L’arresto di lady Huawei

L’arresto di lady Huawei e la fragile tregua Usa-Cina

Meng Wanzhou, la Cfo di Huawei  arrestata in Canada (REUTERS)
Meng Wanzhou, la Cfo di Huawei arrestata in Canada (REUTERS)
È stata arrestata il primo dicembre, ma la notizia è rimbalzata sulle agenzie solo nella tarda serata del cinque. Da quel momento Meng Wanzhou, fermata a Vancouver, con un mandato di cattura emesso dagli Stati Uniti, è diventato immediatamente un caso diplomatico. Un autentico terremoto che sta mettendo a dura prova i già precari equilibri commerciali e politici fra Cina e Stati Uniti. In fondo, un arresto del genere, con al centro un executive cinese di questo calibro, è raro, o forse inedito.
Il colosso cinese Huawei in cifre (ANSA/CENTIMETRI)
Il colosso cinese Huawei in cifre (ANSA/CENTIMETRI)
Il caso Huawei ha scombussolato anche la giornata dei mercati finanziari europei, accompagnato da un’ulteriorecorrezione del petrolio nel primo giorno del meeting Opec, portando a perdite tra il 3% e il 4% per i principali indici continentali (Piazza Affari compresa).
Talking points:
– Huawei, perché l’arresto di Meng Wanzhou minaccia la tregua Usa-Cina
– Huawei, il colosso delle reti 5G che tiene in scacco l’hi-tech mondiale
– I nodi giudiziari e politici dell’arresto di Meng Wanzhou
– Wall Street crolla e poi recupera grazie a una Fed cauta sui tassi

La Francia conta i danni della crisi dei gilet gialli

La Francia conta i danni della crisi dei gilet gialli

Frena il Pil, cala il sentiment delle imprese, pmi stima 10 miliardi di perdite. Macron riceve i leader di sindacati e imprese, in attesa degli annunci serali

È una conta dei danni che preoccupa. La Francia deve fare i conti con la protesta dei “gilet gialli” anche sul fronte economico, e non solo su quello sociale e dell’ordine pubblico. “Una catastrofe per il commercio, una catastrofe per la nostra economia”, come l’ha definita il ministro delle Finanze Bruno Le Maire, che però oggi quantifica il tutto in una perdita dello 0,1% del Pil francese nell’ultimo trimestre dell’anno.

“Penso – ha detto il ministro su radio Rtl – che gli eventi attuali dovrebbero far perdere 0,1 punti di crescita della nostra ricchezza nazionale nell’ultimo trimestre”. Il ministro ha precisato che comunque non verranno al momento riviste al ribasso le stime di crescita dell’anno, previste all’1,7%. La Banca di Francia ha oggi dimezzato le sue previsioni di crescita nel quarto trimestre, portandole allo 0,2% dallo 0,4%, citando l’impatto delle proteste dei ‘gilet gialli’, che hanno colpito l’attività dei servizi.


Pil Francia

Il sentiment delle imprese, calcolato dalla Banque de France, scivola a novembre a 101 punti, dai 102 punti di ottobre (dato rivisto dal precedente 103 punti). Gli analisti si aspettavano un dato pari a 103 punti. Secondo François Asselin, presidente della Confederazione delle piccole e medie imprese (Cpme), a causa delle proteste dei gilet gialli potrebbero esserci perdite complessive per 10 miliardi di euro. Per quanto riguarda il turismo, secondo il raggruppamento nazionale delle catene alberghiere, le prenotazioni di fine anno nelle catene sono diminuite di almeno il 10%.

La situazione, dopo il quarto sabato di proteste e violenze, è ormai insostenibile. Il presidente francese Emmanuel Macron incontrerà alle 10 all’Eliseo i leader dei sindacati e delle imprese, a poche ore dal discorso alla nazione, fissato per le 20, durante il quale annuncerà nuove misure in un tentativo di placare la protesta dei gilet gialli. Il toto-concessioni impazza, da tagli alle tasse all’aumento dei sussidi e delle pensioni minime, dalla rinuncia all’ecotassa al rimpasto di Governo con il siluramento del premier Edouard Philippe. “Ho fatto delle cavolate, ci sono troppe tasse in questo Paese!”, si sarebbe sfogato venerdì scorso Macron incontrando i sindaci, secondo la ricostruzione di Le Parisien.

Secondo un sondaggio Ipsos pubblicato ieri, se i gilet gialli si lanciassero nelle elezioni europee con una propria lista, raccoglierebbero – a tutt’oggi – il 12% dei voti e diventerebbero il 4/o partito in Francia. Ancora al primo posto alle europee c’è la lista de La Republique en Marche con i centristi del MoDem, con il 21%. Staccato, al secondo posto, il Rassemblement National di Marine Le Pen con il 14%, quindi i Verdi di Europe Ecologie con il 13%. Seguirebbero poi i “Gialli”, la destra dei Republicains e la sinistra radicale de La France Insoumise, entrambe con l’11%. Il sondaggio ha ipotizzato anche uno scenario in cui non vi siano liste dei Gilet gialli: in questo caso, per l’alleanza guidata da Macron il risultato sarebbe invariato, mentre ne beneficerebbero il partito di Marine Le Pen, che otterrebbe, il 17% e Lfi, che prenderebbe il 12%.

