Equitalia molla i Comuni: le multe si pagano?

Equitalia molla i Comuni: le multe si pagano?

17 maggio 2013 | Pubblicato da:  | Commenti: 10 | In: Blog

Equitalia molla i Comuni: le multe si pagano?

Dal 1° luglio Equitalia, la società pubblica incaricata alla riscossione dei tributi, cesserà la sua attività per i Comuni Italiani. L’obiettivo è quello di riportare l’autonomia fiscale, ma non tutte le amministrazioni sono pronte. Circa 6 mila sindaci, sugli ottomila che avevano esternalizzato la riscossione dei tributi, non hanno ancora trovato un soluzione o scelto un’alternativa.

Equitalia avrebbe dovuto “abbandonare” i Comuni italiani già alla fine del 2011, in base al decreto sviluppo di quell’anno, ma dopo due proroghe sta per arrivare la data dei (potenziali) saluti finali. Il 30 giugno 2013 è il termine ultimo per quei 6 mila Comuni per i quali Equitalia effettua ancora la riscossione, spontanea o coattiva, dei tributi. Dal giorno seguente, le amministrazioni potranno inglobare il servizio all’interno delle gestione comunale, operazione che richiederebbe un investimento di capitali e assunzione di personale, oppure servirsi di un soggetto esterno selezionabile tramite una gara pubblica.

A questo buco normativo se ne aggiunge un altro ancora più preoccupante, ovvero lo stop previsto per le riscossioni inferiori ai 2 mila euro. Un’azione volta a smorzare le tensioni sociali, venutesi a creare a causa delle innumerevoli cartelle esattoriali ricevute dai cittadini, ma che va a creare una voragine nelle casse comunali che rischiano di vedere ancora meno soldi in entrate. Risulterà ancora più difficile riscuotere i crediti relativi alle multe non pagate, visto che mediamente un verbale generico compreso di more e interessi non arriverebbe mai sopra i duemila euro. Il caos normativo premia sempre i più furbi, ovvero coloro i quali non pagheranno più le multe perché non soggette a cartelle esattoriali.

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Gli automobilisti cestinano le multe perché Equitalia abbandona i Comuni italiani. http://bit.ly/YMeCmR via @6sicuro

Molti sono gli automobilisti che, venuti a conoscenza della “falla” nel sistema, hanno deciso di cestinare le contravvenzioni ricevute. Un gesto dettato non solo dalla mancanza di senso civico, ma anche dalla comunicazione di Equitalia che ha chiesto alle Amministrazioni di fermare l’inoltro di ruoli a partire dal 20 maggio. Una situazione complessa in cui ci sono realtà amministrative che riescono a gestire autonomamente la riscossione dei crediti, altre che non hanno fondi per la formazione di nuovo personale. Un giochetto che potrebbe costare il 20% degli 1,5 miliardi di euro notificati tramite contravvenzioni, che mediamente non vengono pagati nell’arco di un anno.

Non pagare una multa oggi potrebbe sembrare la scelta più ovvia per i furbi, ma apporterebbe ben più gravi conseguenze una volta appianato il caos normativo.
Infine, non si esclude una nuova proroga per l’operato di Equitalia che continuerebbe a riscuotere i tributi fino a nuove disposizioni.

Così deve cambiare Equitalia: niente ipoteca sulla prima casa, rate ancora più lunghe, stop ai pagamenti anticipati

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Un sì unanime da tutte le forze politiche della Commissione Finanze della Camera alla risoluzione che impegna il Governo a cambiare le regole sul concessionario della riscossione. Tra le priorità anche la riduzione dei costi per i contribuenti e un’ipotesi di proroga sulle multe dei Comuni. Equitalia cambierà.

