Ucraina, entrate in vigore le sanzioni Ue contro la Russia.

Ucraina, entrate in vigore le sanzioni Ue contro la Russia. Putin: “Una minaccia al processo di pace”

Mentre il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, annuncia che anche gli Usa produrranno sanzioni contro la Russia, le limitazioni stabilite da Bruxelles entrano in vigore. Il nuovo round colpisce finanza, energia e difesa. Il pacchetto è entrato in vigore questa mattina con la loro pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue. Le misure sanzonatorie prevedono anche il congelamento dei beni ed il divieto di viaggio per personalità russe ed ucraine accusate di essere implicate nel conflitto in Ucraina. Gli Usa hanno stabilito invece sanzioni nel settore finanziario, dell’energia e della difesa.
La lista – Nella lista delle 24 personalità russe ed ucraine colpite dal nuovo round di sanzioni europee pubblicata oggi dalla Gazzetta ufficiale dell’Ue c’è anche Sergei Chemezov, amico di Putin e capo di RosTekhnologi. Insieme a lui colpiti dalle misure sanzonatorie anche Youri Vorobiov, vicepresidente russo, e diversi vicepresidenti della Duma (Parlamento, ndr): Vladimir Vasiliev, Ivan Melnikov e Igor Lebedev.
Record negativo per il rublo – Nuovo record negativo per il rublo russo, che stamattina è arrivato a quota 37,72 per un dollaro in concomitanza con l’entrata in vigore delle nuove sanzioni europee contro la Russia che colpiscono finanza, energia e difesa. In calo anche la Borsa di Mosca, con l’indice Micex (in rubli) che segna -0,18% e l’Rts (in dollari) a -0,63%.
Putin: sanzioni Ue minano il processo di pace – Le sanzioni Ue contro la Russia “di fatto rappresentano passi che minano il processo di pace in Ucraina”, ha detto Vladimir Putin a Dushanbe, citato dall’agenzia Itar-Tass. “Le sanzioni – ha proseguito il leader del Cremlino – non sono mai state efficaci come strumento di politica estera e non portano mai i risultati attesi, danneggiano coloro che vi fanno ricorso e quelle antirusse non sono un’eccezione”.
Ucraina verso la Nato – Intanto l’Ucraina punta a ottenere “nel prossimo futuro” uno status speciale di cooperazione con la Nato. Lo ha dichiarato il presidente ucraino Petro Poroshenko in una conferenza stampa a Kiev in cui ha parlato della sua visita ufficiale negli Stati Uniti la settimana prossima. Lo riporta l’agenziaInterfax.
Nuovo scambio di prigionieri – Nuovo scambio di prigionieri tra le truppe governative e i miliziani separatisti dell’Ucraina orientale. Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha annunciato sulla sua pagina Facebook che 36 militari di Kiev sono stati liberati recentemente, mentre altri 21 sono stati rilasciati ieri. I filorussi dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk confermano di aver liberato 36 soldati in cambio di 31 miliziani precisando che “Kiev promette di rilasciare altri cinque (miliziani) domani”.

Malta, l’ultimo paradiso fiscale Ue rischia deriva.

Malta, l’ultimo paradiso fiscale Ue rischia deriva. E vende passaporti a ricchi russi

Le aliquote sulle società, ferme al 5% per i non residenti, continuano ad attirare capitali stranieri. Tanto che il sistema bancario dell’isola vale ormai otto volte il Pil. Il pericolo è quello di diventare la terra promessa per il riciclo di capitali di oscura origine. Sempre più tesi i rapporti con Bruxelles

Malta

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Da destinazione prediletta per vacanze studio estive a terra promessa dell’offshore made in Ue. È il destino dell’isola di Malta, fino a pochi anni fa nota soltanto come meta turistica, vero e proprio Eldorado per chi volesse imparare l’inglese godendosi il mare. Dal 2004, però, il volto di Malta sta velocemente cambiando: una vera e propria trasformazione capillare dell’economia che dopo il crack di Cipro ha reso l’isola l’ultimo paradiso fiscale all’interno dell’Unione Europea. “Chi è venuto ad aprire un’attività qui dieci anni fa ha fatto i soldi”, spiega Marcello, uno dei tanti siciliani che in due ore di catamarano da Pozzallo ha raggiunto l’isola per mettere radici. “Qui gira tutto intorno al turismo e al gioco d’azzardo on line”. Sull’onda di una presenza turistica che ormai sfiora i due milioni di visite l’anno, infatti, i maltesi hanno provato ad aprire la loro economia: al mare di Paradise bay e di Comino, alle case museo di Mdina, ai locali notturni di Saint Julian e Sliema, il piccolo isolotto in mezzo al Mediterraneo ha ormai affiancato decine di sportelli bancari. Che dal 2004, anno dell’entrata nell’Unione Europea, hanno visto l’arrivo di massa degli investitori stranieri. Merito delle imposte, tra le più esigue dell’Ue al pari soltanto del Lussemburgo: le aliquote sulle società sono al 35%, e si riducono appena al 5% per i non residenti, mentre non esistono tasse di successione o patrimoniale.

Il sistema bancario vale 8 volte il Pil – “Qui apri la tua attività in un giorno, puoi iniziare a lavorare in attesa di tutte le autorizzazioni e paghi il 18% secco di tasse se sei residente: nessun imposta per la musica dal vivo, somministrazioni o altro”, racconta Valerio che gestisce un bistrot a La Valletta, la capitale. Sull’onda della sempre florida azienda dei casinò (a Malta hanno sede legale molte società di gioco d’azzardo on line) ecco quindi che il sistema bancario maltese si è gonfiato in pochi anni fino a diventare otto volte più grande del Pil, che nel 2013 non raggiungeva gli 8 miliardi di dollari. Una cifra enorme che un anno fa aveva catalizzato l’attenzione del francese Le Monde. “Malta è il prossimo detonatore di una crisi Europea?” si chiedeva il quotidiano d’oltralpe. “Ha delle somiglianze inquietanti con Cipro”, continuava il giornale riportando l’analisi dell’economista Alan Lemangnen. Come dire che la prima banca che salta sull’isola trascina nel baratro le altre. E toccherebbe poi all’Ue provare a salvare l’enorme sistema bancario locale.

L’aliquota al 5% che attira i non residenti – “Paragonare Malta a Cipro è un inutile allarmismo: le nostre banche hanno una minore attività internazionale”, replicava il governatore della Banca Centrale maltese Joseph Bonnici. E anche negli ultimi dodici mesi gli investimenti stranieri in terra maltese non si sono fermati, soprattutto da parte dei non residenti, affascinati da quell’aliquota ferma al 5%. Anche in quel campo però potrebbero presto arrivare novità. “Dal mio punto di vista sconsiglio gli strumenti societari che non corrispondano ad una reale operatività della struttura: i paesi d’origine si stanno muovendo a livello europeo”, dice a ilfattoquotidiano.it il tributarista Nicola Galleani. I capitali esteri in terra maltese però continuano ad arrivare. E per cercare di aprire l’economia agli investitori stranieri il governo locale ha nei mesi scorsi cercato d’incidere anche sul tema dei diritti civili: nell’aprile scorso è stata approvata una legge che autorizza le unioni tra persone dello stesso sesso e riconosce le adozioni per le coppie omosessuali. Una misura che ha scatenato un aspro dibattito in Parlamento, dato che Malta è un paese profondamente cattolico dove ancora oggi è illegale qualsiasi forma di aborto: un caso unico all’interno dell’Ue.

Passaporti in vendita per i ricchi – Ma al di là delle incongruenze su questi temi e dello spauracchio di finire come Cipro, il vero pericolo per le finanze maltesi è un altro: diventare la terra promessa per il riciclo di capitali di oscura origine, provenienti soprattutto dalla Russia. Un rischio a cui l’isola al centro del Mediterraneo presta il fianco: risale al febbraio scorso, infatti, la trovata del Governo maltese di mettere in vendita 1.800 passaporti al prezzo di 650mila euro. Un’idea che ha sollevato i malumori ai piani alti di Bruxelles, dato che Malta avrebbe fatto cassa vendendo passaporti europei (con tutti i privilegi annessi) a facoltosi quanto sconosciuti personaggi esteri, attirati dalla favorevole condizione fiscale di un’isola all’interno dell’Unione Europea. Unico requisito per potere acquistare la cittadinanza, l’investimento di 500mila euro in bond maltesi e immobili sull’isola: come dire che per diventare europei basta essere ricchi.

