Italia sempre più verde: in 50 anni gli alberi sono triplicati.

Italia sempre più verde: in 50 anni gli alberi sono triplicati. La Sardegna leader nella superficie totale

di Alma Daddario

La natura si riprende sempre gli spazi abbandonati dall’uomo. E’ quello che è successo negli ultimi cinquant’anni in Italia. Secondo il calcolo del terzo inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio infatti, tra pochi mesi il nostro Paese si avvicinerà alla quota record di undici milioni di ettari di superficie forestale. Si tratta, rispetto ai dati del 2005, anno dell’ultimo rilevamento ufficiale, di un aumento di oltre seicentomila ettari.
A livello regionale è boom in alcune aree del Mezzogiorno: al primo posto c’è il Molise, con un incremento di quasi il 17 per cento, seguono la Sicilia con il 16 per cento, la Basilicata con l’11 per cento, il Lazio con il 10 e la Calabria con il 9 per cento. La Sardegna si conferma leader nella superficie totale con più di 1,2 milioni di ettari, superando la Toscana ferma a quota 1,19 milioni.
Anche sotto il profilo economico i dati sono positivi, secondo il Corpo Forestale dello Stato.“Secondo le ultime stime”, ha affermato in proposito Enrico Pompei, responsabile dell’inventario nazionale: “questi alberi in più evitano all’Italia multe internazionali per circa due miliardi di euro. Le foreste infatti assorbono l’anidride carbonica e immobilizzano grandi quantità di carbonio. Questo permette al nostro Paese di avvicinarsi sempre più agli obiettivi previsti dalle politiche climatiche internazionali”.
Per una volta questo risultato positivo è anche merito, seppur indiretto, dell’uomo che, avendo abbandonato negli anni l’agricoltura di collina e montagna, ha permesso agli alberi di insinuarsi e proliferare nelle aree che non vengono più coltivate. Questo stato di fatto è ancora più evidente se si osservano le differenze tra regione e regione, tra nord e sud del Paese.
Al nord il tasso di crescita delle foreste è relativamente modesto, al sud è il contrario. In regioni come la Calabria o la Sicilia coltivare nelle aree collinari e montuose infatti  non è conveniente, diversamente in regioni del nord come il Trentino e l’AltoAdige, il tasso di abbandono umano delle aree di montagna è più basso, grazie alle politiche di incentivazione per chi resta sul territorio.
La situazione che si è venuta a creare potrebbe anche rappresentare una svolta positiva per il fabbisogno energetico di vaste aree del nostro Paese, se ben gestita. Il Corpo Forestale dello Stato ha calcolato che dai boschi nazionali si potrebbe ottenere energia sino all’equivalente di 3,24 milioni di tonnellate di gasolio l’anno, pari all’1,6 per cento dei consumi energetici nazionali, e cosa più importante: senza intaccare gli equilibri ambientali e la biodiversità dei territori. Basterebbe tenere conto di quanto può effettivamente offrire il bosco circostante, e rispettare la tempistica della ricrescita delle piante. A tutt’oggi è un dato di fatto che ancora 10 milioni di impianti domestici sono alimentati a legna.
Questo inaspettato patrimonio naturale va gestito oculatamente, rappresenta una ricchezza preziosa ma delicata, perché gli alberi si trovano sempre più vicini alle aree abitate, o dove agiscono e vivono esseri umani che possono danneggiarli, per esempio con incendi dolosi o anche accidentali. Altro problema non indifferente, secondo i dati del Corpo Forestale, è quello rappresentato dai drammatici e repentini cambiamenti climatici che hanno determinato il proliferare di insetti e nuovi parassiti. Un problema che non riguarda solo l’Italia, che si sta cercando di risolvere anche a livello di Comunità Europea, per impedire la morte di migliaia di alberi, come è successo recentemente in Portogallo.

