PERCHÉ L’ECUADOR AMA RAFAEL CORREA

PERCHÉ L’ECUADOR AMA RAFAEL CORREA

 

di Mark Weisbrot

 

Fonte: www.guardian.co.uk

Link: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2013/feb/15/rafael-correa-ecuador-elections?INTCMP=SRCH

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Francesca Savina

 

Non è stata la fortuna, ma il buon fiuto per l’economia che ha permesso al presidente di incamminarsi verso la vittoria nelle imminenti elezioni.

Rafael Correa è di gran lunga avanti al suo rivale più diretto nelle elezioni presidenziali che si terranno domenica in Ecuador, e ci si aspetta che vinca facilmente un altro incarico di 4 anni. Non è difficile capire il perché.

La disoccupazione è scesa al 4,1% alla fine dello scorso anno, minimo storico da almeno 25 anni. La povertà è diminuita del 27% dal 2006. La spesa pubblica per l’istruzione è più che raddoppiata, in termini reali (al netto dell’inflazione).

 

A seguito, ”L’America Latina avanza, goleada di Rafael Correa” (Fulvio Grimaldi)

 

I maggiori investimenti nella spesa sanitaria hanno ampliato l’accesso alle cure mediche, inoltre la spesa sociale è incrementata notevolmente, includendo una vasta espansione del credito edilizio sovvenzionato dal governo.

Se tutto questo può sembrare insostenibile, beh, non lo è. I pagamenti degli interessi sul debito pubblico dell’Ecuador sono meno dell’1% del PIL, piuttosto contenuti quindi; il rapporto debito pubblico/PIL è un modesto 25%.

L’Economist, che non si è mai interessato molto a nessuno dei governi di sinistra che sono ora al potere nella maggior parte del Sud America, attribuisce il successo di Correa ad un “insieme di fortuna, opportunismo e talento”. Ma in effetti è stato proprio quest’ultimo a fare la differenza.

Correa potrebbe essere stato fortunato, ma non è stata una “buona fortuna”: ha assunto l’incarico nel gennaio del 2007 e l’anno seguente l’Ecuador è stato uno dei Paesi dell’emisfero maggiormente colpiti dalla crisi finanziaria internazionale e dalla recessione mondiale.

Questo perché il Paese era fortemente dipendente dalle rimesse estere (fornite ad esempio dai cittadini ecuadoriani che lavorano negli Stati Uniti e in Spagna) e dalle esportazioni di petrolio, che costituivano il 62% del guadagno dei proventi da esportazione e il 34% delle entrate del governo a quei tempi. Il prezzo della benzina è collassato del 79% nel 2008, la stessa sorte hanno subito le rimesse. L’effetto combinato, parlando dell’economia dell’Ecuador, si può paragonare allo scoppio della bolla immobiliare statunitense, che ha contribuito alla Grande Recessione.

E l’Ecuador aveva anche la sfortuna di non possedere una sua valuta (il Paese aveva adottato il dollaro USA nel 2000), il che non gli dava la possibilità di utilizzare il tasso di cambio o gli strumenti di politica monetaria che la US Federal Reserve (la Banca Centrale degli Stati Uniti, ndt) utilizzava per contrastare la recessione. Eppure il Paese è riuscito a mantenere la giusta rotta con una recessione moderata durata tre trimestri, l’anno seguente si è trovato di nuovo al livello di pre-recessione della produzione e sul cammino verso il raggiungimento di quegli obbiettivi che hanno fatto di Correa uno dei presidenti più popolari dell’emisfero.

Come hanno fatto? Forse il fattore più importante è stato un cospicuo stimolo fiscale nel 2009, all’incirca il 5% del PIL (se solo lo avessimo proposto anche qui negli Stati Uniti). Una parte importante è stata rappresentata dall’edilizia, con l’espansione del credito immobiliare di 599 milioni di dollari nel 2009 da parte del governo, ampliando inoltre i crediti durante tutto il 2011.

Ma il governo ha anche dovuto riformare e regolamentare il sistema finanziario. E qui ha intrapreso quella che è forse la più completa riforma finanziaria di un Paese, nel XXI secolo. Il governo ha preso il controllo della Banca Centrale e l’ha costretta a portare in patria circa 2 miliardi di dollari delle riserve detenute all’estero. La cifra è stata poi utilizzata dalle banche pubbliche al fine di elargire prestiti per le infrastrutture, l’edilizia, l’agricoltura ed altri investimenti interni al Paese.

Ha imposto tasse sul denaro trasferito all’estero ed ha ordinato alle banche di conservare il 60% della loro liquidità all’interno del paese. Ha abbassato i tassi di interesse reale, mentre le imposte delle banche sono state aumentate. Il governo ha rinegoziato gli accordi con le compagnie petrolifere straniere, quando i prezzi sono cresciuti. Le entrate del governo sono cresciute dal 27% del PIL nel 2006 fino ad oltre il 40% dello scorso anno.

L’amministrazione Correa ha aumentato i finanziamenti per la parte “popolare e solidale” del settore finanziario, come ad esempio le cooperative, cooperative finanziarie e le altre organizzazioni basate sui soci. Le “Coop” hanno triplicato i prestiti in termini reali. Il risultato finale di queste ed altre riforme e è stato quello di spostare il settore finanziario verso qualcosa di utile per l’interesse pubblico, invece del contrario (come negli Stati Uniti). A tal fine, il governo ha separato il settore finanziario dai media – le banche possedevano la maggior parte dei mezzi di comunicazione principali prima che Correa fosse eletto – e introdotto riforme anti-trust.

Naturalmente, il pensiero comune è che tale approccio “economico-inusuale” sulla rinegoziazione dei contratti petroliferi, ampliando la portata e l’autorità del governo, innalzando le tasse e inserendo dei vincoli sui trasferimenti di capitali, è una ricetta sicura per il disastro economico. L’Ecuador ha scoperto, a seguito di una commissione internazionale, che un terzo del suo debito estero è stato contratto illegalmente. E l’“indipendenza” della Banca Centrale che l’Ecuador ha revocato, è considerata sacrosanta dalla maggior parte degli economisti di oggi. Ma Correa, un economista PhD, ha saputo quando ignorare la maggior parte della professione.

