“Lavoro è democrazia” Dopo 10 anni Cgil, Cisl e Uil insieme in piazza a Roma

“Lavoro è democrazia”
Dopo 10 anni Cgil, Cisl e Uil
insieme in piazza a Roma

 

In oltre 100mila sono arrivati nella Capitale, anche con 1.400 pullman e voli aerei e navi ‘speciali’. Angeletti: “Invece di pensare a chi staccherà la spina del governo, tra Pdl e Pd, senza alternative saranno i cortei dei disoccupati a staccare la spina”. Camusso: “Basta chiacchere, fatti”. Bonanni: “Letta sia coraggioso, no bizantismi”

 
Un momento della manifestazione nazionale indetta dai sindacati Cgil, Cisl e Uil 'Lavoro è democrazia' (Ansa)

Un momento della manifestazione nazionale indetta dai sindacati Cgil, Cisl e Uil ‘Lavoro è democrazia’ (Ansa)

 

Roma, 22 giugno 2013  – Due cortei e comizi finali a piazza San Giovanni. E’ la giornata della protesta unitaria a Roma, dopo 10 anni, dei tre sindacati insieme: Cgil, Cisl e Uil. Oltre 100 mila persone in marcia per il lavoro e per un fisco più equo, arrivate nella Capitale anche con 1.400 pullman e voli aerei e navi ‘speciali’ per partecipare alla manifestazione ‘Lavoro è democrazia’. I partecipanti si sono già raccolti a piazza della Repubblica e a piazzale dei Partigiani, per poi percorrere due tragitti distinti e incontrarsi, alla fine, alle 11.30 circa, a piazza di Porta San Giovanni, dove è stato allestito il palco per gli interventi finali, che dovrebbero durare fino alle 13.30.

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Ci saranno i tre segretari generali, Susanna Camusso (Cgil), Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil) per chiedere provvedimenti “urgenti e indispensabili” al Governo.

Per i sindacati non c’è più tempo da perdere, “bisogna frenare la caduta libera dell’economia del nostro Paese” rivedendo immediatamente questioni come gli investimenti, la redistribuzione del reddito e la ripresa dei consumi. Disagi annunciati per la viabilità nelle zone interessate dai cortei, con anche sgomberi dei veicoli lungo i percorsi, strade chiuse e numerose modifiche al tpl già scattate.

ANCHE GLI OPERAI INDESIT: ‘1.424 VOLTE NO’ – Ci sono anche 250 operai degli stabilimenti Indesit Company di Albacina e Melano, partiti da Fabriano con 4 pullman, alla manifestazione unitaria per il lavoro indetta oggi da Cgil, Cisl e Uil a Roma. Sfilano dietro uno striscione con lo slogan della vertenza Indesit: ‘1.425 volte no: la storia siamo noi’. Il richiamo è al piano di ristrutturazione del gruppo elettrodomestico, che ha annunciato 1.425 esuberi nei siti italiani, e la chiusura delle fabbriche di Melano e Teverola (Caserta).

UIL, ANGELETTI: I DISOCCUPATI STACHERANNO LA SPINA  – “Invece di pensare a chi staccherà la spina del governo, tra Pdl e Pd, senza alternative saranno i cortei dei disoccupati a staccare la spina” (VIDEO)”. Lo ha dichiarato il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, in piazza Esedra per la manifestazione unitaria dei sindacati confederali.

Il pacchetto lavoro che il Governo si accinge a mettere in campo per far ripartire l’occupazione “da quanto è emerso non sembra gran cosa, così non serve a niente”. “Non mi sembra che sia una cosa che possa avere uno straccio di efficacia – ha aggiunto – ma l’ennesima fuga dalla realtà”.

CAMUSSO: BASTA ANNUNCI, FATTI – Non vanno bene i continui annunci se non si traducono in una scelta che dia un segno di cambiamento” (VIDEO). Lo ha affermato il leader della Cgil, Susanna Camusso, parlando del pacchetto lavoro all’esame del Governo durante la manifestazione unitaria che si sta svolgendo a Roma.

Camusso ha poi ricordato che “abbiamo visto tante occasioni per dire che sul tema del lavoro si possono fare cose anche importanti, che non hanno bisogno di risorse”. Secondo il numero uno della Cgil “il problema è invece se si continua a fare una vecchia discussione sul tema della flessibilità, anche se è ormai dimostrato che non è utile a far ripartire l’economia. Oggi facciamo una manifestazione, vedremo quali risposte arriveranno”.

BONANNI: LETTA SIA CORAGGIOSO, BASTA BIZANTISMI – Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, sollecita il presidente del Consiglio Enrico Letta e il suo esecutivo a indicare una “strada coraggiosa” per dare risposte immediate all’emergenza occupazionale. “Il Governo Letta – ha detto Bonanni nel corso della manifestazione unitaria sul lavoro – deve fare proposte. Vedo che è attraversato da discussioni al suo interno. Noi diciamo basta ai bizantinismi: abbia coraggio e si raccordi con lavori e pensionati. Indichi una strada coraggiosa al paese”.

Bonanni ha poi sottolineato che oggi Cgil, Cisl e Uil sono in piazza “per incentivare la classe dirigente più volenterosa ad andare avanti” perché “altrimenti è un massacro”.

Il numero uno della Cisl ha confermato che “nelle prossime ore” ci sarà un incontro con il Governo e, dunque, prima che il pacchetto lavoro vada all’esame del Cdm. Bonanni ha inoltre sollecitato una “scossa” dei poteri centrale e locali perché ormai “siamo al dunque: bisogna smettere di perdere tempo e avere coraggio di fare cose nuove. A partire dalla vicenda fiscale per dimezzare le tasse sul lavoro e pensioni e sulle imprese che investono perché questo significa rafforzare i consumi e dare una mano all’occupazione”.

