Credito e macchinari: una spinta per le imprese Paletti a Equitalia, meno fisco sulla nautica

Credito e macchinari: una spinta per le imprese Paletti a Equitalia, meno fisco sulla nautica

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Argomenti: Fisco | Corte d’Appello | Governo Monti |Italia | Corte di Cassazione | Ferrovie dello Stato |Paletti

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Pacchetto crescita: incentivi  credito a Pmi e macchinari. Paletti a Equitalia - Le misure per imprese, famiglie e fisco - La mappa dei cantieri sbloccati

Stretta sui poteri di Equitalia, sconti sulle bollette per 550 milioni e liberalizzazione del wi-fi (internet senza fili). Più credito per le Pmi, fino a 5 miliardi, con la riedizione della legge Sabatini per l’acquisto di macchinari e il rafforzamento del fondo di garanzia, nonché sblocco di alcuni processi di autorizzazione per le infrastrutture. Torna la mediazione civile obbligatoria per tagliare oltre un milione di processi in cinque anni. E tra le semplificazioni burocratiche urgenti spiccano l’indennizzo che cittadini e imprese potranno chiedere alle amministrazioni inadempienti (fino a 2mila euro) nonché la durata del Durc fino a 180 giorni e l’estensione a tutta Italia del piano per le zone a burocrazia zero. Sulle semplificazioni il Governo comunque presenterà in un Ddl, slittato a mercoledì prossimo, altre proposte. Tra queste, lo snellimento delle procedure per la cittadinanza agli stranieri diciottenni nati in Italia.

Non mancano le novità dell’ultima ora nel testo approvato a tarda sera dal Governo dopo una riunione di quasi sei ore. A partire dalla terapia d’urto per la giustizia civile (già anticipata su queste pagine) che consentirà di smaltire l’arretrato. In particolare presso le corti d’appello andranno a lavorare 400 magistrati onorari selezionati tra avvocati e giuristi. Allo stesso tempo sono stati rivisti anche gli organici della Cassazione dove arriveranno 30 giudici. Viene poi costituito l’ufficio del giudice con un reclutamento di personale competente che assista il giudice. Confermato il piano di rilancio delle opere da 3 miliardi, due arriveranno dalla «cassa» di Tav, Ponte e Terzo valico. Inserito anche un articolo che rafforza la separazione contabile della rete ferroviaria da Fs in chiave pro concorrenza.

 

Scatta la liberalizzazione del wi-fi: viene previsto che la registrazione della traccia delle sessioni, se non associata all’identità dell’utilizzatore, non rientra tra i dati personali e non richiederà più alcun adempimento giuridico. In materia sanitaria, arriva l’anticipazione entro fine 2014 dell’applicazione in tutta Italia del fascicolo sanitario elettronico. Per rilanciare la nautica da diporto spunta anche un taglio all’imposta sul lusso introdotta dal Governo Monti. Non pagheranno più la tassa di stazionamento le imbarcazioni fino a 14 metri, mentre si riduce a 870 euro quella pagata per imbarcazioni da 14 a 17 metri e a 1.300 euro quella dovuta su unità che vanno da 14,01 a 20 metri. Tra le novità fiscali anche l’abrogazione della responsabilità solidale negli appalti e del 770 mensile. Fino all’ultimo si è discusso anche del credito d’imposta al cinema per il 2014 e il 2015 e l’abolizione della possibilità per i tour operator di chiedere il rimborso dell’Iva.

Il piatto forte del pacchetto fiscale resta comunque la revisione dei poteri di Equitalia (sui dettagli si rinvia a pagina 9). In particolare il debito iscritto a ruolo in caso di difficoltà del contribuente potrà essere rateizzato fino a 10 anni (le rate passano da 72 a 120) e soprattutto dal 30 settembre scomparirà l’aggio (che oggi può arrivare fino all’8% della cartella) e saranno dovuti soltanto i costi fissi con i relativi interessi. Come anticipato ieri su queste pagine la prima casa, se non è di lusso, non sarà più soggetta a espropriazione.
Dall’Istruzione arrivano 300 milioni in tre anni per completare gli interventi di edilizia scolastica sottoscritti con gli enti locali. Mentre arrivano le borse di mobilità per gli studenti universitari capaci e meritevoli che intendano iscriversi a corsi di laurea in regioni diverse da quella di residenza. Lo sblocco del turn over per università ed enti di ricerca sale dal 20 al 50% nel 2014, per immettere risorse umane e ricercatori negli atenei.

Confermata l’opzione di nominare un commissario ad acta nel caso di inadempienze delle Regioni chiamate a spendere i fondi comunitari. Il pacchetto sviluppo prevede finanziamenti agevolati alle Pmi che investono in macchinari (con plafond Cdp da 5 miliardi) e l’ampliamento dei criteri di accesso al Fondo di garanzia (il rifinanziamento ci sarà solo con la legge di stabilità). Si taglia la bolletta energetica per 550 milioni intervenendo su incentivi Cip6 e biodiesel mentre i produttori di energie rinnovabili evitano l’addizionale della Robin Tax. Sia l’Agenda digitale sia il desk per l’attrazione investimenti esteri passano sotto Palazzo Chigi. Tra le liberalizzazioni, arrivano termini perentori per le gare comunali per la concessione del gas mentre salta la norma per accelerare la diffusione di stazioni di rifornimento per le auto a metano. Esce dal decreto anche la norma che stanziava 100 milioni per un fondo di garanzia ad hoc per i grandi progetti di ricerca.

Spazio invece a una norma proposta dal ministero della Difesa per facilitare la vendita di armamenti dell’industria nazionale attraverso intese con Stati con i quali sussistono accordi di cooperazione. Novità anche per l’ambiente. Si introduce la possibilità di nominare un commissario ad acta per la gestione dei rifiuti in Campania e vengono semplificate le norme relative al trattamento delle terre e rocce da scavo nei piccoli cantieri.

La capitale delle mafie è Roma

La capitale delle mafie è Roma

Di  | il 14 giugno 2013 | 1 Commento

 

Negli ultimi 20 anni il fenomeno mafioso non si è solo trasformato ma è stato capace di evolversi. In un Paese talvolta arretrato come il nostro, le mafie rappresentano la punta più avanzata della modernità: investono nelle energie rinnovabili, nelle nuove droghe, nel gioco d’azzardo e le slot machine, nei compro oro che spuntano come i funghi nelle nostre città.

I clan non stanno a guardare, sono capaci di cogliere i passaggi di fase politica, di adattarsi ad un sistema economico in continua espansione e sono un caso nazionale come hanno dimostrato – la cosiddetta trattativa, l’inchiesta “Infinito”, il voto di scambio aMilano, gli ultimi comuni sciolti per mafia in Liguria, il caso del pentito Nino Lo Giudiceche avvelena gli uffici giudiziari a Reggio Calabria.

