Immigrazione, per l’Italia un semestre sul fronte. Hein: “Segnali negativi dall’Europa”

Immigrazione, per l’Italia un semestre sul fronte. Hein: “Segnali negativi dall’Europa”

di Giovanni Maria Bellu
 L’ultimo segnale è stato negativo e ha confermato che – a parte le frasi di circostanza, il cordoglio, l’impegno a evitare che le tragedie si ripetano – la strada per arrivare a una politica europea sull’immigrazione è ancora molto lunga. E che questo sarà – nel semestre europeo di Matteo Renzi – il fronte più complesso assieme a quello delle politiche economiche.
l segnale è arrivato il 27 giugno durante il vertice dei capi di Stato e di governo dei 28 Paesi dell’Unione quando la proposta del reciproco riconoscimento dell’asilo non è passata. Avrebbe consentito a quanti hanno avuto lo status di rifugiato in Italia di andare a lavorare in altri Paesi europei. Una misura volta a mitigare gli effetti del cosiddetto “regolamento di Dublino” che impone al Paese di primo ingressol’obbligo di farsi carico del richiedente asilo. E siccome il principale Paese di “primo ingresso” di quanti arrivano in Europa via mare è l’Italia, l’effetto è che i migranti che hanno i loro familiari altrove, per esempio nel Nord Europa, si trovano a essere come “imprigionati” dentro i nostri confini. Continueranno a esserlo.
A meno che non riescano a evitare di essere registrati in Italia. Siccome i meccanismi del “regolamento di Dublino” sono ormai ben noti a quanti s’imbarcano verso le nostre coste, sono stati ideati svariati accorgimenti. Vanno dal dare generalità false, tenendo gelosamente nascosto il documento vero, al garantirsi, dopo lo sbarco, un rapido trasferimento oltre i confini italiani. L’annuncio dato dalla commissaria europea agli Affari interni Cecilia Malmstroem del possibile avvio di una procedura per verificare se l’Italia fa davvero tutto ciò che occorre per identificare e registrare i rifugiati, mette fine a un patto tacito e ipocrita che ha consentito di salvaguardare la validità formale del “regolamento di Dublino” chiudendo più di un occhio sul suo frequente aggiramento.
Matteo Renzi dopo il summit – che ha definito “tosto e complicato” – ha per così dire valorizzato il bicchiere “mezzo pieno”: “L’Italia – ha detto – da oggi è meno sola nel Mediterraneo”. Nel documento finale in effetti tra le priorità dei prossimi cinque anni viene indicato l’obiettivo di una “gestione moderna e rafforzata delle frontiere dell’Unione” e si parla anche di un allargamento dell’operatività di Frontex. per fare dell’attuale sistema di vigilanza delle frontiere “uno strumento della solidarietà europea”.
L’ottimismo del premier, però, non è condiviso dalle associazioni umanitarie. Christopher Hein, direttore del Cir, il Consiglio italiano dei rifugiati, sottolinea che nel testo non viene nemmeno nominata l’operazione di salvataggio Mare Nostrum avviata dall’Italia – esclusivamente con le proprie risorse, a parte un piccolo contributo della Slovenia che ha messo a disposizione un pattugliatore– dopo la tragedia del 3 ottobre scorso a Lampedusa. In sostanza, secondo Hein, il difetto principale del documento conclusivo del summit è che si parla del futuro ma non si affrontano i nodi più urgenti del presente.
Un presente drammatico. “Durante questo fine settimana – sottolinea Hein – sono arrivate 5500 persone. Ed è appena attraccata al porto di Salerno la nave rifornitrice “Etna” con altri 1044 migranti. In questa situazione sarebbe indispensabile un sistema europeo per il diritto di asilo. Oggi, invece, abbiamo un insieme di norme ma siamo ben lontani da una politica comune”.
E ritorna il timore che l’operazione Mare Nostrum – che ha fino a ora consentito il salvataggio di 50mila persone e l’arresto di oltre 200 scafisti – possa essere nuovamente rimessa in discussione. Senza, però, che ci sia un’assunzione di responsabilità nella scelta. La preoccupazione delle organizzazioni umanitarie è che s’inneschi un meccanismo che renda in qualche misura “inevitabile” la fine dell’operazione di salvataggio. L’Italia, infatti, ha in più occasioni manifestato la volontà di andare avanti, ma ha anche sottolineato che non può farsi carico per un tempo indefinito dei suoi costi (300mila euro al giorno). Un punto sul quale gli altri Paesi della Ue continuano a fare orecchie da mercante.
Le maggiori resistenze vengono dal Nord Europa, cioè da Paesi “accoglienti” sul piano dell’asilo, ma non disposti a condividere la gestione dell’emergenza che, perciò, continua a essere a carico dei Paesi di frontiera. Ed è qua che, nell’analisi di Hein, l’Italia può trovare degli alleati che sostengano la difficile battaglia che Renzi si accinge ad avviare. “Si tratta – afferma il direttore del Cir – di rafforzare la collaborazione tra i paesi dell’area Mediterranea, che hanno interessi comuni”.
L’idea è che il motore di una politica europea dell’immigrazione deve essere alimentato dagli Stati che, comel’Italia, la Spagna e Malta, sono geograficamente e culturalmente più vicini al Nord Africa o, come la Francia, lo sono per ragioni storiche legate alla loro storia coloniale. Dal Mediterraneo può diffondersi l’idea che l’Europa di Schengen, cioè l’Europa senza frontiere interne, sarà veramente realizzata quando le politiche dell’immigrazione e dell’asilo saranno gestite a livello continentale, con una piena assunzione di responsabilità da parte di tutti i Paesi.
03 luglio 2014

Meriam a Roma. Renzi: “Un giorno di festa”. Francesco la ringrazia durante l’incontro

Meriam a Roma. Renzi: “Un giorno di festa”. Francesco la ringrazia durante l’incontro

