Statali, spuntano i trasferimenti facili. E la pensione forzata scatta da 62 anni

Statali, spuntano i trasferimenti facili. E la pensione forzata scatta da 62 anni

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Il governo accelera sul turnover dei dirigenti. Mobilità, Cgil all’attacco

di MATTEO PALO

Roma, 28 luglio 2014 – La staffetta generazionale diventa più semplice e viene rafforzata. È questo il senso della modifica più importante arrivata con il primo passaggio parlamentare del decreto legge di riforma della pubblica amministrazione. Anche i dirigenti della Pa — da oggi il decreto approda alla Camera per la discussione generale — potranno essere pensionati prima, con quattro anni di anticipo rispetto a quanto prevede la legge Fornero. E non si tratta dell’unica novità a una delle riforme chiave del governo Renzi. Tutte innovazioni che, secondo il ministro Marianna Madia, seguono due direttrici: cambiamento ed equità. La commissione Affari costituzionali della Camera ha deciso, come oggi accade per i dipendenti, il pensionamento d’ufficio per i dirigenti a partire dai 62 anni. La decisione di andare oltre dovrà essere motivata “con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi”. In linea generale non sarà possibile raggiungere i 66 anni per il pensionamento di vecchiaia. Le uniche eccezioni sono per medici e professori universitari (asticella a 65). Oltre ai magistrati, che vengono completamente esclusi. Sul fronte della pubblica istruzione viene reintrodotta per circa 4mila insegnanti la cosiddetta ‘quota 96’, la somma di età anagrafica e contributiva: potranno chiedere la pensione all’Inps subito dopo la conversione del provvedimento in legge. Il costo per lo Stato di questa misura sarà di circa 100 milioni di euro, da pagare attraverso tagli alla spesa.

Aggiustamenti anche alle norme sulla mobilità. Il trasferimento di un dipendente pubblico da un ufficio all’altro potrà avvenire senza che siano fornite spiegazioni. Sembra proprio questa la conseguenza di un emendamento al dl Pa, che cancella quanto previsto dal codice civile, secondo cui in casi di spostamento da un’unità produttiva a un’altra è necessario mettere sul tavolo “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”. Ora invece il passaggio non dovrà essere giustificato e potrà quindi scattare in qualsiasi situazione, purché non venga superato il limite di distanza fissato a 50 chilometri. Altri emendamenti, approvati in settimana, hanno invece ammorbidito le previsioni, ridando voce ai sindacati per la definizione dei criteri di mobilità e salvando i genitori con figli piccoli o sotto legge 104. La Cgil è critica, parla di “una mobilità assolutamente discrezionale, senza quelle necessarie motivazioni, organizzative e tecniche”.

“Lavoro è democrazia” Dopo 10 anni Cgil, Cisl e Uil insieme in piazza a Roma

“Lavoro è democrazia”
Dopo 10 anni Cgil, Cisl e Uil
insieme in piazza a Roma

 

In oltre 100mila sono arrivati nella Capitale, anche con 1.400 pullman e voli aerei e navi ‘speciali’. Angeletti: “Invece di pensare a chi staccherà la spina del governo, tra Pdl e Pd, senza alternative saranno i cortei dei disoccupati a staccare la spina”. Camusso: “Basta chiacchere, fatti”. Bonanni: “Letta sia coraggioso, no bizantismi”

 
Un momento della manifestazione nazionale indetta dai sindacati Cgil, Cisl e Uil 'Lavoro è democrazia' (Ansa)

Un momento della manifestazione nazionale indetta dai sindacati Cgil, Cisl e Uil ‘Lavoro è democrazia’ (Ansa)

 

Roma, 22 giugno 2013  – Due cortei e comizi finali a piazza San Giovanni. E’ la giornata della protesta unitaria a Roma, dopo 10 anni, dei tre sindacati insieme: Cgil, Cisl e Uil. Oltre 100 mila persone in marcia per il lavoro e per un fisco più equo, arrivate nella Capitale anche con 1.400 pullman e voli aerei e navi ‘speciali’ per partecipare alla manifestazione ‘Lavoro è democrazia’. I partecipanti si sono già raccolti a piazza della Repubblica e a piazzale dei Partigiani, per poi percorrere due tragitti distinti e incontrarsi, alla fine, alle 11.30 circa, a piazza di Porta San Giovanni, dove è stato allestito il palco per gli interventi finali, che dovrebbero durare fino alle 13.30.

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Ci saranno i tre segretari generali, Susanna Camusso (Cgil), Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil) per chiedere provvedimenti “urgenti e indispensabili” al Governo.

