L’Opus Dei cerca di rialzare la testa

L’Opus Dei cerca di rialzare la testa

di supermarco

Nel nostro ultimo editoriale (https://terracinasocialforum.wordpress.com/2018/01/17/chi-vota-grasso-vota-grillo

) ci siamo soffermati sulle vicissitudini di alcuni degli schieramenti politici in lizza per le elezioni del 4 marzo prossimo.Ora ci concentriamo su un altro schieramento.

Però dobbiamo prima scrivere l’antefatto.

Agosto 2008, scoppia la guerra tra la Russia e la Georgia.

Berlusconi, all’epoca presidente del Consiglio, si schiera a favore di Putin.

Subito a Washington decidono che il Cavaliere deve sloggiare da Palazzo Chigi e si attivano immediatamente. George Soros apre prontamente due sedi in Italia della sua Open Society Foundation e partono finanziamenti a partiti, a politici, a movimenti, a quotidiani, a giornalisti.

A settembre 2009 esce nelle edicole un nuovo quotidiano la cui missione, ancora più apertamente di Repubblica e del gruppo editoriale L’Espresso, è quella di contrastare Berlusconi e di sostenere il partito che maggiormente lo attacca in Parlamento, oltre al movimento che più lo incalza al di fuori delle istituzioni.

Il movimento, poi, nei consensi elettorali prenderà il posto del partito, grazie ad un puntata di Report che distruggerà il partito e farà “transitare” tutti i voti al movimento. Da notare che a marzo 2013 George Soros riceverà il Premio Tiziano Terzani da una giuria nella quale è presente anche una giornalista di Report.

Nel 2010 l’allora presidente della Camera, Gianfranco Fini, ad un convegno sfida il Cavaliere agitando il ditino («Che fai, mi cacci?») e poi fonda un nuovo partito, denominato Futuro e Libertà.

Berlusconi resiste alle continue azioni di logoramento, ma è costretto a dimettersi a novembre 2011, dopo che le sue aziende subiscono pesantissimi attacchi speculativi in Borsa.

Particolare, quest’ultimo, che dovrebbe far riflettere circa il suo attuale impegno in politica: essendo il Cavaliere ricattabile, potrebbe essere nuovamente cacciato da Palazzo Chigi con gli attacchi speculativi.

In altre parole, Berlusconi è una carta bruciata.

Ma in quel periodo avvengono altre cose.

Invitiamo a questo punto i lettori a riflettere su un film che è uscito nelle sale cinematografiche nel 2015, “Suburra”. Il film, ambientato nel 2011, durante gli ultimi mesi del governo Berlusconi, inizia con le strane crisi di coscienza dell’ex Papa, Joseph Ratzinger.

In effetti un legame tra le dimissioni di Berlusconi e quelle di Benedetto XVI c’è, ed è fortissimo.

Dopo il 2011, infatti, l’Opus Dei ha preso sberle a non finire: Ratzinger si è dimesso, Ettore Gotti Tedeschi non è più il governatore dello IOR, Berlusconi è stato cacciato da Palazzo Chigi, alla guida della Protezione Civile non c’è più Bertolaso (http://www.lavocedellevoci.it/2010/03/04/bertolaso-luomo-dellopus-dei

), Dell’Utri è finito in galera, Samuele Piccolo ha avuto anche lui problemi con la legge, ecc., ecc.Samuele Piccolo, chi era costui?

Ne parla Claudio Cerasa nel suo libro “La presa di Roma” (Bur editore): a nemmeno 27 anni, Piccolo, alle elezioni comunali romane del 2008, ottiene circa 12.000 preferenze, risultando il più votato in assoluto.

Da dove provengono quei voti? Cerasa nel suo libro è chiaro: dall’Opus Dei.

Riguardo a Piccolo c’è un seguito nel 2010, in occasione delle elezioni regionali vinte da Renata Polverini.

Ricordate che in quelle elezioni furono escluse le liste del Popolo delle Libertà relativamente al collegio della provincia di Roma? Perché?

Qualcuno (http://www.mammasantissima.it/il-fantasma-di-samuele-piccolo-nel-giallo-delle-elezioni-regionali

) sostiene che il problema fosse proprio la candidatura di Samuele Piccolo, vicinissimo all’Opus Dei ed inviso ad altri ambienti, massonici, del centrodestra.E qui veniamo al partito che rappresenta, a partire dal nome, proprio quegli ambienti: Fratelli d’Italia.

I latini dicevano “nomen omen”. Chissà com’è, quel nome ci ricorda la fratellanza massonica.

