Morto Fabrizio Frizzi

Morto Fabrizio Frizzi, addio a un pezzo di tv. Mercoledì i funerali

Si è spento nella notte in ospedale in seguito a un’emorragia cerebrale. Aveva 60 anni. Un mese fa, parlando della malattia, disse: “Non è ancora finita”. Rita Dalla Chiesa: “Mancherà a tutti”. La camera ardente a viale Mazzini. Il dolore sui social

IL RICORDO Quell’innata gentilezza d’animo – di P.DEGLI ANTONI

Frizzi, il racconto di Valeria: “Mi donò il midollo quando avevo 11 anni”

Pubblicato il 26 marzo 2018
Fabrizio Frizzi, il ricordo commosso di amici e colleghi sui social

Roma, 26 marzo 2018 – Fabrizio Frizzi è morto. A dare l’annuncio la famiglia del conduttore in una nota. “Grazie Fabrizio per tutto l’amore che ci hai donato”, hanno scritto la moglie Carlotta, il fratello Fabio e i familiari. Frizzi, 60 anni, si è spento nella notte all’ospedale Sant’Andrea di Roma, in seguito ad una emorragia cerebrale. Il 23 ottobre scorso Frizzi venne colto da un malore, una ischemia, durante la registrazione di una puntata del programma ‘L’Eredità‘. Venne ricoverato al Policlinico Umberto I di Roma dove fu dimesso alcuni giorni dopo. Il conduttore tornò in tv a dicembre, sempre alla guida del programma di Rai Uno. “L’Eredità è una gioia, fa bene anche al fisico – scherzò con Vincenzo Mollica annunciando il suo ritorno sugli schermi -. L’adrenalina sento che mi aiuta a stare meglio”. Lo scorso 5 febbraio ha compiuto 60 anni. Circa un mese fa, parlando della malattia disse: “Non è ancora finita”. “Se guarirò – sottolineò – racconterò tutto nei dettagli, perché diventerò testimone della ricerca. Ora è la ricerca che mi sta aiutando. Ogni tanto, com’è normale, qualche momento di sconforto può esserci”, spiegò “ma l’affetto della famiglia, del pubblico e degli amici è una luce che illumina tutto. La vita è meravigliosa“.

Frizzi, il racconto di Valeria: “Mi donò il midollo quando avevo 11 anni”

CAMERA ARDENTE E FUNERALI – Ora la sua ‘casa’ d’adozione, la Rai, accoglierà il conduttore per l’ultima volta. E’ nella sede di viale Mazzini, dove tantissime volte Fabrizio ha messo piede per definire programmi e contatti con i vertici di reti e aziendali, che sarà allestita la camera ardente. L’omaggio del pubblico comincerà alle 10 e andrà avanti fino alle 18. I funerali si terranno invece mercoledì 28 marzo alle 12 nella Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo.

“Mancherà a tutti”

IL FRATELLO E L’EX MOGLIE – “Grazie a tutti, ora ci sono delle faccende da sbrigare e stiamo lavorando per organizzare”, ha detto ai giornalisti il fratello Fabio mentre si allontanava dall’ospedale Sant’Andrea di Roma. “Mancherà a tutti”, è stata l’unica frase pronunciata dall’ex moglie Rita Dalla Chiesa, anche lei fuori dall’ospedale.

IL RICORDO Quell’innata gentilezza d’animo – di P.DEGLI ANTONI

SCHEDA Frizzi, dalla tv dei ragazzi a L’eredità

DOLORE SUI SOCIAL – Sui social amici, colleghi e fan hanno riversato il loro dolore per la scomparsa di Frizzi. “Grazie amico mio per tutto”, ha scritto Antonella Clerici. “Ci conoscevamo da più di trent’anni e non l’ho mai visto arrabbiarsi”, ha detto Gianni Morandi su Facebook. “Non è stato mai divo. Non ha mai fatto colpi di testa che qualcuno fa perché si crede di essere superiore agli altri: era uno fra i tanti, e questa sua bontà di fondo lo portava ad essere amatissimo”, ha detto Pippo Baudo in un lungo ricordo ai microfoni di radio Capital.

Cordoglio anche dal mondo della politica. “Ciao Fabrizio Frizzi, resterai indimenticabile grazie al tuo sorriso, l’eleganza e quei modi che facevano breccia nel cuore di tutti noi. Ti ricorderemo per la positività e per la gioia che riuscivi a trasmettere sempre. Ci mancherai”, ha scritto su Facebook Luigi Di Maio. Anche Salvini lo ha salutato su Facebook. “Buon viaggio Fabrizio, una delle persone più belle, professionali e gentili della televisione”.