Strasburgo attentato ai mercati di Natale, tre morti.

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MONDO
Cherif Chekatt, attentatore 29enne in fuga, forse è scappato in Germania. Ha anche ferito 16 persone, sei delle quali sono gravi. Tra loro anche un giovane giornalista italiano, che è in condizioni gravissime. Trovato del materiale esplosivo nell’abitazione dell’attentatore, che era già stato condannato 20 volte per reati comuni

Caccia all’uomo nel cuore dell’Europa per trovare l’autore della strage di Strasburgo. Francia e Germania sono mobilitate per cercare Cherif Chekatt, il 29enne accusato di essere il killer, che intorno alle 20 di martedì sera ha fatto fuoco nel mercatino di Natale uccidendo 3 persone (e non due, come detto dalla prefettura martedì mattina) e ferendone altre 16, sei delle quali in modo grave. Tra queste c’è anche l’italiano Antonio Megalizzi. Il procuratore di Parigi, confermando che il killer ha urlato “Allah Akbar”, ha spiegato che ci sono “due morti e una terza persona in stato di morte cerebrale”. Si tratta di un turista thailandese di 45 anni, la cui moglie risulta tra i feriti, un uomo di origini afghane e un francese che viveva in città. Anche alle forze di polizia italiane è arrivata la nota di allerta diramata per le ricerche del terrorista: secondo l’Adnkronos, per gli investigatori Cherif potrebbe essere a bordo di una Ford Fiesta targata CX168FD.

Grave l’italiano ferito: “In coma. Non operabile” – Nella sparatoria è rimasto coinvolto anche il giornalista italiano Antonio Megalizzi, 28enne originario di Trento. “È in coma e non si può operare per la posizione gravissima del proiettile che è arrivato alla colonna alla base del cranio, vicino alla spina dorsale”, ha spiegato Danilo Moresco, padre di Luana, la sua fidanzata. “Ci hanno detto che Antonio è stato colpito alla testa da un proiettile sparato da quel delinquente. Le due ragazze che erano con lui (la trentina Caterina Moser e Clara Stevanato, veneta e residente a Parigi, ndr) ce l’hanno fatta a scappare, rifugiandosi poi in un locale pubblico. Hanno perso di vista Antonio, perché lui è rimasto a terra”.

La nota di allerta: “Killer a bordo di una Ford Fiesta” –Intanto sono stati fermati il padre, la madre e i due fratelli di Chekatt che, scrive la Bild, dopo essere scappato su un “taxi nero” pare sia fuggito in Germania. Lì pare che abbia dei riferimenti a cui appoggiarsi. Nel 2016 era stato infatti condannato dal tribunale di Singen a 2 anni e tre mesi. Aveva commesso un furto in uno studio dentistico e poi in una farmacia del Baden-Wuerttemberg, riferisce l’emittente tedesca N-tv. In un primo momento, secondo quanto emerso dalla riunione straordinaria del Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa) che si è tenuta al Viminale, si escludeva che l’attentatore avesse collegamenti con l’Italia. Poi l’agenzia Adkronos ha dato notizia della nota arrivata alle forze di polizia italiane:  “A seguito dei fatti terroristici accaduti a Strasburgo in data 11 dicembre 2018 al mercato di Natale si richiede di collaborare nelle ricerche di Chekatt Cherif, nato il 21 febbraio 1989 a Strasburgo, persona armata e pericolosa suscettibile di viaggiare a bordo di Ford Fiesta targata CX168FD”, si legge nel documento che comprende anche una foto di Cherif. Nell’immagine il 29enne, ricercato in tutta Europa per l’attentato di Strasburgo, appare con i capelli corti scuri e con la barba.

Conte, sul deficit «scesi al 2,04%».

Conte, sul deficit «scesi al 2,04%». L’Europa: «buoni progressi»

Il premier Giuseppe Conte e il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker (ANSA)
Il premier Giuseppe Conte e il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker (ANSA)
Manovra, sul rapporto deficit-Pil «siamo scesi dal 2,4 al 2,04%». Lo ha detto il premier, Giuseppe Conte, commentando l’incontro a Bruxelles con il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. Conte ha spiegato che «le stime tecniche ci hanno consentito di recuperare delle risorse», «eravamo stati particolarmente prudenti, abbiamo aggiunto qualcosa sul piano dismissioni e abbiamo calibrato questa nuova proposta», sulla quale «la maggioranza è compatta». Il premier ha dunque assicurato che «reddito di cittadinanza e quota 100 partiranno nei tempi previsti», rispettando «sia la platea dei destinatari che avevamo preannunciato, sia gli importi di cui beneficeranno». E si è detto certo che «il deficit strutturale calerà» e la «crescita sarà superiore alle nostre attese» .
Talking points:
– La “mossa” del taglio di 4 decimali per raffreddare (per ora) le sanzioni
– Pensioni, il Governo punta su quota 100 a tempo per strappare l’ok Ue
– Borse positive. Spread giù a 274 sul disgelo Italia-Ue sui conti pubblici
– Manovra in deficit, perché la Francia può «sforare» e l’Italia no

Il parametro di Washington

Il parametro di Washington

di supermarco

Sottotitolo: ubi maior, minor cessat.

Premessa.