Finisce l’incubo per Meriam: la giovane cristiana sudanese di 26 anni condannata a morte, all’ottavo mese di gravidanza, per apostasia, è libera ed è arrivata stamattina a Roma. Dove, tra le altre cose, ha avuto l’onore di essere ricevuta da papa Francesco.
Renzi: “Oggi è un giorno di festa” –  La donna, con il marito e i due figli – tra cui Maya nata due mesi fa in cella – è giunta a Ciampino con un volo di stato italiano, dove l’ha attesa Matteo Renzi con la moglie Agnese ed il ministro degli Esteri Federica Mogherini: oggi “è un giorno di festa”, ha detto il premier sottolineando il lavoro “straordinario” del viceministro degli Esteri Lapo Pistelli nella vicenda.  E proprio Pistelli ha lasciato intendere anche la possibilità che Meriam incontri il papa.
La condanna  a morte – Dopo la condanna a morte e a 100 frustate per adulterio (per aver sposato un cristiano) inflitta a maggio scorso, la giovane era stata arrestata e messa in cella insieme al piccolo figlio di 20 mesi con una sentenza shock che aveva suscitato l’orrore e la mobilitazione del mondo intero facendo scattare molte iniziative internazionale per la sua liberazione. Un dossier, quello di Meriam, su cui dal primo momento si è mobilitato anche il governo italiano con il premier che ha citato il caso della ragazza sudanese anche nel suo discorso di apertura del semestre Ue.
“Ho partorito in catene” – Nella prima udienza, quella in cui gli era stata inflitta la condanna a morte, il giudice si era rivolto all’imputata chiamandola con il nome arabo, Adraf Al-Hadi Mohammed Abdullah, chiedendogli di convertirsi nuovamente all’Islam. “Io sono cristiana e non ho commesso apostasia”, fu la replica della donna che gli costò la condanna a morte e la carcerazione. Solo poche settimane dopo Meriam, in cella, ha dato alla luce una bimba in condizioni durissime: “Ha partorito in catene”, aveva spiegato il marito, che è anche cittadino americano, avanzando preoccupazioni di possibili conseguenze per la salute della bimba.
Resterà qualche giorno in Italia  – Il 23 giugno il tribunale sudanese ha poi deciso la liberazione della donna. Che però è stata fermata nuovamente il giorno dopo insieme al marito e al loro legale mentre si trovava all’aeroporto – mentre con i bambini tentava di lasciare il paese con destinazione Stati Uniti – per un “controllo dei documenti”. Rilasciata per la seconda volta, con la sua famiglia, si è poi rifugiata all’ambasciata americana a Khartoum, dove ha ricevuto il passaporto che le ha permesso di lasciare il Paese diretta come prima tappa in Italia, dove resterà un paio di giorni prima di raggiungere New York.

Meriam ricevuta dal Papa – Meriam è stata ricevuta in un salone di Santa Marta con il marito e i due bambini. Del gruppo che ha incontrato il Papa ha fatto parte anche il viceministro Lapo Pistelli mentre monsignor Yoannis Lahzi Gaid, segretario del Papa, ha fatto da interprete. Tra Meriam e Francesco, ha riferito padre Lombardi, c’è stata “una bella conversazione: sostanzialmente il Papa ha ringraziato per la testimonianza di fede e la costanza della sua fede”. A sua volta Meriam, ha proseguito Lombardi, “ha ringraziato per il sostegno che nella sua vicenda ha sempre avuto dalla Chiesa cattolica”.

Il futuro prossimo della famiglia – La conversazione è poi proseguita con il Papa che si è informato circa il futuro prossimo della famiglia sudanese, in cerca di una sistemazione. Lombardi ha definito la conversazione “serena, affettuosa”, “il Papa è stato molto tenero”. Il colloquio ‘stretto’ tra Bergoglio e Meriam è durato circa dieci minuti ma la sua permanenza con il Pontefice si è protratta per circa mezz’ora considerando anche i saluti a tutti i presenti e la consegna di rosari da parte del Papa.

24 luglio 2014

I morti nel Mediterraneo sono i nuovi desaparecidos

“I morti nel Mediterraneo sono i nuovi desaparecidos, se ne occupi il Tribunale Russel”