Correa ha avuto qualche articolo contro per aver sfidato il pensiero comune e – forse malvisto dalla stampa economica – nonostante questo, ha avuto successo. L’attacco più duro da parte della stampa è avvenuto quando l’Ecuador ha offerto asilo politico al giornalista di WikilLeaks Julian Assange. Ma, come per la politica economica e la riforma finanziaria, Correa aveva ragione. Era ovvio che, soprattutto dopo che il governo britannico aveva manifestato una minaccia senza precedenti come quella di invadere l’ambasciata dell’Ecuador, si trattava di un caso di persecuzione politica. Cosa rara ed emozionante per un politico mantenere una sua posizione contro i potenti – gli Stati Uniti e i suoi alleati europei, i media internazionali – per una questione di principio. Alla fine la tenacia e il coraggio di Correa hanno servito al meglio il suo Paese.

MANUALE DEL PICCOLO COLONIALISTA N. 17

MANUALE DEL PICCOLO COLONIALISTA N. 17

 

di comidad

 

Vittimo-colonialismo: il dominio piagnone degli USA.

Il ciclico lamento sul declino definitivo del dominio economico USA, è diventato ormai una consuetudine. I competitor più diversi si presentano però a sfidare il gigante statunitense solo per dover battere in ritirata dopo qualche tempo. È stato così per il Giappone che, sconfitto in guerra, si sarebbe poi preso la rivincita sul piano industriale. È avvenuto lo stesso anche per quelle che vennero definite, con enfasi salgariana, le “tigri asiatiche”. Più di recente è toccato alla Cina e all’India. Secondo la “Maonomics” di Loretta Napoleoni, il capi-comunismo cinese avrebbe messo in crisi il binomio democrazia-capitalismo; mentre Federico Rampini ha coniato il termine “Cindia” per indicare l’accoppiata delle potenze che avrebbero surclassato gli USA. Altri ancora hanno aggiunto anche la Russia e il Brasile nell’acronimo BRIC dei nuovi dominatori economici. Eppure tutta questa retorica vittimistica sul declino USA assomiglia all’analogo vittimismo sulla minaccia terroristica; sembra cioè costruita ad arte per riaffermare l’invincibilità degli USA, in questo specifico caso del loro modello economico. Al di là dei pianti, i segnali dell’ennesimo trionfo USA si moltiplicano: la FIAT chiude in Italia, ma la Chrysler è in pieno sviluppo; l’industria statunitense ha superato brillantemente la crisi provocata dalla finanza statunitense; si scoprono immensi giacimenti di gas che dovrebbero rendere autosufficienti gli USA sul piano energetico (notizia che suscita l’entusiasmo anche di certi commentatori di “sinistra”: se gli USA diventano autosufficienti sul piano energetico, non avranno più la necessità di aggredire per procurarsi le risorse di cui hanno bisogno; come se l’aggressione coloniale avesse in sé qualcosa di “necessario”); i capitalisti americani tornano dalla Cina per poter investire con più soddisfazione negli USA.

In realtà molti di questi “miracoli” sono resi possibili dalla solita ricetta: rapinare i più poveri; sfruttare la classe operaia più affamata; riaffermare il controllo totale in fabbrica con il ricatto della delocalizzazione. È noto che recentemente agli operai della Ford è stata imposta una drastica riduzione di salario, anche a fronte di una crescita dei ritmi di sfruttamento o, come si dice oggi, di produttività e di utili. Mentre gli operai sudcoreani della Hyundai e della Kia hanno appena ottenuto l’abolizione del turno di notte, gli operai americani (ma anche quelli britannici della Land Rover, oggi di proprietà indiana) sono stati costretti, con la complicità dei sindacati, a subirne il ripristino. E tuttavia l’enfasi data a questo ritorno trionfale del potere economico USA (cfr. “l’Espresso” 7 febbraio u.s.) sottintende l’idea che se il lavoratore si piega alle esigenze del capitale, accettando diminuzione del salario e aumento dell’orario, tutta la nazione ne tragga benefici. In realtà l’aggressione del capitale nei confronti dell’operaio non è determinata dall’andamento economico, ma dalla semplice possibilità di attaccare.

Quando il guru della Apple, Steve Jobs, morì nell’ottobre 2011 cominciò un lungo processo di beatificazione che dura ancora oggi, e rispetto al quale, quello allestito per Madre Teresa di Calcutta sembra un sobrio e laico attestato di simpatia. Su Jobs sono stati spesi migliaia di articoli, centinaia di libri, nei quali, con varie gradazioni, si esaltava il personaggio: la vera personificazione dello spirito creativo del capitalismo, l’imprenditore più geniale di tutti i tempi, il genio inventivo degli ultimi cento anni, l’alternativa brillante al grigio profeta della Microsoft, Bill Gates…, e via delirando. Ma il vero spirito creativo di Jobs lo si è scoperto nelle fabbriche cinesi dei suoi gadget tecnologici.

La Foxconn, azienda criminale cinese che gestisce gli impianti a capitale occidentale in Cina, organizza anche i lager della Apple. In questi posti infernali un operaio guadagna due dollari l’ora, dorme in dormitori con sei-otto letti per un affitto di 16 dollari al mese; i turni di lavoro sono di almeno 12 ore al giorno per sei giorni su sette. Le fabbriche di Chengdu (120.000 operai) e quelle di Shenzhen (230.000) lavorano 24 ore su 24; il numero delle ragazzine operaie è molto alto e fra queste è altissimo il tasso di suicidi, o di operai che muoiono letteralmente di fatica sul lavoro. Secondo la propaganda ufficiale, la Apple è oggi l’azienda di maggior successo al mondo. Ma l’unica contromisura messa in atto dalla Foxconn per limitare i suicidi, è stata (forse su suggerimento dei creativi della Apple) quella di circondare le fabbriche con reti utilizzate solitamente per gli incendi, in modo da impedire alle operaie di uccidersi cadendo al suolo quando si lanciano dalle finestre.

