Draghi: “Non migliora l’economia reale”

Draghi: “Non migliora
l’economia reale”

“Tagliare la spesa, tasse già alte”

Il presidente Bce: “Necessari ancora sforzi considerevoli”. E sul sistema bancario: “Mps caso isolato, difficoltà frutto di attività criminale”

 
Mario Draghi (Ansa)

Mario Draghi (Ansa)

Bruxelles, 18 febbraio 2013 – “Non c’è ancora un miglioramento dell’economia reale, sebbene ci siano segnali di stabilizzazione”: così Mario Draghi al Parlamento Ue. Per vedere una “graduale ripresa” si dovrà aspettare “la seconda metà dell’anno”, ha aggiunto il presidente Bce di fronte alla commissione Affari economici e monetari.

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La situazione oggi “è più stabile” grazie alle riforme condotte nei vari paesi e alle azioni delle istituzioni europee. Però devono essere fatti “notevoli sforzi” per riemergere dalla crisi “per ricreare fiducia tra investitori e cittadini e ristabilire stabilità e crescita”, ha continuato Draghi durante un’audizione all’Europarlamento. Nell’area euro “siamo entrati nel 2013 in un contesto più stabile, rispetto a quelli degli ultimi anni, grazie alle riforme concertate tra i governi e alle azioni decisive adottate dalle istituzioni europee”.

I rimborsi delle banche dei prestiti Ltro alla Bce “sono stati superiori alle attese”, ha continuato. “Il tasso di cambio non è un obiettivo politico, ma un elemento importante per la stabilità dei prezzi”. “L’apprezzamento dell’euro è un rischio – ha aggiunto – Il comunicato finale del G20 non è deludente”.

Le tasse dell’Eurozona “sono già molto alte”.  Secondo Mario Draghi per mitigare gli effetti del consolidamento fiscale “la chiave sono i tagli alla spesa, non gli aumenti delle tasse“. 

CASO MPS – Il presidente della Bce è anche intervenuto su Mps, che resta comunque un “caso isolato”, ma la cui  difficile situazione “non è solo questione di gestione bancaria ma anche di attività criminale”. Interpellato da un parlamentare sullo stato di salute del sistema bancario italiano, Draghi ha sottolineato come “la reazione alla prima fase della crisi fu solida” e che “le banche italiane non ebbero bisogno di sostegno pubblico come in altri paesi”, a eccezione di “casi isolati come Mps, dove il problema non è stato però legato tanto alla gestione quanto a condotte criminali”. “Non dimenticatevi che sono io ad aver mandato le due ispezioni a Mps”, ha aggiunto.

In questo momento, invece le banche italiane “stanno soffrendo per il protrarsi della recessione”, ma “i maggiori istituti sono ben capitalizzati”. “Ora stiamo assistendo agli effetti di una recessione prolungata”, ha spiegato Draghi: “Il sistema mostra un po’ di fragilità perché si iniziano a vedere gli effetti dei prestiti in sofferenza o di tassi di interesse tenuti bassi per lungo tempo; le banche però sono ben capitalizzate”.

MPS – LE AMNESIE DI MONTI SUL MONTE

MPS – LE AMNESIE DI MONTI SUL MONTE

 

di Elio Lannutti [12/02/2013]

 

Dopo lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena, bisognerebbe imporre un limite alla decenza, visto che il presidente Mario Monti, strapagato consulente di Goldman Sachs, si permette di dare lezioni di etica bancaria; il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, afferma di essere stato ingannato; l’amministratore delegato della banca senese, Fabrizio Viola, impiega 12 mesi 12 per aprire una cassaforte; il presidente, Alessandro Profumo, minaccia di querelare chiunque ricordi il suo status di pregiudicato (ossia in attesa di giudizio) per frode fiscale ai danni dello Stato nella famosa elusione Brontos-Unicredit; esponenti politici – PD in testa – sostengono di aver combattuto i derivati tossici. Chiunque abbia dimestichezza con un bilancio consolidato di banche e/o società quotate in borsa, sarà saltato dalla sedia, dopo aver ascoltato, a reti unificate e sui mass media, le difese d’ufficio interessate ed un gioco allo scaricabarile, indecoroso ed irresponsabile, architettato dal triangolo della frode a danno di piccoli azionisti, lavoratori e contribuenti, costituito da Bankitalia, CONSOB e Monte dei Paschi di Siena.

La Banca d’Italia dispone di un esercito di 7.500 dipendenti e di un Ufficio di Vigilanza, diretto fino a poco tempo fa dalla signora Anna Maria Tarantola, promossa per meriti speciali alla presidenza RAI dal senenatore Monti su istruttoria del ministro dell’Economia Vittorio Grilli. Quel Grilli (che, dal canto suo, chiedeva i suoi buoni uffici a Massimo Ponzellini, arrestato nell’affaire Banca Popolare di Milano, per diventare governatore di Bankitalia), ha avuto una bella faccia tosta nell’affermare che «la vera natura di alcune operazioni riguardanti Monte dei Paschi riportate dalla stampa è emersa solo di recente, a seguito del rinvenimento di documenti tenuti celati all’Autorità di Vigilanza e portati alla luce dalla nuova dirigenza di MPS», sfuggiti all’ispezione 2011-2012.

La CONSOB, all’epoca dei fatti, era presieduta da Lamberto Cardia, il cui rampollo Marco è stato beneficato da milioni di euro di consulenze pagate dalle società vigilate, banche in primis, come risulta dagli atti giudiziari. CONSOB – folgorata sulla via di Damasco da Giuseppe Vegas, ex viceministro dell’Economia (al timone Giulio Tremonti) abituato a prendere ordini da Mediobanca per eludere l’opa Fondiaria-Unipol, con la finalità di frodare gli azionisti di minoranza – si è ricordata di aver chiesto di estendere l’ispezione alle operazione su prodotti strutturati che – come ha sottolineato Viola – «sono operazioni complesse caratterizzate da strutture contrattuali altrettanto complesse». Viola e Profumo avevano presieduto ben due assemblee degli azionisti, il 27 aprile ed il 9 ottobre 2012; il primo ha impiegato oltre un anno solo per accorgersi dell’esistenza di una cassaforte contenente documenti segreti, e oggi afferma che né Banca d’Italia, né CONSOB erano state informate su Alexandria. Un fondo, questo, abilmente strutturato, oggetto di attenzione di Paolo Mondani nella puntata di Report del 6 maggio 2012 dal titolo: “Il Monte dei Fiaschi”. Sottolinea Mondani: «Il rapporto Audit numero 460 del 2009, interno a Banca MPS, “vede” Alexandria e ne segnala tutti i rischi potenziali. A pagina 5 dell’allegato sulle controllate e le filiali estere, Alexandria viene descritta con precisione così come tutto il portafoglio titoli delle filiali estere».

La favoletta di Bankitalia – che si iscrive a pieno titolo negli annali dell’umorismo involontario, un vero e proprio boomerang nell’affermare la propria totale inutilità (ed allora va sciolta), quando ammette di essere “stata ingannata” – non attenua le sue gravissime responsabilità nel nulla osta all’acquisizione di Antonveneta, costata nel novembre 2007 oltre 9 miliardi di euro, 3 in più di quanto non l’avesse pagata Santander. L’ex governatore di Bankitalia ed attuale presidente della BCE, Mario Draghi, non aveva l’obbligo di valutare la stabilità di MPS ed un destino segnato verso il crack, per un prezzo così gonfiato e assurdo? E per essersi infarcita di derivati tossici, al fine di “fronteggiare” – si fa per dire – il massiccio indebitamento?

L’intervista del governatore Visco pubblicata da Repubblica e firmata da Elena Polidori, uno dei giornalisti più fedeli nel riportare umori, indiscrezioni e veline della Banca d’Italia già dai tempi dell’ex numero uno Antonio Fazio, è umorismo involontario, da iscrivere agli annali delle barzellette, oppure è un boomerang, che non mancherà di essere riscontrato dalle Procure, che a differenza del passato, quando giudicavano invalicabile il sepolcro imbiancato di via Nazionale, ora finalmente accendono i riflettori su Bankitalia e CONSOB per omessa vigilanza. Visco sostiene che «la Banca d’Italia non può entrare nei forzieri degli Istituti. Il suo compito è curare la sana e prudente gestione di una banca, occuparsi di mantenere la corretta conduzione del sistema bancario. Interviene quando riscontra anomalie. Ed è proprio quello che abbiamo fatto».

È falso che Bankitalia non possa entrare nei forzieri degli istituti di credito, come risulta a chiunque abbia lavorato in banca e subito una ispezione. Gli ispettori hanno accesso a tutti i documenti e le casseforti (eccetto le cassette di sicurezza) a semplice richiesta per riscontrare eventuali dubbi ed anomalie contabili, ed i funzionari hanno l’obbligo di adempiere, pena durissime sanzioni: come mai il governatore Visco non è informato? Se Bankitalia avesse curato la sana e prudente gestione di un istituto, non avrebbe rilasciato il nulla osta, nell’autunno del 2007, al MontePaschi (in una fase di piena turbolenza dei mercati e di crisi sistemica, iniziata il 7 luglio 2007 con lo scoppio della bolla dei subprime), per acquisire Antonveneta. L’analisi prudenziale ed asettica, di una Banca d’Italia indipendente e non succursale subalterna (non solo nell’azionariato) agli interessi di banche e banchieri, avrebbe bocciato un’acquisizione priva dei requisiti minimi di capitali propri, tali da richiedere robuste ricapitalizzazioni, un colossale indebitamento ed un percorso segnato verso la bancarotta (a prescindere dalle eventuali tangenti pagate, che saranno accertate dai magistrati). «La Banca d’Italia – ha aggiunto Visco – ha fatto delle ispezioni su MPS e ha rilevato problemi nella gestione della liquidità. Non siamo i poliziotti delle banche, ma interveniamo quando la gestione sembra imprudente. Sbaglia chi adombra una mancanza di supervisione. Via Nazionale non ha nulla da nascondere».

