Parlamentari pagati dalle lobbies? La denuncia delle ‘Iene’ scuote il Palazzo

Parlamentari pagati dalle lobbies? La denuncia delle ‘Iene’ scuote il Palazzo

 

 

Parlamentari al soldo delle multinazionali del tabacco e delle slot machine? La denuncia contenuta in un serviio delle ‘Iene’ (in onda stasera ma anticipata) scuote il Palazzo e il presidente del Senato Pietro Grasso, dopo aver invitato l’anonimo portaborse a denunciare i fatti a sua conoscenza in procura, assicura che farà tutto il possibile per facilitare eventuali indagini su fatti che, se accertati, sarebbero “gravissimi”. “Chi sa qualcosa sui parlamentari pagati farebbe bene a denunciare questi comportamenti gravissimi. Io – ha aggiunto Grasso, ex-procuratore Antimafia – mi adopererò per fornire agli inquirenti nel più breve tempo tutte le informazioni che riterranno utili alle indagini. Per quanto mi riguarda ho dimostrato di considerare la lotta alla corruzione un’assoluta emergenza depositando, il mio primo giorno da senatore, un ddl con Disposizioni in materia di corruzione, voto scambio, falso in bilancio e riciclaggio , che martedì sarà preso in esame dalla Commissione Giustizia del Senato”. Nel servizio delle Iene l’anonimo assistente parlamentare di un senatore parla di “senatori e onorevoli a libro paga di alcune multinazionali, le cosiddette lobbies. Ci sono le multinazionali che ogni mese per mezzo di un loro rappresentante fanno il giro dei palazzi, sia al Senato che Camera: incontrano noi assistenti e ci consegnano dei soldi da dare ai rispettivi senatori e onorevoli per far  sì che quando ci sono degli emendamenti da votare, i senatori e gli onorevoli li votino a favore della categoria che paga”. Secndo l’anonimo ortaborse si tratterebbe di operazioni che prevedono anche tariffario: “Per quel che mi riguarda, conosco due multinazionali, una del settore dei tabacchi e un’altra nel settore dei video giochi e delle slot machine ed entrambe elargiscono una 1.000 euro e un’altra 2.000 euro ogni mese. Una tariffa che cambia a seconda dell’importanza del senatore e quindi, se è il parlamentare è molto influente sale fino a 5.000 euro”. Sempre nel servizio delle ‘Iene, l’anonimo parla delle sale Bingo, per le quali si sarebbero formati due gruppi “partecipati sia da uomini del centro sinistra che da uomini del centro destra. I due gruppi fanno capo ad ex ministri del centro sinistra”.

Debiti di Stato, decreto approvato: 40 miliardi alle imprese in 12 mesi

Debiti di Stato, decreto approvato: 40 miliardi
alle imprese in 12 mesi
Già da lunedì i pagamenti

La scheda: ecco come funzionano i pagamenti. Squinzi: “Intervento necessario, aziende disperate”

Dopo quattro ore filate di riunione, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto per lo sblocco dei pagamenti della Pubblica Amministrazione. L’Abi: “Provvedimento nella giusta direzione”. Delrio (Anci): “Una vittoria dei sindaci, dell’Italia che produce”. Squinzi: “Il tempo è scaduto, vogliamo un governo che affronti i problemi dell’economia reale”

 
Lavoro alla Franco Tosi (Studiosally)

Lavoro alla Franco Tosi (Studiosally)

Roma, 6 aprile 2013 – Dopo quattro ore filate di riunione, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto per lo sblocco dei pagamenti della Pubblica Amministrazione.

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“40 miliardi (20 nel 2013 e 120 nel 2014) erogati nei prossimi 12 mesi alle imprese con un meccanismo chiaro, semplice e veloce” e “rispettando la soglia del debito del 3%”. E’ il ‘cuore’ del provvedimento secondo quanto ha spiegato il premiern Mario Monti. Dal canto suo il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli ha sottolineato che il decreto per i pagamenti della Pa prevede che sia ”ripartita la possibilita”’ per le amministrazioni ”di chiedere prestiti allo Stato, prestiti trentennali sul tasso medio del Btp quinquennale”. Lo ha detto il ministro Grilli che ha aggiunto: ‘Di questi 40 miliardi, per 14 miliardi le amministrazioni avranno gia’ la capacita’ propria di provvedere alla spesa, per gli altri 26 lo Stato ripartisce non soltanto gli spazi di liquidita’ esistenti, ma anche le linee di credito” per il periodo fra il 2013-14.

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Quanto ai termini, ”le amministrazioni potranno cominciare a pagare i debiti subito dopo la pubblicazione del decreto, che immagino sara’ lunedì”. Grilli ha spiegato che entro il 30 aprile saranno resi noti ”gli spazi finanziari” e entro il 15 maggio la ripartizione delle risorse rispetto alle richieste”.

Le verifiche per gli ulteriori pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione dovranno essere fatti entro il prossimo 15 settembre. Lo ha reso noto Grilli, durante la conferenza stampa di presentazione del decreto sui debiti della P.a, varato oggi dal Consiglio dei ministri. La fase tre del percorso per il pagamento dei debiti della P.a implichera’ “la verifica verifica dei crediti al 31-12-2012 su due linee”, ha aggiunto Grilli spiegando che “agli enti sara’ chiesto di inserire entro il 25 di settembre nella piattaforma erlettronica per la certificazione quelli che loro ritengono siano debiti certi entro”, la stessa verifica sui debiti ceduti sara’ richiesta “agli intermediari bancari e all’Abi abbiamo chiesto di fare da coordinatore”. “Questo consentira’ al prossimo Governo – ha concluso il ministro – di programmare con legge di stabilita’ ulteriori tranche di pagamento, di cassa e in forma di titoli di stato per pagare debiti in ecceso rispetto ai 40 miliardi”.