IL RICORDO DI MATTARELLA – Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha inviato ai familiari un messaggio di cordoglio nel quale ricorda “il garbo, la professionalità, la simpatia” del presentatore scomparso.

IL RICORDO DELLA RAI – “Con Fabrizio se ne va un pezzo di noi, della nostra storia, del nostro quotidiano”, ha commentato la Rai in una nota. “Non scompare solo un grande artista e uomo di spettacolo, con Fabrizio se ne va un caro amico, una persona che ci ha insegnato l’amore per il lavoro e per l’essere squadra, sempre attento e rispettoso verso il pubblico – continua la nota -. Se ne va l’uomo dei sorrisi e degli abbracci per tutti. L’interprete straordinario del coraggio e della voglia di vivere. E’ impossibile in questo momento esprimere tutto quello che la scomparsa di fabrizio suscita in ognuno di noi. Così la Rai tutta, con la presidente Monica Maggioni e il direttore generale Mario Orfeo, può solo stringersi attorno a Carlotta e alla sua famiglia in questo momento di immenso dolore”.

Il videoracconto di una carriera

 

 

Fabrizio Frizzi (LaPresse)

Fabrizio Frizzi (LaPresse)

Bardonecchia, la Francia sospende i controlli sui migranti in Italia

Bardonecchia, la Francia sospende i controlli sui migranti in Italia

Il ministro transalpino: “Andrò in Italia, se serve rivedremo il nostro accordo”. La Procura di Torino apre un fasciolo, per ora a carico di ignoti

Pubblicato il 1 aprile 2018 

Bardonecchia (Torino), 31 marzo 2018 – Dopo lo scontro diplomatico tra Francia e Italia, il ministro transalpino dei Conti Pubblici, Gérald Darmanin, ha dato mandato ai poliziotti doganieri francesi di interrompere i controlli sui migranti al di là del confine, almeno per il momento. E’ il primo effetto sortito dal caso esploso dopo l‘incursione della polizia transalpina il 30 marzo a Bardonecchia, dove una pattuglia di agenti delle Dogane ha svolto un controllo di tipo sanitario su un migrante in una sala utilizzata dalla Ong Rainbow4Africa come centro di accoglienza.  “Ho chiesto ai doganieri, che non hanno fatto nulla di illegale, di sospendere il funzionamento del nostro accordo, in attesa di una mia visita al governo italiano – dice Darmanin, nella trasmissione ‘Grand jury’ di Lci-Rtl-Le Figaro -. Se bisogna rivedere l’accordo, ovviamente lo faremo”, aggiunge sottolineando che “l’Italia è una nazione sorella”.

Nel frattempo, sul fronte italiano, oggi arriva anche un risvolto giudiziario. La procura di Torino ha infatti aperto un fasciolo su quanto accaduto la sera di venerdì. Per ora il procedimento è a carico di ignoti, anche perché non si conoscono le generalità dei poliziotti francesi.

L’INCHIESTA – I reati ipotizzati dalla procura di Torino sono quelli di abuso in atti di ufficio, violenza privata e violazione di domicilio. A quanto si apprende, gli inquirenti valutano anche l’eventuale sussistenza del reato di perquisizione illegale. L’inchiesta è stata avviata dopo l’invio di una prima annotazione da parte del commissariato di polizia di Stato di Bardonecchia. La Questura di Torino trasmetterà prossimamente al procuratore capo Armando Spataro una informativa più approfondita. Nel frattempo sono già stati disposti alcuni atti di indagine: tra essi, l’acquisizione di documenti e l’audizione di persone informate sui fatti.

LO SCONTRO – Il mondo politico ha condannato unanime il blitz francese nel presidio gestito da Rainbow4Africa.  “Altro che espellere i diplomatici russi, qui bisogna allontanare i diplomatici francesi!”, ha tuonato Matteo Salvini. “I fatti di Bardonecchia sono gravi. Così di certo non si fa la nuova Europa”, il commento del segretario Pd, Maurizio Martina. Giorgia Meloni di Fdi ha parlato di “inaccettabile violazione della sovranità italiana”, mentre Forza Italia ha chiesto al governo “di chiedere scuse immediata da parte del presidente francese Macron.  Il Movimento 5 Stelle del Piemonte ha definito “inaccettabile l’irruzione della Polizia francese” e ha detto di aspettarsi “una ferma risposta da parte delle istituzioni italiane”.

