Venezia 71, Leone d’oro a “Un piccione su un ramo”.

Venezia 71, Leone d’oro a “Un piccione su un ramo”. Coppa Volpi a Rohrwacher e Driver

La serata finale di Venezia71, il più importante Festival del cinema italiano, ha fatto calare il sipario su un’edizione particolarmente interessante e ricca di titoli e nomi internazionali. Madrina della serata è stata l’attrice Luisa Ranieri che, con la sua grazia e professionalità, ha accompagnato giurati e ospiti in concorso nella cerimonia di premiazione. La Giuria, presieduta da Alexandre Desplat e composta da Joan Chen, Philip Groening, Jessica Hausner, Jhumpa Lahiri, Sandy Powell, Tim Roth, Elia Suleiman e Carlo Verdone, dopo aver visionato tutti i 20 film in concorso, ha deciso di assegnare i seguenti premi:
Un piccione su un ramo che riflette sull’esistenza (A pigeon sat on a branch reflecting on existence) del regista svedese Roy Andersson è il vincitore del Leone d’oro a Venezia71.
Il Leone d’argento per la miglior regia è andato invece a Belye nochi pochtalona alekseya tryapitsyna (The Postman’s White Nights) di Andrej Končalovskij
Nel concorso l’Italia vince due volte con le due Coppe Volpi agli attori di Hungry Hearts di Saverio CostanzoAlba Rohrwacher e Adam Driver.
Belluscone. Una storia siciliana di Franco Maresco ha vinto il premio speciale della giuria Orizzonti.
Il film The look of silence di Joshua Oppenheimer ha vinto il Gran premio della giuria.
Le notti bianche del Postino (The Postman’s White Nights) del regista russo Andrej Konchalovskij ha vinto il Leone d’argento.
Gran premio della Giuria a The look of silence di Joshua Oppenheimer.
Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente a: Romain Paul in Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte.
Premio speciale della Giuria a: Sivas di Kaan Müjdeci.
La Giuria Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima (Luigi De Laurentiis) della 71. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, presieduta da Alice Rohrwacher e composta da Lisandro Alonso, Ron Mann, Vivian Qu e Razvan Radulescu, assegna il premio a: Court di Chaitanya Tamhane nonché un premio di 100.000 USD, messi a disposizione da Filmauro di Aurelio e Luigi De Laurentiis, che saranno suddivisi in parti uguali tra il regista e il produttore.
Gli altri Premi Orizzonti La Giuria Orizzonti della 71. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, presieduta da Ann Hui e composta Moran Atias, Pernilla August, David Chase, Mahamat Saleh Haroun, Roberto Minervini e Alin Tasciyan, dopo aver visionato i film in concorso, assegna:
– Premio Orizzonti per il miglior film a Court di Chaitanya Tamhane
– Premio Orizzonti per la miglior regia a: Theeb di Naji Abu Nowar
– Premio speciale della Giuria Orizzonti a: Belluscone. Una storia siciliana di Franco Maresco
– Premio speciale Orizzonti per la miglior interpretazione a: Emir Hadžihafizbegović in TAKVA SU PRAVILA di Ognjen Sviličić
– Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio a: Maryam di Sidi Saleh European Short Film Award 2014

Cinema: è morto l’attore Robin Williams

Cinema: è morto l’attore Robin Williams, si sospetta un suicidio

Il corpo senza vita trovato nella villa di Marin County

Scritto da Adx | TMNews – 3 ore fa

Cinema: è morto l’attore Robin Williams, si sospetta un suicidioLos Angeles (California), 12 ago. (TMNews) – Il mondo del cinema è sotto shock. Il famosissimo attore Robin Williams è morto all’età di 63 anni.
La notizia è stata resa nota dalla Polizia di Marin County, in California, che è intervenuta successivamente a una segnalazione al 911 che chiedeva aiuto per un uomo incosciente e con difficoltà respiratorie.
Gli inquirenti sospettano che Williams si sia suicidato. “Negli ultimi tempi combatteva con una grave depressione” ha detto la sua portavoce Mara Buxbaum. L’ultima volta che Williams è stato visto vivo è stato domenica sera alle 22. Robin Williams ha vinto un Oscar nel 1997 come miglior attore non protagonista per “Good Will Hunting” ed è stato protagonista di tanti film come “Good Morning Vietnam”, “L’attimo fuggente”, “Hook – Capitan Uncino”, “Mrs. Doubtfire” e della serie “Mork e Mindy”.

Lascia il tuo ricordo su Robin Williams: qual è il tuo film preferito?