E gli immigrati vanno in prigione (con i fondi Ue) – Un particolare che ha ulteriormente infiammato i rapporti tra La Valletta e Bruxelles, dato che in passato sono stati molteplici le bacchettate che l’Ue ha riservato a Malta, per la questione dei respingimenti in mare delle imbarcazioni di migranti provenienti dall’Africa. E mentre da una parte il governo maltese si appresta a vendere passaporti a peso d’oro, dall’altra costruisce nuovi penitenziari con i fondi arrivati dall’Unione Europea per l’accoglienza dei migranti. Sull’isola infatti il reato d’immigrazione clandestina è punito con un anno di detenzione.

Pil, la Germania frena: -0,2%. E la Francia si ferma. Bce: “Riforme”

Pil, la Germania frena: -0,2%. E la Francia si ferma. Bce: “Riforme”

L’economia francese ferma per il secondo trimestre consecutivo, quella tedesca arretra per la prima volta dal 2012. Appello di Parigi all’Ue: “Ora più flessibilità”

Roma, 14 agosto 2014 – Non solo per l’Italia, va male anche per Francia e Germania. I dati del Pil nel secondo trimestre 2014 in Francia, diffusi questa mattina dall’istituto di statistica francese Insee, segnano che l’economia francese è ferma per il secondo trimestre consecutivo, a fronte di un atteso +0,1%. Il dato invariato rispetto al trimestre precedente segue la crescita zero già registrata nel primo trimestre dell’anno rispetto all’ultimo trimestre del 2013.

GERMANIA – I dati sono ancora più funesti per la Germania, dove il Pil scende dello 0,2% nel secondo trimestre 2014 rispetto al trimestre precedente. Il dato è peggiore delle attese che indicavano una possibile flessione del -0,1%. La crescita del primo trimestre rispetto all’ultimo del 2013 è stata rivista dal +0,8 al +0,7%. Con il dato di oggi l’economia tedesca arretra per la prima volta dal 2012.

APPELLO ALL’UE – Sulla scia dei dati che mostrano un’economia stagnante, il ministro delle Finanze francese, Michel Sapin, taglia le previsioni di crescita di fine anno, portandole “intorno allo 0,50%” dall’iniziale +1%, e sollecita risposte dall’Europa, dal rafforzamento dell’azione della Bce ad un adattamento delle regole di budget alla situazione economica, quindi maggiore flessibilità rispetto ai vincoli che gravano sui conti pubblici. “La crescita è caduta in Europa e in Francia”, scrive Sapin a Le Monde. “Con una crescita zero nel secondo trimestre – aggiunge il ministro – che estende la stagnazione dei primi tre mesi, il paese rallenta e non raggiungeremo l’obiettivo dell’1% previsto tre mesi fa”. “Quest’anno la crescita della Francia – dice ancora – sarà intorno allo 0,50% e niente ci autorizza a prevedere, al momento, una crescita di molto superiore all’1% nel 2015”. Sapin inoltre rialza al 4% le previsioni del deficit di quest’anno. In precedenza Parigi aveva stimato un deficit al 3,8% e si era impegnata ad abbassarlo al 3%.

Il governo francese chiede quindi che l’Europa agisca “con fermezza e chiarezza adattando le sue decisioni alle circostanze profondamente particolari ed eccezionali”. E in particolare chiede di “adattare il ritmo di riduzione del disavanzo pubblico all’attuale situazione economica”. Alla Bce, che comunque “ha preso buone decisioni”, la Francia chiede oggi un intervento più deciso per far fronte al rischio deflazione e per riportare il cambio dell’euro a “un livello più favorevole”, Sul fronte interno, il ministro delle Finanze francese indica che il Governo andrà avanti con le riforme, che taglierà ancora la spesa pubblica per 50 miliardi, e che non ricorrerà a un aumento delle tasse per riequilibrare i conti pubblici.

EUROZONA – Secondo quanto rivelano le stime di Eurostat, l’economia dell’Eurozona a 18 paesi resta ferma nel secondo trimestre rispetto ai precedenti tre mesi e sale dello 0,76% su base annua. Le previsioni degli analisti erano di una crescita trimestrale dello 0,1%. Nell’Unione europea a 28 paesi il Pil cresce dello 0,2% trimestrale e dell’1,2% annuale. Cala ancora a il tasso d’inflazione annuale nell’Ue-18: 0,4% a luglio, contro lo 0,5% di giugno. Si tratta del tasso più basso dall’ottobre 2009. A luglio 2013 era a 1,6%. Il tasso di inflazione mensile a luglio è stato di -0,7%, il tasso annuale era a 0,6%, contro lo 0,7% di giugno. L’anno precedente era a 1,7%, mentre il tasso di inflazione mensile è stato del -0,5% a luglio. Italia invariata. “Ci troviamo davanti ad un quadro misto e come abbiamo sempre sottolineato che la natura della ripresa è fragile. I dati devono essere considerati in un quadro economico di medio termine ed è importante attuare le riforme”, sottolinea l’Ue. “L’attuale aggiustamento nell’Eurozona è una storia di profondo cambiamento strutturale. Ci sono fondamenta sane perché la ripresa vada avanti. Sviluppi di situazioni all’estero possono accrescere l’incertezza, ma le nostra fondamenta restano intatte”, aggiunge un portavoce della Commissione sui risultati del Pil dell’Eurozona.

LA RICETTA BCE – La ricetta della Bce per l’Eurozona è quella di dare più slancio alle riforme strutturali per promuovere gli investimenti privati e creare posti di lavoro, procedendo però in linea con il Patto di Stabilità e di crescita e senza vanificare i progressi conseguiti nei conti pubblici. “Per quanto riguarda le finanze pubbliche – si legge nell’ultimo bollettino dell’Eurotower – in anni recenti un complessivo risanamento ha contribuito alla riduzione degli squilibri di bilancio. Importanti riforme strutturali hanno potenziato la competitività e la capacità di aggiustamento dei mercati nazionali del lavoro e dei beni e servizi. E’ ora necessario che questi sforzi acquisiscano slancio per incrementare il potenziale di crescita dell’area dell’euro. Le riforme strutturali dovrebbero mirare innanzitutto a promuovere gli investimenti privati e la creazione di posti di lavoro”.

“Al fine di ripristinare finanze pubbliche sane – prosegue il bollettino della Bce – i paesi dell’area dell’euro dovrebbero procedere in linea con il Patto di stabilità e crescita senza vanificare i progressi conseguiti nel riequilibrio dei conti pubblici. Il risanamento di bilancio va impostato in modo da favorire l’espansione economica. La piena e coerente applicazione dell’attuale quadro di sorveglianza macroeconomica e dei conti pubblici dell’area dell’euro è indispensabile per ridurre gli elevati rapporti debito/PIL, aumentare la crescita potenziale e rafforzare la capacità di tenuta dell’area agli choc”.

E Renzi in tour al Sud ha commentato: “Ho visto in questi giorni scenari inquietanti sull’Italia per aver fatto -0,2% di Pil. Stamattina vedo che anche la Germania fa -0,2. Io farei a cambio volentieri in termini di dimensioni economiche, ma non è la percentuale dello ‘zero virgola’ che fa la differenza, ma è il clima di rassegnazione nell’opinione pubblica, di chi pensa, a cominciare dalle classe dirigenti, che tanto non cambierà mai”.