EPIFANI, PD A FIANCO DEI SINDACATI  – “Il Pd è al fianco di quest’azione unitaria dei lavoratori, dopo dieci anni, con rispetto e condivisione dell’obiettivo di mettere il lavoro al primo punto e anche per il ruolo dei sindacati in una crisi come questa”. Lo ha detto il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, durante la manifestazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil. “È una giornata importante – ha aggiunto – per questo ho voluto esserci”.

“Stiamo vivendo la più grossa crisi d’Italia e il sindacato in questa fase – osserva Epifani – ha un ruolo fondamentale quale che sia l’opinione che si ha in generale sul sindacato. Il sindacato deve governare una fase difficilissima e bisogna sostenere questa sua funzione di governo dei problemi sociali”.

“Il lavoro si crea con gli investimenti, non certo con le chiacchiere”.  “Il lavoro – osserva – si crea con gli investimenti, favorendo gli investimenti su infrastrutture ed edilizia, favorendo l’occupazione dei giovani riducendo le tasse e i contributi sui giovani ma stabilizzando i loro rapporti di lavoro”.

“Io penso che si debba parlare di lavoro e di occupazione. Far cadere il Governo in una fase così drammatica sarebbe da irresponsabili”.

La versione di Josefa nella bufera: “Sono onesta e non mi dimetto”

La versione di Josefa nella bufera:
“Sono onesta e non mi dimetto”

Il ministro Idem: “Contro di me parole come pietre”
Si è presentata in conferenza stampa con l’avvocato

Nella bufera da giorni per il mancato pagamento dell’Ici, il ministro per le Pari opportunità Josefa Idem sceglie di uscire allo scoperto, convoca a sorpresa una conferenza stampa alle 15 e, accanto al suo avvocato incaricato di spiegare gli aspetti tecnici della questione, parte con la sua appassionata ‘requisitoria’ di difesa

 
Josefa Idem (Ap/Lapresse)

Josefa Idem (Ap/Lapresse)

 

Roma, 22 goigno 2013 – Nella bufera da giorni per il mancato pagamento dell’Ici, il ministro per le Pari opportunità Josefa Idem sceglie di uscire allo scoperto, convoca a sorpresa una conferenza stampa alle 15 e, accanto al suo avvocato incaricato di spiegare gli aspetti tecnici della questione, parte con la sua appassionata ‘requisitoria’ di difesa.

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IL VIDEO DELLA CONFERENZA STAMPA

PAROLE COME PIETRE – Ecco le prima parole della conferenza stampa di Josefa Idem: “Le parole sono come pietre e questa volta sono state pietre scagliate contro di me con una brutalità e inaudita violenza”.

E ancora: “Mi hanno dato della ladra della puttana (il parlamentare europeo Borghezio, ndr), hanno scritto Sefi, la furbetta dell’Imu.Nessuno, tranne mia sorella, può chiamarmi così. Ho fatto l’atleta per una vita anche se la legge ci chiama dilettanti. Ci alleniamo 8 ore al giorno. Stavo a casa nei mesi invernali. Ho fatto due figli, ho fatto attività politica con tanta passione, difendendo i diritti delle donne, Ho vinto più di trenta medaglie”.

ONESTA’ – “Non sono una cittadina infallibile, ma sono una cittadina onesta e non permetterò a nessuno di dubitarne. E’ mia intenzione continuare a impegnarmi per il bene del Paese”. 

“Ho delegato tutte le mie questioni fiscali ed edili. Vi sono state irregolarità e ritardi: me ne scuso pubblicamente, me ne assumo le responsabilità e sanerò ciò che sarà da sanare”.

NON SONO UNA COMMERCIALISTA –  “Ho imparato tanto nella mia carriera – continua la Idem – ma non ho imparato a fare la commercialista o la geometra o l’ingegnere. Per tanto, visto il peso del mio lavoro e le assenze dovute all’attività sportiva, ho delegato le questioni fiscali ed edili a persone a me vicine, professionisti del caso. Dando un’indicazione chiara a tutti: voglio che tutto sia fatto a regola d’arte e nel rispetto assoluto della legge”

“Per come sono riuscita a ricostruire la vicenda – spiega – posso dire che ci sono state alcune irregolarità e ritardi. Me ne scuso pubblicamente, me ne assumo tutte le responsabilità del caso e sanerò ciò che e’ da sanare”.

ITALIA E GERMANIA – “Data l’irrilevanza non credo che in Germania nessuno si sarebbe dimesso per una cosa del genere e non intendo farlo qui”, sottolinea il ministro d’origine tedesca. 

“In molti mi hanno invitato a non darla vinta a una montatura mediatica: intendo continuare per non tradire la fiducia delle persone che contano sul mio contributo”, spiega la Idem.

LA ‘DIFESA’ DELL’AVVOCATO – “Per le questioni relative agli abusi edilizi “non cè alcun reato” mentre per la questione relativa all’Imu “non è vero che non è stata pagata”, ha affermato da parte sua l’avvocato Luca Di Raimondo, sostenendo “l’assoluta inconsistenza della vicenda”, frutto di “mescolamento di mezze verità ed elementi documentali”.

Cominciando “dall’ipotetico abuso edilizio che potrebbe portare addirittura un reato”, Di Raimondo ha detto: “Il Comune di Ravenna, l’11 giugno, dice in un documento già circolato ma stranamente omesso in questa parte che ‘non si rivelano caratteri penali ma solo una violazione amministrativa dell’inizio di attività’. La ministra ha pagato il giorno successivo, il 18 giugno, alla notifica della sanzione. Dunque primo dato, non c’è reato”.

