Calcioscommesse

Calcio scommesse – Arrestato Mauri, anche Conte è indagato

lun, 28 mag 08:07:00 2012

Ennesima svolta nel caso di calcioscommesse: all’alba arrivano ben 19 provvedimenti restrittivi, tra cui quelli di cinque ungheresi e di Cristian Bertani. Perquisito anche Mimmo Criscito nel ritiro della Nazionale. (foto AP/LaPresse)

Antonio Conte AP/LaPresse - 0

Tornano a tintinnare le manette e per il nostro calcio non è più una novità. Semmai, questa volta a fare notizia è il fatto che ad essere colpiti dai provvedimenti della Procura di Cremona siano stati giocatori di Serie A. L’ennesimo salto di qualità di un’indagine nata ormai un anno fa. All’alba, infatti, Stefano Mauri (Lazio) e Omar Milanetto (Padova) sono stati arrestati nell’ambito dell’operazione “New Last Bet”. L’operazione è una delle più importanti che si registrano da quando è partita l’inchiesta. Sono infatti stati attivati ben 19 provvedimenti restrittivi e addirittura 30 perquisizioni, provvedimenti che si vanno ad aggiungere ai 17 arresti dello scorso dicembre. Gli arresti non sono stati effettuati però soltanto in Italia ma anche in Ungheria, lì dove sono stati fermati cinque esponenti di un gruppo criminale facente capo al misterioso singaporiano Tan Seet Eng.

COINVOLTA LA SERIE A – Una prima spiegazione dei fatti è giunta da Raffaele Grassi, vice-presidente del Servizio Centrale Operativo. “Questa nuova tranche dell’inchiesta – ha dichiarato a Sky – ha fatto emergere manipolazioni di partite di Serie A del campionato 2010/11, tra cui Lazio-Genoa e Lecce-Lazio. È stata confermata l’esistenza di un’organizzazione transnazionale composta da singaporiani e balcanici, a cui si è aggiunta la componente ungherese”.

Svolta nel caso di calcioscommesse: perquisito Criscito - 2 ANTONIO CONTE INDAGATO – L’altra grande notizia di giornata è che anche l’attuale tecnico della Juventus ha ricevuto una perquisizione all’alba. E, si apprende, è ora indagato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva. Il tutto, ovviamente, è dovuto alla stagione 2010/11, quando era alla guida del Siena. Evidentemente la tanto contestata testimonianza di Filippo Carobbio è stata ritenuta attendibile.

Svolta nel caso di calcioscommesse: perquisito Criscito - 3 INDAGATO ANCHE MEZZAROMA – Il presidente del Siena è tra i protagonisti di spicco della vicenda. Il numero uno toscano è stato sottoposto a perquisizioni come gli altri finiti nel mirino della maxi-operazione. E, alla fine, anche lui è finito nella lista degli indagati dopo essere stato chiamato in causa dal pentito Carlo Gervasoni, secondo il quale Massimo Mezzaroma avrebbe pagato due giocatori avversari per accomodare una partita del Siena.

Svolta nel caso di calcioscommesse: perquisito Criscito - 4 19 COINVOLTI: ANCHE BERTANI – Oltre a Mauri e Milanetto, nella lista dei fermati c’è anche Cristian Bertani, attualmente alla Sampdoria ma nella stagione scorsa al Novara, lì dove sarebbe entrato nella combine contro il Siena. Oltre a questi tre, effettivamente i nomi più importanti, si segnalano anche altri 10 arresti: Paolo Acerbis, Matteo Gritti, Alessandro Pellicori, Ivan Tisci e Marco Turati tra i calciatori, oltre ai cinque ungheresi (Istvan Borgulya, Zoltan Kenesei, Matyas Lazar, Laszlo Schultz, e Laszlo Strasser). Arresti domiciliari per Inacio Joelson e altri due soci d’affari di Gigi Sartor (Luca Burini e Daniele Ragone, entrambi indagati per riciclaggio). Obbligo di firma due volte alla settimana per Francesco Ruopolo e Kewullay Conteh, premiati per aver collaborato nelle ultime settimane. Diversa la posizione di Giuseppe Sculli. Il pm di Cremona aveva chiesto l’arresto anche per lui, ma il gip ha respinto la richiesta in attesa degli sviluppi immediati di questa vicenda. Di certo siamo soltanto all’inizio di una nuova fase. E alle 11, quando si terrà una conferenza stampa nella procura di Cremona, ne sapremo di più.

Svolta nel caso di calcioscommesse: perquisito Criscito - 5 PERQUISIZIONE PER CRISCITO – Il calcioscommesse porta con sé anche un piccolo-grande paradosso. La storia è quella di Mimmo Criscito, che ha ricevuto la visita della polizia per una perquisizione direttamente nel ritiro della Nazionale a Coverciano, questa mattina alle 6:25. Un fuoriprogramma che porta l’attuale calciatore dello Zenit San Pietroburgo nella lista degli indagati per i fatti risalenti alla sua parentesi genoana, così come per Milanetto. Ma il paradosso sta anche in altri due piccoli fatti: entro sera Criscito sarebbe entrato nella lista dei 23 convocati da Cesare Prandelli per la fase finale dell’Europeo e, soprattutto, quest’oggi arriveranno a Coverciano Simone Farina e Fabio Pisacane, i due calciatori di serie inferiori premiati da Prandelli con una “convocazione” virtuale dopo che rinunciarono di partecipare a delle combine. Certe volte il destino è proprio beffardo.