Alfano: “Stop a Mare Nostrum, da ottobre ai migranti dovrà pensare l’Ue”

Alfano: “Stop a Mare Nostrum, da ottobre ai migranti dovrà pensare l’Ue”

Ora tocca all’Ue, l’Italia da sola non può fare tutto in termini di accoglienza dei migranti. Lo ha ribadito in conferenza al Viminale il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Secondo il quale: “L’operazione Mare Nostrum non deve fare il secondo compleanno perché nata a termine. Da ottobre deve subentrare Frontex e l’Europa. Se così non fosse il governo italiano dovrà assumere decisioni in materia. Sul fronte dell’immigrazione l’Italia si è dimostrata ancora una volta campione del mondo di accoglienza”.
Primo consuntivo – Nella conferenza stampa al termine della riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, il ministro ha ricordato che “dall’avvio dell’operazione Mare Nostrum, lo scorso 18 ottobre, sono state salvate oltre 70mila persone e non sappiamo quanti di loro sarebbero morti senza la nostra missione. Siamo orgogliosi di aver salvato vite”. La linea, ha aggiunto, “è accogliere chi fugge da guerre e persecuzioni e far rispettare le leggi in Italia. Queste due cose vanno di pari passo”. Alfano ha poi ribadito che “la responsabilità della frontiera del Mediterraneo deve essere europea, i migranti non vogliono venire in Italia ma in Europa e quindi Frontex deve subentrare a Mare nostrum”.
Lavoro: accelerare con le riforme – “Nessun ultimatum, anzi occorre rallentare le polemiche e accelerare le soluzioni” sull’articolo 18: “Il giochino di minacciare la crisi per ottenere di più puzza di naftalina” ha aggiunto Alfano tornando sulle misure per il lavoro. Non importa, chiarisce, andare oltre il 29 agosto (in agenda il Cdm sullo Sblocca Italia): “Non casca il mondo in quella data”, tanto più che “il 2 settembre la commissione Lavoro, presieduta da Sacconi, comincerà appunto a lavorare sul nuovo Statuto dei lavoratori. Noi apriamo a Renzi i varchi, gli diamo la spinta per inserire la sua capacità innovativa e superare le resistenze di parte della sinistra, del suo mondo”. Gli altri obiettivi del Nuovo Centro Destra, dice Alfano sono “il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione: 15 miliardi da immettere nell’economia”, “la semplificazione fiscale, soprattutto a beneficio dei piccoli imprenditori: pagamento in base agli incassi e non alla fatturazione” e “la contrattazione aziendale anziché quella collettiva”. Alfano smentisce poi le voci di rimpasto in autunno e i dissapori con il premier: “Il governo non è un monocolore Pd e non mi pare che Renzi lo gestisca come tale”. “Oggi mi pare che il governo sia ancora in luna di miele”. Sul rapporto con Forza Italia puntualizza: “Siamo noi la start up per un nuovo centro destra, quello vecchio non c’è più”. Quindi la previsione: “A settembre si manifesterà un’area di oltre 80 parlamentari che sosterrà la riforma costituzionale e il governo”, mentre in FI “vedo solo leggerissime torsioni sul busto. Non succede e non succederà nulla da quelle parti”.

SANZIONI E AEREI DI LINEA

SANZIONI E AEREI DI LINEA

 

di Paul Craig Roberts

 

Fonte: http://www.paulcraigroberts.org

Link: http://www.paulcraigroberts.org/2014/07/17/sanctions-airliners-paul-craig-roberts/

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PG

 

Le sanzioni non avranno alcun effetto sulle imprese russe. Le aziende russe possono ottenere, dalla Cina, dalla Francia o dalla Germania, più prestiti bancari di quanti ne necessitino.

Le tre caratteristiche che definiscono Washington – l’arroganza, la superbia e la corruzione – ne fanno un allievo lento. Le persone arroganti che sguazzano nella tracotanza sono incapaci di imparare. Quando incontrano resistenza rispondono con tangenti, minacce e coercizione. La diplomazia richiede capacità di apprendimento, ma Washington ha lasciato perdere la diplomazia anni fa e si basa sul [solo] uso della forza.

Di conseguenza, con le sue sanzioni Washington sta minando il proprio potere e la propria influenza. Le sanzioni stanno incoraggiando i Paesi a ritirarsi dal sistema di pagamenti in dollari che è il fondamento del potere statunitense. Christian Noyer, governatore della Banca di Francia e membro del Consiglio Direttivo della BCE, ha detto che le sanzioni di Washington stanno portando le imprese e i Paesi fuori del sistema dei pagamenti in dollari. L’enorme somma [quasi 9 miliardi di dollari, ovvero più del doppio dell’utile netto di esercizio 2013 del gruppo BNP – NdT] estorta alla banca francese BNP Paribas per aver fatto affari con Paesi messi all’indice da Washington rende evidenti gli accresciuti rischi legali che derivano dall’utilizzo del dollaro, quando Washington detta le regole.

L’attacco di Washington alla sponda francese è stata l’occasione per molti di ricordare le numerose sanzioni del passato e meditare sulle future sanzioni, come quelle che si profilano per la tedesca Commerzbank. Un mossa atta a diversificare le valute utilizzate nel commercio internazionale è inevitabile. Noyer ha sottolineato che il commercio tra l’Europa e la Cina non ha bisogno di usare il dollaro e può essere interamente sostenuto da euro o renminbi [la valuta cinese – NdT].

Il fenomeno delle norme statunitensi che si espandono globalmente a tutte le operazioni in dollari sta accelerando la traiettoria di allontanamento dal sistema di pagamento in dollari. Alcuni Paesi hanno già predisposto accordi bilaterali con i partner commerciali per commerciare nelle proprie valute. I BRICS stanno stabilendo nuovi metodi di pagamento indipendenti dal dollaro e stanno creando il proprio Fondo Monetario Internazionale per finanziare gli squilibri commerciali.

Il cambio del dollaro dipende dal suo ruolo nel sistema dei pagamenti internazionali. Se questo ruolo viene meno, analoga sorte toccherà alla domanda di dollari e alla quotazione del dollaro rispetto alle altre valute. L’inflazione penetrerà nell’economia americana attraverso i prezzi delle importazioni, e gli americani, già sotto forte pressione, sperimenteranno un’ulteriore compressione dei loro standard di vita.

Nel XXI secolo si è assistita a una crescente diffidenza verso Washington. Le bugie statunitensi, come le “armi di distruzione di massa” irachene, “l’uso di armi chimiche da parte di Assad” e “le armi nucleari iraniane” sono [ormai] riconosciute come menzogne dagli altri governi. Le bugie sono stati utilizzate da Washington per distruggere alcuni Paesi e minacciare di distruzione gli altri, mantenendo il mondo in costante agitazione. Washington non offre alcun vantaggio atto a compensare le turbolenze che Washington stessa infligge al resto del mondo. L’amicizia con Washington richiede il rispetto delle sue richieste, e i governi stanno valutando come tale amicizia non valga la pena se messa a confronto con l’elevato prezzo da pagare.

Lo scandalo dello spionaggio NSA e il rifiuto di Washington di chiedere scusa e desistere [dal continuare – NdT] hanno approfondito la diffidenza verso Washington da parte dei suoi stessi alleati. Sondaggi globali mostrano come ci siano Paesi che considerano gli Stati Uniti come la più grande minaccia per la pace. Il popolo americano stesso non ha fiducia nel proprio governo. I sondaggi mostrano che una grande maggioranza degli americani crede che i politici, i media sempre pronti a prostituirsi [sacrificando la verità], e i gruppi di interesse privato, come Wall Street e il complesso militare / legato alla sicurezza, manipolino il sistema per i propri fini, il tutto a spese del popolo americano.

L’impero di Washington sta cominciando a mostrare crepe, una circostanza porterà ad azioni disperate da parte di Washington. Oggi (17 luglio) ho sentito un servizio della BBC sulla National Public Radio in merito a un aereo di linea malese, abbattuto in Ucraina. La notizia avrebbe potuto essere [data] onesta[mente], ma aveva tutta l’aria di una macchinazione ordita dalla Russia e dai “separatisti” ucraini. Mentre la BBC sollecitava pareri [ancor] più di parte, la trasmissione si è conclusa con un report, proveniente da social media, riguardante il fatto che i separatisti avessero abbattuto l’aereo di linea con un sistema d’arma russo.

Nessuno, all’interno del programma, si è chiesto cosa i separatisti avessero da guadagnare dall’abbattimento di un aereo di linea. La discussione verteva, invece, sulla possibilità, una volta accertata la responsabilità russa, che ciò avrebbe forzato l’UE ad approvare sanzioni americane contro la Russia ancora più severe. La BBC stava seguendo il copione di Washington, dirigendo la storia esattamente dove Washington voleva che andasse.