LA CINA AMA DI NUOVO IL DOLLARO, DOPO IL RUGGITO DELL’AMERICA

LA CINA AMA DI NUOVO IL DOLLARO, DOPO IL RUGGITO DELL’AMERICA

 

di Ambrose Evans-Pritchard

 

Fonte: http://www.telegraph.co.uk

Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/currency/9881410/China-loves-the-US-dollar-again-as-America-roars-back.html

Traduzione per www.ComeDonChisciotte.org a cura di Bosque Primario

 

La Banca Centrale cinese ha radicalmente rivisto la sua impostazione sul potere economico e strategico degli Stati Uniti, preannunciando che il dollaro resterà la riserva valutaria fondamentale ancora per decenni.

Il Dr. Jin Zhongxia, capo dell’Istituto di Ricerca della Banca Centrale, ha detto che la rivoluzione energetica degli Stati Uniti e il rilancio delle esportazioni hanno dato uno scossone al panorama globale e potrebbero spingere verso un dollaro forte per un lungo periodo. “Il dominio globale del dollaro continuerà”, ha dichiarato.

Il Dr. Jin ha detto che il mondo si sta muovendo verso un sistema di “1 +4 valute”, con il biglietto verde utilizzato come perno per tutti i pagamenti mondiali, integrato da “quattro valute minori, come riserva ” – euro, sterlina, yen e yuan.

“Rispetto all’area dell’euro, la zona del dollaro è molto più resistente agli shock. La crisi del debito nella zona euro ha dimostrato la debolezza strutturale di questa moneta”, ha scritto in un articolo per il bollettino di febbraio del Official Monetary and Financial Institutions Forum.

Questo commento dimostra un profondo cambiamento nella valutazione degli Stati Uniti, dopo la crisi finanziaria di cinque anni fa, quando il premier Wen Jiabao si domandò se i titoli del Tesoro USA posseduti dalle aziende cinesi fossero ancora “sicuri”, e la Banca Centrale pubblicò un documento che chiedeva una “valuta globale” gestita dal Fondo Monetario Internazionale.

L’opinione prevalente a Pechino era che l’America era stata ormai scalzata dal suo ruolo di grande potenza e paralizzata dal suo debito. Da allora la Cina ha cominciato ad affrontare i propri problemi (come dopo una sbornia da 14 trilioni di dollari, a tanto era arrivato il suo credito dal 2009) facendo aumentare il costo dei salari interni.

Il vantaggio sta tornando indietro negli Stati Uniti. Un cosiddetto “Rinascimento della produzione” ha cominciato a riportare a casa gli stabilimenti per sviluppare la ricerca di shale-gas, riducendo così anche i costi di trasporto.

Un rapporto di Citigroup riferisce che questa crescita dei giacimenti di petrolio e di gas negli Stati Uniti negli ultimi anni, ha superato “i sogni più rosei degli analisti dell’energia”. Gli Stati Uniti hanno dimezzato le loro importazioni di petrolio dal 2005 e si stanno muovendo “rapidamente verso l’autosufficienza”, dando una svolta, dalla loro parte, alla geo-politica globale.

Citigroup ha anche riferito che le minori importazioni di energia e il rilancio delle industrie chimiche dovrebbero ridurre di tre quarti il deficit corrente degli Stati Uniti, eliminando una delle cause principali della debolezza del dollaro.

La Banca Centrale cinese chiaramente ha perso il suo entusiasmo per il precedente progetto sull’euro, condannato dalla crisi del debito degli ultimi tre anni. Il Dr. Jin ha detto che l’Unione Monetaria Europea manca di flessibilità e di quell’armonia fiscale necessarie per far fronte a situazioni di crisi e la rigidità del sistema di cambio fisso è poco adatta ad assorbire gli shock.

L’area di influenza del dollaro invece, non essendo formale – benché riconosciuta in tutto il mondo – è molto più duttile. Gli Stati più deboli sono stati costretti a rimettere a posto i loro conti prima di arrivare a una crisi acuta o a dover svalutare. “L’area del dollaro sembra avere meno lacci, ma alla fine risulta più compatta dell’area dell’euro”.

10 CIBI E CONSIGLI PER RAFFORZARE LE DIFESE IMMUNITARIE

10 CIBI E CONSIGLI PER RAFFORZARE LE DIFESE IMMUNITARIE

 

di Marta Albè

 

Come rafforzare le difese immunitarie? L’inverno è la stagione dell’anno in cui il nostro organismo appare maggiormente esposto alle malattie ed in cui l’attività del sistema immunitario contro gli agenti patogeni viene maggiormente sollecitata. Esistono alcune buone abitudini che potremmo mettere in pratica lungo tutto il corso dell’anno ed alcuni alimenti e rimedi naturali che possono aiutarci a rafforzare le difese immunitarie.

Qui di seguito troverete dieci consigli in proposito, che ci ricordano come un’alimentazione sana e una regolare attività fisica rappresentino i principi fondamentali da seguire per proteggere l’organismo dalle malattie.

1) Aglio

L’aglio è un alimento considerato in grado di rafforzare le difese immunitarie stimolando la moltiplicazione delle cellule che si occupano di combattere le infezioni. Tali caratteristiche sono attribuite all’aglio per via del suo contenuto di allicina e di solfuro. L’aglio sarebbe inoltre in grado di aiutare l’organismo ad espellere tossine e cellule cancerogene, oltre che di proteggere il cuore prevenendo la formazione di placche nelle arterie.

2) Ginseng

Secondo la Harvard Medical School, al momento non è chiaro dal punto di vista scientifico il funzionamento della radice di ginseng nel rafforzamento delle difese immunitarie. Si tratta di un aspetto che dovrà essere ancora approfondito dal punto di vista degli studi scientifici, attraverso ricerche più ampie da svolgere in proposito, rispetto a quanto al momento disponibile. La Harvard Medical School lo inserisce comunque tra i rimedi per rafforzare il sistema immunitario che attualmente destano l’interesse del mondo scientifico. Il ginseng viene annoverato da parte della medicina naturale tra i rimedi da utilizzare per stimolare il sistema immunitario in presenza di un abbassamento delle difese da parte dell’organismo.

