ZENZERO: 10 STRAORDINARI BENEFICI PER LA SALUTE

ZENZERO: 10 STRAORDINARI BENEFICI PER LA SALUTE

 

di Marta Albè

 

Lo zenzero (Zingiber officinale) è una pianta erbacea di origine orientale. In cucina e per i rimedi naturali si utilizza il rizoma di zenzero, fresco oppure essiccato e ridotto in polvere. In erboristeria si impiegano olio essenziale di zenzero e estratti di zenzero per la preparazione di rimedi naturali. Lo zenzero è sempre più al centro dell’attenzione per via delle sue numerose proprietà curative. Ecco dieci tra i principali benefici per la salute dello zenzero.

1) Migliorare la digestione

Le proprietà benefiche dello zenzero aiutano a calmare lo stomaco, a rilassare i muscoli gastrointestinali e a prevenire la formazione di gas e di gonfiori. Tutto ciò grazie alle proprietà carminative dello zenzero. Inoltre, lo zenzero viene raccomandato in caso di diarrea dovuta a batteri. Per digerire meglio, provate a mangiare un pezzetto di zenzero fresco dopo un pasto abbondante.

2) Prevenire il raffreddore

Lo zenzero aiuta il sistema immunitario e per questo motivo viene utilizzato per la prevenzione e il trattamento del raffreddore. Lo zenzero è molto utile sia da consumare fresco che da utilizzare per preparare infusi adatti a prevenire ed alleviare il raffreddore e i classici malanni autunnali e invernali.

3) Calmare il mal di gola

Lo zenzero fresco è davvero portentoso in caso di mal di gola. I rimedi della nonna ci insegnano a mangiare un pezzetto di zenzero fresco non appena avvertiamo che la gola inizia a pizzicare. Le proprietà benefiche dello zenzero calmano il mal di gola e se il fastidio è leggero possono contribuire ad alleviarlo del tutto in breve tempo. Lo zenzero è un antidolorifico naturale.

4) Alleviare la nausea

Lo zenzero viene consigliato per alleviare la nausea, soprattutto in caso di lunghi viaggi in nave, auto, autobus o aereo. Chi soffre di chinetosi, infatti, può trovare beneficio dal masticare un pezzetto di zenzero, delle caramelle allo zenzero o nel sorseggiare una tisana a base di questo ingrediente.

5) Ridurre i dolori artritici

Uno studio condotto di recente in Danimarca ha evidenziato che uno specifico estratto di zenzero può risultare più efficace dei medicinali nell’alleviare i dolori artritici. Gli esperti si sono occupati di esaminare in vitro la risposta delle cellule, sane o affette da artrite, ad alcuni medicinali antinfiammatori, come ibuprofene e cortisone. Sono stati inoltre osservati su di esse gli effetti dell’estratto di zenzero. I risultati sono stati sorprendenti.

6) Combattere il diabete

Uno studio condotto preso l’Università di Sidney ha dimostrato che lo zenzero può aiutare a tenere sotto controllo i livelli di zuccheri nel sangue nei pazienti diabetici. Gli esperti hanno osservato che gli estratti di zenzero riescono ad aumentare la quantità di glucosio assorbita dai muscoli indipendentemente dal tasso di insulina nel sangue. Il merito sarebbe dei gingeroli contenuti nei fiori di zenzero.

7) Calmare i dolori mestruali

Lo zenzero ha proprietà anti-infiammatorie ed è un antidolorifico naturale. Le sue caratteristiche permettono di utilizzarlo per alleviare i dolori mestruali. Preparate delle tisane, usate lo zenzero in polvere come condimento o chiedete in erboristeria dei prodotti a base di zenzero adatti per il vostro problema specifico.

8) Alleviare il mal di testa

Lo zenzero potrebbe essere in grado di alleviare il mal di testa, con particolare riferimento all’emicrania, per via della sua capacità di impedire alle prostaglandine di causare dolore ed infiammazione a livello dei vasi sanguigni. In caso di emicrania, il consiglio è di bere una tisana allo zenzero durante gli attacchi, per cercare di alleviare il dolore.

9) Calmare la tosse

Come analgesico e antidolorifico, lo zenzero può essere utilizzato per ridurre la tosse, soprattutto se il sintomo è associato al raffreddore. L’azione riscaldante dello zenzero aiuta ad eliminare il muco dalle vie respiratorie, che potrebbe essere associato alla comparsa della tosse e ad altri fastidi molto comuni, come il raffreddore.

10) Distendere i muscoli

Con lo zenzero potrete preparare un olio da massaggio adatto a distendere i muscoli contratti. Con il succo di zenzero fresco e l’olio di sesamo otterrete un rimedio adatto a massaggiare il corpo, ad esempio dopo gli allenamenti, ma anche utile da applicare in caso di forfora e di caduta dei capelli. Leggete la ricetta sul nostro Forum.