L’ultimo messaggio: un dolce augurio alla figliaTutti i volti di Robin WilliamsL’omaggio dell’Academy al ‘Genio’
VIDEO: Riguarda il celebre monologo de “L’attimo fuggente”I suoi ruoli indimenticabili

 

 

Il mese scorso l’ultimo ingresso in clinica

 

In una nota la famiglia ha chiesto il rispetto della privacy. “Ho perso mio marito e il mio miglior amico. Il mondo ha perso uno degli artisti e delle persone più amate – ha scritto la moglie Susan Schneider – Ho il cuore spezzato e speriamo che Robin venga ricordato non per la sua morte ma per gli innumerevoli momenti di gioia e riso che ha dato a milioni di persone”. Messaggi di cordoglio sono arrivati anche dalla famiglia del presidente Obama, da attori e da persone comuni sulla stella che brilla sulla walk of fame di Hollywood. “Era un comico genio e le nostre risate erano il fragore che lo sosteneva. Non posso credere che se ne sia andato” ha detto il regista Steve Spielberg.

Il precariato intellettuale raccontato da un film davvero divertente

Il precariato intellettuale raccontato da un film davvero divertente

di Marco Lodoli

 

Ogni tanto gli italiani, facendo appello alla lunga tradizione della commedia, sanno tirare fuori un film dai costi contenuti ma pieno di idee, un’operetta agrodolce che riesce a farci ridere dei nostri guai contemporanei. E’ il caso di “Smetto quando voglio” di Sidney Sibilia, candidato a svariati premi Donatello e soprattutto ancora vivo in sala, benché sia uscito addirittura a febbraio. I film italiani faticano a reggere per più due settimane, di solito vengono smontati rapidamente da esercenti che guadagnano molto di più proiettando kolossal americani: ma stavolta il nostro Davide ha retto il confronto con i vari Golia a stelle e strisce, grazie soprattutto al famoso tam tam. Chi l’ha visto, l’ha consigliato agli altri, e non c’è migliore pubblicità di un amico che ti dice: vai tranquillo, e poi ne parliamo. Tutta la vicenda è incentrata su un gruppetto di ricercatori ed ex ricercatori universitari che navigano tra i trenta e i quarant’anni, molti di loro sono stati rigettati da commissioni pilotate e baroni lestofanti, e ora campicchiano da semiproletari, sono benzinai, lavapiatti, giocatori di poker, esseri ormai quasi perduti nel nulla. L’unico che potrebbe avere delle speranze è Pietro, geniaccio della microbiologia, quasi sul punto si scoprire un logaritmo decisivo per lo sviluppo della ricerca molecolare. Ma anche lui viene brutalmente segato dai suoi professori, e così di colpo si ritrova senza un soldo in tasca, con un compagna piuttosto esigente, quasi aggressiva, che lavora con i tossicodipendenti e sogna una tranquilla vita di coppia. Spalle al muro, Pietro capisce che l’unica via d’uscita è la creazione e lo spaccio di una smart drug che può realizzare insieme ai suoi vecchi amici, una droga sintetica basata su una sostanza che ancora non appare nell’elenco dei prodotti proibiti stilato dal Ministero. Tutta la comicità del film sta nel contrasto tra la serietà accademica dei nostri eroi e il nuovo mondo nel quale si avventurano, tra la loro goffaggine e la spietatezza di un mercato criminale. L’idea funziona alla grande, è un racconto graffiante sulla condizione dei nuovi precari, persone spesso di altissimo livello intellettuale, costrette a ravanare nel fondo del barile. Si ride parecchio e allo stesso tempo si sente scendere nell’anima una malinconia senza fine. Non vi racconto tutti i passaggi narrativi del film per non rovinarvelo, caso mai ancora non l’abbiate visto: ma voglio anch’io battere sulla pelle del tamburo, alimentare il tam tam, provare a spingere nuovi spettatori al cinema. Troppi film raccontano il nostro tempo in modo quasi patologico, aggiungendo dolore a dolore, malattia estetica a malattia sociale. Sidney Sibilia ha scelto la strada dell’opera buffa, un teatrino di marionette disarticolate che arrancano sul palcoscenico dissestato del presente e che ci fanno sorridere dei nostri guai, senza dimenticarli neppure per un attimo. Il film ha sicuramente tanti piccoli difetti, però ha la forza che muove da un’intuizione semplice e diretta: l’unica economia che funziona è quella criminale, il resto è un catalogo di buone intenzioni prese a bastonate dal cinismo dominante.

E’ morto Vincenzo Cerami Scrisse “La vita è bella”

E’ morto Vincenzo Cerami
Scrisse “La vita è bella”

 

Aveva 73 anni. Una vita tra letteratura e cinema: gli inizi con Pasolini, la grande amicizia e collaborazione con Benigni e la frequentazione con Moravia, Fellini, Troisi, Totò e Sordi

Quel Grande Correttore – Il ricordo di Massimo Gagliardi 

 
Lo scrittore Vincenzo Cerami (LaPresse)

Lo scrittore Vincenzo Cerami (LaPresse)

 

Roma, 17 luglio – E’ morto Vincenzo Cerami. Lo sceneggiatore e scrittore, nato a Roma il 2 novembre 1940, candidato all’Oscar nel 1999 per “La vita è bella” con Roberto Benigni, era malato da tempo.

