La presidente della commissione antimafia Rosy Bindi a Formia: “La Dda si dedicherà al sudpontino”

***video***La presidente della commissione antimafia Rosy Bindi a Formia: “La Dda si dedicherà al sudpontino”

 | set 05, 2014 | Commenti 0

*Rosy Bindi a Formia*

*Rosy Bindi a Formia*

Si è parlato anzitutto di criminalità organizzate e antimafia, dopotutto l’ospite della “Festa democratica e dell’Unità” che si sta svolgendo in questi giorni a Formia, nella villa comunale, era il presidente della commissione antimafia Rosy Bindi. Peraltro nel giorno in cui, poche ore prima, icarabinieri di Formia hanno arrestato l’ennesimo camorrista che a Scauri viveva e stava tranquillamente pescando pur essendo latitante, e la Corte di Cassazione ha confermato la recente storia mafiosa del Comune di Fondi. Feudo elettorale dal quale peraltro proviene uno dei componenti proprio della commissione antimafia Claudio Fazzone, in “compagnia” peraltro dell’altra espressione elettorale della Provincia di Latina in Senato, Claudio Moscardelli.

La Bindi per questi motivi ha annunciato che la volontà del governo, in questo senso, è quello di accendere finalmente i riflettori su Latina e tutto il Basso Lazio, che vive una realtà tipica di infiltrazione criminale. Perché da queste parti la camorra ci vive, fa affari, si nasconde, entra nelle pubbliche amministrazioni, negli appalti e nei piani regolatori. Oltre che ripulire il proprio denaro, conservarlo e reinvestirlo. In tutta tranquillità. E allora la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha annunciato la Bindi, dal mese di ottobre dedicherà una parte delle proprie attività e risorse al sudpontino. Vedremo in che modo.

*Un momento dell'incontro*

*Un momento dell’incontro*

Si è parlato della camorra a Formia nell’incontro di ieri, col sindaco Sandro Bartolomeo. A moderare uno dei componenti della leva giovane del Pd, Raffaele Vallefuoco. Insomma si parlava di mafie e antimafia, in un ambito tuttavia politico e targato Pd. Nonostante ciò il sindaco ha incassato i complimenti della Bindi relativamente alla capacità di raccontare fedelmente alcune storie di camorra legate alla nostra città, facendo i nomi delle famiglie o dei personaggi scomodi della città. Ricordando le speculazioni edilizie tentate all’Acerbara, l’acquisizione dell’hotel Marina di Castellone tentata da Cipriano Chianese, la negazione della camorra da parte dell’ex sindaco Michele Forte.

Ma la Bindi l’accento della discussione, relativamente ai rapporti tra istituzioni e camorra l’ha posto sulla capacità di organizzare appalti, affidamenti, lottizzazioni, piano regolatore, riciclaggio, direttamente dall’interno dei Comuni. Secondo l’ex presidente del Partito Democratico, “prima che arrivi la magistratura con gli arresti bisogna adoperarsi per cogliere i segnali, per un cambiamento culturale, di comportamenti, perché di prestanome e di riferimenti delle criminalità, le pubbliche amministrazioni ne sono piene”.

Sciopero forze dell’ordine, Renzi: no ai ricatti. Alfano: richieste legittime, toni eccessivi

Sciopero forze dell’ordine, Renzi: no ai ricatti. Alfano: richieste legittime, toni eccessivi

I funzionari di polizia: “noi ci mobiliteremo ma i cittadini stiano sicuri: continueremo a tutelarli. I poliziotti continueranno a stare nelle sale di intercettazione e a combattere i delinquenti”

Roma, 5 settembre 2014 – L’annuncio dello sciopero delle forze dell’ordine – all’interno della mobilitazione della P.A. contro il blocco dei salari – è stato un fulmine a ciel sereno, che ha scosso la politica. E mentre Renzi accetta di incontrare gli agenti ma avverte: “Niente ricatti”, il ministro dell’interno Alfano sembra tendere la mano alle forze dell’ordine.

ALFANO – “Le richieste sono legittime ma espresse in toni e modi francamente eccessivi”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano in riferimento allo sciopero generale annunciato dai sindacati delle forze di polizia e dei Cocer interforze.

LUPI – “C’è sensibilità da parte del governo sul tema della specificità delle forze dell’ordine, ma non è con la minaccia dello sciopero che si ottiene questo riconoscimento” ha detto da parte sua il ministro delle Infrastrutture e trasporti Maurizio Lupi.

BOLDRINI – “Mi auguro che ci sia un margine di negoziato per poter venire incontro a queste richieste“, commenta la presidente della Camera, Laura Boldrini. “Mi rendo conto della frustrazione di chi sta sulla strada e rischia la vita – ha osservato -, mi rendo conto che sia molto peculiare il lavoro che viene fatto dalle forze di polizia: è tutta la nostra sicurezza che dipende da questo e mi auguro, pertanto – ha ribadito – che ci sia un margine di negoziato per poter venire incontro a queste richieste”.

APPELLI –  Uno sciopero delle forze dell’ordine contro la proroga del blocco degli stipendi “sarebbe un fatto gravissimo, sarebbe la prima volta e spero che Renzi e Alfano non si intestino questo record negativo”, ha affermato l’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, secondo il quale “quando ci sono venti di guerra nel mondo e l’invasione degli immigrati bisogna dare risorse alle forze dell’ordine per garantire la sicurezza”. “Alfano – ha concluso – faccia il ministro dell’Interno e garantisca le forze dell’ordine“.