Li chiamano “nuovi desaparecidos”. Proprio come quei trentamila – per la maggior parte giovani – che scomparvero in Argentina tra il 1974 e il 1983, uccisi dalla dittatura militare senza che, per anni, il mondo se ne accorgesse. Per una tragica coincidenza il numero delle vittime quasi coincide: si stima, infatti, che dagli anni Novanta a oggi più di ventimila migranti siano morti nel Mediterraneo mentre tentavano di raggiungere la coste italiane e l’Europa. E questa strage non è ancora finita.
A chiamare le vittime del mare “nuovi desaparecidos” è un gruppo di intelettuali, politici, esponenti dell’associazionismo che stamani ha presentato alla Camera un appello per la convocazione di un “Tribunale internazionale di opinione” – in sostanza una nuova sessione del “Tribunale Russel” – “che offra alle famiglie dei migranti scomparsi un’opportunità di testimonianza e rappresentanza; contribuisca ad accertare le responsabilità e le omissioni di individui, governi e organismi internazionali; e fornisca uno strumento per l’avvio di azioni avanti agli organi giurisdizionali nazionali, comunitari, europei e internazionali”.
A presentare l’appello, Mercedes Frias, ex parlamentare di Rifondazione comunista, Enrico Calamai, ex vice-console italiano a Buenos Aires, Arturo Salerni (l’avvocato che difese il leader curdo Abdullah Ochalan),Tsegehans Weldeslassie e Mosè Zerai, esponenti dell’opposizione democratica al regime eritreo, eMehrzia Chargi, madre di un ragazzo tunisino scomparso in mare.
Enrico Calamai è la figura che lega i “vecchi” e i nuovi desaparecidos”. E’ noto come “lo Schindler italiano” perché da viceconsole italiano a Buenos Aires, salvò la vita a centinaia di oppositori del regimo fornendo loro i documenti per espatriare. Una vicenda che è rimasta per molti anni nascosta finché, uno dopo l’altro, molti dei sopravvissuti scoprirono che nella loro storia c’era, in comune, quel giovane e coraggioso diplomatico italiano. Nel 2004 Enrico Calamai è stato decorato con l’Orden del Libertador San Martin.
“L’analogia tra la tragedia dei morti nel Mediterraneo e i desaparecidos – spiega – è sostanziale. Oggi in Europa, come ieri in Argentina, è in atto uno sterminio che avviene con modalità tali da impedire all’opinione pubblica di accorgersene o di consentire a molti di dire che non sapevano. Qualcosa di molto simile a quanto accadde ai tedeschi durante lo sterminio degli ebrei nei lager”.
L’iniziativa di istituire il Tribunale internazionale di opinione ha dunque lo scopo di impedire che qualcuno possa dire “non sapevo”. Ma anche quello di individuare le responsabilità. “Vogliamo ricostruire la verità – si legge nell’appello – sanzionare i responsabili e rendere giustizia a vittime e familiari. Tutto ciò anche nella prospettiva di una diversa, più umana ed efficiente politica di accoglienza, comune e condivisa da tutti gli Stati dell’Unione Europea, e di un nuovo rapporto del Nord nei confronti del Sud del mondo, in modo da porre fine alle situazioni di crisi, guerra e persecuzione che costringono migliaia di persone ad abbandonare il proprio paese”.
E ancora: “Chiediamo che le istituzioni si impegnino a garantire con tutti gli strumenti disponibili il riconoscimento dell’identità delle vittime, offrendo ai loro familiari un luogo di raccoglimento e cordoglio che restituisca dignità alle persone scomparse”.
Il Tribunale Russel fu fondato da Bertrand Russel e Jean Paul Sartre nel 1966 per indagare sui crimini di guerra compiuti dall’esercito statunitense in Vietnam. Ne hanno fatto parte tra gli altri Lelio Basso, Simone De Beauvoir, Julio Cortazar, Gabriel Garcia Marquez. Ha dedicato sessioni alla violazione dei diritti umani in Cile (1974-1976), ai diritti umani in psichiatria (2001), all’Iraq (2004), .alla situazione in Palestina (2009-2012).
La sentenze del Tribunale Russel hanno carattere morale, ma il procedimento è condotto col rigore di un’istruttoria penale: vengono ascoltati i testimoni, raccolti documenti, individuati i responsabili. Le vicende da prendere in esame nel caso dei “desaparecidos del Mediterraneo” sono innumerevoli. Calamai cita i tanti casi, raccontati da superstiti a naufragi, di navi che non si sono fermate per prestare soccorso. Ci sono poi vicende (come quella dei ‘respingimenti’ verso la Libia praticati al tempo del governo Berlusconi) che hanno già determinati nei confronti dell’Italia sanzioni da parte della Corte europea per i diritti dell’uomo.
Ma l’effetto di questa iniziativa è anche un altro. Davanti all’avvio di un’istruttoria per individuare i responsabili materiali e morali dei migranti sarà un po’ più difficile e imbarazzante per l’Europa interrompere l’operazione Mare Nostrum.
10 luglio 2014

La tenerezza del Papa “Che”

La tenerezza del Papa “Che”

di Oliviero Beha

Sì, certo, è troppo presto, bisogna parlarne con prudenza visto ciò che è accaduto e accade al potere temporale della Chiesa. Ma già il confronto dei “segni” tra le due sponde del Tevere, tra la Cupola di Pietro e l’altra cupoletta dei “nostri eroi” governativi largointenditori, la dice lunga. E poi l’elenco dei segni. E delle parole. Sono finiti i fuochi d’artificio letterali e figurati insieme che festeggiavano il Vaticano, con Papa Francesco sobrietà. Sobrietà anche per “preti e suore non più sulle auto di lusso”. E tenerezza, soprattutto tenerezza. Ha usato il termine nel suo primo discorso, lo ha riusato ieri prima di lanciare una corona di fiori in mare, a Lampedusa, per i migrantes morti. Ma Papa Bergoglio è argentino. E il più noto argentino che abbia glorificato la parola in modo delicato e forte era argentino, Ernesto “Che” Guevara. Come non associare le due “tenerezze”?

P.S. E allora, in tanto spolvero accellerato di santità per Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II (entro il 2013), perché non pensare al santo più santo e santificabile di tutti, ossia a Monsignor Romero? Forza, un piccolo segno ancora più significativo…

Il Papa a Lampedusa: “No alla globalizzazione dell’indifferenza, mai più migranti morti in mare”

Il Papa a Lampedusa: “No alla globalizzazione dell’indifferenza, mai più migranti morti in mare”

Papa Francesco a Lampedusa come Papa Wojtyla nella Valle dei Templi. Quella volta il monito era contro i boss mafiosi, questa volta contro tutti coloro che, nell’indifferenza, hanno lasciato morire in mare migliaia e migliaia di immigrati. È una visita di portata storica, quella di Bergoglio nell’isola delle Pelagie. La prima volta di un Papa. A Lampedusa lo accolgono come “il Papa dei pescatori”, il “Papa tra gli ultimi”, si legge in alcuni striscioni.

Due parole esemplificano il messaggio del Pontefice: perdono e indifferenza. Perché Francesco utilizza la parola “perdono” per quattro volte: un mea-culpa fortissimo, che riecheggia come un grido. A nome di tutte le vittime del mare. “Signore, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle – ammonisce Francesco durante la solenne messa penitenziale celebrata nell’arena sportiva di Lampedusa – ti chiediamo perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel suo benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. Perdono, Signore”.

