L’economia secondo i grillini

 

 

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L’economia secondo i grillini: provocazioni, ma c’è anche buon senso

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Argomenti: Società quotate | Beppe Grillo | Paul Krugman | Parma | Bce | Ecuador | Borsa Valori

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2012 alle ore 06:37.

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Federico Pizzarotti (Emblema)Federico Pizzarotti (Emblema)

«Sono per uscire dall’euro, con il minor danno possibile, e non pagare il debito pubblico o pagarne solo una parte». È stato questo uno degli slogan di maggior impatto pronunciati da Beppe Grillo nel corso della campagna elettorale di queste elezioni amministrative. Citando le opinioni di economisti e analisti, per rafforzare il messaggio, il leader del Movimento 5 Stelle ha parlato di un’Italia «Paese fallito» che dovrebbe rinegoziare il debito pubblico, seguire l’esempio di Ecuador o Islanda. Un obiettivo che, se preso seriamente dai mercati, da solo basterebbe a far schizzare lo spread a 1.000 punti.

Eppure sul sito ufficiale del partito, di default ed euroexit non c’è traccia. Al contrario, verso la fine di una lunga lista di proposte su temi economici sotto la voce “programma” sulle pagine di www.beppegrillo.it, c’è un traguardo politico che suona molto diversamente: «Riduzione del debito pubblico con forti interventi sui costi dello Stato con il taglio degli sprechi e l’introduzione di nuove tecnologie» per l’accesso alle informazioni pubbliche. Uno tra tanti punti che sembrano dettati dal buon senso e da una voglia di pulizia e di trasparenza, piuttosto che non dalla provocazione: abolizione delle scatole cinesi in Borsa, dei monopoli di fatto e delle cariche multiple dei consiglieri nei Cda delle società quotate; divieto di incroci azionari tra sistema bancario e industriale; tetto agli stipendi del management di società private e pubbliche, per menzionarne alcuni tra i principali.

 

Lo scollamento tra gli slogan politici urlati da Grillo e il programma redatto sul sito del Movimento 5 stelle è presto spiegato. Un programma a livello nazionale non c’è, non esiste ancora ma stando a fonti del partito, il documento sarebbe in fase di stesura nell’ambito dell’entourage stretto di Grillo. E allora, che peso ha il programma nel sito? Si tratta, stando sempre a qualificate fonti interne al partito, della raccolta spontanea delle principali proposte avanzate dal 2009 dalla base, dai grillini, espressione di preferenze a livello locale. Quel che manca adesso è un salto di qualità, un programma nazionale che chiarisca senza ombra di dubbio qual è e quale sarà in vista delle elezioni politiche generali la posizione del Movimento a 5 Stelle su un argomento così vitale come quello della permanenza o meno nell’euro e del rispetto degli obblighi contrattuali sul servizio del debito oppure del default pilotato.

È possibile che già da oggi, quei mercati totalmente assorbiti dalle nuove elezioni greche, dai programmi elettorali dei partiti greci, dal “referendum greco” sull’euro e da quell’80% dei cittadini ellenici che vogliono continuare ad aderire alla moneta unica, dopo la vittoria di Grillo inizino a interrogarsi sui progetti del Movimento a 5 Stelle. Con il rischio che quegli stessi investitori istituzionali stranieri che dalla scorsa estate hanno perso la fiducia nell’Italia, cioè nella sua capacità di rimborsare i debiti, comincino a temere che potrebbe perdersi addirittura la volontà politica dell’Italia di ripagare puntualmente e integralmente il debito.

Il programma economico spontaneo che emerge dalle proposte dei grillini sembra invece preoccuparsi di più di altro, per rendere giustizia alle minoranze azionarie e lottare contro il conflitto d’interessi e gli abusi di posizioni dominanti, proteggendo i deboli. Tra le idee avanzate, ad esempio, c’è anche quella di rendere responsabili gli istituti finanziari sui prodotti proposti, con una compartecipazione alle eventuali perdite: un obiettivo impraticabile, perché esporrebbe le banche a rischi imponderabili di perdita, ma che richiama le tragiche esperienze dei Tango bond argentini, delle obbligazioni Parmalat e Cirio che hanno dilaniato decine di miliardi di risparmio degli italiani.

Beppe Grillo per contro si è spinto molto avanti con le sue provocazioni in piazza sull’uscita dell’Italia dall’euro: ha argomentato la sua tesi ricordando che «su 27 Stati aderenti alla Ue, dieci hanno mantenuto la loro divisa, tra questi Gran Bretagna, Svezia, Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca che non rischiano alcun default». E poi ha citato Paul Krugman sul difficile mix tra rigore e crescita, e denunciato le “banche zombies” che acquistano i titoli di Stato con la liquidità delle operazioni LTRO della Bce invece di finanziare l’economia.

I grillini hanno caricato il loro programma economico spontaneo di «abolizioni» e «divieti», molti obiettivi puntano a «impedire», «vietare», «abolire». Resta ancora da vedere cosa finirà nel programma nazionale del Movimento 5 Stelle e soprattutto se quel programma rifletterà fedelmente l’opinione prevalente tra i membri alla base del partito. Nelle amministrative, il tema del debito pubblico è sì affiorato ma è anche stato affrontato in chiave locale, come debito locale: e come nel caso di Parma, non è stato sbandierato il default pilotato.

