Individuata una “stella-diamante”

Individuata una “stella-diamante”, dista 900 anni luce dalla Terra e gira su se stessa più di 30 volte al secondo

Potrebbe essere la nana bianca più fredda e debole dello spazio “tanto fredda da aver cristallizzato le scorte di carbonio trasformandosi a tutti gli effetti in una stella-diamante”. Una gemma che emette segnali troppo deboli per poter essere fotografata ma che un team di scienziati – come spiega il notiziario online dell’Istituto nazionale di Astrofisica, Media Inaf – ha identificato grazie a una sua compagna, la pulsar J2222-0137, rilevata dai radiotelescopi sulla Terra. “Si tratta di un oggetto davvero degno di nota – ha detto David Kaplan dell’Università del Wisconsin-Milwaukee -. Nello spazio ce ne sono chissà quanti, ma a causa del debole segnale che emettono è molto difficile trovarli”.
La “stella-diamante” dovrebbe avere 11 miliardi di anni – La gemma preziosa è stata scovata usando il Green Bank Telescope (GBT) e il Very Long Baseline Array (VLBA), in collaborazione con altri osservatori. Le nane bianche sono stelle interessanti da studiare perché corrispondono alla “terza età” delle stelle di massa simili al Sole: queste stelle, a conclusione del loro ciclo di vita, collassano formando un oggetto dalle dimensioni simili alla Terra e sono composte per la maggior parte di ossigeno e carbonio. Col passare del tempo (miliardi di anni), questi oggetti particolarmente densi raffreddano e la loro luce pian piano svanisce. Secondo i ricercatori, la preziosa e gelida nana bianca in questione dovrebbe avere la stessa età della nostra Via Lattea, quindi circa 11 miliardi di anni.
Nana bianca gira su se stessa più di 30 volte al secondo – La nana bianca fa parte di un sistema binario: ha con sé, infatti, una compagna, la pulsar PSR J2222-0137, il primo oggetto di questo sistema ad essere rilevato dal GBT. Dalle prime osservazioni con i radiotelescopi è stato notato che questa stella di neutroni (nata dopo la violenta esplosione di una supernova) girava su se stessa più di 30 volte al secondo ed era legata gravitazionalmente a un’altra stella, all’inizio confusa con una stella di neutroni o una normale nana bianca. Le due completano l’orbita l’una attorno all’altra ogni 2,45 giorni. Per ottenere dati più precisi, la pulsar è stata studiata per due anni con il VLBA, grazie al quale è stato possibile determinare la sua distanza dalla Terra (circa 900 anni luce in direzione della costellazione dell’Acquario).
La pulsar è 1,2 volte più massiccia del nostro Sole – “Il passo successivo per gli astronomi – spiegano gli esperti dell’Inaf – è stato quello di applicare la teoria della relatività di Einstein per studiare perché la gravità della nana bianca causasse dei ritardi nei segnali radio al passaggio della pulsar. In questo modo sono state poi calcolate con precisione le masse dei due oggetti: la pulsar è 1,2 volte più massiccia del nostro Sole e la compagna ha una massa di 1,05 superiore alla nostra stella madre. Questo dato è stato fondamentale per i ricercatori: è impossibile, infatti, che potesse essere una seconda pulsar, perché le orbite erano troppo “ordinate” e l’esplosione di una seconda supernova è stata quindi esclusa”.
E’ la nana bianca più fredda mai scoperta – Conoscendo la sua esatta posizione, i ricercatori hanno puntato i telescopi, ma né il telescopio Southern Astrophysical Research (SOAR) in Cile, né il telescopio Keck alle Hawaii, sono stati in grado di rilevarla: “L’immagine che ci aspettavamo (e che non è arrivata) sarebbe stata di un oggetto 100 volte più debole di ogni altra nana bianca mai osservata finora”, ha detto Bart Dunlap dell’Università del North Carolina. “Se lì c’è una nana bianca, sicuramente è la più fredda mai scoperta”. I ricercatori hanno calcolato, infatti, che la nana bianca arriverebbe a 2.700 gradi centigradi, una temperatura estremamente bassa per una stella. Temperature simili potrebbero aver portato la stella a cristallizzare gran parte del carbonio presente nei suoi “serbatoi”facendola diventare molto simile a un gigantesco diamante spaziale.
27 giugno 2014

Yara, il pm Ruggeri: “Dna faro che ha illuminato le indagini. Senza dubbio Guerinoni è il padre dell’omicida”

