“Tredicenni, più gioco d’azzardo online. E sono ‘nottambuli’ connessi su WhatsApp”

“Tredicenni, più gioco d’azzardo online. E sono ‘nottambuli’ connessi su WhatsApp”

La Società italiana di Pediatria ha svolto un’indagine su oltre duemila studenti della terza classe nella scuola secondaria. In crescita il gambling in rete, anche se vietato ai minori. Usano molto anche Facebook, Ask e Instagram. “Hanno però un tremendo bisogno di comunicare con qualche adulto – spiega Maurizio Tucci, curatore del report – ma non hanno referenti”

“Tredicenni, più gioco d’azzardo online. E sono ‘nottambuli’ connessi su WhatsApp”

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Giocano sempre più d’azzardo online, passano la notte a chattare e sono perennemente in gara per un “like”. Ecco l’identikit dei tredicenni italiani. A tracciare la fotografia della nuova generazione digitale è la Società italiana di Pediatria che ha presentato i dati di un’indagine svolta su un campione rappresentativo di 2.107 studenti della terza classe della scuola secondaria. Numeri che confrontati con il passato rivelano un vero boom dei nuovi social network e dell’utilizzo della rete: nel2008 solo il 42% del campione utilizzava Internet tutti i giorni contro l’attuale 81%. Ma che fanno i nostri ragazzi davanti allo schermo?

Uno dei fenomeni più pericolosi è il cosiddetto “Gambling” ovvero il gioco d’azzardo online, fenomeno in crescita tra i giovani. Il 13% degli intervistati l’ha praticato, anche se vietato aiminori. La sempre maggior offerta di siti, ormai legali, in cui si gioca utilizzando soldi “veri” è una tentazione molto forte che inizia a sedurre anche i giovanissimi. Un mondo, quello dei teenager, che a rigor di legge non potrebbe accedere a questi siti fino al compimento della maggiore età. Almeno sulla carta, perché nella realtà il 45% del campione che ha giocato sostiene di aver vinto, mentre il 36% non ricorda l’esito economico dell’esperienza. E sempre tra i “giocatori” il 32% è orientato a rimettersi davanti al pc, il 45% dichiara di non voler rifare l’esperienza e il 18% è incerto.

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“Siamo di fronte ad un nuovo fenomeno – spiega Maurizio Tucci, curatore dell’indagine –. E’ il primo anno che monitoriamo questo dato perché ci siamo accorti che molti ragazzi passavano il loro tempo a giocare d’azzardo in Rete. In quest’ultimo biennio vi è stato un vero e proprio aumento dei giocatori tredicenni. I meccanismi di accesso al gioco online, vanno dall’offrire gratuitamente fiches di ‘benvenuto’ a sistemi di pagamento tali per cui non è difficile anche per un minorenne accedere, magari grazie ad un amico maggiorenne che ha la possibilità di mettere a disposizione i propri documenti per registrarsi”. Dati che vanno di pari passo con il resto dell’Europa: “Non abbiamo a disposizione numeri per fare dei confronti – spiega Tucci, precisando che su questa fascia d’età sono pochi a puntare gli occhi – ma posso dire con certezza che l’Italia non ha la maglia nera”.

Internet per un tredicenne significa social network. E su questo tema vi è un’importante novità: non è ancora tempo di dire addio a Facebook ma sempre più ragazzi usano WhatsApp(81,1), Ask (33,2%) e Instagram (42%). Pochi ancora quelli che cinguettano su Twitter (23%). A usare il social inventato da Mark Zuckerberg resta comunque il 75% dei giovanissimi del campione. “Facebook resta una vetrina rassicurante per i genitori. Su Ask i ragazzi si esprimono con un linguaggio scurrile dietro l’anonimato che garantisce questo social mentre su Facebookpostano le foto del loro compleanno e del loro cagnolino. Ciò che mi stupisce è che questi adolescenti hanno un tremendo bisogno di comunicare con qualche adulto ma non hanno referenti: con l’associazione, ci siamo iscritti ufficialmente ad Ask e riceviamo centinaia di richieste di informazioni sulla sessualità, sul ciclo mestruale”.

Ragazzi che possiamo definire, secondo la ricerca presentata, baby nottambuli. Rispetto alla precedente indagine cresce l’abitudine a navigare nelle ore serali e notturne. Il 56,6% chatta la sera dopo cena e circa il 40% continua a farlo fino a tardi, prima di addormentarsi in una fascia oraria che interferisce con il sonno, con conseguenze non trascurabili sulla salute. Se nel 2012 era il 2,6% a pensare ad Internet appena sveglio ora è il 12,5%. La connessione sul telefonino è complice di questo incremento. E la Società Italiana di Pediatria mette in guardia genitori e insegnanti: chi frequenta più di tre social ha una vita più a rischio. “I più assidui frequentatori diFacebook o WhatsApp o Ask, risultano più fragili e insicuri”.

iPhone 6 contro la concorrenza, qual è lo smartphone migliore?

iPhone 6 contro la concorrenza, qual è lo smartphone migliore?