Alle elezioni di marzo 2018 il programma più interessante l’ha presentato una piccolissima forza politica, la quale indicava tre punti assolutamente prioritari e nello stesso tempo di pari importanza, di seguito elencati:

1) sovranità monetaria;

2) sovranità nazionale;

3) rispetto del principio di autodeterminazione dei popoli.

Un programma di tutto rispetto, ciò che serve veramente al nostro Paese.

Fatta questa doverosa premessa, segnaliamo che non esistono solo i parametri di Maastricht.

Esiste anche il parametro di Washington: 2% del PIL investito in spese militari.

Non rispettando quel parametro, si potrebbe fare spesa sociale senza incorrere in procedure d’infrazione UE e senza che i mercati facciano aumentare lo spread.

Perché non si può dire di no agli statunitensi?

I nostri militari impegnati nelle missioni all’estero, è meglio che tornino a casa. Servono, come il pane, per le calamità naturali e per il contrasto alle mafie, non per dare sostegno all’imperialismo angloamericano nel mondo.

Così come non servono per inutili attività di controllo nelle grandi città per prevenire attentati di presunta matrice islamica che non si verificano in Italia dai tempi del terrorismo palestinese: stiamo parlando degli anni ’80 del secolo scorso.

Ammesso poi che quello palestinese fosse terrorismo “islamico”, dato che l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina era laica e quando gli israeliani l’hanno finalmente interiorizzato hanno creato Hamas per indebolire l’OLP e dare una connotazione religiosa ad una lotta sovranista per l’indipendenza di un popolo.

Stesso discorso per i servizi segreti: devono lavorare prioritariamente IN PATRIA per contrastare le mafie e gli attacchi speculativi.

Eppure simili ragionamenti, pur nella loro semplicità e banalità, non attecchiscono.

Si continua imperterriti ad obbedire ai dettami di Washington. Per fare solo un esempio, si approva il TAP che arriverà sulle coste pugliesi per fare contento l’alleato statunitense.

Alleato?

Noi siamo convintissimi che nel 2015, dopo il referendum con il quale gli ellenici hanno rifiutato il piano di salvataggio della Troika, i soldi per la Grecia ci fossero, però provenivano dalla parte… “sbagliata”.

Da Oriente.

E Barack ha ricordato ad Alexis il golpe dei colonnelli.

Poi, sappiamo tutti com’è andata a finire.

È solo l’UE la trappola?

Si può essere sovranisti con Bruxelles e scodinzolanti con Washington?

Anticorruzione, lo Spazzacorrotti è legge.

Anticorruzione, lo Spazzacorrotti è legge. Di Maio: “Lo aspettavamo dai tempi di Mani pulite”. Bonafede: “E’ per i giovani”

Anticorruzione, lo Spazzacorrotti è legge. Di Maio: “Lo aspettavamo dai tempi di Mani pulite”. Bonafede: “E’ per i giovani”

Via libera definitivo al provvedimento voluto dai 5 stelle. Festa dei parlamentari davanti a Montecitorio. Esulta il vicepremier: “Niente sarà più come prima, finora gli onesti erano stati trattati da fessi, ma adesso cambia tutto”. Il ministro della Giustizia: “Il mio primo pensiero va ai giovani italiani e al loro futuro”

Il ddl Anticorruzione, anche ribattezzato Spazzacorrotti dal Movimento 5 stelle, è legge. La Camera ha approvato definitivamente il testo con 304 voti a favore, 106 contrari e 19 astenuti, con Forza Italia che ha deciso di abbandonare l’aula al momento del voto e le forti critiche del Pd. Si è deciso di non chiedere la fiducia: dopo l’incidente dell’emendamento “salva peculato” votato da Fi e pezzi della Lega e poi eliminato al Senato, la maggioranza ha trovato l’intesa. “Aspettavamo questa legge dai tempi di Mani pulite“, ha commentato su Facebook il vicepremier M5s Luigi Di Maio, rilanciando il video della festa dei parlamentari 5 stelle davanti a Montecitorio. “Niente sarà più come prima, finora gli onesti erano stati trattati da fessi, ma adesso cambia tutto”. Ha esultato naturalmente anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. “Questa è una legge molto importante, il mio primo pensiero va ai giovani italiani e al loro futuro. E’ una giornata storica, la dedichiamo agli italiani che si spaccano la schiena lavorando onestamente”. Solo ieri sera il ministro aveva partecipato a Viareggio all’anteprima del lungometraggio “Il Sole sulla Pelle”. E “legge Viareggio” è proprio il nome con cui il ministro aveva annunciato la riforma della prescrizione, inserita all’interno del ddl Anticorruzione.

Ddl Anticorruzione, M5s festeggia davanti a Montecitorio. Di Maio: “Mettiamo al centro la brava gente”

Volume 90%

video di Manolo Lanaro

Niente fiducia. Maggioranza ha retto su voti segreti – La maggioranza ha deciso di non mettere la fiducia sul provvedimento. L’esame è cominciato alle 14.30 con il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità per poi passare al voto degli emendamenti, che in tutto sono 8 di cui 2 con voto segreto. Il governo ha retto anche in effetti a tutte le tre richieste di modifica del testo avanzate dall’opposizione che sono state respinte, due col voto segreto. Una era un emendamento di Catello Vitiello, l’ex 5 stelle che nel primo passaggio del ddl alla Camera era riuscito a far approvare una modifica per depotenziare il reato di peculato, col voto segreto: questa volta l’assemblea di Montecitorio ha respinto con 406 voti contrari e 130 favorevoli. L’Assemblea è quindi passata all’esame degli ordini del giorno sul testo. La Al Senato era stato approvato – questa volta con la fiducia – un maxi emendamento per cancellare la norma “salva peculato” di Vitiello.

