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È morta l’attrice Franca Rame, camera ardente al teatro Piccolo di Milano. Funerali con cerimonia laica
È morta l’attrice Franca Rame, camera ardente al teatro Piccolo di Milano. Funerali con cerimonia laica
Nel 1971 sottoscrisse la lettera aperta pubblicata sul settimanale L’Espresso sul caso Pinelli.
Nel 1974 i due attori occupano e trasformano in teatro la Palazzina Liberty a Milano, dove Sebastian Matta dipinge murales rivoluzionari.
Nel 1999 ha ricevuto la laurea honoris causa da parte dell’Università di Wolverhampton insieme a Dario Fo.
Nel 2009 ha scritto assieme al marito Dario Fo la sua autobiografia intitolata Una vita all’improvvisa.
Palma d’oro a “La vie d’Adéle” di Kechiche Bruce Dern migliore attore, la Bejo migliore attrice
Palma d’oro a “La vie d’Adéle” di Kechiche Bruce Dern migliore attore, la Bejo migliore attrice
E’ con una tenera, quanto esplicita, storia d’amore lesbo di una quindicenne che scopre lentamente la sua sessualità che il regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche ha fatto il pieno di premi al festival di Cannes, conquistando con il suo film una Palma d’oro eccezionalmente divisa con le due giovani attrici protagoniste. Il regista del cinema sociale, in odor di documentario ne ‘La Vie d’Adelé, tocca corde molto sentite nella Francia di oggi e senza dubbio è fortemente d’attualità. Dai lunghi dialoghi con le sue coetanee fino al sesso rappresentato in maniera realistica, tra nudità e gemiti. Adele (Adele Exarchopoulos) è una ragazzina di quindici anni come tante che va a scuola, partecipa alle manifestazioni studentesche e si lancia in mille chiacchiere su tutti gli argomenti possibili con le sue amiche.
– Grand Prix: Inside Llewyn Davis di Ethan e Joel Coen
– Regia: Amat Escalante per Heli
– Giuria: Tale padre, tale figlio di Hirokazu Kore-Eda
– Migliore attore: Bruce Dern per Nebraska di Alexander Payne
– Migliore attrice: Berenice Bejo per Il Passato di Asghar Farhadi
– Sceneggiatura: Jia Zangh Ke per A touch of Sin
– Palma d’oro per il miglior cortometraggio: Safe di Byong-Gon
– Menzione speciale a 37/o 4S dell’italiano Adriano Valerio e a Le fjord des baleines di Whale Valley
– Camera d’or (migliore opera prima): Ilo Ilo di Anthony Chen (dalla Quinzaine).
Il ‘Cuore matto’ ha smesso di battere, addio Little Tony
Il ‘Cuore matto’ ha smesso di battere, addio Little Tony
Musica a lutto: il ‘Cuore matto’ ha smesso di battere, fiaccato da un tumore. Little Tony, il cantante col ciuffo, l’Elvis Presley italiano, è morto oggi a Roma nella clinica privata in cui era ricoverato da tre mesi. I funerali giovedi’ al Divino Amore. Little Tony, al secolo Antonio Ciacci, era nato a Tivoli (Roma) 72 anni fa. Dopo una lunga gavetta – ma non avara di consensi – in Inghilterra dove il rock’n roll made in Usa aveva trovato terreno fertilissimo, e dove quel giovane italiano col ciuffo, giubbotto di pelle e occhiali alla Marlon Brando (Little Tony and his brothers il nome della sua band) si presentava con le movenze del grande Elvis e un nome che richiamava quello di un altro grande interprete del rock come Little Richard, era rientrato in Italia senza una lira all’inizio degli anni Sessanta per ‘sfondare’ a Sanremo nel 1961 cantando in coppia con Celentano ’24 mila baci’. Da allora successi uno dopo l’altro. Nel ’66 ancora sugli scudi con ‘Riderà’ presentata al Cantagiro (più di un milione di copie), nel 1968 la sua forse più famosa interpretazione con ‘Cuore matto’.
Nuovo lutto nel mondo della musica: è morto Franco Califano
Nuovo lutto nel mondo della musica: è morto Franco Califano
Originario di Paganica in provincia di Salerno, ma nato a Tripoli, che allora era una colonia italiana, il 14 settembre del 1938, e cresciuto a Roma, città alla quale è rimasto sempre legatissimo, Franco Califano, o Er Califfo, come lo hanno sempre affettuosamente chiamato i suoi fans, ha lavorato fino all’ultimo tanto che stava per partire per un minitour la cui prima tappa doveva essere il 4 aprile a Porto Recanati, nelle Marche.