Le questioni aperte
Niente ipoteche ed espropriazioni sulla prima casa se è l’unico patrimonio di cui dispone il contribuente. Piani ancora più lunghi di rateazione con la possibilità – in presenza di una comprovata e grave difficoltà a causa della crisi economica – di sospendere il pagamento per un periodo di sei mesi. E ancora uno stop al principio del pagamento anticipato (quello che in gergo tecnico si chiama solve et repete) in base al quale il contribuente che presenta ricorso deve comunque versare un terzo dell’importo contestato dal Fisco, salvo poi vederselo restituire se dovesse avere ragione. 
Ma anche la pignorabilità fino a un massimo di un quinto dei beni utilizzati dall’imprenditore per la propria attività. Sono questi i punti principali della risoluzione approvata dalla Commissione Finanze della Camera che impegnano il Governo a intervenire sul concessionario pubblico della riscossione. Una risoluzione approvata all’unanimità come sottolinea il primo firmatario e presidente della Commissione, Daniele Capezzone. Con l’obiettivo di puntare a una maggiore flessibilità senza mettere in discussione la funzione e la capacità di riscuotere, a detta del capogruppo Pd in Commissione, Marco Causi.

 
 

Le richieste della Camera 
Di fatto il Parlamento fissa così i capitoli del dossier su Equitalia che il premier Letta aveva aperto con il discorso sulla fiducia alla Camera, parlando di una ferrea lotta all’evasione ma senza che la parola Equitalia incuta spavento nei contribuenti. E tra i punti della risoluzione ci sono anche altri tre fronti molto caldi. Il compenso che spetta al concessionario pubblico per l’attività di riscossione: il cosiddetto aggio è stato portato all’8% (anche se sugli accertamenti esecutivi è comunque rimasto al 9%) a partire dal 1° gennaio scorso. Una percentuale da rivedere secondo i parlamentari, dando attuazione al percorso già avviato con il decreto salva-Italia di fine 2011 per riparametrare il compenso a Equitalia in base ai costi effettivamente sostenuti. Un punto che impegna al Governo proprio mentre la Corte costituzionale si appresta a decidere sulla sproporzione dell’attuale aggio dopo che ben due Commissioni tributarie (Roma e Torino) hanno sollevato un problema di costituzionalità. Sempre sul fronte dei costi, la Camera chiede un intervento sugli interessi di mora – appena aumentati al 5,2% (con un rincaro di circa il 15%) dal 1° maggio – e per evitare ogni forma di anatocismo.

Il nodo Comuni 
Infine il capitolo enti locali. Entro fine giugno i Comuni dovranno abbandonare per legge Equitalia, che ha già chiesto di non inviare nuovi ruoli da qui alla scadenza. La Commissione Finanze invita il Governo ad a verificare approfonditamente l’efficacia ed efficienza del nuovo sistema di accertamento e riscossione delle entrate comunali «anche valutando l’opportunità di una proroga» e a ripensare le norme vigenti anche uniformando gli strumenti già ora a disposizione per riscuotere le tasse e i ruoli dei municipi.

Imu-Tares e Iva, una batosta da 734 euro per le famiglie italiane

Imu-Tares e Iva, una batosta da 734 euro per le famiglie italiane

Tra il possibile aumento Iva del primo luglio, la scadenza Imu di giugno al netto dell’esclusione della prima casa e il pagamento della nuova tassa sui rifiuti, la Tares a dicembre, potrebbe arrivare una batosta 2013 da 734 euro a famiglia. A calcolarlo è la Federconsumatori, sommando i rincari annui per ogni singola imposta a carico di una famiglia media: 45-45 euro per la Tares, 207 euro per l’Iva, 480 euro medi per l’Imu (prima casa esclusa).
IMU – Un decreto del governo ha sospeso il versamento della rata Imu del 16 giugno per la prima casa. La scadenza resta però valida per le seconde e altre case e per gli immobile extralusso. Il governo si è dato tempo fino al 31 agosto prossimo per mettere a punto una riforma complessiva del sistema fiscale sugli immobili. Se però entro quella data non si riuscisse a centrare l’obiettivo, la rata sulla prima abitazione dovrà comunque essere pagata, fissando un nuovo termine al 16 settembre. La sospensione della prima rata vale 4 miliardi di versamento allo Stato.
IVA – Dovrebbe scattare il prossimo primo luglio il programmato aumento dell’aliquota standard dell’imposta sui consumi, passando dal 21% al 22%. Un’intervento che vale 2 miliardi e che nelle intenzioni, il governo vorrebbe scongiurare. L’imposta sul valore aggiunto, nell’eventuale maggiorazione, riguarderà vino, birra, carburanti, abbigliamento e altri beni e servizi. Dall’aumento dell’Iva sono esclusi invece i beni di prima necessità, come alimentari, sanità, istruzione, la casa e tutti i beni ai quali si applica l’Iva al 10% o al 4%, o non si applica affatto.
TARES – la Tariffa Rifiuti e Servizi è una tassa di scopo sui costi di raccolta e smaltimento rifiuti e altri servizi comunali, calcolata in base alla metratura delle abitazioni e al numero dei componenti. Sostituisce la Tarsu e la Tia, rispetto alle quali comporterà un aumento medio di 0,30 euro al metro quadrato. Dopo una serie di rinvii sulle scadenze, è stato deciso che la maggiorazione di 30 centesimi a mq verrà adottata a partire da dicembre, andando a finire tutta direttamente nelle casse dello Stato.