Appello anche del vicesegretario Udc Antonio De Poli: “Dal Governo ci aspettiamo un atteggiamento di responsabilità e un segnale di attenzione nei confronti delle forze dell’ordine. In un momento di difficoltà non si può far pagare il prezzo a chi opera quotidianamente per la sicurezza del Paese. Bisogna – prosegue – scongiurare lo sciopero e ci auguriamo che gli annunci che abbiamo sentito in queste ore non si traducano in realtà visto che rischiano di creare una situazione di grande preoccupazione e di allarme tra i cittadini”.

CITTADINI SICURI – “Le nostre azioni sono tutte nell’ambito della legalità della legge, noi ci mobiliteremo ma i cittadini stiano sicuri: continueremo a tutelarli con le volanti, le manifestazioni continueranno a essere presidiate: su questo non c’e’ nessun problema. I poliziotti continueranno a stare nelle sale di intercettazione e a combattere i delinquenti”, assicura Enzo Marco Letizia dell’Associazione nazionale Funzionari di Polizia, intervenendo ad Agorà Estate, su Rai3. “I servizi burocratici sono un’altra vicenda e, soprattutto, quelli che saranno liberi dal servizio in permesso sindacale, quelli che si metteranno in ferie, si scenderà in piazza per manifestare quello che ci sta capitando, quello che sta capitando al Paese – ha proseguito Letizia – il Paese sta correndo rischi serissimi anche con delle politiche poco accorte sulla repressione penale in tema di sicurezza”.

Napoli, carabiniere uccide diciassettenne. Scoppia la rivolta, distrutte auto della polizia

Napoli, carabiniere uccide diciassettenne. Scoppia la rivolta, distrutte auto della polizia

Era in scooter insieme ad altri due nel quartiere Traiano e non si è fermato all’alt. I carabinieri: “Colpo accidentale”. Il fratello: “E’ stato un omicidio”

VIDEO La madre in lacrime: “So solo che mio figlio è morto”

Napoli, 5 settembre 2014 – Uno scooter, tre ragazzini. L’alt dei carabinieri, il mezzo che non si ferma; poi l’inseguimento e il colpo che parte. La notte balorda di Napoli si è portata via Davide Bifolco, 17enne del Rione Traiano.

SCOPPIA LA RIVOLTA – Dopo la tragedia in strada è scoppiata la rivolta: la gente si è sfogata distruggendo un’auto della polizia e danneggiandone altre. Ressa anche all’ospedale San Paolo, dove è stata trasportata la salma del giovane a disposizione dell’autorità giudiziaria per l’autopsia. In tanti si sono stretti attorno al dolore di parenti e amici sotto casa del 17enne ucciso. (FOTO – LO STRAZIO DEI PARENTI)

LA DINAMICA – Tutto in pochi minuti. Nella ricostruzione fornita dai carabinieri, la morte di Davide è il frutto di un colpo di pistola partito per errore durante le concitate fasi per arrivare a bloccare due delle tre persone che erano fuggite all’alt della pattuglia. Sono circa le 2.40 quando una gazzella del Nucleo radiomobile di Napoli, nota i tre senza casco che viaggiano in sella a uno scooter. Il conducente non si ferma all’alt, e inizia l’inseguimento. 
il guidatore del mezzo in corsa impatta contro una aiuola e perde il controllo, urta la gazzella, e scooter e passeggeri cadono a terra. Subito dopo la caduta, il latitante, Arturo Equabile, 23 anni, fugge a piedi facendo perdere le tracce pur inseguito da uno dei due componenti della pattuglia. A questo punto dalla sua pistola parte un proiettile in maniera accidentale e raggiunge, all’emitorace sinistro il diciassettenne. Il carabiniere è ora indagato per omicidio colposo.

FERMATO UN 18ENNE, FUGGITO UN LATITANTE – In caserma, fermato dai militari, un altro ragazzo che era a bordo dello scooter, il 18enne Salvatore Triunfo, con precedenti per reati contro il patrimonio e danneggiamento. I carabinieri invece hanno identificato e ricercano il terzo occupante dello scooter, un latitante, secondo quanto si è appreso, con precedenti per reati contro il patrimonio, evaso dai domiciliari a febbraio scorso. Davide invece non aveva nessun precedente penale.

LA MADRE – “Oggi sono morta anch’io”. Sono le parole pronunciate con la voce rotta dal pianto da Flora Mussorofo, mamma di Davide. “Aveva solo 17 anni – aggiunge – non poteva fare male a nessuno. Il suo unico svago era giocare a pallone”. Spiega poi di non ricordare se al suo arrivo il figlio fosse ammanettato o meno, perché “ero in preda al panico”.”Niente, Davide non ha fatto niente. Ma che ha fatto che l’hanno ucciso? Voglio giustizia”, prosegue la donna. E racconta: “Era a casa, ha preso un giubbino e un cappellino e mi ha detto ‘vado a fare un giro e vengo’. Cinque minuti, e mi ha chiamato una ragazza e ha detto ‘signora scendete che i carabinieri hanno fermato Davide, servono i documenti”. “Era morto a terra – prosegue Flora Mussoforo – lo chiamavo e gli dicevo ‘alzati, andiamo’. E poi ho detto ‘che avete fatto’, ma nessuno mi rispondeva”. La madre di Davide si rivolge nuovamente al carabiniere: “Venga qui e uccida anche me”. Prova ancora a ricostruire quanto accaduto ieri sera, quando Davide le ha chiesto un cappellino perché “voleva fare ancora un giro in motorino, ma aveva freddo”. Più tardi “sono venuti a chiamarmi – spiega – sono arrivata sul posto e ho visto mio figlio a terra, ho cercato di scuoterlo ma era morto”. (VIDEO – LA MADRE IN LACRIME)