Quest’ultima, capitale della ‘ndrangheta. Avvolta per anni da inquietante silenzio: siamo dovuti passare dall’omicidio Fortugno nel 2005, dalla strage di Duisburg nel 2007, dalla rivolta nelle campagne di Rosarno nel 2010 fino al necessario scioglimento del consiglio comunale di Reggio affinché si accendessero i riflettori sulla Calabria. E intanto la ‘ndrangheta s’è presa pezzi interi di economia, di società e di territorio del nord Italia (nonostante il grottesco tentativo di minimizzare da parte della Lega) ed è diventata la più grande organizzazione mafiosa mondiale; gestendo enormi capitali e divenendo leader globale del narcotraffico.

E non è un caso se sempre da Reggio Calabria a Roma sia arrivato Giuseppe Pignatone, procuratore della capitale da più di un anno. Roma oggi è una città di mafie alla stregua di Palermo, Napoli, Reggio Calabria e Milano. Ma a Roma in pochi, tra le istituzioni, la politica, gli intellettuali e la cosiddetta società civile, sembrano disposti ad ammetterlo.

Nel 1991 Gerardo Chiaromonte, presidente della Commissione Parlamentare antimafia, aveva già denunciato il fenomeno nella Capitale. A 22 anni da quella denuncia i numeri sulle mafie a Roma parlano chiaro, nonostante ci sia ancora un forte deficit investigativo e di conoscenze.

La Guardia di Finanza nel 2011 ha sequestrato beni di provenienza mafiosa per miliardi di euro. 209 gli immobili confiscati nello stesso anno e che fanno piazzare Roma al quarto posto in Italia. Sempre nella Capitale succede che le cliniche private e le comunità terapeutiche con specialisti e medici complici vengano spesso utilizzate come vie di fuga dalla carcerazione o che “rispettabili” professionisti della finanza investano capitali sporchi con speculazioni di difficile decifrazione.

Sul fronte giudiziario invece il 16 novembre 2012 rappresenta una data storica: per la prima volta un gruppo criminale operante nel Lazio (nativo a Casal di Principe) viene condannato al 416 bis. A testimonianza non della non presenza dei clan, ma del ritardo del sistema giudiziario nel suo complesso. Tanto che spesso chi è mafioso per un tribunale napoletano non lo è per quello romano.

La Capitale è attraversata da fiumi di droga. Soprattutto cocaina. È la ‘ndrangheta insieme alla camorra a fare da “cartello” con le organizzazioni criminali internazionali, sudamericane e messicane soprattutto. Le organizzazioni autoctone invece fanno il resto. Ed anche a Roma esiste il controllo del territorio: locali notturni, ristoranti, mercati rionali. Con l’usura, soprattutto. E anche se non viene denunciato il pizzo, pure il racket delle estorsioni è da tempo una triste realtà. Succede ad Ostia agli stabilimenti balneari, avviene alla Borghesiana, ai pub di San Lorenzo vicino Termini. Ed anche nel salotto buono della città, come a piazza Bologna dove da vent’anni c’è chi paga regolarmente “per stare tranquillo”.

Non sono “bande criminali locali” a dare vita a tutto questo come hanno sostenuto finora gli amministratori della Capitale. Qui si consuma la sintesi perfetta tra narcotraffico, usura, politica, finanza, malasanità, professionisti, imprenditori, palazzinari e pezzi di istituzioni corrotte. Un vero e proprio sistema di potere che ha nella clientela, nella corruzione e nel riciclaggio lo snodo centrale.

A Roma c’è bisogno di un grosso sforzo per rendere rapida ed efficace la macchina burocratica che porta all’assegnazione dei beni confiscati alle mafie per uso sociale. Secondo un dossier curato da varie associazioni (tra cui Legambiente, Libera, daSud e Action), meno di un terzo dei beni confiscati sono effettivamente riutilizzati per scopi sociali o istituzionali. Il paradosso è rappresentato dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati, che fino al 2012 ha pagato un affitto di 295mila euro l’anno per un immobile in via dei Prefetti. Soldi che potrebbero essere risparmiati se solo i locali di via Ezio al civico 12/14, confiscati alla camorra nel ’96 e ora occupati abusivamente, venissero liberati da un centro benessere, un’agenzia di assicurazioni e un’abitazione privata. Attività che nulla hanno a che vedere con i “fini sociali” che impone la Legge Rognoni-La Torre.

Anche in questo senso la commissione può svolgere un lavoro importante.

Lo dobbiamo a tutte le cittadine e i cittadini, e a tutte le vittime innocenti delle mafie, ai tanti familiari che non hanno avuto verità e giustizia nelle aule dei tribunali e che sono stati sottoposti alla congiura del silenzio e della vergogna. A tutte quelle donne della mia terra che pentendosi hanno messo in difficoltà le ‘ndrine (penso al coraggio di Lea Garofalo e di sua figlia Denise, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce) o quelle che si sono messe in gioco diventando sindache di territori complessi, come Isola Capo Rizzuto, Rosarno, Monasterace.

Governo e parlamento, insieme alla commissione che andiamo a costituire, dovranno tenere conto di tutto questo. E attenzione alle commissioni di saggi e consulenti, di cui abbiamo sentito parlare in queste settimane: va bene il contributo di tutti, anche di magistrati importanti come Cantone e Gratteri, però sia la politica ad assumersi fino in fondo la responsabilità del cambiamento. Non deleghiamo ancora una volta il nostro compito alla magistratura, al giornalismo, all’associazionismo facendo un danno diretto a questi soggetti, sovraesponendoli ad un’attenzione mediatica eccessiva che sposta lo sguardo dai contenuti del loro lavoro a loro stessi che lo agiscono.

Collaboriamo insieme, senza rilasciare patenti e certificazioni, rinnovando anche qui un mondo rimasto ingessato in alcuni schemi, avendo anche l’onestà intellettuale di dividerci, è auspicabile l’unità ma questo deve avvenire senza rinunce e omissioni. Non esistono verità condivise, esiste solo la verità.