Bufera su Apple. Nel mirino le cassaforti nei paradisi fiscali: tasse non pagate per 44 miliardi di dollari

Bufera su Apple. Nel mirino le cassaforti nei paradisi fiscali: tasse non pagate per 44 miliardi di dollari

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New York – L’ultima innovazione di Apple non riguarda l’iPhone o l’iPad. Apple ha scoperto le società apolidi: non hanno sede fiscale da nessuna parte, quindi il loro reddito non è tassato da alcuno stato al mondo. E’ in questo modo che la società di Cupertino avrebbe, del tutto legalmente, evitato di dover pagare imposte su 44 miliardi di dollari di profitti. E, quando si contano gli utili su cui ha versato tasse estremamente basse, il totale salirebbe ad almeno 74 miliardi in quattro anni.

Il “meccanismo” è stato messo in luce da un rapporto del Senato americano, più precisamente della sua Sottocommisione permanente d’inchiesta. Che ieri ha chiamato il chief exeucutive dell’azienda, Tim Cook a renderne conto in aula. Un meccanismo che conta su vuoti nell’incrocio tra la legislazione americana e irlandese: le divisioni internazionali di Apple, alle quali fanno capo le attività in Europa, Medio Oriente, India, Africa e Asia, hanno sede a Cork in Irlanda. Ma per Dublino sono effettivamente “controllate a gestite” dal quartier generale negli Stati Uniti, quindi ai loro fini non vanno tassate localmente. Peccato però che per gli Stati Uniti il loro reddito sia generato all’estero, quindi la tassazione americana può essere differita fintanto che i capitali restano fuori dai confini.

 

Risultato: la colossale divisione Apple Operations International dal 2009 al 2012 ha intascato 30 miliardi ma non ha dichiarato alcun dimicilio fiscale e in cinque anni non ha mai neppure presentato una dichiarazione dei redditi. Una seconda divisione, la Apple Sales International, avrebbe pagato un’aliquota effettiva pari allo 0,5 per cento. Gli inquirenti del Congresso hanno parlato apertamente di un ricorso ad “alchemia” fiscale e ad “aziende fantasma” da parte di Apple.

Cook, coadiuvato dal direttore finanziario Peter Oppenheimer, si è difeso a spada tratta durante la lunga audizione, dominata dalle aggressive domande dei senatori Carl Levin, democratico, e John McCain, repubblicano. Levin ha denuciato che “Apple ha sfruttato un’assurdità che non abbiamo visto altre aziende utilizzare”. Ma il chief executive di Apple ha contrattaccato chiedendo piuttosto una riforma del sistema fiscale per le aziende che permatta di rimpatriare capitali senza pagare un’aliquota considerata punitive e pari oggi al 35 per cento. Cook ha proposto un’aliquota inferiore al 10% per rimpatriare profitti e essere competitivi con altri paesi.

L’amministratore delegato ha anche assicurato che Apple ha sempre pagato tutte le imposte dovute negli Stati Uniti, sei miliardi sdi imposte sul reddito nel 2012. Anzi ha affermato di ritenere che Apple sia il principale contribuente aziendale all’erario americano: ha calcolato di essere responsabile del versamento di un dollaro ogni 40 di gettito fiscale della Corporate America.

Senza contare le migliaia di posti di lavoro che ha creato sostenendo l’economia del Paese. La divisione irlandese, a suo avviso, è semplicemente un modo per gestire efficacemente contanti già tassati altrove.