La sensazione che si tratti di un’operazione di Washington c’è tutta. Tutti i guerrafondai erano pronti al momento giusto. Il vicepresidente americano Joe Biden ha dichiarato che l’aereo era “saltato dal cielo” e che “non era un incidente”. Come fa una persona senza un preciso ordine del giorno a fare delle dichiarazioni con una tale sicurezza prima di avere tutte le informazioni? Chiaramente, Biden non sottintendeva affatto che fosse stata Kiev a far esplodere in cielo l’aereo di linea. Egli si era portato avanti nonostante non fosse stata dimostrata la colpevolezza della Russia [si sottintende che la dava comunque per assodata – NdT]. In effetti, il modus operandi di Washington, sarà di accumulare le censure alla Russia fino al punto di rendere non più necessarie le prove.

Il senatore John McCain si è buttato sulla supposizione che vi fossero cittadini statunitensi a bordo dell’aereo al fine di appellarsi ad azioni punitive contro la Russia prima che la lista dei passeggeri e la causa del disastro fossero note.

“L’indagine” è condotta dal regime di Kiev, ovvero da un regime fantoccio imposto da Washington. Penso che si sappiano già a quali conclusioni si arriverà.

Ci sono alte probabilità che si stia per avere ulteriori prove falsificate, come ad esempio quelle artefatte presentate dal segretario di Stato americano Colin Powell alle Nazioni Unite al fine di “provare” l’esistenza di inesistenti “armi di distruzione di massa” in mano agli iracheni. Washington è riuscita in ciò con così tanti inganni, bugie e crimini da ritenere di poter sempre avere successo in azioni del genere.

Nel momento in cui scrivo, non si hanno informazioni attendibili sull’aereo di linea, ma la domanda sorge spontanea (come si chiedevano sempre gli antichi Romani): “Cui prodest?” Non c’è alcun motivo plausibile per l’abbattimento dell’aereo di linea da parte dei separatisti, ma Washington sì che ha avuto un movente contro la Russia e, forse, ne ha avuti anche due. Tra le indiscrezioni e le voci ce n’è una che afferma come l’aereo presidenziale di Putin abbia volato lungo una rotta simile all’aereo malese, a soli 37 minuti di distanza da quest’ultimo. Questa indiscrezione ha portato a speculare sul fatto che Washington abbia deciso di liberarsi di Putin e abbia confuso l’aereo di linea malese con il jet di Putin. Russia Today riferisce che i due aerei hanno un aspetto simile.

Prima di dire [che la tecnologia militare] di Washington sia troppo sofisticata per confondere un aereo di linea con l’aereo presidenziale russo, si ricordi che quando Washington abbatté un aereo di linea iraniano nello spazio aereo dell’Iran, la Marina statunitense affermò di pensare che i 290 civili che aveva assassinato fossero a bordo di un jet da combattimento iraniano, un caccia F-14 Tomcat prodotto in USA e un autentico pilastro della Marina degli Stati Uniti stessa. Se la Marina a stelle e strisce non sa distinguere tra il suo cavallo di battaglia nel campo dei jet fighter e un aereo di linea iraniano, chiaramente gli Stati Uniti possono confondere i due aeromobili che l’articolo di Russia Today mostra apparire come assai simili.

Durante l’intero servizio della BBC con la Russia nel mirino, nessuno ha menzionato l’aereo passeggeri iraniano che gli Stati Uniti “hanno fatto saltare giù dal cielo”. Nessuno ha imposto sanzioni a Washington.

Qualunque sia l’esito dell’incidente accaduto all’aereo malese, mostra come la politica morbida di Putin nei confronti dell’intervento duro di Washington in corso in Ucraina, rappresenti un pericolo. La decisione di Putin di rispondere con la diplomazia invece che con mezzi militari alle provocazioni di Washington in Ucraina ha dato a Putin una mano vincente, come dimostra l’opposizione alle sanzioni di Obama da parte dell’UE e dello stesso mondo del business degli Stati Uniti. Tuttavia, non ponendo fine in modo energico e rapido al conflitto sponsorizzato da Washington in Ucraina, Putin ha lasciato la porta aperta alle subdole macchinazioni in cui Washington eccelle.

Se Putin avesse accettato le rivendicazioni al ricongiungimento con la Madre Russia provenienti dagli ex territori russi orientali e meridionali dell’Ucraina, l’imbroglio ucraino sarebbe finito mesi fa e la Russia non starebbe correndo il rischio di essere nel mirino [della autodefinitasi “comunità internazionale” – NdT].

Putin non ha ottenuto il beneficio completo di essersi rifiutato di inviare truppe in ex territori russi, perché la posizione ufficiale di Washington è che le truppe russe [già] operano in Ucraina. Quando i fatti non supportano l’ordine del giorno di Washington, quest’ultima li scarta. I media degli Stati Uniti accusano Putin di essere l’autore della violenza in Ucraina. È l’accusa di Washington, non qualche fatto noto, che è la base per le sanzioni.

Poiché non vi è nessun atto troppo vile da scoraggiare Washington dall’intraprenderlo, Putin e la Russia potrebbero diventare vittime di una subdola macchinazione.

La Russia sembra ipnotizzata dall’Occidente e motivata ad essere inclusa in esso. Questo desiderio di accettazione fa gioco a Washington. La Russia non ha bisogno dell’Occidente, ma l’Europa ha bisogno della Russia. Una delle opzioni per la Russia è mirare a fare i propri interessi e aspettare che sia l’Europa a corteggiarla.

Il governo russo non dovrebbe dimenticare che l’atteggiamento di Washington verso la Russia si rifà alla dottrina Wolfowitz, che recita: “Il nostro primo obiettivo è quello di prevenire il riemergere di un nuovo rivale, sia sul territorio dell’ex Unione Sovietica sia altrove, che rappresenti una minaccia simile a quella posta in passato dall’Unione Sovietica. Questa è una considerazione dominante alla base della nuova strategia di difesa regionale e richiede che ci sforziamo di prevenire che qualsiasi potenza ostile possa dominare una regione le cui risorse potrebbero, sotto un controllo consolidato, essere sufficienti a generare una potenza globale”.

Immigrazione, per l’Italia un semestre sul fronte. Hein: “Segnali negativi dall’Europa”

Immigrazione, per l’Italia un semestre sul fronte. Hein: “Segnali negativi dall’Europa”