Il precariato intellettuale raccontato da un film davvero divertente

Il precariato intellettuale raccontato da un film davvero divertente

di Marco Lodoli

 

Ogni tanto gli italiani, facendo appello alla lunga tradizione della commedia, sanno tirare fuori un film dai costi contenuti ma pieno di idee, un’operetta agrodolce che riesce a farci ridere dei nostri guai contemporanei. E’ il caso di “Smetto quando voglio” di Sidney Sibilia, candidato a svariati premi Donatello e soprattutto ancora vivo in sala, benché sia uscito addirittura a febbraio. I film italiani faticano a reggere per più due settimane, di solito vengono smontati rapidamente da esercenti che guadagnano molto di più proiettando kolossal americani: ma stavolta il nostro Davide ha retto il confronto con i vari Golia a stelle e strisce, grazie soprattutto al famoso tam tam. Chi l’ha visto, l’ha consigliato agli altri, e non c’è migliore pubblicità di un amico che ti dice: vai tranquillo, e poi ne parliamo. Tutta la vicenda è incentrata su un gruppetto di ricercatori ed ex ricercatori universitari che navigano tra i trenta e i quarant’anni, molti di loro sono stati rigettati da commissioni pilotate e baroni lestofanti, e ora campicchiano da semiproletari, sono benzinai, lavapiatti, giocatori di poker, esseri ormai quasi perduti nel nulla. L’unico che potrebbe avere delle speranze è Pietro, geniaccio della microbiologia, quasi sul punto si scoprire un logaritmo decisivo per lo sviluppo della ricerca molecolare. Ma anche lui viene brutalmente segato dai suoi professori, e così di colpo si ritrova senza un soldo in tasca, con un compagna piuttosto esigente, quasi aggressiva, che lavora con i tossicodipendenti e sogna una tranquilla vita di coppia. Spalle al muro, Pietro capisce che l’unica via d’uscita è la creazione e lo spaccio di una smart drug che può realizzare insieme ai suoi vecchi amici, una droga sintetica basata su una sostanza che ancora non appare nell’elenco dei prodotti proibiti stilato dal Ministero. Tutta la comicità del film sta nel contrasto tra la serietà accademica dei nostri eroi e il nuovo mondo nel quale si avventurano, tra la loro goffaggine e la spietatezza di un mercato criminale. L’idea funziona alla grande, è un racconto graffiante sulla condizione dei nuovi precari, persone spesso di altissimo livello intellettuale, costrette a ravanare nel fondo del barile. Si ride parecchio e allo stesso tempo si sente scendere nell’anima una malinconia senza fine. Non vi racconto tutti i passaggi narrativi del film per non rovinarvelo, caso mai ancora non l’abbiate visto: ma voglio anch’io battere sulla pelle del tamburo, alimentare il tam tam, provare a spingere nuovi spettatori al cinema. Troppi film raccontano il nostro tempo in modo quasi patologico, aggiungendo dolore a dolore, malattia estetica a malattia sociale. Sidney Sibilia ha scelto la strada dell’opera buffa, un teatrino di marionette disarticolate che arrancano sul palcoscenico dissestato del presente e che ci fanno sorridere dei nostri guai, senza dimenticarli neppure per un attimo. Il film ha sicuramente tanti piccoli difetti, però ha la forza che muove da un’intuizione semplice e diretta: l’unica economia che funziona è quella criminale, il resto è un catalogo di buone intenzioni prese a bastonate dal cinismo dominante.