Ebola, caso sospetto nelle Marche. Ricoverata donna

Ebola, caso sospetto nelle Marche. Ricoverata donna

Si tratta di una 40enne, straniera e regolarmente residente in Italia, tornata da una settimana dalla Nigeria

C’è un sospetto caso Ebola nelle Marche. Lo ha confermato l’assessore alla Salute Almerino Mezzolani. Si tratterebbe di una 42enne di origini nigeriane, regolarmente residente in Italia, a Civitanova Marche, che era stata di recente nel suo Paese. La Regione sta acquisendo tutte le informazioni e attiverà le procedure del caso. I sintomi sono simili a quelli della febbre emorragica, ma la diagnosi non è stata ancora confermata. La donna è ricoverata nell’ospedale di Civitanova Marche (Macerata). Guarda il servizio

Attivato il protocollo di allerta
«Anche se fosse confermato che si tratta di Ebola, è altamente improbabile che il virus si diffonda in Italia, grazie alle nostre condizioni igieniche sanitarie» ha detto Stefano Vella, direttore del dipartimento farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), a margine dell’audizione in Commissione Affari Sociali della Camera. Il Ministero della Salute, in una nota, ha reso noto che la donna è «in apparenti buone condizioni di salute» e che «sono state attivate tutte le procedure previste dalle circolari emanate da questo Ministero, in linea con le indicazioni internazionali e recepite a livello regionale, tra le quali l’invio di campioni biologici all’INMI Spallanzani di Roma per le prescritte analisi di laboratorio». La donna era stata visitata al pronto soccorso dell’Ospedale di Civitanova Marche. Tornata 6 giorni fa dalla Nigeria manifestava febbre superiore a 38° C, dolori muscolari, nausea e vomito. La donna è stata poi trasferita nella Divisione di Malattie Infettive emergenti e degli immunodepressi dell’Azienda ospedaliera Ospedali Riuniti di Ancona, identificata come punto unico di ricovero regionale in casi di questo genere. Non ci sono rischi di contagio

Il sindaco di Civitanova: «No allarmismi»
Il primo cittadino di Civitanova, Tommaso Claudio Corvatta, ha rivolto un appello affinché non ci sia nessun allarmismo. «Stiamo parlando di una persona di nazionalità nigeriana da diversi anni residente a Civitanova, che si è presentata al pronto soccorso dell’ospedale con sintomi abbastanza comuni, quali febbre e disturbi gastrointestinali. È al momento prematuro parlare di Ebola». E aggiunge: «In questo momento, non c’è motivo di allarmismo e mi preme rassicurare la cittadinanza, in particolare chi abita in zone attigue al domicilio della donna. Non vi è rischio di trasmissione per contatti casuali, quali possono essere quelli con i vicini di casa. Qualora i sospetti venissero confermati sarà immediatamente eseguita la profilassi sui familiari della donna». Liberia: reportage al centro dell’epidemia

Certificati medici e sport amatoriale, anche quest’anno si rischia il caos

Certificati medici e sport amatoriale, anche quest’anno si rischia il caos

Certificati medici e sport amatoriale, anche quest’anno si rischia il caos. Il Dl Fare del 2013 ha cancellato l’obbligo del certificato medico per svolgere attività ludico-motoria amatoriale (per esempio nuoto libero o palestra) ma nonostante ciò nell’ultimo anno le strutture hanno continuato a richiederlo ai fini dell’iscrizione. E il rischio è che anche quest’anno nonostante la legge i cittadini siano costretti a pagare dai 30 ai 50 euro per un certificato che non serve.
Le palestre non si sentono tutelate – Nonostante i chiarimenti del Ministero i dubbi ancora permangono. Dubbi che dovrebbero essere quasi sciolti per quanto riguarda invece i certificati per le attività sportive non agonistiche (quelle organizzate dalle scuole, nell’ambito di attività parascolastiche e quelle dei giochi studenteschi a livello provinciale o regionale) su cui sono in arrivo nuove linee guida. Il certificato sarà obbligatorio e avrà validità annuale. L’elettrocardiogramma, invece, dovrà essere effettuato almeno una volta nella vita (dai 60 anni una volta l’anno).
Ma come scegliere lo sport giusto per i bambini? – Prima, fino a 4 o 5 anni di vita, imparare a percepire il proprio corpo nello spazio, quindi aprirsi ad attività di squadra e ad attività specialistiche. Questo il percorso sportivo ideale per i più piccoli, secondo gli esperti dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che, in occasione della ripresa dell’anno scolastico, prevengono le domande di molti genitori con una serie di consigli pensati per aiutarli a scegliere l’attività migliore per i propri figli.
Il nuoto resta lo sport ideale per i più piccoli – Anche in età prescolare il nuoto resta lo sport ideale per i più piccoli. Oltre a questo, fino ai 7-8 anni sarebbe bene far loro praticare attività come l’atletica leggera o la ginnastica, in cui il piccolo impara ad utilizzare il proprio corpo nello spazio e a migliorare la coordinazione neuromotoria. Impegno atletico, aspetto ludico e spirito di squadra sono le virtù delle discipline sportive collettive, come calcio, pallavolo, basket. In genere, però, spiegano gli esperti, i bimbi sono pronti ad apprezzarle solo dopo i 7 anni. Oltre i 9-10 anni ci si può accostare anche a discipline più specializzate, che richiedono ad esempio il contemporaneo utilizzo di un attrezzo, come avviene nella scherma, nel tennis e nel tiro con l’arco, che favoriscono, in particolare, la capacità di concentrazione.
Nel caso di malattie croniche, niente paura – L’80% dei piccoli pazienti, purché con le precauzioni basilari, può non deve astenersi dal praticare sport. Anzi, “l’attività sportiva può essere anche parte del piano terapeutico”, spiega Attilio Turchetta, responsabile di Medicina dello Sport del Bambino Gesù, dove è attiva, da tempo, una specifica Unità Operativa dedicata alla valutazione funzionale e alla certificazione medico-sportiva di bimbi affetti da patologie come cardiopatie congenite, malattie oncologiche, renali, polmonari o neuromuscolari. “Praticare sport – aggiunge – produce un incremento dell’autostima tale da superare molte delle difficoltà che una malattia crea”.