D’altronde lo stesso Goffredo Mameli, autore dell’inno nazionale intitolato “Fratelli d’Italia”, era massone.

All’interno di Fratelli d’Italia la figura chiave è La Russa padre, legato a Ligresti, dato che La Russa nonno era amico del secondo in quanto concittadini, essendo nati a Paternò.

I legami con ambienti massonici risultano dalle intercettazioni telefoniche di indagini giudiziarie, come si può evincere da questi link:

https://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/fonsai-massoneria-ha-deciso-cosi-intercettazioni-marchionni-alderisio-1662343

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/09/11/ombra-della-massoneria-sul-caso-fonsai.html

?.Si dice che gli ecclesiastici si scaglino con veemenza contro gli omosessuali per allontanare l’ombra del sospetto da loro stessi.

E allora (stessissima logica), guardate questo video: https://www.youtube.com/watch?v=nydi2gdUvjE

.Testo: «Sogniamo anche un’Italia nella quale la massoneria, che ormai è ovunque, conceda almeno la par condicio a chi non è massone, perché non ne possiamo più di essere discriminati per il fatto che non siamo massoni anche noi».

Apriamo una parentesi: la parola “ovunque” è come la parola “tutti”.

Se dico che «fanno tutti schifo», vuol dire che faccio schifo anch’io.

Idem se affermo che «la massoneria è ovunque».

La parolina “quasi” in questi casi è l’ancora di salvezza.

«Fanno QUASI tutti schifo» assume tutto un altro significato. Ma fa meno presa sulle menti semplici che hanno poco spirito critico. Non si crea l’effetto lemming, ben noto ai pifferai magici.

Idem se si dicesse «La massoneria è QUASI ovunque».

Chiusa la parentesi.

Quindi, riprendendo il discorso, l’Opus Dei esce distrutta dalle vicende relative al periodo 2011-2013, ma ora cerca di rialzare la testa.

A conferma di tutto ciò, il più atlantista degli esponenti leghisti, Roberto Maroni, si è ritirato dall’agone politico, segno che anche la Lega è tornata su antiche posizioni, più bossiane.

Perché riteniamo Maroni il leghista più “atlantista”?

L’abbiamo capito da un’intervista che l’ex governatore della Lombardia ha rilasciato nell’estate 2012 all’inserto Sette del Corriere della Sera.

Di seguito il testo della parte finale di quell’intervista.

DOMANDA. Conosce i confini dell’Ucraina?

RISPOSTA. «Polonia, Russia, Ungheria…».

D. Monti è appena stato lì per sostenere gli Azzurri (alla finale degli Europei di calcio – NOTA NOSTRA).

R. «Non doveva andarci. Ma una volta lì, durante la premiazione avrebbe dovuto osare».

D. E cioè?

R. «Si sarebbe dovuto togliere la giacca e avrebbe dovuto mostrare una maglietta con su scritto “Tymoshenko libera”. Io lo avrei fatto».

Da notare che Maroni si esprime in questo modo a luglio 2012, un anno e mezzo prima di piazza Maidan, ma evidentemente già sapeva, grazie alla palla di vetro, anzi, al Palantìr (https://it.wikipedia.org/wiki/Palant%C3%ADr

).Con il recente ritorno della Lega sulle posizioni dell’Opus Dei, Maroni non ha potuto far altro che farsi da parte.

Un po’ come ha fatto anche Flavio Tosi, l’ex sindaco di Verona, che si è fatto un partito per fatti suoi dopo che la Lega è finita nelle mani di Maroni.

Dal libro “Opus Dei segreta” (Bur editore) di Ferruccio Pinotti (pag. 11, nota a piè di pagina n. 14):

Verona, soprannominata la «Pamplona d’Italia» per il grande potere detenuto dall’Opus Dei è una «capitale» della finanza cattolica. A Verona hanno sede il gruppo Banca Popolare di Verona e Novara, la Fondazione Cariverona, azionista chiave del colosso Unicredit. Sempre a Verona ha sede la Cattolica Assicurazioni, un altro gigante della «finanza bianca».

L’Opus Dei, quindi, sta rialzando la testa, ponendosi come asse portante dello schieramento di centrodestra.

Fino a quando resterà in piedi quella coalizione?

Fino a quando resisteranno i Fratelli?

In tutto ciò, comunque, un punto fermo c’è e lo ribadiamo: Berlusconi è ricattabile e potrebbe essere nuovamente cacciato da Palazzo Chigi con gli attacchi speculativi.

Non è pertanto il Cavaliere la soluzione per i problemi del Paese.