Costruiti gli spermatozoi robot utili per la fecondazione assistita

Costruiti gli spermatozoi robot utili per la fecondazione assistita

Non potrebbero avere compito più adatto dell’essere di aiuto nella fecondazione artificiale, i primi spermatozoi robot mai costruiti. Ma questi microrobot in grado di viaggiare nell’organismo umano guidati da un campo magnetico potranno essere utili anche per molti altri compiti, come somministrare farmaci o aiutare i biologi a smistare le cellule. Si chiamano “MagnetoSpermatozoi”, hanno una testa di silicio incapsulata in un ‘casco’ di cobalto e nichel e la coda libera di muoversi. Descritti sulla rivista Applied Physics Letter, sono nati dalla collaborazione fra l’università olandese di Twente e l’Università Tedesca de Il Cairo.
Spermatozoi robot sono controllati dai campi magnetici  – Lunghi 322 millesimi di millimetro (micron), gli spermatozoi robot sono controllati da debolissimi campi magnetici dall’intensità di circa cinque millitesla, all’incirca quella di uno dei magneti decorativi che si attaccano sul frigorifero. Per effetto dal campo magnetico la testa gira su stessa, imprimendo un movimento di torsione alla coda, che di conseguenza comincia ad oscillare. In questo modo i ricercatori riescono a guidare l’automa-spermatozoo con precisione e in modo del tutto controllato, fino a un obiettivo prefissato.
MagnetoSpermatozoi di ispirano alla natura – ”I nostri microrobot si ispirano alla natura, che ha progettato strumenti di locomozione molto efficienti nella micro-scala”, ha detto il responsabile scientifico della ricerca, Sarthak Misra, dell’Università di Twente. Tuttavia, ”i MagnetoSpermatozoi possono anche essere utilizzati per manipolare e assemblare oggetti microscopici”, ha aggiunto Islam Khalil, dell’Università Tedesca del Cairo.
Robot potranno essere usati per altri importanti compiti – Non si esclude, per esempio, che un giorno gli spermatozoi robot possano essere introdotti all’interno delle arterie per liberarle dai trombi che ostacolano il regolare flusso del sangue. Sempre guidati da debolissimi campi magnetici, potranno portare all’interno dell’organismo farmaci da ‘recapitare’ con precisione, o rendere più semplici gli interventi di fecondazione assistita. Nel frattempo i ricercatori sono al lavoro sugli sviluppi futuri del programma e il prossimo obiettivo è rendere i MagnetoSpermatozoi ancora più piccoli, con una coda fatta di nanofibre magnetiche.
03 giugno 2014

Tavecchio che avanza

Tavecchio che avanza: largo ai giovani e alla bella Hawaiana

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Da unico frutto dell’amor a frutto del peccato. Continua la polemica dopo la gaffe razzista diTavecchio, la scivolata sulla buccia di banana del candidato alla presidenza della Figc ha creato un caso politico riportato anche dalla stampa internazionale. “Clamoroso autogol, ma rispettiamo l’autonomia della Federcalcio” così il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Da una parte Partito Democratico e Sel che chiedono un passo indietro – “Il caso non dovrebbe nemmeno essere in discussione: la sua candidatura semplicemente non può essere presa in considerazione” dice la vice segretaria dei Democratici, Debora Serracchiani – dall’altra Forza Italia  – Daniela Santanchè: “Alla sinistra è andato di traverso il brivido patriottico di Tavecchio” –  e Lega Nord – “Renzi occuperà di diritto anche la poltrona di Presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio. Da domani banane vietate per legge in tutti i negozi” ironizza Matteo Salvini – che considerano la polemica esagerata.

Carlo Tavecchio intanto prova a rimediare alle dichiarazioni fuori luogo – “Qui fanno i titolari quelli che prima mangiavano le banane” – e si difende:
“Se qualcuno ha interpretato il mio intervento come offensivo, me ne scuso. Tra l’altro la mia vita è improntata all’impegno sociale, al rispetto delle persone, tutte, e al volontariato, in particolare in Africa”. Immediata la risposta dell’ex ministro dell’integrazione Cecile Kyenge: “Atteggiamento paternalistico nei confronti di chi si pensa inferiore e da civilizzare”.

“Accetto tutte le critiche – aggiunge Tavecchio – ma non l’accusa di razzista perché la mia vita testimonia l’esatto contrario. Nel mio discorso in maniera impropria, e per questo mi scuso ancora una volta, mi riferivo al fatto che sono a favore dell’integrazione, ma al contempo rinnovo la necessità di scoraggiare l’utilizzo di calciatori che non migliorano la qualità del nostro campionato. Come scritto nel mio programma elettorale, se sarò eletto Presidente della Figc, la federazione condurrà una politica fattiva contro ogni discriminazione”.