Fino alle elezioni generali, è auspicabile che i mercati sappiano distinguere tra gli slogan di Grillo da campagna elettorale e i programmi, più o meno trasparenti, dei grillini.

Fecondazione eterologa

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Consulta: sulla fecondazione eterologa i giudici valutino la sentenza di Strasburgo che lascia liberi i governi

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2012 alle ore 21:20.

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Sentenza tecnica della Consulta sulla fecondazione eterologa. «La Corte Costituzionale – si legge in una nota – si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale» del divieto di fecondazione eterologa fissato dalla legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita, «sollevata dai Tribunali di Firenze, Catania e Milano, restituendo gli atti ai giudici rimettenti per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 3 novembre 2011 (S.H. e altri contro Austria), sulla stessa tematica».

La Consulta rimanda dunque gli atti ai tribunali di Firenze, Catania e Milano, a cui si erano rivolte alcune coppie sterili sollevando la questione di costituzionalità, e li invita a esaminare la questione alla luce della sentenza emessa il 3 novembre 2011 dalla Camera grande della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo: la Corte aveva legittimato, di fatto, il no al ricorso alla donazione di ovuli e sperma in vitro per avere un figlio stabilito da un Tribunale austriaco, impedendo così a due coppie il ricorso a tecniche di fecondazione eterologa, cioè con un donatore esterno alla coppia.

 

Il caso austriaco
In Austria la normativa sulla fecondazione assistita consente solo la donazione di gamete maschile in vivo, e non in vitro, e vieta la donazione di gamete femminile.

La sentenza stabiliva che la decisione del Tribunale austriaco non era in violazione della Convenzione dei diritti dell’uomo. La Corte aveva dunque deciso che non c’era stata la violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione dei diritti dell’uomo.

Le reazioni
«La Corte costituzionale, in pratica, ha deciso di non decidere», commenta Maria Paola Costantini, uno dei legali delle coppie sterili i cui casi sono giunti oggi davanti alla Corte per decidere sulla possibilità di ricorrere alla donazione di gameti esterni alla coppia per concepire un figlio. Il legale accoglie dunque la sentenza con parziale soddisfazione: «Se avesse dichiarato costituzionalmente legittimo il divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge italiana, nel nostro Paese questa pratica non sarebbe stata possibile per molti anni».

Per Alberto Gambino, ordinario di diritto civile e direttore del dipartimento di scienze umane dell’Università Europea di Roma la Corte «ha lasciato aperta la questione in ordine a conflitti del divieto con altri principi costituzionali, non dando così una lettura definitiva».

Secondo Barbara Pollastrini, del Pd, la sentenza della Corte costituzionale sulla fecondazione eterologa «è la conferma di una legge confusa che presenta contorni di inapplicabilità». «La vicenda non è chiusa – aggiunge -. Ora tornerà ai singoli tribunali. Il dispiacere è per quelle coppie che dovranno continuare altrove il loro doloroso “turismo” procreativo».

«Quella della Corte è una decisione interlocutoria, coi cui la Consulta dà spazio ai giudici che poi torneranno di fronte alla Corte stessa», dice anche l’avvocato Marilisa D’Amico, ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Milano e legale di alcune coppie.

Invece Severino Antinori definisce la sentenza di oggi come una «decisione da Ponzio Pilato, è una vergogna». «Farò disobbedienza civile – annuncia – ed entro un mese comincerò a Roma con la fecondazione eterologa».

L’articolo 4 della legge 40 vieta la fecondazione eterologa
La legge 40 consente il ricorso alla procreazione medica assistita solo «qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità».

Sono vietate la clonazione umana, e soprattutto la fecondazione eterologa (art. 4), cioè con un donatore esterno alla coppia, punto su cui da diversi tribunali (Firenze, Catania, Milano) sono state avanzate questioni di legittimità a seguito dei ricorsi delle coppie.

Questioni respinte al mittente oggi dalla Consulta alla luce della sentenza della Corte europea di Strasburgo del novembre 2011 che giudicava legittimo il divieto alla eterologa.

Vietata inoltre qualsiasi sperimentazione sull’embrione, nonché «qualsiasi forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gametì. Su quest’ultimo punto ruota la polemica sulla diagnosi genetica pre-impianto, di fatto vietata anche alle coppie con motivi concreti di timore per eventuali tare genetiche ereditarie, per il semplice motivo che a prescindere dall’esito dell’esame l’embrione non è selezionabile. Tra i passaggi più contestati, contenuti nel capitolo “Misure a tutela dell’embrione”, quello che prevede la creazione di embrioni finalizzata «ad un unico e contemporaneo impianto, e comunque non superiore a tre».

In sostanza, si possono produrre un massimo di tre embrioni, cifra ritenuta da molti esperti troppo bassa, e per di più tutti e tre da impiantare insieme, il che può aver contribuito all’incremento di parti trigemellari nel nostro paese.

D’altra parte l’impianto contemporaneo è l’unica soluzione, dal momento che la legge 40 vieta la crioconservazione degli embrioni stessi (permessa invece quella dei gameti) fatti salvi gravi e temporanei motivi di salute della madre, che possono portare a una crioconservazione in vista del trasferimento «da realizzare non appena possibile».