di Giovanni Maria Bellu
 L’ultimo segnale è stato negativo e ha confermato che – a parte le frasi di circostanza, il cordoglio, l’impegno a evitare che le tragedie si ripetano – la strada per arrivare a una politica europea sull’immigrazione è ancora molto lunga. E che questo sarà – nel semestre europeo di Matteo Renzi – il fronte più complesso assieme a quello delle politiche economiche.
l segnale è arrivato il 27 giugno durante il vertice dei capi di Stato e di governo dei 28 Paesi dell’Unione quando la proposta del reciproco riconoscimento dell’asilo non è passata. Avrebbe consentito a quanti hanno avuto lo status di rifugiato in Italia di andare a lavorare in altri Paesi europei. Una misura volta a mitigare gli effetti del cosiddetto “regolamento di Dublino” che impone al Paese di primo ingressol’obbligo di farsi carico del richiedente asilo. E siccome il principale Paese di “primo ingresso” di quanti arrivano in Europa via mare è l’Italia, l’effetto è che i migranti che hanno i loro familiari altrove, per esempio nel Nord Europa, si trovano a essere come “imprigionati” dentro i nostri confini. Continueranno a esserlo.
A meno che non riescano a evitare di essere registrati in Italia. Siccome i meccanismi del “regolamento di Dublino” sono ormai ben noti a quanti s’imbarcano verso le nostre coste, sono stati ideati svariati accorgimenti. Vanno dal dare generalità false, tenendo gelosamente nascosto il documento vero, al garantirsi, dopo lo sbarco, un rapido trasferimento oltre i confini italiani. L’annuncio dato dalla commissaria europea agli Affari interni Cecilia Malmstroem del possibile avvio di una procedura per verificare se l’Italia fa davvero tutto ciò che occorre per identificare e registrare i rifugiati, mette fine a un patto tacito e ipocrita che ha consentito di salvaguardare la validità formale del “regolamento di Dublino” chiudendo più di un occhio sul suo frequente aggiramento.
Matteo Renzi dopo il summit – che ha definito “tosto e complicato” – ha per così dire valorizzato il bicchiere “mezzo pieno”: “L’Italia – ha detto – da oggi è meno sola nel Mediterraneo”. Nel documento finale in effetti tra le priorità dei prossimi cinque anni viene indicato l’obiettivo di una “gestione moderna e rafforzata delle frontiere dell’Unione” e si parla anche di un allargamento dell’operatività di Frontex. per fare dell’attuale sistema di vigilanza delle frontiere “uno strumento della solidarietà europea”.
L’ottimismo del premier, però, non è condiviso dalle associazioni umanitarie. Christopher Hein, direttore del Cir, il Consiglio italiano dei rifugiati, sottolinea che nel testo non viene nemmeno nominata l’operazione di salvataggio Mare Nostrum avviata dall’Italia – esclusivamente con le proprie risorse, a parte un piccolo contributo della Slovenia che ha messo a disposizione un pattugliatore– dopo la tragedia del 3 ottobre scorso a Lampedusa. In sostanza, secondo Hein, il difetto principale del documento conclusivo del summit è che si parla del futuro ma non si affrontano i nodi più urgenti del presente.
Un presente drammatico. “Durante questo fine settimana – sottolinea Hein – sono arrivate 5500 persone. Ed è appena attraccata al porto di Salerno la nave rifornitrice “Etna” con altri 1044 migranti. In questa situazione sarebbe indispensabile un sistema europeo per il diritto di asilo. Oggi, invece, abbiamo un insieme di norme ma siamo ben lontani da una politica comune”.
E ritorna il timore che l’operazione Mare Nostrum – che ha fino a ora consentito il salvataggio di 50mila persone e l’arresto di oltre 200 scafisti – possa essere nuovamente rimessa in discussione. Senza, però, che ci sia un’assunzione di responsabilità nella scelta. La preoccupazione delle organizzazioni umanitarie è che s’inneschi un meccanismo che renda in qualche misura “inevitabile” la fine dell’operazione di salvataggio. L’Italia, infatti, ha in più occasioni manifestato la volontà di andare avanti, ma ha anche sottolineato che non può farsi carico per un tempo indefinito dei suoi costi (300mila euro al giorno). Un punto sul quale gli altri Paesi della Ue continuano a fare orecchie da mercante.
Le maggiori resistenze vengono dal Nord Europa, cioè da Paesi “accoglienti” sul piano dell’asilo, ma non disposti a condividere la gestione dell’emergenza che, perciò, continua a essere a carico dei Paesi di frontiera. Ed è qua che, nell’analisi di Hein, l’Italia può trovare degli alleati che sostengano la difficile battaglia che Renzi si accinge ad avviare. “Si tratta – afferma il direttore del Cir – di rafforzare la collaborazione tra i paesi dell’area Mediterranea, che hanno interessi comuni”.
L’idea è che il motore di una politica europea dell’immigrazione deve essere alimentato dagli Stati che, comel’Italia, la Spagna e Malta, sono geograficamente e culturalmente più vicini al Nord Africa o, come la Francia, lo sono per ragioni storiche legate alla loro storia coloniale. Dal Mediterraneo può diffondersi l’idea che l’Europa di Schengen, cioè l’Europa senza frontiere interne, sarà veramente realizzata quando le politiche dell’immigrazione e dell’asilo saranno gestite a livello continentale, con una piena assunzione di responsabilità da parte di tutti i Paesi.
03 luglio 2014

Santiago, sono 78 i morti. Vittima italiana confermata. I tecnici: l’allarme velocità era scattato

Santiago, sono 78 i morti. Vittima italiana confermata. I tecnici: l’allarme velocità era scattato

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(Reuters)(Reuters)

Tra le vittime della strage di Santiago c’è anche un giovane italiano. Lo ha confermato il viceconsole onorario italiano in Galizia, Francesco Milani. Si tratta di Dario Lombardo, un 25enne originario di Forza d’Agrò in provincia di Messina, ma residente in Germania con i genitori. Oggi è previsto l’esame del Dna per la conferma ufficiale dell’identità.

Nel frattempo Francisco José Garzon Amo, il macchinista del treno deragliato mercoledì sera a Santiago de Compostela , si trova in stato di fermo di polizia in ospedale dalle 20 di ieri sera; entro 72 ore il provvedimento dovrà essere confermato dal magistrato inquirente. Il sistema di allarme a bordo del treno per segnalare l’eccessiva velocità nella curva in cui è avvenuto l’incidente ferroviario avrebbe funzionato, secondo quanto emerge dai primi rilievi compiuti dai tecnici. Il sistema – visivo e acustico – ha segnalato al conducente che la velocità era superiore a quella prevista.

 

Niente lista alle 22 
Contrariamente a quanto annunciato inizialmente dalle autorità spagnole alle 22 non sarà pubblicata la lista delle 80 vittime del disastro ferroviario di Santiago. Lo riferisce il quotidiano Abc spiegando che l’elenco non é completo per cui si preferisce procedere solo dopo che tutti siano identificati con certezza. Le autorità hanno precisato che il numero di vittime accertate è 78, abbassando seppur di poco il bilancio di 80. Finora sei persone non sono state identificate: sono ancora in corso gli esami per cercare di dare un nome ai loro resti. I patologi hanno chiesto ai parenti di quanti avevano un familiare sul treno e di cui non hanno avuto notizia di fornire campioni del loro Dna.

Il macchinista si vantava su Facebook 
Francisco José Garzon Amo, il macchinista alla guida del treno deragliato ieri a Santiago e indagato dalla polizia come possibile responsabile dell’incidente, aveva diffuso quattro mesi fa sul suo profilo di Facebook una foto del tachimetro di un convoglio (presumibilmente di tipo Av) che segnava i 200 chilometri orari, vantandosi di «non poter andare più forte se no mi fanno la multa». Il 52enne Amo – macchinista da trent’anni – è stato già sottoposto al test dell’etilometro, che ha dato risultato negativo; inoltre, esiste una registrazione effettuata subito dopo l’incidente di un colloquio fra l’uomo – rimasto intrappolato nella motrice, ma sopravvissuto senza ferite gravi – e la stazione di Santiago, nel quale avrebbe ammesso di star circolando a 190 chilometri orari, in un tratto di linea tuttavia in cui la velocità massima autorizzata era di 80 km/h. Il macchinista del treno deragliato in Spagna è stato in stato di fermo, in ospedale, su decisione del tribunale.

Snowden non era a bordo L’aereo di Morales riparte dopo 12 ore fermo a Vienna Bolivia: “Intervenga l’Onu” Il capo di Stato boliviano atterra a Vienna, di ritorno da Mosca, per il rifiuto dello spazio aereo di Francia, Italia e Portogallo Video Caso Nsa, a

Snowden non era a bordo
L’aereo di Morales riparte
dopo 12 ore fermo a Vienna
Bolivia: “Intervenga l’Onu”

Il capo di Stato boliviano atterra a Vienna, di ritorno da Mosca, per il rifiuto dello spazio aereo di Francia, Italia e Portogallo

Il capo di Stato boliviano a terra a Vienna 12 ore, di ritorno da Mosca, per il rifiuto dello spazio aereo di Francia, Italia e Portogallo (hanno riaperto e smentiscono lo stop). Intanto la Bolivia convocherà gli ambasciatori italiani e transalpini per chiarimenti

 
Snowden chiede asilo politico anche all'Italia (Ap)

Snowden chiede asilo politico anche all’Italia (Ap)

 

Vienna, 3 luglio 2013 – Il vicepresidente boliviano, Alvaro Garcia Linera, ha annunciato oggi che il suo governo convocherà gli ambasciatori di Francia e Italia, così come la console del Portogallo, per chiedere formalmente spiegazioni sulla vicenda del volo del presidente Evo Morales. “Nelle prossime ore” i diplomatici saranno convocati “perche’ rendano conto degli avvenimenti di ieri, che consideriamo sgradevoli, prepotenti ed offensivi”, ha sottolineato Garcia Linera in una conferenza stampa. Da parte sua, il ministero degli Esteri ha precisato che non è stata ancora fissato un orario per le convocazioni che saranno inviate all’ambasciatore italiano, Luigi De Chiara, il suo collega francese Michel Pinard e la console portoghese (Lisbona non ha un ambasciatore accreditato a La Paz). Il vicepresidente Garcia Linera ha confermato che il suo paese ha presentato una denuncia sulla vicenda presso la segreteria generale delle Nazioni Unite, aggiungendo che un’altra denuncia sara’ inviata all’Alto commissario Onu per i diritti umani, ‘’per dare inizio a un processo ai responsabili di questa violazione del diritto internazionale’’ con la quale ‘’è stata posta in pericolo la vita del presidente Morales’’.