La partita politica è appena cominciata. A fare da arbitro non ci sarà né l’Uomo Del Monte né Dani Alves ma la Fifa, che ha chiesto alla Figc di aprire un’indagine sulle parole razziste pronunciate dal favorito nella corsa per la poltrona lasciata vuota da Abete. Dopo il plebiscito in assemblea di Lega per il Tavecchio che avanza ora qualche club di serie A comincia a prendere le distanze dal candidato classe 1943 e dalla Repubblica delle Banane, almeno a parole, in attesa delle elezioni previste per il prossimo 11 agosto.

Adesso largo ai giovani, alla bella Hawaiana e all’unico frutto dell’amor. Si spera. Ma occhio a non scivolare.

Concordia: via alla demolizione

Concordia: via alla demolizione, si cerca l’ultimo disperso. Schettino: “La mia fu una decisione giusta”

Concluso con successo l’ultimo viaggio, la delicata operazione di trasferimento dall’Isola del Giglio al porto di Genova, Costa Concordia verrà ora finalmente avviata alla demolizione nello stesso scalo dove era stata costruita e varata nel settembre 2005. Sull’argomento è intervenuto anche Francesco Schettino.
Le barriere anti inquinamento – I primi lavori propedeutici allo smantellamento e al riciclo del relitto sono cominciati domenica, subito dopo l’ormeggio nel porto e il passaggio di proprietà della nave da Costa Crociere al consorzio Saipem – San Giorgio, con la sistemazione di una prima barriera di panne per impedire la fuoriuscita di liquidi o di altri materiali inquinanti. Una seconda barriera protettiva, costituita da una serie di grandi pannelli in pvc, verrà installata oggi intorno al perimetro della nave.
Ricerche dell’ultimo naufrago – Cominceranno intanto in queste ore le prime riunioni per organizzare le ricerche all’interno del relitto della 32esima vittima del naufragio, il cameriere indiano Russel Rebello, il cui corpo non è stato ancora ritrovato. “Il primo pensiero -ha ricordato l’ammiraglio Vincenzo Melone, comandante della Capitaneria di Porto di Genova, durante la conferenza stampa organizzata al termine delle operazioni di attracco- va chiaramente a quella persona che speriamo di poter ritrovare a bordo della nave”.

Dichiarazioni di Schettino – “L’esito positivo ed encomiabile della complessa operazione che ha consentito di recuperare la Concordia senza creare danni ambientali, ha rafforzato la mia convinzione di avere compiuto quella notte la giusta decisione nel lasciarla adagiare sul basso fondale anziché correre il rischio che potesse inabissarsi al largo”. ”L’inaspettato e repentino abbattimento su di un lato della nave, congiuntamente alle concause verificatesi, queste ultime tuttora in corso di accertamento processuale, hanno purtroppo contribuito alla dolorosa perdita di vite umane – continua Schettino – Questo evento luttuoso nel dolore unisce coloro che sono stati direttamente toccati negli affetti più cari. Che sia ora la mano dell’uomo a demolirla farà in modo che la Concordia riviva in altre forme e questa consapevolezza allevia ferite che difficilmente possono essere comprese da chi non è addetto ai lavori”. ”Durante il trasferimento – conclude la nota – non ho mai avuto dubbi in merito al buon esito dell’operazione e rivedere la Concordia in porto credo possa essere ragione di riflessione in merito alle scelte compiute, dopo l’urto con il basso fondale delle Scole”.