IL FRATELLO – “E’ stato un omicidio, non s’inventino scuse. E’ stato un omicidio”, dice, anche lui tra le lacrime nel rione Traiano, il fratello di Davide, Tommaso Bifolco. “Non è caduto durante l’inseguimento – aggiunge – è stato speronato e ucciso”.

GLI AMICI – Enrico ha ancora lo sguardo spaventato. Ripete, quasi a memoria, quel che ha vissuto stanotte. Era a bordo di uno scooter insieme ad un amico, accanto a Davide. “Stavamo percorrendo un viale quando ad un certo punto una macchina dei carabinieri è andata contro lo scooter di Davide. E’ iniziato l’inseguimento, è stata puntata la pistola e Davide è stato ucciso – dice ancora – l’hanno ammanettato come il peggior dei criminali, nonostante fosse già stato colpito”. “Davide era un bravissimo ragazzo – aggiunge Enrico – per me era un fratello. Giocavamo a calcio, scherzavamo tra di noi. Non eravamo delinquenti, stavamo soltanto facendo un ultimo giro prima di tornare a casa”.

“Lo hanno investito, gli hanno sparato e lo hanno ammanettato. Lo hanno ucciso tre volte“. Sono le parole di un altro amico di Davide. “Si tratta di omicidio volontario – aggiunge un altro ragazzo ancora – è morto sul colpo ed è arrivato all’ospedale già morto”. Gli amici riuniti davanti alla casa del giovane, al Rione Traiano, chiedono “giustizia. Chi ha sparato deve pagare”. Un ragazzo che abita in una casa vicina a quella del 17enne ucciso sottolinea ai cronisti: “La camorra ci protegge, lo Stato ci uccide”. Poi si allontana velocemente. Rione Traiano è una delle zone di Napoli in cui è forte la presenza della criminalità, organizzata e non.

Totò Riina shock: “Ogni sei mesi Berlusconi ci pagava 250 milioni di lire”

Totò Riina shock: “Ogni sei mesi Berlusconi ci pagava 250 milioni di lire”

Kikapress

Scritto da Yahoo! Notizie | Kikapress – 19 ore fa

Il boss di Cosa Nostra Totò RiinaIl boss di Cosa Nostra Totò Riina(KIKA) – Sono rivelazioni a dir poco inquietanti quelle che l’ex capo di Cosa Nostra Totò Riina pronuncia tra le mura del carcere milanese di Opera. Per la prima volta, il boss mafioso rivela come andarono le cose in quel ‘patto di protezione’ che la Cassazione ha accertato definitivamente, ordinando l’arresto dell’ex senatore Marcello Dell’Utri.

Durante la consueta passeggiata pomeridiana, parlando con il compagno d’aria Alberto Lorusso, Riina confessa: “A noialtri ci dava 250 milioni di lire ogni sei mesi. A chi si riferisce? All’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che negli anni Settanta cercava ‘protezione’ proprio dalla mafia. Riina parla anche del boss Tanino Cinà, l’uomo che in quegli anni suggerì a Dell’Utri di inviare Vittorio Mangano come stalliere ad Arcore, proprio per esaudire i desideri dell’ex premier.

 

L'ex presidente del Consiglio Silvio BerlusconiL’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

Il boss dei boss è un fiume in piena: “Noi su Berlusconi abbiamo un diritto, sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo. Anche se poi precisa: “Non lo ammazziamo però, perché noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto”.

E non è finita qua, perché prima di fare rientro in cella, i due ne hanno anche per il ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Disgraziato”, dice Riina. “Il più cattivo ministro di sempre, si sta impegnando per i sequestri di bene”, gli fa eco Lorusso.

Malta, l’ultimo paradiso fiscale Ue rischia deriva.

Malta, l’ultimo paradiso fiscale Ue rischia deriva. E vende passaporti a ricchi russi

Le aliquote sulle società, ferme al 5% per i non residenti, continuano ad attirare capitali stranieri. Tanto che il sistema bancario dell’isola vale ormai otto volte il Pil. Il pericolo è quello di diventare la terra promessa per il riciclo di capitali di oscura origine. Sempre più tesi i rapporti con Bruxelles