Svolta nel caso di calcioscommesse: perquisito Criscito - 6 PERQUISITO ANCHE SONCIN, ANCORA SIGNORI – La maxi-operazione coinvolge anche altri due personaggi. Andrea Soncin, attualmente all’Ascoli, ha ricevuto la visita della polizia per una perquisizione in mattinata. Il giocatore sarebbe indagato per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva per illeciti risalenti sempre alla stagione di Serie B 2010/11, quando militava nel Grosseto. Rientra di prepotenza anche il nome di Beppe Signori, il big della prima fase dell’inchiesta. A lui, infatti, la Procura di Cremona contesta ora anche il reato di riciclaggio in compagnia di Gigi Sartor (e dei due finiti ai domiciliari, Burini e Ragone).

Svolta nel caso di calcioscommesse: perquisito Criscito - 7 ALLE 13 I CONVOCATI – Il selezionatore azzurro, da quanto si apprende, è determinato ad andare per la propria strada, indipendentemente dalla perquisizione che all’alba ha disturbato non poco il ritiro della Nazionale a Coverciano. E, quindi, per quell’ora renderà nota la lista dei 23 convocati per la fase finale dell’Europeo. Una decisione quanto meno singolare, se si considera che Prandelli avrebbe come termine ultimo le 12 di domani e potrebbe sfruttare il caso di Criscito per prendere ulteriore tempo. Probabilmente, quindi, si arriverà a un annuncio di 23 giocatori con tre riserve, per poi consegnare la lista fra 24 ore.

MAURI DOPO L’INTERROGATORIO IN PROCURA FEDERALE:

Eurosport

 

Sesso, meglio con donne brutte

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Sesso: migliore con donne brutte
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Una scena di Fantozzi con Paolo Villaggio e Milena Vukotic 38
CondividiPer gli uomini il sesso è migliore quando è fatto con donne brutte o di cui non sono innamorati? Sembra che, nella vita di coppia, gli uomini si trovino più a loro agio con una donna poco attraente e a confermare questa ipotesi è ora una recente ricerca scientifica olandese.

Gli uomini nella vita di coppia preferiscono fare sesso con donne brutte. Una teoria da sempre sospettata dai maschi e che ora ha la sua conferma scientifica. I risultati pubblicati da uno studio realizzato dall’Università di Radboud a Nimega, nei Paesi Bassi, e uscita sulla rivista Archives of Sexual Behaviour non lascia infatti spazio a dubbi.

L’ansia da prestazione tra i maschi è parecchio più alta quando si trovano di fronte a una donna molto affascinante, o per cui provano forti sentimenti. La causa sarebbe amputabile allo stress, meno elevato quando gli uomini hanno a che fare con una partner sessuale occasionale o non molto attraente.

Gli studiosi olandesi hanno esaminato i livelli di concentrazione maschili: mostrando loro una bella ragazza attraverso una webcam, questi livelli si sono abbassati. Questa curiosa ricerca è stata così commentata dal segretario generale della Società italiana di endocrinologia, Emmanuele A. Jannini:

«Gli ormoni da stress da una parte possono confondere, dall’altra inibiscono la risposta sessuale, da tempo osserviamo nei nostri pazienti di tutte le età che può essere più facile fare sesso con una compagna il cui giudizio importa poco, magari perché bruttina, rispetto alla crisi di fronte a una donna perfetta.»

Buone notizie dunque per le donne bruttine, le preferite dagli uomini per fare sesso. Da oggi è provato anche scientificamente.

Fonte: Style.it

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Over 30 senza lavoro? A casa con mamma e papà 13
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Il rapporto 2012 dell’Istat si concentra sulla cosiddetta «mobilità ascendente», quell’ascensore sociale che almeno fino a un quarto di secolo fa garantiva che al sacrificio per gli studi sarebbe corrisposto un lavoro adeguato. Ma oggi nulla di tutto questo: il sistema paese, per una complicata serie di fattori conservativi e mancanza di lungimiranza della politica, ha scaricato il peso della mancanza di competitività della nostra economia sui giovani, col risultato di soffocare le loro ambizioni.

Le cifre sono da sconvolgimento biblico: un giovane su due di età compresa fra i 25 a i 35 anni vive coi genitori perché non può mantenersi. Si aggiunge poi il fenomeno dei cosiddetti Neet, giovani che non studiano né non lavorano: sono più di due milioni.

L’Italia non è un paese per giovani, si sa, e neppure per donne. Quindi, com’è logico, si può affermare che la cosa peggiore che ti può capitare in Italia è essere una giovane donna, nel paese dove esistono insuperabili classi sociali – i figli degli operai hanno meno probabilità di laurearsi di quelli delle classi agiate – e dove il 44 per cento di coloro che sono nati dopo il 1980 sono occupati soltanto in contratti a tempo determinato, e sei hai iniziato con un lavoro da operaio, dieci anni dopo nel 29,7 per cento dei casi sei ancora precario.

L’altro effetto di questa crisi è il numero di matrimoni: essendo dimezzata, dal 1992 al 2012, la quota di giovani che esce di casa per sposarsi, stanno diminuendo i matrimoni, e le famiglie di fatto, ricomposte, i single, e tutte le altre forme di relazione tra le persone sono tanto presenti nella società (7 milioni su un totale di 24 milioni) quanto non considerate da una legislazione che spesso le esclude dal welfare. Questa rivoluzione ha deteminato il boom delle convivenze e quelle delle coppie senza figli.

Fonte: Istat – Rapporto Annuale

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Oro alla Pellegrini

 

 

Federica è sempre la regina

Sportal

La regina è sempre lei: Federica Pellegrini ha trionfato nei 200 stile libero agli Europei di Debrecen.