Il dibattito sulla prescrizione – In Aula il dibattito tra maggioranza e opposizione si è concentrato proprio sulla prescrizione, che sarà bloccata dopo il primo grado di giudizio, ma solo dopo l’1 gennaio del 2020. “Approvare oggi il blocco della prescrizione e lasciare a domani la riforma del processo penale che, almeno negli annunci, dovrebbe consentire processi più brevi è il modo migliore per spaventare chiunque abbia intenzione di investire in Italia. E non è certo di questo che al momento ha bisogno il Paese”, ha detto il deputato di Forza Italia, Luca Squeri. Per la verità, l’accordo tra Lega e M5s è proprio quello di prorogare l’entrata in vigore sulla prescrizione al 2020 per fare in modo di varare prima la riforma del processo penale.  “La riforma del processo penale per accorciarne la durata la volevamo già fare. Noi lanciamo un messaggio di speranza agli onesti che non si vogliono vedere scavalcare dai disonesti, a chi vuole la meritocrazia. Fare andare avanti le persone che meritano i risultati e non solo quelli che si affidano alle raccomandazioni ed alle mazzette. Questo Paese non si può più permettere la corruzione”, ha spiegato il sottosegretario alla Giustizia. Vittorio Ferraresi, nella replica del governo.

La storia della riforma – Quella sull’Anticorruzione, è uno dei “provvedimenti bandiera” del Movimento 5 stelle. Annunciato in campagna elettorale, è stato preparato in estate dai tecnici del ministero della Giustizia: con l’approvazione diventa probabilmente la riforma più importante approvata finora dall’esecutivo. È stata fortemente voluta dal guardasigilli Bonafede, che poi aveva deciso di includere dentro allo stesso ddl anche la nuova legge sulla prescrizione, in precedenza accantonata. Una decisione che aveva fatto nascere frizioni con l’alleato della Lega. Alla fine si era deciso di rinviare l’entrata in vigore di questa parte della riforma al 2020Un altro nodo che ha diviso la maggioranza era rappresentato dalla soglia minima di trasparenza sui finanziamenti ai partiti: il Carroccio avrebbe voluto fissarla a duemila euro, il M5s aveva stabilito un tetto di 500 euro. Alla fine è passata quest’ultima proposta: chi donerà più di 500 euro a un partito o movimento dovrà acconsentire alla pubblicazione del suo nome online. L’ultimo stop all’iter di approvazione dello “spazzacorrotti” ha rischiato di compromettere l’alleanza tra Lega e M5s: è accaduto con il voto segreto che a Montecitorio aveva fatto passare l’emendamento salva peculato. Una norma praticamente identica a una proposta depositata nei giorni precedenti dalla Lega, che era poi stata cancellata a Palazzo Madama. Adesso dopo la fiducia al Senato, lo “spazzacorrotti” passa anche alla Camera.

Manovra, per vendere gli edifici pubblici via i limiti alla destinazione d’uso.

Manovra, per vendere gli edifici pubblici via i limiti alla destinazione d’uso. I Verdi protestano: “Vince la speculazione”

Manovra, per vendere gli edifici pubblici via i limiti alla destinazione d’uso. I Verdi protestano: “Vince la speculazione”

Il maxi-emendamento modifica la legge 410 del 2001 e consente al privato che acquista un immobile dallo Stato di saltare a piè pari la fase dell’accordo di programma e della conferenza di servizi, senza che gli enti locali possano avere voce in capitolo. Bonelli, Turroni e Mannino: “Nemmeno il governo Berlusconi pretese di passare sopra le decisioni dei Comuni”

Il palazzo degli Esami e l’ex ospedale San Giacomo a Roma che diventano degli enormi centri commerciali kitsch. Palazzo Serafini e Palazzo delle Poste a Firenze trasformati in alberghi o immobili residenziali rivenduti a peso d’oro. Le ex caserme dei Carabinieri messe in vendita dal Comune di Milano trasformate in bingo, sale slot o, dove possibile, sexy shop. Il tutto, senza la necessità di adeguarsi ad alcun vincolo architettonico imposto dai Comuni. E’ lo scenario reso possibile da una norma, inserita nel maxi-emendamento del governo alla manovra finanziaria in corso di approvazione in Parlamento,voluta dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria per favorire il recupero di circa 1 miliardo nel 2019 grazie all’alienazione dei beni immobili del Demanio nelle principali città italiane. “Neppure Berlusconi con la sua legge del 2001 era arrivato a tanto”, protestano gli ambientalisti in rivolta.