La seconda questione, ovvero il mancato pagamento dell’Imu su un’abitazione di proprietà: “Non è vero che non è stata pagata l’Imu, e il 4 febbraio, entro il termine di legge del 28, è stata dichiarata quale fosse la dimora familiare. Il pagamento con ravvedimento operoso è previsto dalla legge ma è stato letto come un tentativo di correre ai ripari in maniera tardiva”.

LE REAZIONI – A Lega Nord e M5S non piace troppo l’autodifesa di Josefa Idem. “La kompagna Idem con la conferenza stampa/farsa di oggi ha stabilito una nuova forma di comicità, superando di slancio il compianto – ma simpatico – Fantozzi nelle acrobazie per negare la realta’ dei fatti”, dichiara Gianluca Pini, vicecapogruppo della Lega Nord alla Camera.

E i grillini rincarano: “La difesa del ministro Josefa Idem è imbarazzante. Siamo stati tra i primi a sollevare il caso in consiglio comunale a Ravenna ed in Parlamento con la interrogazione depositata al Senato martedi’. Confermiamo la nostra richiesta di dimissioni, contenuta tra l’altro nella mozione di sfiducia sottoscritta insieme alla Lega. Chiediamo al ministro Josefa Idem di comportarsi da cittadina tedesca e dimettersi da ministro. Auf wiedersehen Josefa”, afferma Nicola Morra

LA MOZIONE SFIDUCIA M5S – Il movimento 5 stelle ha presentato una mozione di sfiducia per Iosefa Idem, il ministro dello Sport del Pd finito nella bufera per il caso della casa-palestra (a cui si aggiunge ora quello dei contributi previdenziali percepiti dal Comune di Ravenna quando era assessore.

Nel testo si legge tra l’altro che appare “difficilmente sostenibile la pretesa di sacrifici a scapito dei cittadini e degli utenti, da parte di un governo che ha fatto del rigore e delle regole, ed ancor piu’ della lotta all’evasione, uno dei suoi cavalli di battaglia, quando uno dei membri piu’ autorevoli e noti di questo stesso governo pare non rispettare le regole”.

RICHIESTE DI DIMISSIONI VIA FACEBOOK – Via Facebook intanto si moltiplicano le richieste di dimissioni per Idem. Chiede un passo indietro anche Enzo Raisi, già deputato e numero uno di Fli in Emilia-Romagna. “Dopo aver ascoltato le spiegazioni del Ministro Idem sulla sua evasione dell’Imu ho incominciato a ridere, era dai tempi della nipote di Mubarak che non ridevo tanto… E dire che c’è qualche amico/a che ci crede, esattamente, a parti invertite, come ai tempi della scusa di Berlusconi. Cara Idem- conclude Raisi- dimostra che una tedesca è diversa, dimettiti se no non ci rompete più le scatole con la barzelletta di noi italiani incorreggibili”.

CONDIZIONATORI: LE 7 REGOLE PER NON SPRECARE ENERGIA

CONDIZIONATORI: LE 7 REGOLE PER NON SPRECARE ENERGIA

 

di G. C.

 

I primi giorni di caldo ed afa hanno fatto già sentire i loro effetti. Nelle grandi città si respirava a fatica, ma anche in campagna l’umidità e il caldo non hanno dato tregua. Le soluzioni per combattere le alte temperature sono sempre le stesse: bere tanto e non uscire nelle ore più calde della giornata.

Ma anche nelle mura domestiche il caldo, talvolta, è irresistibile. L’unica soluzione è ricorrere alla tecnologia: condizionatori e ventilatori saranno amici inseparabili. E così, come ogni estate, il refrigerio avrà un costo non indifferente. Come utilizzare i condizionatori senza sprecare energia? Ecco le sette regole:

1. Se dovessimo ancora comprare un condizionatore d’aria scegliamolo efficiente, ovvero di classe energetica A.

2. Impostiamo il condizionatore in modalità “deumidificazione”: abbassando la percentuale di umidità, la stanza si rinfresca in modo naturale. Questa opzione non richiede una quantità di energia eccessiva

3. Tenete il condizionatore ad una temperatura mite, di 3-4 gradi inferiore alla temperatura esterna

4. Pulire periodicamente i filtri, che se sporchi divorano energia

5. Fare attenzione alle dispersioni di aria fredda. Quando si accende il condizionatore è bene chiudere le finestre

6. Quando il caldo non è eccessivo preferire un ventilatore

 