Leggi anche: Ginseng: mille proprieta’, usi e dove trovarlo

3) Agrumi

Non è probabilmente casuale che gli agrumi possano essere portati in tavola proprio durante la stagione invernale. Il loro contenuto di vitamina C aiuta il sistema immunitario a proteggerci dalle malattie oltre a rafforzare l’organismo, favorendo l’assorbimento del ferro contenuto negli alimenti vegetali. Consumare frutta e verdura di diverso tipo ed in modo vario permette all’organismo di assicurarsi tutte le vitamine necessarie per il buon funzionamento del sistema immunitario, con particolare riferimento a vitamina A e vitamina E.

4) Echinacea

L’assunzione di echinacea viene solitamente consigliata in fitoterapia al fine di prevenire le tipiche malattie da raffreddamento dei mesi invernali. L’echinacea può essere acquistata sotto forma di estratto erboristico racchiuso in capsule o di estratto secco da utilizzare per la preparazione di tisane. Gli estratti di echinacea sono considerati utili per favorire le naturali difese immunitarie dell’organismo. Essa è in grado di agire aumentando la capacità dei globuli bianchi di distruggere batteri e virus, per via della propria azione immunostimolante.

5) Carote

Le carote, e tutti gli alimenti vegetali ricchi di betacarotene, di colore arancione o rosso, contribuiscono a rafforzare le nostre difese immunitarie. Il betacarotene infatti aiuta ad accrescere il numero delle cellule in grado di combattere le infezioni, supporta l’azione dei linfociti T e contribuisce all’eliminazione dei radicali liberi, favorendo i processi di depurazione dell’organismo e contribuendo a contrastarne l’invecchiamento. Stimola inoltre le cellule macrofaghe a produrre sostanze in grado di distruggere le cellule cancerogene.

6) Funghi

Vi sono dei funghi considerati come dei veri e propri medicinali, denominati shiitake, maitake e reishi. Essi contengono betaglucani, dei carboidrati complessi che migliorano l’attività del sistema immunitario contro le infezioni e contro il cancro, oltre a ridurre le allergie legate ad un cattivo funzionamento del sistema immunitario. Gli studi scientifici si sono focalizzati sugli estratti contenuti in tali funghi, che potrebbero risultare benefici se aggiunti alla nostra dieta. I betaglucani sono inoltre contenuti nella crusca di avena e nell’avena integrale.

7) Evitare lo zucchero raffinato

Una delle sostanze da evitare per non compromettere l’attività del sistema immunitario è costituita dallo zucchero raffinato, A parere della dottoressa Brigitte Mars, erborista ed autrice del libro “The Desktop Guide to Herbal Medicines”, gli alimenti e le bevande ricche di zucchero raffinato ostacolano il buon funzionamento delle difese immunitarie naturali del nostro organismo.

Leggi anche: 5 ingredienti raffinati di uso comune che ci stanno avvelenando

8) Ridurre lo stress

Lo stress altera il funzionamento del sistema immunitario e per questo motivo dovremmo imparare ad allentare le tensioni a cui siamo giornalmente sottoposti, in modo da proteggere la nostra salute. Lo stress indebolisce i globuli bianchi rendendoli meno pronti a reagire di fronte ai pericoli esterni, abbassando la loro capacità di attivarsi contro le infiammazioni e lasciandoci dunque più esposti alle malattie. Per ridurre lo stress, è bene dedicarsi spesso ad attività rilassanti come yoga, passeggiate all’aria aperta e attività di gioco insieme a bambini e animali. Il movimento e l’attività fisica sono considerate un toccasana al fine di ridurre lo stress.

9) Riposo

Il riposo aiuta il nostro organismo a recuperare le energie e a rafforzarsi, anche per quanto concerne l’attività del sistema immunitario. La carenza di sonno e di riposo svolge l’effetto di provocare un vero e proprio stress per il nostro corpo, ostacolando le funzionalità del sistema immunitario ed elevando gli stati infiammatori. Si crea così una combinazione che ci rende maggiormente esposti al rischio di contrarre malattie.

10) Smettere di fumare

Il fumo di sigaretta, con particolare riferimento al tabacco, è complice dell’aumento degli stati infiammatori, incrementa la formazione di muco a livello dell’apparato respiratorio ed inibisce l’azione delle ciglia disposte all’interno delle cavità nasali nel liberarsi dello stesso. Si tratta di una condizione che ci espone maggiormente alle infezioni e che porta il sistema immunitario ad affaticarsi per combattere le stesse. Sotto accusa anche il fumo passivo, a cui donne non fumatrici e bambini non dovrebbero mai essere esposti, al fine di non ostacolare il corretto funzionamento delle difese immunitarie.

ERANO PROPRIO METEORITI? SIAMO SICURI?

ERANO PROPRIO METEORITI? SIAMO SICURI?

 

di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)

 

Fonte: www.liberopensare.com

Link: http://www.liberopensare.com/index.php/articoli/item/437-erano-proprio-meteoriti

 

Oltre 1.000 feriti in Russia per un insolito sciame meteorico che ha colpito una zona scarsamente abitata degli Urali

Da fonti interne dell’amministrazione USA veniamo confidenzialmente a sapere che forse le cose non stanno esattamente come ci sono state raccontate…

E anche di là dell’Atlantico qualcuno fa delle affermazioni fuori dal coro.

Ha iniziato il giornale russo Znak riportando la notizia secondo la quale il meteorite era stato intercettato dal sistema di difesa anti-missile di Urzhumka vicino a Chelyabinsk.

Poi il vice primo ministro Dmitry Rogozin, secondo il quale “è necessario sviluppare un nuovo sistema di difesa per identificare e neutralizzare minacce provenienti dallo spazio”, ha fatto nascere qualche sospetto (1).