Yahoo FinanzaDa Andrea Signorelli | Yahoo Finanza – 16 ore fa

L’era di iPhone 6 è ufficialmente cominciata con la presentazione di ieri a Cupertino, durante la quale sono stati presentati i due nuovi modelli dello smartphone di casa Apple e il nuovissimo iWatch.

Partiamo dal “telefono”, che cosa cambia rispetto all’iPhone 5s? Innanzitutto il fatto che i nuovi modelli sono due: iPhone 6 e iPhone 6 Plus, il primo con uno schermo da 4,7 pollici, il secondo da 5,5. Schermi più grandi, ma anche design più sottile e componenti interni migliorati rispetto alla versione precedente.

La vera domanda, però, non è tanto se questo nuovo iPhone sia migliore dei suoi predecessori, ma come si pone rispetto a una concorrenza (che viaggia principalmente sull’ottimo software Android) che negli ultimi anni si è fatta sempre più agguerrita e che sta rosicchiando fette di mercato ogni mese che passa.

Ecco un riassunto da Business Insider:

Vediamo allora le caratteristiche del nuovo iPhone rispetto ai telefoni rivali di Samsung (Galaxy Note 4 e Galaxy S5), HTC One e Nokia Lumia 830. Il prezzo di riferimento, per il momento, può essere solo quello statunitense, dove con un contratto biennale la spesa di partenza è di 199 dollari per l’iPhone 6 e di 299 dollari per l’iPhone 6 plus (senza contratto bisogna aggiungere circa 400 dollari).

Prezzo nella media della concorrenza per il primo modello, mentre è evidente come la versione Plus miri a un target che non ha problemi a spendere di più. Lo schermo del nuovo telefono base di Apple sarà invece anche più grande, ma rimane comunque il più piccolo tra i principali concorrenti (e questa è una caratteristica che alcuni potrebbero apprezzare), dove si va dai 5 pollici dell’Htc One fino ai 5,7 del Galaxy Note 4, il cui vero competitor, però, è l‘iPhone Plus.

iPhone 6 rimane ancora il telefono più leggero nella sua categoria (129 grammi per la versione base), così come il più sottile (6,9 millimetri), interessante il fatto che anche la versione Plus sia più sottile dei suoi concorrenti (7,1 millimetri).

Tra i punti deboli di iPhone, storicamente, ci sono la durata della batteria e la memoria interna. Entrambi gli aspetti sono stati migliorati, ma per quanto riguarda la batteria l’iPhone base è ancora il più debole della sua fascia (14 ore di telefonate in 3G – come il Nokia Lumia – contro i 20 di media della concorrenza Samsung e HTC), mentre la versione Plus supera tutti arrivando addirittura a 24 ore di telefonate in 3G.

Per quanto riguarda la memoria interna, è stata aumentata quella massima disponibile, che adesso arriva a 128 gigabyte per entrambe le versioni (partendo da un minimo di 16 giga). Il limite, come sempre, è che dovete scegliere prima se spendere di più per avere più memoria, perché la memoria è fissa. Mentre negli altri smartphone è espandibile via microSD fino a 128 giga.

Infine, la telecamera. Migliorata ulteriormente rispetto alle versioni precedenti (camera da 8 megapixel e camera interna da 1.2), ma comunque superata dalla camera a 16 megapixel dei due competitor Samsung (superiori anche per quanto riguarda la camera frontale). Qual è il bilancio? Come sempre, sul tema si registrano posizioni molto diverse, quasi da tifoseria, tra “androidiani” e supporter di Apple.

La verità, probabilmente, sta nel mezzo: in quanto a caratteristiche tecniche non solo l’iPhone non regna più incontrastato, ma sotto alcuni aspetti è stato ormai superato da Samsung e altri. Quello che molti utenti di iPhone sottolineano, però, è come i prodotti Apple rimangano di qualità superiore per il modo ottimale in cui i vari elementi e software vengono sfruttati (come dire che a parità di processore, un iPhone è più veloce, e a parità di megapixel, le foto sono migliori).

La risposta definitiva si avrà solo quando l’iPhone 6 inizierà a essere nelle mani di tutti. Per il momento quello che è certo è che, a differenza del passato, la Apple ha dato vita a una vera e propria gamma di telefoni. Sono trascorsi i tempi in cui ogni iPhone sostituiva sul mercato quello precedente. Oggi Apple continuerà a vendere iPhone 5S e iPhone 5C, aggiungendo a questi gli ultimi due nati. Insomma, ormai Apple ha un iPhone per tutte le tasche e i gusti: volete un telefono di fascia media (il migliore della fascia media)? C’è l’iPhone 5C.