Il comma 546-bis all’articolo 1 va a modificare proprio la legge 410 del 23 novembre 2001, che all’articolo 3, comma 15, affermava: “Ai fini della valorizzazione dei beni il Ministero dell’economia e delle finanze convoca una o più conferenze di servizi o promuove accordi di programma per sottoporre all’approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili individuati”. L’emendamento attuale dice che “oltre” questa procedura “per gli immobili oggetto di tali provvedimenti sono ammissibili anche le destinazioni d’uso e gli interventi edilizi consentiti, per le zone territoriali omogenee all’interno delle quali ricadono tali immobili, dagli strumenti urbanistici generali e particolareggiati vigenti”; inoltre “gli interventi edilizi […] sono assentibili in via diretta”. Tradotto, il privato che acquisti un bene immobile dallo Stato può saltare a piè pari la fase dell’accordo di programma e della conferenza di servizi, decidendone direttamente la destinazione e anche lo “stile” – in base alle esigenze commerciali – senza che gli enti locali (comuni in primis) possano più avere voce in capitolo. Restano, con la dicitura “interventi edilizi consentiti”, solo i vincoli generali imposti nei centri storici, come ad esempio a Roma dove recentemente la sindaca Virginia Raggi ha escluso i sexy shop e allontanato le sale slot da scuole e punti di aggregazione. Vincoli “generali”, appunto.

M5S e la Lega hanno deciso di sfasciare e vendere alla speculazione edilizia i centri storici delle nostre città”, attaccano Angelo BonelliSauro Turroni e Claudia Mannino, esponenti dei Verdi, i primi ad accorgersi dell’entità nel provvedimento del Governo. “Nel 2001 il governo Berlusconi – racconta Bonelli – cercò di cartolarizzare immobili pubblici dello Stato, delle Regioni, di Province e comuni nonché delle Ferrovie o di altri enti con l’obiettivo di fare cassa. Ma neppure lui pretese di passare sopra le decisioni dei Comuni per stabilire un utilizzo che non fosse in conflitto con l’assetto urbano, impoverendolo di servizi e attrezzature”. Sul punto, l’attacco forte anche di Loredana De Petris, parlamentare di Leu e capogruppo del Misto al Senato: “In questo modo il governo sta andando contro la Costituzione in materia di assetto del territorio”. Il riferimento della senatrice è al Titolo V della Carta, articolo 117, in cui appunto si parla di “governo del territorio” fra le prerogative degli enti locali.

Fra le città maggiormente interessate dal provvedimento ci sono Roma e Firenze. Solo nella Capitale, ad esempio, attualmente l’Agenzia del Demanio tiene in vendita ben 88 immobili – a loro volta suddivisi in lotti – fra edifici residenziali, negozi e caserme. Ma almeno un altro centinaio potrebbero essere interessati in futuro dalla procedura. Per ora dal Campidoglio non arrivano commenti in merito, ma è duro l’attacco dell’ex assessore e urbanista, Paolo Berdini: “Si tratta di un provvedimento gravissimo che mette a rischio gli assetti del centro storico di Roma e delle altre principali città italiane così per come li conosciamo. Una legge fatta per fare cassa che non tiene alcun conto di fattori storico-architettonici unici al mondo”. Due i casi più controversi verificatisi negli ultimi mesi nella Capitale. Da una parte, le controverse demolizioni di alcuni villini in stile liberty nello storico Quartiere Coppedè, fra le vibranti proteste di Italia Nostra; dall’altra, la Soprintendenza Archeologica di Roma che è dovuta intervenire per apporre un vincolo storico alla cessione di Palazzo Nardini a una società che voleva realizzare una “struttura ricettiva” nell’edificio – di proprietà della Regione – che fu primo punto di riferimento del movimento femministaitaliano.

Mafie unite d’Europa

Mafie unite d’Europa, il rapporto: “Germania luogo ideale per nascondere i proventi illeciti dei clan”

Giurisdizioni opache, segreto bancariomarcato uso di denaro contante, strutture societarie complesse. Sono solo alcune delle vulnerabilità presenti nei Paesi dell’Unione europea che vengono sfruttate al massimo da mafie e criminalità organizzata del Vecchio continente, non solo italiane. Lo scopo è sempre il solito: fatturare e far sembrare che l’origine dei soldi sia legittima. Il rapporto MORE di Transcrime, il centro interuniversitario dell’Università Cattolica, è un’istantanea su un continente dalle marcate differenze nei sistemi economici che, a seconda del Paese coinvolto, rappresentano terreno fertile per le mafie. Tra gli insospettabili, un ruolo di primo piano è ricoperto dalla Germania. Il motore economico dell’Unione europea è infatti descritto come “luogo ideale per persone giuridiche utilizzate dalla criminalità per nascondere proventi illeciti”. “Nel Paese c’è una consapevolezza crescente dell’infiltrazione criminale”, afferma Michele Riccardi, uno dei ricercatori del centro, “ma restano alcune vulnerabilità, come l’assenza di limiti ai pagamenti cash e alcune opacità sul lato della struttura proprietaria delle imprese”. Questo lo rende storicamente un luogo attrattivo soprattutto per le mafie italiane: una presenza quindi non solo fisica, ma anche economica. La Germania è anche uno dei sei Paesi europei con la maggiore “esposizione offshore”: il 19%degli azionisti di aziende tedesche proviene infatti da Paesi elencati dalla Ue nella ‘lista grigia’ dei paradisi fiscali. Ci sono 65 giurisdizioni, tra cui Panama, l’Isola di Man oppure Jersey.