Ma la vera “bomba” esplode quando il leader liberale Vladimir Zhirinovsky afferma pubblicamente che non si è trattato affatto di meteoriti ma del test di un’arma spaziale americana (2). Da notizie riservate pare che tale arma sarebbe stata abbattuta da un missile russo.

Secondo Zhirinovsky il nuovo segretario di Stato Americano John Kerry voleva avvisare il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov del test ma non sarebbe riuscito ad avvisarlo in tempo perché quest’ultimo era in viaggio in Africa.

Il Dipartimento di Stato USA – da parte sua – ha recentemente confermato che John Kerry non è stato in grado di parlare con Lavrov – in missione ufficiale in Africa – a proposito di “urgenti questioni internazionali”.

Immediatamente alcuni organi di stampa si sono precipitati ad enfatizzare la scarsa affidabilità di Zhirinovsky, noto per le sue posizioni ultranazionaliste.

Il Washington Post scrive che Zhirinovsky “ha accusato l’America per la pioggia meteorica di oggi” (3), WaPo sottolinea come Zhirinovsky sia noto “per la sua retorica nazionalista, anti-occidentale e alle volte bizzarra”, mentre Der Spiegel lo definisce senza mezzi termini un “clown politico”.

Al tempo stesso – manco a dirlo – coloro che hanno riportato la notizia sono stati subito etichettati come “complottisti” (4)…

Noi che non complottisti non siamo – ma neppure burattini del mainstream – un po’ di domande ce le facciamo e attendiamo fiduciosi le risposte:

– Perché meteoriti in un periodo dell’anno in cui la terra non sfiora il quadrante di cielo dove ci sono gli sciami meteorici?

– Perché un meteorite che ha fatto tanto disastro fa un buchetto sul ghiaccio di soli 6 metri di diametro?

– Perché non sono state – a oggi – mostrate tracce fisiche del meteorite mentre vi sono ben 20.000 persone che stanno lavorando a riparare i danni?

– Perché nelle sequenze di alcuni filmati pubblicati in rete si vedono degli altri oggetti che volano più velocemente del meteorite e che sembrano cercare di intercettarne la traiettoria? (5)

UN UOMO PER UN ALBERO: DA SABATO È LEGGE

UN UOMO PER UN ALBERO: DA SABATO È LEGGE

 

di Andrea Spinelli

 

È entrata in vigore sabato scorso la nuova legge che obbliga i Comuni sopra i 15.000 abitanti a piantare un albero per ogni bambino registrato all’anagrafe o adottato: la norma, specificatamente la legge n.10 del 14 gennaio 2013, riprende in realtà un vecchio “obbligo” introdotto in Italia con la legge Cossiga-Andreotti n. 113 del 29 gennaio 1992.

Quella legge, in verità molto poco applicata fatto salvo per qualche ente locale “sperimentatore” (come se piantare un albero fosse un esperimento, quando il vero esperimento per l’essere umano è vivere in megalopoli dall’aria irrespirabile) punta ad incentivare gli spazi verdi urbani: la vera novità della nuova normativa rispetto alla precedente sono alcune modifiche sostanziali per assicurarne l’effettiva applicazione e rispetto.

La storia, per quanto mi riguarda, affonda le radici nel lontano 1953: in quell’anno mio nonno piantò una prima palma in seguito alla nascita della figlia primogenita, mia zia, per poi piantarne nel terreno altre due, alla nascita degli altri due suoi figli, tra cui mia madre.

Quelle palme sono rimaste piantate nello stesso terreno per più di 50 anni, fino a quando il maledetto punteruolo rosso non ha deciso di devastarne l’interno, mortificando il ricordo che si era oramai radicato in una terra che è anche il mio sangue.

L’obbligo introdotto dalla nuova legge non riguarderà tutti i comuni d’Italia ma solo i comuni superiori ai 15.000 abitanti, e non interesserà solo le nascite ma anche le adozioni: per ogni nuovo uomo ci dovrà essere un albero nuovo, che dovrà essere piantato (a norma di legge) entro sei mesi e non più entro l’anno.

Secondo l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) questo dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, contrastare la perdita di quegli 8 mq al secondo di aree verdi in Italia, nonostante il tasso di natalità in Italia non sia esattamente altissimo.

A vigilare sul rispetto della normativa sarà il nuovo Comitato per lo sviluppo del verde pubblico istituito presso il Ministero dell’Ambiente: saranno i Comuni a dover comunicare i dati sulle piantumazioni, fornendo anche informazioni relative al tipo di albero scelto e il luogo in cui questo è stato piantato, provvedendo anche ad un censimento annuale delle piantumazioni ed informando il Comitato al Ministero, che dal canto suo monitorerà l’intera attività.

In base alla nuova normativa inoltre il 21 novembre prossimo, e via via ogni 21 novembre, si festeggerà la Giornata nazionale dell’albero: “per perseguire, attraverso la valorizzazione dell’ambiente e del patrimonio arboreo e boschivo, l’attuazione del protocollo di Kyoto”.

La legge 10/2013 introduce nuove disposizioni sulla tutela degli alberi monumentali: i Comuni italiani dovranno censire e monitorare gli alberi presenti nei loro confini, istituendo un vero e proprio catasto e sanzionando chiunque danneggi tali piante monumentali con ammende da 5.000 a 100.000 euro.

“La legge si propone di realizzare due operazioni: da un lato, una mappatura completa del patrimonio arboreo italiano, in particolare degli alberi monumentali, per capire qual è la situazione del verde dentro i centri urbani di tutto il Paese e realizzare un’efficace azione di manutenzione; dall’altro di realizzare una grande operazione salva-verde in città che coinvolga le scuole, le istituzioni e le imprese”, ha spiegato ad Unomattina Massimiliano Atelli, capo Ufficio Legislativo del Ministero dell’Ambiente.