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LA VITA – Cresciuto a Ciampino, Vincenzo Cerami ha scoperto la letteratura, la poesia e il cinema con Pier Paolo Pasolini, suo insegnante alle scuole medie, di cui è stato assistente alla regia in “Uccellacci e uccellini”. E’ stato proprio Pasolini a interessarsi alla pubblicazione del suo primo libro “Un borghese piccolo piccolo”, uscito però nel 1976, dopo la sua morte, con la prefazione di Italo Calvino, e diventato un celebre film di Mario Monicelli con Alberto Sordi. Prima di darsi completamente all’arte, Cerami si era iscritto alla facoltà di fisica.
Nella sua vita ha avuto la fortuna di incontrare, e in alcuni casi diventare amico, i grandi del cinema e della letteratura da Alberto Moravia a Federico Fellini, Massimo Troisi, Totò, Alberto Sordi ai quali Cerami diceva di aver ‘’rubato’’ tutto quello che ha imparato.
Grande l’amicizia con Roberto Benigni che ha definito ‘’la creatura piu’ bella che abbia mai incontrato’’ con cui ha scritto tra l’altro – oltre a ‘La vita è bella”- “Il piccolo diavolo”, “Il mostro” e “Pinocchio”. “Mi ha insegnato come si fa a far battere il cuore alla gente. Che bellezza essergli stato amico. Che regalo!’’, ricorda oggi, commosso, Benigni.  .

Dal giugno 2009 Cerami ricopriva l’incarico di assessore alla Cultura del Comune di Spoleto. La notizia della sua scomparsa è giunta in municipio nel corso di una conferenza stampa di bilancio sull’edizione appena conclusa del Festival dei Due Mondi. Il sindaco Daniele Benedetti si e’ immediatamente diretto verso il suo ufficio: “Siamo addolorati, e’ una notizia terribile”, si e’ limitato a dire. 

Palma d’oro a “La vie d’Adéle” di Kechiche Bruce Dern migliore attore, la Bejo migliore attrice

Palma d’oro a “La vie d’Adéle” di Kechiche Bruce Dern migliore attore, la Bejo migliore attrice

La Palma d’oro del 66/mo festival di Cannes è andata a ‘La vie d’Adelé di Abdellatif Kechiche ed eccezionalmente, anche alle due giovani protagoniste Adele Exarchopoulos e Lea Seydoux. Escluso dal palmares l’unico film italiano in concorso La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Così ha scelto la giuria presieduta da Steven Spielberg. Il massimo riconoscimento è andato al film di Abdellatif Kechiche che racconta la storia d’amore fra due ragazze. Una relazione che il regista ha scelto di raccontare con dispendio di sequenze erotiche che la critica ha apprezzato fin dalla prima proiezione. Un premio che, in via eccezionale, non è andato solo al film ma anche alle due giovani protagoniste, Adele Exarchopoulos e Lea Seydoux.
Il premio per il migliore attore è andato a Bruce Dern, 76 anni, protagonista del film di Alexander Payne Nebraska, quello per la migliore interpretazione femminile a Berenice Bejo per Le passè di Asgar Farhadi. Il Prix du Scénario per la migliore sceneggiatura è andato all’autore e regista Jia Zhangke per A touch of sin, quello della Giuria a Tale padre tale figlio del giapponese Kore-Eda Hirokazu. Il Gran Premio del festival ai fratelli Joel e Ethan Coen per Inside Llewyn Davis. Il miglior regista è Amat Escalante per Heli. La decisione è stata presa da Steven Spielberg e dalla sua giuria stellata: l’attrice Nicole Kidman, il regista vincitore dell’Oscar come miglior regia, Christopher Waltz premio Oscar come migliore attore non protagonista, Vidya Balan attrice indiana di Bollywood, Naomi Kawase regista giapponese, Lynne Ramsay sceneggiatrice e regista britannica, Daniel Auteil, quotato attore francese e Cristian Mungiu, scrittore regista e produttore romeno. La Montée de Marche è inziata sotto il sole, dopo giornate invernali. A fare da madrina l’attrice Audrey Tatou. Cerimonia sobria e concisa come nella tradizione di Cannes, con ospiti illustri come Alain Delon e Kim Novak.

E’ con una tenera, quanto esplicita, storia d’amore lesbo di una quindicenne che scopre lentamente la sua sessualità che il regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche ha fatto il pieno di premi al festival di Cannes, conquistando con il suo film una Palma d’oro eccezionalmente divisa con le due giovani attrici protagoniste. Il regista del cinema sociale, in odor di documentario ne ‘La Vie d’Adelé, tocca corde molto sentite nella Francia di oggi e senza dubbio è fortemente d’attualità. Dai lunghi dialoghi con le sue coetanee fino al sesso rappresentato in maniera realistica, tra nudità e gemiti. Adele (Adele Exarchopoulos) è una ragazzina di quindici anni come tante che va a scuola, partecipa alle manifestazioni studentesche e si lancia in mille chiacchiere su tutti gli argomenti possibili con le sue amiche.

