E’ morto il maestro Abbado.

E’ morto il maestro Abbado. L’inchino di Muti: “Un direttore d’orchestra nella storia”

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Il maestro si è spento a Bologna all’età di 81 anni. Era da tempo malato. Napolitano: “Ha onorato la musica italiana nel mondo”

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Claudio Abbado, il fotoracconto
Claudio Abbado sul podio del Lucerne Festival in Svizzera (Ap) (1 / 27)

Claudio Abbado in un’immagine recente (Ansa) (2 / 27)

Con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il giorno della nomina a senatore a vita il 30 agosto 2013 (Ansa) (3 / 27)

Abbado riceve il premio Don Juan de Borbon in Spagna (Ansa) (4 / 27)

Abbado assieme alla presidentessa dell’accademia filarmonica Maria Teresa Liguori nel 2009 (Ansa) (5 / 27)

Con Roverto Saviano e Fabio Fazio a “Vieni via con me” (2010, Ansa) (6 / 27)

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A Lucerna nel 2007 (Ansa) (9 / 27)

Abbado ringrazia il pubblico alla fine del concerto alll’Auditorium Parco della Musica a Roma nel 2005 (Ansa) (10 / 27)

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Durante il Flauto Magico a Reggio Emilia (Ansa) (12 / 27)

Con Roberto Benigni a Bologna nel 2008 (Ansa) (13 / 27)

In una foto del 1963 (Olycom) (14 / 27)

Nel 2011 a Parma (Ansa) (15 / 27)

A Palermo nel 1997 con il direttore artistico del Teatro Massimo, Marco Betta e Leoluca Orlando (Ansa) (16 / 27)

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Con Carlo Azeglio Ciampi (2004, Ansa) (18 / 27)

Nel 1999 (Ansa) (19 / 27)

Nel 2008 con il pianista Maurizio Pollini alla Waldbuehne di Berlino (Afp) (20 / 27)

Una vita sul podio (Olycom) (21 / 27)

Una vita sul podio (Olycom) (22 / 27)

Con il violinista Isaac Stern (Olycom) (23 / 27)

Abbado dirige il tradizionale concerto di Capodanno a Vienna nel 1988 (Lapresse) (24 / 27)

Al teatro Comunale di Firenze nel 1996 (Pressphoto) (25 / 27)

Roberto Benigni e Claudio Abbado a Ferrara nel novembre 1990 durante le prove di ‘Pierino e il lupo’ (Ansa) (26 / 27)

Con l’Orchestra Mozart (Pressphoto) (27 / 27)

Roma, 20 gennaio 2014 – E’ morto il direttore d’orchestra Claudio Abbado. Il maestro, che era da tempo malato, si è spento all’età di 80 anni a Bologna. A darne notizia sono stati i suoi familiari. Abbado è deceduto “serenamente, circondato dalla sua famiglia”, hanno comunicato i suoi cari. La camera ardente verrà allestita nella chiesa di Santo Stefano a Bologna domani dalle 14 a mezzanotte e mercoledì, dalle 8.30 a mezzanotte. I funerali, per volontà dei familiari, avverranno in forma strettamente privata.

Abbado è stato direttore musicale della Scala, della Staatsoper di Vienna e direttore artistico dell’Orchestra Filarmonica di Berlino. Il 30 agosto scorso il presidente Giorgio Napolitano lo aveva nominato senatore a vita (VIDEO). Nell’accettare dell’incarico parlamentare, Abbado aveva dato una risposta dalla quale traspariva la preoccupazione per il proprio stato di salute, dicendo di sperare che le sue condizioni fisiche gli consentissero di onorare con impegno pieno il mandato ricevuto. A dicembre aveva deciso di rinunciare allo stipendio da senatore per devolverlo alla scuola di Musica di Fiesole a sostegno di borse di studio.

Da tempo, però, non frequentava Palazzo Madama e la sua vita pubblica era di fatto cessata. Le sue
condizioni di salute erano da tempo piuttosto precarie
: aveva cancellato gli impegni con l’Accademia di Santa Cecilia già nel novembre scorso e dall’11 gennaio l’attività dell’Orchestra Mozart.

LA VITA – Nato a Milano il 26 giugno nel 1933, figlio del violinista Michelangelo. Dopo gli studi al Conservatorio di Milano, aveva iniziato nel 1958 la sua attività direttoriale in Italia e all’estero: è stato direttore stabile della Scala (1968-86), sino al 1991 della Staatsoper di Vienna (1986-1991), quindi sino al 2002 ha diretto la Berliner filarmoniker orchestra, per poi dedicarsi alla Chamber orchestra of Europe (da lui istituita nel 1978). Aveva fondato nel 1986, per valorizzare i giovani musicisti, la Mahler Jugendorchestra, nel 2003 l’Orchestra del Festival di Lucerna e nel 2004 l’Orchestra Mozart di Bologna.

Abbado era stato insignito di onorificenze e riconoscimenti in tutto il mondo (in Italia dal 1984 era cavaliere di Gran Croce). Nel suo ampio repertorio recente, oltre ai compositori dell’ultimo romanticismo, emergono le avanguardie del Novecento e i musicisti contemporanei. Il 30 agosto scorso era giunta la nomina a senatore a vita.

IL CORDOGLIO – Unanime il cordoglio per la sua scomparsa sia da parte delle istituzioni che dal mondo della cultura. “La scomparsa di Claudio Abbado è motivo di forte commozione e dolore per me personalmente e di profondo cordoglio per l’Italia e per la cultura – ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano –. Ha affrontato fino all’ultimo con straordinaria forza di volontà gli assalti del male che già lo aveva duramente colpito numerosi anni fa e che si era da qualche mese ripresentato nelle forme più aggressive e fatali”.

Rendo omaggio – non solo da amico e ammiratore di antica data, ma da rappresentante della collettivitànazionale e delle istituzioni repubblicane – all’uomo che ha onorato in Europa e nel mondo la grande tradizione musicale del nostro paese, contribuendo in pari tempo con il suo eccezionale talento e la sua profonda sensibilità civile all’apertura di nuove strade per un più ricco sviluppo dei rapporti tra cultura e società. Di qui le motivazioni per il riconoscimento tributatogli con la nomina di Senatore a vita”, ha aggiunto il capo dello Stato.