Volete un telefono ottimo ma con uno schermo ridotto? C’è l’iPhone 5S. Se lo preferite con lo schermo grande c’è il 6 e se volete un phablet (incrocio tra smartphone e tablet) c’è anche il 6 Plus. E così, l’offerta si è differenziata ed è andata incontro sia a chi ha bisogno di spendere meno, sia a chi può spendere ancora di più. L’altra novità importante – non in termini assoluti, ma si sa che quando questo genere di cose le prende in mano Apple le cose cambiano – è Apple Pay. Il sistema di pagamenti mobili reso possibili dagli accordi che la casa di Cupertino ha stretto con le maggiori banche del mondo. Difficile capire se funzionerà bene e se cambierà le nostre abitudini nei pagamenti, certo è che se le dimostrazioni che si sono viste finora sono simili alla realtà, il modo in cui facciamo acquisti potrebbe cambiare per davvero. L’altra novità, ovviamente, è l’iWatch. Che dopo mesi e mesi di chiacchiere è stato finalmente mostrato al pubblico. L’oggetto entra di diritto nella categoria dei “wearables”, le tecnologie da indossare e che col passare del tempo diventeranno dei prolungamenti tecnologici del nostro corpo (un po’ come i Google Glass). Un sensore che registra il nostro battito cardiaco, un personal trainer che monitora la nostra attività fisica, un lettore mp3 e un device che, usato assieme all’iPhone, ci consentirà anche di leggere messaggi, email, guardare foto, chiamare, consultare mappe. Col tempo dovrebbero arrivare anche le app dedicate.

Sarà un successo? Difficile a dirsi, soprattutto visti i dubbi che hanno già preso a circolare. In molti hanno notato come sia poco sottile, altri hanno espresso perplessità sull’avere al polso una sorta di iPhone preistorico nello stesso momento in cui si ha in tasca il nuovissimo smartphone Apple. In favore di iWatch giocano però le tre versioni disponibili (base, sportiva, elegante), il fatto che punti molto sul fitness e soprattutto il fatto che, solitamente, i device Apple diventano uno status symbol.

Ansia da public speaking: cinque consigli per superarla

Ansia da public speaking: cinque consigli per superarla

Parlare in pubblico può rappresentare un vero e proprio „blocco” per molte èersone. Ecco cinque consigli della psicoterapeuta Rosa Riccio, del Centro di psicoterapia Corvetto di Milano.

a cura di Silvia Sperandio

Parlare in pubblico, che ansia!

Parlare in pubblico, che ansia!

a cura di 14 maggio 2014Commenti (1)

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Argomenti: Qualità dei prodotti e servizi | Rosa Riccio

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Cosa penseranno di me? Come mi giudicheranno? E che succede se sbaglio? Sono solo alcune domande che si affacciano alla mente quando, per qualche motivo, dobbiamo parlare di fronte a più persone. Parlare in pubblico può rappresentare un vero e proprio “blocco” per molti: donne e uomini, giovani e anziani…

L’ansia interessa molti: dallo studente universitario al manager 
«Riunioni, meeting, presentazioni: oggi più che mai nel nostro lavoro di psicoterapeuti ci capita di incontrare utenti che incontrano grosse difficoltà quando devono esporsi in pubblico», conferma Rosa Riccio, psicoterapeuta dello Studio Psicologico Corvetto di Milano. «Spesso si tratta di persone che non hanno mai avuto bisogno dell’aiuto di uno psicoterapeuta per affrontare i propri problemi, ma, a un certo punto, hanno la sensazione di scontrarsi con un ostacolo più grande».

Una cosa dunque è certa: esporsi in pubblico, sia davanti a una folta platea, che di fronte a un gruppo più ristretto, costituisce una situazione di stress. Certo, è una questione di intensità. In genere, lo stress è minore per chi è avvezzo al public speaking, mentre cresce per i neofiti.

A volte, spiega l’esperta, le persone sono preoccupate all’idea di parlare in pubblico semplicemente perché non sono abituate a farlo.
Così come le prime volte che guidiamo un’automobile siamo un pò più in tensione e abbiamo paura che qualcosa possa andare storto, ma poi man mano che acquisiamo destrezza cominciamo anche a provare piacere nel guidare…
Allo stesso modo, chi è costretto per ragioni lavorative a presentare, discutere, rendicontare davanti ad altri può inizialmente provare quell’ansia tipica di tutti coloro che si confrontano con qualcosa di nuovo. Poi, quando l’attività del parlare in pubblico diventa costante, probabilmente il livello di ansia diventerà più sopportabile.
Del resto, anche un attore prima di salire sul palco si sente molto agitato ma quell’agitazione non gli impedisce di riuscire a recitare.