Per i sindacati non c’è più tempo da perdere, “bisogna frenare la caduta libera dell’economia del nostro Paese” rivedendo immediatamente questioni come gli investimenti, la redistribuzione del reddito e la ripresa dei consumi. Disagi annunciati per la viabilità nelle zone interessate dai cortei, con anche sgomberi dei veicoli lungo i percorsi, strade chiuse e numerose modifiche al tpl già scattate.

ANCHE GLI OPERAI INDESIT: ‘1.424 VOLTE NO’ – Ci sono anche 250 operai degli stabilimenti Indesit Company di Albacina e Melano, partiti da Fabriano con 4 pullman, alla manifestazione unitaria per il lavoro indetta oggi da Cgil, Cisl e Uil a Roma. Sfilano dietro uno striscione con lo slogan della vertenza Indesit: ‘1.425 volte no: la storia siamo noi’. Il richiamo è al piano di ristrutturazione del gruppo elettrodomestico, che ha annunciato 1.425 esuberi nei siti italiani, e la chiusura delle fabbriche di Melano e Teverola (Caserta).

UIL, ANGELETTI: I DISOCCUPATI STACHERANNO LA SPINA  – “Invece di pensare a chi staccherà la spina del governo, tra Pdl e Pd, senza alternative saranno i cortei dei disoccupati a staccare la spina” (VIDEO)”. Lo ha dichiarato il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, in piazza Esedra per la manifestazione unitaria dei sindacati confederali.

Il pacchetto lavoro che il Governo si accinge a mettere in campo per far ripartire l’occupazione “da quanto è emerso non sembra gran cosa, così non serve a niente”. “Non mi sembra che sia una cosa che possa avere uno straccio di efficacia – ha aggiunto – ma l’ennesima fuga dalla realtà”.

CAMUSSO: BASTA ANNUNCI, FATTI – Non vanno bene i continui annunci se non si traducono in una scelta che dia un segno di cambiamento” (VIDEO). Lo ha affermato il leader della Cgil, Susanna Camusso, parlando del pacchetto lavoro all’esame del Governo durante la manifestazione unitaria che si sta svolgendo a Roma.

Camusso ha poi ricordato che “abbiamo visto tante occasioni per dire che sul tema del lavoro si possono fare cose anche importanti, che non hanno bisogno di risorse”. Secondo il numero uno della Cgil “il problema è invece se si continua a fare una vecchia discussione sul tema della flessibilità, anche se è ormai dimostrato che non è utile a far ripartire l’economia. Oggi facciamo una manifestazione, vedremo quali risposte arriveranno”.

BONANNI: LETTA SIA CORAGGIOSO, BASTA BIZANTISMI – Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, sollecita il presidente del Consiglio Enrico Letta e il suo esecutivo a indicare una “strada coraggiosa” per dare risposte immediate all’emergenza occupazionale. “Il Governo Letta – ha detto Bonanni nel corso della manifestazione unitaria sul lavoro – deve fare proposte. Vedo che è attraversato da discussioni al suo interno. Noi diciamo basta ai bizantinismi: abbia coraggio e si raccordi con lavori e pensionati. Indichi una strada coraggiosa al paese”.

Bonanni ha poi sottolineato che oggi Cgil, Cisl e Uil sono in piazza “per incentivare la classe dirigente più volenterosa ad andare avanti” perché “altrimenti è un massacro”.

Il numero uno della Cisl ha confermato che “nelle prossime ore” ci sarà un incontro con il Governo e, dunque, prima che il pacchetto lavoro vada all’esame del Cdm. Bonanni ha inoltre sollecitato una “scossa” dei poteri centrale e locali perché ormai “siamo al dunque: bisogna smettere di perdere tempo e avere coraggio di fare cose nuove. A partire dalla vicenda fiscale per dimezzare le tasse sul lavoro e pensioni e sulle imprese che investono perché questo significa rafforzare i consumi e dare una mano all’occupazione”.

EPIFANI, PD A FIANCO DEI SINDACATI  – “Il Pd è al fianco di quest’azione unitaria dei lavoratori, dopo dieci anni, con rispetto e condivisione dell’obiettivo di mettere il lavoro al primo punto e anche per il ruolo dei sindacati in una crisi come questa”. Lo ha detto il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, durante la manifestazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil. “È una giornata importante – ha aggiunto – per questo ho voluto esserci”.

“Stiamo vivendo la più grossa crisi d’Italia e il sindacato in questa fase – osserva Epifani – ha un ruolo fondamentale quale che sia l’opinione che si ha in generale sul sindacato. Il sindacato deve governare una fase difficilissima e bisogna sostenere questa sua funzione di governo dei problemi sociali”.