“Con il suo talento, la sua dedizione, i risultati eccezionali raggiunti a livello nazionale e internazionale nel corso della sua lunga carriera, è stato e rimarrà un punto di riferimento per tutto il Paese e non solo – ha dichiarato il premier Enrico Letta a nome anche del governo -. Il mondo della musica e della cultura perde un protagonista assoluto. Ci restano però la sua testimonianza e il suo esempio, a beneficio soprattutto di quei giovani per i quali Claudio Abbado tanto si è speso”.

L’OMAGGIO DI MUTI – “Sono profondamente addolorato per la perdita di un grande musicista che per molti decenni ha segnato la storia della direzione d’orchestra e dell’interpretazione musicale nelle istituzioni internazionali”, è il ricordo del collega Riccardo Muti. “Grande testimone della vera, profonda cultura italiana ed europea nel mondo. Di lui – sottolinea ancora Muti rendendo omaggio ad Abbado – voglio ricordare anche il coraggio di come ha affrontato la lunga e terribile malattia e la serietà e severità che hanno caratterizzato la sua vita di musicista e di Maestro. La sua scomparsa impoverisce fortemente il mondo della musica e dell’arte”.

IL RICORDO DI BENIGNI – “Piccolo, fragile, delicato. Appena salito sul podio, al primo movimento della bacchetta nell’aria accadeva il miracolo: tutto diventava immenso, incorruttibile, immortale”. Lo ricorda così Roberto Benigni.

IL DOLORE DI METHA – “Una notizia tristissima: perdo un grande amico da una vita. E il mondo un grandissimo direttore d’orchestra e musicista”, dice invece Zubin Mehta, direttore della Philarmonic Orchestra di Tel Aviv spiegando di aver deciso di dedicare proprio ad Abbado il concerto che terrà giovedì prossimo a Berlino. “Nel mio cuore – ha aggiunto parlando dalla capitale tedesca – dirigerò per lui. Abbraccio la sua famiglia”.

“RICORDATELO CON DONAZIONI” – La famiglia chiede, nel rispetto del pensiero di Abbado, di non inviare fiori e necrologi, ma di esprimere il proprio ricordo con donazioni a: Centro di ematologia oncologia pedriatica Bologna (IBAN IT 87 E 0200802474000103019755 CODICE BIC UNCRITMM) e Casa Circondariale della Dozza di Bologna (Giovanni Nicolini, IBAN IT78 W063 8536 7900 7400 0048 43S, coordinata bancaria internazionale BIC CRBOIT2B).

Addio a Little Tony: ad accogliere il feretro “Un cuore matto” e dieci Ferrari

Addio a Little Tony: ad accogliere il feretro “Un cuore matto” e dieci Ferrari

L’ultimo saluto a Little Tony è stato accompagnato dalle note di Un cuore matto e dal rombo di dieci Ferrari, grande passione del cantante scomparso il 27 maggio. Centinaia di persone, amici di sempre, colleghi di lavoro, hanno applaudito al passaggio del feretro al termine della cerimonia funebre celebrata nella chiesa romana del Santuario della Madonna del Divino Amore. Tanti gli amici: da Mara Venier ad Al Bano, da Pippo Baudo a Bobby Solo a Gianni Morandi, da I cugini di Campagna ai tanti compagni di lavoro che sono stati al suo fianco e sul palco con lui in tutti questi anni della sua lunga carriera.
Gli amici da Tivoli – Molte le persone arrivate da Tivoli, il comune alle porte di Roma dove Antonio Ciacci, in arte Little Tony, è nato e dove, nella tomba di famiglia, sarà tumulata la salma. Palpabile la commozione tra la gente, tra i suoi fan, accalcati all’esterno della chiesa, dove è stato allestito un maxischermo per far partecipare tutti alla cerimonia funebre.
Il ringraziamento di Alemanno – Il sindaco della capitale, Gianni Alemanno ha portato il saluto della città e riferendosi al Presley italiano ha detto “Viene dalla provincia, ma è legato alla nostra città. Noi da Roma non possiamo non dirti Grazie Tony sei stato una persona eccezionale per noi”. Commossa la figlia del cantante, Cristiana, molto provata, al suo fianco anche sul palcoscenico da tanti anni: “Ricorderò sempre i bei momenti passati con mio padre, quelli familiari e quelli sul palcoscenico”. Colpita per la presenza di tanta gente ha aggiunto: “Ringrazio tutti, sapevo che era amato ma non mi aspettavo tanta partecipazione”. Poi sulle note di Cuore matto la gente ha applaudito e cantato mentre il carro funebre partiva verso il cimitero di Tivoli, seguito dal corteo delle Ferrari che sul parabrezza avevano il cartello con la scritta “Ciao Tony”.
Durante la malattia non voleva farsi vedere da nessuno – “Quando stava male – ha raccontato Pasquale Mammaro, storico agente e amico del cantante – Tony non voleva farsi vedere da nessuno. Voleva essere ricordato com’era prima della malattia. Non era pienamente consapevole della sua situazione ma con me parlava già al passato. Quando domenica mattina mi hanno chiamato, lui era già in coma ma il suo cuore matto batteva così forte che ha resistito per 15 ore. E’ morto ascoltando il suo grande mito Elvis – ha detto Mammaro ad Attenti a Pupo, il programma in onda su Radio1 condotto da Pupo -. Nelle sue ultime ore di agonia, la nipotina Valentina ha tenuto sempre accesa la musica di Elvis in modo che non gli mancasse fino alla fine”.

