Uccide il figlio mentre pulisce la pistola

Bimbo di 3 anni ucciso dal padre mentre puliva la pistola. L’uomo denunciato per omicidio colposo

E’ stato denunciato in stato di libertà, con l’accusa di omicidio colposo, il padre del bimbo di tre anni morto questa mattina a Giugliano, in provincia di Napoli. Il piccolo è stato ucciso da un proiettile partito accidentalmente dalla pistola che l’uomo aveva nella stanza da letto. Sembra che il bimbo abbia visto la pistola, riposta accanto al comodino. L’arma è finita a terra ed è partito un colpo. L’uomo, un idraulico incensurato, difeso dagli avvocati Salvatore Cacciapuoti e Francesco Smarrazzo, deve rispondere anche di omessa custodia delle armi. “Nel corso dell’interrogatorio – spiega l’avvocato Cacciapuoti – è stata ricostruita l’esatta dinamica dell’incidente”. Quindi l’ipotesi che il colpo sia partito durante la pulizia della pistola – formulata in un primo momento – è stata definitivamente scartata.
Colpo accidentale – Il colpo che ha ferito a morte Francesco, il bimbo di tre anni ucciso da un proiettile partito accidentalmente dalla pistola del padre, é entrato dal fianco sinistro ed è uscito dal petto. Una ferita troppo profonda e grave che lo ha ucciso nel giro di poco tempo. Intanto, il padre Giuseppe, 37 anni, idraulico, incensurato, sentito nelle ultime nella caserma dei carabinieri di Giugliano ha spiegato cosa è accaduto. 
L’arma era vicina al letto – L’uomo ha escluso – diversamente da quanto appreso dagli investigatori in un primo momento – che stesse pulendo l’arma. Ha detto che solitamente la pistola, regolarmente detenuta per uso sportivo – una calibro 9, molto simile per caratteristiche tecniche e di sicurezza a quella utilizzata dalle forze dell’ordine – era riposta accanto al letto e che il bambino sarebbe finito sull’arma dalla quale poi è partito un colpo. Da poco sono terminati anche i rilievi da parte del nucleo investigazioni scientifiche del gruppo di Castello di Cisterna nell’abitazione al primo piano di via santa Maria a Cubito, alla periferia di Giugliano. I militari hanno sentito a lungo anche alcuni vicini e familiari.
Lo strazio dei familiari – Il bambino abitava con la sua famiglia in una villetta in via Santa Maria a Cubito, alla periferia della città. In casa, al momento della tragedia, oltre al padre c’erano alcuni familiari. Ora, davanti all’ospedale San Giuliano, si sono radunati diversi familiari dinnanzi alla sala mortuaria in attesa di poter riabbracciare per l’ultima volta la vittima. In ospedale è giunto anche il sostituto procuratore della Repubblica di turno, Monica Campese.
I vicini: “Non ci sembra vero” – “Lo vedevamo quasi tutti giorni”. I tre meccanici che lavorano nell’officina di via Santa Maria a Cubito, nello stabile dove questa mattina è avvenuto il gravissimo incidente che è costato la vita al piccolo Francesco di tre anni, sono affranti. “Noi siamo qui da una decina di anni. Sia Francesco che la sorella di sei anni li conosciamo da sempre. Li abbiamo visti appena nati: insomma si può dire che sono cresciuti con noi”, racconta uno dei tre uomini che ricorda come Francesco sia sempre stato attratto dai tanti attrezzi presenti nell’officina. Lo stabile dove si è consumata la tragedia sorge poco lontano dalla rampa di acceso di via Santa Maria a Cubito dell’asse mediano. Intorno non ci sono né tante case né negozi. A qualche chilometro c’é un grosso centro commerciale e il mercato ortofrutticolo all’ingresso. E poi tanti campi coltivati a pescheti. E così i meccanici per garantirsi qualche genere di conforto da qualche tempo hanno fatto installare anche un macchina automatica per la distribuzione di bevande e di qualche snack. “Ogni volta che veniva in officina indicava col dito quella macchinetta dove ci sono anche le patatine”, riprende uno dei meccanici. “Quando siamo arrivati questa mattina poco dopo le 8,30 , già c’erano le auto dei carabinieri ed abbiamo appreso la notizia. Non ci sembra vero. I suoi genitori saranno distrutti dal dolore. Brave persone – dice, infine, uno dei tre meccanici – che non meritavano di vivere una tragedia così grande”
 

Fornero: il lavoro non è un diritto

LA RIFORMA DEL LAVORO È LEGGE

Bufera Fornero: «Il lavoro non è un diritto»
La Camera dà il via libera alla riforma

Polemica per le parole del ministro al Wall Street Journal. 
Di Pietro: «La badessa vuole riscrivere la Costituzione?»

 

Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero (Ansa)Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero (Ansa)

Via libera definitivo dalla Camera dei deputati al ddl di riforma del mercato del lavoro, che ora è legge. I sì sono stati 393, 74 i contrari, 46 gli astenuti. Dopo le due votazioni di martedì, l’aula di Montecitorio ha votato la quarta e ultima fiducia chiesta dall’esecutivo. Monti aveva raccomandato di approvare la riforma prima del vertice Ue del 28-29 giugno, per mostrare che l’Italia non è solo un Paese con i conti in ordine, ma che ha anche approvato quelle «riforme strutturali» senza le quali la Germania non vuole cedere alla messa in comune delle garanzie sul debito. Il presidente del Consiglio ha anche aggiunto che, subito dopo il voto finale, scriverà al presidente del Consiglio europeo, per sottolineare i «progressi» dell’Italia nelle riforme strutturali.