Proprio questi ultimi due punti sono già stati dichiarati illegittimi nell’aprile del 2009 dalla Corte Costituzionale.

Dati ISTAT

Al Sud povere 23 famiglie su 100. Tra il 1993 e il 2011 i salari contrattuali fermi. Siamo un Paese di vecchi

Ancora forti disuguaglianze in tema di povertà: al Sud sono povere 23 famiglie su 100, al Nord 4,9 (dati 2010). Il 67% delle famiglie e il 68,2% delle persone povere risiedono nel Mezzogiorno. Lo rileva il rapporto annuale Istat riferendo i dati della povertà relativa, che riguarda la spesa media effettuata dalle famiglie.

Ascensore sociale lento e spesa ferma – ”Bassa fluidità sociale” in Italia; le opportunità di miglioramento rispetto ai padri ”si sono ridotte e i rischi di peggiorare sono aumentati”. Lo dice l’Istat segnalando ”disuguaglianze nelle opportunità degli individui”. Rara la salita sociale solo l’8,5% di chi ha un padre operaio riesce ad accedere a professioni apicali. Nel corso del 2011 la dinamica in volume della spesa delle famiglie per consumi finali ha evidenziato, dopo una stagnazione nel primo trimestre, una continua e via via maggiore contrazione (-0,1% nel secondo trimestre, -0,4% nel terzo e -0,7% nel quarto su base congiunturale).

Sommerso tra 255 e 275 miliardi – Il sommerso in Italia vale fra 255 e 275 miliardi, cioè fra il 16,3% e il 17% del Pil. Lo stima l’Istat nel suo rapporto annuale, con riferimento al 2008. Il dato è in riduzione rispetto al Duemila, quando il peso sul Pil era oltre il 18%. Con la crisi l’area dell’economia sommersa si è ”verosimilmente allargata”.
Tra il 1993 e il 2011 i salari contrattuali fermi – Tra il 1993 e il 2011 le retribuzioni contrattuali in Italia in termini reali sono rimaste ferme. E’ quanto si legge nel Rapporto annuale Istat secondo il quale la crescita per le retribuzioni di fatto è stata di quattro decimi di punto l’anno. Complessivamente, dall’inizio della recente crisi economica, cioé dal 2008, le famiglie hanno visto crescere del 2,1% il reddito disponibile in valori correnti, cui é corrisposta una riduzione del potere d’acquisto (cioé, in termini reali) di circa il 5%. Se si considera la dinamica crescente della popolazione residente, nel 2011, il potere d’acquisto delle famiglie per abitante è del 4% inferiore a quello del 1992.
+1,7 milioni di occupati tra il 1995 e il 2011, ma il Sud arretra – Gli occupati in Italia sono aumentati tra il 1995 e il 2011 di 1,66 milioni di unità (+7,8%) ma la crescita si è concentrata nel Centro Nord mentre il Sud ha fatto un passo indietro (da 6,4 a 6,2 milioni di lavoratori). E’ quanto emerge dal Rapporto annuale Istat. Nello stesso periodo l’occupazione nei paesi Ue15 è aumentata di 24,7 milioni di unità (+16,6%). Tra il 1993 e il 2011 gli occupati maschi sono scesi di 40.000 unità mentre le occupate sono passate da 7,6 a 9,3 milioni (1,5 mln in più nel Centro Nord, 196.000 al Sud).
Italia ultima nella crescita Ue – Nel periodo 2000-2011 con una crescita media annua pari allo 0,4%, l’Italia risulta ultima tra i 27 stati membri dell’Unione europea, con un consistente distacco rispetto sia ai Paesi dell’eurozona, sia dell’Unione nel suo complesso (circa un punto percentuale in meno all’anno).
In Italia le mamme perdono il lavoro – Nel 2012, a due anni dalla nascita del figlio quasi una madre su quattro (il 22,7%) in precedenza occupata non ha più un lavoro. E’ quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Istat presentato oggi. Solo il 77,3% delle neo mamme mantiene quindi il posto di lavoro a due anni dalla nascita del figlio, un dato in calo rispetto all’81,6% del 2006. Rispetto al 2002 le percentuali di licenziamento tra le cause di interruzioni del rapporto passano dal 6,9% al 23,8%.
Siamo un Paese di vecchi – L’aumento della sopravvivenza e la bassa fecondità continuano a rendere l’Italia uno dei paesi più “vecchi”: attualmente si contano 144 persone di 65 anni e oltre ogni 100 con meno di 15. Nel 1992 la proporzione era di 97 a 100. In Italia si vive sempre più a lungo: gli uomini in media 79,4 anni, le donne 84,5, con valori leggermente più bassi nel Mezzogiorno (78,8; 83,9). Dal 1992 a oggi gli uomini hanno guadagnato 5,4 anni di vita media, le donne 3,9, soprattutto grazie alla riduzione della mortalità nelle età adulte e senili (2,1 anni guadagnati da entrambi i sessi per la riduzione della mortalità del sistema circolatorio; 1,2 anni gli uomini, 0,6 anni le donne per la riduzione della mortalità a causa di tumori maligni).
Nascono sempre meno bambini – Il tutto mentre continuano a nascere sempre meno bambini: nel 2011 sono venuti al mondo 556 mila bimbi, circa 21 mila in meno rispetto al 2008. Il numero medio di bambini per donna è 1,42. Alla crescita demografica contribuiscono soprattutto le donne straniere (2,07), mentre le italiane si fermano a 1,33. In generale, si rovescia la geografia della fecondità: le regioni più prolifiche sono quelle del Nord (1,48) e del Centro (1,38).