Il progetto, co-finanziato dalla Commissione europea, si pone l’obiettivo di quantificare la distanza tra criminalità organizzata e i crimini dei cosiddetti “colletti bianchi”, esperti del settore economico-finanziario come notai, commercialisti, avvocati. Nel loro operare, le mafie europeesembrano prediligere Paesi onshore, geograficamente più a portata di mano. La ricerca infatti ridimensiona il mito secondo cui vi sia una concentrazione di flussi verso paradisi nei Caraibi o in Estremo Oriente. In Europa c’è l’imbarazzo della scelta. Romania, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Cipro, Malta, Regno Unito non sono solo facili da raggiungere ma anche più vicini culturalmente, utilizzano la stessa valuta e le lingue e le regole sono simili.

“Ci sono Paesi ancora molto indietro in materia di antiriciclaggio e altri ancora troppo opachi per quanto riguarda i registri delle imprese”, sostieneErnesto Savona, direttore di Transcrime. Malta, Olanda e Lussemburgo, per esempio, sono in cima alla lista dei Paesi con strutture societarie complesse. Un criterio che se preso da solo non costituisce un allarme, ma quando è accompagnato a una forte segretezza nel settore finanziario costituisce una fragilità di cui approfittare. Nascondere i veri beneficiari di un’azienda nonché i capitali generati è prioritario per la criminalità organizzata. Quanto un Paese sia particolarmente appetibile per la criminalità economica lo si intuisce anche dal numero di azionisti stranieri nelle sue aziende. Transcrime utilizza questo e altri criteri per creare un indice secondo il quale a ciascun Paese viene assegnato un punteggio in base al proprio livello di segretezza. Il FSS (Financial Secrecy Score) mette in testa il Regno Unito, seguito da Olanda, Romania, Cipro e Malta. L’Italia figura al 23º posto in Europa e al 107º nel mondo.

Il rapporto indica poi due tendenze che convivono, per quanto opposte. Vengono definite sommersione e frammentazione. La prima è tipica delle organizzazioni che infiltrano politica ed economia. La seconda invece delle organizzazioni violente, capaci di controllare pezzi di territorio. “In Italia coesistono, come dimostrano casi come il processo Aemilia o quello sulla presunta infiltrazione nella Fiera di Milano dove è molto chiaro il fenomeno della sommersione. Le mafie entrano in affari con imprenditori compiacenti ed entrambi ne traggono vantaggi”, prosegue Savona.

L’apparenza di legalità, tipica della sommersione, che riduce anche il tasso di violenza della criminalità, contribuisce ad aumentare la zona grigia e ad accorciare le distanze tra criminalità organizzata ed economia legale. Il fenomeno non è però funzionale a soli fini economici e di riciclaggio, ha anche una valenza sociale. Aiuta i criminali ad apparire legittimi e a ottenere consenso, offrendo lavoro e creando opportunità per la popolazione. Una pratica nota in Italia ma ormai diffusa anche nel resto dell’Europa. Così le mafie cinesi, tra le più attive quanto a infiltrazione nell’economia pulita in Italia Francia e Spagna, si concentrano nei settori della ristorazione, del commercio all’ingrosso e nei locali di massaggi. I gruppi criminali dell’Est Europa prediligono invece locali notturni e l’industria dei trasporti. In quelle russofone, i dati raccolti raccontano di forti investimenti nel settore immobiliare in Francia, Spagna, Portogallo, Italia e Germania di cui però è spesso impossibile risalire ai veri beneficiari.

C’è poi il lato più visibile, fatto di traffici e violenza. L’Europol contava 3.600 gruppi criminali organizzati nel 2013. Nel 2017 sono diventati 5.000. “È dovuto all’emergere di network criminali più piccoli, micro-gang che non entrano in attività quali, per esempio, la gestione di appalti ma preferiscono il cybercrime, le frodi o trafficare in beni di consumo”, evidenzia Riccardi. Sono grandi consumatori di beni di lusso, poiché utili a riciclare denaro e a ostentare ricchezza. Le evidenze maggiori in questo frangente si sono registrate a Londra, Parigi e Napoli.

In Italia emerge anche un’altra nuova tendenza, legata al ruolo delle donnenelle imprese criminali. Secondo il rapporto MORE, quelle proprietarie di aziende sono il doppio nelle società confiscate per mafia che in quelle dell’economia legale. Sono donne anche un terzo degli azionisti di aziende legate alle mafie. Di queste, soltanto il 2,5% è stato condannato per reati di associazione mafiosa.

La bellezza di Milano fa notizia

La bellezza di Milano fa notizia

Qualità della vita, vince Milano. Eccola vista dall’alto

Una volta si sarebbe detto «tutta la città ne parla», ora si dice genericamente il web e una città è oggetto di tanto parlare: la classifica della qualità del Sole24Ore che ogni anno stila la graduatoria delle città che funzionano meglio, stavolta va oltre e ridisegna una mappa d’Italia con Milano prima.
Qualità della vita 2018, Milano vince per la prima volta. Guarda tutte le classifiche dal 1999 a oggi
Che Milano sia bella e faccia vivere bene è una notizia solo per chi non la conosce. Ma l’opinione pubblica, ormai parcellizzata nei post sui social media, discute: sì, no, però, è vero, non è vero, beh, boh, ma, con Roma la capitale in affanno a rinnovare la sempreverde rivalità. Quest’anno poi, oltre al bel lavoro multimediale che permette di navigare dentro l’indagine, si è cercato di andare oltre i soliti luoghi comuni del Sud che non funziona, e si è così scoperto che vi sono città del Meridione in cui non si vive male affatto.
lavoro di lab24 sulla qualità della vita
Qualità della vita, lo scettro a Milano fa discutere ma «la città è attrattiva»
Napoli, Catania, Ragusa: il Sud dove si vive sempre meglio
Qualità della vita 2018, ecco com’è stata realizzata l’indagine del Sole 24 Ore