Nella sua lunghissima carriera è stato autore di canzoni indimenticabili come “La musica è finita“, “Una ragione di più”, “E la chiamano estate”, “La nevicata del ’56”. Ha scritto per Mina, Ornella Vanoni, Mia Martini, Renato Zero, Bruno Martino. E tantissimi sono stati anche i successi come cantautore, da quella che è stata un po’ il suo manifesto, “Tutto il resto è noia” (“La canzone che mi rappresenta di più”), a ‘La mia liberta”, “Io nun piango”. Personaggio di grande popolarità, di fatto Califano è stato una figura atipica della canzone italiana, una sorta di chansonnier alla francese, radicatissimo nella tradizione culturale e musicale di Roma.
E la sua è stata una vita da romanzo, in cui non è mancato il carcere, con un primo arresto nel 1970, coinvolto insieme con Walter Chiari (poi assolto) in una vicenda di droga e poi di nuovo nel 1983, di nuovo accusato di possesso di stupefacenti e in questo caso anche di armi nella vicenda che vide in manette anche Enzo Tortora (assolto con formula piena e caso emblematico di mala giustizia). Durante quest’ultima esperienza carceraria anzi ha scritto ‘Impronte digitali’, album che si basa soprattutto su esperienze di quel periodo. In entrambi i processi è stato comunque assolto. E lo ha ripetutamente ricordato sia nei libri sia nelle interviste.
Musicista prolifico, si è però cimentato anche come scrittore e saggista con opere come ‘Ti perdo – Diario di un uomo da strada’ ,’ Il cuore nel sessò, ‘Sesso e sentimento’ e ‘Calisutra – Storie di vita e casi dell’amore raccontati dal maestrò. Del 2008 è, invece, l’autobiografia “Senza Manette”, scritta a quattro mani con Pierluigi Diaco, che oggi piange “l’amico e il complice di tante notti in radio”. Attaccatissimo al suo personaggio di disincantato amante latino, un po’ cinico e un po’ romantico, sempre pronto a vantare le sue conquiste femmilini, il Califfo è stato anche interprete di fotoromanzi e attore cinematografico in Sciarada alla francese (1963), Gardenia, il giustiziere della mala (1979), Due strani papà (1983) con Pippo Franco, Viola bacia tutti (1998) e Questa notte è ancora nostra (2008). Ha partecipato tre volte a Sanremo, l’ultima nel 2005 con Non escludo il ritorno, scritta con i Tiromancino.
Addio al poeta della musica, è morto Enzo Jannacci.
Addio al poeta della musica, è morto Enzo Jannacci. Aperta la camera ardente
La biografia – Jannacci era nato a Milano il 3 Giugno 1935. E’ stato tra i maggiori protagonisti della scena musicale italiana del dopoguerra. Caposcuola del cabaret italiano, nel corso della sua cinquantennale carriera ha collaborato con svariate personalità della musica, dello spettacolo, del giornalismo, della televisione e della comicità italiana, divenendo artista poliedrico e modello per le successive generazioni di comici e di cantautori. Autore di quasi trenta album, alcuni dei quali rappresentano importanti capitoli della discografia italiana, e di varie colonne sonore, Enzo Jannacci, dopo un periodo di ombra nella seconda metà degli anni novanta, è tornato a far parlare di sé ottenendo vari premi alla carriera e riconoscimenti per i suoi ultimi lavori discografici. È ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant’anni.
E’ morto Armando Trovajoli Maestro della musica italiana
E’ morto Armando Trovajoli
Maestro della musica italiana
Sua ‘Roma nun fa
la stupida stasera’
Aveva 95 anni. Dorelli: “Ricordo i suoi ‘vaffa’ d’amore”. Proietti: “La sua stima un grande orgoglio”
E’ morto qualche giorno fa a Roma, a 95 anni, il maestro Armando Trovajoli, autore di brani celebri come ‘Roma nun fa la stupida stasera’ e delle colonne sonore di oltre 300 film. Commozione sul web. Montesano: “Rivirà ogni sera nella sue musiche”. Alemanno: “Ora la voce di Roma è più spenta”
Roma, 2 marzo 2013 – E’ morto qualche giorno fa a Roma, a 95 anni, il maestro Armando Trovajoli, autore di brani celebri come ‘Roma nun fa la stupida stasera’ e delle colonne sonore di oltre 300 film. Solo oggi ne dà notizia la moglie, Maria Paola. ‘’Ho rispettato fino all’ultimo le volontà di un uomo schivo, che non amava presenzialismi, nè applausi. Sarà cremato’’.