7. Non accendere il condizionatore nelle ore notturne.

Los Roques: ritrovato l’aereo disperso nel 2008 con otto italiani a bordo

Los Roques: ritrovato l’aereo disperso nel 2008 con otto italiani a bordo

Dopo misteri e dubbi, compreso quello che l’incidente aereo non fosse mai avvenuto, in Venezuela è stato ritrovato il relitto dell’aereo disperso il 4 gennaio 2008 mentre era in volo da Caracas per l’arcipelago di Los Roques, con a bordo 14 passeggeri, tra i quali otto italiani. L’annuncio ufficiale del ritrovamento è in programma stamattina a Caracas, ma ad anticipare la notizia sono state le autorità venezuelane, tra le quali via Twitter la procuratrice generale Luisa Ortega Diaz. Il ministro degli Interni Miguel Rodriguez Torres ha d’altro lato precisato che l’aereo è stato trovato ”nove chilometri a sud di Los Roques”.
Il ritrovamento – Il bimotore, che si trovava a una profondità di circa 970 metri, è stato localizzato dalla nave oceanografica americana Sea Scout, che da giorni stava scandagliando l’area a seguito di un accordo bilaterale firmato tempo fa tra il Venezuela e l’Italia. Il relitto dovrebbe trovarsi in buone condizioni proprio a causa della grande profondità, che provoca una minor corrosione.
La ricostruzione – Il velivolo era precipitato in mare dopo il decollo dall’aeroporto Maiquetia di Caracas mentre era diretto a Los Roques, una delle principali destinazioni turistiche dei Caraibi. Venticinque minuti dopo la partenza, il pilota Esteban Bessil aveva lanciato un sos mentre si trovava ad un’altitudine di 3 mila piedi e a circa 16 miglia dall’arcipelago. Poi erano scattate le ricerche via mare e via terra, ma senza alcun esito. Per anni, quindi, la sorte del piccolo aereo è stato un caso irrisolto, definito un mistero sia in Italia che in Venezuela.
Le vittime – Nel bimotore si trovavano gli italiani Stefano Frangione, Fabiola Napoli, Paola Durante, Bruna Guarnieri, le figlie Sofia e Emma, Rita Calanni e Annalisa Montanari. A bordo c’erano inoltre cinque venezuelani – il pilota Bessil, il copilota Osmel Alfredo Avila Otamendi, Patricia Alcala, Karina Rubis, Issa Rodríguez – e lo svizzero Alexander Nierman. Fino ad oggi l’unico cadavere ad essere stato ritrovato – il 13 gennaio nella penisola di Falcon – è stato quello del copilota.
Incidente gemello per Missoni – Sulla stessa rotta, ma in direzione contraria (da Los Roques a Caracas), lo scorso 4 gennaio è scomparso un altro piccolo aereo da turismo con a bordo quattro italiani: Vittorio Missoni insieme alla moglie Maurizia e a una coppia di amici, Elda Scalvenzi e il marito Guido Foresti.

Spese sospette, l’Agenzia delle Entrate invia le lettere di avviso

Spese sospette, l’Agenzia delle Entrate invia le lettere di avviso

L’Agenzia avvisa il contribuente in caso di discordanze tra entrate e uscite ma non è obbligatorio rispondere

Ai contribuenti italiani sta arrivando una missiva importante e a inviarla è un mittente mai troppo amichevole: l’Agenzia dell’Entrate. Ma cosa dicono le lettere? Invitano il contribuente averificare la compatibilità di quanto dichiarato per l’anno 2011 con le voci di spesa presenti nel prospetto inviato in allegato, o con lo strumento di autodiagnosi conosciuto come Redditest.

Un tema caldo la compatibilità tra spese e dichiarazione, ma nel caso in questione siamo innanzi a uno strumento di compliance, e non davanti a un accertamento fiscale. L’Agenzia fornisce informazioni generiche sulle spese effettuate nel 2011 e note al Fisco; la congruità va verificata con quanto dichiarato nel 730. Il problema non si presenta se le spese, pur più alte del reddito, sono state effettuate con fonti legittime di finanziamento. C’è anche la seconda chance, quella di correggere la dichiarazione, avvalendosi del ravvedimento lungo, fino al 30 settembre 2013, che prevede una sanzione del 3,75%. 

Non è certo il primo caso di lettere informative che l’Agenzia invia: l’anno scorso è andato in scena lo stesso copione, ovviamente per il reddito complessivo dichiarato nel 2010. Ilpanico per i contribuenti non manca mai, ma queste comunicazioni hanno perlopiù carattere informativo, o finalità preventive, quindi bisognerebbe capire perché si scatena il panico ogni volta che l’Agenzia invia una missiva, posto che non è obbligatorio rispondere e che non vi è un accertamento in corso. 

Fa più rumore invece il fatto che il cittadino può spiegare o ritoccare la dichiarazione, ma non è messo a conoscenza dell’ammontare delle spese, che non è precisato, per tutelare la riservatezza ma anche nella certezza che il contribuente sa quanto spende. In pratica l’Agenzia sa e il cittadino pure: resta da capire chi deve fare il primo passo. Per la serie: non dico che hai sbagliato, ma nemmeno ti dico che hai fatto giusto, e vediamo chi cede per primo. 

Ovvio che molti contribuenti si chiedano a chi spetti l’onere della prova, posto che è l’Agenzia a farsi viva. In ogni caso, sembra che la moral suasion funzioni se i redditi dichiarati lo scorso anno da circa 256mila soggetti che si erano visti recapitare la missiva sono cresciuti di circa il 10%. Anche nel 2011 erano partite 50mila missive che si riferivano alle precedenti annualità e che avrebbero riportato 130 milioni di euro nelle casse dell’Erario, secondo quanto scrive Italia Oggi. 

L’esperimento nei fatti funziona ma è giusto il modo in cui è condotto? Già lo scorso anno si parlava di una forma di bluff al poker, dove a parole si tutela la privacy del contribuente, ma nei fatti non gli si concede tutti gli strumenti per capire dove sbaglia e perché, posto che deve poi dimostrare quando e in che modo le spese non coincidono. Più complesso è invece l’altro tema, quello del rapporto tra Fisco e cittadino, che, pur nel nome della lotta all’evasione, ha raggiunto in Italia livelli emergenziali, e ribadisce sempre di più una forma di subalternità, dove il sospetto vince pur per nobili fini, cioè recuperare gettito.

PERCHÉ LA PIOGGIA NON È SALATA? LA RIVOLUZIONE DI SOLWA PER LA PRODUZIONE DI ACQUA POTABILE

PERCHÉ LA PIOGGIA NON È SALATA? LA RIVOLUZIONE DI SOLWA PER LA PRODUZIONE DI ACQUA POTABILE

 

di Veronica Ulivieri

 

“L’acqua del mare evapora, si trasforma in vapore, sale, diventa una nuvola. Poi, quando trova una corrente di aria fredda, si fa condensa e torna allo stato liquido. Ma perché la pioggia non è salata? Io non me lo ero mai chiesto. Mio fratello sì, e da lì è nata Solwa”.