Grilli ha anche informato che “sono previste forti penali personali per chi non certifichera’ i propri debiti” e che ”sono stati allocati ai Comuni 5 miliardi di euro, a cui si aggiungono altri 1,4 miliardi che saranno assegnati alle Regioni, le quali poi li trasferiranno a loro volta ai Comuni”: Dalla pubblicazione nella gazzetta ufficiale del decreto ”il governo garantisce il pagamento di debiti per una cifra non superiore ai 2,3 miliardi”: lo ha precisato Grilli, sottolineando che per questa cifra ”non sara’ necessario aspettare il riparto”

 IL PREMIER MONTI – Il decreto che sblocca i pagamenti della Pubblica amministrazione “non è un’inversione di rotta” nella politica del governo, che non è “preso dal desiderio di elargire”, ma si tratta di una decisione resa possibile “dagli ingredienti che abbiamo messo dal maggio 2011 e che oggi ci permettono” di adottare questo decreto. Lo dice Mario Monti, in conferenza stampa a palazzo Chigi. ”A chi dice che il pagamento dei debiti si sarebbe potuto fare nell’autunno scorso, rispondo che non era possibile. Infatti in quel momento non era ancora stato modificato a livello Ue il nuovo spazio di intervento e di equilibrio del bilancio italiano”.

Monti ha sottolineato che quella relativa ai ritardi della P.A. nei pagamenti “e’ una situazione inaccettabile, che e’ stata a lungo accettata”. Il presidente del Consiglio ha stigmatizzato che il tempo medio “per pagare beni e servizi si aggira sui 180 giorni”, un ritardo che “colloca l’Italia in posizioni simili, anzi peggiori, a quelle di Portogallo, Spagna e Grecia e decisamente peggiori del Regno Unito con i suoi 43 giorni, della Finlandia con 24, della Germania con 36 giorni”.

GRILLI  – “Abbiamo fatto un percorso indispensabile tra le due esigenze di aiutare concretamente l’economia a riprendersi, con il rafforzamento del ciclo economico, e di diisciplinare i conti. Un percorso stretto ma ma percorribile, con rigore e velocità”, ha dichiarato il ministro dell’economia, Vittorio Grilli, durante la conferenza stampa di presentazione4 del decreto per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, approvato dal Consiglio dei ministri di oggi.

PASSERA – “Il decreto che oggi abbiamo deliberato segna la strada per risolvere definitivamente” il problema dei debiti della Pubblica amministrazione. Così il ministro dello Sviluppo Corrado Passera termine del Consiglio dei ministri che ha approvato il decreto legge in materia di pagamenti da parte della Pubblica amministrazione.

LE REAZIONI – Bene la tempistica del decreto ma per una valutazione globale bisognera’ attenderne la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Lo ha dichiarato il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, commentando il dl sui debiti della p.a. Patuelli ha spiegato che “il Consiglio dei Ministri ha riconosciuto, come avevamo sollecitato, l’estrema importanza, necessita’ ed urgenza del pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione verso le imprese come premessa della ripresa economica e occupazionale”. “Il decreto legge va in questa direzione: per la sua complessita” giuridica, dovuta a diverse esigenze – ha concluso il Presidente Patuelli – una valutazione globale della nuova normativa potra” essere espressa quando il
decreto sara’ pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale”.

Ovvia la soddisfazione di Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci. ‘Ringraziamo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per l’appoggio costante ad una richiesta che i sindaci portavano avanti da mesi e ringraziamo i presidenti delle Camere Laura Boldrini e Piero Grasso e il Parlamento stesso che, in questa delicata fase, hanno assunto la nostra richiesta e permesso un’approvazione urgente da mettere immediatamente in atto i provvedimenti. La giornata di oggi segna una vittoria dell’Italia dei sindaci, dell’Italia che produce, che si impegna e che soffre di non poter dare dignita’ al lavoro”. Per quanto riguarda le risorse dei Comuni che verranno messe a disposizione, sottolinea il Sindaco di Reggio Emilia, si tratta di risorse gia’ a disposizione, “accantonate e bloccate in questi anni, e non Titoli di Stato”.

Il testo dei pagamenti della P.a. contiene ”modifiche sostanziali. Non abbiamo il testo definitivo. Non abbiamo un giudizio compiuto ma in base alle prime informazioni ci sono stati certamente miglioramenti”. Lo ha detto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ospite de L’Intervista di Maria Latella su Sky TG24. Squinzi ha ribadito che un intervento ”immediato” sui debiti della p.a. ”e’ necessario, perche’ le imprese sono disperate e la situazione e’ tale che la cronaca ne da’ tragiche conferme”. E ha sottolineato: ”Bisogna mettere i problemi dell’economia reale al centro vita del Paese”. Aggiungendo che non si possono perdere ancora mesi. Con un chiaro riferimento alla situazione di stallo della politica italiana. E sulle prossime votazioni per il Quirinale, Squinzi commenta: chi succedera’ a Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica dovra’ “essere in grado di assicurare al Paese la stessa guida ferma e sicura”.

E accennando ai drammatici suicidi di Civitanova, Squinzi ha ricordato che ”Cc sono stati ad oggi 62 casi di suicidi di imprenditori, con una situazione largamente diffusa sul territorio”.

LE SCHEDA

Questi i principali punti del decreto. 

40 MILIARDI ALLE IMPRESE IN 12 MESI. Di uno stock di debito complessivo stimato da Bankitalia in circa 90 miliardi di euro (includendo anche i debiti non scaduti), vengono sbloccati da subito 40 miliardi di debiti commerciali della pubblica amministrazione nei confronti di imprese, cooperative e professionisti. I pagamenti avverranno nel corso dei prossimi 12 mesi. La programmazione del rimborso delle pendenze restanti sara’ contenuta nella prossima Legge di stabilita’.

– PAGAMENTI POSSIBILI GIA’ DA LUNEDI’. Le amministrazioni potranno avviare i pagamenti subito dopo la pubblicazione del dl, prevista lunedi’, e avranno la capacita’ propria di provvedere alla spesa per 14 miliardi dei 40 previsti. Per gli altri 26 miliardi lo stato ripartira’ non soltanto gli spazi di liquidita’ esistenti ma anche le linee di credito. Entro il 30 aprile tutte le amministrazione dovranno far pervenire l’elenco e la richiesta di spazio finanziario al governo, che entro il 15 di maggio provvedera’ alla ripartizione degli spazi e delle risorse finanziarie pervenute. Entro fine maggio le amministrazioni pubbliche dovranno comunicare ai propri fornitori il loro piano di pagamenti. Le verifiche per gli ulteriori pagamenti dovranno essere effettuate entro il prossimo 15 settembre.

– PRIORITA’ AD AZIENDE E FATTURE PIU’ VECCHIE. Il governo, ha spiegato il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, “ha chiesto alle amministrazioni di seguire un ordine di priorita’: prima le imprese e dopo le banche, e prima i crediti piu’ anziani. Si parte dalle fatture piu’ vecchie”.