Arriva per lei la prima esperienza eterosessuale con un ragazzo, ma è stranamente attratta da una sconosciuta dai capelli blu e non capisce neppure perché. Dopo una prima esperienza lesbo con una compagna di scuola, conoscerà con la ragazza dai capelli blu che si chiama Emma (Lea Seydoux) il vero amore passionale e intimo. Da qui una storia piena di sesso esplicito (non si erano mai viste tante lunghe immagini di orgasmi lesbo, di sfregamenti e variazioni nell’amplesso), ma anche di amore pieno e passionale. Il film, che è un omaggio a Marivaux – e che sarà distribuito in Italia da Lucky Red – non manca anche di riferimenti colti anche perché Emma è un’artista contemporanea che rivendica una certa cultura a differenza della naive Adele. E così frasi come ‘l’esistenza precede l’essenzà di Sartre diventa ‘l’orgasmo precede l’essenzà o ancora, in quanto a considerazioni filosofiche “l’orgasmo femminile è mistico” rispetto a quello maschile.
Tra amplessi, lamenti, promesse e discorsi di amore eterno, anche la storia tra la dolce Adele ed Emma arriva alla fine. Le scadenze sono proprio quelle delle coppie eterossessuali: un tradimento non perdonato, la rottura e poi un reincontrarsi che non porta a una vera riappacificazione. Tornando alle immagini hard del film sembra che il regista abbia usato un teleobbiettivo per non creare un’imbarazzante presenza sul set. Questo, come appunto è accaduto, ha creato una veridicità nelle scene di sesso ancora più autentica. Il film, accolto alla proiezione stampa da applausi, aveva conquistato subito la critica francese guadagnando un record: ben 11 palme su il daily di Le film francais. Un record assoluto che vale per qualsiasi film di qualsiasi nazionalità. Resta da capire quanto questo sia potuto pesare sulla giuria internazionale anche perché il film è esattamente l’opposto di quelli nello spirito del presidente Steven Spielberg. Ovvero non é per nulla familiare, è terribilmente parlato e ha anche scene di sesso lesbo lontane mille miglia da Et.
Questo il Palmares del 66/mo festival di Cannes
– Palma d’oro: La vie d’Adéle di Abdellatif Kechiche, e alle due protagoniste del film, Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos.
– Grand Prix: Inside Llewyn Davis di Ethan e Joel Coen
– Regia: Amat Escalante per Heli
– Giuria: Tale padre, tale figlio di Hirokazu Kore-Eda
– Migliore attore: Bruce Dern per Nebraska di Alexander Payne
– Migliore attrice: Berenice Bejo per Il Passato di Asghar Farhadi
– Sceneggiatura: Jia Zangh Ke per A touch of Sin
– Palma d’oro per il miglior cortometraggio: Safe di Byong-Gon
– Menzione speciale a 37/o 4S dell’italiano Adriano Valerio e a Le fjord des baleines di Whale Valley
– Camera d’or (migliore opera prima): Ilo Ilo di Anthony Chen (dalla Quinzaine).

E’ morto Armando Trovajoli Maestro della musica italiana

E’ morto Armando Trovajoli
Maestro della musica italiana
Sua ‘Roma nun fa
la stupida stasera’

Aveva 95 anni. Dorelli: “Ricordo i suoi ‘vaffa’ d’amore”. Proietti: “La sua stima un grande orgoglio”

E’ morto qualche giorno fa a Roma, a 95 anni, il maestro Armando Trovajoli, autore di brani celebri come ‘Roma nun fa la stupida stasera’ e delle colonne sonore di oltre 300 film. Commozione sul web. Montesano: “Rivirà ogni sera nella sue musiche”. Alemanno: “Ora la voce di Roma è più spenta”

 
Armando Trovajoli (Ansa)

Armando Trovajoli (Ansa)

Roma, 2 marzo 2013 – E’ morto qualche giorno fa a Roma, a 95 anni, il maestro Armando Trovajoli, autore di brani celebri come ‘Roma nun fa la stupida stasera’ e delle colonne sonore di oltre 300 film. Solo oggi ne dà notizia la moglie, Maria Paola. ‘’Ho rispettato fino all’ultimo le volontà di un uomo schivo, che non amava presenzialismi, nè applausi. Sarà cremato’’.

Trovajoli era nato a Roma il 2 settembre del 1917. ‘’Ha lavorato fino all’ultimo giorno- racconta la vedova- la sua ultima commedia, la trasposizione per il teatro della Tosca di Gigi Magni, è ancora sul suo pianoforte”. Nella sua lunghissima carriera ha suonato con i più qualificati jazzisti del mondo (Duke Ellington, Louis Armstrong, Miles Davis, Chet Baker, Stephan Grappelli, Django Reinhardt e altri). Poi, accanto al jazz, si è dedicato al cinema (firmando, tra le altre, le colonne sonore per Riso amaro, Un giorno in pretura, La ciociara. C’eravamo tanto amati, Profumo di donna, Una giornata particolare) e alla commedia musicale grazie alla lunga collaborazione con Garinei e Giovannini. Tra le sue canzoni più celebri anche ‘’Aggiungi un posto a tavola’’.