Aumenta il numero dei giovani che restano in casa – Il 41,9% dei giovani tra 25 e 34 anni vive ancora in famiglia contro il 33,2% del 1993-1994. Il 45% dichiara di restare in famiglia perché non ha un lavoro e non può mantenersi autonomamente. Il prolungamento della permanenza in casa con i genitori si estende anche a giovani adulti:il 7% fra 35-44 anni vive ancora in famiglia, dato raddoppiato. Si dimezza in 20 anni la quota di giovani che esce di casa per sposarsi.

 

 
 
 
 
 

Risultati ballottaggi

 

Ballottaggi: Pizzarotti vince a Parma ed è sindaco a 5 stelle. Bersani: “Abbiamo vinto noi”. Flop di Lega e Pdl

Il candidato grillino Federico Pizzarotti è il nuovo sindaco di Parma con il 60,23% delle preferenze, Marco Doria del centrosinistra ha vinto su Enrico Musso del Terzo Polo a Genova, dove ha trionfato l’astensionismo, e Leoluca Orlando è stato eletto per la quarta volta a Palermo. Il sindaco del capoluogo siciliano non ha festeggiato la vittoria, in “rispetto alle vittime di Brindisi e del terremoto” ma ha lanciato un messaggio ai partiti: “Capiscano la lezione che viene da Palermo o non andremo da nessuna parte. La mia candidatura è apparsa una risposta all’antipolitica”. Bene il centrosinistra che si impone a L’Aquila, Como, Cuneo, Asti, Alessandria, Taranto, Piacenza, Isernia e Rieti.

La soddisfazione dei vincitori – Nel corso di queste elezioni amministrative, tra primo e secondo turno, il centrosinistra, nelle sue varie composizioni, complessivamente ha vinto in 15 capoluoghi di provincia su 26. Soddisfazione è stata espressa dal segretario del Pd, Pierluigi Bersani: “Abbiamo vinto, non ci ruberanno la vittoria”. L’Udc elegge i propri candidati a Cuneo ed Agrigento. Il Movimento 5 stelle conquista anche a Comacchio, Sarego e Mira. Beppe Grillo esulta via twitter: “Dopo Stalingrado ora ci aspetta Berlino”. Dura sconfitta per la Lega che perde sette ballottaggi su sette. Semplice l’analisi della disfatta da parte del leader in pectore Maroni: “Pagato prezzo altissimo per vicende giudiziarie”. Il Pdl vince a Trapani e Frosinone ma nel complesso il risultato è deludente. ll segretario del Popolo delle libertà Angelino Alfano ha affermato che lavorerà “per dare una nuova offerta politica” agli elettori del centro destra. Scarsa l’affluenza. Il numero dei votanti è stato pari al 51,38% in calo di quasi 14 punti percentuali rispetto al primo turno.

Trionfo del Movimento 5 Stelle – “Sarà un trionfo”, aveva pronosticato Beppe Grillo. Detto fatto, ora il sindaco di Parma è il grillino Federico Pizzarotti, 39 anni, project manager informatico in una banca. Per molti era impensabile, anche per la campagna elettorale “a basso costo” e dopo 14 anni di giunte di centrodestra, l’ultima travolta da scandali e inchieste. Pizzarotti ha sconfitto con il 60,23% il candidato Pd, Vincenzo Bernazzoli (avanti al primo turno con il 39,2% con il grillino al 19,9), sostenuto dal centrosinistra. Politico di lungo corso e attuale presidente della Provincia, si pensava che avesse la strada spianata con il comune commissariato per i buchi di bilancio provocati dal centrodestra, ma da domani, lo ha già detto, tornerà a lavorare in Provincia. Nel Pd è resa dei conti e il segretario provinciale, Roberto Garbi, paga subito con le dimissioni. Il neo sindaco Pizzarotti tende a tenere il proprio successo sul piano locale, con i suoi 19 consiglieri comunali su 32 e i problemi del debito comunale e dell’inceneritore avversato (per lo stop ai lavori ci sono penali da pagare). Per questo risultato, oltre a Grillo, si era speso ufficiosamente più di un esponente Pdl, in funzione anti Pd. Ma è un risultato che, comunque, proietta ancora di più il Movimento 5 Stelle verso le elezioni politiche del 2013, sospinto dal vento anti-casta. L’esito dei cinque ‘referendum’, come li aveva chiamati Beppe Grillo, dà ora al M5S i sindaci di Comacchio (Ferrara), Mira (Venezia) e soprattutto Parma. Dopo Sarego (Vicenza), vinto al primo turno. Età media 31 anni e sei mesi, con Pizzarotti il più ‘vecchio’. Insomma, conquistata Stalingrado-Parma, ora Beppe Grillo si aspetta Berlino-Roma. 
Il programma di Pizzarotti – A Parma intanto cambiano le istituzioni, almeno secondo il programma di Pizzarotti: referendum propositivo senza quorum, bilancio comunale partecipato, consulta di associazioni e comitati, sedute aperte del Consiglio comunale e tutto sul web, dove i cittadini saranno chiamati direttamente a esprimersi. Per la sua squadra, Pizzarotti ha fatto una consultazione in rete. Arrivati circa 150 curriculum, gli assessori sono tutti da scegliere, ma on line ecco tre “consiglieri del sindaco”, gratuiti: Loretta Napoleoni per l’economia partecipata; Maurizio Pallante che ha già lavorato al Piano energetico di Reggio Emilia; Pierluigi Paoletti, analista finanziario e presidente di Arcipelago Scec che si occupa di economie locali sociali. Poi, Fabio Salviato, co-fondatore e già presidente di Banca Etica, le indiscrezioni lo danno già assessore al Bilancio; e tra i consulenti, forse, l’urbanista dello stop al consumo di suolo, Paolo Berdini, già segretario generale dell’Inu; per la gestione dei rifiuti Raphael Rossi, già presidente di Asia a Napoli e di Amiat a Torino dove ha ‘rifiutato tangenti’ e ha ‘denunciato i corruttori’, come scrive Pizzarotti sul sito. Nulla di tutto questo è facile e il neo sindaco è alla sua prima esperienza politica, cosa che non smettono di ripetere i suoi detrattori. Ma lui annuncia già: “Parleremo con tutti”.