Malta

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Da destinazione prediletta per vacanze studio estive a terra promessa dell’offshore made in Ue. È il destino dell’isola di Malta, fino a pochi anni fa nota soltanto come meta turistica, vero e proprio Eldorado per chi volesse imparare l’inglese godendosi il mare. Dal 2004, però, il volto di Malta sta velocemente cambiando: una vera e propria trasformazione capillare dell’economia che dopo il crack di Cipro ha reso l’isola l’ultimo paradiso fiscale all’interno dell’Unione Europea. “Chi è venuto ad aprire un’attività qui dieci anni fa ha fatto i soldi”, spiega Marcello, uno dei tanti siciliani che in due ore di catamarano da Pozzallo ha raggiunto l’isola per mettere radici. “Qui gira tutto intorno al turismo e al gioco d’azzardo on line”. Sull’onda di una presenza turistica che ormai sfiora i due milioni di visite l’anno, infatti, i maltesi hanno provato ad aprire la loro economia: al mare di Paradise bay e di Comino, alle case museo di Mdina, ai locali notturni di Saint Julian e Sliema, il piccolo isolotto in mezzo al Mediterraneo ha ormai affiancato decine di sportelli bancari. Che dal 2004, anno dell’entrata nell’Unione Europea, hanno visto l’arrivo di massa degli investitori stranieri. Merito delle imposte, tra le più esigue dell’Ue al pari soltanto del Lussemburgo: le aliquote sulle società sono al 35%, e si riducono appena al 5% per i non residenti, mentre non esistono tasse di successione o patrimoniale.

Il sistema bancario vale 8 volte il Pil – “Qui apri la tua attività in un giorno, puoi iniziare a lavorare in attesa di tutte le autorizzazioni e paghi il 18% secco di tasse se sei residente: nessun imposta per la musica dal vivo, somministrazioni o altro”, racconta Valerio che gestisce un bistrot a La Valletta, la capitale. Sull’onda della sempre florida azienda dei casinò (a Malta hanno sede legale molte società di gioco d’azzardo on line) ecco quindi che il sistema bancario maltese si è gonfiato in pochi anni fino a diventare otto volte più grande del Pil, che nel 2013 non raggiungeva gli 8 miliardi di dollari. Una cifra enorme che un anno fa aveva catalizzato l’attenzione del francese Le Monde. “Malta è il prossimo detonatore di una crisi Europea?” si chiedeva il quotidiano d’oltralpe. “Ha delle somiglianze inquietanti con Cipro”, continuava il giornale riportando l’analisi dell’economista Alan Lemangnen. Come dire che la prima banca che salta sull’isola trascina nel baratro le altre. E toccherebbe poi all’Ue provare a salvare l’enorme sistema bancario locale.

L’aliquota al 5% che attira i non residenti – “Paragonare Malta a Cipro è un inutile allarmismo: le nostre banche hanno una minore attività internazionale”, replicava il governatore della Banca Centrale maltese Joseph Bonnici. E anche negli ultimi dodici mesi gli investimenti stranieri in terra maltese non si sono fermati, soprattutto da parte dei non residenti, affascinati da quell’aliquota ferma al 5%. Anche in quel campo però potrebbero presto arrivare novità. “Dal mio punto di vista sconsiglio gli strumenti societari che non corrispondano ad una reale operatività della struttura: i paesi d’origine si stanno muovendo a livello europeo”, dice a ilfattoquotidiano.it il tributarista Nicola Galleani. I capitali esteri in terra maltese però continuano ad arrivare. E per cercare di aprire l’economia agli investitori stranieri il governo locale ha nei mesi scorsi cercato d’incidere anche sul tema dei diritti civili: nell’aprile scorso è stata approvata una legge che autorizza le unioni tra persone dello stesso sesso e riconosce le adozioni per le coppie omosessuali. Una misura che ha scatenato un aspro dibattito in Parlamento, dato che Malta è un paese profondamente cattolico dove ancora oggi è illegale qualsiasi forma di aborto: un caso unico all’interno dell’Ue.

Passaporti in vendita per i ricchi – Ma al di là delle incongruenze su questi temi e dello spauracchio di finire come Cipro, il vero pericolo per le finanze maltesi è un altro: diventare la terra promessa per il riciclo di capitali di oscura origine, provenienti soprattutto dalla Russia. Un rischio a cui l’isola al centro del Mediterraneo presta il fianco: risale al febbraio scorso, infatti, la trovata del Governo maltese di mettere in vendita 1.800 passaporti al prezzo di 650mila euro. Un’idea che ha sollevato i malumori ai piani alti di Bruxelles, dato che Malta avrebbe fatto cassa vendendo passaporti europei (con tutti i privilegi annessi) a facoltosi quanto sconosciuti personaggi esteri, attirati dalla favorevole condizione fiscale di un’isola all’interno dell’Unione Europea. Unico requisito per potere acquistare la cittadinanza, l’investimento di 500mila euro in bond maltesi e immobili sull’isola: come dire che per diventare europei basta essere ricchi.

E gli immigrati vanno in prigione (con i fondi Ue) – Un particolare che ha ulteriormente infiammato i rapporti tra La Valletta e Bruxelles, dato che in passato sono stati molteplici le bacchettate che l’Ue ha riservato a Malta, per la questione dei respingimenti in mare delle imbarcazioni di migranti provenienti dall’Africa. E mentre da una parte il governo maltese si appresta a vendere passaporti a peso d’oro, dall’altra costruisce nuovi penitenziari con i fondi arrivati dall’Unione Europea per l’accoglienza dei migranti. Sull’isola infatti il reato d’immigrazione clandestina è punito con un anno di detenzione.

