Vincenzo Nibali vince il Tour

Vincenzo Nibali vince il Tour: «Emozione irripetibile» all’Arco di Trionfo

di 27 luglio 2014Commenti (3)

IN QUESTO ARTICOLO

Media

Argomenti: Sport | Vincenzo Nibali | Jacques AnquetilBernard Hinault | Lance Armstrong | Eddy Merkcx |Marco Pantani | Parigi | Felice Gimondi

My24
  • ascolta questa pagina

Volata vincente di Marcel Kittel, il tedescone volante, che con questo sprint fa il poker. Tutto come l’anno scorso, l’arrivo a Parigi, tranne per un particolare: che in maglia gialla c’è Vincenzo Nibali. Che piange, ride, si fa largo tra fotografi e giornalisti, bacia la piccola Emma, la moglie Rachele e i genitori, Giovanna e Salvatore, arrivati fin da Messina per abbracciare quello scatenato scugnizzo che da bambino non stava mai fermo. Correva come qui al Tour dove per fermarlo ci vuole la fine della corsa, un traguardo definitivo: altrimenti Vincenzo ricomincia a correre dalla prima tappa di Londra.

«Non ci capisco più niente, sono emozionato, ma anche frastornato. Troppe cose assieme. Una emozione così forte credo di non averla mai provata in tutta la mia vita… è irripetibile», dice Nibali al microfono durante la premiazione con l’Arco di Trionfo che si staglia sullo sfondo. «Questo successo l’ho costruito partendo da questo inverno. Un successo ottenuto grazie al lavoro di tutta la squadra, e grazie alla mia famiglia…». Mentre Vincenzo racconta la sua straordinaria impresa, torniamo per un attimo alla volata finale sui Campi Elisi. Marcel Kittel, battendo in rimonta il norvegese Kristoff, si ripete vincendo la tappa finale. C’era riuscito anche nel 2013. E come l’anno scorso Kittel comincia vincendo (a Londra) e finisce rivincendo a Parigi. In totale è il primo in 4 sprint.

È lui il re delle volate. Eccoci qua, allora, davanti all’arco di Trionfo, mentre risuona l’inno di Mameli. Per les italiens, in questa strana estate gonfia di pioggia e secca di risultati sportivi, la maglia gialla di Vincenzo Nibali è una rivincita assoluta. Un successo che allarga il cuore e ci inorgoglisce per qualcosa di bello e che capita raramente. Nibali è il settimo italiano che conquista il Tour, 16 anni dopo l’ultima vittoria di Marco Pantani. E quella prima era stata di Felice Gimondi nel 1965. Chi avrebbe scommesso un mese fa sulla vittoria di questo ragazzo di Messina che la grande maggioranza degli italiani neppure sapeva chi fosse?

Diciamo la verità: nessuno. Non poi in questo modo strepitoso. Cioè con quattro successi di tappa, e con circa otto minuti sul secondo e sul terzo ( i francesi Peraud e Pinot) e mantenendo la maglia gialla per 19 giorni. Sono cose cui non siamo più abituati. Tanto per dirne una, escludendo Armstrong per i noti motivi, era dal 1974 che la maglia gialla non c’entrava 4 successi di tappa. E quella maglia gialla era un certo Eddy Merckx, cioè un mostro che non a caso è stato soprannominato «Cannibale» che per assonanza rimanda proprio a Nibali, che a Parigi viene celebrato come dominatore assoluto della Grande Boucle.

Tour 2014, trionfo Nibali

Tour 2014, trionfo Nibali: numeri, statistiche e scheda

Lo Squalo conquista la Tripla Corona, sesto ciclista nella storia a riuscirci: suoi Vuelta, Giro e ora la Grande Boucle

Vincenzo Nibali - Foto www.imagephotoagency.it

Vincenzo Nibali – Foto www.imagephotoagency.it

Tour de France: guarda lo speciale di Datasport

Domenica 27 luglio 2014: Vincenzo Nibali conquista la centunesima edizione del Tour de France e scrive il suo nome nell’Olimpo del ciclismo mondiale, lo Squalo dello Stretto ora è leggenda. Il siciliano è il sesto corridore nella storia a vincere le tre grandi corse a tappe, facendo sua la cosiddetta “Tripla Corona“: nel 2010 la Vuelta di Spagna, nel 2013 il Giro d’Italia e ora la Grande Boucle. Nibali entra così a far parte del ristretto gruppetto formato da Jacques Anquetil(il primo a riuscirci, nel 1963), Felice Gimondi(unico italiano dal 1968 ad oggi), Eddy Merckx,Bernard Hinault e Alberto Contador.

Omaggio a Pantani – La maglia gialla torna in Italia: mancava dal 1998, quando un certo Marco Pantani si aggiudicò il Tour sconfiggendo Jan Ullrich. Lo scorso febbraio (a dieci anni dalla scomparsa) la madre del Pirata consegnò aMichele Scarponi (compagno di Nibali nell’Astana) una maglia di suo figlio, come “segno beneaugurante” per la Grande Boucle dello Squalo. Ora Vincenzo consegnerà la maglia gialla proprio a Tonina, come promesso mesi fa, rendendo l’ennesimo omaggio all’indimenticato campione di Cesenatico.

In giallo a Parigi – Due successi di Ottavio Bottecchia (1924, 1925), due di Gino Bartali (1938, 1948) e due di Fausto Coppi (1949, 1952), a cui vanno aggiunti quelli di Gastone Nencini (1960), Felice Gimondi (1965) e Marco Pantani(1998). Vincenzo Nibali è il settimo corridore italiano a vincere il Tour de France: in totale quella del siciliano è la decima volta che un atleta nostrano si presenta in maglia gialla al traguardo finale.