Non spiega, il Governatore, perché mai l’ispezione interna MPS del maggio 2009, come accerterà Bankitalia un anno dopo, «si concludeva con giudizio positivo, non valutando adeguatamente l’inosservanza del limite di liquidità strutturale, i rischi degli investimenti di desk e gli effetti dello swap a variabile di passivi a tasso fisso in contesto già in peggioramento», e come sia stato possibile – senza essere per questo poliziotti delle banche (ma allora quali sono compiti e funzioni?) – l’occultamento di poste contabili riportate nei bilanci.

Leggendo gli atti ispettivi su MPS del maggio-agosto 2010 (la cui relazione della Vigilanza di Bankitalia, diretta dalla Tarantola, è firmata da Vincenzo Cantarella, Biagio De Varti, Giordano Di Veglia, Angelo Rivieccio, Federico Pierobon, Omar Qaram), emergono risultanze parzialmente sfavorevoli, sia sulla regolamentazione delle operazioni finanziarie, che sulla mancanza di competenza nella capacità di gestire i rischi assunti, con il Risk management che non riscontra le valorizzazioni dei fondi hedge e di private equity, né le posizioni detenute da numerose controllate estere. La turbofinanza di Cdo e derivati che hanno truccato i bilanci, rinviando le perdite (che venivano trasformate in utili), con le operazioni Fresh, Santorini, Casaforte, Alexandria, non poteva sfuggire a Bankitalia e CONSOB, così come l’accordo con Deutche Bank Londra (il contratto Santorini), che comportò a fine 2008 l’acquisto di 2 miliardi di BTP, legati a finanziamenti il cui costo dipendeva da variabili spiccatamente aleatorie.

All’assemblea degli azionisti MPS svoltasi a Siena a fine aprile, il dottor Tommaso di Tanno, studioso eminente delle scienze tributarie e membro del collegio sindacale di MPS, rispondendo ad una domanda di un piccolo azionista aveva espresso dubbi sul prezzo pagato per Banca Antonveneta: «Il valore patrimoniale della Banca era di 2,3 miliardi e fu acquistata per 9 miliardi». Dopo la trasmissione di Report del 6 maggio (su cui peraltro si scagliò l’indignazione del sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi, che avrebbe verificato la possibilità di adire le vie legali contro una rappresentazione «molto lontana dalla realtà» e «gravemente offensiva»), scattarono i sequestri della Guardi di Finanza su mandato della Procura di Siena.

Nell’atto di sindacato ispettivo 3-2846 del 10 maggio 2012, descrivevo “Il sistema Siena”, un sistema di potere trasversale con al centro MPS e Siena, che coinvolge tutti gli apparati, dai mass media alle istituzioni locali laddove – come provato dalle testimonianze rese a Report – logge massoniche condizionano e si infiltrano nelle istituzioni, compresa la magistratura, con pratiche e comportamenti spesso illegali, che mettono alla gogna qualsiasi voce critica fuori dal coro. Quel sistema aveva causato in quei giorni il licenziamento in tronco di Mauro Tedeschini, direttore de La Nazione, colpito per aver rispettato il diritto di cronaca ed aver osato muovere fondate critiche ad un sistema secolare di potere esercitato dalla più antica banca e che ruota attorno alle fondazioni bancarie, combriccole di amici che si cooptano a vicenda con criteri oscuri ed amicali, adusi a non rendere conto ad alcuno del loro operato.

La rimozione di Tedeschini rappresentava un grave sintomo delle storture che affliggono il sistema informativo, nonché un grave colpo alla dignità di un direttore che aveva condotto il giornale a conseguire significativi successi nelle vendite. Ostacolando la libertà di stampa si mette in gioco quel soggetto fondamentale delle democrazie occidentali che è la pubblica opinione, ciò che distingue un regime da un sistema aperto, con un libero mercato del consenso basato sulla trasparenza e sull’accesso alla conoscenza e all’informazione libera.

Nell’atto parlamentare chiedevo quindi se risultasse al governo l’esistenza di un “sistema Siena”, basato su una ferrea gestione del potere economico-finanziario, impersonato dal presidente dell’ABI Giuseppe Mussari, che avrebbe ricambiato con la designazione di Alessandro Profumo al vertice di MPS l’appoggio che Unicredit offrì a suo tempo per scalare l’associazione bancaria, sistema che viene considerato un pericolo per la legalità. Ancora, interpellavo il governo Monti per sapere se le logge massoniche, molto attive a Siena, condizionino l’operato delle banche e del sistema economico finanziario, assai prodigo nel favorire i propri adepti con affidamenti disinvolti e spesso incauti girati a sofferenza, ma avaro nell’offrire la liquidità necessaria a chi voglia intraprendere iniziative per riattivare il ciclo economico depresso.

Dobbiamo chiederci se sia stata la massoneria a condizionare le attività economiche, bancarie, finanziarie e di amministrazione della giustizia nell’ultimo decennio a Siena, e se tra le attività delle logge operanti in Toscana non vi siano residui della P2 di Licio Gelli, che aveva la finalità di scardinare l’ordinamento democratico per sostituirsi allo Stato di diritto fondato sulla Costituzione repubblicana. Bisognerà inoltre accertare se la scelta di acquistare Antonveneta ad un prezzo superiore a quello di mercato, dopo aver effettuato analoga operazione con l’ex Banca del Salento denominata Banca 121, sia stata determinata da apparati esterni agli interessi del MPS, di cui avevo chiesto fin dallo scorso anno il commissariamento urgente.

Bankitalia sapeva di queste operazioni rischiose e di Cdo tossici, CONSOB sapeva perché erano iscritte a bilancio, tutti sapevano e non hanno mosso un dito per garantire piccoli azionisti e lavoratori dal crack MPS. Adusbef è da quasi trent’anni impegnata a fare le pulci a banche ed al patto scellerato ABI-Bankitalia-CONSOB-banchieri sempre più a braccetto per frodare risparmiatori, consumatori-utenti. Per aver denunciato i derivati avariati di Unicredit alle Procure, Adusbef subì la rappresaglia della sanzione CONSOB, su mandato di Profumo, per turbativa di mercato, ritenendo offensiva la storiella dei “documenti nascosti”, preoccupata dei contratti derivati tossici nei bilanci delle banche, 220 miliardi di euro che sfuggono così facilmente alle ispezioni di Bankitalia.

Perciò ora Adusbef ha presentato ulteriori esposti alle Procure, chiedendo di valutare negligenze, connivenze, omessa vigilanza, falso in bilancio e responsabilità dirette di Bankitalia ai tempi di Mario Draghi-Tarantola e del presidente CONSOB Lamberto Cardia.

Mps: fermato l’ex responsabile dell’area finanza Baldassarri, gravi indizi e pericolo fuga

Mps: fermato l’ex responsabile dell’area finanza Baldassarri, gravi indizi e pericolo fuga

Ansa

(ANSA) – ROMA, 14 FEB – L’ex capo dell’area finanza di Mps Gian Luca Baldassarri è stato fermato dalla guardia di finanza. Il fermo per ‘gravi indizi di colpevolezza raccolti a suo carico e per un concreto pericolo di fuga dell’indagato’.

Perquisizioni in corso a Milano in abitazioni private nella disponibilita’ di Gian Luca Baldassarri, fermato questa mattina nel capoluogo lombardo dal nucleo speciale di polizia valutaria delle Fiamme Gialle. e disposte dalla magistratura di Siena nell’inchiesta su Mps. Il fermo di Gian Luca Baldassarri, ex responsabile dell’area finanza del Monte dei Paschi di Siena, è stato operato da militari del nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza per gravi indizi di colpevolezza raccolti a suo carico e per un concreto pericolo di fuga dell’indagato.

 

Secondo quanto si apprende a Siena, da fonti vicine all’inchiesta, le perquisizioni che sono in corso a Milano riguarderebbero, tra gli altri, anche l’ex capo dell’area finanza di Banca Monte dei Paschi di Siena, Gianluca Baldassarri.