G8, summit in Irlanda: Letta al debutto incontrerà Obama. Sul tavolo Siria e lavoro

G8, summit in Irlanda: Letta al debutto incontrerà Obama. Sul tavolo Siria e lavoro

Non solo il Consiglio Europeo di fine mese ma anche il G8 che si apre oggi a Lough Erne in Irlanda del Nord avrà tra i suoi temi il contrasto alla disoccupazione giovanile. Una “impronta forte” voluta dal Premier Enrico Letta sul summit, per il suo debutto al summit dei grandi della terra. Un G8 che per volontà del primo ministro britannico David Cameron costituirà un ritorno alle origini a quel clima informale che consente ai leader mondiali di affrontare a viso aperto tutte le questioni cruciali del momento, sulle quali anche nei mesi successivi i ‘Grandi’ potranno esercitare influenza. Concretizzando il tutto in un comunicato finale che si annuncia “agile, snello e puntato sulla dimensione economica”, in modo da rendere il G8 complementare con il G20 dopo che negli ultimi anni il boom degli emergenti ha offuscato il format più ristretto.
Bilaterale Letta-Obama – Focus sul dossier siriano, ma anche un riavvio dell’agenda bilaterale e nuovo impulso alle relazioni economiche. E’ prevista però una serie di incontri bilaterali tra cui il primo tra Enrico Letta e Barack Obama, giunto questa mattina a Belfast. Il capo del governo italiano incontrerà il presidente Usa a margine dei lavori del G8 Lough Erne intorno alle 14, orario locale. Sempre oggi, dopo il pre-vertice fra i leader Ue, Letta incontrerà il premier canadese Harper.
Bilaterale con Putin – Ma non finisce qui perché è previsto anche il primo contatto personale, dopo la formazione del nuovo governo italiano, tra il presidente del Consiglio Letta e il leader del Cremlino Vladimir Putin. “I prossimi colloqui hanno lo scopo di garantire la continuità nel dialogo politico russo-italiano, dare impulso allo sviluppo della molteplice cooperazione”, fa sapere la presidenza russa in preparazione del vertice. Il Cremlino intende “sincronizzare gli orologi su temi di attualità, bilaterali e internazionali”.
I temi – Le parti intendono inoltre discutere il programma di contatti politici imminenti, compresa la preparazione dell’ottava sessione di consultazioni intergovernativa russo-italiana, presieduta dal presidente Putin e del premier Letta, con la partecipazione dei ministri dei due paesi. Sabato scorso nella visita a Mosca del ministro degli Esteri Emma Bonino è emersa chiaramente la disponibilità da parte italiana. Entro la fine dell’anno, si intende tenere anche la XIV sessione del Consiglio russo-italiano per la cooperazione economica, industriale, monetaria e finanziaria. “Inoltre – secondo il Cremlino – le parti prevedono di identificare gli obiettivi promettenti della cooperazione tra la Russia e l’Italia nel commercio e nell’economia, nella cooperazione tecnico-scientifica, energetica, dei trasporti e in altri settori”.
Commercio bilaterale – Per Mosca l’Italia è il quarto partner commerciale dopo la Cina, la Russia, i Paesi Bassi e la Germania. L’obiettivo principale, sul piano economico, come rilevato dal Cremlino, è il ripristino della dinamica positiva del volume del commercio bilaterale, che nel 2012 ha raggiunto 45,8 miliardi di dollari, pari a 0,5% in meno rispetto al 2011. I dati del Cremlino relativi al periodo gennaio-aprile 2013 vedono un aumento del 25,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e hanno raggiunto 17,5 miliardi di dollari (le esportazioni sono aumentate del 31,6% sino a 13,3 miliardi di dollari e le importazioni del 9,3% a 4,2 miliardi).
Siria in primo piano – Gli investimenti italiani in Russia sono saliti sino a 1,1 miliardi di dollari. Quelli russi in Italia lo scorso anno sono quasi quadruplicati a 308 milioni. Per quanto riguarda le questioni internazionali, si prevede che i leader si confronteranno su temi di attualità: “la situazione in Siria e in Medio Oriente in generale – fanno sapere da Mosca – l’ulteriore sviluppo della Russia-Ue, alla luce dei risultati del vertice di Ekaterinburg, e l’imminente presidenza di turno italiana del Consiglio dell’Unione europea”.

Turchia: è caccia ai giornalisti, fotografo italiano ferito e arrestato. Erdogan: “Non riconosco il parlamento Ue”

Turchia: è caccia ai giornalisti, fotografo italiano ferito e arrestato. Erdogan: “Non riconosco il parlamento Ue”