India: malore per uno dei marò

India: malore per uno dei marò, Latorre ricoverato. La figlia: “Ha un’ischemia. Italia mi fai schifo”

Il fuciliere ricoverato nel reparto di neurologia a New Delhi. Il ministro Pinotti è volata in India

New Delhi, 1 settembre 2014 – Malore per Massimiliano Latorre, uno dei due marò trattenuti in India. Per il fuciliere della Marina è stato necessario il ricovero in ospedale nel reparto di neurologia. “I medici dell’ospedale si sono dichiarati soddisfatti di come Latorre ha reagito alle prime cure”, ha reso noto il ministero della Difesa in un comunicato.

Il ministro Roberta Pinotti, saputo dell’accaduto, è subito partita alla volta dell’India per accertarsi personalmente delle condizioni di salute del militare e stare vicino ai suoi familiari che, in questo periodo, si trovano a New Delhi.

Il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha contattato la compagna del marò, Paola Moschetti, per esprimerle la vicinanza sua e del governo. “Sono vicina a Massimiliano Latorre cui auguro con tutto il cuore di rimettersi al più presto – ha detto la neo ‘Lady Pesc’ -. Come è sempre stato in questi mesi, seguiamo ogni giorno il caso dei due fucilieri di Marina con l’obiettivo di riportarli in Italia: per il governo è una priorità”.

LA FIGLIA SU FACEBOOK – “Che bella notizia… Mio padre ha l’ischemia. Purtroppo le belle notizie non ci sono mai, solo notizie del ****”, ha scritto la figlia Giulia su Facebook in un post po rimosso. In uno precedente, invece, la ragazza si è sfogata duramente: “Sì, è vero, mio padre sta in ospedale perché non sta bene ed ha avuto una mancanza. Ma voi Italia di m… fateli stare lì un altro po’! Vi preoccupate di portare qui gli immigrati che bucano le ruote perché vogliono soldi e non vi preoccupate dei vostri fratelli che combattono per voi, e alcuni perdono la vita. Italia mi fai schifo“.

Il post di Facebook di Giulia Latorre, figlia del marò Massimiliano

In un altro post la figlia di Latorre continua nello sfogo: “Sapete solo offendere i marò, sapete solo sputare sui vostri fratelli italiani e, nonostante un militare sta male, state li’ ad offendere e chiamare assassino. I veri assassini e ignoranti siete voi che scrivete e pensate questo. SIETE UN POPOLO IGNORANTE!”, scrive Giulia Latorre replicando ad alcuni internauti che hanno commentato le sue riflessioni sul malore del padre scrivendo che “i fucilieri hanno ucciso due pescatori innocenti”.

“Allora – scrive ancora Giulia su Facebook – se succede qualcosa alle vostre famiglie o a voi, non correte dai carabinieri” o dalla “polizia, visto che ce l’avete a morte con l’Arma. Mi fate pena, persone senza cuore“. “Ora – prosegue – capisco perché Dio si prende le persone buone, perché hanno cuore, e su vuole solo gente che sappia amare l’altro”. “Ora – conclude – chiunque disprezza e offende mio padre, lo denuncio! Così la smettiamo!”. Sono molti i commenti che sostengono la posizione di Giulia e definiscono i fucilieri due “eroi”. Mentre sono pochi quelli che dicono “capisco la figlia, ma un assassino rimane sempre tale. I due marò che sono in India per aver ammazzato due innocenti pescatori, erano su un mercantile privato a difendere interessi privati con i nostri soldi”. E, ancora, “se tuo padre non avesse sparato o avesse scelto di fare l’imbianchino, probabilmente ora non scriveresti questi post penosi!!”.

Marijuana di Stato

Marijuana di Stato? Via libera dei ministri di Difesa e Salute alla produzione a scopo terapeutico

Il via libera è stato dato dai ministri della Difesa e della Salute Roberta Pinotti e Beatrice Lorenzin. Lo stabilimento fiorentino produrrà i farmaci derivati dalla cannabis ora importati dall`estero a costi elevati

Roma, 5 settembre 2014 – Lo Stato produrrà marijuana a uso terapeutico. A produrla sarà l`Esercito e verrà coltivata dallo stabilimento chimico militare di Firenze, scrive La Stampa, spiegando che il via libera è stato dato dai ministri della Difesa e della Salute Roberta Pinotti e Beatrice Lorenzin, dopo varie polemiche e rallentamenti, e la notizia verrà ufficializzata entro settembre.