La Procura di Siena, che nel filone che riguarda Baldassarri procede per associazione per delinquere e truffa aggravata ai danni della Banca Mps, ha fatto sequestrare nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza circa 20 milioni di euro che l’ex responsabile dell’area finanza della banca senese, fermato a Milano, aveva affidato – secondo l’accusa – a due società fiduciarie, la Galvani Fiduciaria e la Compagnia Fiduciaria Nazionale. Prima depositata all’estero, la somma – sempre secondo gli inquirenti – era stata fatta rientrare in Italia attraverso lo scudo fiscale. I pm titolari dell’inchiesta Giuseppe Grosso, Antonino Nastasi e Aldo Natalini ritengono sicura la provenienza illecita di quel denaro e di altre somme (per un totale di oltre 40 milioni di euro) sequestrate a Baldassarri e ad altri indagati. Sempre secondo i pm di Siena, quelle somme “costituiscono prova del commesso reato in quanto oggetto delle operazioni illecite condotte all’interno dell’Area Finanza della Banca Mps, attraverso riconoscimenti illegali e paralleli veicolati nell’ambito di operazioni diversamente denominate intrattenute con collaterali, tenuto conto anche della sproporzione degli importi scudati rispetto alle entrate ufficiali” di Baldassari e degli indagati e a tutte le altre fonti di reddito a loro riconducibili.

“BANCHIERI TROPPO IMPORTANTI PER ANDARE IN PRIGIONE”

“BANCHIERI TROPPO IMPORTANTI PER ANDARE IN PRIGIONE”

 

di Massimo Mazzucco

 

Fonte Global Research

 

Già ci stiamo abituando al concetto di “banca troppo grande per fallire”, che è stato usato spesso, negli ultimi anni, per salvare i grossi gruppi bancari (es. Lehman Borthers) con nuovi finanziamenti ex-nihilo da parte del governo americano.

Ma ora spunta anche il concetto di banchiere “troppo importante per andare in prigione”.

Non stiamo scherzando: è questa la motivazione usata dal Ministero di Giustizia americano per spiegare il mancato rinvio a giudizio dei dirigenti della banca HSBC, dopo che una commissione senatoriale ha accertato la sua estesa attività di riciclaggio di denaro criminale a livello mondiale.

La HSBC conta più di 7.000 sedi in 80 Paesi diversi, e nel 2011 ha denunciato un profitto di 22 miliardi di dollari. La commissione senatoriale ha scoperto che la HSBC aveva una rete di 1.200 filiali che “fornivano a gruppi del crimine organizzato servizi in dollari americani, compreso servizio di trasferimento fondi, scambio di valuta, strumenti monetari ed altri tipi di transazioni finanziarie”.

“La HSBC – ha concluso la commissione – è stata il principale condotto finanziario attraverso il quale veniva riciclato il denaro sporco dei cartelli di droga colombiano e messicano”.

L’applicazione dei regolamenti sul controllo contro il riciclaggio era talmente “rilassata”, in alcune filiali della HSBC in Messico, che c’erano addirittura degli sportelli riservati appositamente ai trafficanti di droga. Costoro arrivavano a depositare anche centinaia di migliaia di dollari nello stesso giorno, senza che scattasse nessun controllo.

I media americani hanno dato grande risalto al rapporto della commissione senatoriale, strombazzando ai quattro venti che la HSBC è stata condannata a pagare una multa di quasi 2 miliardi di dollari – la più alta multa mai comminata ad una banca per infrazioni di questo tipo.

Quello che è passato inosservato è il fatto che nessuno dei responsabili di questa colossale operazione criminale sia stato rinviato a giudizio.

Come ci informa il New York Times, il Ministero di Giustizia “ha deciso di non perseguire la HSBC nel caso di riciclaggio poiché teme che l’azione penale potrebbe mettere in pericolo una delle più grandi banche del mondo, arrivando a destabilizzare il sistema finanziario globale”.

Il Daily Telegraph ha commentato che “le grandi banche sono diventate troppo grosse per essere portate in tribunale, a causa dell’impatto che l’azione penale avrebbe sulla fiducia che si nutre verso di loro”.

La “fiducia” naturalmente non è quella del normale cittadino, il quale continua a rischiare la galera se ruba una mela o se viene trovato con in tasca uno spinello, ma è quella delle grandi organizzazioni criminali, per le quali le banche internazionali sono diventate ormai un mezzo di supporto assolutamente indispensabile.

MPS: MUSSARI PARLERA’ MA NON OGGI, LA BANDA DEL 5%, LA TALPA E LA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA

MPS: MUSSARI PARLERA’ MA NON OGGI, LA BANDA DEL 5%, LA TALPA E LA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA

 

 

Che ci siano commissoni sulle varie operazioni finanziare, anche se non sarebbe lecito e che tutta la finanza da sempre ruoti prevalentemente su bond e derivati, e’ noto a tutti, e’ come scoprire l’acqua calda. Che Mps fosse collegata al Pd, tramite la Fondazione che nominava i suoi vertici lo stesso. Che il Monte avesse rapporti anche con il centrodestra (tutti gli uomini di affari cercano di allacciare rapporti bipartisan, soprattutto in tempi dove, a differenza di prima, puo’ cambiare il quadro di riferimento in un giorno, quello delle elezioni), che molti uomini politici avessero dei conti al MPS lo stesso. Che molti di questi hanno ottenuto favori, specie sotto forma di mutui molto, ma molto agevolati, per comprare tenute, ristruttare o magari avviare qualche piccola azienda pure. Altra cosa nota e’ che  il MPS, per il rapporto privilegiato con il Pd, sia stato in qualche protetto anche. Cose che succedono in tutti i paesi del mondo occidantale, pure in questo caso una vera e propria globalizzazione. E’ stato lo stesso senatore Nicola La Torre, questa mattina a canale5 a dichiarare l’assoluta estraneita’ del Pd alla vicenda ma anche che molti politici hanno dei conti nella banca senese. Intanto oggi Mussari e’ arrivato in procura a Siena, ha detto di essere disposto a parlare, ma non oggi, solo quando ci sara’ anche il suo secondo avvocato, Tulluio Padovani, che aveva gia’ altri impegni. Come in tutte le spy story c’e’ anche la talpa, con tanto di registrazioni (temeva il licenziamento), tale Rizzo, ex funzionario della banca d’affari Dersdner. Alla Gdf di Roma ha riferito che c’era una “banda del 5% che prendeva una perfentuale su ogni operazione e che c’erano pagamenti riservati da parte dei vertici Mps, insomma le soilite tangenti. Intanto i riflettori dei Pm sono puntati sull’acquisizione di Anonveneta e sui derivati Alexandria. Ma se si va a spulciare al MPS, come del resto in tutte le altre grandi banche, di roba non propiamente lecita c’e’ ne tanta, a partire da a chi si danno i presti e a chi no e con quali interessi. Potrebbero spuntare dati che definire “vergognosi” sarebbe un eufemismo.

CRISI EURO E CRISI MPS: LA GOVERNANCE ESTRATTIVA

CRISI EURO E CRISI MPS: LA GOVERNANCE ESTRATTIVA

 

di Marco Della Luna

 

Fonte: http://marcodellaluna.info

Link: http://marcodellaluna.info/sito/2013/01/29/crisi-euro-e-crisi-mps-la-governance-estrattiva/

 (di questo articolo sono circolate diverse bozze – questo testo è quello autentico)

 

Premesso che fatti e accuse devono ancora essere accertati, il caso MPS (come raccontato, e salva la verifica di realtà, che è in corso) è la regola: colui che ha disponibilità dei soldi degli altri, tende naturalmente a prenderli per sé o per i soci, direttamente o attraverso teste di legno. Ciò avviene sia nel management delle banche, che delle altre imprese, che degli enti pubblici. Avviene anche nei governi. Avviene ai danni degli azionisti, dei risparmiatori, dei dipendenti, dei contribuenti, dei cittadini. È un modello estrattivo (ossia saccheggiatore) di gestione del potere, di governance, che si sta affermando universalmente. Pensiamo al caso di quei governi che, coi crismi della legge, tassano i loro cittadini per assicurare profitti speculativi a banchieri stranieri.

La storia del compagno Giuseppe Mussari, come raccontata da mass media e talk shows, con gli scandali Antonveneta, Santorini, Alexandria, Casaforte, Ampugnano, liar loans (cioè mutui concessi largamente a chi si sapeva che non li avrebbe rimborsati), è una tipica storia di bancarotta mediante una testa di legno: si mette una persona di fiducia a spolpare una società e a prendersi tutte le colpe, mentre il malloppo va in tasca ad altri, meno il compenso per la testa di legno. Quindi è di primaria importanza andare a vedere a chi è andato il malloppo effettivamente.

Mussari non aveva una formazione finanziaria: era un avvocato penalista di origine calabrese, che si era distinto come fedele del PCI-PDS-DS-PD e come difensore di suoi amministratori locali senesi. Fu nominato nel 2006 a presidente del MPS dalla Fondazione MPS che, su 16 consiglieri, ne ha 13 nominati da Comune, Provincia, Regione – enti da sempre in mano al PCI e succedanei. Fino al maggio 2007 rimane però consigliere della Fondazione. Non appena nominato presidente di MPS, avviò i noti affari. Nel corso della sua permanenza, ha donato di tasca propria quasi 700.000 euro al PD, in ossequio alla regola che chi diviene dirigente attraverso il partito, poi deve essere riconoscente. Ha compiuto le sue operazioni di spolpamento con metodo, tenendo formalmente nascoste alcune carte, ma in un contesto in cui era palese che stava avvenendo qualcosa di occultato e di illecito.