Le mosse fiscali di Apple hanno destato scalpore, ma non sono isolate. Nella polemica su riforma fiscale e elusione delle tasse altre aziende hi-tech americane sono finite di recente nel mirino del Congresso, tra queste la Hewlett-Packard e la Microsoft. La prima è stata criticata per aver rimpatriato surretiziamente profitti, facendoli passare per prestiti esentasse delle controllate alla casa madre. La seconda per il trasferimento “di comodo” offshore di redditizie proprietà intellettuale.

Imu, Tares e Iva: in arrivo una ‘stangata’ da 700 euro a famiglia

Imu, Tares e Iva: in arrivo una ‘stangata’ da 700 euro a famiglia

 

 

Una ‘stangata’ da 734 euro a famiglia nel 2013. A tanto ammonterà la somma che dovrà sborsare ogni nucleo nel corso di quest’anno tra Imu (al netto dell’esclusione della prima casa), la Tares di dicembre e il possibile aumento di un punto percentuale dell’Iva dal primo luglio secondo uno studio di Federconsumatori e Adusbef che hanno sommato i rincari previsti voce per voce: 40-45 euro per la Tares, 207 euro per l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, 480 euro in media per l’Imu. Nello stesso tempo Confcommercio stima che l’aumento dell’Iva acuirà la crisi nel commercio al dettaglio e porterà alla scomparsa nel corso del 2013 di 26.000 piccole imprese del settore. “Non si è ancora capito – affermano in una nota Federconsmatori e Adusbef – che il potere di acquisto delle famiglie, ormai ridotto ai minimi storici, sta determinando un mercato in continua contrazione e recessione, con gravi ripercussioni sia sul benessere delle famiglie stesse che sulle imprese. Anche alla luce di altri aumenti quali prezzi e tariffe, vi sarà un’ulteriore riduzione del potere di acquisto, soprattutto a danno dei redditi fissi (lavoratori e pensionati). In uno scenario simile, aumentare l’Iva avrebbe una ricaduta impressionante e deleteria su un mercato già asfittico, facendo impennare ulteriormente prezzi e tariffe”. “Quel che è peggio – proseguono Federconsumatori e Adusbef – è che ad aumentare non saranno solo i prodotti soggetti all’Iva al 22% peraltro il 70% del totale, ma, attraverso costi aggiuntivi a partire da quello fondamentale dei carburanti, incidendo sui costi di trasporto verranno ritoccati i prezzi di tutti i beni trasportati su gomma, in particolar modo i beni di largo consumo, nonché le tariffe praticate da artigiani e professionisti, oltre agli arrotondamenti che si verificheranno come sempre a sfavore delle famiglie Si può calcolare che l’aumento dell’Iva determinerà, con le motivazioni indicate, un’implementazione del tasso di inflazione di 0,6 – 0,7 punti percentuali, con una ricaduta negativa complessiva di 207 euro annui in più a famiglia con un nucleo di tre persone”.

Addio Equitalia, per le multe vecchie c’è il rischio prescrizione Quelle nuove vanno pagate

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Argomenti: Polizia Stradale | Vigili Urbani | Polizie

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Chi potrà “beneficiare” del blocco della riscossione delle multe stradali che scatterà lunedì prossimo, 20 maggio? E come dovrà comportarsi? Ma poi converrà davvero non pagare oppure si rischia di essere “beccati” comunque, magari tra qualche anno, dovendo quindi aggiungere all’importo della multa gli interessi e le spese di riscossione? Le risposte sono piuttosto articolate. vediamole una per una.

Per chi si blocca la riscossione

 
 

Il blocco della riscossione riguarda solo Comuni e Province, per cui si fermeranno le procedure relative alle infrazioni accertate dagli agenti di polizia locale (cioè vigili urbani e personale delle Polizie provinciali); quelle rilevate dagli altri organi di polizia stradale sono di competenza statale.

Ma non basta sapere da chi si è stati multati: è necessario considerare anche quando è stata commessa l’infrazione. Infatti, quando parliamo di riscossione di multe stradali, parliamo dell’ultima fase di un procedimento che spesso dura anche anni: l’agente della riscossione è l’anello terminale di una catena che comincia dall’agente di polizia che rileva l’infrazione.

