Il diesel è diventato come l’olio di palma, impresentabile.

Il diesel è diventato come l’olio di palma, impresentabile. E si è arreso anche Marchionne

Il boss di Fca non l’aveva capito, ma il mondo sta andando da un’altra parte, voltando le spalle alle auto a gasolio. Va verso la mobilità elettrica, scelta dalla Cina per contrastare un inquinamento ormai insopportabile e anche per acquistare una leadership tecnologica impensabile nei motori endotermici. E scelta dagli Stati Uniti, che hanno cavalcato il Dieselgate per vendicarsi dei produttori tedeschi e dare una spinta ai campioni nazionali, nuovi e vecchi che siano. A cominciare da Tesla e General Motors. E checché ne dica Trump. Il resto lo stanno facendo le amministrazioni delle grandi città, che hanno dichiarato guerra alle polveri sottili emesse dalle auto a gasolio

Sergio Marchionne
Sergio Marchionne

All’improvviso il diesel è diventato come l’olio di palma: impresentabile. E anche i suoi più strenui difensori, tra cui il capo di FCA Sergio Marchionne, si preparano alla resa. Non capiscono, ma si adeguano. Il boss di Fiat-Chrysler lo farà a giugno, quando presenterà il piano 2018-2022. Allora saranno passati solo otto mesi da quando, all’Università di Rovereto, il manager italo-canadese se ne uscì con un’improvvida dichiarazione sull’auto elettrica come “un pericolo per l’umanità”, una delle topiche per chi in 15 anni ha sempre saputo cavalcare i cavalli giusti. Marchionne questa volta non l’aveva capito, ma il mondo sta andando da un’altra parte, voltando le spalle alle auto a gasolio.

La guerra dei “nuovi” motori

Va verso la mobilità elettrica, scelta dalla Cina per contrastare un inquinamento ormai insopportabile e anche per acquistare una leadership tecnologica impensabile nei motori endotermici. E scelta dagli Stati Uniti, che hanno cavalcato il Dieselgate per vendicarsi dei produttori tedeschi e dare una spinta ai campioni nazionali, nuovi e vecchi che siano. A cominciare da Tesla e General Motors. E checché ne dica Trump. Il resto lo stanno facendo le amministrazioni delle grandi città, che hanno dichiarato guerra alle polveri sottili emesse dalle auto a gasolio, e i Paesi che hanno cominciato a fissare una data di scadenza per la vendita dei Diesel, manco fossero uno yogurt. L’Italia, sempre attenta a non disturbare il produttore nazionale (che ormai nazionale non è più), ha fissato questa data al comodo 2040, data che lascia 22 anni per ripensarci. Non si sa mai.

Italia, fuori da questo mondo

Il risultato è che mentre in tutta l’Europa le vendite di auto a gasolio calano (ormai siamo al 43%), in Italia si veleggia ancora ben al di sopra del 50%. Nessuno dice ai nostri connazionali che quando si troveranno a rivendere le auto acquistate oggi, tra sette-otto anni, potrebbero trovarsi con un pugno di mosche in mano, dato che il valore dell’usato sta scendendo con una velocità impressionante. Questo anche per il ‘tradimento’ di chi fino a ieri ha fatto del diesel una religione. Ad una ad una le Case annunciano di volersene liberare e tra queste cominciano a comparire le tedesche, a partire dalla più blasonata, la Porsche. Ma presto probabilmente seguirà a ruota la Mercedes, che da qualche giorno si ritrova come primo azionista un campione dell’elettrico, ovvero il gruppo cinese Geely. Infine, un’ultima annotazione sull’Italia: non vorremmo che da un eccesso di scetticismo sull’auto elettrica si passasse a un eccesso di entusiasmo, che potrebbe portare a dannose delusioni.

Tutti i limiti dell’elettrico

Il progresso di questi veicoli è evidente (una Casa tedesca ha smontato, provato e riprovato il nuovo Model 3 di Tesla, rimanendone basita), ma ancora paghiamo un deficit di infrastrutture di ricarica evidente. Solo l’Enel si sta muovendo con decisione, nel disinteresse di molte amministrazione, dei gestori di grandi infrastrutture come le autostrade, di molte utilities locali dell’energia e dello stesso Governo, tutto votato alla scelta del gas. Ora serve una svolta, ma senza promettere miracoli che non sono dietro l’angolo. La cosa più intelligente da fare, nell’immediato, sarebbe incentivare il passaggio all’elettrico dei mezzi che percorrono molti km. nei centri urbani: taxi, bus, car sharing, furgoncini per la consegna merci…E nel medio periodo costruire anche in Italia una rete di ricarica decente. Ce lo dirà anche Marchionne, a giugno.