Tutti, a cominciare dal collegio sindacale di MPS, presieduto da Tommaso di Tanno (ora indagato dal PM senese), vedevano l’anomalo gonfiaggio del prezzo della Banca Antonveneta mediante una ben poco credibile tripla vendita in pochi mesi, prima a ABN-AMRO, poi a Banco di Santander, infine a MPS, con un’acquisizione tenuta segreta fino all’ultimo, annunciata dai TG, quindi tale da dover far subito scattare controlli e ispezioni, come pure doveva farli scattare il fatto che il pagamento avveniva per cassa, cioè subito, mentre di regola questi pagamenti si fanno a credito, nel tempo. Il fatto che si pagasse tutto subito suggeriva oggettivamente che era una compravendita fraudolenta. Tutti sapevano che il prezzo era gonfiato. Tutti potevano sapere, con un minimo di diligenza, che Mussari non aveva fatto la due diligence su Antonveneta prima di pagarla circa 17 miliardi e si era basato su una stima fatta dalla stima non molto attendibile, perché interessata, di agenzie di rating. Bankitalia, allora governata da Draghi, però lasciò fare, il che ben illustra l’incompatibilità inerente a Bankitalia, tra il suo compito di sorvegliare le banche e il fatto che le medesime banche sono le sue proprietarie, rectius partecipanti, nel suo ridicolo capitale sociale di 156.000 euro. E la CONSOB? Niente. E il Ministero del Tesoro? Niente, nemmeno dopo. Forse i gestori di MPS se lo tenevano buono comprandogli ben 27 miliardi di titoli di debito grazie al finanziamento all’1% elargito dalla BCE. La mole dello spolpamento è di molti miliardi: per un’Antonveneta che valeva 2,3 miliardi (detto da Tommaso di Tanno, presidente del Collegio Sindacale di MPS, ora coindagato con Mussari), MPS ha emesso 8 bonifici per un totale di oltre 17 miliardi.

Già nel bilancio depositato nel 2012, 5 anni dopo l’acquisto di Antonveneta, quindi con un colpevole ritardo, il nuovo management di MPS esponeva una perdita di 4,7 miliardi di cui il 90% da minusvalenze di Antonveneta. In realtà, Antonveneta, considerate anche le sue sofferenze non registrate in bilancio, valeva sui 2 miliardi, e se è stata pagata 10, allora i gestori retrostanti si sono spartiti 8. Si aggiungano 750 milioni per i contratti derivati Alexandria e Santorini, e alcuni miliardi per i mutui fasulli. Adesso si tratta di vedere a chi è finito il bottino, di arrestare le persone fisiche e di citare per danni le società che hanno concorso nel reato. Sappiamo che il Banco di Santander ha incassato almeno 7 miliardi; ma poi, che uso ne ha fatto? A chi li ha accreditati? Sono partite quote del bottino dal Santander a favore di altri soggetti? E gli altri bonifici? Sappiamo che ulteriori 2,6 miliardi sono stati spediti a Londra nella disponibilità del medesimo Banco, e poi sono stati scudati e riportati in Italia. A chi sono poi stati girati? A chi sono finiti in tasca?

In quanto ai derivati Alexandria e Santorini (contratti tra MPS e Nomura Bank il primo, e tra MPS e Deutsche Bank il secondo), l’attuale management ci dichiara che ci sia stata una perdita di 220 milioni (ma un alto dirigente dice 740) dovuta a un’errata copertura di un rischio preesistente mediante un derivato. Questa spiegazione non è credibile, per due motivi.

Primo: se io mi copro mediante un derivato dal rischio che un mio asset o contratto in essere si deprezzi, la copertura ha un costo molto basso, assicurativo, rispetto al valore capitale dell’asset; sicché, se l’asset perde valore, la copertura mi rifonde dalla perdita; mentre se (l’asset) aumenta di valore, l’aumento assorbe il costo di copertura (che in tal caso si azzera) e lascia un margine di guadagno. In nessuno dei due casi caso io perdo in termini di capitale (solo se l’asset non si muove nell’arco di tempo assicurato si perde il capitale investito nel premio). Data l’alta volatilità dei mercati, questo non si realizza mai. Per aver realizzato una perdita capitale a danno di MPS, chi ha agito coi soldi di MPS bisogna che abbia fatto un’operazione diversa, come una speculazione in proprio, decisa senza approvazione del CdA dai vertici gestionali, e che gli sia andata male, e che quindi ora egli o la banca stessa, per la propria immagine, stia creando una giustificazione posticcia.

Secondo: se fosse stata un’operazione di copertura legittima, ufficiale, e inerente a un asset o a un contratto della banca, sarebbe stata contabilizzata subito, e non tenuta sospesa e nascosta per anni!

Il razionale sospetto è, quindi, che qualcuno abbia preso soldi della banca e li abbia usati per speculare su qualche titolo o derivato, fidando di realizzare un grosso guadagno, con cui restituire alla banca quanto preso, tenendo per sé la differenza. Poi, invece di guadagnare, ha perso, e la banca si ritrova con un buco. Cose di questo genere mi risulta che siano avvenute e tuttora avvengano in grandi banche e società di gestione estere, dove chi ha il maneggio dei soldi della banca li usa per conto proprio, e lascia le operazioni in sospeso, cioè aperte a partitario, finché non si trova un modo di chiuderle fittiziamente.

Se fossi il PM di Siena, verificherei questa ipotesi, sequestrando ed esaminando i partitari storici su cui si devono trovare i movimenti delle somme interessate, cioè ipoteticamente usate per l’operazione suddescritta. Sequestrerei i partitari storici, perché chi fa queste cose non le fa una volta sola, ma le fa di prassi, quindi se ne troveranno molte, risalendo nel tempo. Dai partitari (che sono i registri di conti transitori, su cui si segnano le operazioni in attesa di imputarle alle voci del conto economico del bilancio) si desume se vi sono stati impieghi di denaro in quel senso. Tornando al caso MPS, bisogna anche considerare che quando va a partitario un movimento di decine di milioni di euro, gli organi interni di controllo della banca li hanno sotto gli occhi. Quindi, se tutti i presidii, interni ed esterni, sono rimasti inerti, vuol dire che non è stata un’operazione di singoli gestori infedeli, né un’operazione organizzata da un solo partito politico, sia pur dominante rispetto alla banca: può essere stata solo un’operazione di Stato. Pertanto, mi aspetto che, se mai verranno svelati i nomi degli effettivi percettori dei due miliardi di bottino scudato, e degli altri miliardi, si tratterà di nomi molto più esplosivi di quelli di un leader politico.

Se hanno chiuso gli occhi l’ispettorato interno (audit) di MPS, i sindaci, Bankitalia, CONSOB, il Ministero; e se il percettore dei due miliardi si sentiva tanto sicuro da riportarli in Italia, allora i casi sono due: o il regista è un potere molto alto, i vertici dello Stato; oppure è stata un’operazione trasversale, bipartisan, tra maggioranza e opposizione, magari con benedizione vaticana (il Banco di Santander è in mano a certo Emilio Botin, descritto dalla stampa come uomo forte dell’Opus Dei). Questa ipotesi è rilevante per capire la minaccia di Bersani (del 26 gennaio 2013) di “sbranare” i rivali politici qualora insistano sullo scandalo MPS. Minaccia che potrebbe riguardare la “finanza cattolica” e l’immagine della stessa Chiesa. Si tenga presente che, nella Fondazione come nel CdA di MPS, erano presenti anche uomini del centro cattolico, a cominciare da Gabriello Mancini, nominato presidente della Fondazione pur non avendo qualificazione tecnica, dato che era un funzionario dell’ASL locale.

Una conferma all’ipotesi che si tratti di un’operazione di Stato o bipartisan viene da Dagospia, che pubblica (http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-il-verbale-degli-ispettori-bankitalia-inchioda-draghi-tarantola-profumo-e-visco2-la-favola-49952.htm) documenti, per altro pubblicati anche da quotidiani nazionali, che sembrano inchiodare Draghi e Tarantola (allora responsabile dei controlli di vigilanza entro Bankitalia), smentendo Visco e Profumo, perché provano che le carte segrete sui derivati scoperti solo ieri dall’onesto successore di Mussari, Fabrizio Viola, nei cassetti di MPS, in realtà erano in possesso di Bankitalia sin dall’ispezione da questa eseguita in MPS da maggio ad agosto del 2010, nei cui verbali si menziona esplicitamente gli inopportuni contratti derivati con Deutsche Bank e Nomura Bank. Draghi e Tarantola addirittura collusi, insomma, secondo Dagospia?

Ai contribuenti col cui denaro è stato salvato il Monte, ma anche ai suoi defraudati azionisti e ai suoi tartassati dipendenti, su cui l’attuale management scarica il danno (licenziamenti, tagli stipendiali, costrizione a collocare prodotti discutibili), è dovuta un’azione risarcitoria verso le persone fisiche e giuridiche colpevoli e beneficiarie delle malefatte che via via emergono. Banca d’Italia potrebbe essere chiamata a risarcire per il suo mancato intervento a seguito della strana operazione Antonveneta e dei risultati dell’ispezione del 2010. Ma forse anche il Comune e la Provincia di Siena e la stessa Fondazione dovrebbero rispondere, per culpa in eligendo et vigilando: colpa nello scegliere e nel mantenere, omettendo la dovuta vigilanza, nonostante i segnali di allarme, quel certo management. Anche il PD potrebbe essere tenuto a risarcire, qualora si accertasse che la scelta di Mussari si debba a suoi organi centrali – cosa plausibile, dato che Mussari andava a compiere affari di dimensioni nazionali.