– SOLO LE BANCHE PAGATE IN TITOLI DI STATO. Il pagamento in titoli di Stato sara’ limitato alle banche e non riguardera’ gli imprenditori.

– NESSUNO SFORAMENTO DEL PATTO DI STABILITA’. La mobilitazione di somme cosi’ elevate non portera’ l’Italia a sforare il Patto di stabilita’ Ue, che prevede un rapporto massimo tra deficit e Pil del 3%. Il dl prevede infatti misure precauzionali che consentiranno di non superare il limite del 2,9%. A settembre verra’ effettuato un monitoraggio mirato per verificare il rispetto dei parametri.

– ENTI LOCALI: UN FONDO E PIU’ FLESSIBILITA’. Nel 2013 i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di parte capitale (investimenti gia’ effettuati della p.a.) verranno esclusi dal Patto di stabilita’ interno per un importo di 5 miliardi di euro per gli enti locali, 1,4 miliardi per le regioni, mezzo miliardo per le amministrazioni centrali e 800 milioni per investimenti cofinanziati da fondi Ue. E’ inoltre prevista l’istituzione di un Fondo da 26 miliardi per il pagamento dei debiti esigibili dagli enti locali (2 miliardi nel 2013 e 2 nel 2014), dalle Regioni per debiti diversi da quelli sanitari (3 miliardi nel 2013 e 5 nel 2014) e dalle stesse Regioni per debiti sanitari 5 miliardi nel 2013 e 9 nel 2014). Le erogazioni per rimborsi di imposta salgono infine di 6,5 miliardi (5 miliardi nel 2013 e 4 nel 2014).

– CENSIMENTO DEI DEBITI, OBIETTIVO AZZERAMENTO. Il decreto obbliga tutte le amministrazioni a compiere un censimento completo di tutti i debiti commerciali scaduti o in scadenza ancora pendenti e a produrre un elenco completo dei debiti ancora da onorare. L’obiettivo finale dichiarato e’ l’azzeramento di tutti i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese.

Cipro, il Parlamento boccia il prelievo forzoso sui conti correnti. Trattative aperte con Mosca

Cipro, il Parlamento boccia il prelievo forzoso sui conti correnti. Trattative aperte con Mosca

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Le proteste a Cipro (Afp)Le proteste a Cipro (Afp)

Il Parlamento di Cipro ha bocciato il piano concordato con Ue e Fmi, che chiedeva un prelievo forzoso sui depositi bancari in cambio del salvataggio da 10 miliardi di euro: 36 i voti contrari, 19 le astensioni, nessun voto a favore. La notizia era nell’aria, dopo che il presidente dell’assemblea aveva lanciato un appello ai deputati affinché votassero contro il piano: «La risposta non può che essere una: no al ricatto», aveva detto. Ma prima della seduta persino il partito del presidente Nicos Anastasiades aveva annunciato l’astensione , una mossa per bloccare la misura senza rompere con i creditori internazionali, in modo da rafforzare la posizione del Paese nei negoziati.

Bocciato il compromesso per non tassare i prelievi sotto i 20mila euro

 

Dopo le proteste e le polemiche sollevate dalla decisione sulla tassazione di tutti i depositi, da cui lo Stato avrebbe ricavato 5,8 miliardi da sommare ai prestiti internazionali, il Governo aveva messo a punto alcune modifiche alla legge, per rendere più progressivo il prelievo ed escludere le somme più basse, come peraltro raccomandato anche dall’Eurogruppo riunitosi di nuovo lunedì in teleconferenza. In particolare, la bozza di legge dell’esecutivo cipriota prevedeva l’esenzione per i depositi bancari fino a 20.000 euro, mantenendo una tassazione al 6,75% per i conti tra 20.000 e 100.000 euro e al 9,9% per i depositi oltre i 100.000 euro. Restava da definire come trovare i 300 milioni di euro – la stima è della Banca centrale cipriota – che sarebbero venuti a mancare esentando dal prelievo i depositi più bassi.

Il destino delle banche cipriote nelle mani della Bce

Anche in questa forma, però, la misura è stata bocciata e ora rimane da capire quale strada il Governo percorrerà, considerando che gli aiuti erano vincolati a un sì al piano (o perlomeno a una condivisione da parte di Cipro dei costi del salvataggio). Quanto alla Bce, ha diffuso una nota in cui prende atto della decisione del Parlamento e «conferma l’impegno a garantire la liquidità necessaria entro il quadro delle regole previste». Va ricordato che le regole della Bce prevedono che è possibile fornire liquidità solo a banche che non siano insolventi e che il salvataggio è stato concordato in parte proprio per impedire il fallimento di due banche cipriote tenuta a galla dalla linea di credito di emergenza della Bce (l’Emergency Liquidity Assistance).

Trattative con Mosca: prelievi sui conti russi in cambio di quote sul gas?

Il presidente ha dichiarato che il governo ha dei non meglio precisati «piani» alternativi, di cui però, almeno finora, la Commissione europea si è detta all’oscuro. Anastasiades ha avuto contatti telefonici con il cancelliere tedesco Angela Merkel (la Germania è stata la più ferma nel ribadire che senza il contributo cipriota non sarebbero arrivati aiuti) e con il presidente russo, Vladimir Putin, che in prima battuta aveva aspramente criticato un provvedimento che colpisse i depositi russi (Cipro è da tempo un vero e proprio paradiso fiscale per gli oligarchi russi).

Proprio Mosca però potrebbe offrire la chiave per una soluzione all’impasse, che rischia di riaccendere la crisi finanziaria dell’eurozona. Nella capitale russa è arrivato il ministro delle Finanze cipriota Michalis Sarris (di cui erano state annunciate le dimissioni, da lui stesso poi smentite). Sarris, secondo indiscrezioni, sarebbe in procinto di proporre alla Russia un accordo: in cambio di una tassa compresa tra il 20 e il 3o% di depositi russi nelle banche cipriote, a Mosca sarebbe data una quota della futura società energetica con cui Cipro conta di sviluppare i giacimenti di gas scoperti a Sud dell’isola nel 2011 e ulteriori benefici strategici nel settore del gas. Inoltre agli investitori russi verrebbero aperti i board delle banche cipriote. A Mosca sono attesi inoltre alti funzionari della Commissione europea, tra cui forse il commissario per gli Affari economici e monetari Olli Rehn. 