Oggi lo stabilimento fiorentino, nato con l`obiettivo di produrre medicamenti per il mondo militare, ha esteso la sua attività anche al settore civile. E ora produrrà i farmaci derivati dalla cannabis attualmente importati dall`estero a costi elevati. Tra i ministeri della Difesa e della Salute era stato istituito un tavolo di lavoro, dove la questione è stata esaminata anche con l`istituto farmaceutico militare. Adesso sono in via di stesura i protocolli attuativi. A questo punto, non è escluso che entro il 2015 i farmaci cannabinoidi saranno già disponibili nelle farmacie italiane.

ALIMENTI SENZA GLUTINE: L’ELENCO COMPLETO

ALIMENTI SENZA GLUTINE: L’ELENCO COMPLETO

 

di Antonella Navilio

 

Contrariamente a ciò che si suppone, esiste una moltitudine di alimenti senza glutine, che ognuno di noi consuma abitualmente, celiaco o meno, e che sono alla base di numerose ricette di cucina, dalla più semplice alla più elaborata. Il celiaco, infatti, non necessariamente ha una alimentazione limitata e povera, fatta solo ed esclusivamente di prodotti dietetici, ma può scegliere alcuni carboidrati, naturalmente privi di glutine, che sostituiscono egregiamente i cereali vietati e contare su una alimentazione varia ed equilibrata.

Se è vero che la maggior parte del nutrimento giornaliero deriva dall’assunzione di carboidrati, è anche vero che non mancano, sulle nostre tavole, altri alimenti come frutta, verdura e legumi, privi di glutine, con particolarmente attenzione però a quei prodotti già pronti, come verdure impanate, infarinate o pastellate con cereali vietati oppure frutta glassata e caramellata.

Alimenti naturalmente privi di glutine: una guida utile

La natura ci offre molti cereali, pseudocereali, tuberi e le farine che derivano da essi, senza glutine, ciascuno con le proprie caratteristiche organolettiche, fonti importanti di minerali e vitamine, soprattutto la vitamina B, e sono: riso, mais, grano saraceno, patate, manioca, miglio, teff, sorgo, amaranto e quinoa. In commercio troviamo mix di farine gluten-free composte essenzialmente dai cereali permessi oppure farine formate da amidi e addensanti come la fecola di patate o la gomma di guar, utili per preparare i dolci. Ottime anche sia la farina di mandorle che quella di castagne, con le quali è possibile preparare sia dolci che lievitati salati.

Tra gli alimenti privi di glutine: la frutta, sia essa fresca, essiccata o sciroppata; tutti i tipi di verdura, fresca, congelata, surgelata o conservata sott’olio e sott’aceto; funghi freschi o secchi, surgelati o conservati sott’olio, e infine tutti i tipi di legumi: fagioli, ceci, lenticchie, piselli, lupini, fave, soia e carrube e le relative farine.

Tra tutti questi alimenti, sono particolarmente a rischio contaminazione, quelli precotti ed alcuni industriali come la salsa di soia, minestroni già pronti, omogeneizzati di frutta e verdura, i quali potrebbero essere venuti a contatto con sostanze contenenti glutine, durante la lavorazione industriale. Per questo motivo dal 2005, gli alimenti privi di glutine devono essere contrassegnati da una spiga sbarrata, simbolo di assenza di glutine.

I condimenti considerati più a rischio sono besciamella, margarina, salse pronte, lievito madre o lieviti di cereali vietati; via libera, invece, a oli vegetali, aceto non aromatizzato, spezie ed erbe aromatiche, lievito di birra fresco e liofilizzato. Per dolcificare sono ammessi tutti i tipi di zucchero, mentre sono vietati il cioccolato con i cereali, cioccolato in tavoletta, le creme spalmabili e alcuni prodotti come i dolcificanti, le marmellate, i gelati e le caramelle.

PERCHÈ È PECCATO MANGIARE GAMBERI ANCHE DI VENERDÌ

PERCHÈ È PECCATO MANGIARE GAMBERI ANCHE DI VENERDÌ

 

di Sonia Savioli

 

“L’uomo non ha tessuto la trama della vita, in essa egli non è che un filo” disse più di un secolo fa il rappresentante di uno di quei popoli “sottosviluppati” e primitivi che la società  di guerra e progresso ha sterminato, convertito, corrotto e perseguitato in tutta la sua storia: perché erano la testimonianza inoppugnabile di una diversa possibilità di vita e, di conseguenza, la testimonianza dei suoi errori e della sua follia. Questo filo che è l’uomo si è strappato volontariamente dalla trama della vita e ormai, ad ogni suo movimento contribuisce a distruggerla, a renderla sempre più fragile: una rete piena di buchi che non può che cedere e deteriorarsi alla minima pressione.

“Tutto quello che fa alla trama, lo fa a sé stesso”.

Magari non sarà il proverbiale, e un po’ fiabesco, battito d’ali della farfalla a un capo del mondo che provoca un terremoto all’altro capo, ma non c’è niente di fiabesco nel nostro risotto ai gamberetti che ha provocato, per esempio, una buona parte di quei 150.000 e più morti uccisi dallo tsunami del 2004.