Cancro: apre in Italia un polo di protonterapia

Cancro: apre in Italia un polo di protonterapia: combatterà i tumori non operabili con il metodo convenzionale

Cancro: apre in Italia un polo di protonterapia: combatterà i tumori non operabili con il metodo convenzionale

Combattere i tumori resistenti alle radiazioni tradizionali oppure inoperabili perché difficili da raggiungere o circondati da organi o tessuti delicati, si può grazie alla precisione dei protoni.

E’ l’innovativo progetto ‘Proton4Life’, un grande polo di protonterapia contro i tumori che unisce il Policlinico Gemelli di Roma, l’Istituto nazionale Regina Elena e l’Enea.

Il progetto è stato presentatonegli scorsi giorni a Roma alla Regione Lazio, che ha reso possibile l’intesa pubblico-privato.

Risultati immagini per protonterapia

Il centro, che coinvolgerà in tempi diversi entrambi gli ospedali capitolini, è destinato a diventare punto di riferimento per il Centro Sud Italia e i Paesi del Mediterraneo per la protonterapia.

L’obiettivo – si sottolinea – è mettere insieme la qualità assistenziale, l’innovazione tecnologica, la ricerca clinica e l’appropriatezza delle prestazioni.

Il progetto Proton4Life prevede l’affiancamento di nuovi macchinari all’apparecchiatura clinica già esistente,

che richiederà la realizzazione di 4 bunker (sale di trattamento) in quattro anni, l’installazione di macchinari di ultima generazione per i trattamenti tumorali con protoni,

milioni di investimento privato e 54 milioni di fondi pubblici, per la cura e il trattamento di un potenziale di circa 2.300 pazienti per anno a regime e il coinvolgimento di personale specializzato pari ad almeno 120 unità.

Leggi anche:  La mamma apre la porta e si trova davanti al figlio morto

Risultati immagini per protonterapia

Per primi verranno realizzati i bunker all’interno del Gemelli che accoglierà l’apparecchiatura del progetto Top Implart.

“Vogliamo coprire gran parte del territorio e ampliare l’assistenza e per farlo avremo un team congiunto tra il Gemelli e l’Ire.

I primi trattamenti saranno al Gemelli con i primi due bunker e poi partiranno quelli dell’Ire.

La sostenibilità dell’operazione è legata a una rete di collaborazione con altri centri che smisteranno i pazienti dopo una prima selezione”, ha spiegato Marco Elefanti, direttore generali del Policlinico Gemelli.

Nel corso del 2020 andranno in funzione i primi impianti (Gantry) che generano la tecnologia per la protonterapia, e partiranno i primi trattamenti.

Successivamente ai primi mesi di attività clinica e durante l’istallazione del secondo impianto al Gemelli,

Risultati immagini per protonterapia

è previsto uno studio epidemiologico e una valutazione clinico/organizzativa, prima di avviare le opere per altri due impianti all’Ire che si concluderanno entro la fine del 2024.

Nel 2025 Proton4life sarà completamente realizzato e operativo.

La dislocazione delle due strutture del Gemelli e dell’Ire rispettivamente nelle zone nord e sud di Roma, consentirà anche una omogenea presenza nella città.

Leggi anche:  Ischemia cerebrale: quali sono i sintomi di un attacco

Ma che cos’è la protonterapia? E’ una tecnica oncologica radioterapica di precisione che consente di effettuare trattamenti più efficaci

e meno tossici sui tumori complessi che ad oggi non si possono trattare con gli interventi convenzionali.

Grazie alle proprietà fisiche dei protoni, la protonterapia permette, rispetto alla radioterapia tradizionale con fotoni,

Risultati immagini per protonterapia

di rilasciare la dose con estrema precisione sul tessuto tumorale e, conseguentemente, di irradiare il cancro con una dose più elevata,

riducendo l’esposizione e quindi i danni radio indotti sui tessuti normali.

Tali caratteristiche – si spiega – determinano una più elevata percentuale di sopravvivenza nel lungo periodo per i pazienti.

Il trattamento viene utilizzato per diverse patologie, in particolare è fortemente indicato per i tumori situati vicino a organi vitali o in aree particolarmente sensibili alla tossicità dei raggi fotonici,

come quelli del cervello o della spina dorsale, oppure neoplasie a geometria complessa, come quelli del distretto testa-collo,

o ancora tutte quelle che sviluppano radioresistenza, cioè non rispondono più alla radioterapia, ma soprattutto per i tumori pediatrici. Tutti casi che non hanno attualmente altre opzioni di cura.