Agenti della polizia di dogana francese a  Bardonecchia (Ansa)

Agenti della polizia di dogana francese a Bardonecchia (Ansa)

Piemonte, frana travolge auto. Due morti nell’Ossola

Piemonte, frana travolge auto. Due morti nell’Ossola

Le vittime sono due coniugi svizzeri che viaggiavano a bordo della vettura. Un grosso masso è caduto anche sulla ferrovia

Pubblicato il 1 aprile 2018
Frana travolge auto in Val Vigezzo, due morti

Torino, 1 aprile 2018 – Tragedia in Piemonte nel pomeriggio di oggi. Una frana è caduta sulla statale 337 della Val Vigezzo, fra l’Ossola (Verbano-Cusio-Ossola) e la Svizzera, travolgendo un’auto e uccidendo le due persone che si trovavano a bordo. Le vittime, di nazionalità svizzera, sono due coniugi di Bellinzona nel Canton Ticino: 55 anni lui, 53 lei. La loro vettura è stata trascinata giù per decine di metri e per loro non c’è stato nulla da fare: entrambi sono deceduti in seguito alle fratture causate dalla massa di terra e macigni .

Sul posto sono intervenute squadre dei Vigili del fuoco, il soccorso alpino e quello della Guardia di finanza, insieme ai cani molecolari per accertare se vi fossero altre vittime. L’area è stata fatta sgomberare e a Meis, frazione del Comune di Re, è stato diramato un allarme per possibili nuovi smottamenti, dopo che la rete paramassi si è aperta in alcuni punti.

Un grosso sasso è precipitato anche sulla sottostante ferrovia Vigezzina (che collega Domodossola a Locarno) che in quel momento non era attraversata da convogli. La linea è stata interrotta.

Già nel novembre del 1993 una frana aveva ucciso tre persone nella stessa zona. Il sindaco di Re, Oreste Pastore, ha denunciato che “da anni si parla della messa in sicurezza della statale 337 e non si e’ mai fatto nulla. Qui ogni giorno passano centinaia di frontalieri che lavorano in Svizzera oltre a numerosi turisti. Ora basta, non possiamo continuare a piangere morti”.

La frana sulla statale 337 della Val Vigezzo (Ansa)

La frana sulla statale 337 della Val Vigezzo (Ansa)

Al-Sisi sempre più Faraone d’Egitto.

Al-Sisi sempre più Faraone d’Egitto. Ma il futuro è in mano ai militari

Ha conquistato il 97% dei voti, meglio del 96,9% del 2014. Ma è un trono solido e fragile, perchè è basato sulla  repressione e la negazione dei diriti umani ed è sempre più legato al sostegno delle Forze Armate

 

di ALESSANDRO FARRUGGIA

Pubblicato il 2 aprile 2018

Il Cairo, 2 aprile 2018 – Il Faraone è ora più che mai sul trono. Alle elezioni presidenziali egiziane ha conquistato 21.835.387 voti, pari al 97%: una valanga di voti, persino meglio del 96,9% del 2014. Ma quello di Al Sisi è un trono al tempo stesso solido e fragile, perché è basato sulla  repressione e la negazione dei diriti umani e soprattutto perchè è sempre più legato al sostegno delle Forze Armate, che come accadde con Mubarak o Morsi, può sempre toglierlo.

Come tradizione in Egitto,  l’affluenza è bassa: solo  45%. Un paio di punti i meno del risultato del 2014 quando vinse Al Sisi e quasi sei in meno del 51.85% con il quale vinse il candidato dei Fratelli Musulmani, Morsi.  Il presidente  non ha quindi una grande base elettorale. Ha il sostegno di  una minoranza di elettori: il suo potere si basa sulla repressione e sulle armi, non sul popolo.  Che come sberleffo massimo si è permesso di annullare oltre un milione di schede votando per l’idolo degli stadi Mohamed Salah, che ha preso il doppio dei preferenze del solo sfidante ufficiale, il candidato “giallo” Moussa Moustafà Moussa, che di voti ne ha presi 656 mila.
“Il modo in cui Sisi ha gestito le elezioni, inasprendo la repressione e soffocando in modo violento e spietato i candidati legati al potere militare come Shafiq e Ananhanno scritto Andrew Miller e Amy Howthorne su Foreign Affairs –  dimostra che il suo mantenimento al potere dipende in gran parte dalla lealtà dei militari, o almeno dalla loro acquiescenza. Il fatto che gli sfidanti siano emersi anche dall’establishment militare in primo luogo suggerisce che tale sostegno è diminuito, una tendenza che ha sconvolto Sisi”.