COMMOZIONE SUL WEB – “In cielo hanno aggiunto un posto a tavola” per il Maestro. E’ uno dei tanti commenti di affetto, tra post e tweet, appena diffusa la notizia della morte del maestro Armando Trovajoli. Personaggi famosi e persone comuni in pochi minuti hanno lanciato in Rete: parole di solidarietà, ricordi, video dei suoi brani. Un gesto di vicinanza per il compositore italiano che nella sua lunghissima carriera artistica ha alternato l’attività nel jazz e nella musica leggera.

Ha suonato con i grandi jazzisti (Duke Ellington e Louis Armstrong, Miles Davis solo per citarne alcuni), ha composto le colonne sonore di registi come Vittorio De Sica, Dino Risi, Luigi Magmi, Ettore Scola. Tra i film, “Riso Amaro”, “Un giorno in pretura”, “La ciociara”, “C’eravamo tanto amati”, “Profumo di donna”… Tra le canzoni di musica leggera si ricordano “Roma nun fa’ la stupida stasera”, “Che m’e’ ‘mparato ‘a fa” e “Aggiungi un posto a tavola”. Quest’ultima per l’omonimo musical di Garinei e Giovannini, con i quali ha collaborato anche per “Rugantino”.

IL SINDACO ALEMANNO – “Apprendo con dolore della scomparsa del maestro Armando Trovajoli. Oggi la voce di Roma è più spenta. Il nome di Trovajoli rincorre e si intreccia con la storia del cinema italiano e con quella della musica. A partire da ‘Roma nun fa’ la stupida stasera’ fino alle colonne sonore di decine di film, le note di Trovajoli hanno accompagnato la vita di ciascuno di noi: e’ sufficiente andare a riguardare la quantita’ di film che il maestro ha musicato per capirne l’importanza e la sua quotidiana frequentazione con tutti. Alla famiglia del maestro si stringe l’affetto dell’intera città”. Lo afferma in una nota il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.

DORELLI – “Un uomo fantastico, molto colto, un grande musicista, compositore e anche un grande pianista. Ma soprattutto, un uomo fantastico’’. Così, con il dolore della sorpresa, Johnny Dorelli commenta con l’ANSA la notizia della scomparsa del maestro Armando Trovajoli. ‘’Non sapevo nulla neanche io – dice – Il riserbo faceva parte del suo modo di essere’’. Dorelli per Trovajoli è stato il primo Don Silvestro di ‘Aggiungi un posto a tavola’ nel ‘74. ‘’Insieme – ricorda – abbiamo vissuto cinque-sei anni da fine del mondo. Nello stesso ruolo ha guidato poi anche mio figlio. Ma sono tante le cose fatte insieme, come ‘Accendiamo la lampada’. Scrisse anche le musiche per un mio spettacolo di prosa, ‘L’amico di tutti’. Professionalmente era il massimo, ma lavorare con lui in buca che ti ascoltava non era mica facile. Una volta, spingendo un carrello in una scena di ‘Aggiungi un posto a tavola’, persi un paio di note e lui saltò su: ‘Johnny m’hai rotto il…!’’’, prosegue ridendo. ‘’Nella vita era un uomo molto divertente. Era romano e con sua moglie usava tutta una serie di paroline comprensibili solo tra di loro. Quando componeva la sua grande musica, pero’, se qualcosa non gli quadrava era capace di sfasciare tutto o di lanciare il leggio contro qualcuno. Io ridevo e lui: ‘Johnny stai zitto!. Era così se ti voleva bene. I suoi – conclude – erano ‘vaffa’ d’amore’’.

PROIETTI – “Con ‘Armandino’ eravamo molto amici. Ero stato a pranzo a casa un po’ di settimane fa. Tre ore fa ho saputo della sua scomparsa e sono sconcertato’’. Così Gigi Proietti commenta con l’Ansa la notizia della morte del maestro Armando Trovajoli. “Qualsiasi cosa si dica ora – sottolinea – suona come ovvia. E’ un lutto serio, anche se l’età era avanzata, come quando ti muore un genitore: non te l’aspetti mai. Lui poi era ancora molto attivo. L’ultima volta che l’ho visto aveva progetti, stava pensando, scrivendo. Suonò al piano e noi ascoltammo in religioso silenzio’’. Il rapporto con Trovajoli, ricorda Proietti, nacque nel ‘73, ‘’quando girai ‘La Tosca’ di Luigi Magni e lui scrisse per me ‘Nun je da’ retta, Roma’, una canzone che ancora porto nel mio repertorio e che ora continuerò a fare con un motivo in più. Da allora, fuori dalle scene, siamo sempre rimasti molto amici. L’estate scorsa, nonostante l’età, lasciò persino casa per venirmi a vedere in scena a Caracalla. Si fermò poi per abbracciarmi e farmi i suoi complimenti. Nel lavoro – dice ancora – Armandino era molto serio, severo, di poche parole, molto esigente. E faceva bene, specialmente negli ultimi tempi in cui si vede tanta leggerezza e superficialità. Sentirmi stimato da un uomo del genere mi ha sempre inorgoglito molto’’.