Inter-Napoli, morto tifoso investito negli scontri

Inter-Napoli, morto tifoso investito negli scontri: “Sei indagati”. San Siro chiuso due giornate per i cori razzisti

Inter-Napoli, morto tifoso investito negli scontri: “Sei indagati”. San Siro chiuso due giornate per i cori razzisti

Circa un’ora prima dell’inizio della partita un gruppo di ultras interisti ha bloccato con mazze, martelli e catene i van su cui viaggiano i napoletani. Negli scontri il 35enne è stato travolto da un suv. Il questore Cardona: “Azione squadristica ignobile”. Tre ultras arrestati per i tafferugli. Giorgetti: “Chiudere gli stadi per razzismo e violenza”. Ma nel fine settimana la Serie A regolarmente in campo. L’Inter: “Chi non accetta la nostra storia di integrazione non è con noi”

La morte di un tifoso di 35 anni, investito da un suv durante gli scontri avvenuti prima di Inter-Napoli a San Siro, scuote il mondo del calcio. A quattro anni dall’omicidio di Ciro Esposito, un match di Serie Adiventa di nuovo il palcoscenico per la battaglia tra opposte fazioni di ultras violenti. La vittima è Daniele Belardinelli, ultras di Varese Inter, membro e leader dei Blood&Honour – gruppo vicino a posizioni di estrema destra – e già colpito da due Daspo in passato. Al momento risultano indagate sei persone per il suo decesso, avvenuto in seguito agli scontri a un paio di chilometri dallo stadio circa un’ora prima del fischio d’inizio. Secondo quanto apprende l’Adnkronos da ambienti investigativi, sono anche state effettuate dieci perquisizioni e la polizia sta visionando centinaia di filmati delle telecamere per individuare i responsabili dell’uccisione di Belardinelli. Al momento non vi è alcuna certezza che al volante della macchina che ha investito l’ultrà ci fosse un tifoso napoletano. Intanto, 3 persone sono state arrestate per l’agguato di circa 100 ultras nerazzurri, di Varese e Nizza contro i pullman che ospiti alcuni tifosi partenopei.

Due gare senza pubblico. Curva chiusa per 3 turni
 Intanto il giudice sportivo ha sanzionato l’Inter con due gare a porte chiuse e un’ulteriore partita con la curva Nord senza spettatori dopo i cori razzisti nei confronti di Kalidou Koulibaly del Napoli da parte dei tifosi nerazzurri. Una decisione che arriva dopo che il questore di Milano, Marcello Cardona, ha annunciato anche che chiederà il divieto alle trasferte dell’Inter per tutto il campionato e la chiusura della Curva Nord fino a fine marzo, cioè per cinque giornate, come effetto delle violenze fuori dallo stadio. Il sottosegretario con delega allo Sport, Giancarlo Giorgetti, predica un’inversione di rotta: “Chiudere gli stadi per violenza e razzismo”. Ma contestualmente il presidente della Figc, Gabriele Gravina, ha annunciato che la Serie A scenderà regolarmente in campo nel fine settimana: “Ho avuto modo di sentire anche il sottosegretario Giorgetti e ci siamo confrontati. All’unanimità – ha evidenziato Gravina – abbiamo condiviso che si va avanti”.

Inter-Napoli, gli scontri fuori dallo stadio prima della partita: le due tifoserie si affrontano con bastoni e lacrimogeni

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Il club: “Chi non accetta la nostra storia non è uno di noi”
Dopo quasi ventiquattr’ore di silenzio, ha preso posizione anche l’Inter: “Inter vuol dire integrazioneaccoglienza e futuro. La storia di Milano è fatta di questo, di inclusione e di rispetto. Chi non comprende la nostra storia, questa storia, non è con noi”. Una netta condanna da parte del club che in una nota sottolinea: “Assieme alla nostra città noi lottiamo da sempre per un futuro senza discriminazioni. Ci impegniamo nel territorio facendoci portavoce di questi valori che sono da sempre un vanto per il nostro club. L’Inter è presente in 29 paesi del mondo, dalla Cambogia alla Colombia, dove oltre diecimila bambini sono coinvolti nel progetto Inter Campus, che ha l’obiettivo di restituire loro il diritto al gioco in contesti delicati, attività la cui importanza è stata riconosciuta anche dall’Onu“. Da quando “una notte di 110 anni fa i nostri fondatori hanno messo la firma su quello che sarebbe stato il nostro percorso, noi abbiamo detto no ad ogni forma di discriminazione. Per questo – conclude il comunicato – ci sentiamo in dovere oggi, una volta di più, di affermare che chi non dovesse comprendere e accettare la nostra storia, questa storia, non è uno di noi“.

