Francesco a Rio, papamobile bloccata dai fedeli. Disinnescato un ordigno

Francesco a Rio, papamobile bloccata dai fedeli. Disinnescato un ordigno

 

 

 

E’ arrivato a Rio papa Francesco ed è stato subito bagno di folla. Un bagno di folla che ha fatto anche correre qualche rischio al pontefice quando la papamobile è stata bloccata dai fedeli assiepati lungo il percorso dall’aeroporto al centro della città. La sicurezza è andata in tilt e i fedeli hanno potuto avvicinarsi festanti all’auto di Bergoglio – un’auto coperta ma con i finistrini abbassati – circondandola e bloccandola per toccare il papa e stringergli le mani benedicenti. Attimi di panico tra il servizio d’ordine davvero insufficiente in quei frangenti, poi la sicurezza si è ripresa ed ha allontanato i più entusiasti e scalmanati, molti dei quali hanno potuto toccare il papa, utilizzando modi decisi e anche rudi. Ma non c’era altro da fare per consentire alla papamobile di districarsi dal ‘traffico’ e di riprendere la sua lenta corsa dopo il blocco, una papamobile sommersa letteralmente da fedeli festanti. E’ un’avvisaglia del clima e della tensione che gli addetti alla protezione del pontefice – 30.000 agenti – respireranno durante tutta la permanenza di papa Francesco a Rio per celebrare la 28/ma edizione della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG). Il Vaticano ha già fatto sapere che Francesco non vuole auto protette da vetri anti-proiettilie perchè non desidera ostacoli al suo rapporto con i fedeli ma l’episodio di oggi, subito dopo l’arrivo a Rio (con l’auto del papa praticamente in balia della folla e al di fuori di qualunque possibilità di protezione da parte di malintenzionati), porterà sicuramente ad una revisione, sotto il profilo della sicurezza, di tutti gli appuntamenti pubblici del Pontefice, in particolare i momenti di contatto ravvicinato con i due milioni di giovani e di fedeli di tutto il mondo che si sono dati appuntamento a Rio. Anche perchè sempre stasera la polizia ha comunicato di aver disinnescato un ordigno artigianale che era stato nascosto in una toilette del santuario di Aparecida (San Paulo) dove il papa andrà in visita mercoledì…

Arrestata la famiglia Ligresti al completo

Arrestata la famiglia Ligresti al completo

 

 

 

Svolta clamorosa nell’inchiesta sulla societa’ assicurativa della famiglia Ligresti. Tramite una holding si sarebbero messi in tasca 253 milini di euro. Secondo un’indagine della finanza questo sarebbe avvenuto grazie ad “una sistematica sottovalutazione delle riserve tecniche del gruppo assicurativo la cosidetta riserva sinistri. Una societa’ assicurativa molto importante era cosi’ piegata  agli interessi di una parte dell’azionariato, che deteneva il 30%”. Queste le accuse che hanno portato in carcere od ai domiciliari tutti i Ligresti ed i loro principali collaboratori. Lui il patriarca, vecchio amico di Craxi e noto in tutto il mondo politico e finanziario, di origine siciliane ma con le fortune accumolate a Milano nel campo immobiliare ed assicurativo, e’ finito ai domiciliari, viste le sue ottantuno primavere. La figlia Giulia e’ stata fermata a Milano e portata in cella, la figlia maggiore, Jonella passa direttamente dalle vacanze in Sardegna al carcere di Cagliar. Paolo il figlio maschio, invece era prudentemente in Svizzera, ed ha fatto sapere che almeno al momento non intende rientrare. Domiciliari invece per i collaboratori del gruppo Fonsai, Marchionni, Erbetta e Talarico. 

No allo stop, ai partiti 92 milioni di euro. Grillo: “Si tengono il malloppo”

No allo stop, ai partiti 92 milioni di euro. Grillo: “Si tengono il malloppo”

 

 

 