MONTESANO – ‘’Proprio ieri sera parlavo di lui, vedendo uno spettacolo con le musiche di Irving Berling. Trovajoli, come tutti grandi musicisti, non è morto. Rivivrà ogni sera nelle sue musiche, che continueremo a suonare’’. Così Enrico Montesano, raggiunto dall’ANSA a Londra, commenta la notizia della scomparsa del maestro Armando Trovajoli. ‘’Sono venuto a Londra a vedere alcuni spettacoli – spiega l’attore – Per la prossima stagione, lo dico in anteprima, sto lavorando a un nuovo show che avrà anche le musiche di Trovajoli, insieme a quelle di altri grandi maestri’’.Con quella comune vena di comicita’ romana, Enrico Montesano è stato tra gli interpreti piu’ ‘frequenti’ di Armando Trovajoli. ‘’Insieme abbiamo lavorato tanto – dice -. Con lui ho fatto ‘Rugantino’ (nella seconda edizione del 1978 ndr), ‘Se il tempo fosse un gambero’ e ‘Bravo’. Era un uomo caustico nel suo modo burbero, ma sempre affettuoso. Ricordo che la sera della prima di ‘Bravo’ venne a trovarmi in camerino e mi regalo’ un piccolo crocifisso: ‘te proteggera’?’, mi disse. Berling – conclude Montesano – e’ morto a 101 anni, Trovajoli se n’e’ andato a 95: evidentemente i grandi musicisti sono longevi. Ma vivranno comunque ogni sera nelle musiche che ci hanno lasciato’’.

L’INTRATTENIMENTO COME ARMA DA GUERRA

L’INTRATTENIMENTO COME ARMA DA GUERRA

 

di comidad

 

In questi giorni i media ci hanno narrato di un evento epocale, di un terremoto elettorale, tantevvero che il Parlamento è rimasto ingovernabile com’era prima. Le elezioni diventano l’occasione per una cavalcata tra i generi narrativi. C’è la fiaba di Pollicino che attraversa il bosco e passa dallo zero al 25% grazie solo alle mollichine di pane. Poi c’è la storia horror come va di moda adesso, senza risveglio dall’incubo, in cui il mostro (una specie di clown laido alla “It”) non muore mai e sembra spuntarla sempre, e non perché lui sia furbo, ma perché gli altri appaiono inspiegabilmente paralizzati. Non sono mancati poi i siparietti comici, in cui ci si è spiegato che il PdL si è avvantaggiato delle televisioni, mentre l’M5S dell’uso di Internet. Se ne può arguire che Bersani sarebbe ancora fermo ai segnali di fumo.

Mentre le scadenze elettorali si rivelano sempre più come uno psicodramma d’intrattenimento, quello che invece dovrebbe costituire l’intrattenimento propriamente detto, cioè il cinema, dimostra di essere una fondamentale arma da guerra. Nello stesso momento in cui la Corea del Nord è stata fatta oggetto di nuove provocazioni statunitensi a causa di un presunto test nucleare, l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences ha deciso di assegnare il premio Oscar come miglior film ad uno spot di propaganda anti-iraniana, “Argo”. Il film è stato diretto da Ben Affleck, e da lui stesso prodotto, insieme con l’immancabile George Clooney, un attore che si era già segnalato per le sue provocazioni contro un altro “nemico” degli Stati Uniti, il Sudan, contro il quale lo stesso Clooney ha proposto nientemeno che una sorta di progetto di spionaggio satellitare.

A conferma di questo suo attivismo imperialistico, Clooney fa anche da testimonial per un’agenzia coloniale che imperversa da anni in Africa, la Fondazione Clinton, creata dall’omonimo ex presidente degli USA; quello stesso presidente che nel 1998 aveva fatto bombardare il Sudan.

Il fatto che un agente provocatore della levatura di Clooney risieda praticamente in Italia, nelle sue tante ville sul Lago di Como, non costituisce un dato rassicurante per l’Italia, e neppure per il Lago di Como.

Già nel 2010 una pioggia di Oscar era stata assegnata al film “The Hurt Locker”, basato sulle vicende di un gruppo di artificieri dell’esercito USA in Iraq. Il film era incentrato su una storiella completamente campata in aria, a proposito di improbabili conflitti esistenziali di un artificiere americano; ma il tutto era solo l’occasione per presentare, con apparente casualità, una serie di esempi sulla barbarie del nemico. Ma i conflitti esistenziali fanno molto “sinistra”, quindi il film ha fatto breccia anche nell’opinione pacifista.

Se oggi Hollywood ha ritenuto di sacrificare l’icona di Lincoln ad un episodio minore – e tutto da verificare – accaduto nel 1979 durante la crisi degli ostaggi a Teheran, ciò significa che le guerre passate sono narrativamente molto meno interessanti di quelle future. Insomma, per la propaganda bellica ad Hollywood si preparano nuovi tempi d’oro.