La nuotatrice di Spinea ha vinto la gara di cui è anche campionessa olimpica in carica, chiudendo davanti a tutte con il tempo di 1’56″76. Staccatissime le rivali: sul podio sono salite anche la tedesca Silke Lippok (1’58″19) e la francese Ophelie Cyrielle Etienne (1’58″23).

Il bottino del sabato azzurro ha visto altre quattro medaglie. Fabio Scozzoli ha vinto l’argento nei 50 rana, chiudendo alle spalle del solo Damir Dugonjic. Bronzo al greco Panagiotis Samilidis (27″64), quarto, ad un solo centesimo dal podio, Mattia Pesce (27″65).

Secondo posto anche per Arianna Barbieri nei 50 dorso femminili e per la 4×200 stile libero maschile. Il quartetto azzurro (Gianluca Maglia, Riccardo Maestri, Samuel Pizzetti e Filippo Magnini) ha chiuso in 7’13″10 alle spalle della Germania, oro in 7’09″17.

Matteo Rivolta si è invece aggiudicato la medaglia di bronzo nei 100 farfalla. L’azzurro con il tempo di 52″40 è giunto terzo nella finale vinta dal superfavorito Mirolad Cavic in 51″45, davanti all’ungherese Laszlo Cseh (51″77).

26 maggio 2012

Presunto “corvo” in Vaticano

Il Papa accompagnato da Paolo Gabiele Articoli correlatiPapa: ‘La casa costruita sulla roccia non cede’E’ il maggiordomo del Papa il “corvo” in Vaticano….Vaticano: scoperto e arrestato il ‘corvo’ in posse…Arrestato presunto “corvo” di Vatileaks. “E’ il ma…Diffusione carte segrete, ‘corvo’ è il maggiordomo…Il Papa: “La casa costruita sulla roccia non cade”. Benedetto XVI rattristato per la vicenda del “corvo”Commenta”‘Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia’”. Papa Benedetto XVI, ricevendo il Movimento per il Rinnovamento nello Spirito Santo a San Pietro, ha citato le parole di Gesù dal Vangelo per sottolineare come la parola di Dio possa rappresentare più che mai un punto di riferimento che la nostra società “è caratterizzata dalla insicurezza e dalla frammentarietà delle scelte”.Padre Lombardi: “Dolore e affetto per la famiglia” – L’arresto di Paolo Gabriele, confermato da padre Federico Lombardi, ha destato “stupore e dolore” nel direttore della Sala stampa vaticana. “In Vaticano – ha detto conversando con i giornalisti – tutti lo conoscono, certamente c’é stupore e dolore, e grande affetto nei confronti della sua famiglia, che è molto amata. L’augurio alla famiglia – ha aggiunto – è che possa superare questa prova”. “Non bisogna pensare a tempi brevi” per le indagini sulla fuga di documenti riservati dal Vaticano e se ci saranno “altri atti da eseguire, si eseguiranno”, ha spiegato padre Federico Lombardi.L’indagine sul corvo va avanti – Intanto l’indagine aperta in Vaticano contro le fughe di documenti conosce sviluppi clamorosi, e porta direttamente nell’appartamento del Papa. E’ stato infatti messo in stato di arresto, perché trovato “in possesso illecito di documenti riservati”, niente meno che “l’aiutante di camera” di Benedetto XVI, il maggiordomo del Papa, in assoluto una delle figure più vicine al Pontefice insieme ai segretari personali.

Il Papa ratristato e colpito – Paolo Gabriele – questo il suo nome – è sospettato di essere uno dei “corvi”, coloro che hanno portato all’esterno carte segrete del Vaticano e persino lettere private di papa Ratzinger. Informato dell’arresto dell’aiutante di camera, Benedetto XVI é rimasto particolarmente “addolorato”, ha detto all’ANSA una fonte vicina al Papa, sottolineando come “si tratti di vicende dolorose” e come il Pontefice, “consapevole della situazione” mostri “partecipazione” e sia “rattristato e colpito”.L’arresto di Gabriele – Paolo Gabriele, soprannominato “Paoletto”, romano, 46 anni, sposato con tre figli, è l’aiutante di camera di Benedetto XVI dal 2006, quando ha preso il posto dello “storico” maggiordomo di Giovanni Paolo II, Angelo Gugel. E’ entrato a far parte del ristrettissimo cerchio della “famiglia pontificia”, dopo essere stato a servizio dal prefetto della Casa pontificia, monsignor James Harvey. Ieri pomeriggio Gabriele è stato prima fermato dagli agenti della Gendarmeria, al comando dell’ispettore generale Domenico Giani, per il possesso del materiale riservato e quindi interrogato dal promotore di giustizia, Nicola Picardi, il pm del Vaticano, che lo fatto porre agli arresti.I misteri degli ultimi mesi – L’uomo è trattenuto in stato di detenzione e sorvegliato e “si trova ora – ha spiegato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi – a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti”. La Gendarmeria, nei suoi accertamenti, ha seguito anche le indicazioni della Commissione cardinalizia d’inchiesta nominata dal Benedetto XVI per indagare sui cosiddetti ‘Vatileaks’ degli ultimi mesi, guidata dal cardinale Julian Herranz e composta dagli altri porporati Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi.