Davide Franceschetti, responsabile Relazioni Internazionali di Solwa, racconta così la nascita di una tecnologia per la potabilizzazione dell’acqua alimentata dal calore solare, giunta alla fine della fase sperimentale, ma già inserita dalle Nazioni Unite, nel 2010, tra le “Innovazioni per lo sviluppo dell’umanità” del programma IDEASS. Un riconoscimento a cui ne sono seguiti molti altri: la startup, oggi ospitata nel Parco Scientifico Tecnologico Veneziano Vegapark, ha vinto il premio Working Capital 2011 e, poco dopo, è stata selezionata come Innovazione Italiana dell’Anno dal prestigioso MIT di Boston. Accanto a numerose menzioni speciali e inviti a diverse fiere, da Smau a Ecomondo, a novembre scorso è arrivato il Premio Marzotto: “Siamo stati selezionati come Impresa del Futuro. Dal premio, pari a 250.000 euro, sono venuti i soldi per andare avanti, che ci hanno permesso anche di fare le prime assunzioni”, continua Davide.

A colpire le giurie di così tanti premi non è stata solo l’idea brillante, nata dalla tesi di laurea sperimentale di Paolo, ma anche le sue enormi potenzialità: la disponibilità di acqua potabile, insieme all’approvvigionamento alimentare, è uno dei temi cruciali che il pianeta dovrà affrontare nei prossimi anni, e in questo senso Solwa rappresenterebbe una piccola rivoluzione. “È un sistema molto semplice, che non necessita di manutenzione, e che si basa su un processo banale. Molto diverso dai sistemi di depurazione che necessitano di membrane, elettricità, combustibili fossili”. Solwa è infatti “una piccola serra in cui viene immessa acqua che, con il calore del sole, evapora. Il vapore viene raccolto in un tubo e fatto incontrare con l’aria fredda prodotta da una piccola ventola alimentata a pannelli solari. In questo modo, si condensa e torna allo stato liquido, mentre gli inquinanti o il sale vengono scartati”.

Con questo processo è possibile depurare acqua contaminata da diversi tipi di sostanze tossiche: “Tutto ciò che ha un peso specifico maggiore dell’acqua non evapora. Rimangono fuori solo l’alcol, o la benzina”. Un sistema utilizzabile anche nei villaggi isolati, non connessi alla rete elettrica, provvedendo al fabbisogno idrico familiare: “In Africa un impianto di un metro quadrato è in grado di produrre circa 10 litri al giorno, rispondendo a un problema essenziale: ogni quattro minuti, infatti, nel mondo muore un bambino. Non per la sete, ma per le malattie che l’acqua non potabile gli provoca”. In collaborazione con alcune ONG, Solwa ha già fatto sperimentazioni in Perù, Burkina Faso e Palestina, mentre a Roma si sta testando la tecnologia “per desalinizzare l’acqua del mare, in modo da renderla utilizzabile per irrigare le coltivazioni di ortaggi nelle serre. “Proprio con questa applicazione stiamo puntando anche alle isole, dove non c’è acqua potabile perché le falde sono completamente saline. L’acqua del mare è infinita e, anche in periodi di siccità, sarà una delle risorse che in futuro potrà essere utilizzata”.

La società è nata ufficialmente a gennaio 2012 da sei soci under 35, con un’idea precisa in testa: “Non volevamo solo sviluppare la tecnologia, ma dare un’opportunità di sviluppo locale a tanti Paesi del Sud del mondo. Non siamo per il “vendi e scappa”, ma vorremmo piuttosto creare piccole officine di imprenditori locali che diano lavoro alla popolazione e si occupino della produzione e distribuzione degli impianti sul territorio circostante”.

 

E mentre tra pochi mesi, con la fine della fase sperimentale, inizierà la commercializzazione, da Solwa, con una specie di effetto a catena, è nato Drywa, un sistema basato sempre su serre che ha però, in questo caso, lo scopo di essiccare fanghi, facendo evaporare la parte liquida, per ridurne l’ingombro e facilitarne lo smaltimento. Ma la stessa tecnologia potrebbe essere utilizzata, per esempio, per l’essiccazione della frutta prodotta nei Paesi in via di sviluppo, alimentando anche qui un’economia locale che può portare benessere.

COME VIENE MISURATA LA TARIFFA PUNTUALE: DAL “CODICE A BARRE” AL “TRANSPONDER”

COME VIENE MISURATA LA TARIFFA PUNTUALE: DAL “CODICE A BARRE” AL “TRANSPONDER”

 

di Giuseppe Miccoli

 

Durante il convegno di Capannori, alcuni comuni (Trento, Ponte nelle Alpi, Capannori) e alcuni consorzi (consorzio trevigiano Priula) hanno dichiarato di essere riusciti negli ultimi anni a raggiungere non solo alte percentuali di raccolta differenziata ma anche a ottenere un abbattimento dei costi di gestione, che si è tradotto per le tasche dei cittadini in un risparmio grazie alla riduzione della tariffa sui rifiuti.

Ma come ci sono riusciti? Grazie all’introduzione della tariffazione puntuale, cioè alla possibilità per ciascun utente di pagare in base a quanto rifiuto ognuno produce. Buone pratiche che anche in altri comuni (ad esempio Mola di Bari o Triggiano, per citare comuni del sud Italia) e consorzi (ad esempio Iren Emilia), sono prossime all’attuazione, grazie ad un progettazione accorta che aveva predisposto questo sistema già in fase di bando gara. La tariffazione puntuale è dunque, una necessità che “va a braccetto” con il servizio di raccolta porta a porta e che difficilmente, invece, si lega ai servizi basati sulla raccolta stradale e sul conferimento e smaltimento in discarica. La Tares introdotta dal governo Monti però è vicina più a questo secondo sistema, ma lascia tuttavia una via d’uscita a tutti quei comuni che hanno introdotto nel tempo una raccolta differenziata porta a porta: la possibilità cioè di introdurre la tariffazione puntuale.