Dalla richiesta di perdono all’indifferenza il passo è breve. Si cela dietro questa indifferenza il dramma di tanti morti in mare: 19mila in vent’anni nelle acque del Mediterraneo. “Siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza – scandisce Bergoglio – la cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, vhe sono belle ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”.
Il grido diventa ancora più forte quando il Papa risveglia la coscienza di tutti: “La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti ‘innominati’, responsabili senza nome e senza volto.  “Il Papa si rivolge a tutti, a seconda delle responsabilità”, ha spiegato padre Federico Lombardi. Ma un passaggio è chiaro: c’è nel mondo una crudeltà, “in noi ma anche in coloro che nell’anonimato prende decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo”. 

E la domanda è chiara: “Chi ha pianto?“, si interroga il Pontefice. Ripete, Papa Francesco, che l’accoglienza è la risposta: “Tutto il mondo abbia il coraggio di accogliere coloro che cercano una vita migliore. Lampedusa è un faro, sia d’esempio a tutti”. E ringrazia i lampedusani per la loro accoglienza, per la loro solidarietà perchè “aprono le porte delle loro case” ai migranti. “Il Signore vi faccia andare avanti in questo atteggiamento tanto umano e tanto cristiano, grazie tante”, dice all’uscita della Parrocchia San Gerlando, prima di ripartire – dall’aeroporto di Lampedusa – alla volta del Vaticano.

Ma nelle parole e nei gesti di Papa Francesco c’è anche una preoccupazione. “Spero che tutti capiscano il mio gesto”, il suo auspicio, come riferisce padre Federico Lombardi, secondo cui la visita a Lampedusa “è stata una visita di portata storica”.
In contemporanea con la visita è arrivato il tweet del Pontefice: “Preghiamo per avere un cuore che abbracci gli immigrati. Dio ci giudicherà in base a come abbiamo trattato i più bisognosi”.

L’avvocato Fanni: “Eliminate delle odiose discriminazioni tra figli nati da matrimonio e gli altri, ecco quali”

L’avvocato Fanni: “Eliminate delle odiose discriminazioni tra figli nati da matrimonio e gli altri, ecco quali”

di Ignazio Dessì
Non più figli legittimi e figli naturali, non più figli di serie A e figli di serie B, ma solamente figli. E’ questa in sintesi la nuova disciplina stabilita dal decreto approvato in Consiglio dei Ministri. Una conquista sociale e il completamento di un percorso di civiltà giuridica, come hanno tenuto a precisare molte personalità della cultura e del diritto. “In sostanza il Cdm ha approvato una normativa che, adottando i principi stabiliti dalla Legge 219 del 2012, elimina una odiosa discriminazione – afferma il presidente della ‘Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori (AIAF), Luisella Fanni – Del resto i figli arrivano perché i genitori li mettono al mondo e non devono subire danni se nascono fuori dal matrimonio”.
Avvocato, cosa stabilisce in sostanza la nuova normativa?
“In sostanza stabilisce che ‘la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione sia all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui sia avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio sia adottivo’. La nuova normativa stabilisce, poi, quali siano i diritti e i doveri dei figli e, all’articolo 2, assegna all’esecutivo una delega per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, da predisporre entro 12 mesi”.
Il decreto legge elimina le differenze lasciate dalla riforma del diritto di famiglia del ’75, ma quali erano le principali discriminazioni rimaste?
“Ce n’era soprattutto una fondamentale che riguardava la relazione di parentela. Col vecchio diritto il figlio naturale riconosciuto acquisiva il rapporto di parentela soltanto col genitore che lo aveva riconosciuto ed eventualmente con l’ascendente. Non si stabiliva invece alcun rapporto di parentela in linea orizzontale. Con questo decreto i confini della famiglia risultano dunque allargati da un punto di vista legale”.
Quindi, in precedenza, nonostante l’esistenza di fatto di zii e cugini non c’era un riconoscimento sotto il punto di vista del diritto.
“Sì, nel vivere quotidiano eravamo abituati a indicare i genitori dei genitori come nonni, gli zii come zii e i cugini come cugini, ma da un punto di vista prettamente legale ciò non corrispondeva a realtà, con tutte le conseguenze sotto il punto di vista successorio, oltre che sul piano delle responsabilità, per quanto concerne il mantenimento, gli alimenti e altri aspetti che ne derivano”.
Semplificando, nemmeno i fratelli del padre naturale avevano un rapporto legale con il bambino, è così?
“Sì, legalmente non erano zii, per il diritto non avevano alcun rapporto di parentela”.
E i nonni invece ce l’avevano, visto che parliamo di linea verticale?
“Come accennavo era discusso, anche se c’erano tutta una serie di norme di contorno che indicavano gli ascendenti come soggetti tenuti a intervenire per esempio in funzione alimentare”.
A questo punto dunque i figli nati fuori dal matrimonio sono pienamente parificati a quelli nati in costanza di matrimonio?
“Esattamente, per semplificare si può dire che a questo punto sono tutti uguali, tant’è che la norma elimina dal codice la vecchia dicitura. L’art. 1 del decreto recita al primo comma “le parole legittimi e naturali sono soppresse”. Rimarrà in sostanza soltanto la parola figlio. Per tutti, per chi è nato da matrimonio e per chi non è nato da matrimonio”.
Quindi anche per quanto riguarda l’eredità hanno gli stessi diritti?
“Sostanzialmente sì, il legislatore ha voluto adeguare la disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di unicità dello stato di figlio”.
Si parla anche di soppressione del diritto di commutazione, in ambito di successione, cosa significa?
“Noi abbiamo un meccanismo successorio per il quale una categoria di successibili chiamati i necessari o riservatari ha comunque diritto a ricevere una quota del patrimonio, una quota in beni, liquidi o beni immobili. I beni immobili se non sono divisibili si vendono. In presenza di figli naturali però esisteva il diritto per i figli legittimi di commutare quella quota in una somma di denaro. Quindi non erano obbligati per esempio a dare ai naturali quella parte di casa che gli sarebbe spettata ma potevano dargli una corrispondente somma di denaro. Il diritto di commutazione ora viene eliminato, ed è ovvio, perché a monte non c’è più differenza tra figli legittimi e naturali, succedono tutti negli stessi identici diritti”.
Ci sono altre novità importanti introdotte dal decreto?
“Rilevante la sostituzione della definizione di ‘potestà genitoriale’ con quella di ‘responsabilità genitoriale’. Inoltre, nel recepire la giurisprudenza delle alte Corti, Costituzionale e di Cassazione, si è previsto di limitare a cinque anni dalla nascita i termini per proporre l’azione di disconoscimento della paternità, di introdurre il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni e portare a dieci anni il termine di prescrizione per l’accettazione dell’eredità per i figli nati fuori dal matrimonio”.