Bersani rivendica la vittoria delle elezioni – Nella prima analisi del voto nelle grandi città, salta all’occhio un messaggio “antisistema”. Trionfano candidati espressioni di forze fuori dalla maggioranza che sostiene il governo: dal grillino Federico Pizzarotti al già sindaco Dc Leoluca Orlando sostenuto da Idv Sel ed ecologisti. A Genova il centrosinistra vince con Marco Doria e mentre Beppe Grillo già punta alle politiche, il segretario del Pd Pierluigi Bersani riflette sulla sconfitta a Parma e fa parlare i numeri. “Di 177 comuni sotto i 15 mila abitanti – conteggia – abbiamo vinto in 92. Questi sono i fatti: abbiamo vinto senza se e senza ma le elezioni amministrative del 2012. E non sarà consentito a nessuno il simpatico tentativo di rubarci la vittoria”. I numeri dicono anche che sono 16 i comuni che vanno alla coalizione di centrosinistra (più Palermo dove stravince Orlando) e passano dal Pdl al centrosinistra 11 comuni, tra cui città come Monza, Como, Asti, Rieti, Alessandria, Lucca, Brindisi. Nel Pd si levano però anche voci che chiedono cambiamento, come quella di Matteo Renzi, sindaco ‘rottamatore’ di Firenze, per il quale “vivono nell’iperuranio o su Marte” quelli che parlano di una stravittoria del Pd.

Debacle del Pdl – Chi non nasconde affatto la debacle è il Pdl: nessuno degli esponenti di vertice si sogna di negare o minimizzare la sconfitta. A partire dal segretario Angelino Alfano, che immediatamente comprende il dato del voto e anche la scelta degli elettori moderati di non andare a sinistra ma di astenersi. “Il loro messaggio e fortissimo: chiedono una nuova offerta politica – riflette -. Siamo determinati a offrirla a loro e al Paese”. Sono in molti (da Lupi a La Russa, da Alemanno a Napoli) a sperare non in un semplice restyling ma in un nuovo progetto, con nomi e volti diversi, magari nell’inedita alleanza con Casini e Montezemolo.

Affonda la Lega – Anche la Lega fa filotto al contrario e non lo nasconde. Il Carroccio perde 7 ballottaggi su 7. “Con questa sconfitta – ammette Roberto Maroni – si chiude la traversata nel deserto. Abbiamo pagato un prezzo altissimo agli scandali. Ora si apre la fase dei congressi”.

Terzo Polo irrilevante – Il Terzo Polo conferma la sua irrilevanza, anche se il leader Udc Pier Ferdinando Casini su Twitter attacca lo “scandaloso” Tg1 per aver taciuto le vittorie a Cuneo ed Agrigento. E’ il segretario Lorenzo Cesa a spiegare che, dopo aver “smantellato” il Terzo Polo, ora l’Udc non guarda “né a destra né a sinistra ma lavora per ricostruire il centro moderato”, con un grande progetto che lo stesso Casini annuncerà in Luglio.

Astensionismo choc – Ma è l’astensionismo choc l’altro dato eclatante di questo secondo turno, che si svolge in un clima singolare per il Paese, con le immagini della dirette tv sulle amministrative sovrapposte a quelle del terremoto in Emilia e del funerale della sedicenne Melissa Bassi a Brindisi, dove la democrazia è sotto attacco ed arriva lo Stato, con molti ministri ed il premier Mario Monti dal volto indicibilmente triste.

22 maggio 2012
Redazione Tiscali

Giornata mondiale contro l’omofobia

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Giornata Mondiale contro l’Omofobia: l’Italia resta a guardare?
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I simboli dell’amore omosessuale. 26
CondividiSi celebra oggi la Giornata Mondiale contro l’Omofobia e la Transfobia, evento che si ripete ogni 17 maggio dal 2007 per volontà dell’Unione Europea. Un momento importante per la salvaguardia dei diritti e dei doveri della comunità LGBT, sempre più di frequente vittima di soprusi, dal bullismo alla violenza fisica.