 

 

VOTO – Non sono mancate le stoccate contro il governo neanche nel corso delle dichiarazioni di voto sul ddl lavoro. «Sarete pure sobri. Ma siete solo dei sobri ricattatori politici e truffatori politici». Così il leader dell’Idv Antonio Di Pietro riferendosi al «presidente del consiglio che non c’è», alias Mario Monti.

 

POLEMICA – La giornata dell’ultimo passaggio alla Camera deldisegno di legge Fornero sul lavoro, è stata particolarmente movimentata anche a causa della polemica scaturita dall’intervista di Elsa Fornero al Wall Street Journal. Il giornale americano aveva parlato di una riforma del lavoro inconcludente, capace solo «di svuotare il lago di Como con mestolo e cannuccia». Critiche a cui il ministro ha risposto in una lunga intervista: «Stiamo cercando di proteggere le persone, non i loro posti – ha detto Fornero -. L’attitudine delle persone deve cambiare. Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio». Il ministro ha fatto riferimento anche alla nuova disciplina dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, con la possibilità di licenziamento individuale per motivi economici da parte delle aziende.

Il tabellone della Camera con voto di approvazione del provvedimento (LaPresse/Scrobogna)Il tabellone della Camera con voto di approvazione del provvedimento (LaPresse/Scrobogna)

L’INTERVISTA – Frasi che hanno fatto subito scattare dure critiche, nel giorno degli Stati Generali del Welfare con contestuale lancio di petardi e fumogeni tra manifestanti e agenti: «Le parole del ministro Fornero sono aberranti – il commento di Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista – il lavoro in Italia è un diritto costituzionale. Si rilegga gli articoli 1 e 4, tra i Principi fondamentali della nostra Carta». Concetto ribadito anche dalla Lega Nord: «Il lavoro è un diritto. Il ministro Fornero ha giurato sulla Costituzione o su Topolino?» si è chiesto il senatore del Carroccio, Gianvittore Vaccari. «Se i lavoratori per caso leggessero il Wall Street Journal di oggi – ha scritto Antonio Di Pietro sul suo blog – scoprirebbero che dal giorno alla notte hanno perso anche il diritto formale al lavoro. A quanto pare la badessa Fornero ha riscritto, tutta da sola e senza chiedere il permesso a nessuno, l’art. 1 della Costituzione. Cara professoressa, questa è un’asineria bella e buona» il commento del leader dell’Italia dei Valori.

 

LA PRECISAZIONE – Il ministro ha cercato poi di precisare il senso delle sue parole (così nell’originale: «We’re trying to protect individuals not their jobs. People’s attitudes have to change. Work isn’t a right; it has to be earned, including through sacrifice»): «Il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione come non potrebbe essere mai visto quanto affermato dalla nostra Costituzione. Ho fatto riferimento alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza».

DDL – Quasi metà del Pdl non ha votato la riforma Fornero. Dai tabulati della votazione sul provvedimento finale, risulta infatti che sono stati 87 i deputati del partito di Angelino Alfano che a vario titolo non hanno votato a favore del ddl. Del gruppo alla Camera fanno parte 209 deputati. Tra questi 7 hanno votato contro, 34 si sono astenuti, 11 erano in missione, 35 non hanno partecipato al voto. Via libera invece dal Pd: «Con l’approvazione alla Camera del disegno di legge – ha commentato in una nota Cesare Damiano, capogruppo Pd nella commissione Lavoro di Montecitorio – i partiti che sostengono il Governo hanno dimostrato la coerenza del loro impegno e l’alto senso di responsabilità nelle scelte».

MONTI – Soddisfatto il presidente del consiglio Mario Monti: «Ho apprezzato lo sforzo rilevante che il Parlamento ha fatto per approvare definitivamente la riforma entro oggi – ha detto – proprio per presentare l’Italia in modo migliore in questa importante e difficile vertice europeo» che si terrà giovedì e venerdì a Bruxelles.

 

La riforma del lavoro è legge

La riforma del lavoro è legge, via libera della Camera

Il ddl ottiene la fiducia. Manifestanti a Montecitorio per protestare contro il provvediemnto, caos e tensioni

TMNews CNN

Roma, 27 giu. (TMNews) – La riforma del lavoro è diventata legge. In una giornata scandita da tensioni e scontri in piazza a Roma proprio contro il discusso ddl, è arrivato l’atteso via libera dell’aula della Camera con soli 393 voti a favore, 74 contrari 74 e ben 46 astensioni.

L’ok definitivo al provvedimento, ora alla firma del capo dello Stato per la promulgazione e la succesiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è il frutto di un’ accelerazione impressa dalla richiesta del premier Mario Monti per poter arrivare al Consiglio europeo di domani con la riforma in tasca. Il via libera è stato concesso, tra diversi malumori, dai partiti che sostengono la maggioranza in cambio della promessa che l’esecutivo interverrà ancora, in tema di esodati, flessibilità in entrata e ammortizzatori.

E i malumori si sono giocati anche sulla piazza. In un caso fuori l’auditorium Antonianum di viale Manzoni(dove si svolgono gli ‘Stati Generali del Sociale e della Famiglia di Roma capitale’, con l’intervento tra gli altri della ministra Fornero) si sono radunati Cobas e collettivi universitari, che con megafoni e fumogeni hanno contestato la riforma e la “ministra-killer dei diritti dei salariati/e”. La polizia ha fermato un uomo di 55 anni, che voleva introdursi nella sala convegni, che nello zaino portava una fionda.

Più tardi, invece, alcune centinaia di manifestanti si sono spostati in centro e hanno cercato di raggiungere Montecitorio da piazza Venezia, ma in via del Corso sono stati bloccati da un nutrito schieramento di forze dell’ordine in assetto antisommossa. Secondo l’Unione sindacale di base “sono stati violentemente caricati”, una circostanza smentita dalla Questura che invece parla di un tentativo di sfondare il cordone e quindi di un successivo respingimento con gli scudi senza uso di manganelli.