La Camera ha detto no allo stop della rata di luglio del finanziamento pubblico ai partiti (92 milioni di euro). Lo aveva proposto il Movimento 5 Stelle ma la risposta di tutti gruppi politici, compresa Sel, è stata negativa. La proposta è stata bocciata a stragrande maggioranza e quindi i partiti incasseranno i soldi (in gran parte già scontati dalle banche) previsti dalla vecchia legge. Andrà in vigore infatti solo nel 2017 la riforma del finanziamento pubblico secondo il provvedimento varato recentemente dal governo (finanziamento indiretto ai partiti con contributo volontario dei cittadini). La mozione dell’esecutivo in tal senso è passata con il voto di Pd, Pdl e Scelta Civica. Ma c’è stata bagarre in aula, anche prima del voto. I deputati grillini parlando si “furto” ai danni degli italiani hanno abbandonato gli scranni sciamando verso l’uscita e lasciando sui banchi del governo decine d false banconote da 500 euro. La protesta dei deputati 5 Stelle è proseguita anche all’esterno di Montecitoro con un flash-mob. “Noi abbiamo restituito 42 miloni di euro, loro, tutti gli altri, si sono tenuti il malloppo di 92 milioni” ha detto Beppe Grillo.

7 anni a Fede e Mora, 5 a Minetti, altri guai in arrivo per Berlusconi

7 anni a Fede e Mora, 5 a Minetti, altri guai in arrivo per Berlusconi

 

 

 

Sette anni a Mora e Fede, cinque anni per la Minetti. Per i giudici del tribunale di Milani erano gli organizzatori del bunga bunga e cosi’ sono stati condannati  per induzione alla prostituzione. Per la Minetti solo favoreggiamento. Per tutti interdizione dai pubblici uffici. Perpetua per i primi due, cinque anni per Nicole. I giudici hanno anche deciso di inviare gli atti in procura per Berlusconi ed altre persone, in tutto 33, tra cui i suoi avvocati Longo e G Ghedini, per l’eventuali ipotesi di reato in relazione alle indagini difensive. Falsa testimonianza? Tutti condannati, quindi ad a pene severessime e dunque anche il processo Ruby2 finisce con il peno accoglimento della linea della procura: le cene in casa del Cavaliere ad rcora erano dei veri e propri festini, organizzati per soddisfare gli appetiti sessuali dell’ex premier grazie a prestazioni a pagamento di fanciulle compiacenti. E poi si sarebbe brigato per costruire una montagna di false testimonianze per smontare la tesi dell’accusa, a partire dalla testimonianza di Ruby.

Laura Prati, sindaco di Cardano, non ce l’ha fatta. Donati gli organi

Laura Prati, sindaco di Cardano, non ce l’ha fatta. Donati gli organi

 

 

 

Il primo cittadino di Cardano al Campo, Laura Prati – primo sindaco donna della cittadina vicino Malpensa (Varese) – non ce l’ha fatta. E’ morta clinicamente stamane nell’ospedale di Varese dove era stata ricoverata subito dopo essere stata gravemente ferita a colpi di pistola il 2 luglio scorso da Giuseppe Pegoraro, un vigile sospeso dal servizio per una vicenda di straordinari gonfiati. L’uomo  che aveva fatto irruzione armato negli uffici comunali, ed aveva sparato anche al vice-sindaco, era stata arrestato dopo una sparatoria con la polizia.  “Si è concluso formalmente il periodo di osservazione ai fini dell’accertamento della morte della signora Laura Prati che risulta deceduta alle ore 8.30 di questa mattina. Le sue condizioni, già estremamente gravi – spiega una nota dell’ospedale – sono peggiorate ulteriormente negli ultimi due giorni. I familiari, nel rispetto della volontà della signora Prati, hanno dato il consenso alla donazione degli organi e la salma è a disposizione dell’autorità giudiziaria”. Laura Prati era stata eletta sindaco di Cardano nelle liste del Pd. Aveva 49 anni. Cordoglio è stato espresso dal premier Enrico Letta, dal Pd e da tutti gli altri partiti

Berlusconi: “Angelino che guaio…”, toni bassi in attesa del 30 luglio

Berlusconi: “Angelino che guaio…”, toni bassi in attesa del 30 luglio

 

 

 

