M5s, Di Maio candidato premier.

M5s, Di Maio candidato premier. I risultati delle primarie

“Sarà il governo della riscossa degli italiani”. Abbraccio Grillo-Fico. “Non lascio il Movimento”. Giornalista insultata. Torna l’hacker. “Ho votato decine di volte”

Pubblicato il 23 settembre 2017

Roma, 23 settembre 2017 – Accompagnato da una musica da “suspence” e con qualche battuta sugli altri candidati che hanno corso nelle primarie del M5s, Beppe Grillo ha proclamato Luigi Di Maio candidato premier del Movimento 5 stelle. Ma i votanti sono stati solo 37.442: Di Maio ne ha presi quasi 31mila, per l’esattezza 30.936. “Vi assicuro che porterò avanti questo compito con disciplina e onore com’è scritto nella Costituzione che abbiamo salvato a dicembre”, ha detto Di Maio, nelle sue prime parole dal palco di Italia 5 stelle. “La responsabilità che mi avete affidato è grande ma tutti insieme ce la possiamo fare perché noi siamo il M5S e non dobbiamo mai dimenticarlo”, ha continuato Di Maio. “Porterò avanti il mio ruolo con disciplina e onore”, ha aggiunto. “Il nostro sarà il governo della riscossa degli italiani. Formeremo una squadra di governo di cui essere orgogliosi”. Alle prossime elezioni “gli italiani dovranno scegliere tra vivere e sopravvivere”.

“Io sono cosciente del ruolo che mi è stato affidato: non ho il compito di cambiare il M5s, ho il compito di cambiare il Paese“, ha continuato il candidato premier. “Noi siamo stati l’argine all’astensione. Noi non siamo nè di destra nè di sinistra”, ha specificato.

“Il capo politico ora avrà un indirizzo che non è casa mia, tutte le denunce…eh eh”, ha scherzato Grillo soffermandosi, con ironia, sul passaggio della leadership del Movimento dal Garante e fondatore al candidato premier. “Questa sera tornate a casa e riflettete su questa giornata: io torno a fare il padre di famiglia e il pensionato. Ma ci sarò sempre”. Questo il saluto di Beppe Grillo.

Tutti i balletti di Grillo, dal passo di lato a Di Maio leader – di R.CARBUTTI

LA GIORNATA

La seconda giornata di Italia a Cinque Stelle‘ si è aperta con il leader che è salito sul palco e ha cantato per gli attivisti e i portavoce. Nel pomeriggio, nel backstage del palco, ecco l’incontro e il chiarimento tra Roberto Fico e i vertici 5 Stelle. Fico, dopo le tensioni di queste ore e il suo prolungato silenzio, è arrivato nel retropalco della festa dove ha avuto un lungo incontro con Luigi Di Maio. Quindi Fico ha baciato Davide Casaleggio prima di un caloroso colloquio tra i due e poi ha incontrato Grillo. A un certo punto Grillo ha abbracciato Fico e gli ha dato alcune pacche sulle spalle. Poi lungo abbraccio di Fico anche con l’autista di Grillo, uomo fidatissimo dello staff. “Con Fico tutto bene”, ha detto Casaleggio.

“Non lascio il Movimento”, ha annunciato Fico, che ha aggiunto: “Il palco non mi è stato vietato. Il silenzio a volte è utile, è uno strumento di riflessione. Non vuol dire essere spaccati “.

Momenti di tensione, invece, quando l’inviata di Rai News Enrica Agostini, è stata aggredita mentre stava intervistando l’ortodosso Nicola Morra, a sua volta contestato. La cronista è stata interrotta con urla e insulti da parte di un gruppo di attivisti del Movimento davanti il villaggio Rousseau. Sul luogo è anche arrivata la polizia quando ormai il momento critico era passato.