Dubbi sul suo ruolo – In Vaticano, comunque, circolano già dubbi sulla possibilità che Gabriele sia effettivamente il “corvo”. E in ogni caso ciò che si presume è che eventualmente non sia il solo. Si fa fatica a pensare, comunque, che nella città leonina si sia voluto sacrificare come semplice “capro espiatorio” una persona così vicina al Papa, l’uomo, per dire, che gli serve il pranzo a tavola o gli prepara il letto la sera.Giallo senza precedenti – Già venerdì, quando il ‘board’ dello Ior ha sfiduciato il presidente Ettore Gotti Tedeschi, uno degli addebiti che gli venivano mossi, oltre alle carenze nella governance dell’Istituto, era di aver fatto filtrare all’esterno informazioni riservate del Vaticano. Sono due, quindi, i laici finora chiamati in causa per le fughe di notizie vaticane. Tuttavia anche su una ipotetica responsabilità dell’ormai ex presidente dello Ior circola più di un dubbio Oltretevere. Una fonte ben informata addirittura tratteggia in uno scontro tra Gotti Tedeschi e il direttore dello Ior, Paolo Cipriani, l’origine di possibili fughe di notizie. Il ‘giallo’, insomma, assume sempre più contorni di una vicenda senza precedenti.Prime teste che cadono – E le teste, anche qui con modalità e tempi mai visti, sono cominciate a cadere. Le indagini, inoltre, vanno avanti alla ricerca di altri presunti responsabili. Dopo mesi di stillicidio dei ‘Vatileaks’, di “veleni”, di sotterranei scontri di potere, il giro di vite sui presunti “corvi” ha avuto una stretta improvvisa negli ultimi giorni dopo la pubblicazione del libro di Gianluigi Nuzzi “Sua Santità”, che contiene una mole di documenti riservati e carte private del Papa, su vicende di cui si è molto discusso, dal caso Boffo al caso Viganò, dalle polemiche sull’Ici e la Chiesa (ci sono carte sui contatti tra lo stesso Gotti Tedeschi e il ministro Tremonti sull’argomento) e sulle leggi italiane che il Vaticano avrebbe voluto fossero cambiate, in particolare su temi etici (se ne parla nella nota che il “ministro degli esteri” mons. Dominique Mamberti stilò in occasione di una cena tra il Papa e il presidente Napolitano).Gli altri reati – Oltre all’indagine interna condotta dalla Gendarmeria e supervisionata dalla Commissione cardinalizia, la Santa Sede ha annunciato che ricorrerà alla giustizia contro il furto, la ricettazione e la divulgazione di “notizie segrete”, descrivendo la pubblicazione dei documenti come “un atto criminoso”. Per questo chiederà anche la “collaborazione internazionale”. Intanto, sullo scenario delle manovre di Curia dipinto dalla pubblicazione dei documenti top secret trapela anche un commento dello stesso Benedetto XVI in un colloquio di due giorni fa in Vaticano: “”Gli italiani, conosciamo gli italiani. Perché disturbare il Papa con queste cose di italiani?”, riferendosi naturalmente ai porporati italiani apparentemente implicati
26 maggio 2012Redazione Tiscali Diventa fan di Tiscali su Facebook Stampa

Massacro in Siria

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Squinzi, neopresidente Confindustria

Squinzi neo presidente di Confindustria: “Occorre avere l’ossessione della crescita, pressione fiscale intollerabile”