Ansia anticipatoria, ecco il problema
Altre volte, invece, l’ansia sembra non andare via nemmeno con la “pratica”. In questi casi, il più delle volte, si innescano i meccanismi tipici di quella che comunemente viene definita ansia da “prestazione” o ansia anticipatoria.
«L’ansia che proviamo prima di una prestazione di per sé non è affatto negativa, è una reazione psicofisiologica che ci permette di incanalare nella giusta direzione le nostre energie fisiche e mentali – spiega Rosa Riccio -. Con un’intensità contenuta, l’ansia ci è dunque utile prima di una prestazione proprio per far andar bene le cose».
Quando oltrepassa una certa soglia, invece, l’ansia peggiora la qualità della nostra prestazione e in definitiva ci fa stare male: è ovvio che si tratti di una soglia molto soggettiva.

I “pensieri – tipo” associati al public speaking
L’ansia che più spesso si associa al parlare in pubblico si può tradurre in pensieri come questi: “Il mio discorso non sarà perfettamente comprensibile, gli altri non capiranno o si disinteresseranno, diventerò tutto rosso e gli altri si accorgeranno che sono in ansia, gesticolerò troppo e gli altri penseranno che non sono un bravo comunicatore, si faranno una brutta opinione di me, questa prestazione negativa condizionerà la mia carriera, ecc”.

Temere il giudizio degli altri, ecco la paura principale
Parlare in pubblico è di per sé ansiogeno proprio in quanto rappresenta una situazione nella quale siamo più esposti al giudizio degli altri.
Il problema insorge, in particolare, quando abbiamo davanti un pubblico numeroso e costituito da persone poco conosciute. Non abbiamo certezza che gli altri si formeranno di noi un’immagine positiva, e in questo caso, come sempre accade, a giocare un ruolo importantissimo saranno due elementi: da un lato le aspettative (positive o negative) che abbiamo nei confronti degli altri (e del loro giudizio), e dall’altro, soprattutto, l’idea che abbiamo di noi stessi come persone capaci (o incapaci) e competenti (o incompetenti).

Non facciamoci condizionare da noi stessi
In altre parole, quando non abbiamo molti elementi per prevedere come gli altri ci giudicheranno, ci rifacciamo a quelli che sono i nostri consueti schemi mentali.
Se, nonostante i successi, i risultati positivi che ho ottenuto nella mia vita e i riconoscimenti che ho avuto, io non sono perfettamente soddisfatto di me, ma mi vedo come una persona non del tutto adeguata, probabilmente mi aspetterò che gli altri prima o poi se ne accorgano e dunque potrei fare più fatica ad affrontare le occasioni di public speaking.

Non solo: se l’idea che ho di me non è del tutto soddisfacente, farò molta più fatica a digerire l’insuccesso rappresentato da un’esposizione in pubblico non perfettamente riuscita e (ecco il circolo vizioso) la volta successiva sarò ancora più in ansia.
«Nel lavoro terapeutico con le persone che hanno difficoltà a parlare in pubblico – spiega la psicoterapeuta Rosa Riccio – è dunque centrale approfondire gli schemi e le credenze che i pazienti hanno su sè stessi e sugli altri, comprendere a fondo qual è l’origine di questi schemi così da “disimpararli” e “impararne” di nuovi. Altrettanto centrale è trovare dei modi per gestire la paura del pubblico prima, durante e dopo».

Il governo liberalizza il Wi-Fi, Decreto Fare cambiato in extremis

Il governo liberalizza il Wi-Fi, Decreto Fare cambiato in extremis

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In extremis il governo liberalizza il Wi-Fi - Se la rete è «neutra» ne beneficia l'economia - Vai al dossier

Vittoria per chi tifava per il Wi-Fi libero, ma libero davvero. Ieri sera in Commissione Bilancio alla Camera è riuscito il blitz per modificare l’articolo 10 del Decreto del Fare: ora sono caduti tutti gli obblighi per esercenti, negozi, ristoranti che offrono il Wi-Fi al pubblico. Liberalizzazione, quindi, “quando l’offerta di accesso non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore del servizio”.

Ecco quindi l’attuale testo dell’articolo 10:
“L’offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite rete WIFI non richiede l’identificazione personale degli utilizzatori. Quando l’offerta di accesso non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore del servizio, non trovano applicazione l’articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1° gennaio 2003, n.259 e successive modificazioni, e l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni”.

 

Analizziamolo. L’obbligo di identificazione era già caduto nel 2011, con la scadenza di alcuni termini del decreto Pisanu (e quindi non è una novità), ma serviva una norma che per prima cosa esplicitasse questo principio e che poi facesse piazza pulita anche di altri obblighi per gli esercenti che offrivano il Wi-Fi: sia quelli del codice delle comunicazioni (che valgono per i provider di internet) sia quelli sopravvissuti nel Pisanu contro il terrorismo. Adesso quindi un esercente, un negozio, un hotel, un ristorante, ma anche una pubblica amministrazione può liberalmente mettere un hot spot, collegarlo alla rete e offrire il servizio. Senza dover tracciare gli utenti, le loro connessioni, fornire account e password, né chiedere autorizzazioni. Il precedente testo del Fare invece chiedeva di tracciare i codici del dispositivo usato per la connessione (computer, tablet o cellulare) imponendo oneri tecnici e burocratici gravosi per qualsiasi esercente.