28 luglio 2014

Sale, occhio a quello nascosto, consumarne troppo favorisce l’obesità

Sale, occhio a quello nascosto, consumarne troppo favorisce l’obesità

di Brigida Stagno

Consumiamo troppo sale: secondo dati recenti, il 97 per cento degli uomini e l’87 per cento delle donne ne farebbe un uso eccessivo, con conseguenze negative sulla salute. L’abitudine ai piatti saporiti, dovuta anche all’entrata prepotente dei cibi confezionati, più appetibili perché addizionati con sale, oltre che più veloci da preparare, ha fatto perdere il gusto per i sapori semplici e naturali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità però è severa in proposito: mai superare i 5 g al giorno, pari a circa un cucchiaino raso da caffè e 2 g di sodio, ma gliitaliani ne consumano il doppio, circa 10 g.
I rischi del consumo eccessivo di sodio? Ipertensione, malattie cardiovascolari, aterosclerosi, maggiore perdita di calcio con le urine, con conseguenze negative sull’osteoporosi, eccessiva ritenzione di liquidi nelle malattie cardiache, renali ed epatiche e, se la brutta abitudine inizia fin da piccolissimi, anche obesità e ipertensione nelle età successive. Il rischio di obesità vale comunque anche più avanti. Una ricerca pubblicata sulla rivista “Pediatrics” e condotta da ricercatori statunitensi del Medical College of Georgia Regents University di Augusta , condotta su 766 adolescenti, ha dimostrato come apporti elevati di sodio siano associati ad adiposità e alla presenza nel sangue di una citochina prodotta dalle cellule immunitarie, che contribuisce all’infiammazione cronica, anche se le calorie introdotte sono nella norma. Il sale, insomma, non favorirebbe solo la ritenzione idrica, ma potrebbe facilitare anche l’accumulo di grasso.
Abituarsi a consumare poco sale e ai cibi “insipidi” non è poi così complicato: basta ridurlo gradualmente, evitare di tenere la saliera in tavola, non aggiungerlo (o aggiungerne molto poco) nell’acqua di cottura di pasta e verdure, usare per insaporire aceto, limone, spezie e erbe aromatiche.
Ma attenzione: il sale si trova naturalmente anche nell’acqua, nella carne, nella frutta e verdura, non solo nei cibi precotti e conservati e addirittura nei dolci, dove esalta il sapore dello zucchero.Quando si fa la spesa è consigliabile quindi orientarsi verso prodotti a basso contenuto di sale ( pane o crackers senza aggiunta di sale, come il pane umbro o toscano), preferire i formaggi freschi a quelli stagionati, inserire latte e yogurt, poveri di sale, ma ricchi di calcio, e reintegrare con la semplice acqua i liquidi persi con la sudorazione. A tavola è fondamentale limitare l’uso di condimenti contenenti sodio (dado da brodo, ketchup, salsa di soia, senape), evitare snack e insaccati, non aggiungere sale nelle pappe dei bambini per abituarli ad apprezzare da subito cibi poco salati. Quanto al sale dietetico, contiene certamente meno sodio, perché parte del cloruro di sodio è sostituito con cloruro di potassio, ma non bisogna eccedere. Se proprio bisogna usare il sale, meglio allora ricorrere a quello iodato, raccomandato dall’OMS anche per prevenire la carenza di iodio, diffusa in Italia soprattutto nelle aree montane e responsabile di malattie della tiroide.
 

28 luglio 2014

ALIMENTI A BASSO INDICE GLICEMICO: L’ELENCO COMPLETO

ALIMENTI A BASSO INDICE GLICEMICO: L’ELENCO COMPLETO

 

di Antonella Navilio

 

Conoscere gli alimenti a basso indice glicemico è importante non solo per chi vuole tornare in forma, ma anche per prevenire il diabete e, in alcuni casi, anche per tenerlo sotto controllo. Tali alimenti in virtù della loro composizione chimica determinano un innalzamento moderato della glicemia. La glicemia è la quantità di glucosio nel sangue ed è responsabile della secrezione pancreatica dell’insulina, ormone responsabile dell’aumento dell’accumulo adiposo.

L’indice glicemico è la velocità con la quale si alza la glicemia dopo un pasto, ovvero è la capacità di carboidrati e proteine di innalzare la quantità di glucosio nel sangue dopo che son stati digeriti, assorbiti e trasformati dal fegato. Ma se è vero che gli alimenti a basso indice glicemico hanno un impatto metabolico migliore di quello dei cibi a medio o alto IG, è più giusto parlare di indice glicemico di un pasto dal momento che l’eventuale associazione con altri alimenti e il tipo di cottura possono provocare variazioni. Sicuramente, gli alimenti a basso-medio indice glicemico, anche previo cottura, non supereranno mai la soglia di 50-55 punti.