Sorpasso a Gimondi – Nibali oggi ha firmato un altro record, diventando l’italiano che all’interno di un’unica edizione del Tour ha indossato per più giorni la maglia gialla. Il primato era di Felice Gimondi, che nell’edizione 1965mantenne il simbolo di leader della classifica generale per diciotto giorni: oggi, alla partenza da Evry, lo Squalo ha festeggiato la diciannovesima giornata in giallo. E’ ancora lontano Ottavio Bottecchia: le sue giornate in giallo (complessivamente) sono ben 33.

Dalla Liquigas all’Astana – Il Tour 2014 corona una grande carriera: Nibali, classe 1984 e professionista dal 2006, oltre ai tre grandi giri ha conquistato la Tirreno-Adriatico (2012 e 2013) e il Giro del Trentino (2008). Lo scorso giugno si è laureato campione italiano. Oggi all’Astana (dal 2013), il siciliano ha militato per sei anni della Liquigas, iniziando come gregario di Danilo Di Luca. Può vantare quattro successi di tappa al Tour (tutti in questa edizione), quattro al Giro e due alla Vuelta.

CANCRO AL SENO: CONSUMO DI CARNE ROSSA LO FAVORISCE

CANCRO AL SENO: CONSUMO DI CARNE ROSSA LO FAVORISCE

 

di Marco Mancini

 

Consumare troppa carne rossa può favorire l’insorgenza del cancro al seno. A rivelarlo è un recente studio condotto da un’equipe di ricercatori americani, coordinati dalla dottoressa Maryam S Farvid. La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica British Medical Journal, ha scoperto una relazione tra il consumo eccessivo di carni rosse da giovani e il rischio di sviluppare un carcinoma della mammella in età adulta.

Nello specifico, dall’analisi delle abitudini alimentari di un campione di 88.803 donne in pre-menopausa, confrontate con i 2.830 casi di cancro al seno sviluppati nel corso dei vent’anni del follow-up, è emerso che il rischio di sviluppare un tumore della mammella aumenta del 13% per ogni porzione di carne rossa in più consumata ogni giorno. Complessivamente le donne che consumavano carne rossa tutti i giorni in quantità eccessive avevano il 22% di probabilità in più di ammalarsi di cancro al seno. Sulla base di questi risultati, gli esperti suggeriscono alle giovani donne di ridurre il consumo di carni rosse, da quella di manzo a quella di maiale, fino agli ancor più deleteri prodotti trasformati, come pancetta, wurstel e salsicce.

Per prevenire l’insorgenza di cancro al seno, è utile invece seguire una dieta a base di vegetali, legumi e frutta secca. Per quanto riguarda le proteine animali, le migliori sono quelle provenienti dalle carni bianche e dal pesce. I ricercatori hanno infatti appurato che sostituire la carne rossa con il pollame può ridurre fino al 24% il rischio di cancro al seno. Una sostanziale riduzione del rischio di cancro al seno si osserva anche quando si sostituisce una porzione di carne rossa con una di legumi, pesce o noci. Le probabilità di insorgenza di un tumore alla mammella in questo caso diminuiscono mediamente del 14%.

La carne rossa era già stata associata, in precedenti studi, a un rischio maggiore di cancro al colon. Tutti motivi sufficienti a ridurne il consumo che si vanno a sommare ai benefici per l’ambiente che derivano da una richiesta inferiore di carne. Gli allevamenti di bovini e suini, infatti, sono tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra.

CARENZA DI VITAMINA C: SINTOMI E RIMEDI NATURALI

CARENZA DI VITAMINA C: SINTOMI E RIMEDI NATURALI

 

di Martina Pugno

 

Riconoscerla non è sempre facile e i sintomi possono essere molto generici ed attribuibili a diverse cause. Stanchezza, inappetenza, dolori muscolari sono i primi segnali di un basso apporto di questa sostanza importante per lo sviluppo osseo e muscolare in tutte le fasi della vita della persona.

Un indebolimento generale può manifestarsi sotto varie forme: capelli e unghie fragili e che si spezzano, pelle opaca, difficoltà digestive, fino alla progressiva degenerazione del tessuto osseo nei casi più gravi.

Se non identificata o non curata, la carenza di vitamina C può portare ad un altro segno, un po’ più specifico, che di solito costituisce il principale campanello d’allarme, ovvero l’insorgere di dolori gengivali e la presenza di sanguinamento frequente delle gengive. Una forte carenza di vitamina C può portare anche allo scorbuto, malattia tra le più antiche tipica dei marinai, determinata proprio dall’insufficiente quantità di tale elemento nella dieta.

Va precisato che le quantità di vitamina C necessarie per mantenere un buono stato di salute sono effettivamente poche, tuttavia occorre ricordare che la modalità di assunzione ha molta influenza su tali livelli: anche gli elementi indicati come ricchi di vitamina C perdono molto del loro potenziale se consumati dopo lunghi periodi di conservazione, previa cottura o sminuzzamento: consumare frutta e verdura fresche, quindi, è importante per preservarne l’apporto vitaminico.

La dieta sbilanciata, ad ogni modo, non è l’unica causa di carenza di vitamina C: questa si può presentare dopo episodi di diarrea, esposizione continuativa a climi molto caldi o molto freddi, stress o prolungata assunzione di contraccettivi per via orale. Ripristinare i corretti livelli di vitamina C può avvenire, a seconda della gravità, tramite l’assunzione di integratori e l’intervento sull’alimentazione.