Lezione alla Germania firmata Cassano e Balotelli

PRIMAPAGINA

Immensa Italia: lezione alla Germania firmata Prandelli, Cassano e Balotelli

28 giugno alle 23:00

Che questa sarebbe stata l’Italia di Cassano e Balotelli,  Prandelli l’aveva detto il 1° luglio 2010.

All’epoca, fra le rovine fumanti della Nazionale disintegrata in Sudafrica, in molti scossero il capo. Altri dissero che non sarebbe andato da nessuna parte. Altri ancora che era un povero illuso.  Adesso che, ancora una volta gli azzurri hanno demolito i tedeschi e sono in finale del campionato europeo 44 anni dopo il trionfo di Roma, è divertente  vedere in quanti sgomitino sotto il carro del ct, ricevendo tackle sui denti.

Mentre straordinaria e dilagante  è la gioia di milioni di italiani: alla faccia della Merkel, dello spread e di tutte le scemenze che i giornali tedeschi ancora ieri mattina ci hanno rovesciato addosso, con il tipico cattivo gusto e l’arroganza dei crucchi che non imparano mai la lezione e per questo vanno sempre a sbattere contro un muro. Se fosse finita 5-0, non ci sarebbe stato nulla da ridire.

   
 
L’avevamo detto prima della partita che, proprio contro una delle due favorite del torneo, il signore di Orzinuovi avrebbe potuto firmare un altro capolavoro. Ancora più bello di quello che ha annichilito gli inglesi, nonostante il rigore graziosamente regalato dall’arbitro francese Lannoy ai tedeschi in pieno recupero. Prandelli è stato di parola.

La prova della Nazionale è stata favolosa. Gli azzurri hanno fatto esattamente ciò che il ct aveva chiesto loro: giocate e non abbiate paura. Abate si è dovuto arrendere alle sue imperfette condizioni fisiche  poco prima del via  e, allora, il Cesare ha spostato Balzaretti a destra, inserendo Chiellini a sinistra. Un’altra mossa azzeccata, come quella di insistere su Cassano e Balotelli, per non dire di Montolivo, protagonista della sua migliore partita in Nazionale.

Il primo brivido è stato nostro quando, con una ginocchiata, Pirlo ha salvato sulla linea il pallone colpito da Hummels, a Buffon battuto.  Il portierone è stato ancora una volta gigantesco sulle successive  conclusioni di Kroos e di Khedira. a giocare la sua miglior partita in azzurro.

 

Loew ha tenuto in panchina Muller preferendogli lo stesso Kroos,  mentre Gomez ha vinto il ballottaggio con Klose. Ma la Germania non ci  ha capito più nulla già dopo cinque minuti. Pirlo ha subito preso il comando delle operazioni, con Marchisio e De Rossi a sostenerne le iniziative.

 

 A segnare la partita, però, sono stati quei due che Prandeli ha voluto, difeso, appoggiato sempre, contro tutto e contro tutti. L’assist di Cassano per il colpo di testa di Balotelli che ha preso in controtempo Neuer è stato delizioso, come il lancio di Montolivo per il raddoppio di Mario: una parabola di trenta  metri che l’attaccante del City  ha intercettato per scaricare un destro di  classe e di potenza tale da fulminare il portiere tedesco.

 

La Germania ha accusato il micidiale uno-due che l’Italia le ha assestato in quindici minuti e, come un pugile suonato, ha barcollato sino al gong dell’intervallo. Loew ha cambiato Podolski e Gomez, inserendo Reus e Klose.

 

Le sostituzioni hanno fatto bene ai tedeschi: Reus si è reso subito insidioso con una serpentina in area, Lahm è andato al tiro, ma sbagliando la mira. Al minuto 57, Prandelli ha richiamato Cassano per inserire Diamanti. Una mossa che si era rivelata vincente contro l’Irlanda e contro l’Inghilterra:  ha funzionato anche contro i tedeschi. Il bolognese si è piazzato fra le linee, assieme a Montolivo. La Germania ha avuto un sussulto quando Reus ha lanciato un missile che Buffon, con la punta delle dita ha deviato sopra la traversa. Subito dopo, Prandelli ha tolto Montolivo, stanchissimo, sostituendolo con Thiago Motta.

Chiaro l’intento del selezionatore di dosare gli sforzi di una squadra alla quinta partita in 18 giorni. Sotto questo aspetto, impressionante è stata la prova di Pirlo sempre, comunque e dovunque nel vivo dell’azione. L’Italia ha  denotato una condizione atletica davvero sorprendente, considerato  che, per colpa della disorganizzazione dell’Uefa, aveva goduto di 48 ore in meno di recupero. L’impressionante solidità della difesa e la forza di un centrocampo mondiale hanno progressivamente demolito l’orgoglio tedesco.

Spettacolare la progressione rugbistica che al 66′ ha portato Marchisio  a sfiorare il terzo gol, su assist dello scatenato Diamanti il quale, poco prima, aveva cercato di segnare con una botta da 40 metri.

A venti minuti dalla fine, Balotelli non sarebbe voluto uscire, nonostante fosse stato toccato duro al polpaccio e accusasse crampi, ma Prandelli ha inserito Di Natale e ha fatto bene. E quando Loew ha risposto togliendo Boateng per Muller si è capito che la Germania era alla disperazione: Muller, Ozil, Klose, Reus e Khedira tutti  insieme là davanti, i tedeschi non li avevano mai schierati.