La militarizzazione di Hollywood non è, ovviamente, un fatto recente. L’intrattenimento e la fiction sono infatti da sempre veicoli essenziali della propaganda coloniale. Nelle serie televisive statunitensi le battute contro l’Iran e la Corea del Nord sono collocate nei momenti più inaspettati e nelle occasioni più varie. Ciò non riguarda solo le serie più direttamente attinenti alla politica estera statunitense, ma anche le commedie e le detective story. In un telefilm di una serie apparentemente innocua come “Monk”, le disavventure di un pesce d’acquario sono diventate il pretesto per un elucubratissimo riferimento alla cattivissima dittatura nord-coreana. Lo stesso vale per la produzione documentaristica, nella quale si dà spazio a tutta un’aneddotica non verificata e non verificabile a proposito di nemici storici, o di turno, degli USA.

Quando all’inizio degli anni 2000 la Francia e la Chiesa Cattolica si trovarono, per un certo lasso di tempo, in contrasto con la politica estera USA, anch’esse divennero bersagli della propaganda all’interno dell’intrattenimento; perciò nei film e telefilm i francesi erano invariabilmente infidi e antipatici, ed i preti immancabilmente pedofili. Un film franco-belga di due anni fa, “Hitler a Hollywood”, ha posto un po’ all’attenzione quello che è stato il grado di importanza che la psicoguerra USA ha attribuito al monopolio dell’intrattenimento cinematografico, col conseguente boicottaggio della cinematografia europea.

Chi scrive e produce film e serie televisive deve quindi dimostrare uno zelo instancabile per sorprendere ed aggirare il senso critico dello spettatore. Il target principale di questa propaganda è proprio il pubblico di opinione progressista, a cui viene presentata un’immagine di un nemico perennemente in conflitto non tanto con gli USA, quanto con i valori-cardine del sentimento di sinistra, dai diritti umani all’ambiente. Dopo i disastri comunicativi dell’era Bush, per la psicoguerra USA è diventato imperativo associare sempre più la guerra a valori positivi, trasformandola in un nuovo “politically correct”.

Oscar 2013: beffati Spielberg e Tarantino, trionfa “Argo”

Oscar 2013: beffati Spielberg e Tarantino, trionfa “Argo”

Dopo il successo ai Golden Globe è ancora Argo il grande protagonista dell’85esima edizione degli Oscar. Il thriller politico di Ben Affleck ispirato ad una storia vera sull’azione intrapresa per liberare sei ostaggi americani durante la rivoluzione iraniana ha conquistato la statuetta più prestigiosa, quella per il miglior film, e a sorpresa la vittoria è stata annunciata direttamente dalla Casa Bianca con la first lady Michelle Obama comparsa in video a Hollywood. Argo ha inoltre conquistato l’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale e quello per il miglior montaggio visivo, battendo così il favoritissimo Lincoln che si presentava con ben 12 nomination. Il film di Steven Spielberg si è dovuto accontentare dei premi al suo protagonista Daniel Day-Lewis, al terzo Oscar come miglior attore protagonista, e di quello per la scenografia.
I ringraziamenti di Affleck – “Grazie ai miei amici in Iran che vivono in condizioni non facili e a mia moglie che ha lavorato al nostro matrimonio per dieci Natali. Grazie all’Academy. Non importa quanto certe cose ti possano buttare giù. Nella vita, alla fine bisogna sempre risollevarsi” così un emozionato Ben Affleck nel suo discorso dopo la vittoria dell’Oscar nella categoria più importante, quella per il miglior film. Ma nel Paese governato da Ahmadinejad l’agenzia Fars, vicina ai Pasdaran, sostiene che Argo ha vinto l’Oscar “nonostante non lo meritasse”. L’agenzia che spesso riflette posizioni dei Guardiani della Rivoluzione islamica iraniana  quello di Affleck è un “film anti-Iran” realizzato da “una casa di produzione sionista”. Secondo il critico Nadder Talebzadeh il film è un “pezzo di propaganda” prodotto per mettere in ombra le varie sconfitte patite dagli Usa nel loro trentennale confronto con l’Iran. Perciò l’Iran risponderà con una propria produzione cinematografica alla pellicola statunitense sulla fuga di americani rifugiatasi nell’ambasciata canadese a Teheran durante i giorni della rivoluzione islamica del 1979. Si intitolerà The General Staff (Lo Stato maggiore).
Bene anche Ang Lee – Grande successo per Vita di Pi di Ang Lee, l’epopea spettacolare di un ragazzo che rimane per mesi in mezzo all’Oceano su una barca da solo con una tigre è valsa al regista taiwanese 4 Oscar, miglior regia, effetti speciali, fotografia e colonna sonora. Tre Oscar al musical I Miserabili: la principessa di Hollywood Anne Hathaway ha trionfato come miglior attrice non protagonista per il ruolo della prostituta Fantine, per cui ha perso oltre 10 kg e si è tagliata i capelli alla “maschiaccio”, inoltre premi per il miglior sonoro e il miglior trucco. L’Oscar per i costumi è andato invece ad Anna Karenina.
Lawrence, come da pronostico – Come miglior attrice protagonista, la giovane Jennifer Lawrence ha vinto per Il lato positivo, battendo veterane come Naomi Watts ed Emmanuel Riva, Jessica Chastain e la piccola Quvenzhane Wallis per il toccante Re della terra selvaggia che ha commosso anche il presidente Obama. Miglior attore non protagonista, invece, Christoph Waltz per Django Unchained di Quentin Tarantino, film che si è aggiudicato anche l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale.
Amour miglior film straniero – Nonostante il mancato premio alla Riva, Amour di Michael Haneke è stato incoronato miglior film in lingua straniera, Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow, il film sulla cattura di Osama Bin Laden, si è dovuto accontentare della statuetta per il miglior montaggio sonoro insieme a Skyfall, e l’ultimo James Bond ha vinto anche per la miglior canzone originale, il brano omonimo di Adele. Infine, in campo animato ancora una volta la Disney ha sbaragliato la concorrenza con il cartoon Brave. Niente da fare per l’Italia che era in lizza solo per la colonna sonora originale di Anna Karenina con Dario Marianelli.