Il ‘Cuore matto’ ha smesso di battere, addio Little Tony

Il ‘Cuore matto’ ha smesso di battere, addio Little Tony

 

 

 

Musica a lutto: il ‘Cuore matto’ ha smesso di battere, fiaccato da un tumore. Little Tony, il cantante col ciuffo, l’Elvis Presley italiano, è morto oggi a Roma nella clinica privata in cui era ricoverato da tre mesi. I funerali giovedi’ al Divino Amore. Little Tony, al secolo Antonio Ciacci, era nato a Tivoli (Roma) 72 anni fa. Dopo una lunga gavetta – ma non avara di consensi – in Inghilterra dove il rock’n roll made in Usa aveva trovato terreno fertilissimo, e dove quel giovane italiano col ciuffo, giubbotto di pelle e occhiali alla Marlon Brando (Little Tony and his brothers il nome della sua band) si presentava con le movenze del grande Elvis e un nome che richiamava quello di un altro grande interprete del rock come Little Richard, era rientrato in Italia senza una lira all’inizio degli anni Sessanta per ‘sfondare’ a Sanremo nel 1961 cantando in coppia con Celentano ’24 mila baci’. Da allora successi uno dopo l’altro. Nel ’66 ancora sugli scudi con ‘Riderà’ presentata al Cantagiro (più di un milione di copie), nel 1968 la sua forse più famosa interpretazione con ‘Cuore matto’.

Apple pronta a sbarcare nella musica in streaming con iRadio, la risposta a Spotify

Apple pronta a sbarcare nella musica in streaming con iRadio, la risposta a Spotify

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C’erano una volta i cari Mp3. Verrebbe da raccontarla così, viste le mosse delle big company nel settore della musica sui dispositivi mobile. Perché se il formato audio compatto, che ha soppiantato il famoso cd-rom da qualche anno, vi sembra ancora un’invenzione formidabile, non avete fatto i conti con la musica in streaming. Niente più memorie da esaurire, niente più download, basta con quel pezzo che desideravi tanto ascoltare ma hai dimenticato di caricare sul tuo lettore. È tutto online, ora. Tutto a portata di click.

 
 

Devono essersene accorti quelli di Apple, che da settimane lavorano sodo al lancio di un nuovo sistema per l’ascolto dei brani attraverso intenet: si chiamerà iRadio, e non poteva essere altrimenti.
La casa di Cupertino corre ai ripari, vista l’irrefrenabile corsa di Spotify e Pandora (applicazioni per ascoltare musica in streaming) che fanno registrare numeri golosissimi. La app di Spotify per iPhone, ad esempio, ha avuto un successo strepitoso. E anche sui device fissi (Mac e non solo), l’applicazione ha reso quasi anacronistico iTunes. Da qui la voglia di Apple di accelerare e di lanciare iRadio 

L’accordo discografico 
Da Cupertino hanno già chiuso l’accordo di collaborazione con alcune ottime case discografiche di livello internazionale, come la Warner Music e la Universal Music Group, così da offrire agli utilizzatori di iRadio la migliore musica del pianeta. 
Musica che, almeno all’inizio, sarà a pagamento. Indiscrezioni molto attendibili parlano di 6 centesimi per ogni brano da ascoltare in versione mobile. Diverso il discorso per i computer, dove iRadio dovrebbe permettere di ascoltare musica in streaming in modo gratuito, ma con inserzioni pubblicitarie. In questo senso, l’integrazione con iTunes appare scontata. 

Il lancio col nuovo iPhone 
Il lancio di iRadio dovrebbe combaciare con l’uscita sul mercato del nuovo iPhone, il 5S, previsto per la prossima estate. In quella data, Apple dovrebbe presentare il nuovo sistema operativo: iOS7. Un sistema che includerà quasi certamente iRadio negli applicativi di default.

Nuovo lutto nel mondo della musica: è morto Franco Califano

Nuovo lutto nel mondo della musica: è morto Franco Califano

Dopo la scomparsa di Enzo Jannacci, ancora un lutto nella musica italiana. Franco Califano è morto nella sua casa ad Acilia. Malato da tempo, era nato nel 1938. Solo pochi giorni fa, il 18 marzo, si era esibito al Teatro Sistina di Roma.

Originario di Paganica in provincia di Salerno, ma nato a Tripoli, che allora era una colonia italiana, il 14 settembre del 1938, e cresciuto a Roma, città alla quale è rimasto sempre legatissimo, Franco Califano, o Er Califfo, come lo hanno sempre affettuosamente chiamato i suoi fans, ha lavorato fino all’ultimo tanto che stava per partire per un minitour la cui prima tappa doveva essere il 4 aprile a Porto Recanati, nelle Marche. 

Nella sua lunghissima carriera è stato autore di canzoni indimenticabili come “La musica è finita“, “Una ragione di più”, “E la chiamano estate”, “La nevicata del ’56”. Ha scritto per Mina, Ornella Vanoni, Mia Martini, Renato Zero, Bruno Martino. E tantissimi sono stati anche i successi come cantautore, da quella che è stata un po’ il suo manifesto, “Tutto il resto è noia” (“La canzone che mi rappresenta di più”), a ‘La mia liberta”, “Io nun piango”. Personaggio di grande popolarità, di fatto Califano è stato una figura atipica della canzone italiana, una sorta di chansonnier alla francese, radicatissimo nella tradizione culturale e musicale di Roma. 

E la sua è stata una vita da romanzo, in cui non è mancato il carcere, con un primo arresto nel 1970, coinvolto insieme con Walter Chiari (poi assolto) in una vicenda di droga e poi di nuovo nel 1983, di nuovo accusato di possesso di stupefacenti e in questo caso anche di armi nella vicenda che vide in manette anche Enzo Tortora (assolto con formula piena e caso emblematico di mala giustizia). Durante quest’ultima esperienza carceraria anzi ha scritto ‘Impronte digitali’, album che si basa soprattutto su esperienze di quel periodo. In entrambi i processi è stato comunque assolto. E lo ha ripetutamente ricordato sia nei libri sia nelle interviste. 