DI BATTISTA – Con un videomessaggio a sorpresa, è intervenuto anche l’altro ‘big’ del Movimento, Alessandro Di Battista, per parlare ai militanti: “Luigi Di Maio si è caricato sulle spalle il Movimento, va sostenuto oggi più che mai”, dice Di Battista, che ringrazia Grillo. “è un patriota”, dice – e sottolinea come Davide Casaleggio stia “proseguendo il sogno di suo padre”.

“Vi voglio davvero tanto bene. Adesso torno in ospedale, perché Sahra sta entrando in sala parto. Il nome non lo abbiamo ancora scelto”. Così Di Battista, commosso,  saluta i militanti spiegando che non potrà essere a Rimini per la pressoché contemporanea nascita di suo figlio. E avverte la base: “Ci aspettano mesi di battaglia feroce. Restiamo compatti è obbligatorio”

Regionali Sicilia, guerra centrodestra-M5s a colpi di tranelli informatici

PRIMARIE VIOLATE – Ma sulle primarie aleggia anche l’ombra dei pirati informatici. “Beppe Grillo e Davide Casaleggio tranquilli, Luigi Di Maio ha già vinto, ve lo assicurano decine di miei voti certificati“, scrive infatti su Twitter l’hacker Rogue_0, che già in estate aveva violato la piattaforma Rousseau. E, in vari tweet successivi, posta decine di screenshot della piattaforma Rousseau da cui sembra dimostrare di aver votato più volte usando il profilo di alcuni iscritti. “La password non basta, i geni alla @casaleggio hanno messo una misura di sicurezza inviolabile per la sicurezza TOTALE del voto: l’SMS. LOL”, aggiunge prendendo in giro il Movimento.

Attacchi però smentiti dal deputato Danilo Toninelli. “Potrebbe dire qualsiasi cosa, non ci interessa. Non c’è stato assolutamente nessun attacco hacker riuscito: o meglio, abbiamo messo in atto tutte le nostre difese – spiega il parlamentare – Ci sono stati dei tentativi ma li abbiamo rimbalzati. Abbiamo ulteriormente alzato le barriere che già avevamo”. Anche dal blog di Grillo arrivano rassicurazioni: “In seguito alle verifiche possiamo affermare che la votazione si è svolta in regolarità e nessun voto è stato manomesso. Sono in corso indagini per acquisire le tracce di tutti i tentativi di attacco che sono stati respinti. Smentiamo categoricamente le dichiarazioni dell’hacker riprese dai giornali”.

Frecce tricolori a Terracina, aereo cade in mare. “Morto il pilota”

Frecce tricolori a Terracina, aereo cade in mare. “Morto il pilota”

Recuperato il cadavere. La fidanzata, presente in tribuna durante lo show, è stata colta da malore

Pubblicato il 24 settembre 2017

Terracina, 24 settembre 2017 – Tragedia a Terracina, dove durante un’esibizione delle Frecce Tricolori un aereo Eurofighter dell’Aeronautica militare è caduto in mare intorno alle 17. Il pilota è morto, il cadavere è stato recuperato in mare circa un’ora dopo. La vittima è Gabriele Orlandi, un 36enne di Cesena, in forza al Reparto Sperimentale dell’Aeronautica militare italiana. “Ancora sconosciute” le cause dell’incidente, riferisce l’Aeronautica militare. Terracina, il video dell’Eurofighter che precipita in mareTerracina, il saluto dei colleghi al pilota caduto è commovente

VIDEO / ATTENZIONE, LE IMMAGINI CHE SEGUONO POTREBBERO URTARE LA VOSTRA SENSIBILITA’

Alle operazioni di soccorso hanno partecipato i vigili del fuoco con elicottero, nucleo Saf e sommozzatori. A quanto si apprende, il pilota non si sarebbe lanciato con il paracadute, abbandonando il velivolo. La fidanzata del pilota, in tribuna per assistere allo show – sembrea insieme ai genitori delle vittima -, è stata colta da malore. All’esibizione partecipavano le Frecce Tricolori, ma il caccia precipitato faceva parte invece del reparto sperimentale di volo di Pratica di Mare.