Il filo penzolante non vede più i nessi, i legami, le conseguenze dei propri atti. Non vede più la trama della vita.

Quarant’anni fa gamberi e gamberetti erano un cibo di lusso. Costavano molto, non erano sempre a disposizione.

Al massimo, quando andavi al ristorante e ordinavi un fritto misto, nei ristoranti più generosi ti ritrovavi tre o quattro gamberi nel “misto”, e te li dovevi sgusciare.

Adesso gamberi e gamberetti arrivano dagli allevamenti intensivi dei Paesi schiavi del capitalismo occidentale (leggi l’articolo “Gli schiavi dietro i gamberi dell’Asia”). Li ritrovi dappertutto, al supermercato, al ristorante, dagli amici a cena, nei piatti pronti da mesi e rivitalizzati dal microonde del  bar sotto l’ufficio, persino in qualche mensa.

Perché costano quattro palanche e sono anche già sgusciati.

Quando qualcosa costa troppo poco, dovremmo diffidare, almeno domandarci come mai. E dovremmo essere in grado di capire quando una cosa costa troppo poco.

Ai tempi in cui eravamo tutti poveri e io ero bambina, mia madre, che era capace di fare una trattativa di mezz’ora per l’acquisto di un metro di stoffa, non si lasciava tentare a occhi chiusi dall’offerta del negoziante che, vista la sua propensione al risparmio, cercava di rifilarle quella più a buon mercato: pensava che fosse scadente, che si trattasse, insomma, di una fregatura.

Oggi pure, quando una cosa costa troppo poco, c’è dietro la fregatura, solo che non è più ai nostri danni. Chi rimane fregato non è il cliente del mondo ricco, che spende poco e che proprio per questo è ricco; sono quelli dall’altra parte: quelli che vivono o vivevano o lavorano dove la merce a buon mercato si produce.

Nel solo Bangladesh circa 200.000 ettari di foreste di mangrovie e di terre fertili sono state distrutte per far posto agli allevamenti di gamberi dei nostri supermercati. Cocktail di gamberetti! Quante ricette “a buon mercato”! A buon mercato per noi consumatori occidentali ma ad un prezzo altissimo per i contadini del Bangladesh e non solo: la stessa situazione la troviamo sulle coste di mezza Asia e dell’America Latina.

Oltre alle foreste di mangrovie, scrigni di biodiversità, di ossigeno per il pianeta, di protezione delle coste dall’erosione e dalle tempeste e dai maremoti, gli allevamenti di gamberi hanno distrutto i terreni di migliaia di villaggi contadini. Gente che viveva liberamente e decorosamente dei frutti della terra, conservando antiche tradizioni e saperi, senza distruggere, senza inquinare: senza sfruttare né gli uomini né la natura ma in armonia con essa. Gente “arretrata” che ha dovuto soccombere al progresso.

Il progresso sono centinaia di migliaia di ettari di enormi vasche piene di acqua putrida, disinfettanti e antibiotici, in cui i disgraziati gamberi si trasformano da uova o larve in adulti. Non ci nascono, i gamberi, in quelle vasche; la riproduzione è impossibile in tali condizioni, ragion per cui vengono pescate in mare le femmine gravide o le larve, e poi buttate là dentro: nell’inferno dei gamberi innocenti, che produce altro inferno per altri innocenti. Quelle distese di acqua inquinata, realizzate dove prima c’erano i mangrovieti, avvelenano la terra circostante e il mare. Niente più agricoltura, niente più pesca locale. Così si incentivano e alimentano le bidonvilles del terzo mondo e la distruzione, oltre che del pianeta in cui viviamo, della società umana.

Per un piatto di gamberetti? Eh, sì! Per i nostri consumi quotidiani, apparentemente così innocenti, di fatto così ignoranti e incoscienti.

Quanto agli allevamenti, durano al massimo nove anni, poi l’ambiente è così inquinato da rendere impossibile anche la mera sopravvivenza di qualsiasi organismo in quelle vasche-cloache, che vengono abbandonate: l’allevamento si trasforma infine in ettari ed ettari di rifiuti tossici.

Quando nel 2004 lo tsunami uccise più di 150.000 persone in Asia, si poté verificare senza ombra di dubbio che le foreste costiere avevano protetto le coste: dove le foreste, prima dello tsunami, erano ancora intatte, le distruzioni e le vittime furono estremamente contenute.

Ovviamente le foreste non sono state distrutte solo per i nostri gamberetti, anche per i “nostri” villaggi turistici, ecc. E poi perché le città asiatiche si allargano, riempite da tutti quei contadini cacciati dalle loro terre per far posto ai nostri consumi, e diventati servi e schiavi delle “nostre” industrie.

Così va il mondo all’apice della società di guerra e progresso, cioè la globalizzazione industrial-consumistica. I “battiti d’ali” dell’Occidente, o più prosaicamente i carrelli della spesa dell’Occidente provocano catastrofi peggiori del terremoto in Asia, Africa, America Latina.

E non è finita qua. Cosa mangiano i gamberi-ergastolani nelle loro vasche di punizione? Di tutto, ma soprattutto altri pesci ridotti in poltiglia.