I timori di Moody’s e le rassicurazioni dell’Eurogruppo 

Il prelievo forzoso su conti e depositi delle banche cipriote ha sollevato timori e preoccupazioni a tutti i livelli. Moody’s ha sottolineato la possibili conseguenze negative per i rating delle banche europee, aggiungendo che la decisione ha, comunque, «pesanti conseguenze» per i risparmiatori non solo a Cipro ma anche per i creditori di banche in altri Paesi, aumentando nel contempo i rischi di una fuga di capitali da altri Paesi in difficoltà dell’Eurozona. Proprio temendo una fuga di capitali – che, secondo il governatore della Banca centrale, potrebbe arrivare al 10% dei depositi – banche e Borsa di Cipro resteranno chiuse fino a giovedì.

Una replica ai timori sollevati da Moody’s è arrivata dal presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che ha escluso provvedimenti analoghi. «È assolutamente fuori questione, non c’è alcun bisogno di un’imposta una tantum in altri Paesi», ha detto, parlando prima del voto del Parlamento.

La Raf manda un milione di euro ai britannici

Qualcuno intanto corre già ai ripari: un aereo militare della Raf è stato inviato a Cipro con a bordo un milione di euro destinati ai militari britannici e alle loro famiglie sull’isola. Il ministero della Difesa britannico non ha escluso che altri voli simili possano partire per l’isola.

Cipro è un caso da non drammatizzare, l’Italia è ben diversa

Cipro è un caso da non drammatizzare, l’Italia è ben diversa
18/03/2013 10.50
Cipro è un caso da non drammatizzare, l'Italia è ben diversa

“Cipro è una realtà molto piccola, particolare. Io non drammatizzerei, poi è chiaro che i mercati sono nervosi”. Così il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, commenta il calo delle borse europee in seguito alla crisi finanziaria di Cipro, il cui governo ha imposto, tra l’altro, prelievi forzosi sui conti correnti per ottenere aiuti dall’Ue per 10 miliardi di euro. In vista del voto il governo sta lavorando a una proposta per smorzare l’entità del prelievo sui conti bancari dei piccoli risparmiatori. 

Nel fine settimana il governo cipriota e i finanziatori internazionali si sono accordati per fissare un’imposta sui depositi bancari che arriva al 6,7% per quelli sotto i 100.000 euro mentre per quelli di importo superiore tocca il 9,9%. Una fonte vicina ai negoziati ha detto che Nicosia spera di abbassare l’imposta al 3% per i conti bancari sotto i 100.000 euro e alzarla al 12,5% per gli altri. 

Cipro potrebbe essere un paradigma per Paesi più grandi? “Non lo so”, ha aggiunto Vegas, “ogni giorno è una sorpresa. Non credo proprio però che potrebbe succedere anche in Italia” che peraltro è una realtà ben diversa da Cipro: è un Paese manifatturiero, Cipro è un Paese finanziario, alcuni lo indicano anche come un paradiso fiscale. 

“L’unico avvertimento per i risparmiatori allora è di tenere i soldi a casa e non portarli in paradiso”. L’Italia dunque per Vegas non corre nessun pericolo e non c’è nessuna preoccupazione per i nostri risparmiatori, nessuna preoccupazione di contagio dalla crisi finanziaria di Cipro. “Le nostre finanze pubbliche sono solide, non c’è nessuna preoccupazione di contagio e la tenuta dell’euro è assolutamente fuori discussione: “l’euro c’è, è stabile e ci sarà, ci mancherebbe altro”.

Sui mercati permangono tuttavia i timori legati alla crisi cipriota. Londra cede lo 0,63%, Parigi lascia sul terreno l’1,22% e Francoforte perde l’1,04%. Milano arretra del 2% e Madrid segna un -1,96%. Scema invece la tensione sul mercato obbligazionario con lo spread Btp/Bund sceso sotto quota 330 a 328 punti. Il rendimento si attesta al 4,68%. Anche il differenziale tra Bonos spagnoli decennali e omologhi tedeschi cala a 364 punti per un tasso del 5,05%. 

“Se a Cipro saranno colpiti anche i correntisti sotto i 100.000 euro allora si sarà passata una linea sacra”, ha avvertito Jim Reid, strategist di Deutsche Bank, ricordando che qualsiasi correntista in qualsiasi banca domiciliata in uno Stato vulnerabile dovrebbe in teoria pensare molto bene ai posti alternativi dove mettere da parte i propri fondi, a prescindere dalla loro ampiezza. 

“Per ora si può sospettare che i mercati siano sufficientemente calmi perché il contagio” dal piano di aiuti a Cipro potrebbe essere “limitato, ma una decisione del genere può facilmente ampliare qualsiasi crisi futura in Europa, visto che lo spettro delle perdite sui depositi sarà sul tavolo”, ha concluso Reid.

Fisco, vincite alla lotteria: ecco cosa fare

Fisco, vincite alla lotteria: ecco cosa fare

 

I fortunati vincitori delle lotterie nazionali saranno premiati due volte: sia che si tratti di una vincita di qualche centinaia di euro sia che la vincita ammonti a milioni di euro, infatti, non si dovrà adempiere ad alcuna incombenza fiscale. Per quanto riguarda i giochi del lotto, totocalcio, lotterie nazionali, giochi di abilità e altri concorsi a pronostico esercitati dallo Stato italiano, le tasse, ovviamente, sono già comprese nel costo del biglietto stesso. Bisogna però fare attenzione perchè se con questo denaro proveniente dalla vincita si compra, ad esempio una casa, occorre dichiarare la proprietà dell’immobile nella denuncia dei redditi.

In aggiunta, i prossimi vincitori della famosissima lotteria non dovranno neanche scontare il prelievo aggiuntivo previsto per altri tipi di giochi come Gratta e Vinci, Superenalotto – Superstar e Win for life. Per riscuotere i vari premi della lotteria Italia, il regolamento delle lotterie nazionali prevede che i vari biglietti vincenti, mantenuti integri ed in originale, devono essere presentati all’Ufficio premi del “Consorzio lotterie nazionali – viale del Campo Boario, 56/D – 00154 – Roma”, anche tramite raccomandata, indicando le proprie generalità, l’indirizzo del richiedente e le varie modalità di pagamento (bonifico bancario, assegno circolare o bonifico postale).