Latina, carabiniere spara alla moglie: gravissima. Poi uccide le due figlie e si toglie la vita

Latina, carabiniere spara alla moglie: gravissima. Poi uccide le due figlie e si toglie la vita

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CRONACA
L’uomo, 44 anni, ha colpito la compagna, 39 anni, che è stata trasportata al San Camillo di Roma. Il militare dell’Arma ha poi colpito le figlie. Inutile l’intervento dei negoziatori. Quando poi gli uomini dei reparti speciali sono entrati nell’appartamento hanno trovato solo cadaveri

È finita dopo oltre 9 ore. Luigi Capasso, 44 anni, si è tolto la vita dopo aver sparato alle due figlie di 7 e 13 anni. Prima però questa mattina, all’alba alle 5.20, l’uomo, un appuntato dei carabinieri, aveva atteso la moglie Antonietta Gargiulo, 39 anni, nel garage di casa e le aveva sparato tre colpi con la sua arma di ordinanza. È tutto avvenuto a Cisterna Latina. Il militare, in servizio a Velletri, al termine del servizio è tornato a casa e ha colpito la donna: l’ha ferita alla mandibola, all’addome e alla scapola. L’allarme però è scattato solo alle 6: ai vicini che l’hanno soccorsa ha detto: “È stato mio marito”. La donna è stata trasportata con l’eliambulanza all’ospedale San Camillo di Roma: è in prognosi riservata, le sue condizioni sono gravissime. Sul posto le forze dell’ordine sono arrivate intorno alle 7.

L’agguato alla moglie, poi il furto delle chiavi di casa
Capasso
, originario di Napoli, dopo aver ferito Antonietta, che stava andando a lavorare, le ha rubato le chiavi di casa (la donna aveva cambiato la serratura). Dal garage dove ha teso l’agguato alla dona è salito su e si è barricato in casa a Collina dei Pini dove ha preso in ostaggio le sue bambine che probabilmente a quell’ora ancora dormivano. Sul posto i carabinieri hanno cercato per ore di convincere il collega a uscire dalla casa disarmato liberando le figlie. Incluso il colonnello Gabriele Vitagliano, comandante provinciale: “Temiamo per il peggio, ma non abbiamo ancora notizie definitive” aveva detto l’alto ufficiale ai cronisti. Chi è intervenuto sul posto non ha mai sentito le voci delle due bambine. Il militare aveva finito il suo servizio a mezzanotte: in caserma si occupava della raccolta delle denunce. È probabile che abbia atteso l’ora giusta per tendere un agguato alla donna che aveva già aggredito in precedenza, anche a quanto pare, non risultavano denunce all’Arma.

Spara a moglie: comandante cc Latina, si teme il peggio

Per un qualche ora si è sperato che Capasso potesse cedere: “La persona è chiusa in casa e sta dialogando con i negoziatori. Stiamo cercando di arrivare al miglior esito possibile” aveva aggiunto il comandante provinciale, che, interpellato sulle condizioni delle ragazzine, aveva aggiunto: “Ci risulta che siano con lui, ma temiamo per il peggio. L’uomo è estremamente agitato, possiamo dire che non è in sé. La situazione non è facile”. Poco dopo però era arrivata una notizia sconfortante: “Non sentiamo più voci le voci delle bambine” avevano riferito i vicini di casa che abitano sullo stesso pianerottolo. Circostanza poi confermata dai carabinieri. Dopo che i negoziatori hanno capito che ormai non c’era più tempo perché da un’ora Capasso non rispondeva più né si sentivano altri rumori sono intervenuti reparti speciali del Gis arrivati da Livorno. Quando sono entrati hanno trovato solo cadaveri.

Sottoposto a sospensione, viveva da quattro mesi in caserma
Capasso, da quattro mesi viveva in caserma, e in passato era stato sottoposto a un provvedimento disciplinare con sospensione per una presunta truffa all’assicurazione. Era stato quindi trasferito da Cisterna ad Aprilia e poi a Velletri. “Avevo incontrato le bambine qualche tempo fa ed erano terrorizzate dal padre – ha detto all’Adnkronos Maria Belli, avvocato che tutela la signora Gargiulo –La situazione tra la coppia era tesa e la situazione si era per così dire aggravata quando a settembre lui ha aggredito la moglie davanti alla Findus, suo luogo di lavoro, tanto che sono dovuti intervenire i colleghi di lei a sua difesa. In precedenza l’aveva aggredita anche a casa davanti alle bambine. – ha proseguito Belli – Dopo l’episodio di settembre lei ha deciso di separarsi e lui andò via da casa. Si sono susseguiti diversi tentativi di riavvicinamento ma tutti vani”. “Lui si faceva trovare sotto casa, la seguiva, uno stalker insomma – ha detto ancora Belli – cercava di incontrarla, ma lei, anche su mio consiglio, ha sempre rifiutato tutti gli incontri. Anche quando lui ha svuotato il conto corrente comune e disse che le avrebbe dato i soldi se acconsentiva ad incontrarlo. Mai avvenuto. È sempre stata attentissima, molto prudente”.