Ci sono ormai intere flottiglie di pescherecci che razziano tutto ciò che vive anche all’interno delle barriere coralline: quegli splendidi pesci colorati che vediamo nei documentari e che suscitano stupore, ammirazione, gratitudine verso una natura così ricca e colma di bellezza, quei pesci in molti casi preservati dalla distruzione perché “privi di valore alimentare” per gli umani, vengono adesso pescati a tonnellate senza alcun criterio, pressati da grandi benne come si fa con l’immondizia, ridotti in poltiglia e poi in farina per nutrire gli “economici” gamberetti.

Così economici che mezzo chilo di tali gamberi, quando arrivano sul banco del supermercato, ha prodotto, tra l’altro, una tonnellata di anidride carbonica.

E da chi viene finanziata tutta questa criminale distruzione? Per esempio da USAID, sigla che, tradotta in italiano, sta per Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale. Questa agenzia governativa USA dice nella presentazione di se stessa (dopo qualche riga di blabla sui suoi buoni intenti) la verità: il suo proposito è aumentare la sicurezza e la prosperità degli Stati Uniti.

Si tratta infatti di una di quelle agenzie di sviluppo che aiutano il Terzo Mondo a diventare terra di rapina delle multinazionali. E infatti la famigerata USAID si occupa sempre di progetti finalizzati a sviluppare l’agricoltura e l’allevamento intensivi (oltre che geneticamente modificati) nei Paesi in cui ancora non c’erano.

Non dimentichiamoci poi la FAO, che fin dagli anni ’70 promuoveva con tutte le sue forze questo tipo di allevamento. Sempre per “sviluppare” i Paesi poveri, che allora erano meno poveri.

Comunque, a ben vedere, la fregatura nascosta dietro le merci troppo a buon mercato ce la prendiamo anche noi.

Oltre ad avvelenarci con prodotti che non dovrebbero nemmeno essere considerati commestibili, paghiamo tasse e balzelli per finanziare agenzie di sviluppo e istituzioni internazionali che sono solo la longa manu delle grandi imprese transnazionali.

Inoltre, tutta quella gente espropriata delle proprie terre, privata dei mezzi di sussistenza e a volte anche delle proprie case e radici, costretta ad adattarsi a qualsiasi lavoro e salario per sopravvivere, diventano i nostri concorrenti nel mercato globale del lavoro.

Così s’intrecciano tutti i fili della trama, e ciò che distruggiamo involontariamente coi nostri incoscienti consumi, ritorna a noi per distruggerci.

Padre Alex Zanotelli disse che si vota ogni volta che si va a fare la spesa. Dovremmo tenerlo sempre a mente. Ma forse potremmo aggiungere qualcosa: nella guerra che le grandi imprese multinazionali stanno facendo al pianeta, i nostri consumi possono essere le loro munizioni. Se consumiamo quello che ci propinano, partecipiamo attivamente alla guerra che sta distruggendo la trama della vita. E che ci sta distruggendo.

Ma se riuscissimo a scorgerla, quella trama, a vivere responsabilmente, a non sprecare, a soppesare ogni nostro atto, scelta e consumo, forse la guerra sarebbe presto finita.

E i gamberi potrebbero tornare a camminare sul fondo del mare, le foreste di mangrovie a crescere, i contadini del Bangladesh o del Sud-Est asiatico a coltivare i loro campi e a festeggiare i riti della terra.

L’IMPATTO DEL FRACKING SULL’AMBIENTE E SULLA FAUNA

L’IMPATTO DEL FRACKING SULL’AMBIENTE E SULLA FAUNA

 

di Lorenzo Brenna

 

Il fracking, in italiano fratturazione idraulica, è una tecnica utilizzata per estrarre gas naturale e petrolio dalle rocce presenti nel sottosuolo, utilizzando un getto ad alta pressione di acqua mista a sabbia e altri prodotti chimici per provocare l’emersione in superficie del gas. Questa pratica è stata adottata dagli Stati Uniti da oltre un decennio, nonostante ciò sono ancora largamente sconosciuti gli effetti che questa provoca sull’ambiente e sulla fauna selvatica.

Proprio per sopperire a questa carenza di informazioni alcuni ricercatori dell’Università del Wisconsin stanno conducendo uno studio per comprendere l’impatto ambientale che l’estrazione di gas può avere negli Stati Uniti e in Canada. «Sappiamo che il suolo viene contaminato sia in superficie che in profondità da sostanze chimiche – ha dichiarato Sara Souther, uno degli autori della ricerca – ma non conosciamo le conseguenze visto che finora non sono stati raccolti dati sull’impatto che possono avere sull’acqua, l’aria, la terra o la fauna selvatica».

Fuoriuscite, incidenti, perdite e lo scarico di acque reflue tossiche nei corsi d’acqua rappresentano problemi tutt’altro che infrequenti, ma nessuno ne conosce con precisione l’entità. Molti Stati non chiedono neppure alle società di perforazione di segnalare gli sversamenti “minori” o gli incidenti. Le società che si occupano di fracking hanno sostenuto a lungo che non vi è alcuna prova della contaminazione dell’acqua. E in effetti queste prove non ci sono, ma solo perché finora non sono state effettuate analisi nelle zone perforate.