Il rimedio naturale per ripristinare un corretto livello di vitamina C è solo uno: mangiare molti cibi che ne contengono in quantità, soprattutto gli agrumi, seguiti dai frutti rossi, l’anguria, i kiwi e il melone.

Tra le verdure, sono particolarmente ricche di tale vitamina i peperoni, gli asparagi, i broccoli, gli spinaci e i pomodori. Consumare questi prodotti il più possibile freschi e inalterati permetterà di fare scorta di questa preziosa sostanza.

La Terra è più antica del previsto: ha 60 milioni di anni in più

La Terra è più antica del previsto: ha 60 milioni di anni in più

La Terra è più antica di quanto si è creduto finora: ha 60 milioni di anni in più, vale a dire che si è formata quando il Sole aveva solo 40 milioni di anni e non 100, come finora ipotizzato. A ricalcolare l’età del nostro pianeta sono Guillaume Avice e Bernard Marty, dell’università francese di Lorraine, a Nancy, che hanno presentato la ricerca alla conferenza Goldschmidt di geochimica in corso in California, a Sacramento.
A rivelare l’età della Terra sono state le ‘firme del tempo’, ossia i cambiamenti nelle proporzioni dei diversi gas che sopravvivono dai tempi della Terra primordiale. Avice e Marty hanno analizzato in particolare il gas xeno incastonato in dei quarzi presenti in Sudafrica e in Australia, che erano stati datati, rispettivamente, 3,4 e 2,7 miliardi di anni. Il gas sigillato in questi quarzi si è conservato come in una ‘capsula del tempo’, permettendo così ai ricercatori di confrontare quei valori antichi dello xeno con quelli attuali. Questa è stata la base per ricalibrare la tecnica di datazione in modo da risalire all’epoca in cui la Terra era giovanissima.
”Non è possibile avere un’idea esatta della formazione della Terra. Tutto quella che la nostra ricerca è in grado di indicare – rileva Avice – è mostrare che la Terra è più anziana di quanto si pensasse di circa 60 milioni di anni”. I dati basati sulle misure degli isotopi dello xeno permettono infatti di risalire a quello che è considerato l’evento più drammatico nella storia della Terra, ossia l’impatto con il pianeta grande all’incirca come Marte, chiamato Teia, che ha portato alla formazione della Luna. Ciò che emerge è che l’impatto è avvenuto circa 60 milioni anni prima del previsto.
12 giugno 2014

Madre e figli uccisi, confessa il marito

Madre e figli uccisi, confessa il marito: “Voglio il massimo della pena”. La moglie: “Carlo perché mi fai questo?”