In Turchia la situazione continua ad essere incandescente con arresti di massa dei manifestanti e la caccia ai giornalisti, specie se stranieri, da parte delle forze di polizia turche. Domenica ci sono stati momenti di panico per Daniele Stefanini, un fotografo italiano ferito a Istanbul durante gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine nel quartiere di Bayrampasha. Stefanini è stato trasportato in ospedale e al momento è in stato di fermo in questura, ma le autorità italiane si sono mostrate ottimiste sul suo prossimo rilascio.
L’arresto del fotografo italiano – “Siamo stati molto fortunati – ha spiegato l’ambasciatore d’Italia ad Ankara, Gianpaolo Scarante -. Stefanini è stato trovato in stato confusionale nel corso delle manifestazioni da un avvocato dei diritti umani, che lo ha soccorso e ha guardato i documenti. Questo ci ha permesso di entrare subito in azione. Al momento del suo ritrovamento aveva preso una botta alla testa. La borsa con la sua attrezzatura è sparita. È apparso molto intimorito al personale del Consolato generale d’Italia che si è occupato del suo caso subito”. Il fotografo è stato ricoverato nell’ospedale di Haseki ad Aksaray. I medici lo hanno tenuto sotto osservazione, al momento delle dimissioni, però, è stato fermato dalla polizia. “In questo momento – continua l’ambasciatore Scarante – si trova in questura per accertamenti. Stiamo seguendo il caso con attenzione e contiamo di tirarlo fuori presto”.
Aveva il biglietto di ritorno per martedì – Dalla famiglia si è appreso che Stefanini era partito venerdì mattina per Istanbul e aveva già in tasca il biglietto aereo di ritorno fissato per martedì. “La notte scorsa alle due l’hanno dimesso dall’ospedale dopo avergli fatto una tac – racconta la sorella Alessia – Ci ha detto di stare tranquilli perché sta bene. Ora l’hanno trasferito in questura dove è in attesa di essere sentito dal procuratore. In base a quanto deciderà il magistrato, secondo quanto ci hanno riferito funzionari del consolato italiano a Istanbul, potrebbe essere rilasciato già da stasera o al più tardi domani”. I familiari di Stefanini vivono in un quartiere popolare alla periferia sud-est di Livorno.
Farnesina: Stefanini in buone condizioni di salute – Il Ministero degli Esteri fa sapere di essersi attivato riportare in Italia al più presto il nostro connazionale e che non destano preoccupazioni le sue condizioni di salute. “Le condizioni di salute del Signor Stefanini, che vengono monitorate attraverso i necessari controlli ospedalieri, non destano preoccupazioni”, precisa la nota della Farnesina.
Giornalista picchiato e arrestato, la gente lo difende – Ma quella scatenata da parte della polizia turca è una vera caccia al giornalista, soprattutto a Istanbul dove diversi cronisti sono stati picchiati o arrestati dalle forze antisommossa. Sul sito di Rsf Europa sono state diffuse fra l’altro le immagini dell’arresto del giornalista turco Gokhan Bicic, fermato e buttato a terra da quattro agenti. Dalle finestre delle case la gente ha urlato ai poliziotti di lasciarlo stare, poi ha iniziato a buttare oggetti di ogni tipo, anche una sedia in plastica, sugli agenti, che hanno comunque trascinato via il cronista.
Erdogan: “Non riconosco il parlamento Ue” – Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha detto oggi di “non riconoscere” il Parlamento Europeo, riferisce l’agenzia Anadolu. L’assemblea Ue giovedì scorso ha approvato una risoluzione critica sulla brutalità della polizia turca e sul comportamento del governo e del premier di Ankara. Erdogan, che dal 2005 negozia l’adesione della Turchia all’Ue, i cui cittadini eleggono a suffragio universale l’Europarlamento, aveva già reagito duramente giovedì scorso alla risoluzione di Strasburgo: “Non riconosco alcuna decisione presa dall’Europarlamento sulla Turchia” aveva affermato. “Il Parlamento Europeo ha il diritto di adottare una tale decisione sulla Turchia?” ha chiesto oggi polemicamente, prima di affermare “non riconosco questo Parlamento Europeo”.
Merkel scioccata: repressione troppo dura – Probabile che ad Erdogan non importi neanche delle dure reazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel che ha criticato la repressione dei manifestanti da parte della polizia turca, dicendosi “scioccata” per le violenze. In alcuni casi, ha detto, gli agenti hanno reagito “davvero troppo duramente” alle proteste. “Quel che sta accadendo non corrisponde alla nostra idea di libertà di manifestare”. In un’intervista all’emittente televisiva Rtl, rilasciata prima di partire per il G8, Merkel ha invitato il governo turco a rispettare la libertà di espressione e di manifestazione, cha fa “parte di una società sviluppata”. La cancelliera ha detto di sperare che gli oppositori del premier Recep Tayyip Erdogan “possano trovare spazio in una Turchia che avanza nel ventunesimo secolo”, e che il conflitto tra le parti dovrebbe essere risolto pacificamente. Nonostante le numerose manifestazioni di solidarietà dei giorni scorsi, in diverse città tedesche, Merkel ha infine spiegato di non credere che gli scontri si possano estendere alla Germania, dove vive una fortissima comunità turca.
Circa 600 arresti a Istanbul e Ankara – Secondo gli avvocati turchi, durante gli incidenti di domenica a Istanbul e Ankara la polizia ha arrestato circa 600 persone. E’ infatti salito ad almeno 460 il numero dei manifestanti arrestati a Istanbul, mentre ad Ankara sono fra 100 e 130, hanno indicato fonti dell’associazione avvocati di Istanbul. Per tutta la giornata la polizia ha fatto uso di idranti con sostanze urticanti e gas lacrimogeni contro migliaia di dimostranti antigovernativi che cercavano di radunarsi in piazza Taksim .
La linea dura di Erdogan – Domenica, davanti ai suoi sostenitori riuniti a Istanbul, il premier Recep Tayyip Erdogan ha invece difeso con forza la sua decisione di sgomberare Gezi Park e Piazza Taksim, affermando che era suo dovere ordinare lo sgombero e sottolineando che la protesta non è stato “niente di più che il tentativo di una minoranza di dominare la maggioranza”.
Sciopero nazionale – Intanto oggi, le due principali confederazioni sindacali turche, Kesk e Disk, hanno indetto una giornata di sciopero nazionale per protestare contro la repressione di polizia delle manifestazioni anti-governative. “La nostra richiesta è che la violenza della polizia cessi immediatamente”, ha detto alla France presse il portavoce di Kesk, Baki Cinar. I sindacati rappresentano centinaia di migliaia di lavoratori e molto probabilmente lo sciopero avrà riprecussioni su scuole, ospedali e uffici pubblici in tutto il Paese.
Ministro Interni: sciopero illegale, lo reprimeremo – Per tutta risposta il ministro degli Interni Muammer Guler ha definito “illegale” l’appello allo sciopero generale a sostegno della contestazione contro il governo e ha annunciato che eventuali manifestazioni verranno represse dalla polizia. “C’è la volontà di far scendere la gente in piazza con iniziative illegali, come un’astensione dal lavoro e uno sciopero”, ha detto Guler ai giornalisti, aggiungendo che le forze dell’ordine “non lo permetteranno”.
Appello degli avvocati al Consiglio Europeo – L’Unione degli avvocati turchi ha però lanciato un appello al Segretario del Consiglio d’Europa Thornbjorn Jagland denunciando la brutalità della polizia contro i manifestanti. Il Consiglio d’Europa, di cui fa parte la Turchia, ha la facoltà secondo l’articolo 52 della Convenzione europea dei diritti umani, di chiedere formalmente spiegazioni a un paese membro sul rispetto delle libertà fondamentali.

ECOMAFIE CHE NON CONOSCONO CRISI

ECOMAFIE CHE NON CONOSCONO CRISI

 

di Checchino Antonini

 

34.120 reati, 28.132 persone denunciate, 161 ordinanze di custodia cautelare, 8.286 sequestri, per un giro di affari di 16,7 miliardi di euro gestito da 302 clan, 6 in più rispetto a quelli censiti lo scorso anno. I numeri degli illeciti ambientali accertati lo scorso anno danno conto della pesantezza del bilancio tratto da Legambiente che ha appena presentato il rapporto Ecomafie (con prefazione di Carlo Lucarelli ed edito da Edizioni Ambiente). Come ogni anno il Cigno verde di Legambiente fornisce cifre e chiede al sistema che li produce di trovare un antidoto.

Scrive infatti Lucarelli: «Con una lungimiranza e una profondità che politici, imprenditori, istituzioni e cittadini spesso non hanno o fanno finta di non avere, (le mafie) sono riuscite a fare sistema penetrando in tutti i settori della nostra esistenza in maniera globale e totalitaria».