Yara, il pm Ruggeri: “Dna faro che ha illuminato le indagini. Senza dubbio Guerinoni è il padre dell’omicida”

Dopo i primi tre mesi ”da incubo”, il ritrovamento del cadavere di Yara ha dato una svolta alle indagini: ”E’ stato di un grande aiuto, come è noto i cadaveri danno informazioni e sapere che sugli slip è stato localizzato questo Dna. A questo punto il Dna è stato il faro alla luce del quale proseguire le indagini”. E’ quanto ha detto il pm titolare del caso Yara, Letizia Ruggeri. Il magistrato ha poi annunciato di non escludere il giudizio immediato, senza quindi passare dall’udienza preliminare. ”Devo valutare come procede questa fase dell’indagine, ma non lo escludo”, ha detto. “E’ stata una indagine faticosissima, ha proseguitoNon avete idea di quanta fatica è stata fatta in un’indagine a elenchi, con nessun testimone e ben poche telecamere funzionanti. Nei primi mesi è stato un incubo”.
La svolta con il dna –  E’ stato il faro alla luce del quale proseguire le indagini.’Dopo aver riesumato il cadavere di Guerinoni, non abbiamo avuto più nessun dubbio sul fatto che fosse il padre del soggetto che stavamo cercando”. E’ così partita un’indagine pazzesca per ritrovare la madre”, anche ”pedinando e intercettando i Guerinoni. ‘Attraverso un’indagine anagrafica, negli anni siamo arrivati alla madre Ester Arzuffi, che condivide nel dna un allele molto raro e particolare. Una volta individuata la madre il percorso è stato in discesa”. Il dna della madre di Bossetti è stato selezionato ed individuato in una rosa di 532 Dna quello di Ester Arzuffi, la madre di Massimo Giuseppe Bossetti, ritenuto l’omicida della piccola Yara Gambirasio. Il pm di Bergamo, ha anche specificato che il Dna della donna aveva un ”gene particolare”. Poi si è proseguito con l’individuazione di Bossetti.
Procuratore: nelle indagini nessuna contraddizione – “Il percorso investigativo si è basato su una linea operativa strettamente scientifica, dall’individuazione della madre del presunto autore fino all’individuazione della persona che conoscete ”: l’ha spiegato il procuratore di Bergamo Francesco Dettori. Dettori, è poi tornato sulle polemiche per la diffusione della notizia sul fermo del presunto assassino di Yara, sostenendo che ”era una persona che andava tutelata” prima di un confronto con il gip. ”Perché dare in pasto alla stampa una persona che ha diritto di essere tutelata?”. Infine ha definito ”aride e stupide”, le polemiche sui milioni di euro spesi durante le indagini. ”Per trovare la verità sul caso di una ragazza di 13 anni non si bada a spese” ha tagliato secco il magistrato.
I Gambirasio: “I Bossetti soffrono più di noi” – La nostra Yara ora è in paradiso”, ha continuato il padre della tredicenne, aggiungendo che è tempo di pensare ai genitori e parenti di Massimo Giuseppe che ”ora sono stati travolti dall’ inchiesta”: lo ha riferito don Corinno che ha parlato con l’uomo al telefono stamani. La famiglia Gambirasio, seguendo lo stesso atteggiamento di questi ultimi anni, nel corso della settimana è rimasta chiusa nel massimo riserbo, ‘protetta’ nella villetta di via Rampinelli. Secondo alcuni conoscenti, la famiglia oggi potrebbe essere andata via, in direzione di Pesaro per il fine settimana, dove era stata invitata a partecipare all’evento ‘Ginnastica in Festa’, in ricordo della passione per la figlia per questa disciplina.
20 giugno 2014

La battaglia di Gianluca Sada per produrre le sue bici pieghevoli senza raggi in Italia

La battaglia di Gianluca Sada per produrre le sue bici pieghevoli senza raggi in Italia

di Michael Pontrelli
La Vespa Piaggio, la macchina da scrivere Lettera 32 della Olivetti, la Fiat 500 sono solamente alcune delle icone che hanno fatto conoscere e apprezzare il design italiano in tutto il mondo. Il testimone di una tradizione così importante potrebbe passare nei nostri giorni alla bicicletta senza raggi inventata dal giovane ingegnere campano Gianluca Sada. Brevettata nel 2010 la Sada Bike ha avuto un successo mediatico straordinario non solo in Italia ma anche all’estero. All’inizio del 2012 Sada ha ultimato la realizzazione del prototipo ed ha annunciato la volontà di voler avviare la produzione in serie della bici, tuttavia a distanza di oltre 2 anni non è ancora possibile acquistarne una.