“Il lavoro si crea con gli investimenti, non certo con le chiacchiere”.  “Il lavoro – osserva – si crea con gli investimenti, favorendo gli investimenti su infrastrutture ed edilizia, favorendo l’occupazione dei giovani riducendo le tasse e i contributi sui giovani ma stabilizzando i loro rapporti di lavoro”.

“Io penso che si debba parlare di lavoro e di occupazione. Far cadere il Governo in una fase così drammatica sarebbe da irresponsabili”.

Lavoro, la Cgil lancia l’allarme: “Ci vorranno 63 anni per tornare ai livelli occupazionali del 2007”

Lavoro, la Cgil lancia l’allarme: “Ci vorranno 63 anni per tornare ai livelli occupazionali del 2007”

Anche se l’Italia intercetterà la ripresa ci vorranno 63 anni per recuperare i livelli occupazionali del 2007. Solo nel 2076, cioé, si tornerebbe alle 25.026.400 unità di lavoro standard nel 2007. E’ quanto risulta da uno studio dell’ ufficio economico Cgil che prende come punto di partenza il contesto attuale. Nello studio della Cgil’La ripresa dell’anno dopo – Serve un Piano del Lavoro per la crescita e l’occupazione”, si simulano però alcune ipotesi di ripresa, nell’ambito delle attuali tendenze e senza che si prevedano modifiche significative di politica economica, sia nazionale che europea, per dimostrare la necessità di “un cambio di paradigma: partire dal lavoro per produrre crescita”. Se quello delineato inizialmente è quindi lo scenario peggiore, lo studio Cgil prende in considerazione “ipotesi più ottimistiche” legate alla proiezione di un livello di crescita pari a quello medio registrato nel periodo 2000-2007, ovvero del +1,6%. In questo caso il risultato prevede che il livello del Pil, dell’occupazione e dei salari verrebbe ripristinato nel 2020 (7 anni dopo il 2013) mentre quello della produttività nel 2017 e il livello degli investimenti nel 2024 (12 anni dopo il 2013).
La perdita cumulata è pari a 276 miliardi di euro di Pil – Lo studio della Cgil calcola inoltre anche la perdita cumulata generata dalla crisi, cioé il livello potenziale di crescita che si sarebbe registrato nel caso in cui la crisi non ci fosse mai stata, e che è pari a 276 miliardi di euro di Pil (in termini nominali oltre 385 miliardi, circa il 20% del Pil). Uno studio, quindi, funzionale alla Cgil per rivendicare la centralità del lavoro. “Per uscire dalla crisi e recuperare la crescita potenziale occorre un cambio di paradigma”, osserva il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi, secondo il quale “per non attendere che sia un’altra generazione ad assistere all’eventuale uscita da questa crisi, e ritrovare nel breve periodo la via della ripresa e della crescita occupazionale, occorre proprio partire dalla creazione di lavoro”.
Il ministro Giovannini: “Piano in tre mosse per rilanciare l’occupazione” – L’accordo siglato tra sindacati e Confindustria sulla rappresentanza è “un risultato storico che testimonia la volontà forte delle parti sociali di cooperare per risolvere i problemi”. Lo afferma il ministro del Lavoro Enrico Giovannini in un’intervista a La Repubblica nella quale spiega anche il “piano in tre mosse” che il governo sta mettendo a punto per rilanciare l’occupazione, soprattutto giovanile e sottolineando che mettere intanto risorse per l’Imu serve “per sostenere i consumi”.. “Innanzitutto – dice – va reso più fluido il funzionamento del mercato del lavoro. E le misure normative saranno a costo zero” attraverso una “manutenzione” della legge Fornero, in particolare sui tempi e le motivazioni per i contratti a termine. Bisognerà intervenire anche sull’apprendistato perché “le imprese denunciano complicazioni nell’applicazione di questo contratto”, fermo restando che si tratta di una tipologia “fondamentale perché è una risposta al precariato” e “può essere lo strumento intermedio” tra tempo determinato e indeterminato. Il secondo tipo di interventi, spiega Giovannini, “é invece oneroso ad esempio per ridurre le tasse e i contributi sulle assunzioni dei giovani, introdurre incentivi per la creazione di nuove imprese giovanili. La stessa staffetta anziani-giovani fa parte di questa categoria. Poiché sono necessarie risorse finanziarie ci dovremo ragionare a fondo. Poi ci sono gli investimenti per lo sviluppo. Pensiamo all’attivazione di fondi della Bei”.