10 ALIMENTI AMICI DEL CUORE

 10 ALIMENTI AMICI DEL CUORE

 

di Marta Albè

 

Le patologie cardiache, con particolare riferimento all’infarto, rappresentano le maggiori cause di morte nel mondo occidentale. Secondo l’American Heart Association, negli Stati Uniti muore a causa di problemi cardiaci un individuo ogni 39 secondi. Accanto a scelte di vita salutari, che riguardano l’evitare la sedentarietà ed il praticare movimento, ciò che portiamo sulle nostre tavole può avere un importante effetto riguardo al miglioramento della salute del cuore. Dopo avervi indicato i cibi da evitare o almeno limitare per proteggere il suo funzionamento, ecco dieci dei cibi considerati amici del cuore.

1) Uvetta

Secondo una ricerca scientifica, il consumo di uvetta può contrastare lo sviluppo di batteri in grado di causare gengivite ed infiammazione. Le persone affetta da gengivite sarebbero più esposte di altre a problemi cardiaci. Gli esperti hanno individuato l’infiammazione come punto in comune tra gengivite e problemi cardiaci. L’uvetta potrebbe contribuire a ridurla.

2) Cereali integrali

Gli individui che consumano cereali integrali tendono ad essere maggiormente in forma ed a presentare un minor rischio di incorrere in patologie cardiache. Ciò sarebbe dovuto al contenuto di antiossidanti, fitoestrogeni e fitosteroli, considerati come agenti protettivi nei confronti delle coronarie. Anche le fibre contenute nei cereali integrali sono correlate a benefici per il cuore. Secondo uno studio condotto da parte dell’Università di Harvard, il consumo di fibre vegetali è in grado di ridurre i rischi cardiaci del 40%. Le fibre solubili contribuiscono ad agevolare la digestione dei grassi e a diminuire i livelli del colesterolo LDL, nemico delle arterie.

Leggi anche: 7 alimenti sorprendentemente ricchi di fibre

3) Legumi

Inserire i legumi regolarmente nella propria alimentazione aiuta a proteggere la salute del cuore. Il consumo di legumi contribuisce ad abbassare i livelli di colesterolo nel sangue e le fibre solubili presenti in essi permettono che il colesterolo (assente negli alimenti vegetali) non venga assorbito da parte dell’intestino. I legumi contengono inoltre sostanze benefiche come i flavonoidi, che agiscono riducendo il rischio di infarto e di ictus, contrastando la formazione di coaguli nel sangue.

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4) Olio di semi di lino

Olio di semi di lino e semi di lino rappresentano le principali fonti vegetali di acido linoleico ed alfa linoleico, utilizzati dall’organismo per la formazione degli omega 3. Gli omega 3, presenti ad esempio anche nelle noci, per quanto riguarda il regno vegetale, contribuiscono a diminuire la pressione sanguigna e a prevenire variazioni del ritmo cardiaco. Aiutano inoltre ad abbassare i livelli di trigliceridi ed il rischio di formazione di trombi.

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5) Frutta secca

Mandorle, noci, nocciole, pistacchi e pinoli sono alcuni rappresentanti della frutta secca considerata benefica per il cuore per via dell’elevato contenuto di grassi monoinsaturi e polinsaturi e della bassa presenza di grassi saturi. Secondo gli esperti, consumare frutta secca da due a quattro volte alla settimana può contribuire a diminuire l’incidenza delle patologie cardiache nella popolazione.

6) Cioccolato

Consumare quantità moderate di cioccolato extra-fondente, ad alto contenuto di flavonoidi, a parere degli esperti può contribuire a migliorare la salute cardiovascolare ed il funzionamento del sistema immunitario, riducendo l’infiammazione. Il merito è dei flavonoidi, contenuti nel cacao, che hanno la capacità di svolgere un’azione protettiva nei confronti dei vasi sanguigni e del cuore. Il cacao sarebbe inoltre in grado di contribuire ad abbassare la pressione sanguigna.

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7) Pomodori

I pomodori sono un eccellente fonte di vitamina A e di vitamina C, oltre che di potassio, fibre e licopene. Secondo gli esperti, l’insieme di nutrienti presenti nei pomodori può contribuire a prevenire le malattie cardiovascolari. La cottura dei pomodori può diminuire il loro contenuto di vitamina C, ma facilitare l’assorbimento del licopene, mentre l’attività degli antiossidanti rimarrebbe inalterata.

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8) Mele

Il consumo di mele è stato associato ad una riduzione del rischio di morte sia dovuto a patologie coronariche che a fattori cardiovascolari, secondo quanto emerso dallo Women’s Health Study, che ha valutato lo stato di salute di oltre 34.000 donne per quasi 20 anni. L’azione protettiva delle mele nei confronti del cuore, sia negli uomini che nelle donne, è dovuta al loro contenuto di antiossidanti, come flavonoidi e quercitina, i quali giocano un ruolo essenziale nel prevenire la formazione di placche nelle arterie, nell’inibire l’ossidazione del colesterolo LDL e l’infiammazione. La pectina contenuta naturalmente nelle mele contribuisce inoltre ad abbassare i livelli del colesterolo nel sangue.

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9) Melograno

Studi scientifici hanno dimostrato come il melograno possa contribuire a ridurre la formazione di placche nelle arterie e ad abbassare i livelli della pressione sanguigna. Gli esperti credono che i benefici dei melograni siano dovuti al loro contenuto di polifenoli, compresi gli antociani, contenuti anche in altri frutti, come i mirtilli, ed i tannini, presenti anche nel tè. Secondo David Heber, direttore dell’UCLA Center for Human Nutrition, il succo di melograno contiene il maggior quantitativo di antiossidanti, rispetto al succo di mirtilli neri, al vino rosso ed al succo di mirtilli rossi.

10) Banane

Una banana contiene in media 422 milligrammi di potassio, il 12% della dose raccomandata giornalmente. Il potassio contribuisce a mantenere le normali funzioni del cuore ed a bilanciare la presenza di sodio e di acqua nell’organismo. Il potassio aiuta i reni ad eliminare il sodio in eccesso, permettendo il mantenimento di livelli salutari di pressione sanguigna. L’assunzione di potassio è fondamentale per coloro che assumono farmaci diuretici a causa di problemi cardiaci, in quanto attraverso l’urina, oltre al sodio ed ai liquidi in eccesso, viene eliminato il potassio stesso. Altre fonti di potassio sono rappresentate, ad esempio, dagli spinaci e dalle patate dolci.