In realtà resta consigliabile tenere traccia di chi utilizza il nostro hot spot Wi-Fi, anche se non è obbligatorio. Può servire per discriminarsi, nei confronti di indagini di polizia, qualora qualche utente utilizzi la nostra connessione per commettere reati. In altri Paesi europei è capitato che l’esercente fosse considerato corresponsabile, in questo caso. In Germania, una sentenza del maggio 2010 ha dichiarato parzialmente responsabile il proprietario/utente di una rete Wi-Fi che non abbia utilizzato adeguati sistemi di protezione dal rischio di utilizzi abusivi della connessione per finalità illecite. Il caso riguardava lo scambio di file pirata. Stessa casistica nel Regno Unito, dove però è proprio il Digital Economy Act a imporre che siano identificati gli utenti che violano il copyright. La Francia addirittura chiede di tenere per 12 mesi il registro delle connessioni e di fare il possibile per consentire di risalire all’identità degli utenti.

In Italia la normativa non è così esplicita e non c’è una giurisprudenza chiara, in merito. Però già adesso, e da tempo, le principali reti Wi-Fi identificano in modo sicuro gli utenti, via sim del cellulare, quindi il problema è marginale.

Alla fine è prevalsa quindi, comunque, la linea della liberalizzazione su chi- nel ministero dell’Interno, in particolare- voleva imporre alcuni obblighi di tracciabilità degli utenti per favorire le indagini.

Il nuovo testo è vicino a quanto suggerito da Stefano Quintarelli (Scelta Civica), Marco Meloni (PD); ma a quanto risulta ci ha lavorato anche Roberto Sambuco (Capodipartimento Comunicazioni del Mise) con il viceministro Antonio Catricalà. Hanno convinto il relatore Francesco Boccia, in Commissione, a modificare l’articolo 10 togliendo ogni obbligo. Il relatore ha quindi proposto l’emendamento alla Commissione, che l’ha approvato. Adesso resta da vedere il testo definitivo nero su bianco e aspettare la fine dell’iter del decreto, che deve ancora passare alla Camera e poi al Senato. Ma altre sorprese, a questo punto, sono improbabili.

Cina: squilla l’iPhone, lei risponde e muore fulminata (112) (0) Squilla l’iPhone mentre l’apparecchio era in carica, lei risponde e muore fulminata. E successo in Cina, nello Xinjang. La vittima è una ex hostess di 23 anni, Ma Ailun. Apple si dice ad

Cina: squilla l’iPhone, lei risponde e muore fulminata

 

 

 

Squilla l’iPhone mentre l’apparecchio era in carica, lei risponde e muore fulminata. E successo in Cina, nello Xinjang. La vittima è una ex hostess di 23 anni, Ma Ailun. Apple si dice addolorata per il ‘tragico incidente’ ma annuncia che avvierà un’indagine su un fatto che si presenta isolato: “Siamo profondamente rattristati di apprendere di questo tragico incidente e offriamo le nostre condoglianze alla famiglia Ma. Faremo un’indagine approfondita e collaboreremo con le autorità” si afferma in un comunicao. La giovane – come riporta l’agenzia Nuova Cina – avrebbe ricevuto un forte elettrochoc dal cellulare al quale ha risposto mentre questo era attaccato alla presa elettrica. Caduta a terra e trasportata in ospedale, Ma Ailun è morta prima che i medici potessero far qualcosa.

Cina: squilla l’iPhone, lei risponde e muore fulminata (112) (0) Squilla l’iPhone mentre l’apparecchio era in carica, lei risponde e muore fulminata. E successo in Cina, nello Xinjang. La vittima è una ex hostess di 23 anni, Ma Ailun. Apple si dice ad

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Squilla l’iPhone mentre l’apparecchio era in carica, lei risponde e muore fulminata. E successo in Cina, nello Xinjang. La vittima è una ex hostess di 23 anni, Ma Ailun. Apple si dice addolorata per il ‘tragico incidente’ ma annuncia che avvierà un’indagine su un fatto che si presenta isolato: “Siamo profondamente rattristati di apprendere di questo tragico incidente e offriamo le nostre condoglianze alla famiglia Ma. Faremo un’indagine approfondita e collaboreremo con le autorità” si afferma in un comunicao. La giovane – come riporta l’agenzia Nuova Cina – avrebbe ricevuto un forte elettrochoc dal cellulare al quale ha risposto mentre questo era attaccato alla presa elettrica. Caduta a terra e trasportata in ospedale, Ma Ailun è morta prima che i medici potessero far qualcosa.