Prima adozione figlio conviventi omosex

Adozioni: la prima volta di una coppia omosessuale

È stata riconosciuta dai Tribunale dei Minorenni di Roma l’adozione, da parte di una coppia di donne omosessuali (libere professioniste), di una bambina, figlia biologica di una di loro. “Le due mamme – ha spiegato Maria Antonia Pili, presidente AIAF del Friuli – hanno dapprima intrapreso e poi portato a termine un percorso di procreazione eterologa all’estero e, dopo la nascita della piccola, hanno stabilmente proseguito nel progetto di maternità condividendo con ottimi risultati i compiti educativi ed assistenzialì’.
Il ricorso – Secondo la presidente dell’AIAF hanno pure offerto alla bambina “una solida base affettiva”. Un’adozione come questa rappresenta il primo caso del genere in Italia. Come ha informato ancora l’avocato Pili, la coppia si era rivolta al Tribunale per il riconoscimento ed il ricorso è stato accolto sulla base dell’articolo 44 della Legge relativa all’adozione, la n. 184 del 4 maggio 1983, modificata nel 2001 dalla Legge 149.
Nell’interesse del minore – L’adozione, in casi particolari, è contemplata “nel superiore e preminente interesse del minore – come sottolinea la presidente AIAF – a mantenere anche formalmente con l’adulto, in questo caso genitore ‘sociale’, quel rapporto affettivo e di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo”. E questo a maggior ragione se nell’ambito di un nucleo familiare ed indipendentemente dall’orientamento sessuale dei genitori.
Nessuna discriminazione tra coppie conviventi – “La norma in questione, infatti, non contiene alcuna discriminazione tra coppie conviventi, siano essi eterosessuali o omosessualì”. Per Pili non si è trattato di concedere un diritto ex novo, ma della garanzia della copertura giuridica ad una situazione di fatto già consolidata.

Terrorismo: le ragioni del nemico

Terrorismo: le ragioni del nemico

Terrorismo: le ragioni del nemico

Non condivido i commenti critici, in genere ipocriti e tendenziosi, alle recenti dichiarazioni del deputato M5S Di Battista a proposito del terrorismo. Infatti, Di Battista ha sostenuto che c’è un legame fra ingiustizia sociale e terrorismo e che il terrorismo dei gruppi fondamentalisti costituisce la risposta a un altro terrorismo precedente, quello delle Potenze occidentali che si concretizza nei bombardamenti indiscriminati, nelle torture, ecc. Inoltre ha sostenuto la necessità del dialogo, che costituisce comunque a mio avviso un elemento fondamentale in ogni situazione.

Direi di più. Allargherei cioè il discorso al fatto che il terrorismo è un prodotto inevitabile di questo sistema mondiale oppressivo basato sul dominio di una minoranza sempre più piccola di sfruttatori su una maggioranza sempre più ampia di sfruttati. Bisogna peraltro intendersi preliminarmente sul significato del termine “terrorismo”. A suo tempo ho proposto una definizione basata sull’identificazione della natura e degli effetti delle azioni violente intraprese. Sono di naturaterroristica tutti gli attacchi violenti volti a colpire in modo indiscriminato la popolazione civile, a terrorizzarla per ottenere risultati utili dal punto di vista politico.

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Applicando tale criterio, l’unico giuridicamente possibile e proficuo, avremo certamente delle sorprese, specie dal punto di vista dell’ortodossia della cosiddetta ragione dominante. Vanno infatti qualificati di natura terroristica gli attacchi compiuti da Israelecontro la popolazione di Gaza che hanno fatto oltre duemila vittime in poche settimane, come pure i bombardamenti effettuati impiegando fosforo bianco e altre armi ad effetti incontrollabili da parte delle forze statunitense a Falluja e in altre località dell’Iraq a suo tempo occupato. Come pure gli attentati costantemente organizzati a Cuba da parte dei gruppi anticastristi di Miami, organizzati, finanziati ed addestrati da parte della Cia.

Certamente anche la risposta che ne è derivata può essere qualificata in taluni casi come di natura terroristica. Così per i lanci dei pur inefficaci razzi da parte di Hamas che per loro stessa natura non risultano indirizzabili su di uno specifico obiettivo in ipotesi legittimo, o le attuali imprese militaridi raggruppamenti come l’Isis caratterizzati, per di più da un’ideologia discriminatoria e fondamentalista che peraltro costituisce a sua volta la risposta a secoli di oppressione coloniale e di tentativi di rapinare le risorse naturali e di imporre sistemi estranei, da parte dell’Occidente e, per una fase, anche da quella dell’Unione sovietica.

Così non è stato invece per quanto riguarda un soggetto maturo e politicamente responsabile come ilgoverno cubano che, pur di fronte a un attacco pluridecennale sanguinoso che ha fatto fra le file del popolo migliaia di morti, ha risposto in modo pacifico e intelligente infiltrando tra le file dei terroristi di Miami gli agenti che hanno sventato ulteriori attacchi e sono stati per questo motivo incarcerati dalle autorità di Washington. Tre di essi, Gerardo Hernandez, Antonio Guerrero e Ramon Labanino, sono tuttora in carcere a quasi sedici anni dal loro arresto mentre invece meriterebbero, insieme agli altri due già scarcerati, René Gonzalez e Fernando Gonzalez, il premio Nobel per la pace.

Di fronte all’attentato alle Torri gemelle il governo degli Stati Uniti ha scelto invece un approccio del tutto opposto, lanciando, con grande giubilo del complesso militare-industriale,  la cosiddetta “guerra al terrorismo” che, quindici anni dopo, si rivela essere stata, come appare con palmare evidenza ovunque, dal Medio Oriente, all’Africa ad altre zone del pianeta, l’occasione per il rilancio di una minaccia terroristica oggi più che mai pericolosa e vitale.