FIOM in piazza per il lavoro, attacchi al PD “Preferisce stare con Berlusconi”

FIOM in piazza per il lavoro, attacchi al PD “Preferisce stare con Berlusconi”

 

 

Dalle cinquanta alle centomila persone hanno partecipato oggi a Roma alla manifestazione della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil (corteo da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni) per chiedere al governo di mettere in testa alle priorità da affrontare non l’Imu ma il lavoro che non c’è, quell’emergenza che anche oggi ha fatto un’altra vittima, l’ennesima viitima della paura e della disperazione (un cassintegrato che si è gettato da un ponte a Civitacastellana, vicino Viterbo). Una manifestazione caratterizzata dalle critiche all’assenza del Pd come partito. ll corteo era preceduto dallo striscione “Non possiamo più aspettare” e le richieste al governo da parte della Fiom le ha sintetizzate il segretaro del sindacato Maurizio Landini – che ha chiuso sul palco accanto a Gino Strada di Emergency e Stefano Rodotà, il candidato al Quirinale dei grillini – sollecitando il blocco dei licenziamentii, la riforma degli ammortizzatori sociali e l’introduzione del reddito di cittadinanza per contrastare la precarietà. Alla manifestazione Fiom hanno detto un sì convinto Sel, Movimento 5 Stelle, Pdci, Rc, Idv, i Verdi, Ingroia e tutta la galassia della sinistra a sinistra del Pd. Mancava il PD come partito. Esponenti del partito Democratico infatti hanno partecipato ma a titolo personale, come Matteo Orfini, l’ex-ministro Fabrizio Barca e Sergio Cofferati, ex segretario Cgil. La mancata adesione ufficiale del Pd ha provocato le critiche di quanti, e sono stati tanti, hanno accusato il partito di Epifani di preferire di stare al governo con Berlusconi piuttosto che in piazza con gli operai della Fiom. “Abbiamo invitato tutti e non capisco come si può essere al governo con Berlusoni e aver paura di esser qui con noi” ha commentato Landini. “Quest’assenza è un errore” ha detto Cofferati. “Chi non è venuto qui oggi ha perso un’occasione” ha sottolienato il leader di Sel Nichi Vendola. La risposta d Epifani è arrivata in serata: “Il problema non è stare in piazza ma ascoltare la piazza e dare risposte alla piazza”. Sempre sull’emergenza lavoro oggi è intervenuto anche il presidente della CEI Cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova:”Il lavoro è la lama più penetrante e tagliente nella carne della gente ed è il criterio per giudicare qualunque urgenza e intervento efficace da parte della politica”. 

Epifani comandante di lungo corso? Vince Letta, Renzi a rischio rottamazione

Epifani comandante di lungo corso? Vince Letta, Renzi a rischio rottamazione

 

 

Chi ha vinto e chi a perso, amlmeno per ora nel Pd? Innazitutto ha vinto Guglielmo Epifani, che da ex socialista e’ riuscita nella non facile impresa di diventare segretario del Pd, nel momento piu’ difficile per il giovane partito ma anche per questo con notevoli possibilita’ di rilancio per futuri successi. Doveva essere un “traghettatore”, un segrtario balneare in vista del Congresso in autunno. Ma non e’ scritto da nessuna parte, ed a questo punto, se sapra’ ricucire, lui abile tessitore sindacale gli strappi interni, potra’ anche diventare quel “comandante di lungo corso”, che tanto serve al Pd. Insomma Epifani non ha nessuna intenzione di fare il re-travicello e, con ogni probabilita’ si candidera’ al Congresso. D’altra parte non potevano proprio chiedere a uno come lui, con la sua storia, la sua autorevolezza, di tenerlo li’ qualche mese e poi salutarlo con un “ciao grazie”. Ma il vero vincitore nel Pd e’ Enrico Letta, che con la sua triplice, cioe’ l’asse con Bersani e Franceschini, ha ottenuto quel che voleva. Un segretario di garanzia per il suo giovane governo ed in prospettiva una guida solida che recuperi il rapporto con il suo elettorato e la sua forza riformista. Poi c’e’ un’altra triplice, che non ha vinto, ma neanche perso rovinosamente, che non si parla da tempo. Sono gli eterni rivali D’Alema e Veltroni ed il giovane rottamatore Renzi, visibilmente molto nervoso. D’Alema sussurrava, ai pochi intimi ai quali rivolge la porola: “Prima o poi dovremo affrontere anche il tema del perche’ abbiamo perso. Bisognera’ fare un esame di quello che e’ successo, perche’ fare finta di niente sarebbe un suicidio”. Ed ancora: “Bisognera’ ridare la parola ai cittadini in tempi brevi”. Che e’ poi lo stesso convincimento di Veltroni, che si e’ appena affacciato all’Assemlea. Ma loro due sono li’ e ci rimaranno, non sara’ certo Epifani a fare piazza pulita della vecchia guardia, sulla quale anzi conta per allargare il suo consenso. Il piu’ arrabbiato e’ Renzi, che corre il serio rischio di essere rottamato, ancora prima di partire, perche’ del “partir non ve’ certezza”. E se lascera’ il partito ad altri potrebbe anche perdere la strada della premiership. Perche’ Enrico Letta, che guida il governo nelle difficolta’ con un accordo “obbligato” dalla situazione e dall’alto del Quirinale, e che nel partito ha vinto, dovrebbe tirarsi da parte proprio quando si dovra’ concorre per la guida di un governo organico di centrosinistra? Domanda che inquietamente si sta ponendo Renzi, che un treno lo ha gia perso.