Come alternativa è possibile presentare il proprio biglietto vincente presso un qualsiasi sportello della Banca Intesa (presente in ogni città e su tutto il territorio nazionale), la quale provvederà a inoltrarlo all’Ufficio premi del Consorzio lotterie nazionali, rilasciando al vincitore giocatore una apposita ricevuta di lascio. Consigliamo preferibilmente di consegnare i biglietti di persona, o se si vuole mantenere l’anonimato, rivolgersi ad un notaio di fiducia. Per poter riscuotere i premi dopo una vincita, ci sono circa sei mesi di tempo massimo: i biglietti vincenti, devono essere obbligatoriamente presentati entro il 180esimo giorno successivo a quello della pubblicazione dei numeri vincenti estratti sulla Gazzetta Ufficiale.

Le aziende tedesche pagano bonus e aumentano gli stipendi. Ecco perché

Le aziende tedesche pagano bonus e aumentano gli stipendi. Ecco perché

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Disoccupati in continuo calo, inflazione sotto il 2%, esportazioni a prova di cambio, prodotti di qualità e aziende leader. Mentre tutta Europa si chiede come recuperare competitività, le aziende tedesche, che già pagano stipendi più alti della media, si preparano a concedere nuovi aumenti salariali. Di più.Volkswagen ha appena annunciato che verserà un premio di produzione di 7.200 euro ai suoi circa 100mila dipendenti. E non è nemmeno stata di manica larga: nonostante il 2012 si sia chiuso con un utile netto record di 22 miliardi, il bonus è più basso di quello del 2011 (7.500 euro). Volkswagen può permetterselo: in barba alla crisi dell’auto che colpisce tutta Europa, punta a vendere 10 milioni di veicoli l’anno prima del 2018.

Stipendi su, inflazione giù 
Mentre Volkswagen annunciava il suo bonus, Ig Metall, il più grande sindacato dell’industria tedesca, metteva sul tavolo le rivendicazioni salariali per il 2013, chiedendo un aumento del 5,5%, dopo averne incassato uno del 4,3% l’anno scorso, il più alto da 20 anni. Il sindacato Verdi ha a sua volta chiesto aumenti del 6,5% per i dipendenti pubblici, che nel resto d’Europa stanno perdendo pezzi di retribuzione e impiego.

 
 

La stagione dei rinnovi contrattuali coinvolgerà 12,5 milioni di lavoratori e considerando che si chiuderà con aumenti poco superiori alla metà della base di partenza, nel 2013 i salari tedeschi potrebbero aumentare del 3% circa, mettendo in fila il quarto anno consecutivo di crescita, dopo il 2,6% del 2012 (0,6% al netto dell’inflazione). Aumenti che non hanno acceso l’inflazione: i prezzi al consumo al contrario sono scesi a febbraio ai minimi da due anni, all’1,5%, ben sotto il target Bce del 2%.

Dieci anni di moderazione 
La stagione delle rivendicazioni arriva dopo circa dieci anni di salari fermi o quasi, in cambio della difesa dei livelli occupazionali. Ora però il clima è cambiato. La Germania attraversa la crisi dell’Eurozona senza soffrire troppo e sia la Spd che la Cdu sono pronti ad appoggiare l’aumento dei redditi dei lavoratori in vista delle elezioni di autunno.
La moderazione salariale è stata accompagnata da riforme che hanno risanato il vecchio “malato d’Europa”. Come ha ricordato il ministro del Lavoro Ursula von der Leyen in un’intervista a Les Echos: «Prima di tutto abbiamo stabilito che ogni disoccupato abbia diritto a un impiego o alla riqualificazione piuttosto che a un sussidio. Poi abbiamo reso il mercato del lavoro più flessibile. Il nostro credo è esigere e incoraggiare: si può costringere un disoccupato ad accettare un lavoro, ma in compenso sarà aiutato».

Disoccupazione e inflazione scendono 
Per tutti questi motivi la Germania può contare su un mercato del lavoro granitico, che negli ultimi anni non ha praticamente mai smesso di creare occupazione, nemmeno nei periodi di recessione. L’ultimo dato, quello di febbraio, lo prova una volta di più. Il numero dei senza impiego è sceso di 3mila a 2,92 milioni di persone, con un tasso di disoccupazione fermo al 6,9%. Certo, la contrazione del Pil nel quarto trimestre del 2012, quando è sceso dello 0,6%, si è fatta sentire: Commerzbank ha annunciato il taglio di 6mila dipendenti eDeutsche Telekom 1.200 esuberi. Ma la tenuta generale del mercato del lavoro non è stata scalfita.

Effetto euro e qualità dell’industria 
C’è anche l’euro a spiegare la diversità tedesca. Le aziende macinano utili record anche grazie a una moneta che, vista da Berlino, è addirittura sottovalutata. Con il marco, auto e macchinari tedeschi costerebbero dal 15 al 20% in più e secondo Citigroup, l’effetto cambio da solo regala alla Germania 100 miliardi di euro di esportazioni in più all’anno. Ma a sostenere l’export tedesco è soprattutto la qualità dell’industria, che può contare su un efficiente sistema di formazione dei suoi tecnici e ingegneri. Le aziende lavorano a stretto contatto con gli istituti tecnici, spesso finanziando programmi scolastici in modo da mettere agli studenti in grado di accedere al lavoro appena diplomati, con un sistema di apprendistato tra i migliori d’Europa.

Crescita, peggiorano le stime Ue e intanto la disoccupazione cresce

Crescita, peggiorano
le stime Ue e intanto
la disoccupazione cresce

“Pil a -1%. Ripresa da metà 2013”

Economia: per la Commissione europea solo nel 2014 si prevede una crescita dello 0,8%. Quest’anno deficit sotto il 3%: l’Italia potrà uscire dalla procedura di deficit eccessivo. Bankitalia: “Siamo in piena recession, ma si vede la fine. Ma non possiamo limitarci a riavviare il motore, bisogna portarlo su un regime sostenuto”

 
un operaio a lavoro (foto Radelli)

un operaio a lavoro (foto Radelli)

Roma, 22 febbraio 2013 – Quest’anno il deficit/pil italiano si attestera’ al 2,1% e cosi’ l’anno prossimo, mentre nel 2012 ha raggiunto quota 2,9%. Sono queste le stime della Commissione europea che conferma quelle dell’autunno scorso per i tre anni. Cio’ significa che l’Italia quest’anno potra’ uscire dalla procedura per deficit pubblico eccessivo (superiore al 3% del pil). Il debito/pil sale quest’anno al 128,1% e l’anno prossimo scendera’ al 127,1% (stime d’autunno 127,6% e 126,5%). Nel 2012 il debito/pil e’ stimato a 127,1%.