INFLAZIONE E DOLLARO “BLEU” – L’AUTO-INTOSSICAZIONE CHE MINACCIA L’ARGENTINA

INFLAZIONE E DOLLARO “BLEU” – L’AUTO-INTOSSICAZIONE CHE MINACCIA L’ARGENTINA

 

di Estelle Leroy-Debiasi per El Correo

 

Fonte: http://www.mondialisation.ca

Link: http://www.mondialisation.ca/lauto-intox-de-linflation-et-du-dollar-bleu-qui-menace-largentine/5322025

Traduzione per Comedonchisciotte.org a cura di Stefano Chiodini

 

Congelamento dei prezzi nei supermercati fino al 1° aprile in Argentina: il segretario di Stato del Commercio Interno ha firmato un accordo in questo senso con l’associazione che rappresenta le più grandi catene di supermercati del paese – l’Asociaciòn des Supermercados Unidos -. Una misura attesa perché lo spettro dell’inflazione sta intossicando l’Argentina, e si sa, si tratta di un fattore che può esplodere alla prima occasione.

Spesso i primi responsabili sono gli intermediari tra il produttore e il consumatore finale.

Non contenti e soddisfatti da una decennale e sostenuta crescita che ha permesso di vivere meglio, certi agenti economici sarebbero stati pervasi dal desiderio di arricchire più velocemente e spingendo al rialzo dei prezzi, dei salari… e così si alimenta la spirale perversa.

Inoltre l’estate è un periodo favorevole all’impennata dei prezzi, soprattutto nelle zone di villeggiatura. Il presidente argentino, che ha affrontato la questione dell’inflazione nel discorso del 25 gennaio scorso, ha invocato i cittadini di fare uso del loro potere di consumatori e di boicottare gli hotel, i ristoranti, ecc., che fanno impennare i prezzi troppo velocemente. Chiaramente il consumatore argentino deve riappropriarsi del proprio potere. Sulla costa atlantica, quando i prezzi si sono infiammati troppo in fretta e le prenotazioni hanno tardato, gli hotel hanno compreso il messaggio e hanno ribassato i prezzi.

Il consumatore deve esercitare il proprio potere

Del resto è la distribuzione ad avere delle responsabilità per quello che concerne anche, e soprattutto, i prodotti di consumo di base. Infatti in Argentina l’80% degli alimenti, delle bevande, e dei casalinghi sono prodotti da 28 imprese. Il settore della distribuzione è ugualmente molto concentrato e raggruppa – Coto, Jumbo, Carrefour, Vea, Disco, Walmart, La AnÓnima et Cadena Libertad de Bahía Blanca – e controlla anche i grossisti. È per questo che l’accordo strappato ai grandi distributori è importante. Si fa anche affidamento sul gioco della concorrenza degli altri circuiti di distribuzione come i supermercati cinesi o i piccoli esercizi commerciali. Resta da verificare come andrà dopo il 1° aprile, anche negli altri settori. Infatti, dopo diversi mesi di rialzi successivi dei prezzi, visto che anche gli industriali vedranno i loro prezzi congelati, nonostante il congelamento dei prezzi, i grandi distributori potranno incassare per due mesi senza perdere il proprio margine.

Il fattore altamente soggettivo

Il soggetto è tra i più sensibili. C’è inflazione e anche crescita, nulla giustifica che tutto precipiti. Secondo l’Instituto Nacional de Estadìstica y Censos, la variazione dell’indice dei prezzi al consumo nel 2011 è stata del 10,8 %. Ma altri indicatori lo valutano il doppio. Tutti vogliono la propria fetta di torta o almeno la possibilità di seguire l’onda. Ancora recentemente il governo argentino ha annunciato un aumento del 15% delle pensioni di base a partire dal 1° marzo. La pensione minima è aumentata del 28% da marzo 2012. Difficile negare la presenza di tensioni inflazionistiche anche se si evocano delle riprese storiche.

La questione sull’inflazione non è più – c’è o non c’è – ma come evitare che precipiti? Perché questo rialzo dei prezzi compromette la stabilità del Paese e soprattutto la sua moneta? Perché anch’essa contribuisce alla speculazione sul dollaro che si costruisce al mercato nero. Il dollaro “bleu” come lo chiamano gli argentini. Frutto di antiche paure, gli argentini non possono sottrarsi alla fede nella supremazia del biglietto verde, che pure nel resto del mondo non ha più la quotazione di bene rifugio, a cominciare dalla Cina che se ne libera appena può! E quindi questo dollaro “bleu” ha preso il volo fino a sfiorare gli 8 pesos quando il suo corso ufficiale è a 4,99 e questo senza l’intervento di nessun avvenimento politico che possa giustificarlo.

Dopo è leggermente regredito al 7,58 (al 5 febbraio 2013). Con gli stessi sospetti di speculazione – al rialzo come al ribasso – difficile giudicare questo cambiamento di tendenza; una cosa è sicura, è la mancanza di trasparenza di coloro che operano e alimentano questo mercato illegale. Perché evidentemente, è legato all’evasione fiscale. Ci si può domandare: perché il governo non interviene drasticamente per sradicare la rete del mercato nero del dollaro? Sarà trattenuto dalla paura della repressione?

Marionette

Da parte loro, le autorità della Banca Centrale lasciano intendere che il dollaro “bleu” prende il volo perché è anche sostenuto da una domanda stagionale, che si riassorbirà una volta terminate le vacanze, tenuto conto della necessità di una autorizzazione da parte dell’Administración Federal de Ingresos Pùblicos – l’amministrazione fiscale – per acquistare moneta straniera bisogna essere in regola con le imposte. Il governo ha preso delle misure per disciplinare il mercato dei cambi diversi mesi fa per limitare la fuga di capitali e la relativa evasione e frode fiscale! Ma la follia speculativa che si impossessa del dollaro “bleu” è anche tenuta in vita dai rumori sapientemente distillati nella stampa di opposizione di incontrollabile svalutazione, o di affossamento dei cambi, che trasforma il corso del dollaro “bleu” in una sorta di indicatore di rischio del Paese che contribuisce in gran parte alla autointossicazione. Il soggetto diviene soggettivo, psicologico, irrazionale.