“Il caccia stava facendo dei volteggi da solo e, arrivato quasi al termine dell’esibizione, si è schiantato in mare di punta, come se il motore avesse perso potenza – racconta uno spettatore che ha assistito all’accaduto -. Non si è sentito un botto, ma il motore che continuava ancora a girare per un pò quando il velivolo è finito sott’acqua”.

Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, e il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, sono stati subito informati dell’accaduto e “si uniscono al Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, generale di Squadra Aerea Enzo Vecciarelli nell’esprimere vicinanza e cordoglio alla famiglia ed alle persone piu’ care e vicine al giovane pilota”. Condoglianze anche dal ministro degli Esteri, Angelino Alfano.

Frecce Tricolori, caccia precipita in mare a Terracina (Ansa)

Il professore bocciato al concorso. “Al mio posto preso un asino”

Il professore bocciato al concorso. “Al mio posto preso un asino”

La denuncia: errori incredibili nella prova per diventare magistrato

di RITA BARTOLOMEI

Pubblicato il 29 settembre 2017

Bologna, 30 settembre 2017 – Giovanni Di Nardo, 48 anni, avvocato di Isernia. Penalista e cassazionista, professore universitario. Bocciato al concorso da magistrato nel giugno 2014. Non idoneo alla prova scritta.
«Ho fatto ricorso al Tar chiedendo l’annullamento della graduatoria. A maggio dell’anno scorso ho presentato anche denuncia penale per otto magistrati e un avvocato. Sono in attesa della Camera di consiglio per il prosieguo delle indagini».

Nel frattempo cos’ha scoperto?
«Abrasioni e un foglio aggiunto nel verbale di correzione».

Potrebbe essere una svista.
«Potrebbe. Impossibile invece spiegare i continui errori di ortografia, grammatica e sintassi della busta successiva alla mia».

La busta per dire i tre elaborati di penale, civile e amministrativo scritti a mano e contrassegnati da un numero, unico segno di riconoscimento, non si usa il nome.
«Appunto. Ed è qualcuno che scrive ‘conprendere’ e ‘gli’ al posto di ‘li’, ‘prefige’ e ‘provvengono’, sbaglia continuamente anche congiuntivi e apostrofi, in bella copia e in brutta. Chi ha redatto quei compiti non è che non è idoneo al concorso in magistratura, non è idoneo alla quinta elementare».

Impossibile.
«Ma vero. Eppure il primo requisito perché un elaborato possa essere considerato idoneo è proprio questo: «Una forma italiana corretta sotto il profilo terminologico, sintattico e grammaticale» e «adeguata padronanza della terminologia giuridica nonché sufficiente chiarezza espositiva, requisiti tutti indispensabili per la corretta redazione dei provvedimenti giudiziari».

Parole sacrosante, tutti gli italiani le sottoscriverebbero.
«Cito le regole stabilite dalla stessa commissione esaminatrice, messe per iscritto. Eppure il candidato degli strafalcioni è stato promosso. Idoneo con 12, il minimo, c’è scritto sugli elaborati».

Come ha fatto a saperlo?
«Insospettito dal verbale di correzione, ho chiesto di visionare i compiti della busta successiva alla mia. Pensavo ci fosse stato uno scambio di giudizi».

In altre parole, lei bocciato al posto di chi come minimo ha strapazzato la nostra lingua.
«All’inizio pensavo a un errore in buona fede. Il ministero ha negato l’accesso. Ho fatto ricorso al Tar Lazio. Dopo un anno e mezzo di difesa estenuante, sono stati condannati a esibire i compiti. Ho scritto anche al Csm perché rivedesse la graduatoria».

Cosa le hanno risposto?
«Che non sussistono elementi di novità».

Sarebbe a dire?
«Non l’ho capito. Mi sono rivolto anche al presidente della Repubblica. Gli ho chiesto di controllare l’operato del Consiglio superiore della magistratura di cui è presidente. Mi ha risposto di aver rimesso tutto al Csm».