Sarebbe opportuno estendere, almeno per il futuro, mediante legge, la responsabilità per omessa vigilanza e omessa ispezione anche a Bankitalia e ai soggetti che la partecipano, solidalmente, così saranno motivati a tenere gli occhi doverosamente aperti anziché amichevolmente socchiusi. Non dovrebbe avvenire ciò che avviene in questi giorni, ossia che da un lato si svela quanto marcio e inaffidabile vi è nei conti di MPS, e dall’altra Banklitalia dichiara che i conti vanno bene e autorizza il prestito di 4 miliardi con denaro pubblico, senza poter valutare il rischio. Ma come fa Visco ad affermare che i conti siano a posto, in questa situazione? Per verificare la corrispondenza dei bilanci alla realtà, ci vorrebbero mesi di due diligence, bisognerebbe controllare tutti i contratti in tutti gli armadi, anche i contratti segreti come quello con Nomura, e verificare anche tutti i bilanci delle singole filiali, cosa che Visco non ha fatto, quindi non può dire certe cose. Se potessi, se fossi il PM di Siena, indagherei altre tre ipotesi:

– se e come il valore di Antonveneta sia stato gonfiato ad arte per giustificare da parte di MPS un esborso multiplo del suo valore; il gonfiaggio può essere operato con diversi strumenti: nascondimento delle sofferenze, erogazioni-cartolarizzazione di liar loans, contratti derivati truffaldini, dolo della società di rating incaricata della stima;

– chi, dal 2006, ha organizzato un sistema di erogazioni facili di mutui del medesimo tipo in MPS, che poi sono stati cartolarizzati a lunghissima scadenza e rifilati ai risparmiatori (vedi Casaforte); andrei a ricercare le correlazioni tra i mutui non regolarmente paganti (anche quelli sospesi e quelli non contabilizzati come tali, che sono molti), i funzionari che li hanno autorizzati, i collegamenti di questi funzionari coi dirigenti, gli intermediari finanziari e immobiliari dei mutui in questione, e gli azionisti importanti del periodo;

– se sia stato gonfiato a suo tempo anche il valore di Banca Agricola Mantovana, per farla pagare sensibilmente più di quanto valeva sempre a MPS; e se parte del prezzo pagato sia finito a terzi beneficiari, eventualmente anche a magistrati civili che respinsero i ricorsi contro la trasformazione di Banca Agricola Mantovana da cooperativa in S.p.A. – trasformazione necessaria per poterla vendere a MPS: qui a Mantova, infatti, circolavano al tempo voci sospette.

MPS, con l’assemblea del 25 gennaio 2013, deliberando di non procedere alle azioni risarcitorie verso il precedente management e i suoi corresponsabili, ha dimostrato di non operare in discontinuità dal passato, di essere condizionato da poteri retrostanti, di non voler scoprire i colpevoli e i beneficiari delle colpe, di voler scaricare i danni sui dipendenti, sui clienti (con le solite politiche sempre più aggressive), sullo Stato finanziatore… a proposito, i 4 miliardi prestati dal governo Monti, sono stati prestati sulla base di un bilancio inattendibile perché non tiene conto dei contratti derivati segreti (vedi Alexandria) e perché continua a non registrare sofferenze sui crediti, che vengono tenute a partitario. Quindi è un prestito concesso illegittimamente, senza due diligence sul prestatario, basandosi un bilancio evidenziante perdite per 4,7 miliardi, oltre a quelle non dichiarate. Un’operazione molto “politica”, altro che governo tecnico, altro che professori! E Viola stesso, il nuovo direttore generale di MPS, ha detto che bisogna rettificare i bilanci passati! Per inciso: i Monti-bonds sono un prestito a tasso eccessivo (9%), senza vincoli di impiego per la banca, e per giunta convertibile in azioni qualora MPS abbia difficoltà a rimborsarlo (lo Stato perde il credito e diventa azionista di una banca dal valore molto, molto dubbio), mentre i Tremonti-bonds erano un prestito a tasso sostenibile, ma con vincoli di impiego in favore delle piccole e medie imprese, dell’economia produttiva, e non convertibile in azioni – e questa differenza specifica riflette la differente qualità umana ed etica tra un Monti e un Tremonti, al di là di tutto ciò che può essere rimproverato a quest’ultimo. E come farà MPS, impoverito e indebitato, coi clienti che ritirano i depositi, a pagare 360 milioni l’anno di interesse sui Monti Bonds (4 miliardi x 9%)? C’è un forte rischio di una crisi debitoria del Monte già nel breve periodo. Nel qual caso chi oggi ha dato il via ed elargito assicurazioni dovrà essere chiamato personalmente a rispondere.

Il PM senese che indaga Mussari e altri per lo scandalo Antonveneta pare sappia i nomi dei beneficiari della quota di 2,6 miliardi, poi scudata, ma che li voglia rivelare solo dopo le elezioni, per non influenzarle – evidentemente, si tratta di soggetti della politica italiana, o ad essa legati, e/o legati al Vaticano e/o a capitali “calabresi”. Con le rivelazioni post-elettorali, però, il PM delegittimerà il nuovo Parlamento, perché gli elettori voterebbero diversamente, se informati. Inoltre, immaginate come potrà essere la formazione di una nuova maggioranza, sotto la spada di Damocle di quelle rivelazioni incombenti. O forse si vuole usare quell’informazione proprio come strumento di minaccia per condizionare la politica? O Mario Draghi? O la finanza cattolica, visto che il Banco di Santander era rappresentato, in Italia, dall’ex presidente dello IOR, Gotti-Tedeschi?

Monti afferma che MPS era dominato dal PCI-PD – affermazione ovvia, anche se dimentica le altre componenti politiche compresenti. Aggiunge che l’Italia ha visto troppe commistioni tra banking e politica – affermazione grottesca, in bocca di uno che è stato imposto come premier dal mondo bancario, a meno che fosse diretta solo a banchieri e politici italiani, e che per contro riconoscesse il diritto dei banchieri stranieri a occuparsi di politica italiana, come appunto hanno fatto nominando lui. Bersani e D’Alema, con angolazioni diverse, affermano che il PD ha fatto il PD e non la banca, quindi non è responsabile. Gli uomini del PD in Fondazione erano sì la maggioranza, ma nominati non dal PD, bensì dagli amministratori locali eletti dai senesi. E nel PD vi sono sicuramente militanti disposti a credere che i titolari del PD lascino che la direzione della terza banca nazionale, fonte di finanza su scala nazionale per il partito, sia scelta in tutta autonomia dagli elettori di una cittadina di 55.000 abitanti. E che sia puramente casuale tutto ciò che, poi, questi gestori della banca hanno fatto e dato per il partito, e che ora viene alla luce dei mass media… D’Alema, dal canto suo, si contraddice in modo buffo allorché, oltre a negare che il PD faccia banking, rivendica al PD l’iniziativa di sostituire Mussari e Vigni: se il PD ha questo potere, vuol dire che è il dominus di MPS! Questa affermazione non è solo contraddittoria con la precedente (che il PD faccia il PD e non il banchiere), ma è anche oggettivamente falsa, nel senso che è falso che il sindaco di Siena o il PD abbia di sua iniziativa cacciato Mussari e Vigni subito dopo aver scoperto la loro mala gestio: infatti, erano anni che si sapeva del loro mismanagement, della porcata con l’Antonveneta, dei mutui fraudolenti. Mussari fu scaricato come si scaricano le teste di legno quando si bruciano e si è costretti a scaricarle. Fu scaricato dopo che io stesso ebbi pubblicato, il 29giugno 2011, nel mio sito www.marcodellaluna.info, l’articolo “Ora si salvi MPS” (http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=8537) in cui descrivevo i mali di MPS, le sue sofferenze non dichiarate, le criticità dell’acquisizione di Antonveneta, preannunciavo lo scandalo. E fu scaricato perché si sapeva che le carte compromettenti erano già in mano a Report e ad altri. E a Report non le aveva certamente portate il sindaco, né D’Alema, né Bersani! Probabilmente gliele aveva portate qualche consigliere della Fondazione disgustato o scontentato.

Però i banchieri italiani – comproprietari (“partecipanti”) di Bankitalia – vollero e tennero Mussari come presidente dell’ABI persino dopo la sua uscita da MPS. Lo vollero e lo confermarono pur sapendo quanto sopra e pur sapendo dei procedimenti penali. È dal 6 maggio 2012 che Report aveva dato notizia anche dell’affaire Alexandria. In quella puntata emerse da fonti interne a MPS che in MPS si operava extracontabilmente, con fondi neri esteri, con brokers occulti esteri, per beneficiari pure occulti, assumendo rischi altissimi e irregolari (http://www.report.rai.it/dl/docs/1336333767662monte_dei_fiaschi_report_pdf.pdf), e che questa era una prassi. E già nel 2010 l’ispezione di Bankitalia aveva rilevato serie “criticità” operative del Monte, ma non era affatto intervenuta. Ordunque, se l’ABI lo nominò suo presidente pur sapendo che cosa bolliva in pentola, delle due l’una: o far quelle cose è normale in quell’ambiente, oppure, più probabilmente, fu una o più forze esterne, politiche o istituzionali, a imporre la sua nomina. Forse, con lo scopo che blindasse o coprisse l’operazione, la quale non era finita con l’acquisto di Antonveneta e il pagamento di circa 15 miliardi di cresta su 17.