Di fatto, la palla passa all’agente della riscossione quando c’è la ragionevole sicurezza che la multa non sarà pagata. Non c’è una tempistica assolutamente precisa: il Codice della strada (articolo 206) si limita a dire che, quando trascorrono i termini per il pagamento, la somma va messa a ruolo (cioè nell’elenco degli importi da incassare) e che il ruolo poi passa all’agente della riscossione.

Già i termini per il pagamento sono variabili: se non si presenta ricorso, ci sono 60 giorni a partire dalla notifica del verbale, che quando si viene fermati subito coincide con la data dell’infrazione, altrimenti è il giorno nel quale si riceve materialmente in mano l’atto dal postino o dal messo notificatore (se ciò non accade, il conteggio parte da quanto trascorrono 10 giorni di giacenza del plico nell’ufficio postale); in caso di ricorso perso, ci sono 150 giorni dalla sentenza per notificarla e da quest’ultima notifica ci sono 30 giorni per pagare.

A tutto questo va aggiunto che il ruolo non viene compilato immediatamente dopo la scadenza del termine di pagamento: si attende sempre un certo periodo (a discrezione dell’ente che procede) per vedere se il trasgressore paga spontaneamente, sia pure in ritardo (cosa che di fatto comportsa il raddoppio della sanzione). Ulteriore tempo (sempre a discrezione dell’ente) passa dalla compilazione del ruolo al suo affidamento all’agente della riscossione. L’unico vincolo alla discrezionalità dell’ente sui tempi di compilazione e affidamento del ruolo è la prescrizione: passati cinque anni dalla data dell’infrazione (salvo casi particolari), la multa diventa inesigibile. Occorre quindi organizzare la riscossione per tempo.

Il blocco che scatta lunedì colpisce proprio questa fase, quindi tutti i verbali che gli agenti della riscossione “hanno in pancia”. Alla luce di tempi e procedure citati sopra, si può dire che siano grossomodo verbali non pagati al massimo negli ultimi cinque anni, più quelli che devono essere ancora notificati all’interessato.

Come comportarsi

In teoria, il blocco della riscossione comporta il mancato avvio delle attività del riscossore. In sostanza, non vengono spedite le cartelle di pagamento. Quindi, il cittadino deve solo “stare fermo”.

Conviene non pagare il verbale?

Questo non significa che basti non pagare per farla definitivamente franca. Infatti, tutto dipende da quando Comuni e Province (o lo Stato, prendendo in mano la situazione e magari emanando nuove norme) colmeranno il buco che si apre da lunedì incaricando nuovi agenti della riscossione o trovando altre soluzioni. Bisognerà poi vedere quando i nuovi soggetti incaricati diventeranno operativi e, soprattutto, se riusciranno a ricostruire completamente i ruoli arretrati (operazione difficile). Chi non vuole pagare deve sperare che fino a quel momento trascorrano i cinque anni che fanno scattare la prescrizione oppure che, nel passaggio da un riscossore all’altro, la sua posizione si perda.

Questo significa che, se si è stati multati in questi giorni e la sanzione è fondata, conviene pagare subito, senza attendere che si arrivi alla fase della cartella di pagamento: difficilmente il caos della riscossione durerà di qui a cinque anni.

Addio Equitalia, per le multe vecchie c’è il rischio prescrizione Quelle nuove vanno pagate

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Chi potrà “beneficiare” del blocco della riscossione delle multe stradali che scatterà lunedì prossimo, 20 maggio? E come dovrà comportarsi? Ma poi converrà davvero non pagare oppure si rischia di essere “beccati” comunque, magari tra qualche anno, dovendo quindi aggiungere all’importo della multa gli interessi e le spese di riscossione? Le risposte sono piuttosto articolate. vediamole una per una.

Per chi si blocca la riscossione

 
 

Il blocco della riscossione riguarda solo Comuni e Province, per cui si fermeranno le procedure relative alle infrazioni accertate dagli agenti di polizia locale (cioè vigili urbani e personale delle Polizie provinciali); quelle rilevate dagli altri organi di polizia stradale sono di competenza statale.

Ma non basta sapere da chi si è stati multati: è necessario considerare anche quando è stata commessa l’infrazione. Infatti, quando parliamo di riscossione di multe stradali, parliamo dell’ultima fase di un procedimento che spesso dura anche anni: l’agente della riscossione è l’anello terminale di una catena che comincia dall’agente di polizia che rileva l’infrazione.