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La Commissione europea ha rivisto in peggio le previsioni economiche sull’Italia di quest’anno, indicando un meno 1 per cento del Pil ma aggiungendo di attendersi che “la recessione si concluda a metà 2013″. E sul 2014 si attende un più 0,8 per cento. Peggiorano le attese di disoccupazione, all’11,6 per cento quest’anno e al 12 per cento nel 2014.

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Quanto alla disoccupazione, quest’anno la disoccupazione in Italia salira’ dal 10,6% del 2012 all’11,6%, nel 2014 salira’ ancora al 12%. E’ questa la stima della Commissione Ue. La novita’ e’ che l’Italia sia sta avvicinando celermente alla media Eurozona (2012 11,4%, 2013 12,2%, 2014 12,1%).

Allargando l’orizzonte aigli altri Paesi europei, la Francia sforerà i suoi obiettivi di risanamento dei conti pubblici quest’anno e il prossimo: invece di abbassare il deficit sotto la soglia di Maastricht del 3 per cento, secondo la Commissione europea segnerà un 3,7 per cento quest’anno e un aumento al 3,9 per cento nel 2014. Un deterioramento che tuttavia nelle sue previsioni invernali l’esecutivo Ue definisce solo “marginale”.

In tema di crescita e crisi interviene anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. “Sono convinto che dall’odierno incontro emergera’ con forza la consapevolezza del contributo che le istituzioni finanziarie sono chiamate ad offrire per sostenere la ripresa economica dell’intero Paese, ponendo al
servizio dell’interesse generale le migliori competenze e capacita’ professionali di cui dispongono e privilegiando politiche oculate e lungimiranti volte insieme alla tutela del risparmio e all’impiego produttivo delle risorse”.   Così Napolitano, in occasione del centesimo anniversario della fondazione della Banca Nazionale del Lavoro, in un messaggio al Presidente, Luigi Abete.

 

BANKITALIA: PIENA RECESSIONE, RIPRESA A META’ 2013 – L’Italia è nel pieno della recessione ma la fine della crisi arriverà probabilmente alla metà dell’anno. Lo ha detto il vice direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, al convegno ‘Crescita, innovazione e finanza in Italia. Il ruolo delle banche popolari’ in corso a Bergamo. “Dopo oltre quattro anni siamo nel pieno di una recessione, anche se ne vediamo la fine come possibile a metà di quest’anno – ha affermato – . Ma non possiamo limitarci a riavviare il motore, bisogna portarlo su un regime sostenuto. Dobbiamo trovare un modo nuovo di stare nel mondo globale delle produzioni: un mondo che cambia a vista d’occhio anche per effetto della crisi”.

“La nostra economia deve incamminarsi nei prossimi anni, dopo l’uscita dalla recessione, su un percorso di cambiamento della sua struttura produttiva e finanziaria. E’ necessario il concorso di tutte le migliori energie del Paese”.

Salvatore Rossi sottolinea che “il sistema bancario, e in esso il sistema delle banche popolari è chiamato a dare un contributo importante, cambiando anch’esso quando necessario, quando opportuno. Per essere un punto di riferimento nel rilancio della crescita economica”.

Draghi: “Non migliora l’economia reale”

Draghi: “Non migliora
l’economia reale”

“Tagliare la spesa, tasse già alte”

Il presidente Bce: “Necessari ancora sforzi considerevoli”. E sul sistema bancario: “Mps caso isolato, difficoltà frutto di attività criminale”

 
Mario Draghi (Ansa)

Mario Draghi (Ansa)

Bruxelles, 18 febbraio 2013 – “Non c’è ancora un miglioramento dell’economia reale, sebbene ci siano segnali di stabilizzazione”: così Mario Draghi al Parlamento Ue. Per vedere una “graduale ripresa” si dovrà aspettare “la seconda metà dell’anno”, ha aggiunto il presidente Bce di fronte alla commissione Affari economici e monetari.

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La situazione oggi “è più stabile” grazie alle riforme condotte nei vari paesi e alle azioni delle istituzioni europee. Però devono essere fatti “notevoli sforzi” per riemergere dalla crisi “per ricreare fiducia tra investitori e cittadini e ristabilire stabilità e crescita”, ha continuato Draghi durante un’audizione all’Europarlamento. Nell’area euro “siamo entrati nel 2013 in un contesto più stabile, rispetto a quelli degli ultimi anni, grazie alle riforme concertate tra i governi e alle azioni decisive adottate dalle istituzioni europee”.

I rimborsi delle banche dei prestiti Ltro alla Bce “sono stati superiori alle attese”, ha continuato. “Il tasso di cambio non è un obiettivo politico, ma un elemento importante per la stabilità dei prezzi”. “L’apprezzamento dell’euro è un rischio – ha aggiunto – Il comunicato finale del G20 non è deludente”.

Le tasse dell’Eurozona “sono già molto alte”.  Secondo Mario Draghi per mitigare gli effetti del consolidamento fiscale “la chiave sono i tagli alla spesa, non gli aumenti delle tasse“. 

CASO MPS – Il presidente della Bce è anche intervenuto su Mps, che resta comunque un “caso isolato”, ma la cui  difficile situazione “non è solo questione di gestione bancaria ma anche di attività criminale”. Interpellato da un parlamentare sullo stato di salute del sistema bancario italiano, Draghi ha sottolineato come “la reazione alla prima fase della crisi fu solida” e che “le banche italiane non ebbero bisogno di sostegno pubblico come in altri paesi”, a eccezione di “casi isolati come Mps, dove il problema non è stato però legato tanto alla gestione quanto a condotte criminali”. “Non dimenticatevi che sono io ad aver mandato le due ispezioni a Mps”, ha aggiunto.

In questo momento, invece le banche italiane “stanno soffrendo per il protrarsi della recessione”, ma “i maggiori istituti sono ben capitalizzati”. “Ora stiamo assistendo agli effetti di una recessione prolungata”, ha spiegato Draghi: “Il sistema mostra un po’ di fragilità perché si iniziano a vedere gli effetti dei prestiti in sofferenza o di tassi di interesse tenuti bassi per lungo tempo; le banche però sono ben capitalizzate”.