Scontro su La7 a Cairo

Scontro su La7 a Cairo,
Bersani avverte: “Si vigili
su posizioni dominanti”
Il Cav: “Minaccia mafiosa”

Pd: “Berlusconi allergico a regole”
Monti: “Il pluralismo è importante”

Botta e risposta tra i leader delle principali coalizioni sull’eventuale cessione di La7. Maroni: “Al Pd non basta la Rai”

 
L'editore Urbano Cairo (Imagoeconomica)

L’editore Urbano Cairo (Imagoeconomica)

Roma, 19 febbraio 2013 – L’eventuale cessione di La7 deve avvenire evitando “conflitti di interessi” e “posizioni dominanti”. A sostenerlo è il segretario Pd Pier Luigi Bersani parlando al forum di Corriere.it. “Siccome siamo in una settimana cruciale tendo a ragionare come se fossi già al governo – ha detto Bersani -. Devo preoccuparmi primo che le decisioni avvengano in assenza di conflitto di interessi; secondo, che le cose avvengano senza costituire in modo diretto o indiretto posizioni dominanti. La esaminerei così aggiungendo che una rilettura dell’Antitrust è necessaria”.

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Bersani non si è sbilanciato quando gli è stato chiesto se Urbano Cairo, il probabile acquirente della rete, sia legato a Mediaset. “Ah, non lo so… ci sono delle autorità – ha aggiunto – . Io non posso sapere se e in quale modo ci siano connessioni. Ma ci può essere qualcuno che ci guarda”. 

BERLUSCONI – Immediata la replica di Silvio Berlusconi, sempre sul forum del Corriere. “Su La7 Bersani ha fatto un avvertimento mafioso – ha dichiarato il presidente del Pdl -. Ha detto: aspettate a vendere perché se saremo al governo interverremo a fare non so cosa a Mediaset per cui La7 varrà di più. E’ una situazione da denunciare”.

Il Cavaliere ha anche spiegato: “Non ho rapporti con Urbano Cairo. E’ diventato imprenditore in proprio. E’ diverso tempo che non lo sento. E’ andato a fare l’imprenditore personale per una scelta che ho condiviso”. “In questo momento non ci sono affari in giro perché con la crisi la pubblicita’ e’ calata intorno al 20% . Non c’è azienda che produca utili”, ha aggiunto il leader Pdl.

LA CONTROREPLICA DI BERSANI – Quando si parla di regole Silvio Berlusconi è particolarmente sensibile perché “le regole gli danno l’orticaria”, ha controreplicato Pier Luigi Bersani a margine di un incontro pubblico a Busto Arsizio. “Questo è curioso – ha detto il segretario del Pd – tutte le volte che uno osa parlare di regole, lui si offende. Io non ho neanche nominato La7 e Berlusconi”. E spiega di aver sottolineato la necessità di regole che “riguardano conflitti di interesse eventuali, e di eventuali posizioni dominanti. E che quindi un governo, attraverso le Authority deve avere gli strumenti per vedere che ogni operazione, da qualsiasi parte provenga, sia posta con questi criteri. Uno non puo’ dire queste cose lui si offende subito”.

MARONI – Nel dibattito interviene anche il segretario della Lega. “Il Pd è molto attento agli affari, alle partecipazioni azionarie e ai mezzi di comunicazione. Vuole che non solo la Rai ma anche le altre tv rientrino nella sua sfera di interesse“, ha affermato Roberto Maroni al forum dell’Ansa. “Molti giornali, apparentemente indipendenti, sono da sempre schierati –  ha aggiunto il leader del Carroccio – Il Pd ha sempre giocato sull’ipocrisia: non ha mai voluto risolvere il conflitto di interessi perché avrebbe dovuto risolvere i suoi conflitti sulle cooperative, sulle banche”. 

MONTI – “Il pluralismo nell’informazione è di grande importanza, e penso che in futuro debba essere tutelato ancora meglio”. Lo ha detto il presidente del Consiglio Mario Monti, rispondendo ai cronisti che a Palermo gli hanno chiesto come vede la trattativa su La7 e le ‘scintille’ scoppiate tra Berlusconi e Bersani.