“Le forze armate – prosegue Foreign Affairs – rimangono l’istituzione più potente dell’Egitto, e Sisi è diventato presidente nel 2014 con il loro forte sostegno. Ma egli deve essere ben consapevole che i militari potrebbero rivolgersi contro di lui. Dopo tutto, i militari hanno rimosso gli immediati predecessori di Sisi, Morsi e Hosni Mubarak, una volta che si è trattato di vederli come una responsabilità per i propri interessi”. “In qualche modo – concludono –  Sisi potrebbe essere ancora più dipendente dalle forze armate di quanto non fosse Mubarak, perchè Sisi è salito al potere con un colpo di Stato militare e non ha costruito basi alternative di sostegno al di fuori dell’istituzione. La sopravvivenza politica di Sisi dipenderà in primo luogo dalla sua capacità di mantenere i costi percepiti per la sua rimozione superiori a quelli della sua permanenza al potere”

La sopravvivenza poltica di Sisi dipende da due sfide: l’economia e la sicurezza. Sisi lo sa bene e  per questo ha attuato una serie di difficili riforme economiche, tra cui il taglio delle sovvenzioni e la svalutazione della sterlina egiziana, per migliorare la vulnerabile posizione macroeconomica dell’Egitto. Queste misure hanno avuto l’effetto immediato di danneggiare le condizioni di vita della popolazione egiziana, più ovviamente sotto forma di inflazione in fuga che ha superato lo scorso anno al 34,2 per cento, è da vedere se porteranno benefici a medio termine. Nei due lustri passati i benefici di una maggiore attività economica non sono stati condivisi, come dimostrano i tassi di disoccupazione  elevati, l’aumento della povertà e l’aumento delle disuguaglianze in termini di ricchezza, e questo crea il malconbtento che portò alla rivolta del 2011. Le recenti scoperte energetiche condotte da Eni nelle acque egiziane potrebbero modificare in parte questo scenario, ma non sono da sole garanzia di successo della scommessa ecomica di Sisi.

E poi per il Faraone c’è  la questione della lotta al terrorismo. “Garantire la sicurezza – scrive Foreign Affairs – è fondamentale per l’immagine dell’esercito come difensore della nazione egiziana, e un  mancato adempimento di questo dovere potrebbe provocare l’alienazione del popolo dal  regime o anche seminare dubbi nei militari circa la capacità di Sisi di far fronte alle principali minacce del paese, come la violenza da parte di gruppi jihadisti. Sebbene un significativo peggioramento dell’ambiente di sicurezza sia meno probabile che provochi manifestazioni popolari rispetto a un continuo peggioramento delle condizioni di vita, se la leadership militare ritiene Sisi responsabile di tale peggioramento, potrebbe sentirsi costretta ad agire. Uno scenario in cui i gruppi jihadisti compiano importanti incursioni nei centri abitati della Valle del Nilo, con la conseguente perdita da parte dello Stato del controllo effettivo sul territorio o il crollo dell’ordine pubblico, rappresenterebbe una seria sfida per la posizione di Sisi, pubblicamente e all’interno del regime”.

A tutto questo si aggiunge anche la minaccia costituita dalla nuova Grande Diga del Rinascimento Etiope (GERD). “Sembra probabile – scrive Foreign Affairs – che l’Etiopia inizi a riempire la diga già quest’estate, un processo che potrebbe ridurre il flusso di acqua nel Nilo e provocare una riduzione del 25 per cento della già scarsa disponibilità di acqua da parte dell’Egitto. Ciò potrebbe avere enormi implicazioni per le condizioni di vita di milioni di egiziani, che hanno già una delle quote di acqua pro capite più basse al mondo, e per l’economia egiziana. A causa dell’apparente riluttanza dell’Etiopia ad affrontare le legittime preoccupazioni dell’Egitto, Sisi dispone di poche opzioni per attenuare la minaccia rappresentata dalla GERD. Egli potrebbe avviare un’azione militare segreta o palese contro la diga. Ma, a causa della limitata capacità di spedizione dei militari egiziani, le prospettive di usare la forza per fermare o addirittura ritardare il riempimento della diga sono scarse, e un attacco militare di alto profilo e fallito contro l’Etiopia minerebbe le credenziali di sicurezza di Sisi e danneggerebbe il prestigio dei militari”.