“Comprendere le ragioni del nemico” costituisce d’altronde, fuori da ogni logica isterica e strumentale, un passaggio indispensabile per sconfiggerlo ovvero per concludere una pace dignitosa che ponga fine alle inutili sofferenze delle popolazioni civili.

Ciò è tanto più vero perché le radici stesse del fenomeno sono ben interne all’attuale sistema di dominazione mondiale. Bisogna partire quindi dalla necessità urgente di trasformare tale sistema, il che comporta un’inevitabile rivoluzione in Occidente. E distinguere accuratamente tra i vari tipi di terrorismo, senza dimenticare quelli di Stato, che per molti versi sono i peggiori,  e condannando ovviamente senza appello quelli di gruppi settari e reazionari come l’Isis, contro i quali va organizzata l’autodifesa delle popolazioni colpite.

In sintesi conclusiva, l’unica risposta vincente al terrorismo è la democrazia organizzata del popolo, che si munisce di tutti gli strumenti necessari a difendersi ed eliminare le oscure manovre dei gruppi di potere, comunque travestiti e denominati.

Ferrara, il direttore dell’acquedotto guadagna più del presidente Napolitano

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Ferrara, il direttore dell’acquedotto guadagna più del presidente Napolitano

Silvio Stricchi, ingegnere senese, con i suoi 243.600 euro supera il famoso tetto per i dipendenti pubblici dei 240mila euro, lasciandosi alle spalle indennità altisonanti. Come, appunto, quella del Capo dello Stato che guadagna 239.181 euro lordi all’anno

Ferrara, il direttore dell’acquedotto guadagna più del presidente Napolitano

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Prende come e più di un presidente. Anzi, del Presidente. In tempi di polemiche sui tetti agli stipendi dei manager pubblici, in provincia di Ferrara si segnala il caso del direttore dell’Acquedotto del Delta. Silvio Stricchi, ingegnere senese di 58 anni trapiantato da giovane nella città estense, guadagna 243.600 euro e supera il famoso tetto per i dipendenti pubblici di 240mila, lasciandosi alle spalle indennità altisonanti. Come, appunto, quella del Presidente della Repubblica. Che guadagna 239.181 euro lordi all’anno. Non arriverà certo agli oltre 2,2 milioni di Massimo Sarmi(ad e dg di Poste Italiane), ma tra gli incarichi apicali di aziende a partecipazione pubblica non quotate Stricchi può dire la sua.

Il manager è direttore generale del Cadf, al secolo il Consorzio Acque Delta Ferrarese (Cadf), “L’Acquedotto del Delta”, con sede a Codigoro, che gestisce il servizio idrico integrato per 15 comuni del Ferrarese. Il consorzio è formato da Berra, Codigoro, Copparo, Fiscaglia, Formignana, Goro, Jolanda di Savoia, Lagosanto, Mesola, Ostellato, Ro e Tresigallo. Tutti comuni a guida centrosinistra cui si aggiunge l’ara avis di Comacchio, amministrazione condotta da una giunta Cinque Stelle.

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A condurre dal 15 ottobre 1997 ad oggi il Cadf è questo ingegnere plurititolato, con un passato costellato di vari incarichi in aziende pubbliche e non. Scorrendo il suo cursus honorum si leggono voci come ingegnere capo del Comune di Argenta, capo servizio viabilità e traffico del Comune di Ferrara, consulente tecnico e gestionale di Ferrara Tua (azienda comunale che gestisce la sosta nel capoluogo estense), direttore generale di Delta Reti S.p.A, coordinatore con funzioni tecniche e gestionali della società Delta Web S.p.A.. Aziende pubbliche anche queste ultime due. Fino allo scorso mese è stato anche consigliere di amministrazione di Area, azienda partecipata di Copparo che gestisce i rifiuti in una dozzina di comuni. Qui ha percepito nell’ultimo anno 21.394,8 euro.

A quest’obolo Stricchi può sommare i guadagni che riceve dal Cadf: 198.600 euro come dirigente (assunto a tempo indeterminato), cui vanno aggiunti 45.000 come direttore generale. Per un totale di 243.600 euro (esclusi i 20mila di Area). Napolitano è già distaccato. Ma fino allo scorso novembre il manager poteva contare anche sull’incarico di direttore generale di Delta Reti (proprietaria delle reti idriche, avviata poi alla fusione con Cadf), con uno stipendio da 30mila euro. Poco male, visto che due mesi dopo, il 21 novembre 2013, il cda da lui presieduto ha deliberato un aggiornamento del compenso che copre la dolorosa perdita. Prima percepiva dal consorzio un più che appagante 183.631,6 come dirigente e 30.000 come dg. Ecco recuperati per intero, con un lieve arrotondamento per eccesso, i 30.000 di Delta Reti.