“Il mancato avvio della commercializzazione – spiega il giovane inventore – non è dipeso dalla mancanza di investitori ma dalla scelta del luogo della produzione”. Grazie al successo mediatico internazionale molte aziende, in particolare cinesi, si sono fatte avanti ma con la pretesa di voler costruire le bici in Cina. “Ho rifiutato proposte anche allettanti perché il mio obiettivo è che le Sada Bike siano Made in Italy” racconta l’ingegnere campano. “Produrre nel nostro paese – prosegue – è oggettivamente più difficile più complesso perché i costi sono maggiori e perché da noi c’è minore propensione all’innovazione ma seppure in ritardo le cose si stanno muovendo”.

La startup di Sada, attualmente incubata al Politecnico di Torino, da tempo sta dialogando con diverse realtà italiane ed entro la fine dell’anno dovrebbe finalmente siglare un accordo con un partner finanziario e industriale. La produzione delle Sada Bike dovrebbe partire e se le premesse saranno rispettate ci troveremo di fronte ad un nuovo simbolo mondiale del Made in Italy. “Sto già ricevendo richieste di acquisto praticamente da tutto il mondo” dice Sada a conferma che l’interesse per il prodotto è molto forte.
Ma cosa rende uniche queste nuove bici? Il design dovuto alla mancanza di raggi è sicuramente il punto di forza più evidente ma non è l’unico. “L’altro aspetto fondamentale è che si tratta della prima bici pieghevole con ruote da 26 pollici. Quelle della concorrenza hanno ruote da 16 pollici e una volta chiuse hanno addirittura un ingombro maggiore” spiega l’inventore. Anche il packaging è rivoluzionario. Lo zaino che contiene la bici grazie alla mancanza di raggi può essere riempito con altri oggetti e può diventare un trolley.
Il prezzo di acquisto delle Sada Bike sarà superiore ai 1500 euro. “E’ una cifra alta però assolutamente competitiva con i prezzi delle biciclette pieghevoli della concorrenza costruite in acciaio” afferma il giovane ingegnere. La risposta ovviamente la darà il mercato. Una cosa però fino ad ora è certa: nei tempi della globalizzazione per salvare il Made in Italy non bastano più solamente le idee innovative ma anche la tenacia di imprenditori che vogliono continuare a produrre nel nostro Paese.
24 luglio 2014

In viaggio a mezzo miglio dalla Concordia

In viaggio a mezzo miglio dalla Concordia

di 23 luglio 2014Commenti (4)

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Argomenti: Graziano Delrio | Atr42 | Concordia |Registro navale italiano | Grosseto | Genova | Franco Gabrielli | Nick Sloane | Costa Crociere

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ISOLA DEL GIGLIO (Gr) – A vederla da mezzo miglio di distanza – a bordo della motonave Vieste II messa a disposizione per la stampa da Costa Crociere – la Concordia che solca le acque dell’arcipelago toscano diretta a Genova è allo stesso tempo inquietante e sorprendente: un groviglio di lamiere galleggianti e un condensato d’ingegneria che viaggiano insieme, a passo sostenuto e in armonia col mare. Il lato sinistro sfracellato sullo scoglio è ancora ben visibile, nonostante i cassoni, i cavi e le catene che sono stati montati in questi mesi, e ricordano anche a chi l’avesse dimenticato l’incredibile incidente che ha dato vita al più grande recupero navale della storia.

La nave da crociera bicolore (i ponti in alto bianchi, com’erano in origine, quelli in basso color ruggine, essendo rimasti a lungo immersi nell’acqua) avanza tranquilla, sotto la scorta – neppure troppo invasiva – di un convoglio formato da 14 mezzi: fondamentali i due rimorchiatori a prua che la trainano, Blizzard e Resolve con una capacità di tiro di 135mila tonnellate; accessori, e destinati a intervenire solo in caso di necessità, i due rimorchiatori a poppa; e poi una nave-spazzino per raccogliere eventuali sostanze inquinanti che dovessero uscire dalla nave, una maxi nave della Guardia costiera, una nave militare con tanto di elicottero, motovedette per non far avvicinare alcuna imbarcazione nel raggio di tre miglia dalla Concordia (la Vieste II ha una deroga dalla Capitaneria di porto). Un convoglio nutrito ma ordinato, come se i suoni fossero stati accordati da tempo. In realtà è la prima volta al mondo che una nave naufragata e fatta rigalleggiare con l’aiuto di cassoni d’acciaio che le fanno da “ciambella”, riprende il mare aperto per andare allo smantellamento.