Carabiniere spara a moglie e figlie, poi suicida

Un testimone: “Prima due colpi in garage, poi gli spari in casa”
“Ho sentito i colpi alle cinque, tre o quattro, le figlie stavano dentro, mentre giù al garage sono stati due” racconta una vicina di casa. “Lui è andato giù al garage, ha aspettato la moglie e le ha sparato. Quindi ha preso la borsa, perché aveva cambiato la serratura la signora, è andato su e si sono sentiti tre o quattro spari. Poi sono andati su i carabinieri e gli dicevano ‘facci sentire le bambine’“, ha aggiunto la donna, spiegando che al momento degli spari lei e la figlia stavano dormendo: “Ci siamo affacciate, poi i carabinieri ci hanno fatto rientrare”.  Durante le ore della negoziaione sul profilo Facebook dell’uomo, erano apparsi messaggi che chiedevano all’uomo di liberale le figlie e consegnarsi alle forze dell’ordine: l’uomo sul social network ha il 10 febbraio l’uomo ha postato una frase del giorno che dice: “Non dire mai a me non accadrà, tutto capita anche quello che non avresti mai immaginato”. Poi gli appelli si sono trasformati in un diluvio di insulti.

Peppino di Capri, 60 anni di carriera

Peppino di Capri, 60 anni di carriera: festa al San Carlo

“Sono felice ed emozionato per questa serata d’eccezione”. Peppino di Capri festeggerà i 60 anni di carriera con un concerto-evento al Teatro San Carlo di Napoli il 21 maggio.

Il musicista ripercorrerà tutta la sua vita artistica accompagnato da un’orchestra diretta per l’occasione da suo figlio Edoardo Faiella. In scaletta tanti successi ‘evergreen’, da ‘Roberta’ a ‘Champagne’, a ‘Let’s Twist Again’.

Era il 1958, infatti, quando il giovane Giuseppe Faiella pubblicò il primo album ‘Peppino di Capri e i suoi Rockers’ con canzoni come ‘Malatia’ e ‘Nun è peccato’, e fu subito un successo da un milione di copie.

“Io il mondo l’ho girato davvero in 60 anni. E’ stata una lunga carriera – commenta Peppino di Capri – fatta di musica e tanti, tantissimi incontri con gente meravigliosa che ancora mi segue con tanto affetto, non vedo l’ora di suonare e cantare ancora per il mio amato pubblico“.

Agenti di Polizia Locale in borghese per sospendere chi usa il telefono in auto

Vigili in borghese per sospendere chi usa il telefono in auto. Prova a Cesenatico

Chat, telefonate al volante, distrazioni che possono causare gravi incidenti alla guida.

A Cesenatico, sulla riviera romagnola, iniziavano ad essere troppi, così i vigili urbani hanno deciso di trasformarsi in moderni “sceriffi”.

Vestiti con abiti civili, in motocicletta, affiancano le auto con i conducenti al telefono, li fermano e li multano.

A Cesenatico questa soluzione è arrivata, come spiega il tgcom24, dopo la pubblicazione dei dati sulle multe in città:

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su oltre 13 mila verbali, con relative sanzioni, effettuati dalla Polizia Municipale lo scorso anno, soltanto 10 erano riferiti all’uso del telefonino alla guida.

Un numero irrisorio, lontano dalla realtà.

L’amministrazione comunale ha quindi preso questa iniziativa, ben sapendo che, negli ultimi tempi, fra le cause più frequenti di incidenti c’è proprio l’utilizzo del telefono al volante.

 

 

Durante i rilievi di molti sinistri, le forze dell’ordine trovano spesso lo smartphone o l’Iphone del conducente sul pavimento dell’urto e anche la conversazione aperta

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o la schermata dei messaggi attiva col cursore in azione.

Naturalmente nessuno ammette di essere stato al telefono pochi istanti prima dell’impatto, date le pesanti sanzioni che si rischiano.

Trionfo M5S, exploit Lega. Crolla il Pd.

Trionfo M5S, exploit Lega. Crolla il Pd. Centro-destra il più votato. Piazza Affari in calo


Movimento Cinque Stelle primo partito alla Camera con il vento in poppa: ottiene il 32,5% dei consensi (era al 25,6% nel 2013). Nel centrodestra – lo schieramento più votato con il 37,2% – l’iniziale testa a testa tra Lega e Forza Italia viene vinto nettamente dal Carroccio, che va oltre il 17%, contro il 14% del partito presieduto dall’ex premier Silvio Berlusconi. Rispetto a cinque anni fa, la Lega ha quadruplicato i voti. Anche Fratelli d’Italia cresce: Giorgia Meloni ha raddoppiato i suoi voti dal 2013 (quando ottenne meno del 2%) portandosi al 4,35% sia alla Camera che al Senato. Perde il Pd, che non arriva a superare la soglia del 20 per cento in entrambi i rami del Parlamento. È questa la fotografia delle politiche 2018 (vedi qui i risultati di Camera e Senato). L’operazione di spoglio non è ancora conclusa.