L’Italia ormai è l’unico Paese europeo a pagare ancora il servizio di raccolta dei propri rifiuti in base ai metri quadri della proprietà di un immobile, cioè a quanti metri quadri una famiglia o un’impresa possiede. In questo modo ogni cittadino è incentivato a produrre più rifiuti possibile proprio per ottimizzare la propria tassa. Al contrario in Europa invece la tariffa viene modulata in base al servizio, in base cioè a quanti mezzi, attrezzature, e raccolte di rifiuti vengono impiegate nel corso di un periodo di tempo dal servizio comunale di nettezza urbana. In questo modo il cittadino è incentivato a produrre meno rifiuti possibile perché paga in base al servizio ricevuto. È come per il telefono il cui costo della telefonata varia anche in funzione degli scatti prodotti.

Ma come funziona? La tariffazione puntuale viene “misurata” grazie all’uso di una tecnologia che è già di uso comune, e perciò senza più vincoli di brevetto: il transponder RFID UHF (Radio Frequency IDentification Ultra High Frequency), un microchip che ha la capacità di far identificare e di far memorizzare agli operatori i dati relativi ai rifiuti esposti nei vari bidoncini o nei sacchetti. Una tecnologia che nasce per sostituire una precedente che è tuttora in uso nel settore manifatturiero: quella del “codice a barre”. In una intervista rilasciata a Eco dalle Città nel 2011 e successivamente nel 2012, Attilio Tornavacca amministratore della ESPER (Ente per lo Studio Ecosostenibile dei Rifiuti), aveva spiegato i vantaggi della tecnologia e aveva ripercorso la storia della “transponder RFID UHF” nel settore della gestione dei rifiuti, in particolare legato all’uso che se ne era fatto sui sacchetti di plastica: «l’uso di etichette con codice a barre sui sacchetti – aveva spiegato – è comparsa nel settore della gestione dei rifiuti già da molti anni. A introdurla per primi sono stati i comuni dei Navigli in provincia di Milano, e parliamo ormai del 1997, cioè 15 anni fa. Poi è stata ripresa da tanti comuni, tra cui anche comuni del centro-sud. Nel 2003 infatti il comune di Mercato San Severino ha introdotto i sacchetti con codici a barre, però nell’ottica di misurare non l’indifferenziato ma i conferimenti differenziati. Il codice a barre, tuttavia, ha posto sin dall’inizio dei problemi riguardanti la possibilità di lettura. Del resto non è come sui prodotti del supermercato, sui quali i codici a barre godono di una superficie liscia, rigida e quindi facilmente leggibile».

La tecnologia dei transponder è stata poi integrata anche sui bidoncini. Il dottor Tornavacca ha infatti spiegato che «l’uso dei transponder sui contenitori rigidi (parliamo quindi di transponder non “a perdere” ma montati sui contenitori e poi utilizzati per anni), non è certamente una novità. Nel settore della raccolta dei rifiuti i primi transponder sono comparsi più di 10 anni fa. All’epoca costavano 5-6 euro al pezzo, mentre oggi un transponder rigido arriva a costare anche 50 centesimi, cioè 10 volte meno».

 

E non è escluso che oggi costino anche di meno proprio perché i numeri sono «crescenti di questi dispositivi e l’uso è sempre più trasversale di queste tecnologie, non solo nel campo della gestione dei rifiuti, che anzi è arrivato dopo, ma inizialmente nel campo della grande distribuzione, per sostituire il codice a barre. La novità a Capannori è in realtà l’uso di transponder così miniaturizzati e così ridotti, sia in peso che in costi, da poter essere utilizzati anche solo per una volta».

IL BUSINESS DELL’INSOLVENZA E LO SCHIAVISMO PER DEBITI APPLICATI AGLI STUDENTI

IL BUSINESS DELL’INSOLVENZA E LO SCHIAVISMO PER DEBITI APPLICATI AGLI STUDENTI

 

di comidad

 

Una notizia del marzo scorso, mai arrivata in Italia, riguardava la decisione del presidente Obama di tagliare gli incentivi delle compagnie private di recupero crediti incaricate della riscossione presso gli studenti “beneficiari” di prestiti federali per potersi pagare l’istruzione universitaria. In tal modo si spera che le compagnie di recupero crediti siano un po’ meno motivate a dare la caccia agli studenti insolventi, concedendo loro un po’ di respiro.

Forse sarebbe stata una buona occasione per i media nostrani di dimostrarci la “bontà” di Obama, ma, nel darci la notizia, il rischio sarebbe stato anche quello di farci sapere che il business dell’insolvenza studentesca frutta alle compagnie private di recupero crediti circa un miliardo di dollari l’anno, e che intere generazioni di studenti americani non hanno davanti alcuna prospettiva di liberarsi definitivamente della schiavitù dei debiti. Le compagnie di recupero crediti hanno l’alibi di andare a recuperare denaro federale, cioè soldi dei contribuenti, ma in effetti, appaltando il business dell’insolvenza, il governo federale non fa altro che trasferire soldi pubblici ad affaristi privati.

Già dallo scorso anno su organi d’informazione italiani specializzati nel settore universitario, circolava la notizia del dramma dell’insolvenza studentesca negli USA, e ciò costituiva un argomento per invitare a soprassedere alle proposte di “prestito d’onore” per studenti, di cui si era fatto sostenitore Pietro Ichino, allora senatore del PD, ma tuttora lobbista della finanza a tempo pieno.