Immigrati e cittadinanza, Kyenge annuncia ddl

Immigrati e cittadinanza,
Kyenge annuncia ddl
Muro Pdl: “Letta la fermi”
Testimonial, sì di Balotelli

 

Il ministro vuole abrogare il reato di immigrazione clandestina. E la legge sul ‘ius soli’, che renderebbe cittadini italiani i figli che nascono sul suolo dell’Italia da immigrati? “Difficile dire quando si farà”. Gasparri: “Non sarà mai legge della Repubblica”

 
Il ministro Cecile Kyenge dalla Annunziata
Cecile Kyenge a ‘In mezz’ora’

Roma, 5 maggio 2013 – Il reato di immigrazione clandestina “dovrebbe essere abrogato”. Così a ‘In 1/2 ora’, su Rai 3 Cecile Kyenge, neoministro dell’Integrazione, di origine congolese. Un ddl sullo ius soli sarà pronto nelle prossime settimane: “E’ difficile dire se riuscirò” ha ammesso il ministro, “per far approvare la legge bisogna lavorare sul buon senso e sul dialogo, trovare le persone sensibili. E’ la società che lo chiede, il Paese sta cambiando”. “Bisogna lavorare molto per trovare i numeri necessari” ha aggiunto precisando di non pensare a un eventuale fallimento. Coinvolgere Mario Balotelli come testimonial di una campagna a favore dello ius soli? “Una buona idea” per il ministro per l’Integrazione. “Non lo conosco personalmente – ha detto a Lucia Annunziata – so che lui sta subendo atti di razzismo, ma riesce a testa alta a dare un forte contributo all’Italia, che è il nostro Paese”.

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E ancora: “Occorre rivedere la struttura dei Cie e lo stato di emergenza” legato agli sbarchi. Bisogna, ha spiegato, “guardare alla direttiva europea che l’Italia ha ratificato in modo sbagliato” anche riguardo alla permanenza di 18 mesi “che devono essere una extrema ratio”. “La direttiva non chiede all’Italia di mettere nei Cie persone malate, fragili, minori, ma solo persone pericolose o criminali”. “Il mio ministero riprenderà anche il tema delle comunità religiose e della loro integrazione e della loro liberta religiosa, come ha fatto l’ex ministro Riccardi. Non posso dare però certezza della realizzazione di una moschea per l’Expo del 2015 di Milano. Porrò il tema alla attenzione del governo”. Così rispondendo a una domanda sulla possibilità della creazione di un luogo di culto islamico nel 2105 in occasione di Expo a Milano, posta Davide Piccardo, coordinatore della associazioni islamiche di Milano.

BALOTELLI ACCETTA – Mario Balotelli risponde presente al ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge e si rende disponibile per un ruolo da testimonial di una campagna in favore dello ius soli. ‘’Sono sempre disponibile’’ per la lotta al razzismo e alle discriminazioni, ha spiegato in una dichiarazione affidata all’ANSA l’attaccante del Milan

RIVOLTA PDL – “Non accetto le intimidazioni di esponenti del Pd che tentano demagogiche speculazioni sulla pelle del prossimo. Lo ius soli con l’automatica concessione della cittadinanza a tutti coloro che nascono in Italia non sarà mai legge della Repubblica italiana”. Lo dichiara Maurizio Gasparri, vicepresidente Pdl del Senato. Sulla stessa lunghezza d’onda l’ex presidente del Senato Schifani: “Non si esageri e si usi maggiore cautela anche da parte dei membri del governo. Quello del ministro Kyenge, che annuncia urbi et orbi che il reato di immigrazione clandestina andrebbe abrogato e un ddl sullo ius soli nelle prossime settimane, è soltanto l’ultimo episodio”. “E’ sintomatico di un atteggiamento che non tiene in alcun conto il ruolo del Parlamento e il necessario coordinamento con i capigruppo della maggioranza, richiamato espressamente dal presidente del Consiglio nel suo intervento”, aggiunge Schifani: “Non si possono fare proclami solitari, senza che gli argomenti siano discussi e concordati in un ambito collegiale. Ci auguriamo che si cambi rapidamente registro e ci si renda conto che il governo attuale è fatto di larghe intese e dunque di scelte comuni. Le iniziative personali ed i diktat, come quello di Fassina e compagni sul presidente Berlusconi, non inducono all’ottimismo”.

Schifani poi è tornato a parlare su SkyTg24: “Ben venga Balotelli come testimonial dei diritti”. Il presidente dei senatori del Pdl, tuttavia, invita il presidente del consiglio Enrico Letta a richiamare i suoi ministri a maggiore cautela quando si parla di temi che non rientrano nel programma di governo. Intervistato da Skytg24, Schifani spiega: “E’ un governo di servizio” quello sostenuto anche dal Pdl, ma “quello che ha detto il ministro Kyenge non rientra nel programma. Credo che sia necessario che in queste ore di avvio delicato” del lavoro dell’esecutivo “il premier spieghi ai propri ministri che una maggiore sobrieta’ su temi non discussi tra la maggioranza sarebbe auspicabile” altrimenti gli stessi ministri “potrebbero creare nocumento al governo stesso”. Schifani ha anche ricordato come l’onorevole Biancofiore “per una intervista sia stata costretta ad accettare il ritiro delle deleghe” mentre il viceministro Fassina “ha posto un veto inaccettabile e odioso sul nostro leader e Kyenge ha anticipato la presentazione di un disegno di legge senza che fossero presi uguali provvedimenti. Sullo ius soli ci sono tante modalità, non c’è una chiusura pregiudiziale del centrodestra, ma la parola ius soli da sola non dice nulla. Mi stupisce che il ministro ne abbia parlato in maniera così secca, cosi’ tranchant. Come mi stupisce che abbia detto che il reato di immigrazione clandestina sia stato voluto da una maggioranza politica. Sappia il ministro che quella maggioranza e’ parte della maggioranza che sostiene il governo”.