Musicista prolifico, si è però cimentato anche come scrittore e saggista con opere come ‘Ti perdo – Diario di un uomo da strada’ ,’ Il cuore nel sessò, ‘Sesso e sentimento’ e ‘Calisutra – Storie di vita e casi dell’amore raccontati dal maestrò. Del 2008 è, invece, l’autobiografia “Senza Manette”, scritta a quattro mani con Pierluigi Diaco, che oggi piange “l’amico e il complice di tante notti in radio”. Attaccatissimo al suo personaggio di disincantato amante latino, un po’ cinico e un po’ romantico, sempre pronto a vantare le sue conquiste femmilini, il Califfo è stato anche interprete di fotoromanzi e attore cinematografico in Sciarada alla francese (1963), Gardenia, il giustiziere della mala (1979), Due strani papà (1983) con Pippo Franco, Viola bacia tutti (1998) e Questa notte è ancora nostra (2008). Ha partecipato tre volte a Sanremo, l’ultima nel 2005 con Non escludo il ritorno, scritta con i Tiromancino.

Addio al poeta della musica, è morto Enzo Jannacci.

Addio al poeta della musica, è morto Enzo Jannacci. Aperta la camera ardente

E’ stata aperta poco fa la Camera ardente per Enzo Jannacci alla casa di cura Columbus, in via Buonarroti 48 a Milano, dove ieri sera è morto il cantautore. E nonostante il cattivo tempo e le festività pasquali, già alcuni milanesi sono arrivati per rendere l’ultimo saluto a uno degli artisti simbolo del capoluogo lombardo. La Camera Ardente sarà aperta fino alle 18. Era il poeta della musica. Stroncato da un male incurabile, Enzo Jannacci è morto a Milano. Cantautore, cabarettista, tra i protagonisti della scena musicale italiana, oltre che cardiologo, si è spento a Milano all’età di 77 anni. È ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant’anni.
Jovanotti e Morandi – Il cordoglio del mondo dello spettacolo non si è fatto attendere. “Sentite qua. Una a caso. E’ Jannacci. Sono tutti capolavori”, ha scritto Jovanotti su Twitter rendendo omaggio all’illustre collega. “Un grande artista ci ha lasciato, Enzo Jannacci. Un poeta estroso, ironico, geniale, con quella vena malinconica, ma così sublime…. un innovatore, capace di lasciare sempre la sua inconfondibile impronta. Ciao Enzo, ci mancherai”, ha scritto invece Gianni Morandi in un post sulla sua pagina Facebook, accompagnandolo con una foto giovanile che ritrae in scena lo stesso Morandi con Jannacci e Adriano Celentano.
Club Tenco – Il club Tenco “saluta” Enzo Jannacci “con tutto il dolore di una perdita così grande ma anche con la gratitudine di aver sempre ricevuto da lui il soffio leggero di una poesia spiazzante e infallibile”. Il club Tenco ricorda i premi attribuiti al cantautore milanese nel corso degli anni: dal Premio Tenco del 1975, alle tre targhe per la più bella canzone dell’anno fino al riconoscimento per il migliore album in dialetto. “Dentro quella voce – si legge in una nota del Club Tenco – si poteva nascondere qualcosa di molto serio, spesso tragico, ma anche dolce e levigato come il suo volto. Enzo Jannacci sapeva in questo modo ‘dire’ più dei tanti parolai che ci tocca ascoltare tutti i giorni. Sapeva esprimersi più e meglio di tutto il bla-bla quotidiano di cui a suo modo si faceva beffe”.
Maroni – Anche Roberto Maroni si inchina davanti al grande Jannacci. “Addio a Enzo Jannacci, cuore e musica di Milano. Riposa in pas, cunt i tòo scarp del tenis”, ha scritto il segretario della Lega e presidente della Regione Lombardia (oltreché musicista) su twitter.
La commozione sul Web –  “Lo ricordo bene: intelligente, spiritoso, surreale, geniale. Ha raccontato la poesia di Milano”: così Enrico Ruggeri ricorda su Twitter Enzo Jannacci. In tanti, sul social network, hanno voluto ricordare la “voce degli ultimi”, come lo ha definito Claudio Cecchetto. “Ciao grande maestro” ha scritto il napoletano Gigi D’Alessio, a cui hanno fatto eco i Negramaro con una citazione da ‘Messico e nuvole’: “Che voglia di piangere ho… addio Enzo!”. A messaggi più sintetici come quello di Syria, che ha salutato Jannacci con un “ciao signor Enzo”, si accompagnano twitt più personali come quello di Paola Turci: “Rimangono tutte le tue canzoni e un pezzo di strada fatta insieme”. Commosso Fabio Fazio: “Enzo Jannacci era un genio. Le sue parole non riuscivano a star dietro ai suoi pensieri. La sua poesia ha inventato un mondo bellissimo”; ironico Frankie Hi Energy: “Ciao Enzo non ti scapicollare”; triste Luca Bizzarri: “Cristo come mi dispiace. Addio, signor pur talento”. “Enzo Jannacci, rimpiango un genio che se ne va insieme alla Milano meravigliosa delle sue canzoni”, scrive Gad Lerner. Tanti e accorati i messaggi di Dalia, figlia di Giorgio Gaber, con cui Jannacci formò una celebre coppia della canzone italiana: “Ciao Enzo, ti voglio bene” scrive l’erede di Gaber postando una foto da giovani dei due celebri artisti. “Quelli che… Adesso sanno l’effetto che fa. Buon viaggio”: questo il post su Twitter di Francesco Guccini.

La biografia – Jannacci era nato a Milano il 3 Giugno 1935. E’ stato  tra i maggiori protagonisti della scena musicale italiana del dopoguerra. Caposcuola del cabaret italiano, nel corso della sua cinquantennale carriera ha collaborato con svariate personalità della musica, dello spettacolo, del giornalismo, della televisione e della comicità italiana, divenendo artista poliedrico e modello per le successive generazioni di comici e di cantautori. Autore di quasi trenta album, alcuni dei quali rappresentano importanti capitoli della discografia italiana, e di varie colonne sonore, Enzo Jannacci, dopo un periodo di ombra nella seconda metà degli anni novanta, è tornato a far parlare di sé ottenendo vari premi alla carriera e riconoscimenti per i suoi ultimi lavori discografici. È ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant’anni.