Subito dopo, ancora Marchisio ha sfiorato il tris. Costretta a scoprirsi,  la Germania è andata in barca. Di Natale ha sprecato un’altra palla-gol, Balzaretti è andato a segno, ma era in fuorigioco. E quando si sciupa troppo, si rischia  la beffa atroce. Il rigore inventato dal francese Lannoy in pieno recupero per il fallo di mano di Balzaretti che invece aveva subito fallo da Klose, ci ha fatto penare sino all’ultimo respiro.  Ozil ha segnato, ma i tedeschi si sono arresi.

Mondiali o Europei non ce n’è: continuiamo ad essere la loro maledizione. Questa è davvero una Grande Italia. L’Italia di Prandelli. L’Italia di tutti. E adesso, dateci la Spagna.

 

Bersani: “Da pazzi uscire dall’euro”

Bersani: “Uscire dall’euro? Da pazzi. Se dal vertice niente di concreto, guai per la Germania”

“Chi dice che bisogna uscire dall’euro è un pazzo. La politica deve essere all’altezza delle sfide storiche”, sostiene Pierluigi Bersani, lasciando il convegno per la presentazione della relazione annuale del garante per la concorrenza.
“Mi auguro che dal vertice nasca qualcosa di concreto” – Ma il segretario del Pd si pronuncia anche a proposito dell’atteggiamento di Angela Merkel e alle sue chiusure europeiste. “Mi auguro che dal vertice europeo nasca qualcosa di concreto, altrimenti saranno guai seri anche per la Germania”, sostiene il leader pidiessino. I giornalisti gli fanno notare che Merkel è contraria agli eurobond e lui osserva: “Ci possono essere soluzioni per ridurre lo spread che possono anche non passare attraverso gli eurobond”.
“Forse si esagera in pessimismo” – In ogni caso “forse adesso si esagera in pessimismo”, dice Bersani, parlando ancora del prossimo vertice Ue per il quale si teme un nulla di fatto. Il segretario del Pd ha confermato che prima del summit incontrerà il premier Mario Monti: “Faremo il punto, anche perché giovedì io parteciperò all’incontro dei leader progressisti. Vedremo di coordinare le posizioni”.
Alleanza con Casini: saltano le primarie? – Saltano le primarie di coalizione per il centrosinistra dopo l’ipotesi di alleanza tra Pier Ferdinando Casini ed il Pd? “Ancora non ci ho pensato”: così Pier Luigi Bersani ha risposto alla domanda che gli è stata proposta dai giornalisti. “Non sto pensando – ha aggiunto il leader del Pd – a tutti i particolari. Siamo ad un passaggio storico e anche i commentatori invece di guardare solo le increspature del mare dovrebbero riflettere sulle onde di fondo. Questa crisi porterà ad una scelta dirimente tra una destra populista ed antieuropea ed uno schieramento riformista, europeista ed ostile al populismo”.
Ferrero: “Un inciucio per perpetuare Monti” – Quello tra Bersani e Casini è un accordo non certo apprezzato nel resto della sinistra. Anzi “l’inciucio tra Casini e Bersani ha un solo significato: la prosecuzione all’infinito del governo Monti e delle sue politiche”, afferma il segretario del Prc Paolo Ferrero. “Che questo avvenga in virtù di una trattativa sulle massime cariche istituzionali o per convergenza di linee politiche, poco importa: il nodo – rileva – è che il governo Monti, lungi dal rappresentare una parentesi, è per il PD come per l’UDC un vero e proprio governo Costituente. Contro questo disegno noi siamo schierati dal primo minuto, ritenendo che le politiche di Monti rappresentano la malattia e non la cura. Contro questo disegno saremo schierati anche nelle elezioni e invitiamo Di Pietro e Vendola a scegliere con chiarezza: scegliamo l’alternativa di sinistra, contro questo centrismo recessivo che sta distruggendo l’Italia”.
 
26 giugno 2012
Pubblicato in euro

Crollano le vendite

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Crollano le vendite: -6,8% su base annua. E’ il dato peggiore da gennaio 2001