Il 45,7% dei reati è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) seguite dal Lazio, con un numero di reati in crescita rispetto al 2011 (+13,2%) e dalla Toscana, che sale al sesto posto, con 2.524 illeciti (+15,4%). Prima regione del Nord Italia, la Liguria (1.597 reati, +9,1% sul 2011) seguita dalla Lombardia. Da segnalare per l’incremento degli illeciti accertati anche il Veneto, con un +18,9%, e l’Umbria, passata dal sedicesimo posto del 2011 all’undicesimo del 2012.

Crescono nel 2012 anche gli illeciti contro gli animali e la fauna selvatica (+6,4% rispetto al 2011), sfiorando quota 8.000, a una media di quasi 22 reati al giorno e ha il segno più anche il numero di incendi boschivi che hanno colpito il nostro paese: esattamente +4,6% rispetto al 2011 che già era bruciato del 62,5% in più rispetto al 2010.

La Campania guida anche quest’anno la classifica dell’illegalità ambientale nel nostro Paese, con 4.777 infrazioni accertate (nonostante la riduzione rispetto al 2011 del 10,3%), 3.394 persone denunciate e 34 arresti. E il discorso vale sia per il ciclo illegale del cemento sia per quello dei rifiuti, un’economia che non conosce la parola recessione.

Il ciclo del cemento

Nel ciclo del cemento si segnala il secondo posto della Puglia, che per numero di persone denunciate risulta essere la prima regione d’Italia; la leadership tra le regioni del Nord della Lombardia; la crescita esponenziale degli illeciti accertati in Trentino Alto Adige, quasi triplicati in un anno; il balzo in avanti della Basilicata, che con 227 illeciti arriva al decimo posto (nel 2011 era quindicesima). Nel ciclo dei rifiuti spiccano l’incremento dei reati registrato in Puglia (+24%), al terzo posto dopo Campania e Calabria, e il quinto posto raggiunto dalla Sardegna. Anche in questa filiera illegale la provincia di Napoli è al primo posto in Italia, seguita da Vibo Valentia, dove si registra un + 120% di reati accertati rispetto al 2011.

L’incidenza dell’edilizia illegale nel mercato delle costruzioni è passata dal 9% del 2006 al 16,9% stimato per il 2013. Mentre le nuove costruzioni legali sono crollate da 305.000 a 122.000, quelle abusive hanno subito una leggerissima flessione: dalle 30.000 del 2006 alle 26.000 nel 2013. A fare la differenza sono ovviamente i costi di mercato: a fronte di un valore medio del costo di costruzione di un alloggio con le carte in regola pari a 155.000 euro, quello illegale si realizza con un terzo dell’investimento, esattamente 66.000 euro. E la demolizione è un’eventualità remota: tra il 2000 e il 2011 è stato eseguito appena il 10,6% delle 46.760 ordinanze di demolizione emesse dai tribunali.

Dal 2003 al 2012 sono state 283.000 le nuove case illegali, con un fatturato complessivo di circa 19,4 miliardi di euro.

I rifiuti trafficati

L’Ufficio centrale antifrode dell’Agenzia delle Dogane segnala che i quantitativi di materiali sequestrati nei nostri porti nel corso del 2012 sono raddoppiati rispetto al 2011, passando da 7.000 a circa 14.000 tonnellate grazie soprattutto ai cosiddetti cascami, cioè materiali che dovrebbero essere destinati ad alimentare l’economia legale del riciclo, che invece finiscono in Corea del Sud (è il caso dei cascami di gomma), Cina e Hong Kong (cascami e avanzi di materie plastiche, destinati al riciclo o alla combustione), Indonesia e di nuovo Cina per carta e cartone, Turchia e India, per quelli di metalli, in particolare ferro e acciaio.

Questi flussi garantiscono enormi guadagni ai trafficanti (coi proventi della vendita all’estero e il mancato costo dei trattamenti necessari per renderli effettivamente riciclabili) e un doppio danno per l’economia legale, perché si pagano contributi ecologici per attività di trattamento e di riciclo che non vengono effettuate e vengono penalizzate le imprese che operano nella legalità, costrette a chiudere per la mancanza di materiali. Come confermato dalle inchieste svolte in Sicilia sul “finto riciclo”, che hanno smascherato le nuove strategie criminali su questo fronte.

La corruzione

La corruzione, in costante e inarrestabile crescita, è un altro indicatore del peso delle ecomafie. Secondo la Relazione al Parlamento della DIA relativa al primo semestre 2012, le persone denunciate e arrestate in Italia per i reati di corruzione sono più che raddoppiate rispetto al semestre precedente, passando da 323 a 704. E se la Campania spicca con 195 persone denunciate e arrestate, non sfigurano nemmeno la Lombardia con 102 casi e la Toscana a quota 71, seguite da Sicilia (63), Basilicata (58), Piemonte (56), Lazio (44) e Liguria (22). Di mazzette e favori si alimenta, infatti, quell’area grigia che offre i propri servizi alle organizzazioni criminali o approfitta di quelli che gli vengono proposti. Dal 1° gennaio 2010 al 10 maggio 2013, sono state ben 135 le inchieste relative alla corruzione ambientale, in cui le tangenti, incassate da amministratori, esponenti politici e funzionari pubblici, sono servite a “fluidificare” appalti e concessioni edilizie, varianti urbanistiche e discariche di rifiuti. La Calabria è, per numero di arresti eseguiti (ben 280), la prima regione d’Italia, ma a guidare la classifica come numero d’inchieste è la Lombardia (20) e al quinto posto della classifica, dopo Campania, Calabria e Sicilia, figura la Toscana. Insomma, a “tavolino” si spartiscono appalti, grandi e piccoli, in quasi tutte le province italiane con un enorme danno per la collettività chiamata a sostenere oneri superiori a quelli che si sarebbero determinati nel rispetto della legge. Così, nel corso del 2012 il numero dei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa è salito a 25 (erano 6 nel 2011).

Eclatante il caso Calabria: alla pervasiva presenza della ‘ndrangheta la Calabria i suoi cittadini onesti stanno pagando, da troppo tempo, un prezzo insostenibile, come dimostrano sia le inchieste condotte dalla magistratura tra il 2012 e i primi mesi del 2013 sia i decreti di scioglimento dei consigli comunali. Un quadro clamoroso di questa insostenibilità emerge dalle 232 pagine della relazione della commissione guidata dal prefetto Valerio Valenti, che ha portato allo scioglimento del Comune di Reggio Calabria (9 ottobre 2012): la debolezza strutturale della macchina amministrativa ha rappresentato “un terreno fertile per la criminalità organizzata, nel tentativo di piegare al proprio tornaconto – anche per mera riaffermazione del principio del predominio territoriale – segmenti della amministrazione pubblica locale”.