La carriera – Dopo gli studi classici si era laureato in medicina per lavorare poi in Sudafrica e poi negli Stati Uniti. La sua formazione musicale ha radici altrettanto classiche e inizia al conservatorio ma la scoperta del rock and roll avviene presto. I suoi primi compagni di viaggio sono Tony Dallara, Celentano e poi Giorgio Gaber con il quale forma il duo de I due corsari, che debutta nel 1959. Ma prosegue parallela la sua carriera di solista e quella di autore, tanto che Luigi Tenco sceglie una della sue canzoni, Passaggio a livello, e la pubblica nel 1961. Lavora con Sergio Endrigo. Lavora anche con Dario Fo, Sandro Ciotti.
I successi – Poi la grande popolarità arriva con il surreale Vengo anch’io, no tu no tanto che diventerà sua la ribalta televisiva, fino a quella di Canzonissima. Ma sarà spesso anche in teatro e non disdegnerà apparizioni in film di grandi registi come Ferreri, Wertmuller, né di esercitarsi come compositore di colonne sonore come fece per Mario Monicelli. Dopo un periodo di oblio all’inizio degli anni ’80 torna alla ribalta tanto che incide un disco come Ci vuole orecchio, che raggiunge il livello di popolarita’ di Vengo anch’io. Del 1981 é un trionfale tour in tutta Italia. Nel 1994 si presenta per la terza volta al Festival di Sanremo in coppia con Paolo Rossi con il brano I soliti accordi, insolitamente dissacrante per la manifestazione, che è anche il titolo del rispettivo CD, arrangiato da Giorgio Cocilovo e il figlio Paolo Jannacci.
Il teatro – Tra un album e l’altro, poi nel 2000 torna a lavorare infine con Cochi e Renato, altra storica coppia con cui ha collaborato a lungo, per Nebbia in val Padana. Oramai la tv lo celebra, come fa il 19 dicembre 2011 Fabio Fazio che conduce uno speciale su di lui in cui amici di lungo corso lo omaggiano interpretando suoi brani. Tra cui Fo, Ornella Vanoni, Cochi e Renato, Paolo Rossi, Teo Teocoli, Roberto Vecchioni, Massimo Boldi, Antonio Albanese, J-Ax, Ale e Franz, Irene Grandi e altri. Enzo Jannacci compare nell’ultima parte dell’evento cantando due sue canzoni.
Il cinema – Esordisce nel cinema nel 1964 con il film La vita agra di Carlo Lizzani: canta L’ombrello di mio fratello in un locale dove entra il protagonista, interpretato da Ugo Tognazzi. Al cinema è poi protagonista di un episodio (Il frigorifero) diretto da Monicelli per il film Le coppie (1970), e de L’udienza di Marco Ferreri (1971). Ha inoltre interpretato i film Il mondo nuovo di Ettore Scola (1982), Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada di Lina Wertmüller, accanto a Ugo Tognazzi (1983) e Figurine di Giovanni Robbiano (1997). Nel 2010 è tra gli interpreti de La bellezza del somaro, per la regia di Sergio Castellitto, film nel quale interpreta il ruolo dell’anziano fidanzato della figlia adolescente dei protagonisti. Ha composto anche numerose colonne sonore, come quelle di Romanzo popolare di Monicelli (1974, di cui insieme a Beppe Viola ha anche tradotto in un felicissimo slang milanese i dialoghi di Age e Scarpelli e al quale ha regalato una delle più poetiche e intense canzoni da lui scritte, Vincenzina e la fabbrica); Pasqualino Settebellezze (1975), di Lina Wertmüller; Sturmtruppen (1976); Gran bollito di Mauro Bolognini (1977); Saxofone di e con Renato Pozzetto (1979) e Piccoli equivoci di Ricky Tognazzi (1989).

E’ morto Armando Trovajoli Maestro della musica italiana

E’ morto Armando Trovajoli
Maestro della musica italiana
Sua ‘Roma nun fa
la stupida stasera’

Aveva 95 anni. Dorelli: “Ricordo i suoi ‘vaffa’ d’amore”. Proietti: “La sua stima un grande orgoglio”

E’ morto qualche giorno fa a Roma, a 95 anni, il maestro Armando Trovajoli, autore di brani celebri come ‘Roma nun fa la stupida stasera’ e delle colonne sonore di oltre 300 film. Commozione sul web. Montesano: “Rivirà ogni sera nella sue musiche”. Alemanno: “Ora la voce di Roma è più spenta”

 
Armando Trovajoli (Ansa)

Armando Trovajoli (Ansa)

Roma, 2 marzo 2013 – E’ morto qualche giorno fa a Roma, a 95 anni, il maestro Armando Trovajoli, autore di brani celebri come ‘Roma nun fa la stupida stasera’ e delle colonne sonore di oltre 300 film. Solo oggi ne dà notizia la moglie, Maria Paola. ‘’Ho rispettato fino all’ultimo le volontà di un uomo schivo, che non amava presenzialismi, nè applausi. Sarà cremato’’.

Trovajoli era nato a Roma il 2 settembre del 1917. ‘’Ha lavorato fino all’ultimo giorno- racconta la vedova- la sua ultima commedia, la trasposizione per il teatro della Tosca di Gigi Magni, è ancora sul suo pianoforte”. Nella sua lunghissima carriera ha suonato con i più qualificati jazzisti del mondo (Duke Ellington, Louis Armstrong, Miles Davis, Chet Baker, Stephan Grappelli, Django Reinhardt e altri). Poi, accanto al jazz, si è dedicato al cinema (firmando, tra le altre, le colonne sonore per Riso amaro, Un giorno in pretura, La ciociara. C’eravamo tanto amati, Profumo di donna, Una giornata particolare) e alla commedia musicale grazie alla lunga collaborazione con Garinei e Giovannini. Tra le sue canzoni più celebri anche ‘’Aggiungi un posto a tavola’’.