Sopra tutti, a controllare il mare dall’alto, vola un Atr42 munito di sistema radar e di telerilevamento che già stamani (e ieri) ha avvistato tre anomalie sulle acque lungo la rotta che ora sta seguendo la Concordia, dall’isola del Giglio a ovest, passando tra l’isola di Montecristo e quella di Pianosa e proseguendo poi verso nord ovest verso Genova. A due ore e mezzo dalla partenza, avvenuta alle 11, la Concordia si è lasciata alle spalle il Giglio e ha percorso quasi 8 miglia. Alla velocità di due nodi all’ora, ci vorranno quattro giorni per arrivare a Genova.

La guida operativa arriva da un container installato in cima al relitto, quella control room guidata dal salvage master Nick Sloane che è stato protagonista anche del raddrizzamento eseguito nel settembre scorso. Con lui 11 persone, che si alterneranno sulla nave durante questi quattro giorni di navigazione. Sulla poppa della Concordia da stamani sventola la bandiera italiana, issata prima della partenza perché – come ha spiegato il capo della protezione civile, Franco Gabrielli, il relitto è ancora iscritta al registro navale italiano e dunque è obbligatorio indicare il Paese di provenienza. In realtà più che una nave è un galleggiante, che per navigare ha bisogno di quei due cavi in titanio che ora lasciano una scia bianca.

Il viaggio è cominciato senza intoppi, l’ingegneria italiana – come ha sottolineato Costa Crociere – ha avuto un ruolo fondamentale nella buona riuscita dell’operazione. “Segno di un paese che sa rimediare ai propri errori, e soprattutto a quelli di un singolo”, ha detto il sottogretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, arrivato al Giglio a ‘salutare’ la Concordia.

Studio italiano individua l’origine dell’Alzeheimer

Studio italiano individua l’origine dell’Alzeheimer

E’ stato un gruppo di ricerca italiano l’origine delle formazioni tossiche nel cervello che causano la malattia di Alzheimer. Si tratta di uno studio coordinato da Antonino Cattaneo (Scuola Normale Superiore di Pisa) e svolto in collaborazione con Giovanni Meli (EBRI, Roma) e Roberta Ghidoni (IRCCS Fatebenefratelli, Brescia) svolto presso l’Istituto di ricerca sul cervello fondato dalla Accademica dei Lincei Rita Levi Montalcini. La ricerca ha consentito di individuare, su cellule di criceto, il sito intracellulare dove cominciano a formarsi gli oligomeri del peptide Abeta che danno inizio alla patologia. La ricerca è pubblicata su Nature Communications.
Scoperta origine formazioni tossiche – Gli oligomeri di Abeta sono specie molecolari tossiche coinvolte in maniera cruciale negli eventi precoci della malattia di Alzheimer. Prima di questo studio non si conosceva molto sulla loro formazione intracellulare a causa della mancanza di metodi selettivi, per il loro riconoscimento a livello molecolare. “Lo studio – spiega il Prof. Cattaneo – ha la doppia valenza di aver stabilito gli oligomeri intracellulari di Abeta come target nel trattamento dell’Alzheimer e consente di prospettare una strategia sperimentale dal forte potenziale terapeutico”. Su questa base, sarà possibile in futuro colpire precocemente le strutture patologiche, nel luogo dove si formano, prima che vengano trasportate fuori dalla cellula, attraverso sonde molecolari mirate, una sorta di “magic bullet” (proiettile magico) che colpisce con alta selettività solo le formazioni tossiche.
Scoperta dona speranza per il futuro – In questo studio i ricercatori hanno utilizzato un’evoluzione dell’approccio degli anticorpi intracellulari, precedentemente sviluppato nei laboratori del Prof. Cattaneo, e basato sull’espressione di anticorpi ricombinanti in cellule vive per ottenere una un’interferenza selettiva dell’antigene riconosciuto dentro la cellula. Il “magic bullet” è, per l’appunto, un nuovo anticorpo intracellulare conformazionale, ovvero selettivo per certi stati conformazionali di Abeta oligomeri, sviluppato dal gruppo di ricerca. “Questo approccio – aggiungono gli autori dello studio – è risultato efficace e selettivo nel colpire specifiche conformazioni subcellulari di oligomeri di A?, stabilendo cosi il nuovo concetto di ‘Conformational-Selective Interference’ (CSI). Indirizzando al reticolo endoplasmatico l’anticorpo intracellulare conformazionale, il gruppo di ricerca ha così dimostrato per la prima volta che A?, prodotta naturalmente dalle cellule vive, forma oligomeri patologici, assumendo conformazioni critiche proprio dentro il reticolo endoplasmatico”.
23 luglio 2014