Il problema della contaminazione dell’acqua rappresenta il pericolo maggiore, al quale si aggiungono l’inquinamento atmosferico e acustico e la frammentazione degli habitat. «Le informazioni a disposizione sono troppo scarne per elaborare un quadro realistico sull’impatto che il fracking ha sull’ambiente e sulla biodiversità», ha affermato Sara Souther. L’industria del fracking gode inoltre dell’esenzione dal Safe Drinking Water Act, emendamento che regola l’utilizzo dei bacini idrici negli Stati Uniti, ogni singolo Stato deve gestire i controlli sui propri pozzi. Ciò significa che l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente non disciplina l’iniezione delle sostanze chimiche nei pozzi. Secondo la ricerca due terzi dei pozzi esaminati dagli studiosi hanno impiegato almeno una sostanza chimica proibita.

L’Appalachia, una delle zone maggiormente sfruttate per l’estrazione di gas, ospita le foreste temperate con la maggior concentrazione di biodiversità del mondo. Con il fracking si è ottenuto il 39% di tutto il gas naturale prodotto lo scorso anno negli Stati Uniti.

Trapianto di testa, scienziato torinese lancia la sfida. Viale: “Un folle”

Trapianto di testa, scienziato torinese lancia la sfida. Viale: “Un folle”

Si torna a parlare di trapianto di testa. Un anno dopo l’annuncio shock del medico torinese Sergio Canavero, che ha scatenato un lungo elenco di interrogativi scientifici ed etici, la rivista Frontiers in Neurologypubblica un nuovo studio del neurochirurgo, in cui spiega come a suo dire si possano fondere insieme i monconi di midollo osseo tagliato chirurgicamente. Argomentazioni “solide” per la rivista, che cita anche una sperimentazione sui ratti effettuata dall’università di Dusseldorf.
Possibile fondere assieme parti di midollo tagliato – Vietato dalla legge, impossibile e fantascientifico per numerosi medici, il trapianto di testa torna dunque a far discutere, dividendo il mondo scientifico. Lo studio, sostiene Canavero, “dimostra come sia possibile fondere assieme i due monconi di midollo spinale tagliato chirurgicamente e come siano infondate le attuali conoscenze neurologiche sulle vie di trasmissione degli impulsi motori”. Il tutto grazie a speciali materiali chimici, chiamati fusogeni o sigillanti di membrana la cui efficacia, sostiene sempre Canavero, è stata dimostrata dalla sperimentazione sui ratti del Centro Medico dell’università Heinrich-Heine di Dusseldorf, in Germania.
Basterebbe un fusogeno per saldare midollo lesionato – Questo lavoro, secondo il medico torinese, avrebbe dimostrato che “iniettando un fusogeno fra i due monconi in cui era stato tagliato il midollo spinale – spiega – i ratti hanno recuperato pienamente l’uso degli arti”. Fantascienza per chi già lo scorso anno contestò le tesi del neurochirurgo sabaudo evocando un’immagine della medicina estrema come quella di Frankenstein e ricordando il divieto per legge, in Italia, di trapiantare cervello e organi genitali.
Spetta alla società stabilire se utilizzarlo o meno – Qualcosa di inverosimile dal punto di vista tecnico-scientifico e non plausibile dal punto di vista biologico, secondo la scienza tradizionale, anche se per la rivista che ha pubblicato lo studio Heaven/Gemini – questo il nome del progetto – “non sarà impossibile ancora a lungo”. “Fantascienza è soltanto l’incompetenza di chi parla senza conoscere la materia”, ribadisce Canavero, che non entra nel merito dei risvolti etici della sua scoperta, o presunta tale. “Io sono soltanto uno strumento – è la sua posizione – spetta alla società stabilire se utilizzarlo o meno. Credo, però, che i tanti Welby che ci sono in Italia, e non solo, potrebbero avere prospettive ben diverse da quelle di chi cerca l’eutanasia a tutti i costi”.
Viale: “Non si mescoli follia con eutanasia” – Dura la replica di Silvio Viale, presidente del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e ginecologo capofila nell’uso della pillola Ru486. “Un Frankenstein senza testa – scrive su Twitter – gioca al trapianto di cervello. Canavero non mescoli la sua follia con eutanasia, Eluana e Welby. Cose serie”.

“I CUSTODI DELL’ACQUA”

“I CUSTODI DELL’ACQUA”: IN UN DOCUMENTARIO DUE DONNE RACCONTANO LE BATTAGLIE PER UN BENE COMUNE

 

di Veronica Ulivieri

 

Dietro alla gestione dell’acqua privatizzata, ai tratti di fiumi prosciugati dalle centrali idroelettriche, alle dighe che hanno ucciso gli ecosistemi, ci sono anche Ira e Maria. Le grandi questioni ambientali spesso ci appaiono come scatoloni pieni di denunce inanimate e immagini impressionanti. Quando chiamiamo in causa il fattore umano, è per denunciare i responsabili degli scempi. Ma spesso ci dimentichiamo di chi si trova a convivere con gli scempi al paesaggio in cui vivono. A ricordarcelo ci sono, appunto, le voci di Ira e Maria, protagoniste del documentario “I custodi dell’acqua”. Giulio Squarci, documentarista di 32 anni originario della Carnia, è partito dall’esperienza di queste due donne per raccontare di un equilibrio che si è rotto nella gestione dei sistemi idrici, degli acquedotti, dei torrenti. Prima di tutto nella sua terra, che poi però diventa paradigma anche dell’altrove, dove cambiano i nomi, i luoghi e le date, ma la sostanza rimane spesso immutata.