Di fatto, la palla passa all’agente della riscossione quando c’è la ragionevole sicurezza che la multa non sarà pagata. Non c’è una tempistica assolutamente precisa: il Codice della strada (articolo 206) si limita a dire che, quando trascorrono i termini per il pagamento, la somma va messa a ruolo (cioè nell’elenco degli importi da incassare) e che il ruolo poi passa all’agente della riscossione.

Già i termini per il pagamento sono variabili: se non si presenta ricorso, ci sono 60 giorni a partire dalla notifica del verbale, che quando si viene fermati subito coincide con la data dell’infrazione, altrimenti è il giorno nel quale si riceve materialmente in mano l’atto dal postino o dal messo notificatore (se ciò non accade, il conteggio parte da quanto trascorrono 10 giorni di giacenza del plico nell’ufficio postale); in caso di ricorso perso, ci sono 150 giorni dalla sentenza per notificarla e da quest’ultima notifica ci sono 30 giorni per pagare.

A tutto questo va aggiunto che il ruolo non viene compilato immediatamente dopo la scadenza del termine di pagamento: si attende sempre un certo periodo (a discrezione dell’ente che procede) per vedere se il trasgressore paga spontaneamente, sia pure in ritardo (cosa che di fatto comportsa il raddoppio della sanzione). Ulteriore tempo (sempre a discrezione dell’ente) passa dalla compilazione del ruolo al suo affidamento all’agente della riscossione. L’unico vincolo alla discrezionalità dell’ente sui tempi di compilazione e affidamento del ruolo è la prescrizione: passati cinque anni dalla data dell’infrazione (salvo casi particolari), la multa diventa inesigibile. Occorre quindi organizzare la riscossione per tempo.

Il blocco che scatta lunedì colpisce proprio questa fase, quindi tutti i verbali che gli agenti della riscossione “hanno in pancia”. Alla luce di tempi e procedure citati sopra, si può dire che siano grossomodo verbali non pagati al massimo negli ultimi cinque anni, più quelli che devono essere ancora notificati all’interessato.

Come comportarsi

In teoria, il blocco della riscossione comporta il mancato avvio delle attività del riscossore. In sostanza, non vengono spedite le cartelle di pagamento. Quindi, il cittadino deve solo “stare fermo”.

Conviene non pagare il verbale?

Questo non significa che basti non pagare per farla definitivamente franca. Infatti, tutto dipende da quando Comuni e Province (o lo Stato, prendendo in mano la situazione e magari emanando nuove norme) colmeranno il buco che si apre da lunedì incaricando nuovi agenti della riscossione o trovando altre soluzioni. Bisognerà poi vedere quando i nuovi soggetti incaricati diventeranno operativi e, soprattutto, se riusciranno a ricostruire completamente i ruoli arretrati (operazione difficile). Chi non vuole pagare deve sperare che fino a quel momento trascorrano i cinque anni che fanno scattare la prescrizione oppure che, nel passaggio da un riscossore all’altro, la sua posizione si perda.

Questo significa che, se si è stati multati in questi giorni e la sanzione è fondata, conviene pagare subito, senza attendere che si arrivi alla fase della cartella di pagamento: difficilmente il caos della riscossione durerà di qui a cinque anni.

Si dà fuoco per salvare la casa messa all’asta

Si dà fuoco per salvare la casa messa all’asta

 

 