Insomma al controllato. Ma se lei che è un avvocato esperto viene rimbalzato così, un cittadino comune che fa?
«Ci rinuncia! Alla fine ci rinuncia anche l’avvocato».

Rassegnato a fare la parte dell’asino?
«No, combatterò. Vorrei una ricorrezione almeno dei compiti elencati nel foglio aggiunto del verbale di correzione».

Lei non ha fatto errori?
«Faccio l’avvocato da 21 anni, ho insegnato all’università diritto penale. Certo non sono io a dover dire che i miei elaborati sono fatti bene, chi si loda s’imbroda. Le prove erano in tre giorni diversi, per ogni test avevo 8 ore di tempo. Ho consegnato dopo quattro ore e mezzo. Non le ho trovate difficili».

Le hanno spiegato perché è stato bocciato?
«Ah no, questo non è dato saperlo. I compiti non presentano segni, come i tre scritti male, del resto. Non ci sono motivazioni, solo il timbro di ‘non idoneo’. C’è una norma che consente di non dare spiegazioni».

Quindi: ti boccio ma non ti spiego perché.
«Proprio così. Ormai vale esclusivamente per i concorsi in magistratura».

Ora ci riproverà?
«Assolutamente no, è una presa in giro. Però andrò fino in fondo. Mi rivolgerò anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Dall’Italia non mi aspetto niente».

Concorsi, un avvocato denuncia: "Al mio posto preso un asino"

Concorsi, un avvocato denuncia: “Al mio posto preso un asino”

Egitto, attentato a moschea nel Sinai: è strage

Egitto, attentato a moschea nel Sinai: è strage

Almeno 235 morti. Una bomba durante la preghiera, poi spari sui fedeli in fuga. Sisi fa subito bombardare le postazioni jihadiste

Pubblicato il 24 novembre 2017
Egitto, attentato in moschea. Le foto del massa

Il Cairo, 24 novembre 2017 – Attentato in Egitto contro una moschea nel nord del Sinai. Pesantissimo il bilancio: almeno 235 persone sono morte e centinaia  ferite, come riferisce l’agenzia di stampa ufficiale Mena. Gli attentatori, forse una quindicina, hanno agito durante la preghiera del venerdì islamico, piazzando bombe artigianali e sparando sui fedeli in fuga dopo la deflagrazione degli ordigni. Sono stati “presi di mira da terroristi che li aspettavano davanti alla porta”, hanno precisato all’Ansa fonti che preferiscono restare anonime.

L’attacco, dicono le forze di sicurezza del Cairo citate da Mena, è avvenuto alla moschea al-Rawdah, a Bir al-Abed. Reuters cita due testimoni oculari e una fonte delle forze di sicurezza: alcuni uomini armati non identificati, sospettati dalle autorità di far parte di gruppi islamisti, hanno lanciato la bomba contro la moschea per poi aprire il fuoco contro i fedeli in preghiera.

Il presidente egiziano Abdelfatah Al Sisi ha promesso che esercito e polizia “vendicheranno” le vittime del peggior attacco terroristico nella storia recente dell’Egitto. Le forze armate “vendicheranno i nostri figli per recuperare la stabilità, risponderemo a questo atto con forza brutale”, ha detto il presidente in un discorso trasmesso dalla televisione nazionale egiziana.

L’esercito egiziano ha riferito di aver ucciso due “miliziani” e di aver distrutto diversi “covi di terroristi” nella penisola. Le forze aeree egiziane hanno bombardato postazioni jihadiste vicino al villaggio di Rawda, dove è stato compiuto l’attentato, in quella che viene chiamata “Operazione Vendetta per i martiri”.

La moschea attaccata è frequenttata da una minoranza islamica, e si trova in un piccolo centro, Bir al-Abed, a ovest della città di Arish (sotto la mappa). Nel Sinai settentrionale, ma soprattutto più a est, è attivo un gruppo jihadista alleato dell’Isis.