La seconda parte dell’operazione si capisce che doveva consistere nel togliere di mezzo la maggioranza assoluta di MPS detenuta dalla Fondazione (cosa realizzata con 3 aumenti di capitale), nel confezionare MPS con una finzione di saldezza e redditività (cosa realizzata nel bilancio 2011 col ricorso a derivati e a una politica di budget molto aggressiva), per giustificare un suo acquisto a prezzo gonfiato da parte di altra banca (si parla di BNP), con relative creste. I derivati consentono di realizzare un beneficio immediato (togliere un debito dal bilancio o incassare una somma come anticipo su prodotti preventivati) in cambio dell’assunzione di un rischio di importo maggiore o multiplo. In particolare, hanno consentito di togliere dai bilanci i debiti scomodi trasformandoli in scommesse con altre banche, cioè da passività certe di, poniamo, 100, in una scommessa di, poniamo, 200. Se chi scommette perde, poi, d’improvviso, i debiti rispuntano all’improvviso. Ma nel frattempo hai già venduto la banca, sicché la passività moltiplicata è a carico del compratore. Questa cosa si può fare non solo con le società commerciali, ma anche con gli Stati e il loro debito pubblico. Così la Grecia, mediante contratti derivati con l’intervento di Goldman & Sachs, ha “ristrutturato”, cioè trasformato in scommessa differita, il proprio debito pubblico, migliorando il rating, acquisendo una forte liquidità e ampliando la spesa pubblica e l’indebitamento verso banche tedesche e francesi. Poi ha perso la scommessa – come di solito avviene in questi casi, dato che l’algoritmo del contratto derivato viene studiato dagli ingegneri finanziari di una delle due parti della scommessa – e di conseguenza sono andate in crisi le banche tedesche e francesi che avevano in portafoglio il debito greco. Allora l’Italia europeista è intervenuta, e con nuove tasse, per aiutare la Grecia a pagare il suo debito. Con queste tasse, l’Italia mette anche a posto i suoi conti pubblici, e tira su il proprio rating, quindi si rifinanzia a migliori condizioni, colloca meglio il proprio debito pubblico, nel breve termine; però deprime la propria economia, sicché nel medio-lungo termine prevedibilmente avrà difficoltà a onorare i propri titoli, sicché scoppierà una nuova crisi, che costringerà a nuovi interventi di emergenza e cessioni di sovranità nazionale, sempre sotto la guida di uomini di Goldman & Sachs, e via così verso l’”integrazione” europea. Potere degli strumenti finanziari!

Infatti in Europa si è affermato proprio questo tipo di business finanziario: svuotare un’impresa della sua ricchezza reale, farne un bidone indorato truccando bilanci e rating, metterle un nuovo amministratore pulito (Viola era pulito, anche se non era un abile risanatore, avendo fino al giorno prima gestito la Banca Popolare dell’Emilia Romagna con risultati pessimi), poscia rivenderla con sovrapprezzo (destinato a spartizione) ad altra impresa, la quale di conseguenza si destabilizzerà e diverrà un bidone da cosmetizzare e sbolognare al medesimo modo. Anche la Banca Antonveneta era stata svuotata, riempita di bad credits, indorata e venduta con accorgimenti per gonfiarne il prezzo. Venduta a MPS, che poi è stata destabilizzata appunto da questo bidone indorato. Qualcuno però, divulgando nel 2011 le informazioni sul reale stato di MPS, ha rotto le uova nel paniere proprio poco dopo che era stato depositato l’ingannevole bilancio dell’anno 2010, riportante una forte crescita dell’attivo, ovviamente al fine di far pagare MPS molto più di quanto valeva effettivamente e ripetere il giochetto (MPS ora dichiara sofferenze per 17 miliardi, ma vi sono anche sofferenze non dichiarate per mancanza del denaro necessario a costituire i fondi relativi, e anche sofferenze mascherate mediante le sospensioni dei mutui).

Ormai, l’operazione di vendita di MPS con sovrapprezzo è abortita e bruciata. Però a questo punto i dipendenti dell’antica banca dovrebbero svegliarsi, valutare tecnicamente il nuovo management cosi come hanno imparato a valutare il cliente che chiede fiducia, e rendersi conto che a un salasso di 15 miliardi e passa non può rimediare lavorando qualche ora gratis, rinunciando al premio di produttività, abolendo i gadget, chiudendo sedi, demansionando o scivolando i colleghi, e spremendo la clientela con polizze che danno alla banca un guadagno upfront fino all’8%, né coi prestiti SOV a 4 mesi (ufficiosamente) rinnovabili, che daranno luogo a cause per usura (o a nuovo contenzioso). Spremere la clientela non paga, bensì affossa, analogamente a spremere la nazione con le tasse del Montismo, che servono a rendere apparentemente sano il BTP, ma uccidono l’economia reale che lo dovrà rimborsare. Non è più tempo nemmeno di debustisiani contratti For You. Finché non ripristineremo un livello fisiologico di liquidità nel Paese, invece che dissanguarlo, continuerà il calo di consumi, investimenti, produzione, occupazione. E l’aumento delle insolvenze e delle morti aziendali.

Gli oltre trentamila montepaschini possono risanare la loro azienda solo unendosi e coordinandosi per dare al PM di Siena tutte le informazioni utili, e per promuovere un’azione giudiziaria per il risarcimento dei danni contro la Fondazione e i suoi consiglieri, contro i managers vecchi e nuovi, contro chi ha lucrato dalle operazioni scorrette, contro le autorità di vigilanza che non sono intervenute come dovevano. Per chiedere sequestri conservativi, in civile e in penale, onde assicurarsi il risarcimento. Bersani, il 26 gennaio 2013, minaccia: “Se Lega e PDL attaccheranno il PD su MPS, li sbraneremo”: con che denti? Coi democratici denti dei PM collaterali? Ma ci sono ancora? Oppure è una minaccia rivolta ai magistrati senesi? Oppure ancora è un preavviso di chiamata in correità di un sistema politico che, trasversalmente e sistemicamente, lucra abusando del suo controllo sulle banche, operato via fondazioni bancarie? Non credo che Bersani minacciasse di rievocare il dissesto delle due banchette della Lega, la Credieuronord e il Credito Cooperativo Fiorentino, perché si tratta di valori irrisori rispetto alla ventina di miliardi del buco MPS; ma soprattutto perché, in quei due casi, non vi fu un governo amico a turare con soldi del contribuente i buchi fatti dai politici, e perché, cosa ancor più importante, in quei casi le indagini giudiziarie sono state fatte e non sono state inibite dall’alto. E non dimentichiamo che i dirigenti della Lega hanno subito chiesto scusa e messo mano alle loro tasche per ripianare i buchi della loro banca: Bersani, D’Alema, Ceccuzzi e compagni seguiranno il loro esempio?

Mps, Grilli in Parlamento: indispensabile non insinuare dubbi sulla solidità del nostro sistema

Mps, Grilli in Parlamento: indispensabile non insinuare dubbi sulla solidità del nostro sistema

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Argomenti: Risparmio personale | Ministeri | Vittorio Grilli | Banca d’Italia | Giuseppe Mussari | Udc | PDL |Angelino Alfano | Giulio Tremonti

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«È indispensabile non insinuare dubbi sulla solidità del nostro sistema», ha detto il ministro dell’Economia Vittorio Grilli in audizione dinanzi alle commissioni riunite Finanze di Camera e Senato riferendo sulla situazione del gruppo Monte dei Paschi di Siena. L’audizione è trasmessa in diretta sul sito del Sole 24 Ore. Esistono ancora, ha sottolineato il ministro, «preoccupazioni sul nostro Paese: sebbene siano notevolmente diminuite, sono ancora presenti in campo internazionale». Per l’audizione c’è un pienone bipartisan: ci sono il segretario Pdl,Angelino Alfano, il leader Udc, Pier Ferdinando Casini. Segue i lavori anche l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Che mentre assiste scrive su Twitter: «Giornalisti alla Camera per audizione Governo su Mps. Ci sono tutti i parlamentari manca Monti che scappa!».

Non è il salvataggio di una banca in default 
«Senza voler minimizzare atti di gestioni improprie e illeciti fatti in passato dal management di Mps – ha sottolineato Grilli – l’intervento dello Stato non si configura come atto di salvataggio di una banca in default». Il ministro ha spiegato che l’intervento dello Stato «non si configura come intervento di salvataggio per una banca insolvente ma come un rafforzamento di capitale secondo gli standard innalzati in sede Eba».

 

L’azione di vigilanza sul Monte dei Paschi è stata attenta e continua 
«A mio parere – ha detto Grilli – l’azione di vigilanza sul Monte dei Paschi e sulla Fondazione é stata continua, attenta e appropriata, via via intensificatasi con un’attività ispettiva iniziata nel 2010 con governatore Draghi ed é proseguita nel 2011, 2012 e ancora 2013 con governatore Visco». Su Mps Bankitalia ha svolto, ha sottolineato il ministro «una intensa attività di vigilanza che ha consentito di individuare e interrompere comportamenti anomali».