Il documentario racconta il rapporto atavico con l’acqua e il nuovo impegno collettivo riemerso già negli anni Novanta e poi più di recente in concomitanza con il referendum per proteggere le risorse idriche da incursioni speculative e interessi di parte. Il lungometraggio, che sarà presentato il prossimo 22 marzo durante la Giornata mondiale dell’acqua, è in fase di ultimazione: fino all’8 agosto è aperta su Indiegogo.com una campagna di raccolta fondi a sostegno della fase di postproduzione.

Giulio, come è nato il progetto?

Il progetto è nato quattro anni fa nel vedere persone che avevano costruito l’acquedotto con le loro mani, che avevano portato l’acqua a casa sulle loro spalle, e che si trovavano poi a dover pagare bollette altissime quando la gestione è passata dai Comuni alla S.p.A. Questo però è stato in realtà l’ultima goccia di un processo che anche in Carnia va avanti da decenni. Questa è la regione del Vajont, qui il problema dell’acqua è da sempre molto sentito: qua non c’è mai stata molta militanza ambientale, ma quando si è trattato di difendere questa risorsa, le persone si sono mobilitate, è nata una miriade di comitati. Per queste comunità, è stato un momento di unione. In Carnia il primo comitato è nato negli anni ’90 per la difesa del Tagliamento: nel 1957, con l’entrata in funzione della centrale idroelettrica di Somplago, che ogni giorno immette nel lago notevoli quantità di acqua fredda, la fauna è quasi scomparsa dal lago di Cavazzo. Inoltre, parlando di acqua si parla anche di democrazia: all’inizio ho cercato di evitare il tema spinoso e abusato, ma mi sono dovuto arrendere, perché la gestione dell’acqua, che è un monopolio naturale è strettamente legata all’amministrazione partecipata della cosa pubblica.

Quali sono al momento attuale le situazioni più critiche nell’ambito della gestione delle risorse idriche?

In questo momento si sta discutendo per esempio dello svuotamento della diga di Verzegnis, dopo che l’anno scorso i fanghi della diga di Sauris sono stati tutti sversati lungo un torrente, uccidendo l’ecosistema. C’è poi il progetto di un elettrodotto che dovrebbe attraversare la valle di But, mentre molti fiumi, a partire dal Tagliamento, in certi tratti sono prosciugati dalle troppe derivazioni idroelettriche.

Come hai scelto le due protagoniste?

In questi anni ho seguito da vicino i movimenti per l’acqua e ho conosciuto molte persone impegnate per la difesa delle risorse idriche. Ho scelto due donne perché penso che l’acqua sia un tema molto femminile. Maria è un’anziana signora che abita in un paesino della Carnia e produce ancora da sola quello che mangia: l’ho scelta perché, nella sua semplicità e autenticità, è una filosofa del vivere in montagna. È una persona estremamente poetica e ha una sensibilità molto alta, dotata di una visione del mondo completa. Ira è invece un’attivista, di quelle che vanno casa per casa per informare sui problemi e mobilitare le persone. Nel documentario ci sono anche altri personaggi più marginali. Ho escluso volutamente i politici: il tema riguarda tutti così da vicino che ho deciso di non avere bandiere di nessun tipo.

Prima dicevi che l’acqua è un tema femminile: l’acqua dà la vita, e in questo senso è madre. C’è anche altro?

Sì, assolutamente. In tutte le assemblee che sono state fatte per spiegare alle persone cosa stava succedendo, così come quando c’era da scendere in piazza, ad organizzare le mobilitazioni erano quasi sempre le donne. Inoltre, in montagna la società è ancora matriarcale: sono le donne che, gestendo il budget e facendo la spesa, hanno il polso della situazione, anche per quando riguarda le bollette. E poi in passato il luogo di socializzazione delle donne era la fontana. Anche oggi le donne si sono riunite intorno all’acqua, ma hanno trovato simbolicamente la fontana chiusa.

Che aria si respira oggi in Carnia tra i movimenti per l’acqua?

C’è un po’ di delusione, perché la società di gestione delle risorse idriche rimarrà, ma vedo anche molti piccoli semi di speranza tra i giovani. Questo documentario è anche per raccontare alle persone il gran lavoro che si è fatto in Carnia e che ha portato alla vittoria dei sì al referendum. Quella è stata una vittoria per tutta l’Italia: non tutti i 27 milioni di persone che hanno votato contro la privatizzazione della gestione si sono continuati a interessare di acqua, ma molti sì. E non è finita: la sfida del futuro mette in gioco la nostra capacità di bloccare un certo sistema di gestione dell’acqua e più in generale del territorio. Come dicono gli anziani qui, se la montagna si spopola cade tutto: oggi vivere in montagna è difficilissimo, ma se ce ne andiamo noi arriveranno gli speculatori, persone che non hanno a cuore questi luoghi, ma solo i propri interessi.