Il Faraone ha vinto, ma il futuro resta da scrivere e sarà influenzato da molti fattori, non ultimo il sostegno economico dell’alleato Arabia Saudita (pagato anche con la cessione di due isole del Mar Rosso) e dell’America, che, dimenticate le critiche di Obama, è toirnata a fianco dell’alleato egiziano, a prescindere di quanto illiberale ne sia la guida, e del crescende appoggio russo, carta abilmente giocata da Sisi per riconquistare Washington. Quanto all’Europa, crescono l’influenza francese e britannica e cala quella italiana. E’ meritorio che nel suo messaggio di felicitazioni a Sisi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia ricordato di aver accolto con favore “le dichiarazioni da lei fatte in più occasioni circa l’impegno suo personale e delle istituzioni egiziane a pervenire a risultati definitivi sulla barbara uccisione di Giulio Regeni. Sono certo che il raggiungimento della verità, attraverso una sempre più efficace cooperazione tra gli organi investigativi, contribuirà a rilanciare e rafforzare il rapporto storico di assoluto rilievo tra i nostri paesi». Un passo opportuno, ma  è più che probabile che da Sisi venga poco o nulla sul fronte della verità sul casi Regeni: una collaborazione formale, non sostanziale, che porterà al massimo a far cadere qualche testa (e anche questo, non è detto) e negherà ancora una piena verità per una ragione molto semplice. Viste le più che probabili collusioni ad altissimo livello nell’apparato di sicurezza per la tragica fine di Giulio Regeni, Sisi non se lo può permettere.

I sostenitori di al-Sisi festeggiano in piazza (Ansa)

I sostenitori di al-Sisi festeggiano in piazza (Ansa)

Algeria, precipita aereo militare. “Oltre 250 morti”

Algeria, precipita aereo militare. “Oltre 250 morti”

Tragedia nello Stato africano, fonti militari hanno confermato la morte di tutti i passeggeri a bordo. Tra loro ci sarebbero anche 25 dirigenti del Fronte Polisario

Pubblicato il 11 aprile 2018
Algeria, aereo militare precipita a Boufarik

Algeri, 11 aprile 2018 – Tragedia in Algeria, dove questa mattina un aereo militare (un modello russo Ilyushin II-76) è precipitato causando la morte di almeno 257 passeggeri a bordo. Fra questi, ci sarebbero almeno 25 dirigenti saharawi del Fronte Polisario, movimento indipendentista sostenuto dall’Algeria nel conflitto col Marocco. L’esercito di Rabat occupa militarmente dal 1975 la regione del Sahara occidentale, della quale rivendica l’indipendenza.

LA DINAMICA – Secondo quanto riportato dall’emittente Al Arabiya, il velivolo si è schiantato al suolo cadendo da un’altezza di 300 metri, poco dopo essere decollato dalla base aerea di Boufarik, città della provincia di Blida situata a circa trenta chilometri a sud della capitale Algeri. L’agenzia algerina APS e Al Jazira confermano inoltre che l’impatto sarebbe avvenuto in prossimità di un’importante arteria stradale algerina che collega Blida ad Algeri. L’aereo era diretto a Tinduf, nel sud ovest dell’ Algeria, regione al confine con il Marocco che ospita numerosi rifugiati del popolo saharawi. Si tratta del secondo disastro aereo più grave al mondo dal lugio 2014, in cui morirono tutti i 298 passeggeri del volo MH17 della Malaysian Airlines abbattuto sui cieli dell’Ucraina orientale.

Testimoni hanno riferito di aver visto uno dei motori andare a fuoco subito dopo che il decollo del velivolo e “un denso fumo nero levarsi dalla zona dell’impatto. L’agenzia Aps ha fatto sapere che “unità speciali della protezione civile sono state mobilitate sul posto per soccorrere eventuali vittime”. Dalla tv pubblica, il capo di Stato maggiore delle forze armate algerine, Ahmed Gaid Salah, ha ordinato l’istituzione di una commissione di inchiesta sull’accaduto mentre il presidente Brahim Ghali ha dichiarato sette
giorni di lutto nazionale.

IL TESTIMONE ITALIANO –  “L’aereo era già in fiamme quando è caduto” ed è precipitato “a velocità sostenuta, quasi in picchiata”: lo ha raccontato all’Ansa Francesco Simone, un connazionale che lavora come consulente commerciale per le imprese italiane in algeria. Simone stava percorrendo l’autostrada che collega Algeri ad Orano quando nel cielo ha visto “una lingua di fuoco”, che poi ha capito essere”un aereo molto grande che aveva tutta l’ala sinistra avvolta dalle fiamme”. L’italiano ha confessato di essersela “vista brutta”, poichè il velivolo “è caduto a 300-400 metri da dove eravamo”.