COMMOZIONE SUL WEB – “In cielo hanno aggiunto un posto a tavola” per il Maestro. E’ uno dei tanti commenti di affetto, tra post e tweet, appena diffusa la notizia della morte del maestro Armando Trovajoli. Personaggi famosi e persone comuni in pochi minuti hanno lanciato in Rete: parole di solidarietà, ricordi, video dei suoi brani. Un gesto di vicinanza per il compositore italiano che nella sua lunghissima carriera artistica ha alternato l’attività nel jazz e nella musica leggera.

Ha suonato con i grandi jazzisti (Duke Ellington e Louis Armstrong, Miles Davis solo per citarne alcuni), ha composto le colonne sonore di registi come Vittorio De Sica, Dino Risi, Luigi Magmi, Ettore Scola. Tra i film, “Riso Amaro”, “Un giorno in pretura”, “La ciociara”, “C’eravamo tanto amati”, “Profumo di donna”… Tra le canzoni di musica leggera si ricordano “Roma nun fa’ la stupida stasera”, “Che m’e’ ‘mparato ‘a fa” e “Aggiungi un posto a tavola”. Quest’ultima per l’omonimo musical di Garinei e Giovannini, con i quali ha collaborato anche per “Rugantino”.

IL SINDACO ALEMANNO – “Apprendo con dolore della scomparsa del maestro Armando Trovajoli. Oggi la voce di Roma è più spenta. Il nome di Trovajoli rincorre e si intreccia con la storia del cinema italiano e con quella della musica. A partire da ‘Roma nun fa’ la stupida stasera’ fino alle colonne sonore di decine di film, le note di Trovajoli hanno accompagnato la vita di ciascuno di noi: e’ sufficiente andare a riguardare la quantita’ di film che il maestro ha musicato per capirne l’importanza e la sua quotidiana frequentazione con tutti. Alla famiglia del maestro si stringe l’affetto dell’intera città”. Lo afferma in una nota il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.

DORELLI – “Un uomo fantastico, molto colto, un grande musicista, compositore e anche un grande pianista. Ma soprattutto, un uomo fantastico’’. Così, con il dolore della sorpresa, Johnny Dorelli commenta con l’ANSA la notizia della scomparsa del maestro Armando Trovajoli. ‘’Non sapevo nulla neanche io – dice – Il riserbo faceva parte del suo modo di essere’’. Dorelli per Trovajoli è stato il primo Don Silvestro di ‘Aggiungi un posto a tavola’ nel ‘74. ‘’Insieme – ricorda – abbiamo vissuto cinque-sei anni da fine del mondo. Nello stesso ruolo ha guidato poi anche mio figlio. Ma sono tante le cose fatte insieme, come ‘Accendiamo la lampada’. Scrisse anche le musiche per un mio spettacolo di prosa, ‘L’amico di tutti’. Professionalmente era il massimo, ma lavorare con lui in buca che ti ascoltava non era mica facile. Una volta, spingendo un carrello in una scena di ‘Aggiungi un posto a tavola’, persi un paio di note e lui saltò su: ‘Johnny m’hai rotto il…!’’’, prosegue ridendo. ‘’Nella vita era un uomo molto divertente. Era romano e con sua moglie usava tutta una serie di paroline comprensibili solo tra di loro. Quando componeva la sua grande musica, pero’, se qualcosa non gli quadrava era capace di sfasciare tutto o di lanciare il leggio contro qualcuno. Io ridevo e lui: ‘Johnny stai zitto!. Era così se ti voleva bene. I suoi – conclude – erano ‘vaffa’ d’amore’’.

PROIETTI – “Con ‘Armandino’ eravamo molto amici. Ero stato a pranzo a casa un po’ di settimane fa. Tre ore fa ho saputo della sua scomparsa e sono sconcertato’’. Così Gigi Proietti commenta con l’Ansa la notizia della morte del maestro Armando Trovajoli. “Qualsiasi cosa si dica ora – sottolinea – suona come ovvia. E’ un lutto serio, anche se l’età era avanzata, come quando ti muore un genitore: non te l’aspetti mai. Lui poi era ancora molto attivo. L’ultima volta che l’ho visto aveva progetti, stava pensando, scrivendo. Suonò al piano e noi ascoltammo in religioso silenzio’’. Il rapporto con Trovajoli, ricorda Proietti, nacque nel ‘73, ‘’quando girai ‘La Tosca’ di Luigi Magni e lui scrisse per me ‘Nun je da’ retta, Roma’, una canzone che ancora porto nel mio repertorio e che ora continuerò a fare con un motivo in più. Da allora, fuori dalle scene, siamo sempre rimasti molto amici. L’estate scorsa, nonostante l’età, lasciò persino casa per venirmi a vedere in scena a Caracalla. Si fermò poi per abbracciarmi e farmi i suoi complimenti. Nel lavoro – dice ancora – Armandino era molto serio, severo, di poche parole, molto esigente. E faceva bene, specialmente negli ultimi tempi in cui si vede tanta leggerezza e superficialità. Sentirmi stimato da un uomo del genere mi ha sempre inorgoglito molto’’.

MONTESANO – ‘’Proprio ieri sera parlavo di lui, vedendo uno spettacolo con le musiche di Irving Berling. Trovajoli, come tutti grandi musicisti, non è morto. Rivivrà ogni sera nelle sue musiche, che continueremo a suonare’’. Così Enrico Montesano, raggiunto dall’ANSA a Londra, commenta la notizia della scomparsa del maestro Armando Trovajoli. ‘’Sono venuto a Londra a vedere alcuni spettacoli – spiega l’attore – Per la prossima stagione, lo dico in anteprima, sto lavorando a un nuovo show che avrà anche le musiche di Trovajoli, insieme a quelle di altri grandi maestri’’.Con quella comune vena di comicita’ romana, Enrico Montesano è stato tra gli interpreti piu’ ‘frequenti’ di Armando Trovajoli. ‘’Insieme abbiamo lavorato tanto – dice -. Con lui ho fatto ‘Rugantino’ (nella seconda edizione del 1978 ndr), ‘Se il tempo fosse un gambero’ e ‘Bravo’. Era un uomo caustico nel suo modo burbero, ma sempre affettuoso. Ricordo che la sera della prima di ‘Bravo’ venne a trovarmi in camerino e mi regalo’ un piccolo crocifisso: ‘te proteggera’?’, mi disse. Berling – conclude Montesano – e’ morto a 101 anni, Trovajoli se n’e’ andato a 95: evidentemente i grandi musicisti sono longevi. Ma vivranno comunque ogni sera nelle musiche che ci hanno lasciato’’.