Il luogo. La moschea scelta per la strage è considerata roccaforte dei sufi, il ramo spirituale della galassia islamica, ritenuto eretico da parte degli estremisti dell’Isis e quindi combattuto con ferocia. E’ simbolico anche il giorno: il venerdì è festa e le moschee di tutto il mondo sono affollate per la preghiera di mezzogiorno, l’unica che comprende un sermone durante la settimana.

E sono giorni ancora più importanti per la dottrina sufi perché precedono l’anniversario della nascita del profeta Maometto (579) che sarà celebrato giovedì prossimo. Nel febbraio scorso gli estremisti rapirono e decapitarono due esponenti del mondo sufi nel Sinai proprio con l’accusa di eresia.

Dai primi racconti dei testimoni un commando di almeno quindici uomini arrivati a bordo di due auto sono entrati nella moschea durante la prima parte del sermone e hanno prima lanciato una bomba e poi hanno cominciato a sparare sulla folla in fuga. Nell’attacco sono state sterminate famiglie intere.

Il commando ha poi incendiato le auto presenti affinché non venissero utilizzate per soccorrere i feriti e cercato anche di ostacolare l’arrivo delle ambulanze.

Il presidente del consiglio Paolo Gentiloni, intervenendo ad un convegno, ha espresso solidarietà al popolo egiziano. “Richiamo l’attenzione su quello che è successo nel nord del Sinai. Dedichiamo un pensiero a quello che è accaduto in questa moschea, una strage con oltre 200 morti e con delle modalità agghiaccianti. Alle vittime, ai loro famigliari e alla comunità islamica egiziana, così forte nelle sue tradizioni, rivolgiamo una parte dei nostri pensieri confermando vicinanza e impegno”.

Asia Argento ora accusa un regista italiano: non solo Weinstein abusò di me

Asia Argento ora accusa un regista italiano: non solo Weinstein abusò di me

Nuove rivelazioni su Twitter: “Avevo 16 anni, eravamo nella sua roulotte”

Pubblicato il 15 ottobre 2017

 Roma, 15 ottobre 2017 – Non solo Weinstein. Dopo aver raccontato degli abusi subiti dal produttore di Hollywood, Asia Argento punta il dito contro un “regista italiano” . “#quellavoltache un regista/attore italiano tirò fuori il suo pene quando avevo 16 anni nella sue roulotte mentre parlavamo del personaggio”, scrive su Twitter.

E in un post appena precedente l’attrice tira in ballo una terza persona, “un pezzo grosso fra i registi di Hollywood con il complesso di Napoleone” che “mi diede Ghb (potente anestetico narcotico che può essere usato come droga ndr) e mi violentò mentre ero incosciente”.

I due tweet sono anticipati da un terzo: “Sono sicura che altri due uomini che hanno abusato di me quando ero una ragazzina e quando ero ventenne, se la stanno facendo nei pantaloni adesso”.

Asia Argento, battaglia social su Weinstein. “Solo io t…?”

In tanti si chiedono perché la Argento e le altre accusatrici di Weinstein denuncino solo dopo molti anni. Lei risponde in un’intervista alla Stampa: “La cosa più sconvolgente sono le accuse delle donne italiane, la criminalizzazione delle vittime delle violenze”, dice Asia ricordando che “Weinstein era il terzo uomo più potente di Hollywood”. Parlare avrebbe rovinato la sua carriera e alla carriera “tenevo troppo”. “Io mi sono opposta dieci, cento, mille volte a Harvey Weinstein – spiega – Mi ha mangiata. Un orco in mezzo alle gambe è un trauma”.

Ma Weinstein non è un episodio isolato, dice Asia. Adesso che i rubinetti sono aperti, altri nomi potrebbero finire sotto i riflettori. E non solo stranieri. Perché che un uomo molesti una donna abusando della propria posizione, non accade solo a Hollywood.