Ma il Comune di Reggio è solamente l’apice di quello che si configura come un vero e proprio “caso Calabria”: nel corso del 2012 sono ben 11, su 25 totali, i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose.

E nei primi mesi del 2013 sono stati già sciolti tre Comuni, tra cui, ancora, quello di Melito Porto Salvo, mentre in altri otto sono ancora al lavoro le commissioni d’accesso. E dalla Calabria la ‘ndrangheta ha inquinato ampio settori dell’economia di tutto il Paese, a partire dal ciclo del cemento e dei rifiuti, come dimostrano anche i recenti arresti avvenuti in Piemonte e Lombardia.

Come ha recentemente spiegato un coraggioso prete di frontiera napoletano, Luigi Merola, su 551 Comuni campani, 87 sono stati sciolti negli ultimi dieci anni e dieci di loro ben quattro volte. E spesso i cittadini sono costretti a rivotare quegli stessi personaggi come dimostra il recente caso di Quarto.

La mafia che si lascia mangiare

A completare il quadro, Ecomafia 2013 descrive anche l’attacco al made in Italy: nel 2012 (grazie al lavoro svolto dal Comando Carabinieri per la tutela della salute, dal Comando Carabinieri politiche agricole, dal Corpo Forestale dello Stato, dalla Guardia di Finanza e dalle Capitanerie di Porto) sono state accertati lungo le filiere agroalimentari ben 4.173 reati penali, più di 11 al giorno, con 2.901 denunce, 42 arresti e un valore di beni finiti sotto sequestro pari a oltre 78 milioni e 467.000 euro (e sanzioni penali e amministrative pari a più di 42,5 milioni di euro). Se si aggiungono anche il valore delle strutture sequestrate, dei conti correnti e dei contributi illeciti percepiti il valore supera i 672 milioni di euro. Il controllo delle mafie nasce dalle campagne, passa attraverso il trasporto e il controllo dei mercati ortofrutticoli all’ingrosso, e arriva alla grande distribuzione organizzata. La scalata mafiosa spesso approda poi nella ristorazione, dove gli ingenti guadagni accumulati consentono ai clan di acquisire ristoranti, alberghi, pizzerie, bar, che anche in questo caso diventano posti ideali dove “lavare” denaro e continuare a fare affari.

L’arte rubata

Anche per quanto riguarda la tutela del nostro patrimonio culturale alla minaccia dei clan si sommano altri interessi criminali, inettitudine e scarsa attenzione dei poteri pubblici, che lasciano troppe volte campo libero ai predoni d’arte. Secondo l’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBAM-CNR), la perdita del patrimonio culturale ci costa circa un punto percentuale del PIL, calcolando il solo valore economico e non anche quello culturale che non può essere calcolato.

 

Nel corso del 2012 le forze dell’ordine hanno accertato 1.026 furti di opere d’arte (891 a opera dei carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale), quasi tre al giorno, con 1.245 persone indagate e 48 arrestate; e ancora 17.338 oggetti trafugati e ben 93.253 reperti paleontologici e archeologici recuperati, per un totale di oltre 267 milioni di euro di valore dei beni culturali sequestrati.

LE 10 MIGLIORI FONTI VEGETALI DI PROTEINE

LE 10 MIGLIORI FONTI VEGETALI DI PROTEINE

 

di Marta Albè

 

Le proteine non sono contenute unicamente negli alimenti di origine animale. Anche i prodotti vegetali infatti ne sono ricchi. Con una dieta a base vegetale correttamente bilanciata è possibile assicurarsi il quantitativo di proteine necessario al fabbisogno quotidiano del nostro organismo, che può variare soprattutto a seconda dell’età e del peso corporeo.

Un’indicazione utile per ottenere proteine complete attraverso l’apporto di amminoacidi da fonti vegetali consiste nel consumare giornalmente sia fonti proteiche, come i legumi, che di carboidrati, come i cereali, meglio se integrali. I cereali infatti, sono poveri di lisina, un amminoacido essenziale di cui invece sono ricchi i legumi. La lisina stimola la formazione degli anticorpi e contribuisce a fissare il calcio nelle ossa. Ecco alcune delle migliori fonti vegetali da cui attingere proteine.

1) Tofu

Il tofu è una fonte di proteine che può essere utilizzata in alternativa alla carne o al formaggio. È un alimento molto versatile, adatto alla preparazione di numerose pietanze. Oltre a presentare un elevato contenuto proteico, il tofu è ricco di sali minerali come ferro e magnesio. Una porzione da 140 grammi di tofu contiene 11 grammi di proteine.

Leggi anche: Come preparare il tofu in casa

2) Tempeh

Il tempeh è un alimento a base di soia fermentata poco noto in Occidente, ma molto utilizzato nella cucina orientale. Il suo particolare contenuto nutrizionale lo rende una delle maggiori fonti vegetali. 100 grammi di tempeh cotto contengono infatti 18,2 grammi di proteine. Il tempeh è acquistabile nei negozi di prodotti biologici e di alimentazione naturale.

3) Quinoa

La quinoa è simile ad un cereale nell’aspetto, ma si differisce da esso sia per la propria tipologia vegetale che per il proprio contenuto nutritivo. A differenza dei cereali, la quinoa infatti contiene tutti i 9 amminoacidi considerati essenziali per il corretto funzionamento del nostro organismo. La quinoa presenta un buon equilibrio di proteine e carboidrati. 100 grammi di quinoa cotta contengono 4,4 grammi di proteine.

Leggi anche: Quinoa: proprietà, utilizzi e dove trovarla

4) Semi di canapa

I semi di canapa, tanto piccoli quanto preziosi, sono un’inaspettata fonte vegetale di proteine. Essi contengono infatti tutti gli amminoacidi essenziali necessari alla sintesi delle proteine. I semi di canapa sono considerati un alimento completo dal punto di vista proteico. Gli 8 amminoacidi essenziali che essi contengono sono: leucina, isoleucina, fenilalanina, lisina, metionina, treonina, triptofano e valina. I semi di canapa contengono circa 6 grammi di proteine ogni 30 grammi di prodotto.

Leggi anche: Semi di canapa: proprietà, usi e dove trovarli

5) Mandorle

Le mandorle, tra la frutta secca, si distinguono per il loro elevato contenuto di proteine. 100 grammi di mandorle sgusciate possono contenere infatti fino a 20 grammi di proteine. Anche il latte di mandorle conserva in parte il contenuto proteico di questo frutto. Le mandorle possono costituire un ottimo spuntino spezzafame in sostituzione dei comuni snack confezionati.