Alimenti a basso indice glicemico: quali sono?

Innanzitutto, sempre meglio optare per i cibi integrali piuttosto che per quelli raffinati, in modo da evitare picchi glicemici. Gli alimenti ricchi di grassi non hanno effetto immediato sulla glicemia, ma nel tempo ne determinano un aumento, mentre quelli che, invece, ne determinano un rallentamento dell’innalzamento sono ricchissimi di fibre, hanno alto contenuto di acqua e agiscono sull’assorbimento del glucosio a livello intestinale. Tra gli alimenti con IG basso sicuramente i cibi ricchi di omega 3 come il salmone e vari crostacei, i semi oleosi come mandorle, nocciole, noci, semi di lino, di sesamo e di girasole, le spezie, in particolare la curcuma e lo zenzero, le erbe aromatiche, il peperoncino e poi ancora le zucchine, la zucca e i suoi semi, che sembra abbia la proprietà di riparare i tessuti danneggiati del pancreas dal diabete, l’avocado, il tofu e in generale la soia e tutti i suoi derivati. Tutti i tipi di legumi, come le lenticchie, i fagioli, i ceci e i piselli secchi, che prevengono i picchi glicemici, il diabete e aiutano a contrastare il colesterolo.

Ancora: spinaci, scalogno, sedano, ravanello, ribes nero, rabarbaro, porri, pinoli, pistacchio, peperoni, pesto alla genovese, l’olio di oliva, ricco di composti fenolici che riducono l’attività infiammatoria dei geni coinvolti nello sviluppo del diabete di tipo 2, insalata, indivia, germogli, funghi prataioli, finocchi, farina di carrube, farina di ceci, crusca, cipolla, crauti e l’elenco potrebbe continuare ancora.

Francesi rosiconi e invidiosi

Jacobelli: francesi rosiconi e invidiosi, giù le mani da Nibali, controllato per 22 volte. E ricordatevi di Armstrong

29 luglio alle 13:42

Puntuali come la loro incapacità di vincere un Tour dal 1985 (Bernard Hinault) e con la puzza sotto il naso che li devasta quando è un italiano a dettare legge in casa loro, alcune testate francesi hanno fatto le spiritose a proposito del trionfo di Vincenzo Nibali nella centounesima edizione della Grande Boucle.

Dopo avere gufato in ogni modo contro il campione siciliano sperando che a vincere fossero Peraud (chi?), Pinot (chi?) e Bardet (chi?), alcuni cugini hanno cominciato il giochino delle allusioni e dei dubbi, che bisogna spazzare via subito e restituire al mittente, memori dell’infame trattamento riservato a Marco Pantani, mai trovato positivo a un controllo antidoping.

Oltre a ricordare ad alcuni fenomeni d’Oltralpe le figure di palta rimediate dagli organizzatori della corsa a tappe più importante del mondo con i 7 Tour di Armstrong poi cancellati dalla storia. Per non dire delle numerose e scandalose storie di doping che hanno costellato la gara negli ultimi anni.

Il serioso, spesso noioso e troppo spesso invenduto quotidiano Le Monde, che pure risulta avere altri problemi legati ad una crisi editoriale di cui non si vede l’uscita, è lo stesso che si genufletteva di fronte ad Armstrong, salvo poi sterzare di centottanta gradi quando Lance è caduto nella polvere.

Dopo la vittoria di Nibali, Le Monde ha scritto: “«Un dominio giudicato sospetto da certi professionisti della lotta antidoping, come gli ispettori dell’Ufficio Centrale per la lotta contro gli attentati alla Salute Pubblica che hanno sorvegliato tutto quello che succedeva attorno all’Astana».