In realtà è un po’ tardi per soprassedere, dato che ormai in Italia il business dei prestiti agli studenti va a pieno regime, e se ne occupano tutti i maggiori istituti bancari. Unicredit è una delle banche più impegnate nel conferire agli studenti universitari l’onore di indebitarsi a vita, con una vasta gamma di prodotti finanziari per l’istruzione.

Le possibilità per gli studenti di sfuggire all’insolvenza sono scarsissime, perché manca la possibilità di accedere a lavori remunerativi e le famiglie di origine sono sempre più in difficoltà economica, perciò sono state già poste le basi per determinare anche in Italia un dramma dell’insolvenza. Ma non c’è da temere, poiché il gruppo Unicredit ha tra le sue compagnie una specializzata nel recupero crediti, cioè la Credit Management Bank.

Per gli istituti di credito l’insolvenza non è un malaugurato incidente, ma addirittura un auspicio, poiché consente di far lievitare negli anni dei piccoli crediti a cifre astronomiche, vincolando i malcapitati per il resto della loro vita. Il caso della Grecia ha dimostrato che l’insolvenza, vera o presunta, di uno Stato consente alle organizzazioni internazionali di applicare la categoria di schiavismo persino ad intere nazioni.

La schiavitù per debiti ha in lingua inglese un’espressione diventata ormai familiare per milioni di persone: “debt bondage”. Negli Stati Uniti il recupero crediti è infatti uno dei maggiori business, che riguarda anche grandi gruppi bancari.

In California il colosso bancario JP Morgan dal mese scorso sta avendo qualche piccola noia giudiziaria per i suoi metodi criminali nel recupero crediti. Il procuratore generale della California si è deciso a prendere in considerazione le numerose e circostanziate denunce dei consumatori, ma purtroppo l’esperienza passata mostra che gli strumenti giudiziari hanno il fiato corto contro un lobbying finanziario così ramificato e ben attrezzato.

Come già ricordato, il lobbying finanziario è in frenetica attività anche in Italia, dato che l’indebitamento studentesco costituisce uno dei maggiori business in prospettiva. Pietro Ichino si è ispirato al principio che quanto più l’affare è sordido, tanto più devono sembrare altisonanti le motivazioni etiche invocate per giustificarlo; ed ovviamente non poteva mancare lo slogan della “meritocrazia”.

Peccato che a smentire la mitologia meritocratica provveda lo stesso Ichino, il quale si rivela con le sue proposte un pedissequo plagiario della propaganda del Fondo Monetario Internazionale, come dimostra un articolo a firma di Nicholas Barr, dedicato alle mirabolanti virtù dell’indebitamento studentesco, e pubblicato nel 2005 su “Finance e Development”, rivista trimestrale del FMI.

Ma la maggiore agenzia di lobbying è proprio il governo. La recente segnalazione del generale Fabio Mini ha nuovamente posto in evidenza lo storico intreccio d’affari tra il Ministero della Difesa e Finmeccanica, ma questo ruolo di lobbying del governo non si limita affatto alla vendita di armi.

 

A riconferma di un lobbying governativo in ambito finanziario, lo scorso aprile è stato formalizzato l’accordo tra il Ministero dell’Istruzione e BancoPosta per attivare dal prossimo settembre la carta elettronica “IoStudio” per gli studenti della scuola superiore di secondo grado, quindi a partire dai 14 anni di età. Questa carta può diventare un vero e proprio strumento di “servizi” finanziari, anche se per ora è solo una card prepagata; ma un domani chissà. Quel che è certo è che l’arrivo di questa card determinerà una sempre maggiore confidenza dei ragazzi con i servizi finanziari, cioè quel senso di infondata autostima che è alla base di scelte irreparabili come indebitarsi.

SIGARETTE ELETTRONICHE, RINVENUTI METALLI PESANTI: SCATTA L’INCHIESTA

SIGARETTE ELETTRONICHE, RINVENUTI METALLI PESANTI: SCATTA L’INCHIESTA

 

di Marco Grigis

 

Le sigarette elettroniche sono il tema scottante dell’estate italiana: delle vere e proprie fazioni contrapposte si scontrano quotidianamente sul Web, tanto da far impallidire anche il tifoso calcistico più sfegatato. La questione è sempre quella: le cosiddette ecig sono sicure? Potrebbero esserci dei rischi per la salute dallo “svapare”, l’arte di respirare il vapore prodotto da questi dispositivi?

Se ne discute da diverso tempo e, ogni qualvolta si sollevi il dubbio le sigarette elettroniche non siano propriamente aria fresca, giornalisti ed esperti vengono accusati di essere legati ai “poteri forti”, di aver ricevuto mazzette, di voler foraggiare il monopolio dei tabacchi di Stato. Emergono oggi, però, dei risultati di una ricerca condotta dalla testata Il Salvagente, con l’evidenza di dati non esattamente rassicuranti: nei liquidi delle ecig sarebbe stata rilevata la presenza di metalli pesanti cancerogeni.

Non si tratta di stabilire se la sigaretta elettronica sia meglio o peggio delle normali bionde – appare evidente che, non essendo il soggetto esposto agli oltre 4.000 elementi chimici tossici derivanti dalla combustione, l’ecig presenti un rischio teoretico decisamente minore – quanto di fornire al consumatore tutte le informazioni disponibili affinché possa effettuare una scelta più che consapevole.