6) Ceci e altri legumi

I ceci rappresentano una delle migliori fonti vegetali di proteine tra i legumi. Una porzione da 200 grammi di ceci lessati può contenere infatti fino a 16 grammi di proteine. I ceci possono essere consumati anche crudi, sotto forma di germogli e possono essere impiegati nella preparazione della salsa conosciuta come hummus. I legumi, in generale, rappresentano la fonte proteica a cui attingere più comodamente. Non dimenticate, oltre ai ceci: fagioli, lenticchie e fagioli verdi mung. I fagioli cotti possono contenere fino a 12 grammi di proteine per ogni porzione da 200 grammi.

Leggi anche: Legumi secchi: come utilizzarli in cucina e non solo 

7) Semi di chia

I semi di chia sono ricchi di amminoacidi necessari per la formazione delle proteine, tra i quali è possibile individuare metionina, cisteina e lisina. Sono inoltre ricchi di fibre e di antiossidanti. Per incrementare l’apporto di proteine vegetali non sottovalutate i semi di zucca e i semi di girasole.

Leggi anche: Semi di chia: proprietà, usi e dove trovarli

8) Spirulina

La spirulina è una microalga particolarmente ricca di proteina, solitamente acquistabile in forma essiccata, in polvere o come integratore naturale. È ricca di amminoacidi facilmente assimilabili da parte dell’organismo. All’alga spirulina sono attribuite proprietà anticancro.

Leggi anche: Alghe: le diverse tipologie, le proprieta’ e come utilizzarle

9) Albicocche disidratate

Anche la frutta può presentare un contenuto proteico da non sottovalutare. È il caso, ad esempio, delle albicocche disidratate. Una porzione da 200 grammi di albicocche disidratate può contenere infatti fino a 5 grammi di proteine. Accompagnate alle mandorle, le albicocche costituiscono uno spuntino spezzafame nutriente.

10) Ortaggi

 

È bene non sottovalutare il contenuto proteico degli ortaggi. Il contenuto nutrizionale degli spinaci crudi, ad esempio, è costituito per il 30% da proteine. 100 grammi di spinaci lessati e salati contengono circa 5 grammi di proteine. 100 grammi di cavoli lessati contengono dai 2 ai 3 grammi di proteine.

L’Iran al riformista Rohami, una svolta da verificare

L’Iran al riformista Rohami, una svolta da verificare

 

 

 

L’Iran volta pagina, vince al primo turno Rohani, il candidato sostenuto dai riformisti che ha promesso aperture in politica interna ed estera. E’ stata molto alta l’affluenza alle urne per la scalata del successore del conservatore Ahmadinejad, che dopo due mandati non si’ potuto ripresentare. Migliaia di persone sono scese in piazza per festeggiare. Rohani ha sbaragliato il campo vincendo al primo turno ed evitando di un soffio il ballottaggio. Ha ottenuto il 50,68 dei consensi staccando nettamente il candidato conservatore Qalibaf, sindaco di Teheran, che ha avuto poco piu’ del 16%. L’ex presidente twitta: “Sono state le elezioni piu’ democratiche del mondo”. Rohani, 64 anni, e’ un moderato pragmatico ed e’ stato il negoziatore per il nucleare sotto la presidenza di Khatami. Le prime parole del neo presidente sono state: “E’ la vittoria dell’intelligenza, della moderazione e del progresso sull’estremismo”. In campagna elettorale Rohani ha scelto il simbolo della “chiave”, che apre la porta alla soluzione dei problemi. Ed in Iran ce ne sono tanti. Sul nucleare si e’ impegnato per soluzioni “non di compromesso o di resa, ma nenache avventuriere” ed ha scartato l’ipotesi, almeno per ora, di un dialogo diretto con Obama. La svolta riformista sara’ insomma tutta da verificare, anche perche’ il potere asssoluto del regime teocratico sciita, ha preferito la soluzioni Rohani, per accontantare la popolazione ed evitare tensioni interne. Ma a decidere tutto rimarra’ in prima persona il capo religioso supremo, Khamenei. Comunque il presidente ha sicuramente una voce in capitolo e potrebbe cominciare abbasando i toni del vulcanico Ahmadinejad.

“Svuota carceri” con 4mila liberi, semplice rinvio o ripensamento?

“Svuota carceri” con 4mila liberi, semplice rinvio o ripensamento?

 

 

 

E’una materia molto delicata perche’ riguarda direttamente la vita di migliaia di persone ed indirettamente milioni di cittadini, preoccupati della sicurezza. Cosi’ il governo che con il ministro Cancellieri aveva annunciato l’approvazione di un decreto “svuota carceri” con la liberazione di 4mila detenuti piu’ la concessione a molti altri degli arresti domiciliari, con un altro provvedimento, ha ieri accantanoto l’argomento. Ci sono contrasti, e molti all’interno della maggioranza. Poche parole al termine del Consiglio dei ministri. Solo un “ce ne occuperemo nella prossima riunione”. Le obiezioni al decreto sono le stesse che sono sulla bocca di molti. Ma come si fanno a controllare giovani ai domiciliari a Scampia o a San Basilio? E poi sono in molti a riprendere l’attivita’ crimiunale. Ed in prigione non e’ che ci si sta per cabiare aria. Qualcosa di grave si e’ commesso. E sicure sarebbero le conseguenze con l’aumento rapine e furti. E’ proprio questa la categoria che sarebbe piu avvantaggiata dall’approvazione del provvedimento. Ma viceversa e’ anche ingiusto, oltre che pericoloso, dare l’illusione di una scarcerazione prossima e poi annullare tutto. Nelle carceri comincia ad esserci un grande fermento. Ed il caldo ed il sovraffollamento non sono di aiuto.

Datagate, nuovo allarme: “E’ stato rubato il Dna a migliaia di americani”

Datagate, nuovo allarme:
“E’ stato rubato il Dna
a migliaia di americani”

 

Privacy violata, scoop del Nyt. I campioni sarebbero conservati presso i laboratori di decine di agenzie locali di polizia. Sabato a Hong Kong una manifestazione di sostegno al 29enne ‘talpa’ perché il mondo sappia. Fbi: “Inchiesta penale su Snowden”

 
Manifestanti a favore di Snowden (LaPresse)

Manifestanti a favore di Snowden (LaPresse)

 

New York, 13 giugno 2013 – Si allarga lo scandalo ‘Datagate’, non solo spiati sul telefono e sul web, centinaia di migliaia di americani sospettati di attività criminali o sovversive, ma non solo, rischiano di essere schedati a vita. Secondo il New York Times il loro Dna sarebbe conservato presso i laboratori di decine di agenzie locali di polizia.