VAL DI SUSA, SABATO 23 MARZO LA LUNGA MARCIA PER DIRE “NO TAV”

VAL DI SUSA, SABATO 23 MARZO LA LUNGA MARCIA PER DIRE “NO TAV”

 

di Redazione

 

Sabato 23 marzo in Val di Susa si terrà la prima marcia No TAV dopo le elezioni. “Ancora una volta invitiamo tutti e tutte a manifestare contro questo scellerato progetto che con il passare del tempo, l’avanzata della crisi economica nazionale e internazionale, diviene sempre più inutile e insostenibile, non solo per il nostro territorio ma per tutto il Paese”, dichiarano gli attivisti e le attiviste del movimento in una nota.

“Su un punto vogliamo essere chiari, quest’opera, nonostante il battage pubblicitario che la circonda, fa sempre più acqua da tutti i punti di vista e soprattutto, man mano che si delineano le fantasiose tempistiche dei fan del TAV, si conosce sempre più a fondo la reperibilità dei fondi per la sua realizzazione. Quello di cui governo e tifosi vari non parlano mai è l’essenza del finanziamento necessario per la Torino-Lione, tutto ed esclusivamente pubblico, ovvero sottratto ad altri settori per essere spostato su questo binario morto”, continua l’appello per il 23 marzo.

“I soldi delle nostre tasse sono l’unica fonte di finanziamento esistente e necessariamente, ancor più in un momento storico del genere, ciò significa spostare ingenti somme di denaro dalla sanità, dalla scuola e dai servizi sociali, per finanziare quella che ormai è la cassaforte, con relativo bancomat, del sistema dei partiti. A fronte di un’inutilità evidente, la Torino-Lione è divenuta un simbolo della politica che vuol mettere a tacere un movimento popolare come quello No TAV che resiste da oltre vent’anni trovando sempre più consenso all’interno di una società che, svegliatasi dal torpore quotidiano e vivendo sulla propria pelle sacrifici e politiche di austerità a senso unico, ci sostiene sempre di più” scrivono i cittadini e le cittadine.

“Contro di noi non c’è colore politico, ci sono cori di corvi che gracchiano per sconfiggerci e metterci a tacere, spaventati che il seme della Valle che Resiste si moltiplichi in altri territori e in altre comunità. Lo Stato si è di fatto costituito parte civile contro di noi senza vergogna, accusandoci e incarcerandoci con l’intento di piegarci e sottrarci quel consenso che invece sentiamo sempre più crescere intorno alla nostra lotta. Processi in aule bunker, richieste di danni incalcolabili, provvedimenti atti a limitare la nostra libertà di movimento sono il corollario del confronto che questi signori hanno con la popolazione e che si vanno ad aggiungere alla già insopportabile militarizzazione del territorio e all’arte della menzogna quotidiana.

È contro la truffa del secolo che chiamiamo alla mobilitazione in prima persona, invitando quanti hanno a cuore il proprio futuro e quello dei propri figli a partecipare il 23 marzo alla manifestazione popolare che partirà da Susa e arriverà a Bussoleno”.

“In un momento di crisi come quello che sta vivendo il nostro Paese, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di sperperare denaro in un’opera faraonica e non giustificata dalle reali esigenze trasportistiche – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza –. La commissione europea ha recentemente tagliato i fondi previsti per le grandi infrastrutture del 48%, il TAV non si farà mai e stiamo sprecando soldi. Si abbia il coraggio di fermarsi subito. Peraltro, sono molte le incertezze progettuali e sui tempi di realizzazione e, proprio a fronte dell’inutilità sempre più evidente dell’opera, molti tra i politici e i sostenitori di un tempo stanno prendendo le distanze da questo progetto impraticabile, tanto per l’impatto sul territorio, quanto per la spesa insostenibile per le tasche del Paese”.