Un dominio giudicato sospetto? Perché? Come? Dove? Quando? E le prove? E i risocntri? E com’è che, all’epoca, non furono usate le stesse parole per Bjarne Riis, vincitore del Tour ’96 e dopato reo confesso, oggi manager di Contador. E, avendo la faccia al posto dei pedali, lo stesso Le Monde è costretto a ricordare come Nibali sia stato controllato per ben 22 voltedall’inizio del Tour, aggiungendo però: «Controlli tutti negativi, in attesa dei risultati completi».

Meno male che c’è L’Equipe  («Il siciliano ha fatto molto di più, restituendo un po’ di umanità alla corsa»), mentre Le Figaro afferma: “Nibali apre una nuova era”, anche se getta sospetti sull’Astana, la squadra di NIbali e ricorda i problemi di doping dell’attuale team manager Alexandre Vinokourov. Per Le Parisien, invece, il podio di NIbali “passerà alla storia”.

Non c’è niente di peggio di chi non non riuscendo a vincere, non sa nemmeno perdere. Le Monde che se la tira tanto dovrebbe andare a lezione dal Wall Street Journal: il prestigioso giornale americano ha sparato in prima pagina la foto di Vincenzo al suo passaggio sotto l’Arco di Trionfo. Dedicato ai rosiconi di Francia. Giù le mani da Nibali. E imparate a pedalare.

Xavier Jacobelli

IL MOSE ERA SOLO UN MAGNA MAGNA

IL MOSE ERA SOLO UN MAGNA MAGNA

 

di Marco Cedolin

 

Quando sei anni fa parlavo della truffa del Mose, durante le conferenze di presentazione del mio libro “Grandi Opere”, ribadendo che si trattava di un’opera inutile e devastante, che avrebbe fagocitato quasi 5 miliardi di euro sottratti ai contribuenti italiani, per l’unico scopo d’ingrassare la mafia del tondino e del cemento ed il bestiario politico ad essa compiacente, percepivo spesso un velo d’incredulità. Il cemento porta lavoro, mi veniva fatto notare, e non si può sempre dire no alle opere che segnano il progresso della nostra nazione.

A guardare i giornali di oggi, il Mose, più che portare lavoro e progresso, sembra avere generato tutta una serie di rubalizi e profitti illeciti (quelli che avevamo ampiamente previsto) che hanno già condotto all’arresto del sindaco di Venezia Orsini (PD) ed alla richiesta di custodia cautelare per l’ex ministro e governatore del Veneto Galan (PdL)…..

I provvedimenti in questione rientrano nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura di Venezia, sul malaffare che ha fatto di contorno (o sarebbe meglio dire da perno) al sistema Mose e che ha già messo in manette 35 persone e prodotto un centinaio d’indagati. Si tratta di uomini politici, imprenditori e perfino di un generale, tutti coinvolti nel magna magna riguardante i miliardi di denaro pubblico, gettati nel buco nero di questa enorme ed inutile infrastruttura.

Come sempre accade in questi casi, l’inchiesta è partita solamente ora che i miliardi stanziati per il Mose sono spariti interamente, e riguarderà in larga misura importi marginali, senza intaccare troppo in profondità il sistema mafioso che è stata l’unica vera (l’acqua alta era poco più che un pretesto) base fondante dell’opera. Ancora qualche altro arresto e qualche altra indagine, poi tutto cadrà nel dimenticatoio e solamente l’obbrobrio di cemento resterà a testimoniare questa ennesima truffa, condotta nel nome del lavoro e del progresso.

Concordia, viaggio senza intoppi

Concordia, viaggio senza intoppi: il team di ingegneri festeggia. Ora inizia lo smantellamento della nave

di 27 luglio 2014Commenti (5)

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«Una grande impresa sembra sempre impossibile, ma poi si arriva in fondo con l’impresa realizzata». L’ammiraglio Stefano Tortora, comandante logistico della Marina militare, che ha seguito fin dall’inizio l’operazione di recupero di Concordia, cita Nelson Mandela per testimoniare la grande soddisfazione che l’arrivo del relitto a Genova, e il suo ormeggio alla diga foranea di Prà, ha infuso in tutti gli attori dell’operazione. Anche l’ultima battaglia della nave, quella contro il vento che questa mattina, durante le ultime fasi dell’avvicinamento al porto di Genova, soffiava con un’intensità tra i 22 e i 25 nodi, è stata vinta. E ad assicurarsi la vittoria è stato un team che, lo ha ricordato Nick Sloane, il salvage master di Concordia, ha avuto la caratteristica di giocare sempre unito. Una caratteristica che è divenuta anche la sua forza.