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RACCOLTA PRIVATIZZATA – lI Nyt afferma che mentre fino a poco tempo fa la raccolta del Dna era praticamente competenza esclusiva dell’Fbi, ora un crescente numero di agenzie di polizia in giro per gli Stati Uniti, molte mettendo insieme i propri dati, stanno raccogliendo e inserendo in database campioni di Dna di migliaia di persone, forti di una recente sentenza della Corte Suprema che sostiene questa pratica, anche se solo per le persone arrestate per gravi reati.

CITTADINI PREOCCUPATI – Una tendenza – scrive il quotidiano – che suscita non poca preoccupazione in un momento in cui in America si discute tanto di privacy violata. Il New York Times sottolinea poi come il Dna raccolto riguardi anche innocenti vittime di reati. Spesso, denuncia ancora il quotidiano, il Dna viene fornito da alcuni imputati nell’ambito di un patteggiamento della pena o in cambio di uno sconto sul fronte dei capi di accusa e della condanna.

AMMISSIONE FBI – Sulle azioni della cosiddetta ‘talpa’ della Nsa, Edward Snowden, l’Fbi ha intanto avviato una inchiesta penale. Lo ha confermato il direttore dell’Fbi Robert Mueller in un’udienza al Congresso in cui ha anche detto che le sue rivelazioni hanno causato ”significativi danni” al Paese e alla sua sicurezza. 

MANIFESTAZIONE PRO SNOWDEN – E per domani (sabato) è attesa a Hong Kong una manifestazione di sostegno alla ‘talpa’ del datagate. La manifestazione, organizzata dal gruppo “Support Edward Snowden HK”, creato da una coalizione di attivisti pro-democrazia e parlamentari, prevede di recarsi fin sotto al Consolato americano a Hong Kong. Le rivelazioni su come il programma di spionaggio Usa si estenderebbe anche a Hong Kong e alla Cina ha infatti scioccato parte della popolazione, che ha deciso di unirsi alla protesta. Per Obama una preoccupazione in più dopo il summit di Rancho Mirage con il neoleader di Pechino Xi Jinping nel quale gli Usa, cortesemente respinti sul tema dalla sfinge cinese, avevano provatoa  giocare la parte delle vittime.

Ragusa, terrore a scuola Bidello uccide la maestra

Ragusa, terrore a scuola
Bidello uccide la maestra
Poi confessa: “Ferito
dalla sua indifferenza”

 

La donna si era recata a scuola per un incontro di fine anno scolastico. E’ stata colpita all’addome da cinque colpi di pistola. Il ministro Carrozza: “Invieremo una squadra di psicologi”

 
Omicidio a scuola: l'omicida, il bidello Salvatore Lo Presti, e la vittima, l'insegnante Giovanna Nobile

Omicidio a scuola: l’omicida, il bidello Salvatore Lo Presti, e la vittima, l’insegnante Giovanna Nobile

 

Vittoria (Ragusa), 15 giugno 2013 – Cinque colpi all’addome e un sesto sparato in aria per il provvidenziale intervento di un collega, che gli ha alzato il braccio facendo cambiare la traiettoria al proiettile, che si è conficcato sul tetto. E’ stata un’azione fulminante quella messa in atto questa mattina dal bidello Salvatore Lo Presti, 69 anni, noto come “il poeta”, che a pochi giorni dalla pensione ha ferito gravemente l’insegnante di religione dello stesso istituto, Giovanna Nobile, di 53 anni, sposata e madre di due figli. La donna è morta nell’ospedale Guzzardi di Vittoria poche decine di minuti dopo. L’uomo è in stato di arresto per omicidio volontario. Non ci sono molti dubbi sulla dinamica dell’aggressione: ci sono infatti quattro testimoni oculari.

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La maestra si era recata a scuola – è stato precisato da investigatori presenti sul posto – per un incontro di fine anno scolastico. Dopo avere firmato delle pratiche in segreteria stava lasciando l’istituto, quando il bidello l’ha raggiunta sulle scale, armato di pistola, e ha iniziato a sparare. L’aggressore è uscito dalla scuola, ma è stato fermato poco dopo dalla polizia in strada.

LA CONFESSIONE – All’origine dell’aggressione c’è un amore non corrisposto. Lo avrebbe confessato lo stessa omicida alla squadra mobile della Questura di Ragusa, spiegando di avere premeditato il delitto. L’uomo sarebbe stato “colpito dalla sua indifferenza” per “sentimenti assolutamente non ricambiati”. Secondo gli investigatori è stata “una lucida follia”, l’insegnante era all’oscuro dei sentimenti dell’uomo. I due si trovavano nella scuola perché, anche se le lezioni sono terminate, proseguono le attività per la preparazione di scrutini ed esami.

UN COLLEGA: PENSAVO SPARASSE A SALVE –Ce l’aveva col mondo intero – dice un collega del bidello  – ma non andava al di là dello sproloquio. In fondo era uno tranquillo, mai e poi mai avrei pensato che gli scattasse questo raptus. Scriveva anche poesie, non a caso lo chiamavano tra i colleghi ‘il poeta’”.

“Anche stamattina stava facendo i soliti discorsi – ricostruisce il collega – quando è arrivata la professoressa Nobile, l’ha seguita per le scale e appena dentro la segreteria ha cominciato a sparare. Ma non mi sono preoccupato perché conoscendolo ho pensato che avesse sparato a salve, invece, aveva fatto terribilmente sul serio. E’ stato un mio collega Salvatore Gallo a bloccarlo e a disarmarlo prima che arrivasse la polizia’’.

“Lo conosco da quasi 30 anni – sottolinea – perché abbiamo preso servizio a scuola nel 1985 e che potesse avere questo scatto non ci avrei mai creduto. Che nascondesse odio verso la professoressa o avesse un debole per lei come si fa a dirlo? E’ tutto assurdo…’”.

IL MINISTRO CARROZZA – Il ministro della Pubblica istruzione Maria Grazia Carrozza, dopo aver appreso la notizia dell’omicidio, ha chiamato la dirigenza dell’istituto comprensivo ‘Francesco Pappalardo’. ‘”Nella telefonata – afferma la dirigente vicaria Giovannella Mallia parlando della conversazione – il ministro mi ha partecipato la vicinanza del Governo al nostro istituto, al corpo docente e non docente per la tragedia che abbiamo vissuto stamattina. Parole semplici ma sicuramente di conforto in questo difficile momento. Poi mi ha annunciato che lunedi’ tramite l’Ispettorato regionale scolastico ci mettera’ a disposizione una squadra di psicologi per cercare di favorire l’elaborazione psicologica di questa esperienza traumatica nei confronti degli operatori scolastici ancora sotto choc per la tragedia’”.