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L’ACCADUTO –  Il presidente boliviano, Evo Morales, è rimasto per circa 15 ore a Vienna bloccato in aereo al ritorno da un Forum dei paesi esportatori di gas a Mosca perchè sospettato di aver ‘ospitato’ a bordo la ‘talpa’ Edward Snowden, l’ex analista della Cia che ha rivelato al mondo il pervasivo programma di spionaggio della National Security Agency americana.

IL MISTERO SNOWDEN – Intanto siamo arrivati all’undicesimo giorno consecutivo nel limbo della zona transito dell’aeroporto moscovita di Sheremetevo per Edward Snowden, la ‘gola profonda’ del Datagate. E anche oggi nessuna traccia, nessun indizio, stando al manipolo di agguerritissimi reporter russi e soprattutto stranieri che continuano a ispezionare ogni angolo di una zona relativamente vasta, ripartita lungo tre terminal (D, E, F): ormai i loro reportage raccontano esperienze surreali da un ‘non luogo’, appostamenti frustranti, liti con il personale dello scalo, brevi voli di andata e ritorno per poter tornare a stazionare in quest’area di passaggio. I loro twitter ripiegano sull’ironia. Tutti si chiedono come la ‘talpa’ e la sua compagna di avventura, l’attivista di Wikileaks Sara Harrison, possano nascondersi cosi’ bene, senza mai farsi avvistare per mangiare, dormire o semplicemente andare alla toilette. E come faranno eventualmente a lasciare Mosca, dopo la chiusura dei cieli in alcuni Paesi europei per il sospetto che Snowden viaggiasse a bordo dell’aereo del presidente boliviano.

Ultimamente pero’ i cronisti stanno seguendo due nuove piste: le aree accessibili solo alle autorità o ai diplomatici e un albergo esterno riservato ai passeggeri in transito con lunghe soste. Non l’hotel Air Express nel terminal E, quello con le mini camere in stile giapponese. Ma il Novotel, che qualche ospite ha già ribattezzato Novotel ‘Prison’ Hotel su tripadvisor: gli ospiti ci arrivano su un minivan speciale e sono confinati in una ala al secondo piano dell’albergo, sotto la costante sorveglianza delle guardie. Non possono uscire finche’ non arriva il loro volo, e per mangiare sono costretti ad usare il costoso servizio in camera. L’hotel e’ equipaggiato con wi-fi e tv internazionali. Finora nessuno dei giornalisti e’ riuscito a penetrarci. Sempre che Snowden sia li’.

BOLIVIA – La Bolivia è l’unico Paese, insieme all’Ecuador e al Venezuela, che si è mostrato disponibile a concedere senza condizioni l’asilo politico alla ‘talpa’ in fuga e reclamata dalla giustizia statunitense. Forse per questo motivo al velivolo del presidente è stato negato il passaggio nello spazio aereo europeo ed è stato costretto ad atterrare in Austria. Ufficialmente i permessi sono stati ritirati per “ragioni tecniche“, ma poi si è saputa la verità: il sospetto era che a bordo ci fosse Snowden, in fuga dalla Russia dove si trova fermo da una decina di giorni.

PORTOGALLO – Il Portogallo è stato il primo a proibire all’aereo di fare scalo, mentre la Francia e l’Italia hanno vietato di sorvolare il proprio territorio, e la Spagna ha inizialmente solo permesso di fare scalo alle Canarie per fare rifornimento. Furente la Bolivia che ha accusato la “prepotenza” imperialista degli Stati Uniti, responsabile – a sentire il governo di La Paz – di aver istigato i Paesi europei. “Non sono un criminale”, ha protestato Morales, visibilmente irritato, chiedendosi se fosse sequestrato o arrestato.

GOMEZ: “NON C’E’ GIUSTIFICAZIONE” – L’ambasciatore boliviano in Italia, Antolin Ayaviri Gomez, in una conferenza stampa oggi a Roma, ha avuto parole pesanti, accusando Francia e Portogallo di “non essere altro che una ‘mano’ dell’impero” Usa. “Non c’è giustificazione. Non soltanto il popolo boliviano ma tutti sono dispiaciuti di quanto accaduto” che testimonia “ciò che l’imperialismo fa con i popoli”, ha aggiunto l’ambasciatore. Intanto, Il Perù, presidente pro tempore dell’Unasur (Unione delle nazioni sudamericane), si è detto pronto a convocare per domani un vertice urgente dei capi di Stato dell’Unione per parlare del caso Morales.

Su Twitter il ministro degli Esteri dell’Ecuador, Ricardo Patino, ha scritto: “Ho appena parlato con il ministro degli esteri del Perù, Eda Rivas. Il Perù ha chiesto ai paesi dell’Unasur la disponibilità per una riunione urgente dei presidenti domattina”.

ASSANGE – Sulla vicenda è intervenuto infine anche Julian Assange, il fondatore di Wikileaks scrivendo su Le Monde: “Gli Stati dell’Unione europea, in primo luogo Francia e Germania” devono riservare a Snowden “la migliore accoglienza, con un qualsiasi status”.

I TRATTATI INTERNAZIONALI SOPPIANTANO LE COSTITUZIONI (MA CON IL CONSENSO DELLE STESSE)

 

 

I TRATTATI INTERNAZIONALI SOPPIANTANO LE COSTITUZIONI (MA CON IL CONSENSO DELLE STESSE)

 

di comidad

 

Le notizie di stampa sullo scandalo spionistico denominato “datagate”, hanno determinato in Europa lo scatenarsi di ipocriti rituali di sorpresa e di indignazione. Tra le autorità europee la parola d’ordine è stata quella di cadere dalle nuvole, di dichiararsi stupefatti o “allibiti”, come se l’attività spionistica a tutto campo della National Security Agency non fosse già arcinota. A Sigonella è persino in allestimento un mega-impianto di spionaggio elettronico, il MUOS, con il quale gli USA avranno il territorio europeo sotto un controllo ancora più capillare; ed è chiaro che si tratta non soltanto di spionaggio militare, ma anche nel settore industriale e finanziario, sino alla sfera dei vizi privati, utilissimo strumento di ricatto.

Ma ad indicare la serietà di queste recite in Europa, basterebbe anche solo il fatto che ci si è immediatamente dimenticati che lo scandalo spionistico aveva coinvolto poche settimane fa un Paese europeo, cioè il Regno Unito, il cui servizio segreto, MI6, nell’aprile del 2009 aveva allestito addirittura dei falsi internet cafè per spiare i diplomatici stranieri ospitati a Londra per il G20.

Se questo è il grado di memoria degli avvenimenti, si può facilmente prevedere che tutta questa bolla di indignazione verso gli USA svanirà molto presto, e ciò vale anche per le dure dichiarazioni di monito del commissario europeo Viviane Reding, che ha minacciato conseguenze sui negoziati tra USA e UE per il mercato transatlantico (indicato dall’acronimo TTIP) che dovrebbe andare in vigore dal 2015.

A riconferma dell’inattendibilità di certe reboanti dichiarazioni di dignità offesa, ci ha pensato anche il presidente francese Hollande, il quale, mentre chiedeva una sospensione (“temporanea”, per carità!) dei negoziati per TTIP, poi si calava completamente le brache nei confronti degli USA, giungendo all’atto folle ed inaudito di negare lo scalo all’areo del presidente boliviano Morales, nell’ipotesi che questi portasse con sé il ricercato Snowden; un gesto ostile che non va solo contro ogni regola del diritto internazionale, ma anche contro il semplice buonsenso.

Le parole della Reding e di Hollande sono risultate interessanti soltanto per un motivo, e cioè che hanno segnalato l’esistenza e l’importanza di un negoziato transatlantico di cui l’opinione pubblica europea non sapeva assolutamente nulla. I primi accenni in pubblico vi sono stati all’ultimo G8 tenutosi il 17-18 giugno in Irlanda del Nord, tanto da consentire al nostro Enrico Letta di citare la questione del TTIP nella sua conferenza stampa. Un po’ tardi per venircelo a dire, dato che i negoziati sul TTIP erano cominciati nel 2007, anche se il trattato finale dovrebbe essere ratificato entro il 2015.