Concordia, la nave galleggia da sola

Concordia, la nave galleggia da sola. Scontro sulla commemorazione dei morti fra Rossi e Galletti

Ultimi lavori nel porto di Genova per la Concordia. La prima sistemazione del relitto sarà lungo la diga foranea di Prà-Voltri davanti al Vte, Voltri terminal Europa dove si stanno sistemando bitte supplementari per la prima fase dei lavori che prevedono l’alleggerimento del relitto con l’asportazione di arredi e materiali rimovibili per portare la linea di galleggiamento da 18.5 a 15 metri. Saranno due chiatte a trasportare il materiale rimosso dalla nave allo spazio che si sta sistemando ora al modulo 6 nella zona prospiciente la diga foranea. La Concordia, ha spiegato il presidente dell’autorità portuale Luigi Merlo, sarà ‘avvolta’ da panne di protezione ambientale che saranno ancorate al fondo marino. Inoltre saranno allestiti distanziatori di 13 metri fra la diga foranea e la nave per costituire una ulteriore protezione. La prima fase delle operazioni durerà 4-5 mesi.
Rossi a muso duro contro Galletti – “Mi permetto di consigliare al ministro Galletti un po’ di cautela nelle sue dichiarazioni. E se proprio deve farle, lasci stare le vittime della Concordia” ha detto nel mentre il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. “Noi continueremo ad esserci anche quando il ministro Galletti, spenti i riflettori che lo illuminano, se ne ritornerà a Roma”. Il riferimento è alle frasi pronunciate dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, che aveva criticato le autorità toscane per non essersi presentate adeguatamente per ricordare i morti del naufragio. “La Regione Toscana – ha aggiunto Rossi – è sempre stata presente ai massimi livelli o con suoi rappresentanti nelle fasi di soccorso e di recupero e nelle commemorazioni”.
E’ stata spostata di circa 30 metri – La Costa Concordia si è spostata di circa 30 metri verso est. L’operazione è cominciata intorno alle 13 e si è conclusa intorno alle 15: i rimorchiatori hanno trainato il relitto nella nuova posizione, che servirà a completare la stabilizzazione della nave naufragata all’isola del Giglio. “In questi mesi sono stati fatti modelli proiezioni e studi ai massimi livelli”, ha detto il capo della Protezione Civile, Franco. “Oggi hanno trovato riscontri nei fatti la nave è riemersa di poco più di due metri e la risposta della struttura va secondo le aspettative, non ci sono state ne’ flessioni ne’ torsioni. Questo ci rassicura sulle operazioni per il trasferimento a Genova”.
Porcellacchia: “Nei prossimi giorni riemergeranno i ponti dal 6 al 3” – Nei prossimi giorni riemergeranno i ponti sommersi della Costa Concordia. Lo ha precisato l’ingegnere Franco Porcellacchia, sull’isola del Giglio, dove è il responsabile, per Costa, del progetto di rimozione del relitto: “il ponte sei sarà il primo, poi il 5, il 4 e il 3. A quel punto saremo pronti per la partenza. I lavori, ha detto Porcellacchia, “incomincieranno di nuovo mrtedì mattina con l’abbassamento dei cassoni nel lato dritto, ora non sono in posizione ideale.”.

Galletti: “Piattaforme vanno smantellate” – “Noi abbiamo ipotizzato, fin dall’inizio, di ripristinare il Giglio come era prima: prima le piattaforme non c’erano e dopo non ci devono essere”, ha detto il ministro all’ambiente, Gian Luca Galletti, al Giglio per seguire la rimozione della Concordia. Nei giorni scorsi era stata avanzata l’ipotesi di lasciare le piattaforme installate sul fondale del Giglio e su cui poggia il relitto.