Ma gli argentini della classe media che si prestano a questo gioco pericoloso, non hanno ancora compreso che non saranno loro a vincere – sono delle marionette – perché i grandi speculatori di questo mercato illegale – che ne tirano le fila e lo influenzano pesantemente – giocano tanto al rialzo quanto al ribasso, e saranno i vincitori di questa spirale perché giocano nei mercati finanziari “contro” il Paese, e dunque, contro il suo popolo!

Aspettiamo che il governo argentino abbia margine di manovra … su questo soggetto, (allentare la presa sulle restrizioni delle divise, tracciare e sradicare il mercato parallelo del dollaro …) il che passa certamente attraverso la gestione migliore della comunicazione.

NIENTE SONDAGGI, MA LA PREVISIONE E’ VITTORIA DI BERSANI ALLA CAMERA CON 2 REGIONI ANCORA INCERTE, NON BENISSIMO MONTI

NIENTE SONDAGGI, MA LA PREVISIONE E’ VITTORIA DI BERSANI ALLA CAMERA CON 2 REGIONI ANCORA INCERTE, NON BENISSIMO MONTI

 

 

I sondaggi come si sa sono proibiti negli ultimi 15 giorni di campagna elettorale, anche se fioccano quelli clandestini, commissionati dagli stessi partiti, un po’ come bere in America alcolici, durante il proibizionismo. Poi ci sono quelli “beffa”, che fanno una sorta di metafora con le corse ippiche. Perche’ poi tanto mistero? In America per esempio non e’ cosi’. Quindi dati, solo per i bene informati o per coloro che si definiscono tali, anche perche’ le rilevazione dei varii schieramenti discostano parecchio tra loro. Un previsione per’ e’ possibile farla, vittoria alla Camera per Bersani, che con il premio di maggioranza, arriverebbe al 55%. Bene comunque il Pdl, che il anche se non completera’ la rimonta, rimarra’ il priu’ importante partito di opposizione, bene anche Grillo e la Lega, non benissimo Monti e decisamente malino per Casini e sopratttto per Fini, che rischia di non entrare alla Camera. Nella coalizione sara’ ripescato infatti solo il primo partito sotto il 4%. E questa soglia appare difficle anche per Casini, mentre Fini e’ attestato piu’ in basso. Decisivo per la governabilita’ sara’ il Senato. Il Veneto dovrebbe andare (unica regione sicura) al centrodestra. Determinanti sarebbero la Lombardia, dove rimarre in vantaggio Berlusconi (anche se di poco) e la Sicilia dove invece la partita si gioca a previsioni inverse. Se Monti entrera’ in Senato con una trentina di senatori potrebbe diventare l’ago della bilanccia, anche se Bersani ce la potrebbe fare ad avcere una maggioranza autosufficiente anche al Senato.

Draghi: “Non migliora l’economia reale”

Draghi: “Non migliora
l’economia reale”

“Tagliare la spesa, tasse già alte”

Il presidente Bce: “Necessari ancora sforzi considerevoli”. E sul sistema bancario: “Mps caso isolato, difficoltà frutto di attività criminale”

 
Mario Draghi (Ansa)

Mario Draghi (Ansa)

Bruxelles, 18 febbraio 2013 – “Non c’è ancora un miglioramento dell’economia reale, sebbene ci siano segnali di stabilizzazione”: così Mario Draghi al Parlamento Ue. Per vedere una “graduale ripresa” si dovrà aspettare “la seconda metà dell’anno”, ha aggiunto il presidente Bce di fronte alla commissione Affari economici e monetari.

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La situazione oggi “è più stabile” grazie alle riforme condotte nei vari paesi e alle azioni delle istituzioni europee. Però devono essere fatti “notevoli sforzi” per riemergere dalla crisi “per ricreare fiducia tra investitori e cittadini e ristabilire stabilità e crescita”, ha continuato Draghi durante un’audizione all’Europarlamento. Nell’area euro “siamo entrati nel 2013 in un contesto più stabile, rispetto a quelli degli ultimi anni, grazie alle riforme concertate tra i governi e alle azioni decisive adottate dalle istituzioni europee”.

I rimborsi delle banche dei prestiti Ltro alla Bce “sono stati superiori alle attese”, ha continuato. “Il tasso di cambio non è un obiettivo politico, ma un elemento importante per la stabilità dei prezzi”. “L’apprezzamento dell’euro è un rischio – ha aggiunto – Il comunicato finale del G20 non è deludente”.

Le tasse dell’Eurozona “sono già molto alte”.  Secondo Mario Draghi per mitigare gli effetti del consolidamento fiscale “la chiave sono i tagli alla spesa, non gli aumenti delle tasse“. 

CASO MPS – Il presidente della Bce è anche intervenuto su Mps, che resta comunque un “caso isolato”, ma la cui  difficile situazione “non è solo questione di gestione bancaria ma anche di attività criminale”. Interpellato da un parlamentare sullo stato di salute del sistema bancario italiano, Draghi ha sottolineato come “la reazione alla prima fase della crisi fu solida” e che “le banche italiane non ebbero bisogno di sostegno pubblico come in altri paesi”, a eccezione di “casi isolati come Mps, dove il problema non è stato però legato tanto alla gestione quanto a condotte criminali”. “Non dimenticatevi che sono io ad aver mandato le due ispezioni a Mps”, ha aggiunto.

In questo momento, invece le banche italiane “stanno soffrendo per il protrarsi della recessione”, ma “i maggiori istituti sono ben capitalizzati”. “Ora stiamo assistendo agli effetti di una recessione prolungata”, ha spiegato Draghi: “Il sistema mostra un po’ di fragilità perché si iniziano a vedere gli effetti dei prestiti in sofferenza o di tassi di interesse tenuti bassi per lungo tempo; le banche però sono ben capitalizzate”.