E’ una tragedia che ha lasciato sbigottiti perfino investigatori incalliti e magistrati di lungo corso quella che si è consumata sabato notte in una villa a Motta Visconti (Milano) dove un uomo, ora sottoposto a fermo, ha ucciso la moglie e i suoi due figli sgozzandoli senza pietà. Lei dopo aver fatto l’amore, i due piccoli nel sonno, in mezz’ora definita “di evidente follia ma lucida”. Un orrore che sarebbe stato abbastanza sconvolgente anche senza un ancor più raccapricciante finale: dopo la mattanza l’uomo è andato in un pub con un amico a vedere la partita dell’Italia, esultando per i gol come se niente fosse.
Il movente – Cosa abbia spinto davvero Carlo Lissi, informatico di 31 anni, a commettere questa strage, a sterminare la sua famiglia, Cristina Omes, funzionaria assicuratrice di 38 anni, la figlia Giulia di 5 anni e Gabriele, il fratellino di appena 20 mesi, non è ancora del tutto chiaro. Secondo i carabinieri, che lo hanno prima sentito e poi interrogato per ore, avrebbe agito sotto la spinta di una passione morbosa per una collega, che lo respingeva facendo forse montare in lui la sensazione che la sua stessa famiglia fosse un peso, che il suo stato civile di uomo sposato si frapponesse tra lui e la felicità. Fatto sta che l’uomo, che sulle prime aveva inscenato una sanguinosa rapina e aveva dato l’allarme al 118 rientrando a casa, intorno alle 2, alla fine è crollato nel momento in cui gli investigatori dell’Arma gli hanno contestato la sua passione per un’altra donna. Una giovane collega arrivata da pochi mesi nella multinazionale di Assago (Milano) dove lui lavorava e che a mettersi con un uomo non libero (lei che era fidanzata e appena andata a convivere) non ci pensava proprio.
L’interrogatorio e la confessione – Così, dopo aver creduto di essere riuscito a depistare le indagini, ed essere anche tornato a casa per cambiarsi e riposare, è stato richiamato in caserma e si è trovato sotto torchio. Mano a mano che giungevano riscontri scientifici e testimonianze la sua versione dei fatti si sgretolava. Soprattutto per aver detto di aver tentato di soccorrere la moglie e poi, di sopra, i bambini, ma nulla di quello che avrebbe toccato lungo il tragitto era sporco di sangue. Un particolare che ha fatto subito suonare un campanello d’allarme nella testa dei carabinieri. Ed era la pista giusta. Alla fine, dopo essersi preso la testa fra le mani e aver invocato per sé “il massimo della pena” Carlo Lissi “si è come lasciato andare e da quel momento è stato un fiume in piena”. A raccontarlo sono stati, nel corso di una conferenza stampa a Milano, il procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa e il comandante provinciale dei Carabinieri di Milano, Maurizio Stefanizzi. “Lissi ha agito in modo lucido, nonostante il folle gesto”. E mai l’uomo aveva dato adito a violenze in famiglia o a liti particolari con i conoscenti.
La strage – Sono circa le 23 quando Carlo e la moglie, Cristina, si trovano nel soggiorno della villa. I bambini dormono di sopra. I due hanno un rapporto sessuale, poi lei si adagia su un divano, a guardare la tv, e lui si alza e va in cucina. Un gesto normale, come per bere un bicchiere d’acqua, ma quando torna impugna un lungo coltello, si porta silenziosamente alle spalle della moglie e la colpisce di punta tra la gola e le spalle. Lei scatta in avanti, barcolla, si gira, lo guarda negli occhi e gli chiede “Carlo che stai facendo… perché?”, grida “aiuto” (la sua voce verrà sentita dai vicini ma scambiata per un urlo per la partita di calcio, anche se non era ancora cominciata) ma come risposta ottiene un pugno che la fa stramazzare al suolo. Una volta a terra lui la colpisce ancora con altri 3 o 4 fendenti, all’addome e alla schiena. Per la donna non c’è scampo. A quel punto l’uomo sale al piano di sopra, dove ci sono la camera matrimoniale e le due camerette dei bambini. Prima va in quella della figlia di 5 anni, le appoggia una mano sul collo e le affonda con l’altra, di punta, tutto il coltello nella gola. La piccola morirà senza nemmeno svegliarsi. Poi va nella camera grande, dove il fratellino abitualmente viene fatto addormentare per poi essere spostato in cameretta: anche a lui, di soli 20 mesi, l’uomo fa scendere la lama profondamente, di punta, nella gola, tenendo fermo il collo, mentre dorme profondamente.
Dopo l’omicidio va a vedere la partita – Quindi scende in cantina (è ancora in mutande, dopo il rapporto intimo con la moglie), si fa una doccia, risale, si veste. Ha un appuntamento con un amico per vedere la partita dell’Italia. Come niente fosse si prepara, sale sull’auto, si ferma alcune centinaia di metri dopo, si sbarazza del coltello gettandolo in un tombino, arriva al pub dell’appuntamento, saluta l’amico e guarda la partita. Poi alle 2 torna a casa, e inscena il ritrovamento dei corpi e il panico per la strage della sua famiglia da parte di sanguinari rapinatori per svaligiare la cassaforte. Ma era tutta una bugia. La verità è che tra le 23 e le 23.30 aveva fatto mattanza dei suoi cari. Si è lavato, è salito in auto ed è andato all’appuntamento con un amico che lo aspettava in un pub del paese, lo Zymè, come da programma.
E’ in carcere – ”Non tremava, non era nervoso, sorrideva e parlava di calcio, come tutti, emozionato” dirà un vecchio conoscente, sentito più volte in caserma. Adesso, nel carcere di Pavia, accusato di triplice omicidio, non esulta più. Ha capito che l’orrore che ha scatenato lo accompagnerà per sempre. Dovrà anche spiegare se la decisione di uccidere gli sia balenata in quei maledetti momenti o se invece abbia premeditato la carneficina guardando il calendario delle partite dei Mondiali nella speranza di sfruttare quell’alibi. Ma è un particolare, questo, che non cambierà lo scenario di morte che si è lasciato alle spalle

Fermato il presunto assassino di Yara Gambirasio: individuato grazie al test del Dna

Fermato il presunto assassino di Yara Gambirasio: individuato grazie al test del Dna

16 giugno 2014Commenti (14)

IN QUESTO ARTICOLO

Media

Argomenti: Giustizia | Ricerca e sviluppo d’impresa |Bergamo | Elisa Claps | Brembate | Italia | Angelino Alfano | Radio l’Olgiata | ANSA

My24
  • ascolta questa pagina
Massimo Giuseppe Bossetti (Ansa)Massimo Giuseppe Bossetti (Ansa)

Dopo quattro anni di indagini è arrivata la svolta nel caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. Il presunto assassino della tredicenne di Brembate di Sopra (Bergamo) è stato catturato dai carabinieri del Ros, dopo indagini condotte insieme alla Polizia. Si tratta di Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni, muratore incensurato di Clusone, sposato e padre di tre figli.

L’uomo, che prima ha negato ogni responsabilita e poi si è avvalso della facoltà di non rispendere, è stato fatto oggetto di insulti e di grida di «assassino» da parte della gente che si trovava davanti alla caserma. Applausi invece per le forze dell’ordine che hanno condotto le indagini.
Il presunto omicida è stato quindi portato via dalla caserma dei carabinieri di Bergamo per essere trasportato in carcere.

Come è stato trovato
Bossetti è stato incastrato e identificato grazie al Dna lasciato sul corpo della vittima. L’ultima conferma sull’analisi scientifica era arrivata nell’aprile scorso contenuta nella relazione dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, la stessa esperta che aveva eseguito l’esame sulla salma della giovane vittima uccisa a Brembate il 26 novembre 2010. La scienza non lasciava dubbi: l’autista di Gorno (Giuseppe Guerinoni morto nel 1999) è il padre del presunto killer della 13enne il cui corpo fu trovato esattamente tre mesi dopo la scomparsa in un campo di Chignolo d’Isola.

La relazione dimostrava che la probabilità che Guerinoni fosse il padre del cosiddetto “Ignoto 1” è del 99,99999987%, una paternità praticamente provata scientificamente. L’analisi era stata chiesta dal consulente della famiglia Gambirasio per accertare senza ombra di dubbio la relazione tra “Ignoto 1” e il Dna del presunto killer trovato sugli indumenti di Yara . In questi anni sono stati prelevati oltre 18 mila campioni genetici e non solo in provincia di Bergamo.