LA MAPPA DEL VOTO: CAMERA
I risultati definitivi alla Camera collegio per collegio (Fonte: Ministero dell’Interno)

Renzi pronto a lasciare. Ma i suoi: a noi non risulta
Se la coalizione di centrosinistra registra un 22,8%, i Dem sono sotto la soglia del 20%. Un risultato molto negativo, che potrebber aver convinto il segretario Matteo Renzi a dimettersi, anche se Marco Agnoletti, portavoce dell’ex presidente del Consiglio, smentisce: «A noi non risulta». Alle 18 il segretario annuncia poi ufficialmente la sua decisione di lasciare la guida del partito. Non immediatamente, ma dopo l’insediamento del Parlamento e la formazione del nuovo Governo. A sinistra, Liberi e Uguali affonda nella delusione. Alla sua prima prova elettorale, la lista guidata da Pietro Grasso ha attraversato questa notte elettorale con l’incubo di non raggiungere la soglia del tre percento. Stando agli ultimi dati ufficiali, LeU supera di poco il 3%, mentre +Europa è al 2,55% alla Camera e al 2,36% al Senato.

Regge l’affluenza: intorno al 73%
Ha invece tenuto l’affluenza alle urne degli elettori: secondo i dati diffusi dal ministero dell’Interno alla Camera dei deputati ha votato il 72,93% degli elettori, al Senato 73,05%, alle Regionali (dato complessivo) il 70,87 per cento.

Piazza Affari in calo ma non c’è il crollo
Il voto in Italia, con le incertezze legate alla mancanza di una maggioranza e alla crescita dei partiti considerati meno europeisti, è stato visto con timore dagli operatori: lo spread è salito per poi ripiegare. Quanto a Piazza Affari, ha aperto in negativo. Non si è trattato di un crollo, anche se è stata la peggiore di un’Europa nel complesso positiva.

Lo scenario in parlamento
Secondo gli ultimi dati, al centrodestra andrebbero, secondo le stime, 250-260 seggi alla Camera e 130-140 seggi al Senato. Al M5S andrebbero, secondo le stime, 230-240 seggi alla Camera e 110-120 seggi al Senato. Staccatissimo il centrosinistra guidato dal Pd con circa 110-120 seggi alla Camera e 45-55 seggi al Senato. Le maggioranza politica necessaria alla Camera è 316 seggi, mentre al Senato e di 158 seggi. Questo, in sintesi, il risultato del voto per le Politiche 2018. Un quadro già emerso nelle sue caratteristiche principali nelle proiezioni diffuse in nottata dal Consorzio Opinio Italia per la Rai .

Italia divisa in tre 
Quella uscita dalla tornata elettorale di ieri è dunque un’Italia divisa in tre: M5s primo partito si impone al Sud e nelle isole; centrodestra coalizione in testa nel Centro-Nord, con la Lega avanti; in forte calo come partito e coalizione il Pd conquista solo Toscana e Trentino Alto Adige.

Voto estero: scrutinate 1/3 sezioni, Pd in testa
Il dato relativo allo scrutinio dei voti degli italiani all’estero indica, al momento, in base ai dati del Viminale, che sulle 1.858 sezioni totali, le operazioni sono chiuse in 519 sezioni per la Camera e 660 per il Senato. Il Pd ha ottenuto, per ora, il 25,6% dei voti alla Camera e il 26,7% al Senato. La coalizione di centrodestra si attesta al 20,79% alla Camera e al 21,31% al Senato e il Movimento Cinquestelle rispettivamente al 16,81% e al 16,74 per cento.

Salvini: escludo governi tecnici o di scopo
La mattina dopo la maratona elettorale Matteo Salvini è il primo leader a commentare l’esito del voto. «Escludo governi di scopo, a tempo, istituzionali – ha spiegato questa mattina durante una conferenza stampa nella sede milanese della Lega a Via Bellerio -. Non partecipiamo a governi minestrone». Alla domanda se per la Lega fosse possibile una coalizione diversa da quella del centrodestra ha risposto: «No a coalizione strane. No, no no…». «Non ho sentito Berlusconi – ha aggiunto -, lo farò dopo, ma gli accordi tra amici sono chiari. Quello faremo e farà…».

Di Maio: aperti al confronto con tutte le forze politiche
La mattina dopo la notte elettorale i vertici di M5S – Beppe Grillo, Davide Casaleggio e Luigi Di Maio si sono riuniti a Roma nel quartier generale dei Cinque Stelle a all’hotel Parco dei Principi. In una conferenza stampa che si è tenuta nella tarda mattinata Di Maio ha chiarito: «Siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche. Sentiamo la responsabilità di dare un Governo all’Italia».