LEGA – La Lega Nord continua a criticare le posizioni di Cecile Kyenge. “La ministra dell’Integrazione pensa che andrebbe abolito il reato di immigrazione clandestina. Io invece penso che andrebbe subito abolito proprio il ministero dell’Integrazione”, scrive il segretario della Lega lombarda, Matteo Salvini, su Facebook.

PD – Livia Turco, presidente del Forum Politiche Sociali e Immigrazione del PD, in una nota afferma: “Sull’emigrazione no alle ventennali contrapposizioni dobbiamo trovare nuove sintesi. Se partiamo dai fatti, se valutiamo gli effetti e i risultato delle leggi possiamo, anche in un ottica di collaborazione, rivedere le norme risultate inefficaci” E “scrivere una nuova legge-quadro che si collochi nel nuovo contesto europeo ed euro mediterraneo”.

“Sicuramente è profondamente inefficace e disumano il trattenimento fino ai 18 mesi nei Cie che, contrariamente a quanto dice Maroni – prosegue Livia Turco – non è affatto imposto dalla Direttiva Europea ma è solo una opzione possibile all’interno di un contesto il rimpatrio volontario assistito che e’ l’opposto del sistema del trattenimento forzato e dell’espulsione. Sempre se guardiamo ai fatti risultano profondamente inadeguate le norme sul lavoro contenute nella Bossi-Fini, per non parlare poi della solitudine dei comuni nel gestire le politiche dell’integrazione. Dunque, se vogliamo il bene del Paese e governare in modo efficace l’immigrazione dovremmo metterci intorno ad un tavolo e scrivere una nuova legge-quadro che si collochi nel nuovo contesto europeo ed euro mediterraneo. E sulla cittadinanza ai figli degli immigrati Gasparri deponga il suo elmetto e ascolti le sagge parole di Napolitano, prenda atto della nuova cultura che c e’ nel paese e dia il suo contributo per fare una legge saggia ed equilibrata”.

BOLDRINI – Riconoscere la cittadinanza agli immigrati e’ una questione di civiltà. Lo sottolinea la presidente della Camera Laura Boldrini oggi in visita a Venezia. Il tema e’ emerso da una domanda di un cameriere albanese del Caffe’’ Lavena di Piazza San Marco che ha due figli e vive da 17 anni in Italia. “E’ una questione di civilta’ – ha risposto la Boldrini – con cui fare i conti. Il presidente Napolitano ha sollecitato più volte di cambiare la legge sulla cittadinanza. Visto l’affetto che circonda Napolitano ho la sensazione che la questione sara’ recepita presto”. “E’ anacronistico che i ragazzi nati in Italia – ha aggiunto – che vivono con i nostri figli non possano avere la cittadinanza. E’ una questione di civilta’ e il Parlamento deve prenderne atto”.

Razzismo: ecco il documento del discorso di Boateng all’ONU

Razzismo: ecco il documento del discorso di Boateng all’ONU

23 marzo alle 10:03

Un documento che nel suo genere ha un valore che va oltre lo sport. E’ il testo originale, in inglese, con le ultime limature, letto giovedì scorso all’Onu di Ginevra, da Kevin Prince Boateng, testimonial della giornata internazionale antirazzista. Un intervento, quello del giocatore ghanese del Milan, di grande impatto. Sicuramente per l’emozione, Boateng ha lasciato sul tavolo dei relatori nella grande sala che ospitava l’incontro presieduto dall’Alto Commissario per i Diritti Umani, la sudafricana Navi Pillay, le quattro cartelle della sua appassionata dichiarazione. E’ lì che le abbiamo raccolte, nella sala ormai vuota. E le offriamo ora alla lettura di tutti e alla riflessione di ciascuno.

IL DISCORSO INTEGRALE IN ITALIANO

Madame Pillay, Alto Commissario per i Diritti Umani,
Eccellenze, 
Stimati colleghi relatori ed esperti, 
Signore e Signori,

Il fatto che abbiamo appena visto nel video è accaduto lo scorso 3 gennaio a Busto Arsizio durante una gara amichevole disputata tra il mio Club, l’AC Milan, e una squadra di quarta divisione. Ho deciso di interrompere la gara e ho scagliato la palla sulle tribune perchè mi sentivo profondamente arrabbiato e offeso dalle ingiurie razziste a me indirizzate dagli spalti.

Di per sè questo gesto non avrebbe avuto particolare risonanza.

Tuttavia i miei compagni di squadra dell’AC Milan mi hanno subito seguito fuori dal campo senza neppure un attimo di esitazione.

La cronaca del fatto che l’intera squadra dell’AC Milan avesse proprosto in campo un risoluto e univoco atteggiamento contro gli atti di razzismo in essere ha generato titoli di prima pagina nei media di tutto il mondo. Questa è la ragione della mia presenza qui oggi.

Vorrei ringraziare l’alto Commissario per i diritti Umani, la Signora Navi Pillay, e la Sezione Anti-Discriminazione del Suo Ufficio per il cortese invito. E’ un onore per me avere la possibilità di parlare qui oggi.

Signore e Signori, siamo nel 2013 e il razzismo è ancora tra noi e rappresenta ancora un problema.

Il razzismo non è solo un argomento da History Channel o qualche cosa che si riferisce alle storie dei tempi passati o che semplicemente accade in territori lontani dal nostro. Il razzismo è reale ed esiste qui e ora. Il razzismo si trova nelle strade, sul posto di lavoro e anche negli stadi di calcio.