Ad aprile le vendite al dettaglio segnano un crollo del 6,8% su base annua, la caduta tocca anche il settore alimentare (-6,1%). Lo rileva l’ Istat, aggiungendo che un ribasso tendenziale così forte non si registrava almeno dal gennaio del 2001, ovvero dall’inizio della serie storica. Rispetto a marzo il calo è dell’1,6%. La caduta del 6,1% registrata dalle vendite al dettaglio del comparto alimentare ad aprile (dati grezzi), rispetto allo stesso mese 2011, è la più forte almeno da gennaio 2001. Quindi, come per le vendite totali, anche il settore ‘food’ segna il ribasso più marcato da oltre 11 anni.
Male anche il dato congiunturale –  In particolare, a confronto con marzo 2012, le vendite diminuiscono dell’1,5% sia per i prodotti alimentari sia per quelli non alimentari (dati destagionalizzati). Tuttavia nella media del trimestre febbraio-aprile l’indice resta comunque positivo, con un aumento congiunturale dello 0,2%. Su base tendenziale, se le vendite di prodotti alimentari diminuiscono del 6,1%, quelle del settore non alimentare scendono addirittura del 7,1%. Nella media dei primi quattro mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2011, la diminuzione è invece dell’1,6%, sempre con riferimento a dati tendenziali grezzi. Guardando alle diverse voci del ‘non food’, ad aprile variazioni tendenziali negative si registrano in tutti i gruppi, con i ribassi più marcati che riguardano: prodotti farmaceutici (-9,2%), abbigliamento e pellicceria (-8,9%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-8,6%).
In crisi i piccoli negozi – Piccoli negozi e botteghe di quartiere ad aprile hanno subito una forte contrazione delle vendite, pari all’8,6% su base annua. L’ente statistico misura così l’andamento del commercio al dettaglio nelle imprese operanti su superfici di dimensione ristretta. Ma è stato un aprile ‘nero’ pure per la grande distribuzione, che in termini tendenziali ha segnato una flessione del 4,3%. Basti pensare che hanno ceduto perfino i discount alimentari (-3%), che proprio durante la crisi avevano mostrato una buona tenuta.
Coldiretti: 6 su 10 tagliano spesa. Giù carne e frutta –  E` quanto emerge da una analisi della Coldiretti/Swg sulla base dei dati Istat relativi al commercio al dettaglio che evidenziano una caduta del 6,1 per cento del comparto alimentare ad aprile rispetto allo stesso mese 2011 che e’ la piu’ forte almeno da gennaio 2001. A crollare per la prima volta nel corso dell`anno – sottolinea la Coldiretti – sono anche le vendite nei discount alimentari (-3 per cento) oltre a quelle nella grande distribuzione mentre drammatica è la situazione nei piccoli negozi (-8,7 per cento). Il 59 per cento degli italiani va alla ricerca delle offerte 3 x 2 in misura maggiore rispetto al passato per effetto della crisi che di fatto – sottolinea la Coldiretti – hanno ridotto lo spreco di cibo nel 57 per cento dei casi anche riducendo le dosi acquistate (31 per cento).
Cresce la spesa alternativa – Dalle vendite porta a porta ai gruppi di acquisto solidale (Gas) fino alla spesa a chilometri zero direttamente dal produttore in netta controtendenza rispetto alle difficoltà del dettaglio tradizionale. Secondo una analisi della Coldiretti dalla quale parallelamente agli acquisti a domicilio aumenta anche chi preferisce fare la spesa direttamente dai produttori nelle aziende agricole o nei mercati di campagna amica dove hanno fatto la spesa oltre 9 milioni di italiani in un anno. Una tendenza positiva – sottolinea la Coldiretti – come quella registrata dalla vendita del cibo a domicilio che ha chiuso il 2011 con un aumento del giro d’affari del 3,4 per cento rispetto al 2010, assestandosi oltre 223 milioni di euro. Sono inoltre diventati oltre 800 – conclude la Coldiretti – i gruppi di acquisto solidale (Gas) strutturati presenti lungo tutto il territorio nazionale anche se una maggiore concentrazione si segnala in Lombardia, Toscana, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.
 
26 giugno 2012

Caselli “L’assalto alla giustizia continua”

Caselli: “L’assalto alla giustizia continua, anche con Monti al governo non cambia nulla”