“Abbiamo nuove armi nucleari invulnerabili agli Usa”

“Abbiamo nuove armi nucleari invulnerabili agli Usa”. L’orgoglio di Putin, “ora ascoltateci”

Il discorso annuale sul futuro della Russia a poco più di due settimane dal voto. Il presidente promette più benessere e lotta alla povertà

 01/03/2018 

YURI KADOBNOV VIA GETTY IMAGES

A poco più di due settimane dal voto che con ogni probabilità lo vedrà confermato come presidente della Russia per altri sei anni, Vladimir Putin compare davanti alle Camere per il discorso annuale sul futuro del Paese, un appuntamento che di solito si svolge a dicembre, ma che quest’anno il presidente ha voluto avvicinare il più possibile alle elezioni, scegliendo tra l’altro di parlare dall’edificio del Maneggio, e non dal Cremlino.

Putin sventola l’orgoglio russo facendo leva sulle armi, in particolare su un nuovo tipo di “arma nucleare invulnerabile”. In Russia è stato creato e ha superato i test un nuovo missile da crociera Sarmat con un sistema di propulsione nucleare, afferma Putin mostrando un video esemplificativo. Secondo il presidente russo, il nuovo missile ha una gittata illimitata e una traiettoria di volo imprevedibile, aspetti che renderebbero “inutile” lo scudo antimissile Usa. Secondo Putin, il nuovo missile sarà invulnerabile ai sistemi antiaerei e non ha analoghi nel mondo.

Da Mosca arriva quindi la sfida agli Usa. “Abbiamo detto diverse volte ai nostri partner che avremmo preso delle misure in risposta al piazzamento dei sistemi antimissili americani. Nonostante tutti i problemi che abbiamo affrontato, la Russia era e rimane una potenza nucleare ma nessuno ci ha ascoltato. Allora ascoltateci adesso”.

“In tutti questi anni, dopo il ritiro unilaterale degli Usa dal Trattato anti missili balistici (Abm), abbiamo lavorato molto sulle prospettive della tecnologia e degli armamenti e questo ci ha permesso di fare un rapido passo avanti nella creazione di nuovi modelli di armi strategiche”, dichiara il leader russo.

Il capo dello Stato ha ricordato che il sistema globale di difesa anti-missilistica è “la base della deterrenza nucleare” per la Russa come per gli altri stati del club nucleare. “A questo proposito – ha sottolineato – la Russia ha sviluppato e sta migliorando costantemente sistema di difesa missilistica altamente efficaci”.

Per il futuro Putin promette una Russia stabile nella top 5 dell’economia mondiale, ma non solo. “La Russia deve non solo entrare stabilmente nella top 5 dell’economia mondiale, ma aumentare il proprio Pil pro capite del 50% entro la metà del prossimo decennio”. “Si tratta di una grande sfida – ammette il presidente – ma sono fiducioso che siamo pronti a raggiungere questo obiettivo”.

Altra priorità, per Putin, è il dimezzamento del livello di povertà nel Paese entro i prossimi sei anni. Secondo i dati riferiti dallo stesso presidente, il numero dei russi che vivono sotto la soglia di povertà è aumentato da 15 a 20 milioni a causa della recente crisi economica, anche se non è paragonabile – a suo dire – con i 40 milioni di poveri del 2000. “Dobbiamo assicurare una crescita di lungo termine dei redditi reali dei nostri cittadini e in sei anni almeno dimezzare il livello di povertà”, è la promessa dell’uomo che si appresta a diventare capo di Stato per la quarta volta.

La Russia è “pronta a una svolta” tecnologica, assicura ancora Putin, secondo cui “i cambiamenti tecnologici sono sempre più rapidi” e “chi riuscirà a sfruttare questa ondata tecnologica riuscirà a lasciare indietro tutti gli altri e chi non riuscirà a farlo verrà completamente travolto da questa ondata, che lo farà annegare”. Secondo Putin, “rimanere indietro dal punto di vista tecnologico significa ridurre la sicurezza e il potenziale economico, e in seguito la perdita della sovranità”.

La Casa Bianca non è sorpresa dall’annuncio di Putin sui nuovi missili nucleari “invulnerabili”, ha detto la portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders, sottolineando che Donald Trump è “determinato a proteggere il Paese” e che le capacità difensive Usa non resteranno “seconde a nessuno”. Il presidente, ha aggiunto, garantirà che le capacità nucleari Usa rimangano ineguagliate.

Dimissioni fake

05/03/2018

ALBERTO PIZZOLI VIA GETTY IMAGES

Ci ha fatto aspettare per tutto il pomeriggio, facendo salire la suspence che nemmeno Maria Callas in astinenza da pubblico, e poi ha sganciato la bomba: Matteo Renzi si dimette. Cioè si dimette ma, testuale, “questo accadrà al termine della fase di insediamento del nuovo Parlamento e la formazione del nuovo governo”. Cioè chissà quando.