Ci sono stati momenti nella mia vita in cui non volevo neanche affrontare il problema. Ho cercato di ignorare il razzismo, come se fosse un mal di testa che sai andrà via prima o poi, basta aspettare.

Ma quella era una illusione. Il razzismo non va via da solo. Se non lo fronteggiamo, dilagherà.

Abbiamo il dovere di fronteggiare il razzismo e combatterlo.

Il concetto di “un po’ razzista” non esiste. Non esistono quantità tollerabili di razzismo. Il razzismo è assolutamente inaccettabile e insostenibile indipendentemente dal luogo o dalla forma in cui si manifesta.

Il razzismo, inoltre, va ben al di là del bianco contro nero. Ci sono molti altri tipi di razzismo che arrivano da persone di diverse nazionalità e colori.

Il grande problema con il razzismo è che non esiste un vaccino per combatterlo. Non ci sono antibiotici da prendere. E’ come un virus altamente pericoloso e infettivo, che viene rafforzato dalla nostra indifferenza e staticità.

Quando ho giocato con la Nazionale Ghanese ho imparato a combattere la malaria. Vaccinare le persone non è sufficiente. Bisogna anche prosciugare gli stagni dove le zanzare portatrici della malattia proliferano.

Penso che la malaria e il razzismo abbiano molto in comune.

Gli stadi di calcio possono essere i luoghi dove persone con differenti culture etniche si riuniscono per sostenere la propria squadra del cuore o possono simbolicamente essere anche uno stagno pericolosissimo dove le persone sane vengono infettate dal virus del razzismo. Non possiamo permettere che il razzismo si diffonda proprio davanti ai nostri occhi. Gli stadi di calcio, come tanti altri luoghi, sono pieni di giovani. Se non prosciughiamo gli stagni, tanti di loro che oggi sono sani, potrebbero prendere una delle malattie più pericolose dei giorni nostri.

Noi, che siamo costantemente sotto gli occhi dell’opinione pubblica abbiamo molte più reponsabilità. Non possiamo permetterci di essere indifferenti o passivi.

Tanti sportivi, uomini e donne come me e i miei compagni di squadra dell’AC Milan, tanti artisti dello spettacolo e del mondo della musica e dell’informazione hanno opportunità uniche e quindi una speciale responsabilità.

Noi abbiamo la possibilità di parlare e raggiungere il cuore di una parte della popolazione a cui le discussioni a livello politico non potranno mai arrivare.

La storia ci dimostra quanto importanti siano stati i contributi di famosi atleti. Mi permetto di dire che il fatto che il Presidente degli Stati Uniti di America condivida il mio stesso colore della pelle non solo ha a che fare con Martin Luther King, ma anche con Mohammad Ali.

Uno dei momenti più intensi e commoventi della mia vita finora è stato quando ho incontrato Nelson Mandela durante il Campionato del Mondo in Sud Africa nel 2010. Che uomo incredibile, sia nella finezza di mente sia nella caratura di spirito!

La sua vita mi ha dimostrato che fare valere la propria voce contro il razzismo è meno pericoloso che la muta impassibilità.

Nondimeno, è tanto importante e necessario opporsi al razzismo oggi come lo è stato nel passato. Dobbiamo ispirarci alle persone che hanno messo le proprie vite a rischio per la causa.

Sono convinto che commetteremmo un fatale e pericolosissimo errore se credessimo che si possa combattere il razzismo ignorandolo e sperando che scompaia da solo come un brutto mal di testa.

Questo non succederà.

In qualsiasi momento le nostre strade si incorceranno con quella del razzismo il nostro dovere è quello di alzarci e agire, esporci e prevenirlo quando possible, prosciugare gli stagni da cui ha avuto origine e da cui è proliferato.

Grazie per il vostro ascolto.

Gang di latinos importavano cocaina nelle viscere di cani che poi venivano uccisi

Gang di latinos importavano cocaina nelle viscere di cani che poi venivano uccisi

Per portare la droga in Italia si servivano dei loro cani come vettori: in Messico un veterinario compiacente piazzava chirurgicamente gli ovuli di cocaina purissima tra gli organi degli animali, che una volta arrivati a destinazione venivano uccisi e smembrati per recuperare la sostanza. Una strage di cani. Su 48 accertati per trasportare 1.250 grammi a viaggio, soltanto uno si è salvato. E’ uno degli aspetti emersi nel corso dell’indagine sulle bande sudamericane, le ‘pandillas’, condotta dalla polizia di Stato e diretta dalle Procure della Repubblica presso il Tribunale ordinario e per i Minorenni di Milano, che lunedì ha portato all’esecuzione di 75 ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la persona, il patrimonio, traffico di stupefacenti e detenzione di armi. Quasi tutti i destinatari – sparsi in numerose città del Nord – sono sudamericani, 57 dei quali maggiorenni e 18 minorenni. Indagate, inoltre, altre 112 persone, mentre perquisizioni sono state effettuate nelle province di Bergamo, Brescia, Lodi, Pavia, Piacenza, Novara, Varese, e a Roma.
Dimostrata l’esistenza di un vincolo associativo all’interno delle pandillas – Investigatori e inquirenti hanno sottolineato che, per la prima volta, è stata dimostrata l’esistenza di un vincolo associativo all’interno delle pandillas, il cui operato viene così parificato a quello delle organizzazioni criminali più consolidate, potendo contare su elementi tipici come la gerarchizzazione, la lotta per il territorio a colpi di omicidi, le dinamiche di reperimento di risorse economiche. Ed ecco dunque innestarsi il traffico di stupefacenti, avviato dopo il contatto di un narcos messicano con la pandilla dei ‘Latin Kings’, uno dei quattro gruppi coinvolti negli arresti assieme ai Nietas, LuzBel, e Trebol.
Cani usati per eludere i controlli e poi uccisi – Per portare la droga usavano cani di grossa taglia (San Bernardo, Gran Danese, Dog de Bordeaux, Mastino napoletano, Labrador) all’interno dei quali occultavano gli ovuli in modo da renderli invisibili ai raggi x. Per farlo avvolgevano i panetti nel cellophane, poi nella carta carbone, di nuovo nel cellophane e infine li chiudevano con scotch di vinile nero (impenetrabile ai raggi).
L’organizzazione è stata sgominata – I cani arrivavano all’aeroporto di Milano e poi erano portati a destinazione in varie città del nord Italia. Anche a Pisa, dove nell’aprile 2012 un animale è riuscito a salvarsi grazie alla confessione della donna di un trafficante. La donna ha litigato col compagno a causa dei lamenti del cane e le urla hanno convinto i vicini a chiamare i carabinieri; quando i militari sono arrivati sul posto, la sudamericana ha raccontato che nel cane si nascondeva la cocaina. Gli agenti del commissariato Mecenate, da cui è partita l’indagine, hanno inoltre seguito le bande milanesi riuscendo a filmare e raccogliere materiale finora inedito che fotografa la struttura dei gruppi di sudamericani. Nelle immagini si vedono riti d’iniziazione con pestaggi, gesti in codice tra bande, e preghiere all’ombra della “Letteratura”, la Bibbia delle pandillas.