Nel 2013 migliorata la liquidità e la patrimonializzazione 
Nel 2013, la posizione di liquidità del Monte dei Paschi di Siena e il suo capitale risulta adeguato, ha detto Grilli. Ripercorrendo la vicenda, il ministro ha ricordato come Bankitalia, già nell’ispezione della primavera del 2010, aveva trovato una situazione critica della banca nei coefficienti di liquidtà, nell’adeguamento patrimoniale e nell’esposizione al rischio
di tasso. Elementi su cui la Vigilanza ha incalzato il Monte dei Paschi, con successive ispezioni, tanto da portare anche al cambio del management.

I titoli non sono un contributo a fondo perduto 
I nuovi titoli per Mps non sono «un contributo a fondo perduto», ha ricordato il ministro, ma si tratta di «un prestito a un tasso del 9% e incrementato dello 0,5 ogni due esercizi fino al limite massimo del 15%». La sottoscrizione di nuovi titoli, ha sottolineato il ministro, «assoggetterà Mps a importanti e penetranti vincoli in termini di governance e operativita». Tra questi limiti alle strategie commerciali e acquisizione partecipazioni. Divieto dividendi, vincoli a remunerazioni.

Mps, Profumo: “Sogno un socio finanziario di lungo termine” Viola: “Ora la banca è autonoma dalla politica”

Mps, Profumo: “Sogno
un socio finanziario
di lungo termine”
Viola: “Ora la banca
è autonoma dalla politica”

E la banca tranquillizza su Facebook: “Situazione sotto controllo”

“La situazione è sotto controllo, il Monte è solido”. Così il presidente dal 2012 di Mps sui cosiddetti conti extra bilancio. Profumo poi assicura: “E’ stata fatta pulizia e almeno per quanto riguarda la situazione interna… L’obiettivo è quello di tornare a fare utili già nell’esercizio in corso”. L’ad Viola: “Le in chieste? Fiducia nella giustizia. se saranno appurate tangenti ci tuteleremo con tutte le nostre forze”

 
Il presidente di MPS Alessandro Profumo (Ansa)

Il presidente di MPS Alessandro Profumo (Ansa)

Siena, 27 gennaio 2013 – Parlano il presidente Profumo e l’ad Viola. E poi arriva il post su Facebook per tran quillizzare dipendenti e risparmiatori: “La situazione è sotto controllo”. E’ questa la domenica del Monte dei Paschi di Siena alle prese con la bufera.

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“Sogno un socio finanziario di lungo termine. Se c’è stata una tangente sull’acquisto di Antonveneta siamo pronti a rivalerci nei confronti di chi ne ha beneficiato anche fuori dalla banca”. Così Alessandro Profumo in un’intervista al ‘Sole 24 ore’, fa il punto sul futuro di Mps di cui è presidente dal 2012. “Siamo completamente autonomi dai partiti” aggiunge Profumo.

“La situazione è sotto controllo, il Monte è solido”. Così il presidente dal 2012 di Mps sui cosiddetti conti extra bilancio, Profumo ammette: “La struttura operativa aveva delle deleghe per agire in autonomia, oggi la governance è cambiata”.

“E’ stata fatta pulizia e almeno per quanto riguarda la situazione interna abbiamo portato alla luce del sole tutto”. Profumo assicura su eventuali manleve concesse agli operatori che in passato ‘coprivano’ i buchi di bilancio: “Non ci sono manleve, abbiamo tutto lo spazio per agire”. Infine il rapporto con Mussari: “Non lo sento da quando sono a Siena”.

I Monti bond saranno emessi ‘’entro il mese di febbraio’’ ma, assicura, ‘’non siamo in presenza di una nazionalizzazione’’ perché ‘’non è previsto alcun diritto di governance’’. E le due manovre di capitale da 4,5 miliardi e da 2 miliardi, autorizzate dall’ultimo Cda, precisa ‘’servono esclusivamente a tutelare in via teorica lo Stato che vogliamo assolutamente rimborsare per cassa nel giro di cinque anni con il reddito generato dalla banca’’.

L’obiettivo, ribadisce Profumo, è ‘’quello di tornare a fare utili già nell’esercizio in corso’’. Intanto, quando si procederà al primo aumento di capitale da un miliardo, autorizzato a ottobre scorso, il ‘’passo preventivo’’, spiega, sarà quello di ‘’togliere il vincolo’’ del tetto statutario del 4% al diritto di voto.

Profumo, rispetto anche alla polemica politica, chiede ‘’un po’ di rispetto per i 31mila dipendenti e i 6 milioni di clienti della banca, che negli ultimi tempi sono stati messi sotto stress senza motivo’’ perché ‘’la situazione è sotto controllo e la banca è solida’’. ‘’Siamo stati noi – aggiunge – a fare pulizia e a portare alla luce le operazioni oggi sotto indagine’’ e ‘’se fosse vero quello che si legge sui giornali e l’acquisto di Antonveneta nascondesse una tangente per alzare il prezzo ‘’siamo pronti a rivalerci nei confronti di chi ne ha beneficiato anche fuori dalla banca’’.

Intervistato da Sky, è intervenuto anche l’ad di Monte dei Pashi, Fabrizio Viola.  Il nuovo vertice del Montepaschi, presieduto da Alessandro Profumo, ”ha voluto impostare una gestione della banca
caratterizzata da una totale autonomia dal mondo politico, che rispettiamo, ma che evidentemente non vogliamo che abbia un’influenza sulla gestione” del gruppo.

Quanto alle notizie sulle inchieste penali, Viola dice: “Leggo come tutti la notizia di queste indagini su presunte tangenti e l’unica cosa che posso dire e’ che la banca ha l’assoluta fiducia nella giustizia” ha detto Viola, intervistato da SkyTg24. “Qualora dovesse essere appurato qualcosa del genere – ha aggiunto- la banca evidentemente tutelera’ con tutte le sue forze, gli interessi nelle sedi opportuni”.

E siccome siamo nell’era social,Il Montepaschi risponde al pubblico via Facebook dopo che nei giorni scorsi la rabbia era montata anche sul noto social network. E con un post l’istituto senese torna a ribadire che la situazione e’ sotto controllo. ”La Banca, dal consiglio di amministrazione a tutti i dipendenti, – si legge – non smettera’ di lavorare, non mostra alcun problema ed e’ in piena e normale operativita’ mentre il  finanziamento oneroso dello Stato (Monti bond, ndr), garantira’ l’adeguamento patrimoniale ai parametri richiesti”.

MPS: SÌ AI MONTI-BOND, IL TITOLO RISALE, GRILLO-SHOW A SIENA

MPS: SÌ AI MONTI-BOND, IL TITOLO RISALE, GRILLO-SHOW A SIENA

 

 

Mentre infuria la polemica politica sul Monte dei Paschi di Siena con Monti e Bersani a ‘darsene’ di santa ragione (“Il Pd c’entra, eccome” ha detto il premier, “Non è vero, chiediamo rispetto ma solo ora si accorge dei nostri difetti?” ha replicato stizzito il segretario Pd) l’assemblea degli azionisti della banca senese ha approvato a grandissima maggioranza (98%)  l’operazione di ricapitalzzazione per 3,9 miliardi di euro che sarà effettuata con un prestito corrispondente da parte dello Stato (i cosiddetti Monti-bond). Durante l’assemblea anche lo show di Beppe Grillo, piccolo azionista di MPS, che ha tuonata contro lo ‘scandalo’ di una banca’ che – ha detto – ha un buco da 14 miliardi. Grillo se l’è presa con la politica, quindi il Pd, e con il Governo, quindi Monti, che avrebbero fatto “di una banca un partito e di un partito una banca”. Il comico genovese è stato rimbeccato dal presidente di MPS, Profumo, che ha negato l’esistenza del buco ed ha invitato Grillo a portare le prove delle sue accuse. In Borsa il titolo MPS è risalito alla grande, guadagnando un 11% dopo tre giorni di perdita secca (-25% complessivamente). Rientrata invece la polemica tra il ministro Grilli e Bankitalia: stima e apprezzamenti reciproci dopo una frase allusiva sui controlli pronunciata ieri dal titolare di via XX settembre. Anche Monti si è preoccupato di gettare acqua sul fuoco di un contrasto con palazzo Koch, molto pericoloso per le due istituzioni. E forse hanno avuto effetto le parole prounciate da Napolitano sulla “grave” vicenda del Monte dei Paschi: il capo dello Stato ha ribadito pubblicamente la sua fiducia in Bankitalia.