Galleggia da sola – “La nave galleggia con le sue forze, e questo era tutt’altro che scontato. La Concordia si è staccata di un metro dal falso fondale sul quale appoggiava dal settembre scorso. Siamo estremamente soddisfatti”, ha detto il responsabile del progetto di rimozione della nave, Franco Porcellacchia, che ha fatto il punto a quasi sei ore dall’inizio delle operazioni di rigalleggiamento. “Il programma – ha aggiunto – sta andando avanti come doveva, ora continueremo ad alleggerire i cassoni per alzare la nave di un ulteriore metro e successivamente la sposteremo con i rimorchiatori verso est”.
“Il programma è rispettato nei minimi termini”, ha detto il ministro all’ambiente.  “E’ finito lo svuotamento dei cassoni – ha spiegato parlando con i giornalisti – fra un po’ comincerà il rigalleggiamento, poi la nave verrà spostata di 25-30 metri”. Riguardo la tutela ambientale “noi abbiamo ipotizzato ogni evenienza – ha spiegato – e per ogni evenienza una risposta al problema. Io mi aspetto che non ci sia bisogno di mettere in atto tutte quelle misure di precauzione che abbiamo ipotizzato, ma se ce ne fosse bisogno noi siamo pronti”.
Non escluso inizio trasporto sabato – Stando a quanto dichiarato dal capo progetto tecnico per Costa Crociere, Franco Porcellacchia, il viaggio della Concordia dall’Isola del Giglio a Genova, la cui partenza è prevista per lunedì 21, potrebbe essere anticipato a sabato 19 nel caso in cui non ci siano intoppi nel rigalleggiamento e le condizioni meteo siano ottimali. La direttrice dell’Osservatorio ambientale per la Concordia, Maria Sargentini, si dice “ottimista” per la riuscita delle operazioni di rigalleggiamento e trasporto a Genova del relitto della Costa Concordia, ma ricorda che “l’operazione si porta dietro un margine di rischio”.
Rimozione costerà 1,5 miliardi di euro – Alla Carnival il progetto di rimozione del relitto della Costa Concordia costerà circa 1,5 miliardi di euro. “Il progetto ha contribuito al Pil nazionale con un miliardo di dollari e salirà fino ad un miliardo di euro”, ha detto l’ad di Costa Michael Thamm in conferenza stampa all’Isola del Giglio. Thamm ha spiegato che al momento la Carnival ha speso un miliardo di euro, ma che la cifra non comprende il trasporto a Genova, lo smaltimento e il ripristino ambientale.
14 luglio 2014

Fotografata per la prima volta l’onda azzurra della morte

Fotografata per la prima volta l’onda azzurra della morte

Al momento della morte una onda di luce fluorescente azzurra si sprigiona dalla cellule e, da una cellula all’altra, si propaga nell’intero organismo: lo ha scoperto una ricerca internazionale che per la prima volta ha fotografato ”l’onda della morte”. Descritta sulla rivista PLoS Biology, l’onda azzurra della morte è stata fotografata in un organismo semplice, come un minuscolo verme, dal gruppo coordinato dal britannico University College London.
E’ un passo importante per comprendere come la morte cellulare si diffonda in tutto il corpo, anche nel caso di organismi complessi come l’uomo, dal momento che i meccanismi cellulari nei mammiferi sono simili a quelli dei vermi. La scommessa di questa ricerca, ha detto il coordinatore del lavoro, David Gems, è indentificare i geni che controllano l’invecchiamento e le malattie collegate.
Quando le singole cellule muoiono si innesca una reazione chimica a catena che porta alla rottura dei componenti cellulari e a un accumulo di detriti molecolari. Ma se queste reazioni sono ben comprese a livello cellulare, si sa molto poco invece, su come la morte raggiunge tutte le cellule dell’organismo. Il sopraggiungere della morte è stato osservato al microscopio in uno degli organismi più semplici e studiati nei laboratori di biologia e genetica: il minuscolo verme Caenorhabditis elegans. La morte appare come un’onda fluorescente azzurra che si diffonde in tutte le cellule. Un effetto, questo, che dipende da una sostanza chiamata acido antranilico e la sua diffusione avviene tramite il calcio, che agisce come un messaggero di cellula in cellula.
Inizialmente si sospettava che la fonte della fluorescenza blu fosse una sostanza chiamata lipofuscina, che emette luce di un colore simile ed è anch’essa collegata all’invecchiamento perché si accumula con l’età, causando danni molecolari. Ma poi è stato osservato che la lipofuscina non è coinvolta. I ricercatori hanno anche provato a bloccare il percorso chimico che propaga la morte cellulare, ma sono riusciti a ritardare solo la morte indotta da uno stress come un’infezione e non la morte per vecchiaia.
Ciò suggerisce che la morte dovuta a un’infezione è più facile da rallentare perché è innescata da un numero minore di processi, mentre la morte dovuta all’invecchiamento è più difficile da ritardare perché entrano in gioco numerosi processi che agiscono in parallelo e che sono più difficili da contrastare. ”Dobbiamo concentrarci sugli eventi biologici che si verificano durante l’invecchiamento e la morte – ha concluso Gems – per comprendere correttamente come interromperli”.