De Geronimo: “Nuove modalità di spesa delle risorse e associazionismo le chiavi per rilanciare il Sud”

De Geronimo: “Nuove modalità di spesa delle risorse e associazionismo le chiavi per rilanciare il Sud”

di Michael Pontrelli
A distanza di oltre 150 anni dall’unità di Italia la questione meridionale non è stata ancora risolta. I dati statistici a disposizione confermano l’esistenza di un gap tra le regioni del sud e quelle del nord. Nel rapporto Svimez 2012 emerge un quadro drammatico. Il Pil procapite del Mezzogiorno è pari al 57,7% di quello delle aree più avanzate del Paese, il tasso di disoccupazione reale è stimato essere superiore al 25% a fronte di un dato nazionale del 10,5%. Negli ultimi 10 anni ben 1,3 milioni di meridionali sono emigrati per cercare un futuro riportando le lancette della storia indietro di decenni. E’ convinzione di tutti che per porre rimedio a questa situazione esiste un solo modo: rilanciare gli investimenti imprenditoriali per creare sviluppo ed occupazione. Come fare? Ne abbiamo parlato con Piergiorgio De Geronimo, esperto in politiche per il Mezzogiorno, presidente dell’associazione Alumni Nitti e autore del libro Il ruolo del privato nella programmazione per accordi. Dalla contrattazione programmata alla programmazione negoziata edito da Aracne editrice. 

Da dove iniziare per far ripartire l’economia del Sud? 
“Sicuramente dal rilancio della collaborazione tra pubblico e privato”. 

A cosa si riferisce esattamente? 
“Mi riferisco al rilancio della programmazione negoziata tra Stato e aziende private per l’attivazione di investimenti nelle aree che hanno i maggiori squilibri economici e sociali”. 

Di cosa si tratta? 
“Si tratta di un metodo di negoziazione che nasce nella seconda metà degli anni ’90 attraverso la regolamentazione legislativa delle esperienze precedenti. Alla fine degli anni ’60 anche in Italia vennero attivati dei programmi di collaborazione tra Stato e grandi imprese, noti anche con il termine di contrattazione programmata, ispirati alle esperienze di altri paesi europei ed in particolare della Francia. La contrattazione programmata venne adottata per esempio per la realizzazione della grande industria nazionale del Mezzogiorno attraverso l’erogazione di incentivi fiscali alle aziende e attraverso il loro coinvolgimento anche nella programmazione degli interventi. Quindi non una pianificazione statale dall’alto ma un coinvolgimento dei privati per decidere dove e come investire. Questa collaborazione tra pubblico e privato era però informale. Attraverso una serie di piccoli passi si è arrivati alla seconda metà degli anni ’90 in cui nasce appunto lo strumento della programmazione negoziata che regolamenta il coinvolgimento dei privati in fase di pianificazione”. 

In quali casi lo strumento della programmazione negoziata è stato applicato? 
“E’ stato utilizzato in tante occasioni. Sicuramente una delle esperienze più rilevanti è il contratto di programma fatto a Melfi con la Fiat”.

Le condizioni attuali dell’economia meridionale ci portano però a pensare che lo strumento non sia servito a molto. Perché pensa sia importante rilanciarlo? 
“Perché grazie all’Europa abbiamo capito che il problema non è nello strumento ma nella metodologia che si è seguita fino ad oggi. Nel documento di programmazione dei fondi per il 2014/2020 che si sta chiudendo a Bruxelles grande attenzione viene data alla metodologia place based ovvero un processo di sviluppo che vede ancora protagonisti i privati ma coordinati da un soggetto esterno capace di scardinare quelle che sono le elite locali che spesso volutamente non fanno crescere il territorio per conservare il potere”.
Il finanziamento dei progetti di sviluppo che natura avrebbe? 
“Avrebbe una natura mista ovvero verrebbero utilizzate risorse nazionali ma anche europee. Oggi il concetto prevalente è quello della programmazione unitaria ovvero il finanziamento di un unico programma con una pluralità di fondi diversi”.

In realtà l’Italia, ed in particolare il Sud, non ha brillato fino ad ora nella capacità di utilizzare i fondi europei.
“E’ vero ma nell’ultimo anno proprio grazie all’utilizzo della metodologia place based la capacità di spesa è migliorata sensibilmente e diversi programmi comunitari hanno avuto un enorme avanzamento. La collaborazione tra il soggetto esterno centrale e i singoli soggetti attuatori, dove applicata, ha infatti migliorato l’efficienza gestionale e la capacità di utilizzo delle risorse a disposizione”. 

Lei è napoletano e quindi conosce bene la cultura del Sud. Pensa davvero che per rilanciare il Mezzogiorno sia sufficiente cambiare la metodologia di gestione delle risorse pubbliche e comunitarie? 
“Come diceva Francesco Saverio Nitti nelle grandi difficoltà se aspettiamo che qualcuno faccia al posto nostro siamo finiti. Nel momento in cui, invece, decidiamo di prendere in mano il nostro destino allora creiamo l’opportunità e la speranza di farcela. Io penso che il riscatto del Meridione possa passare solamente attraverso il risveglio della collettività ma sono ottimista perché questo fenomeno sta già accadendo. In questo momento storico vedo una grande mobilitazione della società civile che sempre più spesso si sta riunendo in associazioni no profit che stanno sostituendo la politica. In tanti cittadini è forte la voglia di non subire più passivamente gli eventi ma di suggerire le politiche da seguire a chi ha il potere di decidere”.