Un muratore disoccupato di 64 anni si è dato fuoco per salvare la casa che era stata messa all’asta. Nel disperato tentativo, attuato conspargendosi di benzina da una bottiglia e utilizzando un accendino, l’uomo ha coinvolto anche la moglie, la figlia e due agenti di polizia che sono rimasti ustionati dalle fiamme nel tentativo di impedire il folle gesto. Ora il mancato suicida e uno degli agenti sono ricoverati all’ospedale Cannizzaro di Catania per le gravi ustioni riportate. Moglie e figlia e un secondo agente sono stati raggiunti dalle fiamme che hanno avvolto il muratore ma non sono gravi. E’ successo a Vittoria, in provincia di Ragusa, dove Giovanni Guarascio, muratore disoccupato, ha messo in atto la sua drammatica protesta nel momento in cui l’ufficiale giudiziario stava per dare il via allo sfratto perchè la sua abitazione era finita all’asta e aggiudicata ad un privato per 26.000 euro. Il debito di Giovanni Guarascio con una banca era di 10.000 euro. Gli agenti erano stati chiamati dall’ufficiale giudiziario in previsione di uno sfratto ‘difficile’. Per qualche minuto Guarascio è sembrato lasciarsi convincere dai poliziotti a non frapporre ostacoli allo sfratto, poi i toni della discussione tra il muratore e i legali della famiglia che aveva acquistato l’appartamento all’asta si sono fatti più accesi. E’ stato a questo punto che l’uomo all’improvviso si è consparso di liquido infiammabile versandolselo addosso da una bottiglia ed ha azionato un accendino dandosi fuoco un attimo prima che gli agenti gli si gettassero addosso per impedirglielo. Le fiamme hanno avvolto l’uomo, la moglie, la figlia e i due agenti.

La “patrimoniale” sulla casa ha fatto crollare il mercato, aumenti del 40% per chi affitta

La “patrimoniale” sulla casa ha fatto crollare il mercato, aumenti del 40% per chi affitta

 

 

L’Imu, una sorta di “patrimoniale” sulla casa ha provocato, come del resto era facilmete prevedibile, un crollo del mercato immobiliare. Con tutti gli effeti che ne conseguono. Mai il mercato era andato cosi male dal 1985. Si e’ registrato un calo nell’ultimo anno del 25,7%. Le transazioni sono state 448mila. E quella del mattone e’ da sempre uno dei settori trainanti della nostra economia. E’ vero che verra’ sospesa l’Imu sulla prima casa da pagare a giugno. Ma quando gli italiani torneranno dalle vacanze, con qualche risparmio di meno, quanto dovranno pagare? Il timore e’ che in molti si troveranno addirittura a pagare piu’ di prima (Il governo sta studiano una nuova tassa complessiva sulla casa, comprendente anche quella sui rifiuti) e comunque a dovere tirare fuori i soldi tutti insieme a fine anno. E per chi affitta le cose vanno ancora peggio, quasi un modo per disincentivare l’affitto, che per molti rimane l’unico modo per avere una casa. Quando fecero l’equo canone crollo’ il mercato degli affitti, che ora si era appena un po’ ripreso con la cedolare secca. Ci saranno aumenti del 40% sull’acconto da pagare a giugno. Per gli immobili in affitto l’acconto Imu dovra’ essere pagato in base alle aliquote stabilite dai comuni nel 2012 piu’ elevate rispetto alla misura base del 7,6 per mille. Nel confronto con l’acconto Ici 2011, la variazione dell’imposta e’ determinata, oltre che dall’innalzamento delle aliquote, anche all’aumento del 60% della base imponibile.

Letta: abbassare le tasse sui neoassunti. L’Imu? Va superata

Letta: abbassare le tasse sui neoassunti. L’Imu? Va superata

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Media

Argomenti: Governo | Enrico Letta | PDL | Silvio Berlusconi | Gratteri | Comitato Esecutivo | Pd |Cantone | RAI

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«Il superamento dell’Imu non è mica una cosa di Berlusconi. Che si vada in quella direzione è chiaro». «Non è il governo ideale, né per me né per gli italiani . Ho lottato per un governo diverso, di centro sinistra. La legge elettorale, che va assolutamente cambiata, ha creato una situazione di ingovernabilità. Bisognava trovare una via d’uscita». Il premier Enrico Letta, ospite a «Che tempo che fa», la trasmissione di Fabio a Fazio su Rai tre, affronta uno per uno i principali nodi che negli ultimi giorni hanno messo a repentaglio la tenuta dell’esecutivo «di servizio». E alla fine del suo intervento promette davanti alle telecamere: «Mi dimetterò se dovrò fare tagli alla cultura e all’università».

«Decreto per sospendere rata Imu giugno» 
Il presidente del Consiglio parte dal tema più spigoloso, la cancellazione dell’Imu, misura sponsorizzata dal Pdl durante la campagna elettorale. Per Silvio Berlusconi è la condizione per sostenere l’attuale esecutivo di larghe intese. «La base è il discorso su cui il Parlamento ha dato la fiducia. Preferisco parlare di “casa”, parlare di Imu è riduttivo. Nel programma – continua Letta – è scritto con chiarezza che andrà superata l’Imu, e poi affitti agevolati per le giovani generazioni e le ristrutturazione ecocompatibili da incentivare. Faremo un decreto per sospendere la rata di giugno dell’Imu, che dunque non verrà pagata». L’intervento, annuncia, coprirà anche il rifinanziamento della cassa in deroga.