Berlusconi e’ da tempo, almeno da quando Coppi ha assunto la sua difesa, che cerca di abbassare i toni e mantenere un profilo di alta responsabilita’ in vista dell’appuntamento decisivo della Cassazione, il 30 luglio. Il Cavaliere e’ stato chiaro imponendo a tutto il Pdl la prudenza. Ma nelle stanze di palazzo Grazioli non sono mancate battute e critiche nei confronti di Alfano, “reo” di avere minato, anche se involantariamente, il clima di pacificazione e di avere portato il governo sull’orlo di una crisi, dagli effetti imprevedibili. Lo stesso Berlusconi in passato aveva sostenuto, tranne poi rettificare, che ad Angelino mancava il famoso “quid” da leader. Ora si dice che abbia esclamato: “Angelino che guaio…”. Ed ancora di piu’, secondo Repubblica, avrebbe parlato al telefono con un esponente della maggioranza (Casini? Ndr) lamentandosi: “Con questa faccenda kazaka Angelino mi ha combinato un bel casino, proprio quando ne avevo meno bisogno”. Naturalmente l’esponente di maggioranza non se l’e’ tenuta ed ha spifferato la confidenza dell’amico. Ma “l’amico” e’ abbastanza navigato da ben sapere con chi parla e se riparlera’. Quindi se lo avesse detto (comunque ufficialmento lo ha smentoto con una nota di palazzo Grazioli), lo avrebbe detto per farlo sapere, per allontanare da lui la vulgata che gli ha attribuito la regia occulta dell’affaire per fare un favore all’amico Nazarbayev e le nubi del “segrerto kazako”, cioe’ della volonta dell’autorita’ kazaka di conservare il massimo riserbo, per non danneggiarlo dopo avere ottenuto il favore. Ora per Berlusconi e’ il momento del silenzio e dell’attesa. Tra dieci giorni si sapra’ quale sara’ il suo futuro e come passera’ il Ferragosto…

Cina, prima pietra per «Città celeste» il grattacielo più alto del mondo. Sarà pronto in un anno

Cina, prima pietra per «Città celeste» il grattacielo più alto del mondo. Sarà pronto in un anno

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Argomenti: SKY | Zhang Yue | Developer Broad GroupBurj Khalifa | Cina | City One

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Cina, prima pietra per «Città celeste» il grattacielo più alto del mondo. Sarà pronto in un anno - Le classifica

È quasi tutto pronto per la Sky City One. La Città Celeste numero 1, di 838 metri, è cominciata a Changsha, nella Cina centrale. L’unica certezza è che, stando alla stampa locale, si è tenuta una cerimonia di inaugurazione dei lavori e che Zhang Yue, fondatore e presidente del Developer Broad Group, ha annunciato ieri che i lavori stanno per partire e che la Città Celeste sarà completata in meno di un anno, entro la primavera del 2014.

L’ edificio avrà 208 piani e sarà di dieci metri più alto del Burj Khalifa di Dubai, che attualmente detiene il record mondiale. Costerà 5,2 miliardi di yuan (circa 650 milioni di euro, una cifra astronomica anche nel mondo delle grandi costruzioni), e la sua superficie sarà di 1,05 milioni di metri quadrati. L’ 83% di questa sarà dedicata a spazi abitativi, che avranno posto per 17mila persone. Il 5% sarà occupato da un albergo, che avrà mille posti letto. Il rimanente 12% sarà diviso equamente tra uffici, negozi, scuole e ospedali. Gli ascensori ad alta velocità saranno 104, e ci saranno dieci diverse vie di fuga in caso di incendio. Sono previsti anche 17 eliporti, oltre ad una marea di spazi per lo sport, tra cui dieci campi da tennis e sei da pallacanestro. 

 

Il grattacielo sarà costruito a tempo record grazie all’uso di elementi prefabbricati, una delle specialità del Developer Broad Group, uno dei pochi grandi gruppi privati cinesi, che ha cominciato producendo apparecchi per l’ aria condizionata, purificatori dell’ aria e impianti di ventilazione prima di passare alle costruzioni “ecologiche”. 

Non mancano gli scettici, secondo i quali è improbabile che i tempi annunciati di costruzione vengano rispettati e, cosa più grave, mettono in discussione la capacità dell’ impresa di realizzare un’ opera così ambiziosa. Tanto più che il progetto originario era più modesto e prevedeva che il grattacielo fosse alto “solo” 666 metri. È poi stato cambiato perchè le autorità locali hanno chiesto il grattacielo più alto del mondo.

Supersport: morto il pilota Andrea Antonelli, investito da Zanetti

Supersport: morto il pilota Andrea Antonelli, investito da Zanetti

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(Ansa)(Ansa)

Andrea Antonelli non ce l’ha fatta. Il 25enne pilota del Team GoEleven é morto in seguito a un bruttissimo incidente nell’avvio della gara di Supersport, la categoria cadetta della Superbike, a Mosca. La corsa é stata interrotta e non verrà ripresa. Gli organizzatori hanno deciso di cancellare anche gara-2 della Superbike che doveva partire alle 13.30 italiane.