Mps: l’assemblea dice sì al Monti-bond, Beppe Grillo: “Peggio di Tangentopoli”. Il premier: “Il Pd c’entra”

Mps: l’assemblea dice sì al Monti-bond, Beppe Grillo: “Peggio di Tangentopoli”. Il premier: “Il Pd c’entra”

Via libera dall’assemblea degli azionisti del Montepaschi agli aiuti di Stato attraverso i cosiddetti Monti-bond da 3,9 mld. Oltre il 98% dei presenti in sala ha votato in favore. La delibera è arrivata dopo oltre 7 ore di assemblea, nel corso della quale hanno partecipato circa 370 soci, in rappresentanza di 942 aventi diritto, pari al 53,77% del capitale della banca. La proposta è stata approvata dal 98,75% dei presenti che corrispondono al 52,11 per cento. In particolare, l’assemblea ha attribuito al Cda la delega a procedere con la ricapitalizzazione della banca che passerà attraverso l’emissione di 3,9 miliardi di Monti bond.
L’assemblea, il rimbalzo a Piazza Affari – Giorno cruciale quindi per il Monte dei Paschi di Siena chiamato a confrontarsi con l’assemblea degli azionisti, riunita oggi nella sede della banca travolta dallo scandalo dei derivati, per discutere del futuro del più antico istituto di credito italiano. Presenti l’Ad Alessandro Profumo e il direttore generale Fabrizio Viola, ma anche il leader del M5 Stelle, Beppe Grillo, e il giornalista Oscar Giannino. Ma la giornata è cominciata con un segno più: dopo il crollo delle ultime sedute che hanno portato il titolo a perdere il 20% circa del proprio valore, Mps tenta un rimbalzo oggi a Piazza Affari e le azioni dell’istituto balzano del 3% superando la soglia di 0,24 euro. Intanto il governo si è pronto a rispondere sulla vicenda in Parlamento, non davanti al plenum ma in Commissione Finanza. A riferire sarà il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, atteso in commissione Finanze martedì 29 gennaio alle 15.
Grillo: peggio di Tangentopoli, di Craxi e di Parmalat – Davanti alla sede del Monte dei Paschi, in attesa dell’inizio dell’assemblea, una ressa di fotografi e giornalisti, oltre a diversi striscioni e presidi della Lega Nord e di sostenitori della lista Rivoluzione civile, ad accogliere gli azionisti che affluiscono verso la sala interna. Cori e volantini contro la dirigenza del Monte ma anche contro l’ex sindaco di Siena e candidato del centrosinistra alle prossime elezioni amministrative Franco Ceccuzzi. La ressa è stata richiamata anche dalla presenza di Beppe Grillo, che aveva annunciato di voler partecipare dopo aver ottenuto la delega da parte diversi piccoli azionisti. “Quello che hanno fatto alla banca Monte dei Paschi è peggio della Tangentopoli, di Craxi e di Parmalat insieme, questo è il danno che hanno fatto”, ha detto il leader del Movimento 5 Stelle arrivando nella sede dell’Assemblea di Mps, accolto da una ressa di giornalisti, cameraman e fotografi. “Hanno fatto di un partito una banca e di una banca un partito”, ha aggiunto mentre entrava in Assemblea. “Mussari è un incompetente, lo hanno messo lì a fare il linoleum: stanno vendendo una banca del 1500 al mercato”, ha concluso. 
“E’ tutta colpa del Partito Democratico” – Il caso Mps è colpa solo del Partito Democratico, dice ancora Grillo. “Fuori i soldi”, grida il comico al suo arrivo. “E’ tutta colpa di un solo partito, dei Ds prima, del Partito Democratico poi”. Poi l’intervento in assemblea. “Alessandro Profumo lo conosco, è di Genova come me, faceva il casellante e studiava la notte – ha esordito il comico -. Ma ha un curriculum inadatto per questo ruolo perché è indagato per frode fiscale”. “Mi riservo di rispondere nelle sedi opportune”, è il commento dell’attuale Ad della Banca. “Prego di prestare attenzione a ciò che si dice – ha concluso rispondendo agli interventi di alcuni soci -. Nessuno può pensare di venire qua” a dire certe cose “e magari è ripreso in un momento di visibilità pubblica”.
Botta e risposta con Profumo sul “buco” – Botta e risposta tra Beppe Grillo e Alessandro Profumo in assemblea. Il leader del movimento a 5 stelle parlando ai soci ha lanciato l’allarme di “un buco nei conti di 14 miliardi di euro, bisogna subito aprire un’inchiesta”. Dichiarazione che ha fatto subito intervenire il presidente Profumo che ha chiesto: “Mi dica da dove viene questa indicazione? Qui non c’é nessun buco”. “Questa era banca dei senesi. Banca florida, straordinaria – ha proseguito Grillo -. Poi nel 1995 è stata politicizzata, è entrato un partito, sono entrati i Ds e siamo arrivati allo scempio totale”. “Il mercato non è altro che i soliti squali che entrano nelle società, investono e vogliono i dividendi. Per darli è stata disintegrata una delle più belle banche. Si sono venduti tutto”. Il leader del Movimento 5 stelle ha quindi ribadito quanto aveva detto arrivando, ossia che la situazione del Monte é peggio della Parmalat e di Tangentopoli. “Bisogna chiamare i segretari del Pd e chiedergli conto”, ha concluso.
Profumo: non abbiamo i dati puntuali dei derivati – “Non è ancora possibile fornire dati puntuali e aggiornati” in merito allo stato dell’arte della situazione derivati, ha detto poi l’Ad Alessandro Profumo in assemblea, precisando che la banca sta ancora lavorando all’esame dell’esposizione portafoglio titoli e derivati. E comunque il Monte dei Paschi di Siena valuterà “in modo approfondito” eventuali azioni di responsabilità verso ex amministratori, sindaci e manager, ma dovrà necessariamente aspettare le analisi delle autorità e della magistratura, ha detto Profumo. Che aggiunge: “Deludo chi crede ci sia un socio pronto a entrare” nel capitale della banca. 
Profumo: sia io che Viola autonomi dalla politica – “Chi conosce il sottoscritto e l’amministratore delegato, Fabrizio Viola, sa che siamo totalmente autonomi” dalla politica. La risposta del presidente a un’azionista che chiedeva di respingere le ingerenze politiche. Poi il siparietto tra un socio scettico e il presidente.”Se arrivate all’utile nel 2015 vi offro la cena”, dice lui. “Cominci a prenotare il ristorante”, è la risposta dell’Ad. 
Viola: i cassetti aperti solo a giugno – L’amministratore delegato Fabrizio Viola nel suo intervento è tornato sull’esplosione del caso: solo a “giugno”, dopo un ricambio totale dell’area finanza “si sono potuti aprire i cassetti”. L’ad afferma che già dopo 15 giorni dal suo arrivo a Siena, nel gennaio 2012, ha chiesto la risoluzione del rapporto di lavoro con il precedente direttore finanziario Gianluca Baldassarri. Quanto al rinnovamento, “c’è già stato del management. A luglio scorso è cambiata la composizione della direzione generale e più del 50% delle prime linee di dirigenti è cambiato”.
Viola: non ci sono altre casseforti da aprire – “A nostra conoscenza no”, non ci sono altre casseforti da aprire al Montepaschi, ha detto ancora l’ad della banca. “Come ho già detto per poter dire la parole fine occorre terminare il lavoro. L’obiettivo è chiudere entro primi dieci giorni di febbraio. Ancora un po’ di prudenza ci vuole”.
Giannino: nazionalizzare Mps – L’accademico economista Michele Boldrin, del movimento Fare per Fermare il Declino animato da Oscar Giannino, propone “la nazionalizzazione e le dimissioni di tutta l’alta dirigenza” del Monte.
Monti: il Pd c’entra, ha avuto influenza – Poco prima dell’inizio dell’assemblea dei soci, il premier Mario Monti ha rassicurato i risparmiatori promettendo che i due miliardi di debiti saranno ripagati ad alti tassi, “i cittadini stiano tranquilli”, ha detto. Poi prova a spostare l’attenzione su Pierluigi Bersani. “Il Pd c’entra” con le vicende che hanno portato il Mps al tracollo, “ha avuto influenza”, dice Monti pur sottolineando che il suo non è “un attacco” all’avversario politico, ma una presa di coscienza che “la commistione tra banche e politica c’è”. 
Tremonti su twitter: Monti spieghi perché ha tentato di coprire il falso – Anche Mario Monti viene chiamato in causa, ma dall’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. In un post diffuso via twitter il leghista scrive: “Senatore Monti non scappi! Venga Lei in Parlamento a spiegare perché ha tentato di coprire il falso sui derivati di Mps con la fiducia”. In un tweet successivo dice: “Perché Mps non riusciva a ripagarli ed aveva bisogno di un regalo da Monti!”, per poi spiegare che “è come se pagasse il suo mutuo con delle cambiali ed alla scadenza delle stesse altre camb(iali)”. E insiste, dopo che un collaboratore del premier dimissionario assicura la sua partecipazione al confronto con gli altri candidati: “In Parlamento non in televisione”. 
Bankitalia avvia un’indagine, l’Ue attenta – Intanto secondo quanto riferito all’agenzia Bloomberg dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, pur essendo Mps una banca “stabile”, Bankitalia ha avviato “un’indagine”. Il governatore respinge poi le accuse di mancata vigilanza da parte dell’Istituto centrale. “Sbaglia chi adombra mancanza di supervisione” da parte della Banca d’Italia, che “non ha nulla da nascondere”. Così – secondo Bloomberg che cita Cnbc – il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Anche l’Ue dimostra di tenere sotto controllo la situazione e rende noto di essere sempre in contatto con le autorità italiane.