La dinamica degli incidenti
Circa un’ora prima dell’inizio della partita, intorno alle 19.30, un gruppo di tifosi nerazzurri ha aggredito i rivali partenopei in via Novara. Coperti da passamontagna e armati di mazze da baseball, coltelli, bastoni e asce, hanno circondato un convoglio di pulmini e macchine con a bordo tifosi napoletani. Un van su cui viaggiano è stato bloccato dagli ultras di casa con mazze e catene: così è cominciato l’assalto, coperto dai fumogeni. Il pulmino “è stato attaccato da un centinaio di supporter dell’Inter, del Varese e del Nizza“, ha ricostruito il questore Cardona. I tifosi francesi erano a San Siro per ‘vendetta’ contro i napoletani dopo i disordini avvenuti circa tre anni fa durante un’amichevole tra le due squadre, spiegano da fonti investigative. “I tifosi nerazzurri hanno colpito con spranghe e bastoni il mezzo dei napoletani, la colonna si è bloccata e immediatamente c’è stato un fuggi fuggi di persone. Negli stessi istanti nella corsia opposta un suv ha investito il 35enne”. La persona alla guida non è ancora stata rintracciata e, ha spiegato il questore, “potrebbe non essersi accorto dell’incidente. I primi ad attirare l’attenzione sul 35enne sono stati i tifosi del Napoli, poi quelli dell’Inter lo hanno portato in macchina in ospedale“, al San Carlo, dove è morto in sala operatoria.

Tre arresti e coltellate: “Azione squadristica”
Due ultras dell’Inter sono stati arrestati nella notte dalla polizia: sono accusati di rissalesioni e violenza da stadio. Un terzo ultras nerazzurro ricercato dalla polizia è stato arrestato a seguito dell’indagine della Digos: deve rispondere degli stessi reati. “Potrebbero essercene altri“, ha aggiunto Cardona. La questura sta inoltre valutando nove Daspo, “una sanzione marginale per un’azione squadristica avvenuta in modo ignobile e assolutamente non preventivabile”. Durante gli scontri in via Novara quattro napoletani sono stati accoltellati.

Inter-Napoli, il questore di Milano: “Stop alle trasferte per i tifosi nerazzurri e chiusura della curva per 5 giornate”
di Agenzia Vista

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Il questore: “Chiederò curva chiusa fino a marzo”
Lo stesso questore ha annunciato che chiederà “al dipartimento pubblica sicurezza in via d’urgenza di vietare le trasferte dell’Inter fino a fine campionato e la chiusura della curva dell’Inter fino a marzo 2019, cioè per cinque partite”. “Il fatto è gravissimo. Mi sono sentito con il capo della polizia Franco Gabrielli e il procuratore capo di Milano, dottor Francesco Greco“, ha detto Cardona. “È una situazione tragica e inaccettabile“, ha ribadito il questore. L’intero San Siro resterà intanto chiuso per due giornate di campionato (tre per la sola curva) per via degli ululati razzisti indirizzati a Koulibaly nel corso della partita. Il difensore del Napoli, espulso nel corso della gara, è stato anche sanzionato con due turni di squalifica, così come il suo compagno Lorenzo Insigne, anche lui cacciato dall’arbitro Mazzoleni. Il capitano dell’Inter Mauro Icardi ha solidarizzato con il suo avversario: “Sono deluso da quello che è successo ieri a San Siro. Diciamo basta al razzismo e alla discriminazione“.

Sabato Serie A in campo
“Ci saranno regolarmente le partite. Il campionato non si ferma”, ha annunciato il presidente della Figc, Gabriele Gravina, ai microfoni di Sky. Poi ha sottolineato che la decisione di non fermare il campionato è stata presa dopo avere ascoltato anche il parere dei rappresentanti del governo. “Ho sentito un po’ tutti, i due vicepresidenti federali e soprattutto Gaetano Micciché che è il presidente della lega interessata. Ho avuto modo di sentire anche Giorgetti e ci siamo confrontati”. Il sottosegretario con delega allo Sport nel frattempo dice che “i morti, le aggressioni, il razzismo dovrebbero indurre la federazione alla chiusura al pubblico dei medesimi stadi”. “Serve un segnale chiaro anche da parte del mondo sportivo: oltre a punizioni esemplari è necessaria un’inversione di rotta“, continua Giorgetti, elogiando come “utile e urgente” la proposta lanciata in un tweet da Matteo Salvini: “A inizio anno convocherò al Viminale i responsabili di tifoserie e società di serie A e B, affinché gli stadi e i dintorni tornino a essere un luogo di divertimento e non di violenza”.

Chi era Belardinelli
Daniele Belardinelli era uno dei capi della curva Nord di Varese da sempre gemellata con quella dell’Inter. Punto di riferimento dei Blood&Honour, gruppo di estrema destra nato nel 1998, era già stato protagonista di due episodi che gli erano costati il Daspo. Nel 2007 diede uno schiaffo a Sean Sogliano, all’epoca direttore sportivo del Varese, perché voleva non far disputare l’incontro tra Varese e Lumezzane dopo la morte del tifoso laziale Gabriele Sandri. Ricevette un Daspo di 5 anni e proprio nel 2012 fu nuovamente coinvolto in una guerriglia urbana al termine di una amichevole Como-Inter che gli costò altri 5 anni di Daspo. Belardinelli era sposato e padre di due figli. Era anche conosciuto per i successi nella “scherma corta” con la Fight Accademy di Morazzone.