Gli Usa spiavano anche Italia. L’Ue furiosa con Stati Uniti

Gli Usa spiavano anche Italia. L’Ue furiosa con Stati Uniti

Non solo l’Italia era pienamente “un obiettivo” della gigantesca operazione americana di spionaggio messa in piedi dalla Nsa, ma gli 007 Usa erano arrivati a piazzare anche delle cimici nell’ambasciata italiana a Washington. Le ultime clamorose rivelazioni sono state pubblicate sul sito del Guardian, che cita documenti fatti filtrare da Edward Snowden, l’ex analista dell’agenzia americana e talpa del Datagate.
Nel giorno in cui l’Europa, infuriata per le notizie sul sistematico spionaggio delle sue istituzioni, ha minacciato di far saltare i negoziati di libero scambio con gli Stati Uniti se tutto fosse confermato, si svela anche l’attenzione molto particolare che l’intelligence americana riservava – e probabilmente continua a riservare – al nostro Paese. E’ stato prima lo Spiegel, sempre con documenti targati Snowden, a rivelare come la Nsa – attraverso il programma Boundless Informant – spiava sistematicamente le comunicazioni anche in Italia e Francia, seppur in dimensioni ridotte rispetto alla Germania: in un grafico pubblicato sul settimanale tedesco, si può osservare la curva delle intercettazioni dei metadati telefonici dall’Italia, che tra il 10 e il 19 dicembre 2012 si aggiravano costantemente intorno ai 4 milioni al giorno, per poi calare rapidamente fino ad arrivare a zero il 25 dicembre.
Intanto è gelo tra Europa e Stati Uniti per lo scandalo Datagate. E a rischio ora finiscono addirittura le trattative tra le due sponde dell’Atlantico per costruire l’area di libero commercio più grande del mondo. Dovevano iniziare presto, ma “non si possono cominciare” se c’é “anche il minimo dubbio” che gli Usa hanno spiato e forse continuano a spiare la Ue (ma anche la Germania e, forse, la Bce), minaccia la vicepresidente della Commissione, Viviane Reding. Mentre da Berlino fanno notare che lo spionaggio “si fa tra nemici” e tutto questo fa ripiombare il Continente in un “clima da guerra fredda”.
Dopo la lettura sullo Spiegel dei documenti fatti filtrare da Edward Snowden, Bruxelles, Berlino e Parigi hanno chiesto “immediate spiegazioni” a Washington. Ma in Europa sembra difficile giustificare con le esigenze dell’antiterrorismo l’infiltrazione nelle reti informatiche delle istituzioni comunitarie, la registrazione di milioni di telefonate e l’aver messo nel mirino non solo gli uffici Ue in America e a Bruxelles ma anche in maniera massiccia la città di Francoforte, sede della Banca Centrale Europea e della Bundesbank, oltre che dei maggiori istituti di credito tedeschi.
E mentre nei palazzi europei monta la furia, da Washington arriva solo un imbarazzato silenzio. I servizi segreti italiani invece smentiscono seccamente l’altra rivelazione fatta – ma poi ritirata – dal ‘Guardian’, secondo la quale l’Italia, assieme ad una serie di altri paesi europei, avrebbe collaborato attivamente con gli Usa, fornendo dati personali. “Falsità” veicolate da “un personaggio inaffidabile”, le definiscono fonti dell’intelligence italiana. Che precisano come la collaborazione con gli Usa sia sì aumentata dopo l’11 settembre 2001, ma “riguarda la difesa del nostro Paese da azioni terroristiche e dei nostri contingenti all’estero, non certo la raccolta e la condivisione di banche dati personali, che peraltro è anche vietata dalla nostra legge”.
Il Servizio diplomatico Ue ha ”preso contatto con le autorita’ statunitensi a Washington e a Bruxelles per avere chiarimenti urgenti sulla veridicità dei fatti” di spionaggio rivelati dallo ‘Spiegel’. Lo dichiara la responsabile della diplomazia Ue, Catherine Ashton, precisando che ”gli Usa daranno risposte al piu’ presto possibile”.