di Antonella Loi
“L’assalto alla giustizia cominciato una ventina di anni fa non è finito e in ogni caso i suoi effetti rovinosi e devastanti possono resistere a lungo, almeno fino a quando la voglia di impunità della classe politica continuerà ad essere presente”. Come dire che se l’epoca di Silvio Berlusconi sembra essere tramontata, l’esercizio attivo della contrapposizione tra politica e magistratura tutt’altro. E neanche l’avvento di Monti ha segnato un’inversione di tendenza. Giancarlo Caselli, procuratore capo di Torino, autore del pamphlet (a tratti) autobiografico, Assalto alla giustizia (Melampo), spiega che il “berlusconismo” da un lato e la corruzione di parte della classe politica dall’altro, gli interessi incrociati e trasversali, fino alla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia – di cui però il magistrato, capo della procura di Palermo negli anni successivi alle stragi del ’92, non vuol parlare “per rispetto verso le inchieste in corso” – continuano a produrre humus: l’attacco mirato a ridurre l’indipendenza della magistratura, subordinandola possibilmente al potere politico, resta narrazione attuale.
Caselli, la cronaca di queste settimane sembra riportarci indietro nel tempo.
“E’ evidente. Finché il governo si limita a proporre specifici temi, quali il problema carceri, modifiche al processo civile, una nuova geografica giudiziaria con la redistribuzione degli uffici nel territorio, tutto va bene. Ma non appena il discorso comincia ad allargarsi a corruzione, concussione, falso in bilancio, responsabilità civile del magistrato, intercettazioni ecco che scoppia nuovamente la bagarre”.
L’istinto di autoconservazione della “casta” riemerge puntuale. Lei nel libro parla di “tossine sparse nella società italiana”.
“Prendiamo la questione della responsabilità civile dei magistrati: è un problema delicatissimo che invece di essere affrontato serenamente in un dibattito approfondito viene affrontato agitando lo strumento come una clava e quindi come minaccia all’indipendenza e ulteriore assalto alla giustizia”.
La responsabilità dei magistrati, alla fine, è rimasta indiretta.
“Il problema sta tutto lì: si è cercato di introdurre la responsabilità diretta per gli errori giudiziari che non c’è in nessun’altro Paese europeo. E qualcuno ha detto che su questo punto non avrebbe votato la fiducia. Di nuovo bagarre: tutte le volte che i temi sono sensibili e toccano interessi per i quali vale il principio della giustizia ‘à la carte’ o riguardano l’indipendenza della magistratura, l’epilogo è questo”.
Giustizia “à la carte”, che lei considera “un’idea tutta italiana diffusa in maniera capillare”, dalla quale non è immune la “fragile opposizione parlamentare”. Di questo senso di giustizia è corresponsabile il Pd?
“Nel mio libro ci sono pagine doverosamente dedicate anche al centrosinistra, che stava all’opposizione quando governava Berlusconi. Da parte loro di fronte all’assalto alla giustizia spesso nessuna convinta opposizione dialettica, fino al paradosso della rassegnazione, quando non addirittura di una certa voglia di omologazione e appiattimento sulle tesi, sugli slogan dell’avversario”.
Per esempio?
“Le leggi vergogna cancellate solo dall’intervento della Corte costituzionale, leggi ad personam mai cambiate, il responsabile Giustizia del Pd che pubblica il suo programma sul Foglio di Ferrara, l’insofferenza nei confronti dei movimenti di base che sollevano sacrosanti problemi legati alla giustizia, la stagione della bicamerale, fino al paradosso di non parlare letteralmente dei guai giudiziari del leader della maggioranza”.
Torna in auge anche il tema intercettazioni che in qualche modo ha coinvolto anche il presidente della Repubblica. 
“Dico solo una cosa: le intercettazioni sono come le radiografie che tutelano la salute e servono per vedere dentro, vedere meglio, scoprire ciò che altrimenti resterebbe ignoto a scapito della salute. Allo stesso modo le intercettazioni consentono di vedere in profondità sotto l’apparenza, la verità dei fatti, circostanze e responsabilità che altrimenti non verrebbero individuate. Le intercettazioni giudiziarie tutelano insomma la sicurezza e la salute sociale. Ridurle significherebbe ridurre la sicurezza dei cittadini. Perché qua, intendiamoci, si parla di assassini, stupratori, ladri estortori, trafficanti di droga, sfruttatori di prostitute, concussori, bancarottieri, usurai. Perché sacrificare la sicurezza collettiva sull’altare dei segreti pubblici o privati di qualcuno?”.
Nessun abuso quindi secondo lei?
“Io credo che non ce ne siano: e se anche ce ne fossero, non è che si butta via il bambino con l’acqua sporca. Si pulisce l’acqua se necessario”.
I No Tav la accusano di voler delegittimare il movimento con le sue inchieste.
“Accusa falsa e infondata. Come sempre si perseguono unicamente fatti specifici e persone singole, non movimenti. Il fatto grave riguarda le scritte sui muri di Torino e di altre città con insulti e minacce di morte. Il libro è uscito alla fine dello scorso anno ma è ‘profetico’: la giustizia ‘a la carte’ si sta estendendo anche attraverso a quelle scritte che già allora erano comparse e che poi si sono moltiplicate in maniera vigliacca e incivile”.
Le danno del mafioso.
“Quando mi occupavo di terrorismo con Dalla Chiesa mi davano del fascista, poi, una volta giunto a Palermo per contrastare la mafia, diventai comunista. Adesso, stando a quelle scritte infami, sono diventato addirittura mafioso. Una cosa che se non fosse per la violenza insita in queste parole, farebbe ridere per la totale ignoranza. E questo è accaduto perché la procura da me guidata applica la legge anche in Val di Susa, dove per mesi le forze dell’ordine sono state oggetto di assalti illegali: tirare massi e bombe carta non è manifestare. Ecco, è la legalità che diventa un paio di pantofole che si usano quando fa comodo”.
L’antidoto per difendersi dall’”assalto” esiste?
“Nel libro riporto modeste proposte, cose elementari a costo zero. La prescrizione: noi siamo l’unico Paese al mondo dove la prescrizione non si interrompe mai. Ovunque si interrompe quando viene esercitata l’azione penale o quando interviene la condanna di primo grado. Da noi mai. Ecco perché i processi non finiscono più, perché evidentemente conviene non farli finire. Ancora: le notifiche al difensore di fiducia sono un labirinto, sarebbe semplice modificarle rendendole più razionali, più logiche, solo per fare qualche esempio. Di giustizia si parla tanto ma poi non si fa nulla e, anzi, se ne vuole di meno per tutelare i propri interessi. Anche questo è un assalto alla giustizia”.
22 giugno 2012

Lavoro, duello Camusso-Fornero

LO SCONTRO

Lavoro, duello Camusso-Fornero
Il ministro: “Questa è una democrazia”

La leader della Cgil annuncia una protesta in piazza il 26 e 27 giugno contro un ddl che è “una pura bandierina ideologica”. Il governo pone  la questione di fiducia sulla riforma

Non si placa lo scontro fra il ministro del Lavoro Elsa Fornero e il leader di Cgil, Susanna Camusso. Cgil respinge la riforma del lavoro che “non risolve il problema della precarietà e non dà un contributo al problema degli ammortizzatori sociali”. Alla Camera è iniziata la discussione generale sulla riforma e il governo ha posto la questione di fiducia sulla riforma del mercato del lavoro. Lo ha annunciato nell’Aula della Camera il ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda. Intanto il sindacato ha annunciato una manifestazione. La votazione finale sul provvedimento è in calendario per mercoledì 27, alle 18.30. E proprio nello stesso giorno i sindacati saranno in piazza. Il 26 e il 27 giugno la Cgil – ha detto il numero uno della Cgil – sarà piazza contro una riforma del lavoro che è una pura bandierina ideologica”.

Immediata la risposta del ministro Fornero. “La Camusso faccia come crede. Questa è una democrazia. – spiega ai cronisti nel Transatlantico di Montecitorio – sarò contenta se riuscirò a dimostrare che qualcosa di buono questa riforma la fa in un tempo non troppo lungo. Poi, chiamare ‘bandierina ideologica’ un poco di contrasto alla precarietà è un linguaggio che non capisco”.

Art.18. Il nuovo articolo 18, contenuto nella riforma del lavoro, consente alle regole sul licenziamento di essere in linea con “gli standard europei” e e ha l’obiettivo di “togliere la scusa a chi ha sventolato la bandiera dell’articolo 18 per dire che non si investe. Adesso questa scusa non può essere utilizzata”, ha detto Fornero, che ha poi sottolineato: “Non abbiamo mai visto e interpretato l’articolo 18 in chiave ideologica: non appartiene alla cultura di questo ministro e credo anche di questo governo”. 

Monitoraggio su modello tedesco.
 “Mi impegnerò da subito per costruire un sistema di monitoraggio della riforma”, monitoraggio che deve essere ispirato dalla “serietà del monitoraggio fatto in Germania” che è “non solo serio, articolato e tempestivo, ma fatto su base scientifiche” e senza “atteggiamenti ideologici”.