Pd: «Sconfitta chiara e netta». Oggi parla Renzi
Quanto al Pd, è giallo sulle dimissioni del segretario. Al Nazareno la tensione è alta e palpabile. Per ore durante la notte nessuno ha commentato quella che si preannunciava come una vera e propria debacle, a parte il capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato, che prima di mezzanotte ha annunciato il passaggio del partito all’opposizione «se questi numeri saranno confermati». Nella notte, nella sede del Nazareno, a parlare è stato il vicesegretario dem Maurizio Martina che ha messo in evidenza la «sconfitta molto chiara e molto netta» subita dal partito, ma e ha rimandato «valutazioni più compiute» sull’esito del voto a Renzi, che parlerà nel pomeriggio di oggi. «Non sono momenti in cui si può ricorrere a esercizi verbali – ha detto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala -: per la sinistra è stata una dura sconfitta».

Calenda: no a rese dei conti
Lunedì mattina anche il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha espresso alcune considerazioni sull’esito del voto. «Rimboccarsi le maniche e ripartire – ha scritto su twitter -. Senza rese dei conti ma cercando di capire insieme gli errori fatti. Io intanto oggi torno al ministero a lavorare. Le crisi non vanno in vacanza».

Il caso Emilia Romagna
Un caso emblematico per comprendere il crollo del Pd in quest’utlima tornata elettorale è quanto accaduto in Emilia Romagna. Anche se è riuscito, in alcuni casi sul filo di lana, a conquistare alcuni collegi, in quella regione il Partito democratico ha avuto una flessione di circa 11 punti percentuali rispetto alle politiche del 2013, attestandosi attorno al 26%. Un risultato pesante se si considera che, a livello nazionale, la flessione è stata di circa la metà. Per la prima volta da quando esiste, il Pd non è il primo partito nella regione visto che, quando mancano ancora alcuni seggi da scrutinare, si profila un sorpasso, sia pure per pochi voti, da parte del Movimento 5 Stelle.

Bergoglio va alla guerra dello Ior

Bergoglio va alla guerra dello Ior: l’ex presidente della banca vaticana sotto processo

Il papa vuole azzerare i precedenti vertici, inseguiti da ombre, sospetti, malaffare e inchieste. In ballo c’è un danno da 50 milioni di euro. E molti rapporti bancari e politici da scoperchiare

Papa Francesco e Angelo Caloia, ex presidente dello Ior
Papa Francesco e Angelo Caloia, ex presidente dello Ior

Punto e a capo. Senza guardare in faccia a nessuno. La resa dei conti (pieni di ombre che imbarazzano la Chiesa) nello Ior prosegue e arriva fino al processo. Papa Bergoglio, già incalzato dallo scandalo dei sacerdoti pedofili, ha intenzione di chiudere in maniera esemplare la vicenda della banca vaticana, inaugurando una nuova era. Perché questo accada è necessario che cadano delle teste. A giudizio va Angelo Caloia, presidente per vent’anni dell’Istituto opere religiose, accusato di peculato e autoriciclaggio. In ballo c’è un danno patrimoniale stimato in 50 milioni di euro, risultato di operazioni di dismissione di parte del patrimonio della banca compiute dal 2001 al 2008.

La nota che cambia tutto

I più maliziosi sussurrano che questa voluta da Bergoglio è solo un’operazione di maquillage mediatico. Levare un personaggio eccellente e scomodo per dare un’impressione di rinnovamento, per aspettare poi il calmarsi delle acque e non far scoperchiare ulteriori magagne interne allo Ior. Sia come sia, è comunque eclatante la decisione di permettere che gli affari finanziari vaticani finiscano ufficialmente in un tribunale, e non un tribunale interno alla Chiesa. Non solo, la nota diffusa dallo stesso Ior conferma la volontà di “una governance forte e trasparente nel rispetto dei più rigorosi standard internazionali” e lo stesso istituto si costituisce parte civile per chiedere danni a chi là dentro ha comandato per un ventennio.

Il processo che spaventa le banche

Il rinvio a giudizio di Angelo Caloia può scoperchiare le dinamiche di altri complessi e delicati rapporti bancari. Caloia era infatti fino al 2014 vicepresidente di Fideuram, istituto della galassia Intesasanpaolo, e consigliere di amministrazione del Banco di Napoli. Presiedeva Sifred, fiduciaria del colosso bancario, presiedeva Société Européenne de Banque Sa, che dal Lussemburgo si occupa di gestione dei patrimoni. Caloia era in ottimi rapporti sia con Giovanni Bazoli, grande vecchio della finanza vicina alle sfere cattoliche, sia con Romano Prodi, per ragioni di trascorsi politici e accademici. A loro volta, Bazoli e Prodi sono da sempre in eccellenti rapporti. Il processo a Caloia somiglia sempre di più a una resa dei conti con cui Bergoglio vuole ridefinire da capo la gestione della banca vaticana.

Chi ha vinto e chi ha perso

Chi ha vinto e chi ha perso: la mappa del voto nei collegi uninominali

  • 05 marzo 2018

I dati sono chiari e il risultato generale anche: nessuna coalizione ha i numeri per governare. Ma dalle elezioni 2018emergono comunque due vincitori: il Movimento 5 Stelle (primo partito) e la Lega di Matteo Salvini (guida della coalizione di centrodestra, dove ha superato Forza Italia). D’altra parte, ci sono tanti sconfitti, in primis il Partito democratico, sceso sotto alla soglia del 20% per la prima volta nella sua storia.