Snowden, la Bolivia valuta la richiesta di asilo. Domanda presentata anche all’Italia

Snowden, la Bolivia valuta la richiesta di asilo. Domanda presentata anche all’Italia

Da Mosca si rifà vivo Edward Snowden, che in una lettera si dice pronto a nuove rivelazioni, sottolineando come gli Stati Uniti lo stiano perseguitando ingiustamente. Sempre più lunga la lista dei paesi a cui l’ex analista avrebbe chiesto asilo politico. Tra le 21 richieste una è indirizzata anche all’Italia come ha confermato la Farnesina. Nessun dubbio invece sul fatto che abbia rinunciato all’intenzione di chiedere asilo politico in Russia dopo aver saputo la posizione di Putin: Lo ha riferito Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino. Intanto Barack Obama, sempre più nell’occhio del ciclone, replica alle capitali del Vecchio Continente che lo accusano di spiare i Paesi alleati degli Stati Uniti. “Daremo all’Europa tutte le informazioni che vuole” assicura ma poi mette in chiaro che tutti i servizi di intelligence, compresi quelli europei, cercano e raccolgono informazioni sugli alleati. 
La Bolivia valuta la richiesta – La Bolivia è pronta a esaminare l’asilo politico per Snowden, la ‘talpa’ del Datagate: lo ha detto il presidente boliviano Evo Morales in una intervista alla tv (in lingua inglese, spagnola e araba) Russia Today, vicina al Cremlino. “Sì, perché no?”, ha risposto Morales ad una domanda sul tema. Il capo dello Stato boliviano ha precisato che il suo Paese non ha ancora ricevuto una richiesta in tal senso ma che “se ci sarà siamo pronti a esaminarla, siamo pronti alle trattative”. India, Spagna Polonia hanno respinto la richiesta della “talpa”.  Il portavoce del ministero degli Esteri indiano Syed Akbaruddin ha spiegato in un tweet che “in seguito a un attento esame, abbiamo deciso che non ci sono ragioni per accettare la richiesta di asilo di Snowden”. .La Francia, come ha confermato il ministro degli esteri,  invece non ha ricevuto finora “nessuna richiesta ufficiale”.
Russia: “No all’estradizione in paesi dove c’è la pena di morte”  – Lo ha detto Dmitri Peskov, portavoce di Putin.”Lo stesso Snowden, per sua sincera convinzione o per qualche altra ragione, si ritiene un difensore dei diritti umani, un combattente per gli ideali della democrazia e della libertà dell’uomo, lo riconoscono anche le ong russe per la difesa dei diritti dell’uomo e quelle estere. Per questo si ritiene impossibile estradare Snowden ad un paese come gli Usa dove viene applicata la pena di morte”, ha spiegato Peskov. In precedenza Mosca aveva ricordato che comunque non esiste alcun accordo con gli Usa in materia di estradizione
Chiarimenti sul datagate attraverso i canali diplomatici – I chiarimenti sul Datagate saranno dati “attraverso i normali canali diplomatici, con contatti sia con l’Unione europea sia con i singoli Paesi”, assicura il Dipartimento di Stato americano. Sarà anche così. Ma da Roma a Parigi, passando per Berlino e Bruxelles, l’ira della Ue per le ultime rivelazioni targate Edward Snowden non si placa, così come la richiesta di spiegazioni. “Gli Usa devono chiarire, servono risposte ufficiali”, afferma l’Unione europea. Mentre il primo ministro francese Francois Hollande avverte: “Gli Usa smettano di spiarci”, o i negoziati per la zona di libero scambio sono a rischio. Il governo della cancelliera Angela Merkel giudica poi “inaccettabile” l’ipotesi di uno spionaggio economico. Nel frattempo il presidente russo Vladimir Putin ribadisce che Mosca non ha intenzione di estradare nessuno. Anche se avverte Snowden: “Se vuole restare in Russia deve smetterla di danneggiare i nostri partner americani”.
Obama: “Tutti i servizi di intelligence spiano” – Così, il presidente Usa è costretto a difendersi dalla bufera dalla Tanzania, ultima tappa del suo viaggio in Africa. Un viaggio che avrebbe voluto fosse ricordato per episodi altamente simbolici, come la visita all’isola degli schiavi o quella al carcere di Mandela. Invece il suo storico tour è inevitabilmente oscurato dal clamore delle notizie diffuse col contagocce dalla ‘talpa’ del Datagate. E l’assenza del presidente da Washington, in queste ore di grande difficoltà per la sua amministrazione, pesa non poco. “Gli europei sono stretti alleati degli Stati Uniti, e Washington lavora con loro su qualunque cosa e in qualunque campo, compreso quello che riguarda l’intelligence”, sottolinea Obama da Daar es Salaam. Quindi – sembra voler dire i presidente Usa – nessuno scandalo. E non ci può essere alcuna sorpresa sul fatto che gli Stati Uniti raccolgano informazioni anche sui loro partner. Del resto – aggiunge il presidente – “tutti i servizi di intelligence, compresi quelli europei, cercano di capire quello che succede nelle varie capitali del mondo attraverso fonti che non siano solo quelle giornalistiche”. 
Letta: “Quelle di Obama parole confortanti” – Una reazione, quella di Obama, raccolta con una certa freddezza in Europa. Con il primo ministro italiano, Enrico Letta, che parla di “parole confortanti” a cui però dovranno seguire i chiarimenti richiesti. Ma ad agitare i sonni dell’inquilino della Casa Bianca soprattutto il destino ancora incerto di Snowden – bloccato all’aeroporto internazionale di Mosca – e proprio la possibilità che lasci trapelare nuove esplosive rivelazioni. Washington continua a chiederne l’estradizione alle autorità russe, nonostante le parole di Putin. Al caso stanno comunque lavorando insieme l’Fbi e i servizi di Mosca (Fsb).