La questione del mercato transatlantico però non era mai stata affrontata nel dibattito politico, e tantomeno nelle campagne elettorali, a conferma del fatto che la politica è il luogo del futile e dell’intrattenimento. Magari, come fa la cancelliera Merkel, il proprio elettorato può essere usato come fantoccio e come alibi per decisioni già prese altrove. Ciò non vale soltanto per gli elettorati, ma anche per i parlamenti, che hanno solo una funzione di ratifica, come ha ulteriormente dimostrato la posizione del Consiglio di Difesa a proposito del business dell’acquisto dei caccia F35, per il quale al Parlamento italiano è stata negata la facoltà di immischiarsi.

La consapevolezza che la lotta politica ufficiale costituisca un rituale vuoto, o una messinscena, ha cominciato a farsi strada persino nel ceto politico tradizionale. In una recente intervista l’ex segretario di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti, ha denunciato la scomparsa della “sinistra”, ed ha proposto una sua analisi della situazione europea, secondo la quale le “Costituzioni materiali” degli eurocrati starebbero soppiantando le Costituzioni antifasciste dei vari Stati.

Ad indiretto sostegno delle tesi di Bertinotti è giunto un documento della mega-banca statunitense JP Morgan, nel quale si sostiene che in un’Europa integrata sarebbe urgente liberarsi delle Costituzioni antifasciste, con la loro zavorra di garanzie sociali.

Si può comprendere che a JP Morgan dia fastidio anche solo il suono della parola “antifascismo”, ma il documento dei banchieri, nel suo lamento recriminatorio, sembra volutamente ignorare che le Costituzioni antifasciste hanno già recepito al loro interno dei corpi estranei come la norma sul pareggio obbligatorio di bilancio; oppure hanno consentito ai governi accordi come quello per il Meccanismo Europeo di Stabilità, il cui trattato istitutivo garantisce addirittura alla oligarchia finanziaria del MES un’assoluta immunità giudiziaria, cioè un tale grado di impunità legalizzata che il Buffone di Arcore non avrebbe osato immaginarsela neppure nei suoi sogni più pornografici.

Si ha quindi l’impressione che la sortita di JP Morgan abbia un obiettivo di psicoguerra, cioè di indicare alle opposizioni europee una sorta di falso rifugio, che in realtà si è rivelato molto permeabile ai bombardamenti. L’analisi di Bertinotti contiene infatti un punto debole abbastanza evidente, dato che la cosiddetta “eurocrazia” non si fonda su “costituzioni materiali”, bensì su istituti costituzionalmente rilevanti, come sono i trattati internazionali. Se oggi il negoziato per il trattato TTIP lo conduce Bruxelles e non Roma, non è per un abuso improvvisato, ma in virtù dei Trattati di Maastricht e di Lisbona.

La sinistra, come soggetto politico, è effettivamente scomparsa, ma come area di opinione oggi si aggrega attorno a dei feticismi come quello per la nostra “bellissima Costituzione”. Non si considera che la nostra Carta Costituzionale forse nelle intenzioni sarebbe anche “antifascista”, ma si riferisce strettamente ai fascismi del passato, e nulla ha da dire sul nuovo superfascismo dei trattati internazionali. Anzi, l’articolo 75 della Costituzione pone addirittura i trattati internazionali al riparo dai rischi di referendum abrogativo.

Il fatto che si sia strutturato da tempo un articolato dominio transnazionale in forma di trattati ed organismi sovranazionali, costituisce ormai un’evidenza, ma l’opinione di sinistra continua a basarsi su un internazionalismo astratto, che non riesce ad andare oltre la categoria di solidarietà. Questo è il motivo per il quale la solidarietà dell’opinione di sinistra può essere agevolmente abbindolata e fagocitata dallo spettacolo di “rivoluzioni colorate”, stranamente dirette sempre e solo contro i loro poteri interni, come se il dominio transnazionale non esistesse per niente.

Le Costituzioni “antifasciste” non sono solo i bersagli di questa situazione, ma hanno dei risvolti ideologici che consentono parecchie stranezze. Una ventina di anni fa la tresca tra capitalismo privato e denaro pubblico era ancora uno di quegli orribili segreti di famiglia così ben custoditi che ad osare di svelarli si passava per farneticatori. Oggi invece è davanti agli occhi di tutti che il salvataggio delle banche private operato dalla Unione Europea costa ai contribuenti molto di più di una loro nazionalizzazione.

Allo stesso modo, le S.p.A. una volta si giustificavano come mezzo per raccogliere risparmio da destinare agli investimenti produttivi. Attualmente non c’è più bisogno di alimentare questa mitologia, ma tutti sanno che le S.p.A. non fanno investimenti, ma distribuiscono solo dividendi e, pur di farlo, sono prontissime a distruggere posti di lavoro. Gli “investimenti produttivi” li si pretende dai governi e dalla spesa pubblica; ma anche qui le cose non vanno lisce, poiché, ad esempio, i fondi pubblici che la UE destina alle imprese servono per finanziare le delocalizzazioni, col pretesto dello “sviluppo regionale”. In anni di denunce a riguardo da parte di parlamentari europei, la Commissione Europea ha pubblicato varie “linee guida” che avrebbero dovuto impedire le delocalizzazioni. Le ultime sono del giugno del 2013; ma il fatto che queste “gride” si ripetano, indica che il dato permane, e che non lo si vuole sostanzialmente modificare.

Il cosiddetto “capitalismo” si basa quindi non solo sullo sfruttamento del lavoro, ma anche sul saccheggio della spesa pubblica. L’operaio è spremuto due volte, non solo come lavoratore, ma anche come contribuente; e le tasse che paga, vanno a finanziare non i servizi pubblici, ma la perdita del suo posto di lavoro.

Eppure il rancore sociale viene facilmente indirizzato contro i pensionati, gli statali, i meridionali, i “falsinvalidi”, e si alimenta l’odio generazionale, narrando la fiaba di un Paese che ha vissuto al di sopra dei propri mezzi facendo debiti scaricati sulle future generazioni. La corruzione e l’evasione fiscale vengono additate come nostri vizi nazionali, perciò rappresenterebbero una vergogna da superare accedendo alle virtù della civilizzazione europea. Che poi la gran massa dell’evasione e dell’elusione fiscale sia da addebitare alle multinazionali, e che questa frode sia legalizzata da una legislazione internazionale che consente il riciclaggio tramite il no profit delle fondazioni private, tutto questo rimane un dettaglio insignificante. E c’è anche di peggio: una volta i paradisi fiscali erano loschi Paesi caraibici, mentre adesso ad offrire tassazioni privilegiate sono “irreprensibili e virtuosi” Paesi nord-europei come l’Austria.

Nel 1947, durante i lavori dell’Assemblea Costituente, il filosofo Benedetto Croce affermò che il fascismo continuava nell’antifascismo, poiché questo aveva recepito il nucleo più autentico del fascismo stesso, cioè la denigrazione dell’Italia e della sua Storia. Il fascismo non rappresentava un senso esasperato di dignità nazionale, ma una forma di auto-razzismo e di auto-colonialismo, cioè l’idea che i popoli siano materia bruta da plasmare per finalità superiori. Ancora adesso per un fascista non è che Mussolini abbia fregato gli italiani, ma sono stati gli italiani a non dimostrarsi degni di avere un capo come Mussolini. Il Duce spinse l’Italia a scelte folli pur di renderla degna di assidersi al banchetto coloniale insieme con i popoli superiori del Nord Europa. Chissà perché, ma questo complesso d’inferiorità del Duce ricorda molto una decisione assurda come aderire alla moneta unica pur di non rimanere esclusi dal “paradiso” europeo.

 

Secondo il falso antifascismo recepito dalle nostre Costituzioni, invece le minacce per la libertà provengono sempre dall’interno, dal “nazionalismo” e dal “dittatore”. Sono premesse dalle quali i sillogismi vengono automatici: Gheddafi era un “dittatore”, quindi era il Male (un “mascalzone”, secondo quella cima di Pietro Ingrao), la NATO invece è un’organizzazione internazionale, quindi è il Bene. E così via. Se la Grecia fosse così devastata da un “dittatore”, allora sarebbe nostro dovere indignarci ed essere solidali; ma visto che la Grecia è sotto il dominio del Fondo Monetario Internazionale, allora si può far finta di niente.