Algeria, aereo precipitato: 257 morti (Ansa)

Algeria, aereo precipitato: 257 morti (Ansa)

Morto Avicii

Morto Avicii, il deejay di Levels e Wake me up

Aveva 28 anni, è stato trovato senza vita durante un viaggio in Oman. Il produttore musicale, vero nome Tim Bergling, aveva appena ricevuto la nomination per il Billboard Music Award

I VIDEO / Le 11 canzoni più amate di sempre

LE FOTO / Tmidissimo e geniale, ecco chi era Avicii

Pubblicato il 20 aprile 2018
Chi era Avicii, il deejay morto in Oman

Muscat, 20 aprile 2018 – E’ stato trovato morto, a soli 28 anni, Avicii, famoso produttore e deejay svedese che ha lavorato con artisti del calibro di Madonna e dei Coldplay. Ignote al momento le cause della morte: si sa solo che Avicii è stato trovato privo di vita oggi pomeriggio a Muscat, capitale dell’Oman, dov’era in viaggio.
A riportare la notizia vari media, tra cui Variety e la Bbc che cita le parole della sua agente, Diana Baron:  “È con profondo dolore che annunciamo la perdita di Tim Bergling, anche noto come Avicii. La famiglia è devastata e chiediamo a tutti di rispettare il loro bisogno di privacy in questo momento difficile. Non saranno rilasciate altre dichiarazioni”.

In passato aveva sofferto di pancreatite acuta, in parte dovuta anche all’eccesso di alcol. Dopo l’asportazione della cistifellea e dell’appendicite nel 2014, aveva cancellato una serie concerti. Non è chiaro tuttavia se il decesso possa avere legami con questo tipo di problemi di salute.

LA CARRIERA – Avicii è stato un pioniere della Edm (Electronic Dance Movement). Ha vinto due MTV Music Awards, un Billboard Music Award e conquistato due nomination ai Grammy. La sua morte arriva a pochi giorni dalla sua nomination ai Billboard Music Award per il suo EP “Avicii”.
Tra i suoi brani più famosi ci sono ‘Levels’, ‘Hey Brothers’ e ‘Wake me up’. A fine 2016 si era ritirato dalle scene, ma prima di allora era fra i dj più pagati al mondo: secondo Forbes, ricorda sempre Tmz, nel 2014 aveva guadagnato 28 milioni di dollari. Il suo ultimo post su Instagram risale a oltre due settimane fa, quando era in California.

I MESSAGGI DI CORDOGLIO – Tra i primi a piangere Avicii è  il dj e produttore Calvin Harris, che twitta: “Devastante notizia su Avicii, un’anima bellissima, appassionata ed estremamente talentuosa che aveva ancora tante altre cose da fare. Il mio cuore è vicino alla sua famiglia. Dio ti benedica, Tim x”. Ma tutti, amici e colleghi, sono rimasti Increduli alla notizia della sua morte. Tra i tanti messaggi di cordoglio in rete, quello di David Guetta che ha condiviso su Instagram una foto che li ritrae insieme, scrivendo: “È successo qualcosa di veramente orribile. Abbiamo perso un amico con un cuore così bello e il mondo ha perso un musicista di incredibile talento. Grazie per le tue bellissime melodie, per il tempo che abbiamo condiviso in studio, suonando insieme come dj o semplicemente godendoci la vita da amici. Riposa in pace”.

LA TIMIDEZZA – Avicii non ha mai nascosto il suo profondo disagio a esibirsi in pubblico. Cercava di spiegarlo come stress, in un’intervista disse: “Quando mi guardo indietro, penso: wow, ho fatto io tutto questo? È stato il momento migliore della mia vita, ma con un prezzo – molto stress e molta ansia per me -: è stato il miglior viaggio della mia vita”. E sul suo sito ufficiale c’è una scritta molto significativa: “Noi tutti raggiungiamo un punto nella vita e nella carriera in cui capiamo cosa è più importante per noi. Per me è creare musica. È quello per cui vivo, quello per cui sento di essere nato. La fine dei live, non ha significato la fine di Avicii o della mia musica. Sono tornato nella dimensione dove tutto ha avuto un senso: lo studio. Il prossimo passo riguarderà il mio amore nel fare musica per voi. È l’inizio di qualcosa di nuovo. Spero che vi piaccia tanto quanto me”. Peccato che nessuno possa ascoltare questa promessa o accompagnarlo nell’ultimo passo.