Elezioni Austria, vince Kurz. Socialdemocratici davanti a ultradestra

Elezioni Austria, vince Kurz. Socialdemocratici davanti a ultradestra

Il Partito Popolare vince le elezioni, ma servirà una coalizione per governare. A sorpresa il partito del cancelliere Kern sorpassa il Fpoe

Pubblicato il 15 ottobre 2017

Vienna, 15 ottobre 2017  – Sebastian Kurz esulta per la vittoria alle elezioni. Il cancelliere in pectore austriaco ha detto che interpreta il risultato delle urne come “un chiaro mandato per realizzare le riforme e i cambiamenti voluti dai cittadini”.  Il presidente austriaco, il verde Alexander Van der Bellen, ha riconosciuto la vittoria del leader dell’Oevp: “Kurz è il chiaro vincitore di questa tornata elettorale”, ricordando che il risultato definitivo sarà comunicato solo giovedì, dopo lo spoglio dei voti per corrispondenza. Ma salvo stravolgimenti, il presidente austriaco affiderà l’incarico di formare il prossimo governo al leader dei popolari, che a soli 31 anni ha ottime chance di diventare il leade politico più giovane del mondo.

Van Der Bellen si è però esplicitamente riservato il diritto di bocciare l’eventuale designazione di singoli ministri se a suo giudizio non rispetterano i criteri democratici: “Questo è un diritto del presidente se non ha fiducia in una determinata persona. Il ruolo del cancelliere è proporre i candidati ma solo di proporli”.

Il vantaggio dell’Oevp davanti a Spoe e Fpoe in Austria non è mai stato in discussione. Secondo i dati che si basano sull’97,7% di voti scrutinati, i popolari di Sebastian Kurz vengono dati al 31,7% (+7,7% rispetto al 2013), i socialdemocratici di Christian Kern al 26,9% (0%), l’ultradestra di Heinz Christian Strache al 26,0% (+5,5%). Se la vittoria del Partito Popolare di era annunciata, alle legislative di oggi, la sorpresa è arrivata dai socialdemocratici (Spoe) del cancelliere Christian Kern secondi col sorpasso all’ultradestra del Fpoe, Partito della Libertà. I liberali di Neos al 5,1% (+0,2%) l’ex verde Peter Pilz al 4,3% (prima candidatura).

In caduta libera i Verdi che restano sotto la soglia di sbarramento per entrare in parlamento, prima volta dal ’96. L’attribuzione dei seggi indica che una maggioranza di governo si avrebbe solo se i Popolari entrano in coalizione con l’estrema destra o con i socialdemocratici.

In Austria si stanno disegnando due possibili scenari per il prossimo governo: o una riedizione del 1999, l’allora cancelliere popolare era Wolfgang Schuessel, di una coalizione blu (Oevp, del vincitore odierno Sebastian Kurz) nera (dei nazionalisti xenofobi dell’Fpoe di Heinz-Christian Strache).

Su 183 seggi della Camera Kurz ne avrebbe 62 (15 in più del 2013) e la Fpoe ne ha ottenuti 51 (+11). I due partiti avrebbero insieme 112 seggi, nettamente sufficienti a governare. Per Neos 10 seggi (+1), e Pilz 8 seggi (+8).

Altra possibilità, ma più remota visto l’astio tra popolari e social democratici, potrebbe essere una nuova Grosse Koalition: l’Spoe di Karl Renner, che ha conquistato 52 deputati (0), con i 62 di Kurz riuscirebbe a tornare alla guida del Paese – come l’esecutivo uscente -, ipotesi però scartata dagli stessi leader. L’affluenza alle urne rispetto al 2013 è cresciuta dal 74,9 al 79,4%.

RISCHIO TENSIONI CON ROMA – La designazione quale cancelliere austriaco potrebbe complicare le relazioni già non facilissime tra Vienna e Roma sul dossier migranti, gestito finora proprio dal prossimo ‘premier’ di Vienna.