Ddl discusso alla Camera. Dopo gli interventi dei relatori (Giuliano Cazzola del Pdl e Cesare Damiano del Pd) è in programma la discussione generale sul ddl che è già stato approvato dal Senato. ”Il voto favorevole della maggioranza è ampiamente condizionato all’impegno assunto dal governo di modificare il provvedimento in esame in tempi politicamente sostenibili”, ha ribadito Giuliano Cazzola. Sono meno di trenta i deputati che hanno partecipato alla discussione generale. Nei banchi del governo siedono il ministro del Lavoro, Fornero, il suo vice Michel Martone e il sottosegretario ai Rapporti con il parlamento, Giampaolo D’Andrea. 

In serata, dopo il voto su eventuali pregiudiziali di costituzionalità, il governo metterà quattro fiducie su 4 articoli e da domani inizieranno le votazioni. ”Ringrazio la Camera di aver accettato un procedimento accelerato che ha sacrificato la discussione in commissione per consentire una approvazione in tempi rapidi che consenta a Monti di partecipare al Consiglio europeo con la riforma approvata”, ha detto nell’Aula della Camera il ministro Fornero in replica sulla riforma del mercato del lavoro. Il governo ”ha svolto un dialogo con le parti sociali e con le commissioni parlamentari”, e la discussione ”è stata non ideologica, ma basata su problemi veri”. In serata la Camera ha votato contro le questioni pregiudiziali di costituzionalità al ddl lavoro presentate da Idv e Lega

Squinzi: “Riforma non basta. Disoccupazione drammatica”. La riforma del lavoro “non è esattamente quello che ci aspettavamo: ha diminuito la flessibilità in entrata senza aumentare realmente la flessibilità in uscita. Dobbiamo ancora lavorare”, ha detto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, all’assemblea di Federchimica a Milano. 

Paese muore di sommerso e corruzione

Lavoro/Ex pool mani pulite: Paese muore di sommerso e corruzione

Legalità sola condizione sviluppo; Speranza in minoranze evolute


      TMNEWS

Milano, 26 giu. (TMNews) – Strumenti investigativi smussati, o fortemente indeboliti; riforme giudiziarie fatte nell’interesse dei corruttori o dei concussi: economia drogata da un’illegalità di massa e crescita bloccata soprattutto da corruzione e mafia, ormai, in questa Italia del 2012, “componenti della costituzione materiale del Paese”. E’ il quadro della legalità in Italia, tratteggiato ieri sera, con la forza della testimonianza diretta e con dati alla mano, dai magistrati protagonisti dei grandi processi degli anni Novanta, riuniti a convegno a Milano.

A vent’anni da Tangentopoli, lo stato della legalità, in Italia, se possibile, è peggiorato; rimane aperto il nodo dei rapporti tra mafia e politica. “Le aristocrazie mafiose si stanno integrando nella società come borghesia produttiva” e se un sottosegretario è condannato in primo e secondo grado, a differenza della Prima repubblica, non si dimette. Con contraccolpi pesantissimi sull’economia del Paese. Che si trova nello stato attuale non per mancate riforme liberalizzatrici ma per la zavorra insostenibile della corruzione e del sommerso. E “se in Italia c’è crescita zero – osserva uno dei magistrati del pool Mani pulite, Piercamillo Davigo – ciò deriva principalmente dalla criminalità economica. Perché con il trenta per cento di Pil di sommerso, significa che questo Paese sta morendo per evasione fiscale”.

I magistrati dell’ex pool Mani Pulite si sono riuniti a Milano nella giornata dell’anteprima del festival dedicato ai temi dello sviluppo e dell’occupazione: “Le cinque giornate del lavoro”, con 25 eventi e oltre cento ospiti, che si terrà da oggi al 29 giugno a Palazzo Reale a Milano. Ospiti, oltre al sociologo Nando Dalla Chiesa, alcuni ex giudici di Milano: Piercamillo Davigo, Antonio Di Pietro, Francesco Greco; e Roberto Scarpinato, del pool Antimafia di Palermo, attuale procuratore generale a Caltanissetta.

(segue)

 
 

Turchia e Siria sull’orlo della guerra

Turchia e Siria sull’orlo del conflitto. Ankara chiede consultazioni Nato. Ruolo dell’Onu?

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Dopo l'attacco siriano, la Turchia chiede consultazioni Nato in base art. 4. Si cerca di evitare il conflitto. Ruolo dell'Onu?. Nella foto il primo ministro turco, Tayyip Erdogan, e il presidente siriano Bashar Assad (Ansa)Dopo l’attacco siriano, la Turchia chiede consultazioni Nato in base art. 4. Si cerca di evitare il conflitto. Ruolo dell’Onu?. Nella foto il primo ministro turco, Tayyip Erdogan, e il presidente siriano Bashar Assad (Ansa)

La Nato, su richiesta di Ankara, ha convocato per martedi un incontro a Bruxelles per discutere dell’abbattimento di un caccia turco da parte della contraerea siriana e delle possibili reazioni del Patto Atlantico. La richiesta turca e’ stata inoltrata invocando l’articolo 4 del Patto Atlantico, secondo cui un attacco contro un paese membro dell’alleanza e’ un attacco contro tutti. Polveriera mediorentale a rischio di esplodere, dunque?