Versione maliziosa la nostra? Non tanto. Gli uomini di Renzi hanno subito tentato di smontare i sospetti su questo “chissà quando” richiamando il precedente Bersani, che, secondo loro, fu sostituito da Epifani solo dopo l’insediamento di Letta. Ma non è esattamente così: Bersani si dimette il 20 Aprile, il giorno dopo aver annunciato la decisione sull’onda del fallimento del voto dei 101 contro Prodi. Letta giura il 28 Aprile, cioè 8 giorni dopo le dimissioni ufficiali di Bersani. Quando l’assemblea del partito elegge Epifani segretario reggente l’11 maggio, Bersani era già non operativo da quasi un mese.

Insomma, per dirla con le parole di un eccellente esponente del Pd, il senatore Luigi Zanda, “Quando Veltroni e Bersani si sono dimessi lo hanno fatto e basta, un minuto dopo non erano più segretari”.

Ed è proprio Zanda, pazientissimo politico che in questi anni ha seguito Renzi per mettere in ordine tutte le scorie che si lasciava dietro, che vorremmo prendere a testimone della nostra maliziosa interpretazione dell’addio del Segretario: “Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno”. E queste non sono state date, appunto. “Le dimissioni si danno senza manovre”, continua il Senatore che fa capire cosa in effetti Renzi davvero vuole: “In un momento in cui al Pd servirebbe il massimo di quella collegialità che è l’esatto opposto dei cosiddetti caminetti, annunciare le dimissioni e insieme rinviarne l’operatività per continuare a gestire il partito e i passaggi istituzionali delle prossime settimane è impossible da spiegare”.

In parole più chiare: Renzi annuncia che se ne andrà ma nel frattempo rimarrà alla guida del partito condizionando le scelte che l’organizzazione farà nel prossimo passaggio istituzionale. Pesando dunque sulla soluzione del futuro governo e in definitiva sulle scelte del Colle, a cui ha dedicato un’implicita critica quando ha parlato dell’errore compiuto nel non andare al voto nel maggio del 2017.

Sullo sfondo di questa posizione si avverte la possibilità che una parte del Pd accetti un dialogo, in varie forme possibili, con i Pentastellati. Portando così davvero il Partito di Renzi in un percorso lontanissimo dall’attuale e di non ritorno per il Segretario.

La partita dunque, come si vede, per MR non è affatto finita. Il suo modo di operare come leader è lo stesso di sempre: importante è ridurre lo spazio di manovra di chiunque non sia d’accordo con lui e lasciarsi sempre una via di ritorno sulla scena politica. Chissà, infatti, magari alla fine di un accidentato percorso istituzionale, visto che non ci sono maggioranze certe, si apriranno altri scenari, in cui il ruolo del Pd sarà più rivelante? E chissà, magari il senatore “semplice” Matteo Renzi dopo un periodo di opposizione avrà un nuovo ruolo nel post fallimento del prossimo governo.

Tutto questo è ovviamente un procedere legittimo. Non c’è nulla di strano che il leader di un partito voglia tenere nelle sue mani il futuro della sua organizzazione. Ma allora perché annunciare dimissioni? Perché, e questo è l’aspetto non apprezzabile, una delle caratteristiche tipiche della gestione renziana è la convinzione che la leadership sia anche manipolazione della comunicazione e delle persone.

Quello che abbiamo ascoltato è il terzo discorso di Renzi da “sconfitto”, ricordiamolo qui. Il primo lo pronunciò dopo che perse le primarie con Bersani. Non dovette aspettare a lungo per rientrare in scena e salire a palazzo Chigi senza passare per nuove elezioni, come aveva promesso proprio nel discorso della sconfitta. Poi c’è stato l’addio a Palazzo Chigi dopo la sconfitta del referendum, un addio durato giusto il tempo di insediare un suo premier. L’ultimo è il terzo addio, diventato magistralmente fatto e rimandato, e, chissà, forse non sarà nemmeno necessario portarlo a termine.

Le sconfitte in realtà non fanno male a Renzi. Sa sempre dove restare. E come tornare.

Fanno male solo al partito, come si è visto in queste elezioni. E fanno male solo alla sua retorica. Dal quel primo discorso di addio, magnifico, infatti, il pathos dei suoi saluti è andato scemando, fino al frettoloso, e quasi irridente annuncio di oggi. Ma forse per il prossimo, quarto, addio si preparerà meglio.