Una giornata particolarmente sentita in questo 2012, proprio perché con forza la questione gay è entrata nell’agenda politica di molti governi, non ultimo quello statunitense con le dichiarazioni del Presidente Barack Obama, che si è detto favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. Ma mentre il dibattito si accende in tutto il mondo occidentale, con la stessa Europa che ha chiesto agli stati membri di creare delle norme ad hoc affinché sia garantita l’uguaglianza formale di tutti i cittadini senza discriminazioni religiose, politiche o di orientamento sessuale, l’Italia rimane a guardare.

Galleria
Le parole di Barack Obama hanno avuto di certo eco anche sullo Stivale, ma la politica sembra essere poco propensa a prendere sul serio la questione. In particolare, ha stupito l’opinione pubblica – generando fitte polemiche – la posizione di chiusura da parte del PD, con i dubbi espressi dal leader Pier Luigi Bersani, salvatosi oggi in corner con delle dichiarazioni anti-discriminazione, e dall’ex segretario Dario Franceschini. Quest’ultimo, in una recente intervista, ha sottolineato come i matrimoni gay siano in contrasto con la Costituzione, che specifica come le nozze siano fra un “uomo” e una “donna”. In realtà, la Costituzione Italiana non fa alcun riferimento al sesso dei coniugi, così come palese dall’Articolo 29:

«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.»

Semmai, il pomo della discordia potrebbe ruotare attorno a quella “società naturale” da cui nasce una vera e propria bagarre interpretativa con la contrapposizione accesa di due schieramenti. I più conservatori, come i partiti di destra, sottolineano come “naturale” indichi un rapporto sessuale eterosessuale in senso stretto, ovvero la penetrazione vera e propria atta alla riproduzione. I fautori del matrimonio omosessuale, invece, sostengono come la parola indichi la spontaneità del nucleo sociale che si viene a creare, ovvero una società che si autogenera fra i coniugi con il supporto reciproco, senza imposizioni dall’alto. Un’interpretazione, quest’ultima, supportata anche dalla sociologia, che già dagli anni ’70 considera la famiglia non come l’unione sessuale di due individui ai fini della riproduzione, bensì un nucleo spontaneo di persone unito da un legame di parentela, aiuto, supporto, ospitalità e servizio reciproco nell’ambiente domestico.

La questione omosessuale non si esplica, tuttavia, soltanto nel tema del matrimonio. Ormai quotidiane sono le notizie di violenze, pestaggi e abusi dentro e fuori dai confini dello Stivale, con un aumento preoccupante dei suicidi fra gli adolescenti perché vittime indifese del bullismo. Lo dimostra Thomas Hammarberg, commissario europeo per i diritti dell’uomo, che proprio di recente ha pubblicato il primo studio comparato sulle condizioni della comunità LGBT nei 47 stati del Consiglio d’Europa. Una ricerca che ha dimostrato come “l’odio contro gli individui LGBT negli ultimi anni è aumentato in molti paesi”, con un triste primato dell’Italia che per ben due volte ha rigettato la legge anti-omofobia proposta da Anna Paola Concia. In definitiva, il mondo occidentale sembra evolversi, l’Italia come al solito rimane a guardare. D’altronde, l’Italia è pur sempre la nazione in cui si litiga per la parola “profilattico” utilizzata in Rai, un terreno poco fertile per stimolare discussioni pregne su argomenti più seri, quali appunto l’omofobia.

Fonti: L’Unione Sarda, Agi, Espresso

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Beatles

Beatles: foto rara di Abbey Road, Paul McCartney con i sandali

Abbey Road

L’immagine inedita dei Beatles ad Abbey Road all’asta.

Beatles all’asta: sarà battuta a Bloomsbury a Londra una foto inedita che ritrae i Fab Four sull’attraversamento pedonale di Abbey Road. Non si tratta però dell’immagine ufficiale dell’album omonimo, ma di un altro scatto, uno dei sei che fu realizzato in quei dieci minuti di posa dal fotografo Iain Macmillan, amico di Yoko Ono. La particolarità è nel fatto che nell’immagine Paul McCartney, anziché andare scalzo, indossa un paio di sandali.

La foto inedita di Abbey Road sarà battuta partendo da una base di 10.000 sterline e rappresenta una vera rarità per i collezionisti e gli appassionati dei Beatles. Ci sono tra la foto ufficiale e questa delle profonde differenze, oltre ai sandali di Paul McCartney: percorso dell’immagine che va all’asta, infatti, va da destra a sinistra e non da sinistra a destra e in lontananza si vede un Westfalia bianco e rosso, non un’auto che sembra puntare Paul.

L’immagine ufficiale di Abbey Road è infatti presa ad esempio da chi sostiene la teoria del PID, la più celebre teoria del complotto del mondo della musica: la copertina del disco sarebbe infatti un indizio dell’avvenuta morte di Paul McCartney e i Beatles sarebbero, secondo molti, intenti a celebrare un funerale, nelle vesti di angelo (John Lennon), officiante (Ringo Starr), defunto (Paul) e becchino (George Harrison). Inoltre, in alcune culture l’uomo scalzo individua il fatto che quella persona sia morta.