La Val di Susa, già pesantemente infrastrutturata dalla presenza di una linea ferroviaria (peraltro sottoutilizzata), un’autostrada e due strade statali, vede in questi mesi l’epilogo di un’altra triste vicenda che mette in risalto la mancanza di una politica trasportistica sensata, ricorda l’associazione che ha chiamato a raccolta soci e sostenitori per partecipare alla marcia. “Mentre si continua a giustificare il progetto della Torino-Lione con il condivisibile obiettivo di spostamento di traffico merci da gomma a rotaia, si sta completando il raddoppio del tunnel autostradale del Frejus, spacciato per anni come un intervento di sola messa in sicurezza e oggi spudoratamente dichiarato come raddoppio vero e proprio”, spiega l’associazione.

“Mentre le linee ferroviarie storiche vengono abbandonate (12 tratte soppresse nel 2012 in Piemonte!) e le corse dei treni tagliate, ci si ostina a seguire il dogma del TAV, escludendolo da una politica trasportistica a tutto tondo, con provvedimenti fiscali e tariffari che disincentivino il trasporto su gomma – dichiara il presidente di Legambiente Piemonte Fabio Dovana –. È necessario che il trasporto merci, effettuato ora sui tir, transiti invece su rotaia. Per questo, non si sarebbe dovuto procedere al raddoppio del tunnel autostradale del Frejus; serve in caso, invece, utilizzare a pieno e riammodernare la linea storica già presente in Valle”.

L’appuntamento è per sabato 23 marzo 2013 alle 14 a Susa, in Piazza d’Armi.

Incidente all’Ilva di Taranto: muore un operaio. Cobas: “Sciopero immediato di 24 ore”

Incidente all’Ilva di Taranto: muore un operaio. Cobas: “Sciopero immediato di 24 ore”

Uno “sciopero immediato di 24 ore”: lo proclama lo Slai Cobas di Taranto e lo chiede alle altre organizzazioni sindacali per la morte di Ciro Moccia e il ferimento di Antonio Liddi, mentre erano impegnati in un lavoro di manutenzione nella batteria 9 delle cokerie dell’Ilva. “In questa fabbrica – affermano i Cobas di Taranto – la morte non si ferma mai, 3 operai morti nel breve arco di pochi mesi. Lo slai cobas per il sindacato di classe ilva Taranto si unisce al dolore della famiglia e dei compagni di lavoro”.
L’operaio morto aveva 42 anni ed era un dipendente dell’Ilva. L’altro operaio coinvolto è un lavoratore di 46 anni della ditta esterna MR. I dati sono diffusi dall’Ilva in una nota nella quale si spiega che Liddi è ricoverato nell’ospedale SS. Annunziata di Taranto “in condizioni che sono in corso di valutazione”. L’incidente – spiega Ilva – è avvenuto alle 04.40 nell’area cokerie “durante una operazione di intervento di manutenzione alla batteria 9, una delle batterie ferme perché in rifacimento”. “La dinamica – si aggiunge nella nota aziendale – è in corso di accertamento, l’autorità giudiziaria è sul posto”.
I sindacati: accertare le responsabilità – “Dopo alcuni anni in cui non si verificavano incidenti mortali, tre morti nel giro di pochi mesi sono fatti gravi e inaccettabili”, afferma Marco Bentivogli, segretario nazionale Fim Cisl. La sigla sindacale chiede che si accertino subito le responsabilità di quanto accaduto e proporrà a Fiom e Uilm un’iniziativa di 24 ore di sciopero.
Sospese tutte le attività in fabbrica – “Il Presidente e il Direttore di Stabilimento esprimono la loro vicinanza ai parenti e in segno di cordoglio sono state sospese tutte le attività di Stabilimento” si legge nel frattempo in una nota dell’Ilva in cui “con profondo dolore” si dà notizia dell’incidente sul lavoro avvenuto stamani.

‘Lavoro e’ come pane, da qui per uscita crisi’

‘Lavoro e’ come pane, da qui per uscita crisi’

 

25 gennaio, 17:04

Susanna Camusso alla Conferenza di Programma al Palalottomatica

Susanna Camusso alla Conferenza di Programma al Palalottomatica

'Lavoro e' come pane, da qui per uscita crisi'

ROMA – “Creare lavoro per dare futuro e sviluppo al Paese”: con questo slogan la Cgil, con il segretario generale Susanna Camusso, presenta oggi alla Conferenza di programma il Piano del lavoro. Un nuovo Piano del lavoro, a distanza di 64 anni da quello firmato nel 1949 da Giuseppe Di Vittorio.