Turchia: è caccia ai giornalisti, fotografo italiano ferito e arrestato. Erdogan: “Non riconosco il parlamento Ue”

Turchia: è caccia ai giornalisti, fotografo italiano ferito e arrestato. Erdogan: “Non riconosco il parlamento Ue”

In Turchia la situazione continua ad essere incandescente con arresti di massa dei manifestanti e la caccia ai giornalisti, specie se stranieri, da parte delle forze di polizia turche. Domenica ci sono stati momenti di panico per Daniele Stefanini, un fotografo italiano ferito a Istanbul durante gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine nel quartiere di Bayrampasha. Stefanini è stato trasportato in ospedale e al momento è in stato di fermo in questura, ma le autorità italiane si sono mostrate ottimiste sul suo prossimo rilascio.
L’arresto del fotografo italiano – “Siamo stati molto fortunati – ha spiegato l’ambasciatore d’Italia ad Ankara, Gianpaolo Scarante -. Stefanini è stato trovato in stato confusionale nel corso delle manifestazioni da un avvocato dei diritti umani, che lo ha soccorso e ha guardato i documenti. Questo ci ha permesso di entrare subito in azione. Al momento del suo ritrovamento aveva preso una botta alla testa. La borsa con la sua attrezzatura è sparita. È apparso molto intimorito al personale del Consolato generale d’Italia che si è occupato del suo caso subito”. Il fotografo è stato ricoverato nell’ospedale di Haseki ad Aksaray. I medici lo hanno tenuto sotto osservazione, al momento delle dimissioni, però, è stato fermato dalla polizia. “In questo momento – continua l’ambasciatore Scarante – si trova in questura per accertamenti. Stiamo seguendo il caso con attenzione e contiamo di tirarlo fuori presto”.
Aveva il biglietto di ritorno per martedì – Dalla famiglia si è appreso che Stefanini era partito venerdì mattina per Istanbul e aveva già in tasca il biglietto aereo di ritorno fissato per martedì. “La notte scorsa alle due l’hanno dimesso dall’ospedale dopo avergli fatto una tac – racconta la sorella Alessia – Ci ha detto di stare tranquilli perché sta bene. Ora l’hanno trasferito in questura dove è in attesa di essere sentito dal procuratore. In base a quanto deciderà il magistrato, secondo quanto ci hanno riferito funzionari del consolato italiano a Istanbul, potrebbe essere rilasciato già da stasera o al più tardi domani”. I familiari di Stefanini vivono in un quartiere popolare alla periferia sud-est di Livorno.
Farnesina: Stefanini in buone condizioni di salute – Il Ministero degli Esteri fa sapere di essersi attivato riportare in Italia al più presto il nostro connazionale e che non destano preoccupazioni le sue condizioni di salute. “Le condizioni di salute del Signor Stefanini, che vengono monitorate attraverso i necessari controlli ospedalieri, non destano preoccupazioni”, precisa la nota della Farnesina.
Giornalista picchiato e arrestato, la gente lo difende – Ma quella scatenata da parte della polizia turca è una vera caccia al giornalista, soprattutto a Istanbul dove diversi cronisti sono stati picchiati o arrestati dalle forze antisommossa. Sul sito di Rsf Europa sono state diffuse fra l’altro le immagini dell’arresto del giornalista turco Gokhan Bicic, fermato e buttato a terra da quattro agenti. Dalle finestre delle case la gente ha urlato ai poliziotti di lasciarlo stare, poi ha iniziato a buttare oggetti di ogni tipo, anche una sedia in plastica, sugli agenti, che hanno comunque trascinato via il cronista.
Erdogan: “Non riconosco il parlamento Ue” – Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha detto oggi di “non riconoscere” il Parlamento Europeo, riferisce l’agenzia Anadolu. L’assemblea Ue giovedì scorso ha approvato una risoluzione critica sulla brutalità della polizia turca e sul comportamento del governo e del premier di Ankara. Erdogan, che dal 2005 negozia l’adesione della Turchia all’Ue, i cui cittadini eleggono a suffragio universale l’Europarlamento, aveva già reagito duramente giovedì scorso alla risoluzione di Strasburgo: “Non riconosco alcuna decisione presa dall’Europarlamento sulla Turchia” aveva affermato. “Il Parlamento Europeo ha il diritto di adottare una tale decisione sulla Turchia?” ha chiesto oggi polemicamente, prima di affermare “non riconosco questo Parlamento Europeo”.
Merkel scioccata: repressione troppo dura – Probabile che ad Erdogan non importi neanche delle dure reazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel che ha criticato la repressione dei manifestanti da parte della polizia turca, dicendosi “scioccata” per le violenze. In alcuni casi, ha detto, gli agenti hanno reagito “davvero troppo duramente” alle proteste. “Quel che sta accadendo non corrisponde alla nostra idea di libertà di manifestare”. In un’intervista all’emittente televisiva Rtl, rilasciata prima di partire per il G8, Merkel ha invitato il governo turco a rispettare la libertà di espressione e di manifestazione, cha fa “parte di una società sviluppata”. La cancelliera ha detto di sperare che gli oppositori del premier Recep Tayyip Erdogan “possano trovare spazio in una Turchia che avanza nel ventunesimo secolo”, e che il conflitto tra le parti dovrebbe essere risolto pacificamente. Nonostante le numerose manifestazioni di solidarietà dei giorni scorsi, in diverse città tedesche, Merkel ha infine spiegato di non credere che gli scontri si possano estendere alla Germania, dove vive una fortissima comunità turca.
Circa 600 arresti a Istanbul e Ankara – Secondo gli avvocati turchi, durante gli incidenti di domenica a Istanbul e Ankara la polizia ha arrestato circa 600 persone. E’ infatti salito ad almeno 460 il numero dei manifestanti arrestati a Istanbul, mentre ad Ankara sono fra 100 e 130, hanno indicato fonti dell’associazione avvocati di Istanbul. Per tutta la giornata la polizia ha fatto uso di idranti con sostanze urticanti e gas lacrimogeni contro migliaia di dimostranti antigovernativi che cercavano di radunarsi in piazza Taksim .
La linea dura di Erdogan – Domenica, davanti ai suoi sostenitori riuniti a Istanbul, il premier Recep Tayyip Erdogan ha invece difeso con forza la sua decisione di sgomberare Gezi Park e Piazza Taksim, affermando che era suo dovere ordinare lo sgombero e sottolineando che la protesta non è stato “niente di più che il tentativo di una minoranza di dominare la maggioranza”.
Sciopero nazionale – Intanto oggi, le due principali confederazioni sindacali turche, Kesk e Disk, hanno indetto una giornata di sciopero nazionale per protestare contro la repressione di polizia delle manifestazioni anti-governative. “La nostra richiesta è che la violenza della polizia cessi immediatamente”, ha detto alla France presse il portavoce di Kesk, Baki Cinar. I sindacati rappresentano centinaia di migliaia di lavoratori e molto probabilmente lo sciopero avrà riprecussioni su scuole, ospedali e uffici pubblici in tutto il Paese.
Ministro Interni: sciopero illegale, lo reprimeremo – Per tutta risposta il ministro degli Interni Muammer Guler ha definito “illegale” l’appello allo sciopero generale a sostegno della contestazione contro il governo e ha annunciato che eventuali manifestazioni verranno represse dalla polizia. “C’è la volontà di far scendere la gente in piazza con iniziative illegali, come un’astensione dal lavoro e uno sciopero”, ha detto Guler ai giornalisti, aggiungendo che le forze dell’ordine “non lo permetteranno”.
Appello degli avvocati al Consiglio Europeo – L’Unione degli avvocati turchi ha però lanciato un appello al Segretario del Consiglio d’Europa Thornbjorn Jagland denunciando la brutalità della polizia contro i manifestanti. Il Consiglio d’Europa, di cui fa parte la Turchia, ha la facoltà secondo l’articolo 52 della Convenzione europea dei diritti umani, di chiedere formalmente spiegazioni a un paese membro sul rispetto delle libertà fondamentali.