Assange: «Presto lascerò l’ambasciata dell’Ecuador»

Assange: «Presto lascerò l’ambasciata dell’Ecuador»

Londra, l’annuncio del fondatore di Wikileaks: «Vivo in un ambiente in cui chiunque avrebbe difficoltà»

 

Lascerò l’ambasciata “presto”. Lo ha detto Julian Assange durante la conferenza stampa presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra dove il fondatore di Wikileaks vive da oltre due anni. Assange non ha tuttavia fornito ulteriori dettagli. «Contro di me – ha detto – c’è un’aggressiva indagine da parte degli Stati Uniti». E ancora: «Sono stato incolpato per un delitto che non ho commesso». Guarda il servizio

Problemi di salute
A proposito di presunti problemi di salute, Assange ha spiegato di vivere in «un ambiente in cui qualsiasi persona di buona salute avrebbe prima o poi delle difficoltà». Di «essere detenuto in questo Paese senza incriminazione per quattro anni e in ambasciata per due anni senza aree esterne». Assange: «Incolpato per un delitto non commesso»

Accuse ai media
Dal numero uno di Wikileaks anche un’accusa ai media: «Spesso viene detto falsamente che io ero stato accusato in Svezia da una donna di un grave crimine, questo è falso. Nessuna donna mi ha denunciato, anzi questa donna ha smentito qualsiasi rapporto con me. Si sono fatte speculazioni – ha aggiunto – su tutta una serie di comportamenti da parte mia che non sono mai stati posti in essere. Io non sono mai stato incriminato per tali reati in Svezia».

PERCHÈ È PECCATO MANGIARE GAMBERI ANCHE DI VENERDÌ

PERCHÈ È PECCATO MANGIARE GAMBERI ANCHE DI VENERDÌ

 

di Sonia Savioli

 

“L’uomo non ha tessuto la trama della vita, in essa egli non è che un filo” disse più di un secolo fa il rappresentante di uno di quei popoli “sottosviluppati” e primitivi che la società  di guerra e progresso ha sterminato, convertito, corrotto e perseguitato in tutta la sua storia: perché erano la testimonianza inoppugnabile di una diversa possibilità di vita e, di conseguenza, la testimonianza dei suoi errori e della sua follia. Questo filo che è l’uomo si è strappato volontariamente dalla trama della vita e ormai, ad ogni suo movimento contribuisce a distruggerla, a renderla sempre più fragile: una rete piena di buchi che non può che cedere e deteriorarsi alla minima pressione.

“Tutto quello che fa alla trama, lo fa a sé stesso”.

Magari non sarà il proverbiale, e un po’ fiabesco, battito d’ali della farfalla a un capo del mondo che provoca un terremoto all’altro capo, ma non c’è niente di fiabesco nel nostro risotto ai gamberetti che ha provocato, per esempio, una buona parte di quei 150.000 e più morti uccisi dallo tsunami del 2004.

Il filo penzolante non vede più i nessi, i legami, le conseguenze dei propri atti. Non vede più la trama della vita.

Quarant’anni fa gamberi e gamberetti erano un cibo di lusso. Costavano molto, non erano sempre a disposizione.

Al massimo, quando andavi al ristorante e ordinavi un fritto misto, nei ristoranti più generosi ti ritrovavi tre o quattro gamberi nel “misto”, e te li dovevi sgusciare.

Adesso gamberi e gamberetti arrivano dagli allevamenti intensivi dei Paesi schiavi del capitalismo occidentale (leggi l’articolo “Gli schiavi dietro i gamberi dell’Asia”). Li ritrovi dappertutto, al supermercato, al ristorante, dagli amici a cena, nei piatti pronti da mesi e rivitalizzati dal microonde del  bar sotto l’ufficio, persino in qualche mensa.

Perché costano quattro palanche e sono anche già sgusciati.

Quando qualcosa costa troppo poco, dovremmo diffidare, almeno domandarci come mai. E dovremmo essere in grado di capire quando una cosa costa troppo poco.

Ai tempi in cui eravamo tutti poveri e io ero bambina, mia madre, che era capace di fare una trattativa di mezz’ora per l’acquisto di un metro di stoffa, non si lasciava tentare a occhi chiusi dall’offerta del negoziante che, vista la sua propensione al risparmio, cercava di rifilarle quella più a buon mercato: pensava che fosse scadente, che si trattasse, insomma, di una fregatura.

Oggi pure, quando una cosa costa troppo poco, c’è dietro la fregatura, solo che non è più ai nostri danni. Chi rimane fregato non è il cliente del mondo ricco, che spende poco e che proprio per questo è ricco; sono quelli dall’altra parte: quelli che vivono o vivevano o lavorano dove la merce a buon mercato si produce.

Nel solo Bangladesh circa 200.000 ettari di foreste di mangrovie e di terre fertili sono state distrutte per far posto agli allevamenti di gamberi dei nostri supermercati. Cocktail di gamberetti! Quante ricette “a buon mercato”! A buon mercato per noi consumatori occidentali ma ad un prezzo altissimo per i contadini del Bangladesh e non solo: la stessa situazione la troviamo sulle coste di mezza Asia e dell’America Latina.

Oltre alle foreste di mangrovie, scrigni di biodiversità, di ossigeno per il pianeta, di protezione delle coste dall’erosione e dalle tempeste e dai maremoti, gli allevamenti di gamberi hanno distrutto i terreni di migliaia di villaggi contadini. Gente che viveva liberamente e decorosamente dei frutti della terra, conservando antiche tradizioni e saperi, senza distruggere, senza inquinare: senza sfruttare né gli uomini né la natura ma in armonia con essa. Gente “arretrata” che ha dovuto soccombere al progresso.