Investito da Zanetti 
Sotto una pioggia torrenziale Antonelli, 25enne di Castiglione del Lago (Perugia), é stato investito dal connazionale Lorenzo Zanetti dopo essere scivolato a terra. Antonelli era stato intubato e trasportato nell’ospedale più vicino, ma non é bastato. È deceduto nel centro medico del Moscow Raceway. Il 25enne bresciano è stato colpito alla testa dalla Honda di Lorenzo Zanetti con una dinamica molto simile a quella che ha provocato la morte di Craig Jones a Brands Hatch nell’agosto del 2008 e a quella che ha portato alla morte di Marco Simoncelli, a soli 24 anni durante il Gran Premio della Malesia della MotoGp, sul circuito di Sepang.

 

La polemica

Polemico Marco Melandri: «Oggi qui non si doveva correre. La gara non si doveva svolgere, in pista non si vedeva nulla e dovevamo fermarci”. Marco Melandri, che a Mosca ha vinto gara-1 del Gp di Superbike, corso dopo che c’era stato l’incidente ad Andrea Antonelli nella Supersport, polemizza dai microfoni di Eurosport con chi ha deciso che si dovesse gareggiare comunque.

 

Chi era Antonelli 
Antonelli è nato a Castiglione del Lago (in provincia di Perugia) il 17 Gennaio 1988. Nella Stagione 2002, con il Team Skizzato, ha fatto il grande salto nelle “ruote grandi” dopo aver iniziato con le Minimoto. Ha partecipato con una Aprilia 125, alla Coppa Italia e come debuttante si è messo subito in luce come pilota di talento e grinta. Dopo pochi mesi di ambientamento, è arrivato addirittura alla sua prima vittoria a Magione. Nella stagione 2003 ha partecipato con una Honda 125 Gp, al Campionato italiano ed Europeo della Categoria 125 GP. Nel 2008 il passaggio al Mondiale Superstock 1000 FIM con la Honda del team Althea AX52 (Roma) e farà le prime due gare di Mondiale Supersport in Qatar e Australia. Nel 2009 il passaggio al Team Trasimeno Yamaha Italia. Nel 2010 si decide di passare nuovamente in Honda prima di andare a correre con il Team GoEleven Kawasaki.

La carriera
Nell’Europeo Superstock 600 e nella Superstock 1000 era salito per 14 volte sul podio: aveva debuttato nel Mondiale SuperSport nel 2012 e nelle qualifiche di Mosca aveva conquistato il suo miglior risultato di sempre, un quarto tempo che gli aveva permesso di partire in seconda fila nello schieramento.

IL CEMENTO SELVAGGIO SOFFOCA L’ITALIA: I DATI ISPRA

IL CEMENTO SELVAGGIO SOFFOCA L’ITALIA: I DATI ISPRA

 

di Silvana Santo

 

Ogni secondo che passa, in Italia vengono cementificati mediamente 7 nuovi metri quadri di suolo, a un ritmo che dura ormai da 50 anni a questa parte. È uno dei dati più allarmanti tra quelli contenuti nell’Annuario dei dati ambientali dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che ogni anno fotografa la situazione ambientale del nostro Paese.

Dal secondo dopoguerra a oggi, il consumo di suolo ha raggiunto livelli sempre più preoccupanti: 8 metri quadri al secondo allo stato attuale, 7 metri quadri se si considera la media dell’ultimo mezzo secolo. In pratica, spiega l’ISPRA, ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una superficie pari alla somma di quelle dei comuni di Milano e Firenze.

Un problema, quello della cementificazione selvaggia, che si porta dietro numerose altre conseguenze sul piano ambientale, dal dissesto idrogeologico alla perdita di patrimonio forestale. Tanto che al momento sono circa 6 milioni gli italiani che vivono in aree soggette a pericolo di alluvioni, un rischio enfatizzato tra l’altro dall’aumento di eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico.

Anche i polmoni verdi del Paese sono sempre più minacciati dal crescente consumo di suolo, ma negli ultimi 25 anni questo fenomeno è stato in una certa misura bilanciato dalla perdita progressiva di terreni agricoli. Se nel 1985, infatti, il coefficiente di boscosità nazionale era del 28,8%, nel 2010 era risalito al 36% nel 2010, proprio a causa dell’espansione delle foreste sulle aree abbandonate dall’agricoltura.