LA MAPPA DEL VOTO: CAMERA
I risultati definitivi alla Camera collegio per collegio (Fonte: Ministero dell’Interno)

Questa la fotografia dell’Italia, scattata sui voti alla Camera. Il Movimento 5 Stelle è ampiamente il primo partito (32,64% dei consensi), con risultati che al Sud ricordano quelli della Dc anni ’60. Alle sue spalle, ma molto distante, c’è il Pd (fermo al 18,71%), seguito a circa un punto di distanza dalla Lega (17,4%). Il partito di Matteo Salvini cancella i numeri di quello di Bossi e si impone anche nelle (ex) regioni “rosse”, staccando così di oltre tre punti Forza Italia (14,03%) e portando il centrodestra alle soglie di una maggioranza autosufficiente (ma non oltre).

LA MAPPA DEL VOTO: SENATO
I risultati definitivi al Senato collegio per collegio (Fonte: Ministero dell’Interno)

Le proporzioni di voto si confermano anche al Senato. Dove il Movimento 5 Stelle ribadisce il ruolo di primo partito assoluto (32,18%) e la Lega (17,64%) quello di pivot della coalizione di centrodestra (Forza Italia è dietro con il 14,44%). Anche qui il Pd non raggiunge la soglia del 20%, fermandosi al 19,13%; mentre la coalizione di centrosinistra si attesta nel complesso a uno scarso 23 per cento.

LA DISTRIBUZIONE DEL VOTO
Percentuale ottenuta nei collegi uninominali al Senato e alla Camera dei Deputati

Il temuto crollo dell’affluenza non c’è stato. A recarsi al seggio è stato il 73,01% degli elettori al Senato e il 72,91% alla Camera: circa due punti in meno delle precedenti politiche del 2013, quando però si votò in due giornate. La maggior affluenza si è registrata nelle regioni del Centro-Nord, con il Veneto al top (78,85% al Senato e 78,72% alla Camera), seguito da Emilia-Romagna e Umbria. Al Sud, invece, c’è stata la più alta quota di astensione, a partire dalla Sicilia (62,99 al Senato e 62,72% alla Camera).

Massimo D’Alema grande sconfitto.

Liberi e Uguali fa flop: Massimo D’Alema grande sconfitto. La foto della delusione

Grasso: “Avanti, pronti al confronto con Luigi Di Maio”

Redazione Tiscali

Una delle notizie che colpiscono dopo i risultati della tornata elettorale è la sconfitta di Massimo D’Alema. Quando mancano ancora alcune sezioni da scrutinare è confermata la sconfitta del leader Maximo nel suo collegio storico salentino di Nardò dove correva per l’uninominale al Senato per Leu. Per lui la percentuale si ferma al 3,9%, poco sopra la media regionale presa dal partito di Grasso, ed è ultimo tra i candidati. La foto publicata da Republica documenta la delusione dell’ex premier.

Nel collegio vince, come quasi ovunque in Puglia, il candidato del M5s, Barbara Lezzi (39.84%), secondo è il candidato del centrodestra, Luciano Cariddi (35,17%), e terza la candidata del centrosinistra, Teresa Bellanova, viceministro uscente del Pd che ha ottenuto il 17.4%

Elezioni: vincenti e sconfitti tra big e debuttanti.

Elezioni: vincenti e sconfitti tra big e debuttanti. Passa la Boschi, tra i trombati eccellenti Lotito e Galliani

Brillante risultato, al contrario, per Emma Bonino che è riuscita a calamitare il 38,91% di preferenze. Furoi anche De Falco, Giarrusso e Francesca Barra

Elezioni: vincenti e sconfitti tra big e debuttanti. Passa la Boschi, tra i trombati eccellenti Lotito e Galliani
di Stefano Loffredo

Batosta per il ministro dell’Interno uscente, Marco Minniti, che perde a Pesaro contro Andrea Cecconi, al centro dello scandalo ‘rimborsopoli’ del Movimento 5 Stelle. Eletta con il 41,23% dei consensi la sottosegretaria Elena Boschi blindata nel collegio sicuro di Bolzano. I risultati dei “big” della politica riservano esiti scontati, ma anche sorprese in questa tornata elettorale.

Quasi la metà dei ministri del governo Gentiloni ha perso la sfida nel proprio collegio. Dario Franceschini è stato sconfitto nella sua Ferrara, il ministro del Mezzogiorno Claudio De Vincenti, candidato a Sassuolo, è arrivato solo terzo e la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, è stata superata a Pisa nel testa a testa con la candidata leghista Rosellina Sbrana. Terza, nel collegio di Genova, anche la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, che però sarà in Parlamento in quanto capolista nel proporzionale in Piemonte.