“Occorre lavorare moltissimo” e “avere sempre l’ossessione verso la crescita”. E’ questo lo slogan proposto dal neo presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, nella sua prima relazione all’assemblea annuale. “Ho imparato – ha proseguito Squinzi, dopo aver ringraziato il suo predecessore Emma Marcegaglia – che costruire un futuro migliore è nelle nostre possibilità e capacità. Ho una convinzione forte, anzi fortissima, quella che mi ha portato all’impegno che sto assumendo: la bassa crescita dell’Italia è determinata soprattutto dalla difficoltà di fare impresa nel nostro paese”.
Rimuovere le difficoltà – Per questo, secondo il numero uno dell’associazione degli industriali, l’impegno di Confindustria “deve andare verso la rimozione di questa difficoltà”. La “lentezza” della burocrazia, i “lunghissimi” e “incerti” tempi della giustizia, “l’insopportabile” carico fiscale e la “mancanza” di infrastrutture adeguate sono “mali antichi” dell’Italia. “Fare l’imprenditore in Italia – ha concluso Squinzi – non è mai stato un mestiere facile. Oggi è diventata una sfida temeraria. E’ giusto chiedere aiuto a chi te lo può dare. Ma devi sapere che alla fine devi contare sulle tue forze, senza arrendersi mai”.
“Pressione fiscale intollerabile” – Gli industriali, dice quindi Squinzi, chiedono che i proventi della lotta all’evasione, che “é sacrosanta, devono essere utilizzati per ridurre la pressione fiscale su chi produce ricchezza, ossia sul lavoro e sull’impresa”. Per questo, aggiunge, “diciamo no a nuovi balzelli e a tasse fantasiose che creerebbero solo incertezze e sfiducia”. E aggiungiamo, afferma ancora Squinzi, “che occorre privatizzare, oltre che liberalizzare, e valorizzare il patrimonio pubblico con l’obiettivo della riduzione del debito”.
“Dalle parole si passi ai fatti” – Squinzi ha poi espresso un giudizio favorevole per il provvedimento sullo sviluppo allo studio dell’Esecutivo, ma ha chiesto che “dalle parole si passi rapidamente ai fatti”. “Prendiamo atto con soddisfazione – ha detto il successore di Marcegaglia – dell’intenzione del Governo di emanare un ampio provvedimento a sostegno dello sviluppo che riguarda temi diversi. Siamo a disposizione come sempre per confrontarci nel merito. Ma le intenzioni devono tradursi rapidamente in fatti”.
“Sarò il presidente di tutti gli imprenditori” – “Sono e rimarrò uno di voi, un imprenditore. E sarò il presidente di tutti gli imprenditori”, ha detto Squinzi, mettendo così fine alle divisioni che hanno caratterizzato la corsa per la presidenza dell’associazione di viale dell’Asrtronomia. “Questa non sarà la Confindustria di Giorgio Squinzi – ha precisato – sarà la Confindustria di tutti gli imprenditori veri: grandi, medi e piccoli. Sarà la Confindustria di tutti coloro che credono nel futuro della propria impresa e nel futuro del nostro paese”.
L’orrore per l’attentato di Brindisi e gli applausi per Falcone e Borsellino – Desidero esprimere lo sdegno e il senso di orrore che proviamo per l’inaudito attentato alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi”, ha spiegato il nuovo presidente di Confindustria. Un lungo applauso si è poi alzato dalla platea dell’assemblea annuale della Confindustria quando il neo presidente ha ricordato il sacrificio dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e l’anniversario della strage di Capaci. Tutti i partecipanti all’assemblea si sono alzati in piedi e hanno applaudito a lungo. Squinzi ha inoltre ricordato anche gli imprenditori vittime della criminalità organizzata.
Riformare la Pa – Riformare la Pubblica Amministrazione è la priorità da affrontare. “La riforma della Pubblica Amministrazione è la ‘madre di tutte le riforme’ perchè è quella che, insieme alla semplificazione normativa, più ci può aiutare a tornare a crescere”, ha sostenuto il presidente. Dati alla mano, Squinzi ha poi ricordato che anche la burocrazia rappresenta per le imprese una “zavorra”: per i soli adempimenti “ci costa 45 miliardi in più rispetto ai migliori esempi nel resto d’Europa”.
Credito alle imprese – Subito credito alle imprese perché “la carenza e i costi del credito sono il nodo più urgente da sciogliere perché sta soffocando il tessuto produttivo”. È questa la richiesta del nuovo presidente di Confindustria, che aggiunge: “Alle banche e allo Stato italiano chiediamo uno sforzo aggiuntivo”. “Crisi economica e crisi di liquidità”, avverte il neo presidente di Confindustria Giorgio Squinzi “si avvitano in una spirale che mette a rischio la sopravvivenza stessa delle nostre imprese”.
Sostenere i giovani – “Sono stati da poco portati a conclusione – ha detto Squinzi – importanti provvedimenti di legge e accordi con il sistema bancario. Ora vanno attuati con convinzione e determinazione”. “Se non apriamo ai giovani nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l’Italia”, ha dichiarato Squinzi, nella sua relazione all’assemblea dell’Associazione.
“Fare un’analisi dei tagli possibili” – “Non possiamo accontentarci di una spending review che sia solo una bella analisi dei tagli possibili”. Lo ha detto il neo presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi che, nella sua prima relazione all’assemblea annuale, ha sottolineato che “occorre un impegno serio, determinato, continuo per ridurre la spesa pubblica. Servono tagli veri”. Squinzi ha aggiunto che “gli italiani stanno sopportando grandi sacrifici e non capiscono perché l’azienda Stato non possa risparmiare come risparmia l’impresa nella quale lavorano e come stanno risparmiando nelle loro famiglie”.
Essenziale il rispetto della legalità – Il numero uno degli industriali ha poi precisato che “il rispetto della legalità è essenziale per la convivenza civile. ma è anche condizione indispensabile per gli investimenti delle imprese e per il buon funzionamento del mercato”. La legalità – dice – non è tema “solo del Mezzogiorno”, ma “di portata nazionale ed europea”
Riforma del mercato del lavoro – Se la riforma delle pensioni è stata “severa, ma necessaria”, quella sul mercato del lavoro “appare meno utile alla competitività del paese e delle imprese di quanto avremmo voluto”. E’ severo il giudizio sul Ddl lavoro del neo presidente di Confindustria. “E’ una riforma – ha detto Squinzi – che modifica il sistema in più punti, ma a nostro giudizio non sempre in modo convincente”.
Lo Stato acceleri i pagamenti della Pa alle aziende – Sulla certificazione dei crediti delle imprese e le compensazioni rispetto ai debiti iscritti a ruolo “sono state prese misure importanti”, ma “ora ci aspettiamo che lo Stato acceleri davvero i pagamenti, sia per quello che riguarda il debito pregresso, sia per quello che riguarda le nuove forniture”, ha sottolineato Squinzi. “Non possiamo più accettare – ha aggiunto – che le imprese falliscano perchè devono pagare le tasse per forniture fatte allo Stato e che lo Stato non ha pagato”. E, ancora “non possiamo accettare che lo Stato ritardi persino i rimborsi dei crediti Iva”, ha concluso.
“Non stiamo chiedendo la luna” – “Non stiamo chiedendo la luna e non chiederemo la luna. Stiamo solo chiedendo di poter lavorare in un Paese meno difficile e inospitale, più normale, più simile agli altri Paesi avanzati”, ha concluso Giorgio Squinzi, che chiudendo la relazione all’assemblea annuale, sottolinea anche che “non chiediamo favori o privilegi”. Ma sostiene che “lavorare per le nostre imprese significa lavorare anche per una comunità, per il Paese, per la società italiana, di cui sono parte integrante e indispensabile”. E le imprese, aggiunge, hanno bisogno di “certezze” per investire “le proprie risorse” e produrre.
Rivedere il funzionamento di Confindustria – La struttura di Confindustria, il suo meccanismo di funzionamento e le sue articolazioni sul territorio “devono essere riviste” e “rese maggiormente efficienti e adeguate ai tempi”, ha chiarito Squinzi. “Dobbiamo farlo con equilibrio – ha detto Squinzi nella sua prima relazione all’assemblea annuale – senza sconvolgere un sistema che è necessario e ha funzionato bene. Ma dobbiamo farlo. Su questo lavorerà una commissione presieduta da un imprenditore che stimo, Carlo Pesenti. E mi impegnerò io stesso, nei tempi e nei modi adeguati, consultando e coinvolgendo la base imprenditoriale”.
 