La copertina di Abbey Road fu oggetto anche di una divertente parodia a opera dello stesso Paul McCartney: su una delle targhe ritratte si legge 28if, che è stato come gli anni di Paul qualora fosse vivo. Il cantante nel 1993 ha pubblicato il disco Paul is Live, e nella stessa posizione su Abbey Road c’è una macchina dalla targa 51is, ossia che afferma che Paul era vivo e aveva all’epoca 51 anni.

Fonte: The Sun.

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Dieta dimagrante normoproteica

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Alimenti base della dieta normoproteica 0
CondividiLa dieta dimagrante normoproteica si basa su un menu giornaliero da 1550 calorie ed è adatta a tutte le donne che vogliono perdere peso in maniera definitiva e senza rinunciare al gusto di un buon piatto di pasta. Spesso le diete si basano su un taglio drastico dei carboidrati per avere un risultato immediato in termini di perdita di chili, ma poi a lungo andare non appena vengono reintrodotti nell’alimentazione il peso perduto si riacquista.

La dieta dimagrante normoproteica invece si basa su un apporto equilibrato di proteine (17%), grassi (26%) e anche carboidrati (57%). In questo modo si riesce a buttare giù il peso di troppo con risultati duraturi e mantenendosi in salute seguendo i dettami della nostra tipica dieta mediterranea, riconosciuta universalmente come la più sana.

Ecco come farla. La colazione è il momento in cui concentrare le riserve di energia attraverso i carboidrati presenti nei cereali, il latte scremato o in alternativa lo yogurt magro, che apportano la giusta dose di calcio e caffè o tè. Il pranzo e la cena prevedono un menu abbastanza libero purché si rispettino alcune regole di base.

Ecco lo schema settimanale: 90 grammi di pane o pasta o riso o orzo o farro o farina di mais o semola oppure 300 grammi di patate o gnocchi di patate a scelta. 1 secondo a rotazione tra 100 grammi di carne 3 volte a settimana, 120 grammi di pesce 3 volte a settimana, 100 grammi di formaggio fresco (o 50 grammi di stagionato o erborinato) 3 volte a settimana, 50 grammi di salumi sgrassati o magri (tipo bresaola, speck, prosciutto) 2 volte a settimana, 50 grammi di legumi secchi 2 volte a settimana e 2 uova 1 volta a settimana.

A questi che sono gli alimenti base attraverso cui fare il pieno di proteine, carboidrati e lipidi vanno aggiunte giornalmente frutta e verdura a piacere. Per quanto riguarda i condimenti, si devono tenere presenti le seguenti dosi giornaliere: 3 cucchiaini di miele o zucchero; 5 cucchiaini di olio extra vergine di oliva, 30 grammi di cracker o biscotti secchi o 50 grammi di pane.

Almeno per il primo mese sono banditi i dolci, mentre una volta a settimana è possibile concedersi una pizza margherita o con verdure e sostituire i cracker o biscotti secchi con un buon bicchiere di vino o birra o un bicchierino di superalcolico.

Fonte: Starbene.

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Terremoto in Emilia

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Terremoto nel Nord Italia, grave situazione in Emilia
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Un’immagine eloquente della furia del terremoto in Nord Italia. 24
CondividiTerremoto nel Nord Italia: una forte scossa alle 4,04 di questa mattina ha svegliato molti italiani e per alcuni, purtroppo, è stata fatale.

Sono sei le vittime del disastro, mentre si contano al momento 50 feriti e oltre tremila sfollati. Il terremoto, di magnitudo 6, aveva l’epicentro a 36 chilometri a nord di Bologna, ma c’è stato un altro sisma poco dopo le 15 di magnitudo 5.1. I centri più colpiti sono Sant’Agostino e Finale Emilia.

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I sei morti del terremoto sono quattro operai e due donne. I quattro operai erano al lavoro in differenti ambienti e stavano per lo più terminando il loro turno, uno di loro era anche vicinissimo alla pensione. Le due donne sono invece un’ultracentenaria morta per lo spavento e una tedesca di 37 anni, deceduta in seguito a un malore. Martedì il premier Mario Monti decreterà lo stato di calamità naturale. La maggior parte degli sfollati, 2500 persone, vengono dal modenese, mentre gli altri sono della provincia di Ferrara.

In queste ore stanno avvenendo numerose scosse d’assestamento e terremoti di minore entità. Il sisma è stato avvertito fino a Milano, Torino e addirittura in Francia. Fortunatamente ci sono delle storie di salvezza, come quella di una bambina di 5 anni sepolta dalle macerie: una vicina che aveva problemi di linea è stata contattata dal figlio che si trovava a New York, il quale ha allertato il 113 in Italia riuscendo a salvare la piccola.

Salvi anche i bimbi di Mirandola, dove è crollata la chiesa in cui questa mattina avrebbero dovuto esserci le comunioni. Il parroco ha commentato a SKY TG24:

«Questa mattina dovevano esserci le comunioni. Per fortuna i nostri ragazzi si sono salvati. Se fosse successo qualcosa ai nostri bambini sarebbe stato tremendo, invece, ringraziando Dio, ci sono danni solo alla chiesa.»