Sono almeno altri due i grandi casi di cronaca nera risolti in Italia «a pista fredda», attraverso analisi scientifiche che hanno consentito di individuare il Dna delle persone sospettate: il delitto dell’Olgiata e l’omicidio di Elisa Claps.

L’annuncio di Alfano
«Le Forze dell’Ordine, d’intesa con la Magistratura, hanno individuato l’assassino di Yara Gambirasio», aveva fatto sapere poco prima il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. «Secondo quanto rilevato dal profilo genetico in possesso degli inquirenti, è una persona del luogo, dunque della provincia di Bergamo», aveva detto ancora Alfano. Nelle prossime ore «saranno forniti maggiori dettagli. Ringraziamo tutti, ognuno nel proprio ruolo, per l’impegno massimo, l’alta professionalità e la passione investiti nella difficile ricerca di questo efferato assassino che, finalmente, non è più senza volto».

La felicità del sindaco di Brembate
«Se è vero siamo felici, era un atto dovuto alla famiglia e a tutta la comunità», ha commentato il sindaco di Brembate Sopra (Bergamo) alla notizia del fermo del presunto responsabile per l’omicidio di Yara Gambirasio. «Da quando è scomparsa da casa, a Brembate, e da quando è stata trovata uccisa a Chignolo Po (Bergamo), attendevamo questo momento. Ringrazio tutti quelli che hanno messo tante risorse in campo per arrivare a questo risultato».

MANGIARE FRAGOLE RIDUCE LA PRESSIONE

MANGIARE FRAGOLE RIDUCE LA PRESSIONE

 

di Francesca Fiore

 

Pressione alta: un problema comune, soprattutto fra le donne in menopausa, che subiscono variazioni ormonali. Secondo una ricerca targata USA, un aiuto naturale per tenere sotto controllo il problema della pressione alta oltre una certa età potrebbe venire dalle fragole.

I dati vengono dalla Florida State University, dove alcuni ricercatori hanno analizzato i cambiamenti nella pressione sanguigna di un campione di 60 donne in stato di post- menopausa, che presentavano mediamente una pressione sui 130/85, ma sempre ad un livello inferiore di 160.

La lieve tendenza alla pressione alta dei soggetti è causata dai cambiamenti ormonali e dalle variazioni di peso, dovute alla menopausa: per otto settimane, il primo gruppo di donne ha assunto una dose di fragole liofilizzate al giorno, mentre il secondo gruppo una dose di placebo.

Le fragole sono ricche di antiossidanti, cosa che rilassa l’endotelio, il rivestimento interno dei vasi sanguigni, diminuendo la pressione sanguigna: il rilassamento dell’endotelio, infatti, allarga le arterie. Inoltre, frutta come le fragole, insieme a mirtilli e more, contengono elevate quantità di potassio, acido folico e vitamina C, oltre che ricche di fibre.

Le fragole sono, insomma, un alimento prezioso per chi vuole tenere sotto controllo la propria dieta, in particolare in situazioni come la menopausa: tempo fa, infatti, una ricerca italiana ha dimostrato che le fragole sono un aiuto naturale per eliminare anche il colesterolo cattivo nel sangue, oltre che un metodo per ridurre i trigliceridi.

I FARMACI CHE NON GUARISCONO DALLE MALATTIE

LA DERIVA DELL’INDUSTRIA FARMACEUTICA: I FARMACI CHE NON GUARISCONO DALLE MALATTIE

 

di Enzo Pennetta

 

Un farmaco che non guarisce dalle malattie può sembrare un’idea assurda, è invece la più razionale dal punto di vista del marketing. Un sistema integrato con il “trattamento” dei malati gravi con l’eutanasia e i test genetici prenatali.

C’è qualcosa che non va nell’industria farmaceutica se è possibile leggere notizie come quella apparsa il 26 maggio scorso sul Corriere della Sera con il titolo “Trovato farmaco per grave malattia. Ma nessuno lo produce”. La vicenda è così riassumibile:

“Dopo anni di studi, i ricercatori dell’IFOM di Milano hanno identificato e descritto la causa di una gravissima malattia genetica, principale causa di emorragia cerebrale nei bambini sotto i 10 anni e hanno scoperto che un vecchio farmaco, fuori brevetto, potrebbe curarla…

In Italia ci sarebbero quindi circa 300.000 casi di CCM. Colpisce nel 25-30% dei casi bambini e ragazzi sotto i 20 anni, nel 60% adulti tra 20 e 40 anni, e per il 10-15% gli ultra-quarantenni. Ad oggi l’unica terapia possibile è la chirurgia che però spesso è impraticabile perché pericolosa, in quanto il bisturi può facilmente danneggiare le parti sane del cervello…

Il farmaco però, da tempo fuori brevetto, non è più prodotto e nessuna casa farmaceutica, nemmeno quella che lo produsse per prima, è disposta a rimetterlo in commercio, perché lo giudica poco remunerativo. Dejana e i suoi colleghi, anche sulla spinta emotiva trasmessa loro dai genitori dei piccoli malati, sono da tempo alla ricerca di una soluzione, senza poterla trovare. «È un peccato – commenta sconsolata Dejana – perché, una volta tanto, eravamo riusciti a trovare un farmaco in gran parte già sperimentato, quasi pronto per l’utilizzo, ma nessuno vuole produrlo, bloccando ogni possibilità di trattamento dei pazienti colpiti da questa gravissima malattia.

Siamo quindi davanti al un caso di un farmaco che potrebbe curare circa 300.000 pazienti solo in Italia ma che nessuno vuole produrre perché “poco remunerativo”.