Assegno sociale 2013: requisiti, importo e come ottenerlo

Assegno sociale 2013: requisiti, importo e come ottenerlo

L’assegno sociale è una prestazione di carattere assistenziale che prescinde del tutto dal versamento dei contributi e spetta ai cittadini che si trovino in condizioni economiche disagiate ed abbiano situazioni reddituali particolari previste dalla legge. Con la riforma Fornero ci sono state piccole modifiche alle norme per la sua erogazione. Ecco una veloce guida aggiornata al 2013. 

Assegno sociale 2013 – L’importo dell’assegno sociale per l’anno 2013 è stato ritoccato dall’INPS a 442,30 euro mensili, pari a 5.749,90 euro l’anno. 

Assegno sociale requisiti – Hanno diritto alla riscossione dell’assegno sociale tutti i cittadini italiani che: 1) abbiano compiuto il 65° anno di età, 2) che risiedono effettivamente e abitualmente in Italia, 3) che possiedono redditi di importo inferiore ai limiti stabiliti dalla legge. 

Assegno sociale stranieri – In particolari condizioni ne hanno diritto i cittadini comunitari, gli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno CE, nel caso di soggiornanti di lungo periodo. Per avere diritto all’assegno sociale occorre avere soggiornato in Italia per almeno dieci anni. 
L’importo dell’assegno sociale è importante come parametro: 1) per l’autorizzazione all’ingresso per il ricongiungimento familiare: lo straniero che chiede di essere autorizzato a farsi raggiungere dalle categorie stabilite dalla nuova normativa entrata in vigore il 5 novembre 2009, deve dimostrare di avere un reddito, pari almeno all’importo annuo dell’assegno sociale aumentato della sua metà per ogni persona da ricongiungere; 2) per rilascio del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciato dopo 5 anni di soggiorno regolare e subordinato al possesso di questo requisito di reddito minimo. 

Assegno sociale importo – La misura massima dell’assegno spettante è determinata dalla differenza tra il limite di reddito previsto annualmente e il reddito dichiarato.
In relazione all’entità del reddito personale e/o coniugale, l’assegno sociale può essere liquidato in misura intera o ridotta. L’importo mensile dell’assegno è dato dalla misura massima spettante, divisa per 13 mensilità. Ecco la nuova tabella dei redditi:

Richiedente – 5.749,90 € annui – 442,30 € mensili
Richiedente + 1 familiare – 8.624,85 € annui – 663,45 € mensili 
Richiedente + 2 familiari – 11.499,8 € annuali – 884,6 € mensili
Richiedente + 3 familiari – 14.374,75 € annuali – 1.105,75 € mensili
Richiedente + 4 familiari – 17.249,7 € annuali – 1.326,9 € mensili
Richiedente + 2 o più minori di 14 anni – 11.449,8 € annuali – 884,6 € mensili
Richiedente + 2 o più minori di 14 anni e un familiare – 14.374,75 € annuali – 1.105,75 € mensili

Assegno sociale invalidi civili – Prima del compimento del 65° anno di età, l’assegno sociale spetta automaticamente a chi è già stato riconosciuto invalido civile. Per la determinazione dei limiti di reddito ci si riferisce a quelli previsti per la liquidazione dei rispettivi trattamenti di invalidità di cui godevano, e si considerano esclusivamente i redditi personali. Di fatto i requisiti reddituali sono gli stessi che determinano la concessione delle prestazioni per invalidità civile. L’erogazione dell’assegno sociale è incompatibile con rendite e pensioni di validità a carico di qualsiasi ente (INPS, Stato, INAIL, casse professionali). In questo caso il beneficiario è chiamato a scegliere il trattamento maggiormente favorevole. 

Assegno sociale richiesta – La domanda può essere inoltrata esclusivamente in via telematica attraverso uno dei seguenti canali: 1) via Web, avvalendosi dei servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto, www.inps.it; 2) via telefono, chiamando il contact center integrato al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico; 3) tramite patronati e tutti gli intermediari dell’Istituto, usufruendo dei servizi telematici offerti dagli stessi.

Assegno sociale quando spetta – L’assegno sociale ha decorrenza a partire dal 1° giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda e in presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge (età, cittadinanza, residenza effettiva e dimora abituale in Italia, requisiti reddituali).

Assegno sociale verifiche – La verifica del possesso dei requisiti viene fatta annualmente: l’assegno sociale è sempre liquidato con carattere di provvisorietà sulla base del reddito presunto. Nell’anno successivo l’Inps opera la liquidazione definitiva o la modifica o la sospensione sulla base delle dichiarazioni reddituali rese dagli interessati.