Fonte: Il Messaggero.

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Robin Gibb dei Bee Gees è morto

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I Bee Gees: Robin Gibb è al centro. 13
CondividiI Bee Gees restano monchi di un altro componente. Si tratta di Robin Gibb, 62 anni, che è scomparso a causa di un cancro contro cui lottava da tempo. Nel 2003 era scomparso anche il gemello Maurice, anche lui parte del gruppo. Una grande perdita per il mondo della musica, in particolare per gli amanti della discomusic degli anni ’70.

I Bee Gees, che erano formati da Robin Gibb e dai suoi fratelli Maurice e Barry, quest’ultimo il più anziano e ancora in vita, sono stati delle vere e proprie icone musicali: tra i pezzi più noti ci sono How Deep Is Your Love, Stayin’ Alive e Night Fever, che fanno parte della colonna sonora della pellicola culto La febbre del sabato sera.

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Tre di quattro fratelli formarono i Bee Gees: nati nell’Isola di Man e naturalizzati australiani, i tre musicisti avevano un quarto fratello, Andy, anche lui musicista, che però non volle mai far parte del gruppo nonostante le richieste degli altri, e che morì prematuramente a 30 anni a causa di problemi cardiaci.

29 album all’attivo, una separazione e una riunione, i Bee Gees hanno rappresentato più di tutti lo spirito della discomusic degli anni ’70, non solo per la loro musica, ma anche per il loro look, i loro lunghi capelli, il falsetto che li contraddistingueva. Il lutto per la morte di Robin si aggiunge a un altro avvenuto nel mondo della musica nei giorni scorsi, quello per Donna Summer.

Fonte: Ansa.

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Paolo 12 ore ago

Sono fortunelli i fratelli Gibb… Mi ricordano i Von Erich, famiglia dedita al wrestling da generazioni, e nella quale ogni tanto qualcuno muore per le cause più assurde, non sempre legato al wrestling in sé (uno è morto di tumore, un altro si è sparato e così via)

Segnala Mi piace! RispondiRispondi amorepsiche 11 ore ago

rimango senza parole…nn so che dire…

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Ritenzione idrica

Come combattere la ritenzione idrica
21 maggio 2012 Vania Russo Guida al condominio
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Donna che controlla la propria cellulite. 0
CondividiLa ritenzione idrica è uno dei problemi più comuni tra le donne e molto spesso è indipendente dal peso. Si tratta infatti di un ristagno nei tessuti che provoca gli antiestetici cuscinetti di cellulite e gonfiore su gambe e glutei. La causa molto spesso risiede nello stress, in una vita troppo frenetica ma allo stesso tempo sedentaria che causa la degenerazione dei tessuti.

Come combattere la ritenzione idrica? La strategia d’attacco deve essere mirata su più fronti, da quello nutrizionale con la giusta attenzione ai cibi che possono favorire il drenaggio a quello più estetico con una serie di massaggi localizzati e l’aiuto di essenze e oli naturali.

La mattina è il momento in cui l’organismo è maggiormente predisposto a recepire ogni tipo di sostanza, ecco perché è utile iniziare la giornata con un decotto di barbe di mais (in erboristeria) dolcificato con miele d’arancio da gustare con gallette di riso con malto di riso o orzo.

A pranzo e cena prediligere i cibi freschi. Un tipico menu facilmente digeribile e contenente sostanze rigeneranti per i tessuti è composto da un piatto di pasta con pomodoro fresco e basilico o pesto. E per secondo una insalata mista o verdure grigliate. Al posto del caffè scegliere una tisana al limone ricca di vitamina C.

La regola dei due spuntini giornalieri a metà mattina e metà pomeriggio vale anche nella strategia anti-ritenzione idrica. L’aceto di mele può essere una valida alternativa al tè mentre la frutta deve essere sempre fresca e di stagione, ottime le fragole al limone dall’effetto drenante e disintossicante.

Per completare il programma e ottenere i migliori risultati ecco una serie di massaggi stimolanti in grado di riattivare la circolazione e sgonfiare proprio lì dove si accumulano i liquidi e le tossine. Meglio ancora se effettuati prima di coricarsi così da espletare il loro effetto benefico durante il sonno.

L’olio essenziale di melissa scioglie l’ansia, che è una delle principali cause della comparsa della cellulite, e predispone a un buon riposo notturno. Se ne possono diffondere 10 gocce nell’aria della camera da letto, prima di dormire. Se abbinato all’olio di arancio amaro, svolge un’azione snellente molto forte.

L’arancio infatti è in grado di bruciare il grasso sottocutaneo, ridona tono e vigore ai tessuti e una pelle più liscia. Diluire 15 gocce di olio essenziale di arancio amaro in 50 ml di olio di jojoba. Conservare in una bottiglietta di vetro scuro e massaggiarne poche gocce sulle zone critiche.

La sera è anche il momento migliore per togliersi lo stress di dosso grazie a un buon pediluvio da effettuare con piccioli di ciliegio alternati a maggiorana. Per un effetto drenante e sgonfiante immediato, alternare l’ammollo in acqua calda con docciature fredde soprattutto sulle caviglie e risalendo fino all’inguine.

Fonte: obiettivo benessere.

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