 
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Terremoto in Emilia

 

Terremoto in Emilia, riaprono le aziende. Via alla catena della solidarietà: c’è anche il Dalai Lama

L’ottimismo come forma di reazione alla paura, la volontà di ricominciare a lavorare come valvola di sfogo e come necessità: le aziende di Finale Emilia stanno riaprendo, con cautela. Aprono le officine e i bar, non ancora i negozi, la gente ricomincia ad andare a lavorare. Non sarà facile, lo sanno. Eppure la spinta verso il lavoro li aiuta a superare quel che resta del terremoto: paura e distruzione, senso di precarietà. Enrico Santini è l’amministratore delegato della Fiori, sulla provinciale per Ferrara. La sua azienda si occupa di macchine per la movimentazione terra, un buon fatturato per l’export. Da oggi la produzione è ripartita, 65 lavoratori in fabbrica su 80 dipendenti. Il magazzino ricambi è lesionato, ma la ditta può funzionare. “Lavoriamo con i portoni aperti – ha detto Santini – perché i lavoratori sanno che appena sentono una scossa devono scappare fuori. Non avrei potuto tenerli ancora a casa: questa è gente che deve lavorare, se tolgono loro il lavoro si annientano”.
Catena di solidarietà: c’è anche il Dalai Lama – La catena della solidarietà è partita sin da domenica mattina. Ma è oggi che ci si è unito quello che forse è il suo esponente più prestigioso: il Dalai Lama che, attraverso la sua Fondazione, donerà 50.000 euro ai terremotati dell’Emilia. Certo, ieri era stata niente di meno che la neo ministro della cultura francese Aurelie Filippetti a dire al ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi che la Francia è pronta a un aiuto per il recupero del patrimonio culturale ferito dal terremoto. Ognuno, si sa, dona secondo le proprie possibilità. Camst per esempio, azienda di ristorazione collettiva, domenica mattina ha richiamato una delle sue brigate di cucina in servizio e ha sfornato 1.800 pasti caldi. Coop Adriatica ha riempito un camion di pasta e altro cibo, oltre che saponi e dentifricio, per gli sfollati delle tendopoli. Le protezioni civili di sei regioni hanno messo a disposizione le loro colonne mobili. L’Aquila, per voce del suo sindaco Massimo Cialente, ha dato disponibilità a mandare mezzi, perché era stata proprio la Protezione civile dell’Emilia-Romagna una delle più impegnate in occasione del terremoto del 6 aprile 2009. 
Per i privati che vogliono donare c’é il c/c postale 367409 (intestato a Regione Emilia-Romagna – Presidente della Giunta Regionale – Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna); oppure un bonifico alla Unicredit Banca Spa Agenzia Bologna Indipendenza (Iban IT 42 I 02008 02450 000003010203); o un versamento diretto nelle agenzie Unicredit Banca Spa, conto di Tesoreria 1 abbinato al codice filiale 3182. Per gli Enti pubblici, assoggettati al sistema di Tesoreria unica, è invece previsto l’accreditamento sulla contabilità speciale n. 30864 accesa presso la Banca d’Italia – Sezione Tesoreria di Bologna.
Errani: “Fuori le mafie” – Mentre si fanno con un terremoto che non finisce: 229 le scosse fino a stamattina, 11 oltre magnitudo 4, tutta l’Emilia-Romagna però reagisce. Il suo presidente, Vasco Errani, parlando all’Assemblea legislativa, ringrazia ma affronta di petto il tema della ricostruzione. E non nega i suoi timori: “non abbiamo mai nascosto la testa sotto la sabbia per le infiltrazioni mafiose, che ci sono anche in Emilia-Romagna” e ora, con i tanti lavori che si annunciano, “servono forme ulteriormente specifiche per garantirci”.
Individuati 10 milioni per i primi interventi – Sono stati individuati nel Fondo di protezione civile per far fronte agli oneri connessi ai primi interventi urgenti conseguenti al sisma dell’Emilia. Lo prevede un’ordinanza firmata dal capo del Dipartimento, Franco Gabrielli. Il Dipartimento, indica l’ordinanza, coordina le attività delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile ai fini del soccorso e dell’assistenza alla popolazione e degli interventi provvisionali la cui mancata attuazione potrebbe compromettere la pubblica incolumità. Responsabili per l’assistenza alla popolazione e per gli interventi provvisionali sono i direttori di Protezione civile delle regioni Emilia Romagna e Lombardia che operano anche tramite i sindaci dei Comuni interessati e le strutture di coordinamento istituite a livello territoriale.
Vanno avanti le demolizioni – Il campanile della chiesa di San Martino a Buonacompra nella provincia di Ferrara, danneggiato dal sisma, sarà demolito. Ad annunciarlo la direzione dell’Emilia-Romagna per i beni culturali. La torre campanaria, irrimediabilmente indebolita da cedimenti strutturali in tutto il suo sviluppo (dalla base alla cima) è per i tecnici irrecuperabile. E’ stato infatti valutato che nuove scosse di assestamento, o tentativi meccanici di rinsaldare la struttura temporaneamente, avrebbero potuto causarne il crollo definitivo, con un altissimo rischio per l’incolumità della popolazione e degli operatori. E’ l’ultimo aggiornamento che arriva dai sopralluoghi dei funzionari e tecnici della direzione per le prime verifiche dei danni subiti dagli immobili.

