere sulle politiche della cooperazione? È incredibile che questa legge-quadro non prenda in considerazione tutto questo.

Quand’è che i nostri governi comprenderanno che la cooperazione, da governo a governo, non fa altro che arricchire le élites del sud del mondo? Arriverà il giorno in cui il nostro mondo politico comincerà a capire i profondi cambiamenti avvenuti in questi ultimi trent’anni? Cambiamenti che domandano un altro tipo di cooperazione e di politica estera?

È possibile che in una legge del 2014, si usi ancora il linguaggio eufemistico e razzista di “Paesi in via di sviluppo”? Com’è possibile ancora parlare di “sviluppo sostenibile” davanti a una crisi ecologica spaventosa che ci attanaglia? La problematica ambientale è totalmente assente da questo disegno di legge.

È possibile che i nostri legislatori non vedano le difficoltà del continente a noi più vicino, l’Africa, da dove arrivano sulle nostre coste, i naufraghi dello “sviluppo”? In una legge-quadro per la cooperazione, l’Africa non dovrebbe oggi essere una priorità?

Ma è grave che il governo italiano si limiti a parlare di cooperazione, senza stanziare i fondi per tali politiche. L’Italia infatti è maglia nera rispetto agli impegni presi in sede ONU, con un budget dell’0,1% del PIL a fronte di un promesso 0,7%, il che rende il nostro Paese non affidabile in chiave internazionale. Siamo, per esempio, in forte debito con il Fondo di lotta all’AIDS, tubercolosi e malaria.

Dove trovare tali risorse in questo momento di crisi? Semplice. Meno armi (l’assurdità degli F-35 che ci costeranno 15 miliardi di euro) e più impegno nella lotta contro l’impoverimento. Per questo chiediamo al governo Renzi di ritirare e di riscrivere questo disegno di legge che è uno schiaffo sia alla dignità del popolo italiano che alla dignità dei tre miliardi di impoveriti nel mondo.

Ve lo chiede un povero missionario che ha vissuto sulla sua pelle, il dramma di chi vive nei bassifondi della vita e della storia, un credente in Dio che vuole vita piena per tutti i suoi figli/e.

 

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