Al centro ci sono i giovani. E, appunto, la creazione di posti di lavoro. A questo obiettivo possono essere destinati 50-60 miliardi di euro nel triennio. L’attivazione del Piano avrebbe un impatto, nel 2013-2015, di un +2,9% sull’occupazione, +3,1% sul Pil e riporterebbe la disoccupazione ai livelli pre-crisi. In particolare, secondo una simulazione econometrica del Cer (Centro Europa ricerche), la sua attuazione potrebbe generare per l’occupazione (prevista a -0,4% quest’anno) una crescita dell’1,9% nel 2013, dello 0,6% nel 2014 e dello 0,4% nel 2015. Il tasso di disoccupazione (che oggi viaggia oltre l’11%) quindi potrebbe arrivare al 7% nel 2015 (9,6% nel 2013 e 8,5% nel 2014). Il Pil, sempre sulla base delle stesse proiezioni, potrebbe segnare una crescita cumulata del 3,1% (2,2% nel 2013, 0,8% nel 2014, 0,1% nel 2015). Una forte spinta arriverebbe dagli investimenti (+10,3% sempre nel triennio). Aumenterebbero anche il reddito disponibile (+3,4%) e i consumi delle famiglie (+2,2%).

Le risorse vanno destinate principalmente al piano “straordinario” di creazione “diretta” di posti di lavoro (15-20 miliardi), al sostegno all’occupazione e agli ammortizzatori sociali (5-10 miliardi), ad un “nuovo” welfare (10-15 miliardi), ai progetti operativi (4-10 miliardi) ma anche alla “restituzione fiscale” (15-20 miliardi). Per recuperarle, si fa leva innanzitutto su una “riforma organica” del sistema fiscale, con un “allargamento” delle basi imponibili, una “maggiore progressività” delle imposte ed una patrimoniale sulle grandi ricchezze, insieme ad un recupero “strutturale” dell’evasione: da qui possono arrivare, come entrate, almeno 40 miliardi annui. Altri 20 miliardi di risparmi strutturali possono essere generati dalla riduzione dei costi della politica e degli sprechi e dalla “redistribuzione” della spesa pubblica. Insieme ad un utilizzo programmato dei Fondi strutturali europei. Anche il riordino delle agevolazioni e dei trasferimenti alle imprese può consentire il recupero di almeno 10 miliardi. Il piano punta anche su un “ritrovato protagonismo dell’intervento pubblico” come “motore” dell’economia. La Cassa depositi e prestiti può diventare “uno dei soggetti essenziali per l’innovazione e la riorganizzazione del sistema Paese”.

“Parlare del lavoro è parlare del pane”. Il lavoro è “l’unica vera condizione per creare ricchezza nel nostro Paese e nel mondo”. E’ “la condizione per uscire dalla crisi”. Così il leader della Cgil, Susanna Camusso, aprendo la Conferenza di programma con la presentazione del Piano del lavoro. “Creare e difendere lavoro è l’unica premessa credibile di una proposta per uscire dalla crisi”.

“Le scelte europee e la loro traduzione italiana hanno aggravato la crisi, non hanno posto le premesse per uscirne. Perché è stata sbagliata la premessa: quella del rigore e dell’ossessione del debito pubblico”: così il segretario generale della Cgil. “Dobbiamo essere netti: non si esce dalla crisi italiana – dice – se non c’é un governo che sappia e voglia scegliere, che sappia proporre una via di uscita dalla crisi”.

“La prima grande necessità si chiama equità fiscale, una seria progressività della tassazione e una tassa sulle grandi ricchezze, sui patrimoni e sulle rendite finanziarie mobiliari e immobiliari”, sottolinea Camusso. Un’altra delle “strade di finanziamento” viene dalla lotta all’evasione fiscale: “Dopo anni di propaganda pro-evasione, il tema deve e può tornare sui giusti binari”.

Siamo “convinti che l’Italia può uscire dalla crisi se è tutta insieme” e non “a pezzi”. Così il segretario generale della Cgil introducendo la Conferenza di programma con il Piano del lavoro. “A pezzi – aggiunge – si aggrava la crisi”.

ELEZIONI: CAMUSSO, SERVE RISPETTO, NO CREARE NEMICI – “Non è riconoscimento e rispetto quel tramestio che caratterizza la campagna elettorale, che non distingue i ruoli, che confonde responsabilità, che crea nemici per non provare a misurarsi sui contenuti, che scarica responsabilità per non ammettere che ha trascurato il Paese”. Così il leader Cgil, Susanna Camusso, sulle ultime polemiche.