Il problema non è però circoscritto al caso della CCM ma è ben più ampio ed è ad esempio all’origine del nuovo allarme sulla diminuita efficienza degli antibiotici (vedi Corriere della Sera del 30 aprile 2014 “I super-batteri devastanti. Vecchie infezioni tornano a uccidere”!). Che alla base della diminuita capacità degli antibiotici ci fosse la rinuncia delle industrie farmaceutiche ad investire nella ricerca era stato già detto nel dicembre del 2011 sempre sul Corriere nell’articolo “Così un batterio cancellerà la specie umana”. L’affermazione è importante e va evidenziata: “Di infezione o si guarisce o si muore e così la cura è per poco, i farmaci per la pressione alta o il colesterolo invece si prendono per tutta la vita e rendono molto di più”. In poche parole la logica del profitto è chiara: conviene investire in malattie non mortali e dalle quali non si guarisce.

Non sarà quindi ritenuta remunerativa neanche la ricerca di cure per le malattie genetiche che possono essere diagnosticate entro il terzo mese di gravidanza e affrontate ricorrendo all’aborto. Riguardo questo tipo di patologie la tendenza è data dalla diagnosi prenatale mediante amniocentesi che consente di individuare la presenza della trisomia 21 (sindrome di Down), i dati in tal senso indicano una riduzione delle nascite di bambini Down proprio per via del ricorso all’aborto, nel 2009 si è calcolato che i bambini abortiti perché affetti dalla sindrome di Down siano stati 1.118.

Se la stessa tendenza dovesse affermarsi per altre patologie di origine genetica non sarebbe un buon investimento quello nella ricerca di cure che verrebbero sempre meno richieste. Nel gennaio 2014 sul New England Journal of Medicine è apparso un articolo che tratta proprio della possibilità di ottenere una sequenza completa del genoma entro i tre mesi di gravidanza, ma nel caso di ricorso alla fecondazione assistita eterologa sarà possibile escludere ancor prima della scelta del donatore la presenza di determinate patologie, il servizio è offerto dalla società Gene Peeks per un costo contenuto in circa 1.500 euro.

Le malattie genetiche secondo questa visione dovrebbero restare un retaggio delle classi povere che non potranno permettersi l’analisi genetica fetale (o ancor più, embrionale) o la fecondazione eterologa.

Se dunque c’è da aspettarsi uno stop dello studio e della produzione di farmaci per le malattie di origine genetica, le cose non sembrano andare diversamente per altre patologie gravi e quelle proprie dell’età avanzata in quanto la tendenza sarà quella di non inserirle tra quelle fornite dai servizi sanitari per motivi di costo (o di non produrle come nel caso degli antibiotici). Al riguardo è stato espresso un parere significativo dal ministro delle Finanze giapponese Taro Aso nel gennaio 2013: “Let elderly people ‘hurry up and die’, says Japanese minister”. Nella stessa direzione vanno i recenti orientamenti in Belgio dove nel febbraio 2014 sul Journal of Critical Care è apparso l’articolo ““Piece” of mind: End of life in the intensive care unit Statement of the Belgian Society of Intensive Care Medicine” nel quale si sostiene la necessità dell’eutanasia per i pazienti in terapia intensiva anche in assenza di autorizzazione esplicita. Ancora oltre si spinge la proposta formulata nel maggio scorso dalla società svizzera EXIT di estendere il suicidio assistito alle persone anziane, anche non malate, che ne facciano richiesta.

Con il termine “farmaco”, che in greco significa anche “veleno”, si intende una sostanza impiegata al fine di ripristinare in primo luogo lo stato di salute del paziente e in secondo luogo di alleviare o eliminare i sintomi di una malattia. Con lo spostamento della centralità dell’azione dall’Uomo al profitto il farmaco è diventato in primo luogo un investimento da far fruttare il più possibile, il farmaco che non guarisce è dunque una conseguenza del tutto logica e consequenziale di fronte alla quale non è consentito formulare giudizi di “assurdità”.

Ed è proprio la logicità del fenomeno a far porre l’attenzione sull’impostazione socio-economica che ne è all’origine, quel liberismo che trova le sue origini nella teoria della “mano invisibile” del mercato di Adam Smith secondo la quale lasciando liberi i diversi soggetti di perseguire il proprio vantaggio personale si ottiene come conseguenza il vantaggio generale.

La deriva dell’industria farmaceutica è dunque tale nel senso più stretto del termine, si tratta della direzione verso la quale si dirige spontaneamente qualcosa spinta da una corrente, e la corrente in questo caso è il liberismo economico al quale anche le leggi si adegueranno in quanto ispirate alle stesse idee. L’unica possibilità per tornare a porre al centro della ricerca e dell’industria farmaceutica i farmaci che guariscono è quella di operare una mutazione della visione antropologica, una mutazione che ponga l’Uomo al centro, come fine e non come strumento.

Si tratta in ultima analisi di ridefinire quale sia “Il posto dell’uomo nella natura”.

SANZIONI E AEREI DI LINEA

SANZIONI E AEREI DI LINEA

 

di Paul Craig Roberts

 

Fonte: http://www.paulcraigroberts.org

Link: http://www.paulcraigroberts.org/2014/07/17/sanctions-airliners-paul-craig-roberts/

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PG

 

Le sanzioni non avranno alcun effetto sulle imprese russe. Le aziende russe possono ottenere, dalla Cina, dalla Francia o dalla Germania, più prestiti bancari di quanti ne necessitino.