Guariti 6 bambini con terapia genica che usa il virus dell’Aids. Un successo della ricerca italiana Telethon

Guariti 6 bambini con terapia genica che usa il virus dell’Aids. Un successo della ricerca italiana Telethon

Non tutti i virus vengono per nuocere ma se c’era un male capace di scatenare terrore in chiunque, quello era proprio l’Aids. L’idea di usarlo per salvare vite umane è quindi ancora più rivoluzionaria, anche se non è certo la prima volta che si usa la caratteristica invadenza di un virus per guarire una malattia degenerativa. Del come e del perché, ai sei bambini guariti da gravi malattie ereditarie importerà poco, ma il fatto è che la terapia genica che usa come cavallo di Troia il virus dell’Aids ha funzionato. La ricerca italiana, pubblicata su Science, è stata presentata in una conferenza stampa a Milano, dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Tiget).
Tre anni di lavoro – I risultati, che i ricercatori del Tiget definiscono incoraggianti e molto promettenti, sono stati ottenuti dopo tre anni di trattamento su sei bambini. Di questi, tre (provenienti da Libano, Usa ed Egitto) con una malattia neurodegenerativa considerata finora incurabile, la leucodistrofia metacromatica; gli altri tre (provenienti da Italia, Turchia e Usa) con da una rara immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich.
Sei bambini trattati – Il risultato, celebrato da una doppia pubblicazione sulla prestigiosa rivista Science e presentato in un’affollata conferenza stampa, si deve all’intuizione di Luigi Naldini, oggi direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano. Proprio lui, nel 1996, pensò di disarmare il temutissimo virus Hiv, responsabile dell’Aids, per trasformarlo in un efficiente cavallo di Troia che trasporta nella sua pancia i geni sani con cui correggere gravi malattie ereditarie, arrivando fino alle cellule dell’inaccessibile sistema nervoso centrale.
La sperimentazione – Dopo anni di esperimenti in laboratorio per valutare sicurezza ed efficacia della terapia genica sulle cellule staminali del sangue, nel 2010 è partita la sperimentazione su 16 piccoli pazienti da tutto il mondo, di cui 6 affetti da una grave malattia neurodegenerativa, la leucodistrofia metacromatica (la malattia di Sofia al centro del caso Stamina), e 10 colpiti da una rara immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich. Dopo tre anni, ecco i primi frutti. Jacob (3 anni, americano), Canalp (4 anni, turco) e Samuel (9 anni, di Roma), tutti affetti dalla sindrome di Wiskott-Aldrich, sono potuti quasi rinascere.
I bimbi guariti – Lo racconta Alessandro Aiuti, responsabile dell’unità di Ricerca clinica pediatrica del Tiget. “Nella sindrome di Wiskott-Aldrich – spiega Aiuti – le cellule del sangue sono direttamente colpite dalla malattia e le staminali corrette hanno sostituito le cellule malate, dando luogo a un sistema immunitario funzionante e a piastrine normali. Grazie alla terapia genica i bambini non vanno più incontro a emorragie e infezioni gravi e possono correre, giocare e andare a scuola”. Ottimi risultati sono stati ottenuti anche su Mohammad (4 anni dal Libano), Giovanni (3 anni dagli Usa) e Kamal (3 anni, egiziano), i primi tre pazienti trattati per la leucodistrofia metacromatica: la malattia, aggredita prima della comparsa dei sintomi, è stata arrestata.
Il caso del piccolo Mohammad – “Il caso più eclatante è quello di Mohammad, il primo si cui siamo intervenuti”, spiega Alessandra Biffi, che ha coordinato questa seconda ricerca. “Ha iniziato la terapia quando aveva solo 16 mesi: dopo la settimana di cura e i due mesi di osservazione in ospedale, è tornato alla sua vita. E’ sopravvissuto ai due fratelli maggiori, morti per la stessa malattia, e ormai – conclude la ricercatrice – ha raggiunto in buona salute un’età a cui nessun paziente era potuto arrivare in simili condizioni”.