FIAT: CASSA INTEGRAZIONE A MELFI FINO AL 2014. MARCHIONNE: PROCEDURA STANDARD

FIAT: CASSA INTEGRAZIONE A MELFI FINO AL 2014. MARCHIONNE: PROCEDURA STANDARD

 

 

La Fiat ha chiesto la cassa integrazione strordinaria per lo stabilimento di Melfi dove lavorano 5.500 dipendenti e si produce la Punto. La Cigs, secondo quanto ha affermato la Cgil-Fiom, è stata chiesta dall’azienda torinese dall’11 febbraio prossimo al 31 dicembre del 2014 per ristrutturazione. Il sindacato ha espresso preoccupazione perchè non si sonoscono ancora i dettagli degli investimenti necessari alla ristrutturazione mentre l’Ad Sergio Marchionne, da Detroit, ha parlato di “procedura standard”. Secondo la Fiat la cassa integrazione straordinaria a Melfi, che riguarderà a rotazione tutti i dipendenti, è necessaria perché per realizzare investimenti per circa un miliardo di euro previsti per lo stabilimento saranno necessari importanti interventi sui fabbricati e sugli impianti. “Stiamo installando le nuove linee per fare le nuove vetture (tra cui anche un mini-Sv della Jeep, ndr) . Continueremo a produrre la Punto – ha detto Marchionne – E non capisco qual è il problema. Si tratta di una richiesta standard, una procedura normale, che viene fatta per coprire i lavoratori impattati dall’installazione di nuove linee”. Marchionne ha poi assicurato che la Fiat non chiuderà altri impianti in Italia perchè i tagli di posti di lavoro effettuati in Polonia hanno protetto i lavoratori delle fabbriche italiane. A Melfi vi sono due linee di produzione. Gli interventi programmati interesseranno a turno solo una delle due linee: sull’altra lavoreranno a rotazione gli operai, per continuare a produrre la Punto e soddisfare così le richieste del mercato. Amaro il commento del leader di Sel Nichi Vendola che su Twitter dice: “Ecco l’operazione “per i cuori forti”: due anni di cassa integrazione” riferendosi alle parole del premier Monti pronunciate proprio a Melfi meno di due mesi fa quando visitò lo stabilimento lucano accolto da Marchionne e da Elkann, dai segretari Cisl e Uil e dall’applauso degli operai.

PRODUTTIVITÀ: C’È L’ACCORDO MA SENZA LA CGIL

PRODUTTIVITÀ: C’È L’ACCORDO MA SENZA LA CGIL

 

 

C’è l’accordo tra imprese e sindacati sulla produttività, ma senza la Cgil. La firma da parte delle imprese e di Cisl-Uil-Ugl è avvenuta stasera a Palazzo Chigi. Mario Monti ha definito l’accordo un “passo importante” (il governo ci mette 2,1 miliardi nel periodo 2013-2014) per innalzare la competitività del paese e attrarre così maggiori investimenti stranieri. Il premier si è anche augurato che la firma della Cgil arrivi in un secodo tempo ma la leader del sindacato Susanna Camusso  non ha cambiato opinione ed ha parlato di “strada sbagliata”.”Oggi le Parti sociali (ABI, ANIA, Confindustria, Lega Cooperative, Rete imprese Italia, CISL, UIL, UGL) – dice il comunicato di palazzo Chigi – hanno firmato l’accordo che fissa le “Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia”. Il Governo è convinto che l’intesa rappresenti un passo importante per il rilancio dell’economia, la tutela dei diritti dei lavoratori e il benessere sociale. L’accordo conclude un percorso iniziato il 5 settembre con l’incontro tra il Governo e gli imprenditori e poi proseguito l’11 settembre con le organizzazioni sindacali. In tali incontri, il Presidente del Consiglio Mario Monti aveva sollecitato l’impegno a migliorare il livello della produttività del lavoro in Italia, innalzare la competitività e l’attrattività degli investimenti. A questo fine aveva incoraggiato il confronto tra le parti sociali, condividendone lo spirito e gli obiettivi. Per questo il Governo ha proposto nella legge di Stabilità uno stanziamento complessivo di 1,6 miliardi di euro per il periodo 2013/2014 per la detassazione del salario di produttività – stanziamento che si è poi ulteriormente esteso nel tempo e rafforzato a 2,1 miliardi per effetto degli emendamenti approvati alla Camera – ponendo come condizione per erogare questi incentivi finanziari che le parti trovassero un accordo adeguato a tali finalità”.