Hanno, invece, conquistato il seggio alla Camera nella sfida uninominale Beatrice Lorenzin a Modena e Graziano Delrio a Reggio Emilia. Vittoria nel collegio uninominale 12-Siena, con il 36,17% dei voti, anche per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. E rieletto il ministro della Giustizia Andrea Orlando che passa in Emilia dove è capolista alla Camera nel collegio Parma-Piacenza-Reggio. Ottima la performance del ministro dello Sport, Luca Lotti, che secondo fonti Dem, risulta essere l’esponente del Pd che ha preso più voti (in numeri assoluti, non in percentuali) nel suo collegio: ha incassato 64.252 voti, pari al 40,49% (il Pd si è fermato al 36,80%).

Ministri a parte, le politiche 2018 fanno registrare la debacle di tre esponenti vip di LeuMassimo D’Alema, candidato al Senato, ultimo nel suo collegio storico salentino, a Nardò; Piero Grasso, leader di Liberi e Uguali ed ex procuratore capo di Palermo e della Dna, nel collegio senatoriale 1 di Palermo dove è arrivato soltanto quarto (un altro ex magistrato, Antonio Ingroia, candidatosi con la lista del Popolo per la Costituzione, ha riportato sempre in Sicilia lo 0,10% alla Camera e lo 0,8% al Senato); e Laura Boldrini, che ha avuto analogo piazzamento nel collegio uninominale della Camera a Milano.

Brillante risultato, al contrario, per Emma Bonino che è riuscita a calamitare il 38,91% di preferenze ottenendo, grazie al meccanismo dell’uninominale, un seggio in Senato, sebbene la Lista +Europa non sia riuscita a superare la soglia del 3%. Premiato dalle urne il premier uscente, Paolo Gentiloni, che nella corsa nel collegio uninominale di Roma 1 ha staccato di parecchio i candidati degli altri schieramenti.

Tra i “debuttanti” della politica flop per la giornalista e scrittrice Francesca Barra in Basilicata, regione da sempre generosa di successi per il centrosinistra: ha raccolto solo il 18 per cento dei voti. Non ce l’ha fatta neppure Lucia Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato, che a Parma si è fermata al 30,37% contro il 35,13 della candidata del centro-destra Laura Cavandoli.

Tra i vip prestati dallo sport niente da fare in Campania per il presidente della Lazio Claudio Lotito mentre strada spianata verso il Senato per Adriano Galliani, l’ex amministratore delegato del Milan. Defaillance persino tra i trionfatori di queste elezioni: salta l’elezione al Senato, nelle fila dei Cinque stelle, per il comandante Gregorio De Falco, che la notte del 13 gennaio 2012 intimò in modo colorito a Francesco Schettino di risalire sulla Costa Concordia. Sotto la voce “insuccessi” finisce pure la Iena Dino Giarrusso, candidato per M5S all’uninominale a Roma.

«Devo prendere il fucile o chiamare i carabinieri? Decidi tu»

 Un’altra bella notizia della fine del 2017 è stata quella riguardante i quattro arresti effettuati dalle forze dell’ordine nei confronti dei presunti esecutori dell’omicidio del boss camorrista Gaetano Marino, avvenuto il 23 agosto 2012 sul lungomare di Terracina.

Dopo quella bella notizia, per qualche giorno ci siamo illusi di riceverne un’altra, ma non abbiamo trovato nulla al riguardo sugli organi di stampa locali.

Dopo aver letto che il Comune di Rimini si è costituito parte civile nel processo contro i presunti autori degli stupri su una turista polacca e una trans peruviana avvenuti la notte del 26 agosto 2017, speravano che anche da Terracina arrivasse una notizia simile, e invece…

E invece da parte della nostra amministrazione comunale non si parla di costituirsi parte civile nel processo per l’omicidio di Gaetano Marino, nonostante il gravissimo danno d’immagine inferto alla nostra ridente città, che vive di turismo, e senza considerare il terribile impatto psicologico che ha avuto l’efferato delitto sui nostri concittadini.

A dire la verità, è sull’intera questione legalità che i nostri rappresentanti in Consiglio comunale, di maggioranza e di opposizione, ci sembrano piuttosto latitanti, come abbiamo già evidenziato qui: https://terracinasocialforum.wordpress.com/2016/09/07/mafie-consigli-per-una-vera-opposizione

.Non ripetiamo ciò che abbiamo scritto in tale articolo, ma oggi segnaliamo ulteriori interventi ed iniziative che potrebbero essere adottate.

Ad esempio, si potrebbe istituire l’Assessorato contro il racket e la criminalità.

Oppure, si potrebbe adottare il protocollo della legalità, ideato dall’architetta lodigiana Serena Righini, dipendente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Merlino, e dall’ingegnere Luca Bertoni, già sindaco di Tavazzano e consulente tecnico, che prevede un premio (+8% delle volumetrie) a chi accetta di sottoporre a controlli serrati (da bilanci e conti correnti fino alle targhe dei mezzi in cantiere) la propria azienda e i subappaltatori, con rescissione netta del contratto (e pagamento di una penale del 20%) per chi non supera i controlli.