Loretta Napoleoni: “La democrazia è a rischio: vi spiego perché l’Italia deve rimettere in discussione l’euro”

Loretta Napoleoni: “La democrazia è a rischio: vi spiego perché l’Italia deve rimettere in discussione l’euro”

di Antonella Loi
Quel che resta dopo tre anni di crisi è un’Europa che “cannibalizza se stessa”, ampliando la distanza tra Nord e Sud e rendendo i Paesi periferici “economicamente e moralmente sudditi” a causa del debito sovrano. Prima del baratro, c’è l’urgenza di di risolvere un problema: come svincolarsi dal giogo del debito sovrano che crea un moderno “sistema coloniale” per il quale a pagare le spese sono i cittadini. Vedi alla voce Grecia, ma anche Italia, Spagna, Portogallo. Secondo Loretta Napoleoni, consulente della Bbc e della Cnn, esperta di terrorismo internazionale e docente di Economia alla Judge Business Schools di Cambridge, “è scandaloso che il tema sia assente dalla campagna elettorale italiana”. Il suo ultimo libro, Democrazia vendesi, appena uscito per Rizzoli (249 pagine, 15 euro), è sotto quest’aspetto un testo d’emergenza, scritto in collaborazione con altri studiosi, “nella speranza che si crei finalmente un dibattito interno”.
“Dalla crisi economica alla crisi delle schede bianche”: il sottotitolo del suo libro è eloquente. La nostra democrazia è a rischio?
“In questa crisi attuale lo è. Innanzitutto perché l’emergenza è diventata normalità, sono tre anni che siamo in emergenza. E l’emergenza fa sì che si cerchi di risolvere la crisi attraverso una diminuzione della sovranità nazionale dei singoli Stati con conseguente trasferimento verso Bruxelles. Al cittadino non viene chiesto nulla. Queste decisioni vengono da istituzioni e individui non eletti che agiscono con strumenti eccezionali. C’è cioè un’erosione di democrazia”.
La nomina al governo di Mario Monti rientra in questo disegno?
“La nomina di Monti lo è sicuramente, nel senso che non è stato eletto e quindi parliamo di un governo tecnico rimasto in carica per un lungo periodo, più di un anno, a cui è stato dato l’incarico in un momento in cui si poteva anche andare alle urne. Non si è voluto correre il rischio che le urne non dessero un risultato convincente”.
A chi facevano paura le elezioni? 
“All’euroburocrazia e a questi poteri politici non eletti da noi ma eletti da altri paesi. Quindi parliamo della Merkel e anche di Sarkozy, ma anche del presidente della Commissione Barroso, Van Rompuy, presidente dell’Eurogruppo. Ed è interessante secondo me quello che è successo la settimana scorsa, quando il Parlamento europeo, organo eletto, ha condannato le politiche di austerità della commissione, organo non eletto. Sono tre anni che il Parlamento non ha voce in capitolo”.
Politiche di austerità per salvare l’euro, grande responsabile della crisi. 
“Sono convinta che la crisi sia legata all’euro però non che l’euro sia l’unica causa. Cioè ha creato delle distorsioni economiche e finanziarie che hanno da una parte impoverito le bilance dei pagamenti della periferia, peggiorando quindi la nostra performance nell’esportazione, però l’euro ha anche incoraggiato questo trasferimento monetario dai Paesi ricchi ai Paesi poveri, attraverso l’indebitamento. Detto questo, non è che l’euro abbia costretto i vari governi a indebitarsi”.
Stati masochisti o cosa?
“La verità è che abbiamo da una parte condizioni economiche confacenti all’indebitamento, dall’altra parte la propensione ad indebitarsi. La Spagna è uno degli esempi più eclatanti: sono stati costruiti aeroporti con i soldi dei trasferimenti da Eurolandia, aeroporti nei quali non è mai atterrato nessuno. La cementificazione italiana è un altro capitolo dello stesso libro: dall”80 ad oggi è stata cementificata una superficie grande quanto tutta la Lombardia più il Veneto”.
Nel prologo del suo libro lei fa un parallelo tra il debito sovrano degli Stati e il debito dei padri e dei nonni, pagato con la prostituzione delle figlie, presso una popolazione dell’Himalaya soggiogata dai feudatari. C’è insomma qualcosa di immorale nel debito sovrano.
“Questa dipendenza va superata. Però, come nel caso della popolazione dell’Himalaya, fino a quando noi continuiamo ad accettare i parametri etici sui quali poggia perdurerà per sempre. L’idea che noi ci indebitiamo per pagare l’interesse sul nostro debito – che tra l’altro è illegale perché si basa sull’anatocismo (cioè gli interessi calcolati anche sugli interessi) – in realtà ci sembra una situazione di normalità: il concetto va scardinato. Il debito è oramai arrivato ad un livello tale che sarà impossibile saldarlo, data la sua crescita esponenziale. Lo sa pure un bambino delle elementari che non si va da nessuna parte. Eppure si continua con l’austerità e nella campagna elettorale questo tema è assente”. 
Perché secondo lei?
“E’ semplice: non sanno come uscirne e c’è un senso di sudditanza, di umiliazione profonda radicato in tutto il Paese riguardo la nostra posizione debitoria nei confronti di chi questi soldi ce li ha dati. Esattamente come nella storia dell’Himalaya. Il dibattito non c’è perché si vuole continuare a pagare questo debito. E continuare a pagarlo significa farlo crescere esponenzialmente anno dopo anno. A prescindere dalla volontà del cittadino, al quale invece si dovrebbe prospettare un’alternativa alla schiavitù”.
Per esempio?
“Uscire da questo euro, creare magari un euro a due velocità o ancora rinegoziare il debito e diminuirlo drasticamente: tutte politiche di cui nessuno parla. A parte Grillo e per la prima volta la settimana scorsa Berlusconi, nessuno propone come soluzione l’uscita o la ristrutturazione dell’Ue. In realtà c’è bisogno di un potere di negoziazione che noi non abbiamo, nonostante gli spiragli che arrivano dall’Europa; è evidente che le politiche di austerità non stanno funzionando, anzi hanno peggiorato la situazione”.
Alla fine è possibile che sia la stessa Bruxelles a decidere di “condonare” il debito di certi Stati per evitare un default a catena?
“Sicuramente Bruxelles si sta orientando in quella direzione, posto che il debito lo condoneranno solo a certe condizioni. La Grecia, in recessione da 5 anni, ha rinegoziato il debito al 75%. Anche noi dovremmo cominciare a rinegoziarlo subito, prima di diventare ricattabili. Più andiamo avanti, meno potere contrattuale abbiamo. Anche perché negli ultimi 3 anni c’è stata una riduzione del debito presso banche straniere a favore di banche italiane. Noi possiamo cioè rinegoziare il debito estero, ma non quello interno: significherebbe togliere i soldi ai risparmiatori italiani”.
Secondo una ricerca di Confesercenti-Swg l’86% degli italiani pensa che il 2013 sarà peggiore del 2012. Hanno ragione secondo lei?
“Sì, siamo lontanissimi dalla ripresa e secondo me è impossibile dire cosa succederà anche nel 2014. Tutte le previsioni a lungo raggio sono state puntualmente riviste in peggio”.