Il musicista svedese Avicii, morto in Oman a 28 anni (Ansa)

Il musicista svedese Avicii, morto in Oman a 28 anni (Ansa)

Venezia, arrivano i tornelli anti invasione di turisti

Venezia, arrivano i tornelli anti invasione di turisti

Già installati in città i primi due varchi metallici in vista del lungo ponte del Primo Maggio

Pubblicato il 27 aprile 2018
Venezia, i tornelli per salvare le calli

Venezia, 27 aprile 2018 – Venezia da tappa obbligata a obbligato percorso a tappe. La minaccia, evocata negli anni, questo fine setimana diventerà realtà: i tornelli da stadio per salvare le calli assediate dai turisti.

Il sindaco Luigi Brugnaro ha firmato l’ordinanza che prepara la città al lungo ponte del Primo Maggio. Oggi sono stati installati i primi due varchi metallici, serviranno a bloccare, e deviare in percorsi alternativi, il flusso di turisti che dalla terraferma vogliono raggiungere San Marco.

Un piano anti-invasioni per Venezia in un week end da ‘bollino nero’. I tornelli non bloccheranno o escluderanno nessuno, ma semplicemente regoleranno l’accesso al centro storico con una serie di deviazioni e sensi unici per impedire la calca.

Quando i parcheggi per le auto e i pullman a piazzale Roma e al Tronchetto saranno pieni, il ponte della Libertà verrà temporaneamente chiuso. Un blocco, per i pedoni, invece sarà al ponte di Calatrava. Non sono mancate le critiche dei veneziani. “Così è una città blindata”, commentano i negozianti con le vetrine vicino ai varchi.

E se proprio l’invasione sarà incontrollabile, il comandante della Polizia municipale può decidere la chiusura dei tornelli. Solo veneziani e lavoratori, mostrando un semplice documento, potranno transitare liberamente. I gruppi di turisti saranno invece deviati lungo il Ponte degli Scalzi e indirizzati verso il percorso di San Polo e Rialto, o per Santa Margherita e l’Accademia.

Sono stati installati a Venezia i primi tornelli in metallo  (Ansa)

Sono stati installati a Venezia i primi tornelli in metallo (Ansa)

Tragedia sulle Alpi svizzere, un’altra vittima.

Tragedia sulle Alpi svizzere, un’altra vittima. Morta italiana 42enne

E’ la settima vittima dell’incidente di montagna, era gravissima in ospedale. Altri sei connazionali hanno perso la vita

LE VITTIME / Identificato il quinto italiano morto

LA TESTIMONIANZA / “Io, vivo grazie all’esperienza”

Alpi Svizzere, due morti a Chamonix. Due sulle Alpi Bernesi. Una sul Monte Bianco

Pubblicato il 2 maggio 2018
Svizzera, sei alpinisti morti. Cinque italiani e una donna bulgara

Berna, 2 maggio 2018 – È salito a sette morti il bilancio del tragico incidente di montagna avvenuto nella notte tra domenica e lunedì nella regione di Arolla, in Vallese: una donna italiana di 42anni è morta all’ospedale nel tardo pomeriggio. Ad avvisare del decesso è stata la polizia cantonale vallesana, che non ha reso noto il nome della donna, la sesta connazionale morta nella tragedia.

Il numero delle vittime della tragedia della Haute Route sale così a 7, tra cui 6 italiani. Sono morti assiderati dopo aver trascorso la notte all’addiaccio la guida alpina italiana Mario Castiglioni, 59 anni, comasco ma residente in Svizzera; sua moglie Kalina Damyanova, 52 anni, nata e cresciuta in Bulgaria e che assieme al marito gestiva l’agenzia dedicata alle escursioni in montagna Mlg Mountain a Chiasso; tre persone di Bolzano, Elisabetta Paolucci, 44 anni, insegnante di scuola superiore che si era concessa un anno di pausa da lavoro, Marcello Alberti, 53 anni commercialista, e sua moglie Gabriella Bernardi, 52 anni, responsabile risorse umane alla Thun.

Stamane era stato reso noto il nome del quinto italiano deceduto nella tragedia della Haute Route: Andrea Grigioni, 45 enne residente a Lurate Caccivio (Como), infermiere in una clinica ticinese.

Ennesima tragedia: due scialpinisti morti sulle Alpi bellunesi (foto sotto)

VIDEO Chi sono le vittime

LA TESTIMONIANZA / “Io, vivo grazie all’esperienza”

IL GRUPPO IN PARTENZA

Alpi Svizzere, due morti a Chamonix. Due sulle Alpi Bernesi. Una sul Monte Bianco

 

Il Col de Glaciers, vicino ad Arolla, dove sono morti sette alpinisti (Ansa)

Il Col de Glaciers, vicino ad Arolla, dove sono morti sette alpinisti (Ansa)

Terracina, corpi in mare.