Passera: “Stima dei danni difficile, ora via le macerie” – Una stima dei danni provocati dal sisma in Emilia “non è facile, ma sicuramente la gente sta reagendo con molto coraggio e la ricostruzione è in corso”. Lo ha dichiarato il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, intervistato dalla Cnn. “Vedrete che i segni del terremoto spariranno presto dal paesaggio”, ha aggiunto il ministro.

Continua la conta dei danni in Polesine – A tre giorni dal sisma che ha scosso anche il Polesine continua la conta dei danni. A Castelmassa, nella scuola elementare chiusa con una ordinanza del sindaco fino alla fine dell’anno scolastico, dal soffitto di una delle classi si è abbattuto sui banchi un pezzo di controsoffitto di almeno tre metri. I vigili del fuoco hanno proseguito con i sopralluoghi statici alle abitazioni private. In tutto dalla notte del sisma i controlli sono stati 150 ed è probabile che continueranno anche nei prossimi giorni. Intanto una gru è arrivata a Ficarolo e si è posizionata a fianco la chiesa Sant’Antonio Martire per controllare il campanile, il terzo per altezza in tutto il Veneto. La cuspide del campanile rischia di crollare sulle case che si trovano di fianco alla struttura o anche in piazza Marconi. La gente sta vivendo con ansia questa situazione, il rischio di un possibile crollo è infatti forte.

23 maggio 2012

Dati ISTAT

I DATI DELL’ISTAT FOTOGRAFANO LA SITUAZIONE ITALIANA

Figli a casa fino a 34 anni
Pochi matrimoni, più divorzi

In ritardo sulle donne al lavoro. L’Ocse: Pil -1,7%, il pareggio
si raggiungerà nel 2014

I DATI DELL’ISTAT FOTOGRAFANO LA SITUAZIONE ITALIANA

Figli a casa fino a 34 anni
Pochi matrimoni, più divorzi

In ritardo sulle donne al lavoro. L’Ocse: Pil -1,7%, il pareggio
si raggiungerà nel 2014

ROMA — È la molla che spinge i genitori a far studiare i figli, lo stimolo che porta ragazzi e ragazze a cercare un lavoro migliore. Fino agli anni Settanta ha funzionato, consentendo alle famiglie di salire qualche gradino, generazione dopo generazione. Adesso l’ascensore sociale si è bloccato. Anzi, va in direzione opposta, dall’alto verso il basso. Dice il rapporto Istat 2012 che se la «mobilità ascendente si è ridotta» è invece «aumentata la probabilità di sperimentare una mobilità discendente». Specie per i figli della «classe media impiegatizia e della borghesia». E non è certo l’unica notizia negativa che arriva dalle 300 pagine del lavoro presentato ieri dall’Istituto nazionale di statistica.

Figli a casa
Aumenta ancora il numero dei giovani che restano a vivere con i genitori: sono il 41,9% nella fascia che va dai 25 ai 34 anni, contro il 33,2% del 1993. Non chiamiamoli bamboccioni, però. La metà di loro, il 45%, resta da mamma e papà non per scelta ma perché non ha un lavoro e non può mantenersi, figuriamoci pagare un affitto. Aumentano anche i cosiddetti Neet, i giovani che non studiano e non lavorano: tra i 15 e i 29 anni hanno superato i 2 milioni, più di uno su cinque. Il guaio è che il momento del distacco si allontana sempre di più: se guardiamo la fascia d’età fra i 35 e i 44 anni, i figli che restano in casa sono arrivati al 7%, il doppio del 1993.

Matrimoni in calo
Scende di parecchio il numero delle coppie sposate che ha figli: appena il 33,7% nel 2010-2011 contro il 45,2% del 1993. La famiglia tradizionale diventa minoranza anche nel Mezzogiorno dove rappresenta poco più del 40% contro il 52,8% di vent’anni fa. Raddoppiano invece le nuove forme familiari: tra single, single con figli, convivenze e nuclei allargati siamo a 7 milioni su un totale di 24 milioni. I matrimoni sono in continua diminuzione: poco più di 217 mila nel 2010, nel 1992 erano 100 mila in più. Mentre aumentano le separazioni: ci si arriva tre volte su dieci, una proporzione raddoppiata in 15 anni. In media ci si separa dopo 15 anni di matrimonio: i mariti ci arrivano a 45 anni, le mogli a 41.

Donne come a Malta
Non c’è più l’alibi di un tempo quando il loro livello di istruzione era mediamente più basso. Ma ancora adesso per le donne il mercato del lavoro è più difficile. Siamo il Paese europeo dove è più alto il numero di coppie in cui la donna non ha uno stipendio. Il 33,7%, una su tre, come noi riesce a fare solo Malta. In un terzo delle coppie il lavoro domestico è tutto a carico della donna e spesso «tale asimmetria è associata con un più limitato accesso al conto corrente della famiglia, basse quote di proprietà dell’abitazione, scarsa libertà di spesa per se stessa, poco coinvolgimento nelle scelte importanti che riguardano il nucleo familiare ». Una condizione di moderna schiavitù che può arrivare anche nel corso della vita: a due anni dalla nascita di un figlio quasi una madre su quattro (il 22,7%) ha lasciato il lavoro.