Il Salvagente ha consegnato sei dei liquidi più diffusi per le sigarette elettroniche al Dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli, per una ricerca indipendente. Dalle analisi, è emersa la presenza di metalli pesanti come arsenico e piombo – a volte in quantità minime, a volte in dosi superiori rispetto al minimo consentito disciolto in acqua – noti per le loro proprietà cancerogene. La questione non è allora se le sigarette elettroniche siano dannose o meno, ma l’assenza di un’adeguata valutazione del rischio e di una corretta informazione per i consumatori, considerato come la tendenza odierna sia quella di pubblicizzare questi prodotti come totalmente innocui. Per i metalli pesanti, infatti, esistono dei limiti normativi di sicurezza per la loro presenza in prodotti d’assunzione, quali cibo, farmaci, acqua, prodotti aromatici e aria. Per le ecig questo limite non è stato imposto e così, in assenza di studi o verifiche, non è dato sapere cosa davvero si assorba per inalazione e gli eventuali – se esistenti – effetti tossici da esposizione. Così spiega Alberto Ritieni, docente di Chimica degli alimenti alla Federico II di Napoli: “I metalli pesanti sono da sempre al centro dell’attenzione perché rappresentano un serio pericolo e sono legati a un rischio per una serie di patologie anche piuttosto gravi. Sono considerati degli indicatori dell’inquinamento ambientale e la normativa prevede limiti alla loro concentrazione nelle acque, nei cibi e nell’aria. La tendenza è procedere verso le riduzione della presenza di metalli come il piombo, l’arsenico, il cadmio e via elencando”.

Raffaele Guariniello, procuratore di Torino che da tempo si sta interessando al caso delle sigarette elettroniche, promette di indagare ulteriormente la sicurezza di questi dispositivi con l’apertura di un nuovo fascicolo d’inchiesta: “I valori sembrerebbero molto elevati, in special modo per il campione Louisville, nel quale la concentrazione di arsenico sarebbe più elevata di quella ammessa per l’acqua potabile. Valuteremo attentamente”.

 

Nel frattempo, produttori e fornitori hanno deciso di non sottovalutare il problema e hanno già messo in atto delle misure di protezione per il consumatore. Alcuni portali per la vendita online di liquidi di ricarica per le ecig, ad esempio, hanno deciso di sospendere la distribuzione del campione Louisville – quello apparentemente dalle più alte concentrazioni di metalli pesanti – in attesa che vengano pubblicate informazioni più dettagliate sulla sua sicurezza.

Ostar, trionfa Andrea Mura: “Sforzo grande, ma realizzo un sogno”

Ostar, trionfa Andrea Mura: “Sforzo grande, ma realizzo un sogno”

 
Andrea Mura su Vento di Sardegna si aggiudica la Line Honours alla Ostar, l’antica regata atlantica per navigatori che affrontano in solitario le 3.000 miglia che separano la linea di partenza a Plymouth, in Gran Bretagna, dalla linea d’arrivo a Rhode Island, nei pressi di New York. Lo skipper cagliaritano – già vincitore della Route du Rhum nel 2010 – ha impiegato 17 giorni, 10 ore e 22 minuti mantenendo una velocità media di circa 7 nodi. Guarda le foto
Il velista sardo è il primo italiano ad aggiudicarsi la Line Honours a bordo di un monoscafo, mentre nel 2005 Ciccio Manzoli aveva vinto con un multiscafo e Giovanni Soldini continua a detenere il miglior tempo di traversata per monoscafi da 50 piedi. 

Nella notte americana la barca italiana ha trovato una calda accoglienza da parte degli americani e Andrea Mura ha improvvisato una impavesata con le bandiere dei Quattro Mori e il Tricolore commentando “Lo sforzo è stato grande ma ne valeva la pena – ha commentato Mura – ho faticato mesi per migliorare le prestazioni della barca e il mio primo successo è stato presentarmi sulla linea di partenza con una barca competitiva, ora con la vittoria in tempo reale alla Ostar realizzo un sogno che coltivavo da anni, ma dovranno passarne molti altri prima di considerare una nuova partecipazione. Voglio congratularmi con tutte le barche che hanno affrontato la Ostar e sono rimaste in gara malgrado tutto quello cha hanno dovuto affrontare. Sono arrivato a questa vittoria grazie alla generosa collaborazione di tanti piccoli artigiani, piccole e grandi imprese e che hanno messo a disposizione tempo, competenze e tecnologie avanzate, senza di loro non sarebbe stato possibile”.

“A bordo ho avuto diverse rotture, ma le vele non mi hanno tradito fornendo una grande prestazione. A inizio regata sono rimasto frastornato dal fatto che una barca ha centrato il mio scafo facendo un bel buco, mi sono deconcentrato e ho perso di vista una boa. Sono tornato indietro per passare correttamente la boa perdendo circa 7 ore, fortunatamente ininfluenti per la vittoria e per il record. Anche questa volta ho regatato rinunciando ai software da regata per poter di fare liberamente le mie scelte e che poi è la cosa che maggiormente mi appassiona durante la competizione. Ora mi attende un’altra classica il Fastnet, in agosto.”
 

 
Il trimarano Branec IV del francese Roger Langevin sarà il secondo regatante a presentarsi sul traguardo. La Ostar si aggiunge al palmares delle vittorie oceaniche di Andrea Mura: nel 2010 vince in solitario la Route du Rhum navigando per 19 giorni, poi nel 2012 si aggiudica la Twostar con Riccardo Apolloni e la Transat Quebec – Saint Malò, oltre ad essere stato randista su Il Moro di Venezia e aver vinto diversi titoli italiani ed europei in varie classi veliche. La Ostar è la più dura e leggendaria regata atlantica in solitario, sul suo percorso di 3.000 miglia si sono sfidati autentici miti della vela, fin dalla prima edizione nel 1960. I primi grandi nomi furono Francis Chichester, che vinse l’edizione numero uno giungendo al traguardo dopo 40 giorni, e Blondie Hasler.  Secondo i rumors dell’epoca, i due famosi velisti diedero vita a questa grande sfida scommettendo una mezza corona. Questa è la ragione per cui ora esiste il “Half Crown Club”, per iscriversi basta partecipare alla Ostar, al momento il totale degli iscritti sono poco di 500.