Trovajoli era nato a Roma il 2 settembre del 1917. ‘’Ha lavorato fino all’ultimo giorno- racconta la vedova- la sua ultima commedia, la trasposizione per il teatro della Tosca di Gigi Magni, è ancora sul suo pianoforte”. Nella sua lunghissima carriera ha suonato con i più qualificati jazzisti del mondo (Duke Ellington, Louis Armstrong, Miles Davis, Chet Baker, Stephan Grappelli, Django Reinhardt e altri). Poi, accanto al jazz, si è dedicato al cinema (firmando, tra le altre, le colonne sonore per Riso amaro, Un giorno in pretura, La ciociara. C’eravamo tanto amati, Profumo di donna, Una giornata particolare) e alla commedia musicale grazie alla lunga collaborazione con Garinei e Giovannini. Tra le sue canzoni più celebri anche ‘’Aggiungi un posto a tavola’’.
COMMOZIONE SUL WEB – “In cielo hanno aggiunto un posto a tavola” per il Maestro. E’ uno dei tanti commenti di affetto, tra post e tweet, appena diffusa la notizia della morte del maestro Armando Trovajoli. Personaggi famosi e persone comuni in pochi minuti hanno lanciato in Rete: parole di solidarietà, ricordi, video dei suoi brani. Un gesto di vicinanza per il compositore italiano che nella sua lunghissima carriera artistica ha alternato l’attività nel jazz e nella musica leggera.
Ha suonato con i grandi jazzisti (Duke Ellington e Louis Armstrong, Miles Davis solo per citarne alcuni), ha composto le colonne sonore di registi come Vittorio De Sica, Dino Risi, Luigi Magmi, Ettore Scola. Tra i film, “Riso Amaro”, “Un giorno in pretura”, “La ciociara”, “C’eravamo tanto amati”, “Profumo di donna”… Tra le canzoni di musica leggera si ricordano “Roma nun fa’ la stupida stasera”, “Che m’e’ ‘mparato ‘a fa” e “Aggiungi un posto a tavola”. Quest’ultima per l’omonimo musical di Garinei e Giovannini, con i quali ha collaborato anche per “Rugantino”.
IL SINDACO ALEMANNO – “Apprendo con dolore della scomparsa del maestro Armando Trovajoli. Oggi la voce di Roma è più spenta. Il nome di Trovajoli rincorre e si intreccia con la storia del cinema italiano e con quella della musica. A partire da ‘Roma nun fa’ la stupida stasera’ fino alle colonne sonore di decine di film, le note di Trovajoli hanno accompagnato la vita di ciascuno di noi: e’ sufficiente andare a riguardare la quantita’ di film che il maestro ha musicato per capirne l’importanza e la sua quotidiana frequentazione con tutti. Alla famiglia del maestro si stringe l’affetto dell’intera città”. Lo afferma in una nota il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
DORELLI – “Un uomo fantastico, molto colto, un grande musicista, compositore e anche un grande pianista. Ma soprattutto, un uomo fantastico’’. Così, con il dolore della sorpresa, Johnny Dorelli commenta con l’ANSA la notizia della scomparsa del maestro Armando Trovajoli. ‘’Non sapevo nulla neanche io – dice – Il riserbo faceva parte del suo modo di essere’’. Dorelli per Trovajoli è stato il primo Don Silvestro di ‘Aggiungi un posto a tavola’ nel ‘74. ‘’Insieme – ricorda – abbiamo vissuto cinque-sei anni da fine del mondo. Nello stesso ruolo ha guidato poi anche mio figlio. Ma sono tante le cose fatte insieme, come ‘Accendiamo la lampada’. Scrisse anche le musiche per un mio spettacolo di prosa, ‘L’amico di tutti’. Professionalmente era il massimo, ma lavorare con lui in buca che ti ascoltava non era mica facile. Una volta, spingendo un carrello in una scena di ‘Aggiungi un posto a tavola’, persi un paio di note e lui saltò su: ‘Johnny m’hai rotto il…!’’’, prosegue ridendo. ‘’Nella vita era un uomo molto divertente. Era romano e con sua moglie usava tutta una serie di paroline comprensibili solo tra di loro. Quando componeva la sua grande musica, pero’, se qualcosa non gli quadrava era capace di sfasciare tutto o di lanciare il leggio contro qualcuno. Io ridevo e lui: ‘Johnny stai zitto!. Era così se ti voleva bene. I suoi – conclude – erano ‘vaffa’ d’amore’’.