Terracina, corpi in mare. Sono compagna e figliastra di Pierluigi Iacobucci

Il 2 maggio erano uscite per una gita con la moto d’acqua insieme all’imprenditore, trovato morto il giorno dopo nelle acque di Baia di Domizia

Pubblicato il 5 maggio 2018
L'arrivo nel porto di Terracina dei due corpi ritrovati in mare (Ansa)

L’arrivo nel porto di Terracina dei due corpi ritrovati in mare (Ansa)

Terracina, 5 maggio 2018 – Due corpi sono affiorati questa mattina nel mare di Terracina, in provincia di Latina. Sono della compagna e della figliastra di Pierluigi Iacobucci, imprenditore 37enne di Mondragone (Caserta), ritrovato morto il 3 maggio scorso nelle acque di Baia di Domizia. Yaima Cappe, 31 anni, di origini cubane e la piccola Sofia, 4 anni, erano uscite con Iacobucci per una gita in moto d’acqua, il giorno precedente. Della famiglia si erano perse le tracce.

E’ stata una pattuglia della guardia di Finanza oggi ad avvistare i due cadaveri, stretti in un abbraccio, a circa un miglio dalla Foce di Torre Canneto. Subito si è parlato di una donna sulla trentina con un salvagente e di una bambina piccola, entrambe mulatte. I soccorritori avevano escluso che si trattasse di migranti.

Dopo il recupero, l’area del ritrovamento è stata controllata da altre motovedette della Guardia Costiera, nel timore che vi fossero altri corpi in mare. Ma non è stato trovato nulla. Poi nel pomeriggio l’identificazione. Si ipotizza un incidente dovuto alle cattive condizioni del tempo: i corpi, in stato di decomposizione dopo i giorni in acqua, non presenterebbero segni di violenza. Ma sarà comunque l’autopsia a mettere un punto definitivo sulla dinamica e cause dei decessi.

Sotto choc la famiglia del 32enne, che gestiva insieme al fratello alcuni supermercati in provincia di Latina, in particolare a Scauri e Minturno. Chi lo conosceva descrive Pierluigi come una persona molto sensibile e riservata, tanto da non avere un profilo sui social.

Berlusconi riabilitato

Berlusconi riabilitato, ecco come può tornare in Parlamento

Con il Rosatellum non serve il voto anticipato, ma basta che un seggio uninominale resti vacante per far scattare elezioni suppletive. Biancofiore (FI): “Per lui c’è già un posto a ottobre dopo le urne nel mio Trentino Alto-Adige. Potrebbe essere quello del collegio di Pergine Valsugana”

di ROSALBA CARBUTTI

Pubblicato il 12 maggio 2018
Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

Come funziona il rientro di Berlusconi. Il Rosatellum prevede che il Cavaliere possa candidarsi per un seggio uninominale. Come? Basta che uno dei parlamentari di Forza Italia eletti in uno di questi collegi uninominali lasci il seggio vacante per far scattare elezioni suppletive e sostituire, così, il deputato o il senatore di turno. In sintesi: se un parlamentare azzurro decidesse volontariamente di rinunciare al proprio scranno o ricoprisse un incarico incompatibile con quello di parlamentare, ecco che scatterebbero elezioni suppletive e per Berlusconi si riaprirebbero le porte del Parlamento molto prima di quanto si pensi.

Come funzionano le elezioni suppletive. In caso di seggio uninominale vacante, il Presidente della Camera interessata ne dà notizia al premier e al Ministro degli Interni. A questo punto, su deliberazione del Consiglio dei ministri, il Presidente della Repubblica convoca con proprio decreto le elezioni suppletive, fissandole in una data tra i novanta e i centotrentacinque giorni dal momento in cui il seggio è risultato vacante. Per farlo, però, deve mancare almeno un anno tra la data in cui la vacanza si è verificata e il termine naturale della legislatura. A questo punto, il parlamentare eletto a seguito di elezione suppletiva (in questo caso Berlusconi), rimarrà in carica fino al successivo scioglimento delle Camere.

Chi può rinunciare al seggio? Seguendo quando detto da Biancofiore, la prima ‘finestra’ potrebbe aprirsi già a ottobre dopo le elezioni regionali in Trentino Alto Adige. Un’altra occasione potrebbe essere la tornata elettorale al Csm, quando verranno eletti i membri laici. E’ sufficiente che un azzurro venga eletto a Palazzo dei Marescialli per lasciare lo scranno a disposizione di qualcun altro. Il primo della lista per insediarsi in Parlamento sarebbe proprio Berlusconi.