 

Letta: intervento immediato per finanziare cassa in deroga 
Nei prossimi giorni, spiega infatti il presidente del Consiglio, ci sarà un intervento di urgenza che, oltre alla copertura per il congelamento della rata di giugno dell’Imu, fornirà le risorse per rifinanziare la cassa in deroga. Per evitare l’aumento dell’Iva, anticipa il premier, si interverrà in un secondo momento, considerato che lo scatto di un punto dell’imposta è a partire da luglio («L’aumento dell’Iva é più lontana – ricorda Letta – tenteremo di allontanarla per avere tempo di lavorarci»). «Spero che non ci sia bisogno di una nuova manovra», confida poi Letta.

Letta: priorità abbassare le tasse sui neoassunti 
«Non chiederemo di dare nuovi debiti», dice Letta, analizzando l’ipotesi di chiedere all’Europa maggiori margini di manovra sul fronte della spesa pubblica. «Noi non chiederemo di fare nuovi debiti – continua il premier – perché l’Italia ne ha fatti troppi in passato e li pagano le giovani generazioni. Io a nome di una generazione penalizzata penso di dovermi prendere un impegno: mai più i debiti. La logica di fare più debiti é sbagliata». Letta parla poi del viaggio compiuto nei giorni scorsi nelle principali cancellerie europee: Berlino, Parigi, Bruxelles. «A tutti ho detto l’Italia non vuole “sbracare”, però noi Europa non possiamo più accettare che l’Europa sia solo tagli e tasse. Proporrò, al vertice europeo di giugno, che tutti i capi europei lancino un piano, un grande progetto per il rilancio dell’occupazione dei giovani». Bisogna, afferma ancora Letta, che nel vertice di giugno tutti lancino un progetto per derogare tutti alla soglia del 3% contro la disoccupazione giovanile. Per il presidente del Consiglio, dunque, «la priorità è il lavoro per i giovani. La mia ossessione è abbassare le tasse sui neoassunti».

Il premier: nel programma l’abolizione del finanziamento pubblico 
«Nel programma c’è l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti così come la riduzione dei costi della politica», afferma il presidente del Consiglio durante la trasmissione.

Ius soli? «Su temi fuori programma occorre discussione» 
«È ovvio che sarà difficile trovare un accordo sullo ius soli». Letta commenta la dichiarazione del ministro Kyenge («presto un ddl sullo ius soli», ndr). «Il tema mi sta a cuore, ma so che alcune di queste materie sono fuori dal discorso programmatico e so che su questi temi occorre che ci siano delle discussioni e dei dibattiti e non é detto che si possano trovare delle intese. Stessa cosa per il reato di immigrazione clandestina», aggiunge Letta.

«Il Pd ha mostrato limiti, il congresso sia fondativo» 
Letta parla anche dei “giorni caldi del Pd”. «In un passaggio drammatico non ce l’abbiamo fatta – ammette -, si sono messi in evidenza i limiti. Ora ci vuole un congresso che a mio avviso deve essere fondativo del Pd in cui centinaia, migliaia di iscritti decideranno il progetto per le prossime elezioni e se sarà scelto bene il Pd sarà vincente». Per Letta, «l’assemblea di mille persone (convocata sabato prossimo, ndr) non decide la linea, si decide un segretario e si convoca il congresso per dare a iscritti e militanti l’occasione per indicare la rotta del Pd che per me resta un’idea vincente di unire le differenze».

Lotta alla mafia: chiederò collaborazione a Cantone e Gratteri 
Il premier parla anche dell’impegno del governo contro la mafia. «Ho firmato l’appello di “Libera” – ricorda -, ci metteremo tutto l’impegno, ad esempio sul tema del 416 ter che regola il voto di scambio. Chiederò a Cantone e a Gratteri di aiutarci alla Presidenza del consiglio per l’elaborazione complessiva di questi tempi» (An.C.).