PROIETTI – “Con ‘Armandino’ eravamo molto amici. Ero stato a pranzo a casa un po’ di settimane fa. Tre ore fa ho saputo della sua scomparsa e sono sconcertato’’. Così Gigi Proietti commenta con l’Ansa la notizia della morte del maestro Armando Trovajoli. “Qualsiasi cosa si dica ora – sottolinea – suona come ovvia. E’ un lutto serio, anche se l’età era avanzata, come quando ti muore un genitore: non te l’aspetti mai. Lui poi era ancora molto attivo. L’ultima volta che l’ho visto aveva progetti, stava pensando, scrivendo. Suonò al piano e noi ascoltammo in religioso silenzio’’. Il rapporto con Trovajoli, ricorda Proietti, nacque nel ‘73, ‘’quando girai ‘La Tosca’ di Luigi Magni e lui scrisse per me ‘Nun je da’ retta, Roma’, una canzone che ancora porto nel mio repertorio e che ora continuerò a fare con un motivo in più. Da allora, fuori dalle scene, siamo sempre rimasti molto amici. L’estate scorsa, nonostante l’età, lasciò persino casa per venirmi a vedere in scena a Caracalla. Si fermò poi per abbracciarmi e farmi i suoi complimenti. Nel lavoro – dice ancora – Armandino era molto serio, severo, di poche parole, molto esigente. E faceva bene, specialmente negli ultimi tempi in cui si vede tanta leggerezza e superficialità. Sentirmi stimato da un uomo del genere mi ha sempre inorgoglito molto’’.
MONTESANO – ‘’Proprio ieri sera parlavo di lui, vedendo uno spettacolo con le musiche di Irving Berling. Trovajoli, come tutti grandi musicisti, non è morto. Rivivrà ogni sera nelle sue musiche, che continueremo a suonare’’. Così Enrico Montesano, raggiunto dall’ANSA a Londra, commenta la notizia della scomparsa del maestro Armando Trovajoli. ‘’Sono venuto a Londra a vedere alcuni spettacoli – spiega l’attore – Per la prossima stagione, lo dico in anteprima, sto lavorando a un nuovo show che avrà anche le musiche di Trovajoli, insieme a quelle di altri grandi maestri’’.Con quella comune vena di comicita’ romana, Enrico Montesano è stato tra gli interpreti piu’ ‘frequenti’ di Armando Trovajoli. ‘’Insieme abbiamo lavorato tanto – dice -. Con lui ho fatto ‘Rugantino’ (nella seconda edizione del 1978 ndr), ‘Se il tempo fosse un gambero’ e ‘Bravo’. Era un uomo caustico nel suo modo burbero, ma sempre affettuoso. Ricordo che la sera della prima di ‘Bravo’ venne a trovarmi in camerino e mi regalo’ un piccolo crocifisso: ‘te proteggera’?’, mi disse. Berling – conclude Montesano – e’ morto a 101 anni, Trovajoli se n’e’ andato a 95: evidentemente i grandi musicisti sono longevi. Ma vivranno comunque ogni sera nelle musiche che ci hanno lasciato’’.
L’INTRATTENIMENTO COME ARMA DA GUERRA
L’INTRATTENIMENTO COME ARMA DA GUERRA
di comidad
In questi giorni i media ci hanno narrato di un evento epocale, di un terremoto elettorale, tantevvero che il Parlamento è rimasto ingovernabile com’era prima. Le elezioni diventano l’occasione per una cavalcata tra i generi narrativi. C’è la fiaba di Pollicino che attraversa il bosco e passa dallo zero al 25% grazie solo alle mollichine di pane. Poi c’è la storia horror come va di moda adesso, senza risveglio dall’incubo, in cui il mostro (una specie di clown laido alla “It”) non muore mai e sembra spuntarla sempre, e non perché lui sia furbo, ma perché gli altri appaiono inspiegabilmente paralizzati. Non sono mancati poi i siparietti comici, in cui ci si è spiegato che il PdL si è avvantaggiato delle televisioni, mentre l’M5S dell’uso di Internet. Se ne può arguire che Bersani sarebbe ancora fermo ai segnali di fumo.