Le tre caratteristiche che definiscono Washington – l’arroganza, la superbia e la corruzione – ne fanno un allievo lento. Le persone arroganti che sguazzano nella tracotanza sono incapaci di imparare. Quando incontrano resistenza rispondono con tangenti, minacce e coercizione. La diplomazia richiede capacità di apprendimento, ma Washington ha lasciato perdere la diplomazia anni fa e si basa sul [solo] uso della forza.

Di conseguenza, con le sue sanzioni Washington sta minando il proprio potere e la propria influenza. Le sanzioni stanno incoraggiando i Paesi a ritirarsi dal sistema di pagamenti in dollari che è il fondamento del potere statunitense. Christian Noyer, governatore della Banca di Francia e membro del Consiglio Direttivo della BCE, ha detto che le sanzioni di Washington stanno portando le imprese e i Paesi fuori del sistema dei pagamenti in dollari. L’enorme somma [quasi 9 miliardi di dollari, ovvero più del doppio dell’utile netto di esercizio 2013 del gruppo BNP – NdT] estorta alla banca francese BNP Paribas per aver fatto affari con Paesi messi all’indice da Washington rende evidenti gli accresciuti rischi legali che derivano dall’utilizzo del dollaro, quando Washington detta le regole.

L’attacco di Washington alla sponda francese è stata l’occasione per molti di ricordare le numerose sanzioni del passato e meditare sulle future sanzioni, come quelle che si profilano per la tedesca Commerzbank. Un mossa atta a diversificare le valute utilizzate nel commercio internazionale è inevitabile. Noyer ha sottolineato che il commercio tra l’Europa e la Cina non ha bisogno di usare il dollaro e può essere interamente sostenuto da euro o renminbi [la valuta cinese – NdT].

Il fenomeno delle norme statunitensi che si espandono globalmente a tutte le operazioni in dollari sta accelerando la traiettoria di allontanamento dal sistema di pagamento in dollari. Alcuni Paesi hanno già predisposto accordi bilaterali con i partner commerciali per commerciare nelle proprie valute. I BRICS stanno stabilendo nuovi metodi di pagamento indipendenti dal dollaro e stanno creando il proprio Fondo Monetario Internazionale per finanziare gli squilibri commerciali.

Il cambio del dollaro dipende dal suo ruolo nel sistema dei pagamenti internazionali. Se questo ruolo viene meno, analoga sorte toccherà alla domanda di dollari e alla quotazione del dollaro rispetto alle altre valute. L’inflazione penetrerà nell’economia americana attraverso i prezzi delle importazioni, e gli americani, già sotto forte pressione, sperimenteranno un’ulteriore compressione dei loro standard di vita.

Nel XXI secolo si è assistita a una crescente diffidenza verso Washington. Le bugie statunitensi, come le “armi di distruzione di massa” irachene, “l’uso di armi chimiche da parte di Assad” e “le armi nucleari iraniane” sono [ormai] riconosciute come menzogne dagli altri governi. Le bugie sono stati utilizzate da Washington per distruggere alcuni Paesi e minacciare di distruzione gli altri, mantenendo il mondo in costante agitazione. Washington non offre alcun vantaggio atto a compensare le turbolenze che Washington stessa infligge al resto del mondo. L’amicizia con Washington richiede il rispetto delle sue richieste, e i governi stanno valutando come tale amicizia non valga la pena se messa a confronto con l’elevato prezzo da pagare.

Lo scandalo dello spionaggio NSA e il rifiuto di Washington di chiedere scusa e desistere [dal continuare – NdT] hanno approfondito la diffidenza verso Washington da parte dei suoi stessi alleati. Sondaggi globali mostrano come ci siano Paesi che considerano gli Stati Uniti come la più grande minaccia per la pace. Il popolo americano stesso non ha fiducia nel proprio governo. I sondaggi mostrano che una grande maggioranza degli americani crede che i politici, i media sempre pronti a prostituirsi [sacrificando la verità], e i gruppi di interesse privato, come Wall Street e il complesso militare / legato alla sicurezza, manipolino il sistema per i propri fini, il tutto a spese del popolo americano.

L’impero di Washington sta cominciando a mostrare crepe, una circostanza porterà ad azioni disperate da parte di Washington. Oggi (17 luglio) ho sentito un servizio della BBC sulla National Public Radio in merito a un aereo di linea malese, abbattuto in Ucraina. La notizia avrebbe potuto essere [data] onesta[mente], ma aveva tutta l’aria di una macchinazione ordita dalla Russia e dai “separatisti” ucraini. Mentre la BBC sollecitava pareri [ancor] più di parte, la trasmissione si è conclusa con un report, proveniente da social media, riguardante il fatto che i separatisti avessero abbattuto l’aereo di linea con un sistema d’arma russo.

Nessuno, all’interno del programma, si è chiesto cosa i separatisti avessero da guadagnare dall’abbattimento di un aereo di linea. La discussione verteva, invece, sulla possibilità, una volta accertata la responsabilità russa, che ciò avrebbe forzato l’UE ad approvare sanzioni americane contro la Russia ancora più severe. La BBC stava seguendo il copione di Washington, dirigendo la storia esattamente dove Washington voleva che andasse.

La sensazione che si tratti di un’operazione di Washington c’è tutta. Tutti i guerrafondai erano pronti al momento giusto. Il vicepresidente americano Joe Biden ha dichiarato che l’aereo era “saltato dal cielo” e che “non era un incidente”. Come fa una persona senza un preciso ordine del giorno a fare delle dichiarazioni con una tale sicurezza prima di avere tutte le informazioni? Chiaramente, Biden non sottintendeva affatto che fosse stata Kiev a far esplodere in cielo l’aereo di linea. Egli si era portato avanti nonostante non fosse stata dimostrata la colpevolezza della Russia [si sottintende che la dava comunque per assodata – NdT]. In effetti, il modus operandi di Washington, sarà di accumulare le censure alla Russia fino al punto di rendere non più necessarie le prove.