Il progresso sono centinaia di migliaia di ettari di enormi vasche piene di acqua putrida, disinfettanti e antibiotici, in cui i disgraziati gamberi si trasformano da uova o larve in adulti. Non ci nascono, i gamberi, in quelle vasche; la riproduzione è impossibile in tali condizioni, ragion per cui vengono pescate in mare le femmine gravide o le larve, e poi buttate là dentro: nell’inferno dei gamberi innocenti, che produce altro inferno per altri innocenti. Quelle distese di acqua inquinata, realizzate dove prima c’erano i mangrovieti, avvelenano la terra circostante e il mare. Niente più agricoltura, niente più pesca locale. Così si incentivano e alimentano le bidonvilles del terzo mondo e la distruzione, oltre che del pianeta in cui viviamo, della società umana.

Per un piatto di gamberetti? Eh, sì! Per i nostri consumi quotidiani, apparentemente così innocenti, di fatto così ignoranti e incoscienti.

Quanto agli allevamenti, durano al massimo nove anni, poi l’ambiente è così inquinato da rendere impossibile anche la mera sopravvivenza di qualsiasi organismo in quelle vasche-cloache, che vengono abbandonate: l’allevamento si trasforma infine in ettari ed ettari di rifiuti tossici.

Quando nel 2004 lo tsunami uccise più di 150.000 persone in Asia, si poté verificare senza ombra di dubbio che le foreste costiere avevano protetto le coste: dove le foreste, prima dello tsunami, erano ancora intatte, le distruzioni e le vittime furono estremamente contenute.

Ovviamente le foreste non sono state distrutte solo per i nostri gamberetti, anche per i “nostri” villaggi turistici, ecc. E poi perché le città asiatiche si allargano, riempite da tutti quei contadini cacciati dalle loro terre per far posto ai nostri consumi, e diventati servi e schiavi delle “nostre” industrie.

Così va il mondo all’apice della società di guerra e progresso, cioè la globalizzazione industrial-consumistica. I “battiti d’ali” dell’Occidente, o più prosaicamente i carrelli della spesa dell’Occidente provocano catastrofi peggiori del terremoto in Asia, Africa, America Latina.

E non è finita qua. Cosa mangiano i gamberi-ergastolani nelle loro vasche di punizione? Di tutto, ma soprattutto altri pesci ridotti in poltiglia.

Ci sono ormai intere flottiglie di pescherecci che razziano tutto ciò che vive anche all’interno delle barriere coralline: quegli splendidi pesci colorati che vediamo nei documentari e che suscitano stupore, ammirazione, gratitudine verso una natura così ricca e colma di bellezza, quei pesci in molti casi preservati dalla distruzione perché “privi di valore alimentare” per gli umani, vengono adesso pescati a tonnellate senza alcun criterio, pressati da grandi benne come si fa con l’immondizia, ridotti in poltiglia e poi in farina per nutrire gli “economici” gamberetti.

Così economici che mezzo chilo di tali gamberi, quando arrivano sul banco del supermercato, ha prodotto, tra l’altro, una tonnellata di anidride carbonica.

E da chi viene finanziata tutta questa criminale distruzione? Per esempio da USAID, sigla che, tradotta in italiano, sta per Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale. Questa agenzia governativa USA dice nella presentazione di se stessa (dopo qualche riga di blabla sui suoi buoni intenti) la verità: il suo proposito è aumentare la sicurezza e la prosperità degli Stati Uniti.

Si tratta infatti di una di quelle agenzie di sviluppo che aiutano il Terzo Mondo a diventare terra di rapina delle multinazionali. E infatti la famigerata USAID si occupa sempre di progetti finalizzati a sviluppare l’agricoltura e l’allevamento intensivi (oltre che geneticamente modificati) nei Paesi in cui ancora non c’erano.

Non dimentichiamoci poi la FAO, che fin dagli anni ’70 promuoveva con tutte le sue forze questo tipo di allevamento. Sempre per “sviluppare” i Paesi poveri, che allora erano meno poveri.

Comunque, a ben vedere, la fregatura nascosta dietro le merci troppo a buon mercato ce la prendiamo anche noi.

Oltre ad avvelenarci con prodotti che non dovrebbero nemmeno essere considerati commestibili, paghiamo tasse e balzelli per finanziare agenzie di sviluppo e istituzioni internazionali che sono solo la longa manu delle grandi imprese transnazionali.

Inoltre, tutta quella gente espropriata delle proprie terre, privata dei mezzi di sussistenza e a volte anche delle proprie case e radici, costretta ad adattarsi a qualsiasi lavoro e salario per sopravvivere, diventano i nostri concorrenti nel mercato globale del lavoro.

Così s’intrecciano tutti i fili della trama, e ciò che distruggiamo involontariamente coi nostri incoscienti consumi, ritorna a noi per distruggerci.

Padre Alex Zanotelli disse che si vota ogni volta che si va a fare la spesa. Dovremmo tenerlo sempre a mente. Ma forse potremmo aggiungere qualcosa: nella guerra che le grandi imprese multinazionali stanno facendo al pianeta, i nostri consumi possono essere le loro munizioni. Se consumiamo quello che ci propinano, partecipiamo attivamente alla guerra che sta distruggendo la trama della vita. E che ci sta distruggendo.

Ma se riuscissimo a scorgerla, quella trama, a vivere responsabilmente, a non sprecare, a soppesare ogni nostro atto, scelta e consumo, forse la guerra sarebbe presto finita.

E i gamberi potrebbero tornare a camminare sul fondo del mare, le foreste di mangrovie a crescere, i contadini del Bangladesh o del Sud-Est asiatico a coltivare i loro campi e a festeggiare i riti della terra.