Sulla carta – e nel contesto delle tensioni per i massacri siriani – la notizie potrebbe dare l’idea di un attacco contro Damasco. Autorevoli fonti diplomatiche raccolte da il Sole 24 Ore tuttavia escludono un’azione militare – “immediata o imminente” – e suggeriscono invece un coinvolgimento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per considerare nuove sanzioni contro Damasco, quelle sì il possibile preambolo di un intervento esterno per “prevenire gli eccidi di una guerra civile in Siria”. La Francia e gli Stati Uniti avevano chiesto un incontro del consiglio di Sicurezza contro la Siria dopo i più recenti eccidi per mano dal governo di Bashar Assad già un paio di settimana fa. Ieri si è aggiuntoil ministro degli esteri britannico Hague, questa volta aggiungendo il dossier attacco contro la Turchia. La Siria ha a sua volta reagito denunciando ieri che “terroristi” si inflrtano nel suo territorio in arrivo dalla Turchia.

 
 

Siamo tuttavia ancora nel mezzo di una partita diplomatica a tutto campo, difficile, certamente pericolosa. Una partita che va molto oltre Siria e il recente attacco contro il caccia turco. Una partita che che mette in gioco lo scudo antimissile formalizzato durante il recente vertice Nato di Chicago, l’intero scacchiere mediorentale, la Russia, strenuo difensore di Damasco e l’Iran, alleato siriano, a sua volta controparte di un inconcludente negoziato per le sue palesi violazioni degli accordi contro la proliferazione nucleare.

Cominciamo dai fatti più recenti. La Turchia ha chiesto oggi la convocazione di una consultazione della Nato in base all’Art. 4 dopo l’abbattimento di un suo caccia Phantom F-4 da parte della contraere siriana. La richiesta è stata accolta. In preparazione degli incontro di martedì, Il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu ha ammesso, sempre oggi, che il caccia ha in effetti violato le acque territoriali siriane, ma solo brevemente e certamente non in profondità. Il ministro turco ha anche sottolineato che quando è stato abbattuto il caccia turco era in acque internazionali e non è mai stato avvertito. La Siria sostiene che il caccia era in acque territoriali siriane e che la contraeare ha agito senza conoscere l’identità dell’aereo.

Ma per dare un quadro completo della complessità della situazione, occorre rilevare che il caccia era decollato dalla base turca Malatya-Erhac la sede del nuovo sistema radar anti-missile che dovrebbe proteggere l’Europa da possibili attacchi nucleari iraniaiani. I nuovi sistemi antimissile sono stati formalmente approvati durante il vertice della Nato di Chicago del 20 /21 maggio scorso. In quell’incontro si è formalizzato che quattro paesi membri, Turchia, Polonia, Spagna e Romania ospiteranno basi radar per intercettare i possibili attacchi dei missili e piattaforme di lancio per missili antimissile. Il sistema tuttavia non sarà pronto nella sua forma completa prima del 2018.

A Chicago, quando ho seguito il vertice Nato, ho percepito la forte tensione attorno alla vicenda antimissile anche perchè due giorni prima, con un plateale gesto di freddezza/protesta (proprio in contestazione del successivo vertice Nato) il leader russo Vladimir Putin aveva disertato il vertice del G8 a Camp David e aveva inviato in sua vece il primo ministro Dimitri Medvedev. La questione dello scudo antimissile e’ uno dei grandi contenziosi Est/Ovest, ha riacceso polemiche, minacce di ritorsioni recproche e venti di guerra Fredda fra Washington e Mosca. La Russia protesta. Sostiene che il rischio di attacchi nucleari iraniani, molto lontani nel tempo, siano una scusa e afferma che non solo il sistema altera gli equilibri centrali della deterrrenza, ma può essere puntato contro gli arsenali nucleari russi.

Vladimir Putin sta per arrivare in Medio Oriente dove avrà incontri storici anche in Israele. Il leader russo si rende conto che con gli sviluppi recenti su Siria e Iran, rischia di perdere due alleati chiave nel contesto del calderone mediorentale. Vuole dare un forte messaggio non solo di presenza, ma anche di inevitabilità di un ruolo centrale di Mosca nella regione, sia adesso in fase negoziale, che dopo se e quando la questione Siria/Iran si sarà stabilizzata. Possibile che l’attacco contro il caccia turco sia stato deciso dalla Siria dopo una consultazione con Mosca, suo grande alleato, che mantiene nel paese mediorentale una base navale? E l’Iran ? Di sicuro continua a svolgere un ruolo centrale in questa partita. Ora la Russia suggerisce un gruppo di contatto con la Siria e chiede, con una provocazione inaccettabile per Washington, che Teheran faccia parte dei negozati.

Sul fronte atomico poi, Teheran procede rapidamente nel processo di arricchimento dell’uranio per poter armare testate nucleari. Lo sviluppo preoccupa Israele, che minaccia un attacco contro i centri nucleari iraniani. L’America è riuscita ad ottenere sanzioni contro l’Iran dal consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha convinto Israele ad attendere. Le sanzioni partiranno ai primi di luglio. Nel frattempo il gruppo 5+1 sta negoziando senza successo con Theran un accordo per consentire agli ispettori della Iaea di avere accesso agli impianti iraniani e verificare quel che sostiene Theran e cioe’ che gli impianti nucleari hanno unicamente uno scopo pacifico. L’ultimo incontro a Mosca, in coincidenza con il G20 di Los Cabos, si è chiuso con un nulla di fatto. E le sanzioni contro Theran partiranno fra una settimana circa. Avranno davvero conseguene? Serviranno a bloccare lo sviluppo di armi atomiche? La risposta, ovvia è no. L’Iran è ormai vicinissimo a poter armare una bomba atomica. Che cosa farà Israele in questo contesto se i negoziati del 5+1 (le grandi potenze più la Germania) con l’Iran falliranno del tutto. E’ questa la seconda polveriera mediorenatale che potrebbe esplodere. Con quali conseguneze sulla fragilità psicologica dei mercati, già messa a dura prova dalla crisi finanziaria?