Povero Mezzogiorno
Bastano due numeri per capire come l’Italia sia ancora a due velocità: al Sud le famiglie povere sono 23 su 100, al Nord scendono a 4,9 su 100. Ed è proprio nel Mezzogiorno, dove ce ne sarebbe più bisogno, che i servizi sociali funzionano peggio. Qualche esempio. Gli asili nido ci sono soltanto in due comuni su dieci, nel Nord Est sono otto su dieci. Per i disabili i Comuni del Mezzogiorno spendono otto volte meno di quelli settentrionali. Più in generale la spesa sociale è scesa dell’ 1,5% al Sud, mentre nel resto d’Italia è cresciuta, fino a un massimo del 6% registrato sempre nel Nord Est.

Famiglie più povere
L’Italia produce più ricchezza ma le famiglie italiane sono diventate più povere. Sembra una contraddizione e invece è il succo, amarissimo, del confronto fra l’Italia di oggi e quella del 1992. Il primo indicatore da guardare è il Pil pro capite, il prodotto interno lordo che misura la distribuzione media della ricchezza in un Paese. In termini reali, cioè neutralizzando gli effetti dell’inflazione, dal 1992 al 2011 è cresciuto dell’11,6%. Il secondo indicatore, invece, è il reddito disponibile procapite, cioè i soldi che restano in tasca alle famiglie e che possono essere spesi davvero. Sempre in termini reali, tra il 1992 e il 2011, è sceso del 4%. Italia più ricca ma italiani più poveri, dunque. Come è possibile? In questi 20 anni sono aumentate tre voci che in qualche modo «dirottano » la ricchezza prodotta nel Paese, non la fanno arrivare nelle tasche degli italiani. «La prima — spiega il presidente dell’Istat Enrico Giovannini — è la pressione fiscale, ma poi ci sono le rimesse agli immigrati che spediscono nel loro Paese buona parte di quello che guadagnano da noi e soprattutto i profitti delle multinazionali che, su scala più vasta, fanno la stessa cosa ».

Ultimi per la crescita
Negli ultimi dieci anni, in realtà, anche il Pil ha stentato parecchio. Tra il 2000 e il 2011 il Prodotto interno lordo è salito a un ritmo dello 0,4% l’anno, il più lento tra i 27 Paesi dell’Unione Europea. Anche se ci sarebbe da considerare pure l’economia sommersa che l’Istat stima nel 2008 pari a 275 miliardi di euro. Sarebbe il 17,5% del Pil, mezzo punto in meno rispetto al 2000. Ma l’istituto di statistica sottolinea che con la crisi il peso del nero si è «verosimilmente allargato».

Previsioni
Per la prima volta il rapporto annuale dell’Istat contiene anche le previsioni sull’andamento dell’economia nei prossimi mesi. Nel 2012 il Pil dovrebbe scendere dell’1,5% per poi risalire di mezzo punto nel 2013. Quest’anno scenderanno ancora i consumi delle famiglie, si prevede un meno 2,1%, e soprattutto gli investimenti per i quali viene stimato un crollo del 5,7%. L’unica voce a reggere sono le esportazioni con una domanda estera netta che dovrebbe far segnare un +1,2%. Mentre le importazioni continueranno a scendere con un -4,8%.

Ocse
Ancora peggiori le cifre che arrivano dall’Ocse, l’organizzazione che raggruppa 34 Paesi a economia avanzata. La previsione è che il Pil calerà di più nel 2012 (-1,7%) e continuerà a scendere anche l’anno prossimo con un flessione dello 0,4%. Per questo, sempre secondo l’Ocse, l’obiettivo del pareggio di bilancio è da rinviare almeno di un anno, al 2014. E anzi «potrebbe essere necessaria una manovra fiscale ulteriore, in considerazione della recessione prevista». Un’ipotesi che il presidente del consiglio Mario Monti dice di «non vedere all’orizzonte».

Lorenzo Salvia23 maggio 2012 | 7:53© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

A 20 anni dalla strage di Capaci

Primapagina

Goal Politics: a 20 anni dalla strage di Capaci diamo un calcio alla mafia!

Giovanni Falcone

08:30 del 23 maggio

Per non dimenticare: gli uomini passano, le idee restano. Il 23 maggio 1992 fu scritta una delle pagine più atroci della storia italiana: il giudice Giovanni Falcone venne assassinato dalla mafia insieme a sua moglie Francesca Morvillo e ai tre agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo con una carica di cinque quintali di tritolo mentre viaggiavano sull’autostrada A29 Trapani-Palermo nei pressi dello svincolo di Capaci.

“La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni” (cit. Giovanni Falcone).

Nel suo piccolo anche il mondo del calcio può e deve fare qualcosa. Questa sera, proprio in memoria degli eroi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, allo stadio ‘Renzo Barbera’ di Palermo si gioca la Partita del Cuore tra nazionale cantanti e nazionale magistrati con un portiere d’eccezione come il capitano della Roma, Francesco Totti (diretta tv su Rai Uno alle ore 20.40).
Lo scorso 13 novembre, per promuovere e affermare il valore della legalità, la Nazionale italiana si è allenata in Calabria a Rizziconi su un campo da calcetto sorto su un terreno confiscato alla ‘ndrangheta. Allora il ct Cesare Prandelli salutò la gente del posto prendendo in prestito un coro da stadio: “Non mollate mai!“.

Dalla Chiesa a CM: “Mafia e scommesse, il calcio è accerchiato”.