Se la cementificazione preoccupa sempre di più, la qualità dell’aria non è da meno. In generale, l’ISPRA non rileva particolari variazioni sul fronte dell’inquinamento atmosferico, ma lancia ancora una volta l’allarme polveri sottili: il valore limite giornaliero del Pm10 risulta infatti superato nel 48% delle stazioni di monitoraggio.

Grave, inoltre, la situazione dell’ozono, che negli strati più bassi dell’atmosfera è inquinante e nocivo per la salute umana: il 92% delle stazioni mostrano un mancato rispetto dell’obiettivo a lungo termine per questo inquinante, mentre una centralina su 5 registra livelli troppo alti di biossido di azoto.

Aggiunge l’ISPRA: “Un altro inquinante preoccupante per le accertate proprietà cancerogene è il benzo(a)pirene, i cui livelli superano il valore obiettivo nel 20% dei casi”.

Cala, invece, probabilmente per effetto della crisi, la produzione nazionale di rifiuti: poco meno di 30 milioni di tonnellate nel 2012, pari al 4,5% in meno rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda il dato pro capite, siamo passati dai 528 kg per abitante del 2011 al 504 dell’anno successivo. La raccolta differenziata ha raggiunto, sempre nel 2012, una percentuale del 39,9%.

Italia divisa a metà, invece, sul fronte delle bonifiche dei siti contaminati, che procedono con maggiore celerità nelle regioni del centro-nord. In totale, sul territorio nazionale sono presenti ancora 1.749 aree da bonificare, a fronte delle 4.837 di partenza.

 

Per quanto riguarda infine lo stato di conservazione della biodiversità, risulta ad alto rischio di estinzione più del 40% delle specie di pesci che vivono in Italia, oltre a circa il 28% di uccelli e il 15% delle specie di mammiferi. Nonostante questo, ricorda l’ISPRA, l’Italia resta il Paese europeo con il più alto numero di specie animali (oltre 58.000); le piante sono circa 6.700, il 15,6% delle quali endemiche, cioè presenti solo sul territorio della penisola.

ROTTURA SENZA PRECEDENTI TRA SAUDITI E WASHINGTON SULL’EGITTO

ROTTURA SENZA PRECEDENTI TRA SAUDITI E WASHINGTON SULL’EGITTO

 

di F. William Engdahl, Alessandro Lattanzio

 

Crepuscolo nel deserto?

Nel 1945, al suo ritorno dalla fatidica Conferenza di Jalta, il presidente degli USA Roosevelt incontrò il re saudita Ibn Saud e ottenne i diritti esclusivi per le società petrolifere del gruppo statunitense Rockefeller sulle grandi ricchezze petrolifere dell’Arabia Saudita, il rapporto tra l’Arabia e la politica estera degli USA è stato quasi una satrapia dei sauditi [1]. In seguito allo “shock petrolifero” del 1973, orchestrata da Kissinger, in cui l’OPEC alzò il prezzo di circa il 400%, Washington strappò l’impegno dai sauditi che avrebbero assicurato che l’OPEC vendesse il petrolio solo in dollari, garantendo in tal modo il continuo dominio del dollaro come valuta di riserva mondiale. In cambio, Washington accettava di vendere armi statunitensi e anche di addestrare l’Aeronautica militare saudita [2].

E nel 2010, proprio mentre Washington avviava la sua offensiva di primavera della “democrazia” araba in Tunisia, Egitto e in tutto l’arco di crisi islamico, l’amministrazione Obama annunciava il più grande accordo sulle armi della storia. Gli USA accettarono di vendere ai sauditi 84 F-15 nuovi e di aggiornarne altri 70, nell’ambito di un accordo da 46 miliardi di dollari, il più grande affare sulle armi nella storia degli Stati Uniti, preparandosi ad isolare l’Iran [3].

Come abbiamo riportato in un precedente articolo, prima del colpo di Stato militare egiziano, i sauditi stipularono un accordo segreto con il ministro della Difesa e capo dell’esercito, generale Abdul Fatah al-Sisi, che i sauditi, assieme ad altri petro-Stati conservatori del Golfo, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti, avrebbero garantito il sostegno finanziario se l’amministrazione Obama avesse tagliato il miliardo di dollari in aiuti annuali ai militari egiziani, per rappresaglia per la cacciata del loro uomo, Mursi [4].