Sanremo: vince Mengoni, due premi per Elio e Le Storie Tese

Sanremo: vince Mengoni, due premi per Elio e Le Storie Tese

di Cristiano Sanna (nostro inviato)
E’ L’essenziale di Marco Mengoni la canzone regina dell’edizione numero 63 di Sanremo. Era il super favorito, il televoto lo amava, i pronostici sono stati rispettati. Ecco i fiori che non vedrete sul palco di Sanremo. Lo scrivono sulle loro bancarelle piene di vasi colorati e petali al sole, i commercianti di via Manzoni e piazza Colombo. Pochissimi fiori sul palco del Festival. E’ la spia di quanto l’evento tv sia lontano dalla realtà e di quanto poco il Festival impatti positivamente sull’economia del posto. L’Italia della crisi si salva con i lustrini televisivi e una gran dose di “unza unza” un po’ ska e un po’ swing veloce, vero tormentone di questa edizione. Nel Sanremo preda dei talent show (sì, anche quest’anno, nonostante le apparenze) vincono ancora gli amici di Maria e i nipotini di X-Factor. Premio della critica Mia Martini a Elio e Le Storie Tese, così come il premio per il miglior arrangiamento assegnato dall’orchestra.
L’emozione di Marco – “Dedico la mia vittoria a tutto il mio gruppo di lavoro che ha lavorato sodo per creare un nuovo progetto seguendomi fino a qui. Dedico questa vittoria anche a Luigi Tenco e ringrazio la sua famiglia” sono le prime emozionatissime parole di Marco Mengoni, stravolto dalla felicità. “Credo di essere un po’ cresciuto in questi anni grazie alle collaborazioni che ho avuto. E’ ancora un mondo un po’ strano per me questo della musica, ma grazie a tutti”.
Wagner, Verdi e l’orchestra allo stremo – Si comincia con Wagner e Verdi e si prosegue con la lettera degli orchestrali di Sanremo affidata alla lettura alla Littizetto. Alla canna del gas pure loro come troppi altri professori d’orchestra in Italia. Contratto di solidarietà e l’ennesima orchestra lasciata in agonia. Il paradosso si ripete e sul filo del paradosso gioca anche il monologo di Luciana Littizzetto. Elogio della bruttezza in un mondo che chiede a tutti di essere belli: la bellezza aiuta, spalanca porte, ma non è tutto dice Lucianina. “Lo dimostrano Ennio Flaiano, Ave Ninchi, Nicola Arigliano, il pittore Ligabue e perfino Noé, che non era bellissimo ma ha salvato un sacco di bestie”. Una serata che scorre senza grandi guizzi. Non il numero di Bisio, con la prima parte riciclata pari pari da un suo vecchio spettacolo teatrale, Quella vacca di Nonna Papera. Nemmeno con il ritorno sul palco Sanremese di Andrea Bocelli, il tenore pop italiano più amato dagli americani, che insieme al figlio Amos al piano ha proposto le sue versioni di Love Me Tender Quizas Quizas Quizas. Bella e algida Bianca Balti, ex attivista no global ora top model miliardaria giunta sul palco dell’Ariston a piedi nudi. Divertenti i siparietti della Littizzetto con il monumentale rugbista Martin Castrogiovanni. “Parla con l’accento di Belen ed è pettinato come lei” punge Luciana, lui risponde divertito: “La farfalla non ce l’ho”. La Littizzetto chiude fra le risate: “La metto io”.
Elii grassissimi e lo scivolone di Bianca – In chiusura di serata ecco Birdy, la ragazzina inglese di sedici anni divenuta un fenomeno pop milionario anche grazie all’uso accorto di Internet (discografici e produttori italiani, studiate). Ma ad entusiasmare l’Ariston, tra i tanti big tutti concentrati nella gara, sono gli Elio e Le Storie Tese resi grassissimi dal trucco e parrucco, quasi un omaggio agli sketch dei Monty Python, e sempre impeccabili nell’esecuzione. E un Max Gazzé con lente a contatto Marilyn Manson style che nel finale del suo brano ruba la bacchetta al direttore d’orchestra e dirige la platea nel coro all’unisono. Come pure il duello in passerella che vede, a sorpresa, perdere la Balti che scivola in modo inatteso, mentre la Littizzetto fa il giro del palco sulle note della famosa marcia circense. Poi arrivano i premi, arriva Marco adorato dalle ragazzine e dal grande pubblico. Sanremo rispetta le sue tradizioni, nemmeno la furbesca bravura musicale di Elio e soci riesce a scalfirla. Forse è giusto così.