Il senatore John McCain si è buttato sulla supposizione che vi fossero cittadini statunitensi a bordo dell’aereo al fine di appellarsi ad azioni punitive contro la Russia prima che la lista dei passeggeri e la causa del disastro fossero note.

“L’indagine” è condotta dal regime di Kiev, ovvero da un regime fantoccio imposto da Washington. Penso che si sappiano già a quali conclusioni si arriverà.

Ci sono alte probabilità che si stia per avere ulteriori prove falsificate, come ad esempio quelle artefatte presentate dal segretario di Stato americano Colin Powell alle Nazioni Unite al fine di “provare” l’esistenza di inesistenti “armi di distruzione di massa” in mano agli iracheni. Washington è riuscita in ciò con così tanti inganni, bugie e crimini da ritenere di poter sempre avere successo in azioni del genere.

Nel momento in cui scrivo, non si hanno informazioni attendibili sull’aereo di linea, ma la domanda sorge spontanea (come si chiedevano sempre gli antichi Romani): “Cui prodest?” Non c’è alcun motivo plausibile per l’abbattimento dell’aereo di linea da parte dei separatisti, ma Washington sì che ha avuto un movente contro la Russia e, forse, ne ha avuti anche due. Tra le indiscrezioni e le voci ce n’è una che afferma come l’aereo presidenziale di Putin abbia volato lungo una rotta simile all’aereo malese, a soli 37 minuti di distanza da quest’ultimo. Questa indiscrezione ha portato a speculare sul fatto che Washington abbia deciso di liberarsi di Putin e abbia confuso l’aereo di linea malese con il jet di Putin. Russia Today riferisce che i due aerei hanno un aspetto simile.

Prima di dire [che la tecnologia militare] di Washington sia troppo sofisticata per confondere un aereo di linea con l’aereo presidenziale russo, si ricordi che quando Washington abbatté un aereo di linea iraniano nello spazio aereo dell’Iran, la Marina statunitense affermò di pensare che i 290 civili che aveva assassinato fossero a bordo di un jet da combattimento iraniano, un caccia F-14 Tomcat prodotto in USA e un autentico pilastro della Marina degli Stati Uniti stessa. Se la Marina a stelle e strisce non sa distinguere tra il suo cavallo di battaglia nel campo dei jet fighter e un aereo di linea iraniano, chiaramente gli Stati Uniti possono confondere i due aeromobili che l’articolo di Russia Today mostra apparire come assai simili.

Durante l’intero servizio della BBC con la Russia nel mirino, nessuno ha menzionato l’aereo passeggeri iraniano che gli Stati Uniti “hanno fatto saltare giù dal cielo”. Nessuno ha imposto sanzioni a Washington.

Qualunque sia l’esito dell’incidente accaduto all’aereo malese, mostra come la politica morbida di Putin nei confronti dell’intervento duro di Washington in corso in Ucraina, rappresenti un pericolo. La decisione di Putin di rispondere con la diplomazia invece che con mezzi militari alle provocazioni di Washington in Ucraina ha dato a Putin una mano vincente, come dimostra l’opposizione alle sanzioni di Obama da parte dell’UE e dello stesso mondo del business degli Stati Uniti. Tuttavia, non ponendo fine in modo energico e rapido al conflitto sponsorizzato da Washington in Ucraina, Putin ha lasciato la porta aperta alle subdole macchinazioni in cui Washington eccelle.

Se Putin avesse accettato le rivendicazioni al ricongiungimento con la Madre Russia provenienti dagli ex territori russi orientali e meridionali dell’Ucraina, l’imbroglio ucraino sarebbe finito mesi fa e la Russia non starebbe correndo il rischio di essere nel mirino [della autodefinitasi “comunità internazionale” – NdT].

Putin non ha ottenuto il beneficio completo di essersi rifiutato di inviare truppe in ex territori russi, perché la posizione ufficiale di Washington è che le truppe russe [già] operano in Ucraina. Quando i fatti non supportano l’ordine del giorno di Washington, quest’ultima li scarta. I media degli Stati Uniti accusano Putin di essere l’autore della violenza in Ucraina. È l’accusa di Washington, non qualche fatto noto, che è la base per le sanzioni.

Poiché non vi è nessun atto troppo vile da scoraggiare Washington dall’intraprenderlo, Putin e la Russia potrebbero diventare vittime di una subdola macchinazione.

La Russia sembra ipnotizzata dall’Occidente e motivata ad essere inclusa in esso. Questo desiderio di accettazione fa gioco a Washington. La Russia non ha bisogno dell’Occidente, ma l’Europa ha bisogno della Russia. Una delle opzioni per la Russia è mirare a fare i propri interessi e aspettare che sia l’Europa a corteggiarla.

Il governo russo non dovrebbe dimenticare che l’atteggiamento di Washington verso la Russia si rifà alla dottrina Wolfowitz, che recita: “Il nostro primo obiettivo è quello di prevenire il riemergere di un nuovo rivale, sia sul territorio dell’ex Unione Sovietica sia altrove, che rappresenti una minaccia simile a quella posta in passato dall’Unione Sovietica. Questa è una considerazione dominante alla base della nuova strategia di difesa regionale e richiede che ci sforziamo di prevenire che qualsiasi potenza ostile possa dominare una regione le cui risorse potrebbero, sotto un controllo consolidato, essere sufficienti a generare una potenza globale”.