Mentre le scadenze elettorali si rivelano sempre più come uno psicodramma d’intrattenimento, quello che invece dovrebbe costituire l’intrattenimento propriamente detto, cioè il cinema, dimostra di essere una fondamentale arma da guerra. Nello stesso momento in cui la Corea del Nord è stata fatta oggetto di nuove provocazioni statunitensi a causa di un presunto test nucleare, l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences ha deciso di assegnare il premio Oscar come miglior film ad uno spot di propaganda anti-iraniana, “Argo”. Il film è stato diretto da Ben Affleck, e da lui stesso prodotto, insieme con l’immancabile George Clooney, un attore che si era già segnalato per le sue provocazioni contro un altro “nemico” degli Stati Uniti, il Sudan, contro il quale lo stesso Clooney ha proposto nientemeno che una sorta di progetto di spionaggio satellitare.
A conferma di questo suo attivismo imperialistico, Clooney fa anche da testimonial per un’agenzia coloniale che imperversa da anni in Africa, la Fondazione Clinton, creata dall’omonimo ex presidente degli USA; quello stesso presidente che nel 1998 aveva fatto bombardare il Sudan.
Il fatto che un agente provocatore della levatura di Clooney risieda praticamente in Italia, nelle sue tante ville sul Lago di Como, non costituisce un dato rassicurante per l’Italia, e neppure per il Lago di Como.
Già nel 2010 una pioggia di Oscar era stata assegnata al film “The Hurt Locker”, basato sulle vicende di un gruppo di artificieri dell’esercito USA in Iraq. Il film era incentrato su una storiella completamente campata in aria, a proposito di improbabili conflitti esistenziali di un artificiere americano; ma il tutto era solo l’occasione per presentare, con apparente casualità, una serie di esempi sulla barbarie del nemico. Ma i conflitti esistenziali fanno molto “sinistra”, quindi il film ha fatto breccia anche nell’opinione pacifista.
Se oggi Hollywood ha ritenuto di sacrificare l’icona di Lincoln ad un episodio minore – e tutto da verificare – accaduto nel 1979 durante la crisi degli ostaggi a Teheran, ciò significa che le guerre passate sono narrativamente molto meno interessanti di quelle future. Insomma, per la propaganda bellica ad Hollywood si preparano nuovi tempi d’oro.
La militarizzazione di Hollywood non è, ovviamente, un fatto recente. L’intrattenimento e la fiction sono infatti da sempre veicoli essenziali della propaganda coloniale. Nelle serie televisive statunitensi le battute contro l’Iran e la Corea del Nord sono collocate nei momenti più inaspettati e nelle occasioni più varie. Ciò non riguarda solo le serie più direttamente attinenti alla politica estera statunitense, ma anche le commedie e le detective story. In un telefilm di una serie apparentemente innocua come “Monk”, le disavventure di un pesce d’acquario sono diventate il pretesto per un elucubratissimo riferimento alla cattivissima dittatura nord-coreana. Lo stesso vale per la produzione documentaristica, nella quale si dà spazio a tutta un’aneddotica non verificata e non verificabile a proposito di nemici storici, o di turno, degli USA.
Quando all’inizio degli anni 2000 la Francia e la Chiesa Cattolica si trovarono, per un certo lasso di tempo, in contrasto con la politica estera USA, anch’esse divennero bersagli della propaganda all’interno dell’intrattenimento; perciò nei film e telefilm i francesi erano invariabilmente infidi e antipatici, ed i preti immancabilmente pedofili. Un film franco-belga di due anni fa, “Hitler a Hollywood”, ha posto un po’ all’attenzione quello che è stato il grado di importanza che la psicoguerra USA ha attribuito al monopolio dell’intrattenimento cinematografico, col conseguente boicottaggio della cinematografia europea.
Chi scrive e produce film e serie televisive deve quindi dimostrare uno zelo instancabile per sorprendere ed aggirare il senso critico dello spettatore. Il target principale di questa propaganda è proprio il pubblico di opinione progressista, a cui viene presentata un’immagine di un nemico perennemente in conflitto non tanto con gli USA, quanto con i valori-cardine del sentimento di sinistra, dai diritti umani all’ambiente. Dopo i disastri comunicativi dell’era Bush, per la psicoguerra USA è diventato imperativo associare sempre più la guerra a valori positivi, trasformandola in un nuovo “politically correct”.