Sette ore di treno per andare da Cosenza a Potenza. Il viaggio “normale” di un treno del Sud

Sette ore di treno per andare da Cosenza a Potenza. Il viaggio “normale” di un treno del Sud

Di  | il 25 giugno 2013 | 4 Commenti

 

Non c’è nulla di straordinario, purtroppo, di quello che vi vado a narrare. Una banale giornata di viaggio con treni meridionali nel tragitto Cosenza-Potenza.

Sono abituato. La tratta con gli orari puntuali delle coincidenze richiede da un minimo di 5 ore a una massimo di sei e mezzo.

Riesco a sbrigare la pratica che mi ha fatto tornare nella mia città e tutto contento punto verso il regionale delle 14, 50. Cambio a Battipaglia con larga possibilità di prendere il lumacone Intercity che viene da Roma. Se tutto va nel senso giusto arrivo a casa per le otto di sera.

Compro i giornali (alla stazione di Cosenza l’edicola è chiusa da mesi) e cibo e liquidi (sui treni del Sud sei affidato solo ai café express abusivi alla Manfredi).

Si parte. Fino a Paola chiacchiere con amici in svincolo per alte velocità. Io proseguo verso altra tratta. Come al solito sono capitato nel vagone nazista senza aria condizionata. Un controllore democratico ci mette sull’avviso e cambiamo scompartimento. Per fortuna ho una maglietta di ricambio e metto in borsa la polo bagnata di sudore. Mi metto a lavorare e leggere. Le soste si prolungano.

Il tempo lento scorre. Fermi per pezzi di minuti. Dopo Sapri realizzo che il viaggio è da calabrolumaca record. Ci fermiamo ancora. Il regionale è collassato. Scendiamo a Centola e possiamo prendere il regionale in ritardo partito da Sapri e diretto a Napoli. Il nuovo treno si affolla ma cammina. Scendiamo a Bartipaglia che siamo un battaglione. Ho inevitabilmente perso la coincidenza.

Ho tempo per protestare. Cerco il rimborso di un supplemento che non ho usato. Il ferroviere va in tilt e chima al telefono un superiore livell mentre la fila s’ingrossa allo sportello. Mi dà un modulo che non spedirò mai.

Chiedo dell’ufficio reclami. “Qui non c’è dovete andare a Salerno“. Vado alla Polfer per denunciare l’ ad di Trenitalia per truffa. Hanno chiuso. Vado a mangiare in un posto di ferrovieri mentre passano quattro cinque treni per Napoli. Prendo un nuovo regionale, di tipo moderno con la presa per il telefono. Partiamo con mezz’ora di ritardo. Sono le 22,23 e sto per arrivare a Potenza. Sette ore e 15 da Cosenza a Potenza. E poteva andare anche peggio.

CONDIZIONATORI: LE 7 REGOLE PER NON SPRECARE ENERGIA

CONDIZIONATORI: LE 7 REGOLE PER NON SPRECARE ENERGIA

 

di G. C.

 

I primi giorni di caldo ed afa hanno fatto già sentire i loro effetti. Nelle grandi città si respirava a fatica, ma anche in campagna l’umidità e il caldo non hanno dato tregua. Le soluzioni per combattere le alte temperature sono sempre le stesse: bere tanto e non uscire nelle ore più calde della giornata.

Ma anche nelle mura domestiche il caldo, talvolta, è irresistibile. L’unica soluzione è ricorrere alla tecnologia: condizionatori e ventilatori saranno amici inseparabili. E così, come ogni estate, il refrigerio avrà un costo non indifferente. Come utilizzare i condizionatori senza sprecare energia? Ecco le sette regole:

1. Se dovessimo ancora comprare un condizionatore d’aria scegliamolo efficiente, ovvero di classe energetica A.

2. Impostiamo il condizionatore in modalità “deumidificazione”: abbassando la percentuale di umidità, la stanza si rinfresca in modo naturale. Questa opzione non richiede una quantità di energia eccessiva

3. Tenete il condizionatore ad una temperatura mite, di 3-4 gradi inferiore alla temperatura esterna

4. Pulire periodicamente i filtri, che se sporchi divorano energia

5. Fare attenzione alle dispersioni di aria fredda. Quando si accende il condizionatore è bene chiudere le finestre

6. Quando il caldo non è eccessivo preferire un ventilatore

 

7. Non accendere il condizionatore nelle ore notturne.