Il 17 luglio, il neo-governo di transizione egiziano ha confermato di aver ricevuto 6 miliardi di sovvenzioni, prestiti e carburante da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

L’Arabia Saudita ha approvato 4 miliardi di dollari in aiuti all’Egitto, e gli Emirati Arabi Uniti hanno offerto 2 miliardi di dollari per sostenere le disperate necessità dell’economia. I fondi sauditi comprendono 1,5 miliardi di deposito alla banca centrale, 1,5 miliardi di prodotti energetici e 750 milioni in contanti, ha detto il ministro delle Finanze saudita Ibrahim al-Assaf. Gli Emirati Arabi Uniti doneranno 750 milioni all’Egitto e 1,5 miliardi di prestiti sotto forma di deposito non fruttifero presso la banca centrale d’Egitto [5].

La notizia è un doppio schiaffo a Washington che aveva insistito sul fatto che il governo Mursi dovesse accettare le dure richieste del FMI come condizione preliminare per l’aiuto finanziario.

Il Qatar reagisce in modo drammatico

Vistosamente, uno dei più ricchi petro-Stati del Golfo latita da questi aiuti; il Qatar, il cui emiro Hamad bin Khalifa al-Thani aveva versato oltre 6 miliardi all’Egitto dopo la rivoluzione di due anni e mezzo fa, e forse altri 7 miliardi per finanziare gli islamisti in Libia, Siria e Gaza, l’enclave palestinese gestita da Hamas, un ramo della Fratellanza Musulmana. Il Qatar ospita la sede centrale del Comando Centrale e il Combined Air Operations Center degli Stati Uniti. E, in particolare, fino al colpo di Stato militare sostenuto dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti contro il domino della Fratellanza in Egitto, il 3 luglio, il Qatar era sede di importanti membri della Fratellanza Musulmana ed uno dei suoi principali finanziatori in Siria, Egitto, Libia e in tutto il mondo islamico [6].

Pochi minuti dopo il golpe sostenuto da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti in Egitto, l’emiro del Qatar prendeva atto delle conseguenze e annunciava l’abdicazione in favore del figlio Tamim. Hamad bin Jassim al-Thani, che aveva plasmato la politica estera filo-Fratellanza Musulmana del Qatar, è stato messo a tacere, sostituito da un militare che agiva da viceministro degli Interni. La nuova leadership del Qatar ora utilizza parole come “rivalutazione”, “ritaratura” e “correzioni” per discutere della propria politica estera. In breve, non osa rischiare il totale isolamento tra gli Stati del Golfo a dominio saudita [7].

La coraggiosa decisione saudita di agire per fermare ciò che percepisce come la disastrosa strategia islamica statunitense nel sostenere le rivoluzioni della Fratellanza in tutto il mondo islamico, ha inferto un duro colpo alla folle strategia statunitense di credere di poter utilizzare la Fratellanza come forza politica per controllare più strettamente il mondo islamico e usarlo per destabilizzare la Cina, la Russia e le regioni islamiche dell’Asia centrale.

La monarchia saudita cominciava a temere che la Fratellanza segreta sarebbe balzata un giorno anche contro il suo governo. Non ha mai perdonato a George W. Bush e Washington di aver rovesciato la dittatura laica del partito Baath di Saddam Hussein in Iraq, che ha portato la maggioranza sciita al potere, né la decisione degli USA di rovesciare lo stretto alleato dell’Arabia saudita, Mubaraq in Egitto. Da esemplare “Stato vassallo” degli USA in Medio Oriente, l’Arabia Saudita si è ribellata il 3 luglio sostenendo e supportando il colpo di Stato militare in Egitto.

Oltre a far protestare rumorosamente contro il colpo di Stato dei generali egiziani, i suoi alleati della Fratellanza, Washington finora ha potuto fare ben poco, indicazione del crollo del potere globale degli Stati Uniti. Il Pentagono ha inviato due navi da assalto anfibio che trasportano 2.600 marine presso le coste meridionali egiziane del Mar Rosso. L’enorme USS Kearsarge con 1.800 marines e l’USS San Antonio con 800 marines, “hanno risalito il Mar Rosso e si sono posizionate al largo dell’Egitto, perché non sappiamo cosa succederà”, ha dichiarato il generale James Amos, comandante del Corpo dei marines.

 

Washington è improvvisamente preda di un grande caos in politica estera, mentre il nuovo governo ad interim egiziano ha giurato…