Alle 17 di ieri, subito dopo che erano stati messi in posizione tutti cavi d’ormeggio del relitto, in modo da assicurarlo alla diga foranea, Sloane, insieme agli altri protagonisti del rigalleggiamento, tra i quali il prefetto Franco Gabrielli, il responsabile del progetto per Costa Crociere, Franco Porcellacchia, l’ammiraglio Tortora e il comandante Gianluca D’Agostino, responsabile a bordo per la sicurezza del trasferimento di Concordia, hanno potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo e parlare in libertà di un’impresa destinata a essere ricordata nella storia della marineria.

«È stata un’esperienza meravigliosa – ha detto Sloane – e la squadra che l’ha portata a termine è stata potentissima. Uno degli elementi che hanno segnato il successo dell’impresa è stata proprio la continuità con cui questa squadra è rimasta unita dall’inizio alla fine dell’operazione. Ora questo capitolo della vicenda si è chiuso. Da questo momento sarà compito della Saipem – San Giorgio (il consorzio che ha vinto la gara per lo smaltimento della nave, ndr) aprirne un altro». Dalle 15,40, di oggi, infatti è stato firmato l’atto di consegna della proprietà della nave che è passata da Costa Crociere al consorzio temporaneo d’impresa Saipem – San Giorgio.

È toccato, invece, a Porcellacchia ricordare come, al di là del risultato ottenuto, ci siano stati anche giorni difficili, in cui sembrava che il progetto potesse subire uno stop. «C’è stato un momento – ha spiegato l’ingegnere – in cui non eravamo sicuri che il progetto di portare a Genova Concordia, nel quale noi credevamo fermamente, fosse accettato. E abbiamo creduto di non avere tutto l’appoggio che, invece, poi abbiamo avuto. Comunque i risultati di quel progetto li abbiamo visti oggi».
Porcellacchia ha aggiunto che «il viaggio verso Genova è andato benissimo. Addirittura, la velocità della nave era superiore a quella calcolata. Allora ho detto a Nick Sloane di rallentare un pochino per rispettare il programma di marcia che avevamo fissato».

E se l’ingegnere afferma di essersi convinto della bontà del piano messo a punto nelle prime fasi, quando con la nave ancora era arenata di fronte al Giglio, e sono state sistemati i due galleggianti di prua, l’ammiraglio Tortora ha spiegato che, nel suo caso, a convincerlo del fatto che si fosse sulla strada giusta è stata la tecnologia messa a disposizione; «in primo luogo – ha detto – da un’industria italiana, la Fagioli, con i suoi strandjack (martinetti idraulici per tendere i cavi che sono stati indispensabili per mettere in sicurezza la Concordia, ndr), in grado di regolare al millimetro la capacità di tiro. E poi i Rov (i robot sottomarini, ndr) che hanno consentito di avere una visione straordinaria dei fondali. Certo ci sono stati anche momenti difficili. Come quando pensavo che, durante parbuckling (l’operazione di raddrizzamento della nave, ndr), il relitto potesse cedere. Ora, comunque, alle imprese genovesi spetta un compito che giudico non molto più semplice di quelli fin qui eseguiti. Quello di demolire la scafo nel rispetto dell’ambiente e mantenendo la dignità della nave».

Da parte sua, Gabrielli ha ricordato, tra l’altro, che «la soddisfazione per l’operazione riuscita non sarà piena fino a quando il corpo dell’ultima vittima (quello del cameriere Russel Rebello, ndr) non sarà recuperato. Questa vicenda si fonda su una tragedia. E la nostra legittima soddisfazione sarà sempre contemperata dalla sobrietà di questa consapevolezza».