Datagate, gli Usa chiedono a Hong Kong l’arresto di Snowden

Datagate, gli Usa chiedono a Hong Kong l’arresto di Snowden

La giustizia Usa stringe il cerchio attorno ad Edward Snowden, la ‘talpa’ del Datagate: dei procuratori federali lo hanno formalmente accusato di spionaggio e hanno chiesto alle autorita’ di Hong Kong di arrestarlo. Lo rivela il Washington Post, poche ore dopo che era emersa la notizia che ci sarebbe per lui un jet privato pronto per portarlo dalla ex colonia inglese in Islanda, dove potrebbe chiedere asilo politico.
Citando funzionari Usa, il giornale ha scritto nella sua edizione online che il testo dell’incriminazione resta al momento riservato e che Snowden e’ accusato anche di furto di proprietà del governo, mentre alle autorità di Hong Kong è stato chiesto di intervenire sulla base di un mandato di arresto provvisorio. Il giornale precisa che l’accusa è stata avanzata dai procuratori federali del distretto della Virginia orientale, dove ha sede la Booz Allen Hamilton, il colosso delle consulenze high-tech per cui lavorava Snowden. Nelle ultime ore, sulla basi di documenti ‘top secret’ ottenuti da Snowden quando lavorava come tecnico informatico alla Nsa, il Guardian ha peraltro pubblicato nuove rivelazioni. In particolare ha scritto che l’agenzia di intelligence di Londra GChQ avrebbe intercettato in segreto ”grandi quantità” di dati internet e chiamate telefoniche sui cavi di fibra ottica a livello globale, per poi condividerle con la National Security Agency Usa.
Il programma di sorveglianza della GChQ, secondo quanto ha scritto il Guardian, ha il nome in codice ‘Tempora’ ed è stato avviato 18 mesi fa, mettendo gli 007 britannici in grado di passare al setaccio dati raccolti nell’arco di 30 giorni dalla rete di fibre ottiche, e di conservarli. Si tratta di rivelazioni che ora aggiungono nuove pressioni anche sul premier britannico David Cameron affinché dia rassicurazioni sul modo di raccolta dati, proprio mentre anche il presidente americano Barack Obama, per cercare di riparare almeno i danni di immagine causati dal Datagate, ha promosso una riunione con un organismo indipendente che si occupa di tutela della privacy. Le conseguenze delle rivelazioni di Snowden continuano ad allargarsi a macchia d’olio e potrebbero arrivare fino all’Onu. Il deputato russo Ruslan Gattarov, capo della Commissione per lo sviluppo della società dell’ informazione, intende infatti rivolgersi alle Nazioni Unite, affinché si facciano garanti di Internet: “In modo che tutti, non solo gli Stati Uniti, abbiano accesso all’interruttore generale”, ha detto, riferendosi all’accesso dell’intelligence Usa ai server di giganti come Google, Facebook, Twitter e Microsoft.
 La Casa Bianca finora non ha minimamente commentato.Per lanciare un segnale ha comunque fatto sapere che, per la prima volta da quando è presidente, Obama si siede al tavolo con i cinque membri del Privacy and Civil Liberties Oversight Board, continuando così l’offensiva per mostrare che la sorveglianza di telefoni e internet da parte degli 007 è ”trasparente” e assolutamente legale, almeno sul piano nazionale. Frattanto, continuano le indagini a tutto campo attorno a Snowden. Nel mirino ora è finita anche una azienda, la Usis, contractor, incaricata nel 2011 di compiere i controlli sul passato del giovane tecnico informatico prima che egli potesse ottenere il nulla osta necessario per accedere a informazioni riservate e segrete del governo americano.
 Dopo essere uscito allo scoperto con un’intervista e con un social forum online, Snowden è frattanto sparito. Per lui e già pronto un aereo privato in un non meglio precisato aeroporto della Cina, ha fatto sapere l’imprenditore islandese Olafur Sigurvinsson, proprietario di un’azienda in contatto anche con Wikileaks, la DataCell. L’Islanda è stata peraltro una delle possibili destinazioni che Snowden stesso aveva citato sin dall’inizio. “Tutto è pronto, dobbiamo solo aspettare una conferma dal ministero degli interni” dell’Islanda, ha detto, aggiungendo che Snowden potrebbe partire anche domani. “Ma prima dobbiamo avere una conferma sull’asilo e che non sarà estradato negli Usa”. Non e’ chiaro quanto la richiesta di arresto da parte delle autorità Usa complicherà ora i suoi piani.