Sanremo racconta la sua storia e incorona vincitore Antonio Maggio

Sanremo racconta la sua storia e incorona vincitore Antonio Maggio

di Cristiano Sanna (nostro inviato al Festival)
Nella serata in cui Sanremo perde la sveltezza delle puntate precedenti e ritrova la peggio lungaggine tradizionale, c’è il primo verdetto. A spuntarla nella categoria “giovani” è, come da pronostico, Antonio Maggio con la sua ironica e ritmata Mi servirebbe sapere. Niente da fare per Ilaria Porceddu, Blastema e Renzo Rubino. Premio al miglior testo per Le parole non servono più di Il Cile. Premio della Critica Mia Martini a Renzo Rubino con Il postino (amami uomo).
Sanremo Story – E’ anche la serata del Festival che ripensa se stesso e ripercorre la propria storia, affidando l’interpretazione di alcune delle canzoni vincitrici agli artisti in gara quest’anno. L’esito è diseguale, come era lecito attendersi: Malika Ayane elegantissima con Paolo Vecchione e Thomas Signorelli nella rilettura di Cosa hai messo nel caffé? perpetua la sua immagine di nuova Vanoni. Emozione pura e voce tremante per Daniele Silvestri che omaggia il compianto Lucio Dalla e la sua Piazza Grande. A tutta grinta Annalisa con Emma, vincitrice l’anno scorso, nella loro reinterpretazione di Per Elisa, che vinse nel 1981 cantata da Alice. Marta sui tubi più Antonella Ruggiero in Nessuno, delicatissima, al contrario della versione ye-ye di Betty Curtis. Salvo poi tornare a quell’arrangiamento nel finale. Raphael Gualazzi, ripropone Luce di Elisa, tutto in casa Sugar. Modà più il maestro Adriano Pennino per Io che non vivo di Donaggio brutalizzata dai troppi vibrati drammatici di Kekko. Delicatissimo Cristicchi con la riproposizione di Canzone per te di Endrigo. A seguire: la sempre più bella Simona Molinari con Peter Cincotti e Franco Cerri in una levigatissima Tua. Maria Nazionale perfettamente a suo agio con il Massimo Ranieri di Perdere l’amore cantata come una beguine. Mengoni singolarmente misurato e molto emozionato, fino alle lacrime, nella sua versione di Ciao amore ciao di Luigi Tenco. Poi tocca a Rocco e Le Storie Tese. “Scusa te se sono un po’ rigido”, esordisce lui, declamando poi i versi di Questo amore di Prevert come introduzione a Un bacio piccolissimo eseguita da Eio e compari con la solita enorme perizia strumentale, teste sempre più grandi e strumenti sempre più piccoli. Imbarazzato e imbarazzante Gazzé in marsina a quadri rossi con Ma che freddo fa di Nada. Non si canta nel sabato, non lo fa Raiz convertitosi all’ebraismo. Al suo posto in Il ragazzo della via Gluck con gli altri Almamegretta ecco James Senese, Marcello Coleman, Clementino e Albino D’Amato. Divertente versione reggae terminata con un esplicito: “Lasciate crescere l’erba: bomberclad!”. Impegnativa sfida tra Chiara e Mimì nella versione di Almeno tu nell’universo che nessuno può cantare tirando la voce e sperando di uscirne vincitore. Lo aveva capito bene, anni fa, Elisa.
Bollani e Veloso: la grazia sul palco – Poi è la volta di Stefano Bollani. Potrà non essere simpatico a tutti per la sua esibita ironia e il presenzialismo spinto, ma quando passa al piano per eseguire un classico anni Trenta della musica carioca, sul palco dell’Ariston è pura grazia. Così come è notevole la sua capacità di improvvisare un medley su brani a richiesta del pubblico, cucendo assieme Papaveri e papereVita spericolataImagine. Si è parlato di musica carioca ed ecco sul palco uno dei maestri del rinnovamento della musica brasiliana. Il grande Caetano Veloso che con la sua voce di vetro soffiato canta Voce e Linda e Piove di Modugno per poi ritrovare sul palco proprio Bollani in Come prima più di prima t’amerò.
Littizzetto da Oscar e l’omaggio a Pippo Baudo – La tensione della gara è meno presente. Ci si lascia andare e a guadagnarci è Luciana Littizzetto, davvero debordante. Il momento clou della sua felicissima serata arriva quando si presenta sul palco vestita e pettinata come Caterina Caselli nel 1966. “Sembro paggio Fernando” dice tra le risate del pubblico e quelle di Fazio, contro il quale alla fine sbotta divertita: “Prova tu a fare Renato Zero, pirla!”. Il teatro viene letteralmente giù dalle risate. Tutti in piedi per Pippo. Standing ovation per Baudo completamente canuto, premiato per la sua carriera e lesto a chiedere, a dire il vero in modo molto misurato, di poter condurre ancora un programma sulla Rai. E nuovo bacio televisivo tra lui e la pestifera Lucianina. Poco prima era stato ricordata un’altra colonna del Festival, con l’inaugurazione della statua di Mike Bongiorno. Una serata fiume, estenuante nella sua lunghezza. Ma Sanremo  è così, non si può fare a meno che lasciarsi travolgere dalla piena, incluso il ritorno a notte fonda di José Luis Moreno e il pupazzo Rockfeller, autentico reperto della tv anni Ottanta. Sabato gran finale con la proclamazione del vincitore big.

SANREMO: CONTESTATO IL CROZZA-BERLUSCONI, POI IL COMICO SI RIPRENDE

SANREMO: CONTESTATO IL CROZZA-BERLUSCONI, POI IL COMICO SI RIPRENDE

 

 

Contestazione per l’ospite più atteso (e forse più temuto) della prima serata del 63/mo Festival della Canzone a Sanremo. Maurizio Crozza è stato zittito da fischi e grida ostili – “vattene”, “basta politica”, “fuori” – da parte di alcuni spettatori quando ha imitato Silvio Berlusconi. Il comico si è bloccato, quasi intimorito dalla contestazione ed è sembrato perdere la concentrazione mentre la maggior parte del pubblico applaudiva per sostenerlo e urlava a sua volta contro i contestatori “fuori, fuori”. E’ dovuto intervenire Fabio Fazio per riportare la situazione alla normalità invitando Crozza a continuare ma per qualche minuto l’esibizione del comico genovese è sembrata sul punto di saltare. Poi i contestatori sono stati allontanati – su Twitter si è scatenata l’ironia sulla claque “pagata” da Berlusconi… – e il comico ha proseguito in crescendo il suo personale show imitando Bersani (nessun fischio ma neanche troppi applausi), il ‘pigro’ Ingroia (l’imitazione più riuscita, anche se già vista a Ballarò e su La7 come tutte le altre del resto…), il Monti-robot e gli esponenti dell”alta società’ della sua lista con un focus spassoso su Montezemolo. Grandi applausi. Per il resto, non c’è stato il bacio tra i due ragazzi della coppia gay che si sposeranno a New York il 14 febbraio “perchè in Italia le nostre leggi non lo consentono”. La parte del leone, nel finale, l’ha fatta Toto Cutugno che ha cantato ‘L’italiano’ e ‘Volare’ insieme al coro dell’Armata Rossa.