Inoltre, si dovrebbe promuovere il whistle-blowing tra i dipendenti comunali, con il quale segnalare in maniera anonima irregolarità e/o attività fraudolente, si deve integrare il codice di comportamento dei dipendenti comunali, adattandolo alla nuova normativa in vigore ed alle specifiche caratteristiche del Comune, si dovrebbe prevedere l’osservanza del codice di comportamento per i collaboratori esterni a qualsiasi titolo, per i titolari di organo, per il personale impiegato negli uffici di diretta collaborazione dell’autorità politica, per i collaboratori delle ditte fornitrici di beni o servizi od opere a favore dell’amministrazione, nonché prevedendo la risoluzione o la decadenza dal rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal codice stesso.

Ma una misura in particolare ci preme: istituire, ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto comunale, una Commissione consiliare d’inchiesta sul fenomeno del caporalato (nonché prevedere che il Comune si costituisca parte civile nel caso di reati di caporalato).

Nel settore agricolo vige il detto «lontano dagli occhi, lontano dal cuore». Nelle campagne i ghetti (o i casolari) privi di acqua, gas, corrente elettrica e servizi igienici diffusissimi nell’Italia centro-meridionale nei quali vengono fatti alloggiare i braccianti di nazionalità straniera, infatti, hanno un duplice scopo: consentono agli imprenditori agricoli (e ai caporali) di avere a disposizione un serbatoio di manovalanza a basso costo da sfruttare a proprio piacimento, con il beneplacito delle autorità; queste ultime, invece, ottengono il magico risultato di guadagnare consensi elettorali e contemporaneamente tenere lontano dalla vista dei cittadini piccoloborghesibenpensanti i tanti stranieri presenti sul territorio.

Danno fastidio quei pochi rifugiati che chiedono l’elemosina agli ingressi dei supermercati, come lamentato anche dal nostro primo cittadino?

Ammesso e non concesso che diano fastidio, non commettono alcun reato (per ora, almeno fino a quando non verrà dichiarato reato il chiedere l’elemosina, ed i primi segnali che ciò avvenga si percepiscono già).

Ma se danno fastidio persone che non commettono reati, perché chiudere gli occhi davanti alle illegalità che avvengono nelle campagne, con comportamenti che negano la dignità di persone che stanno qui per lavorare, non per chiedere l’elemosina, con condotte ai limiti della violazione dei più elementari diritti umani?

Questa situazione ci ricorda una canzone di vent’anni fa: “Quelli che benpensano” del rapper Frankie Hi-nrg mc. Il primo verso di quella canzone, infatti, è “Sono intorno a noi, in mezzo a noi”.

Un nostro amico che abita a Borgo Hermada ci ha raccontato, al riguardo, una storia interessante.

Ogni mattina veniva svegliato alle 6 da due colpi di clacson di un veicolo che parcheggiava sotto casa sua. Una mattina, incuriosito da quell’evento che si ripeteva tutti i santi giorni, si è affacciato alla finestra qualche minuto prima delle 6. Che cos’ha visto? Decine di indiani che aspettavano sul marciapiede. Poi, alle 6, è arrivato un furgone che, non appena parcheggiato, ha dato i due colpi di clacson. Questi ultimi erano assolutamente inutili, perché i braccianti erano già presenti sul posto, ma avevano la finalità, i due colpi di clacson, di affermare il seguente concetto: «Qui comando io».

Una mattina d’estate, il nostro amico dormiva con la finestra aperta per il troppo caldo. Alle 6, sentiti i due colpi di clacson, si è alzato dal letto esasperato e si è fiondato alla finestra gridando: «La vuoi finire con questo clacson tutte le mattine! Devo prendere il fucile o chiamare i carabinieri? Decidi tu».

Il caporale, da quel giorno, non ha più suonato il clacson alle 6 di mattina.

«Lontano dagli occhi, lontano dal cuore».

Ecco, invece il Terracina Social Forum vuole con la massima determinazione che questo velo si sollevi.

Non accettiamo più che, dalle nostre parti, le minacce le debbano subire solo i giornalisti coraggiosi che denunciano questi eventi e questo malaffare, come il nostro amico Marco Omizzolo, mentre le forze politiche, di maggioranza, di opposizione, di opposizione al di fuori del Consiglio comunale, rimangono completamente silenti per questioni di puro calcolo elettorale, tranne pochissime e lodevolissime eccezioni.

Invitiamo, poi, i nostri concittadini a segnalare qualsiasi irregolarità in cui s’imbattono (o di cui hanno eventualmente notizia) alle forze dell’ordine, ma anche alle associazioni antimafia presenti sul territorio, ad esempio Libera o l’Associazione Caponnetto.

Queste ultime, infatti, dopo anni e anni di esperienza, sanno anche come riuscire a superare i cosiddetti “porti delle nebbie”.

Noi abbiamo fiducia nel popolo.

Ma il popolo deve capire, una buona volta, che gli stanno togliendo tutto.