Kurz, che dovrebbe allearsi con l’estrema destra xenofoba per governare, ha costantemente usato la “minaccia dei migranti” per guadagnare consensi, ricorrendo al continuo spauracchio della chiusura del valico del Brennero, arrivando spesso ad un passo, ed in un caso oltre, dall’incidente diplomatico con l’Italia.

Kurz nella primavera scorsa aveva favorito la crisi del Governo austriaco guidato da Kern e si è sempre battuto sulla problematica dell’arrivo dei migranti in Europa. Dopo aver fatto chiudere la rotta dei Balcani, Kurz ha insistito per far interrompere il flusso lungo la rotta del Mediterraneo dal Nord Africa verso l’Europa attraverso l’Italia.

Il 20 luglio incontrando a Vienna il titolare della Farnesina, Angelino Alfano, Kurz aveva esordito sostenendo prima che “con il ministro degli Esteri Alfano è sempre un piacere incontrarci” salvo poi aggiungere/intimare “io sono un amico della chiarezza. Gli ho detto: basta ingressi illegali di migranti sulla terraferma italiana da Lampedusa. Attualmente al Brennero c’è una cooperazione tra le forze di polizia, ma se l’Italia continuerà a far arrivare migranti verso nord allora chiuderemo i nostri confini”.

Sottomarino argentino disperso

Sottomarino argentino disperso, si sta esaurendo l’ossigeno. “Entrati nella fase critica”

Ancora 24 ore di speranza, poi l’aria potrebbe esaurirsi. Pochissimi i dati ottenuti finora dalle ricerche, è giallo praticamente su tutto

Pubblicato il 21 novembre 2017
Sottomarino argentino, i misteri dell’Ara San Juan

Buenos Aires, 21 novembre 2017 – Restano solo 24 ore. E’ una drammatica corsa contro il tempo quella dei soccorritori argentini impegnati a localizzare il sottomarino San Juan disperso da sei giorni dopo che è stato confermato che i segnali captati ieri non provenivano dal natante. Dopo sette giorni si esaurisce l’aria all’interno del sommergibile se non esce, come si dice in gergo, a fare ‘snorkelling’. La marina argentina spiega che si sta entrando nella “fase critica”. Per questo approfittando anche del miglioramento delle condizioni del tempo, dopo onde alte fino a otto metri, quella di oggi è considerata una giornata clou per le ricerche e in ultima analisi per la sorte dei 44 marinai dell’equipaggio del San Juan. Anche se in teoria il sottomarino potrebbe anche aver perso solo i canali di comunicazione ed essere in navigazione. Fino a questo momento le autorità hanno pochi dati. La marina argentina ieri ha rivelato che il sottomarino aveva segnalato mercoledì 15 novembre una avaria. Per il capo della base navale di Mar del Plata Gabriel Galeazzi, dove il sottomorarino era atteso fra domenica e lunedì, questo “problema di batterie, un corto-circuito”, non era sufficientemente grave per far scattare una procedura d’urgenza.

LE RICERCHE – Quattordici navi e dieci aerei sono mobilitati per le ricerche di oggi, su una vasta zona intorno all’ultima posizione comunicata mercoledì dal San Juan, 430 chilometri dalle coste del Sud Est del Paese. Gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, il Brasile, il Cile e l’Uruguay partecipano alle ricerche. Un centinaio di parenti dei 44 marinai sono ospitati da giovedì nella base navale di Mar del Plata. “Hanno molta speranza. Le ore passano, l’angoscia aumenta”, ha raccontato uno psichiatra della cellulla psicologica inviato sul posto. La Marina argentina ha reso noto che una nave degli Stati Uniti ha individuato un bagliore bianco, anche se si ritiene che non possa provenire dal sommergibile

E’ GIALLO PRATICAMENTE SU TUTTO – I soccorsi ignorano se il sommergibile di 65 metri si trovi in superficie, se è alla deriva o se con ancora i motori funzionanti sarebbe semplicemente privo di mezzi di comunicazione. Non sanno neanche se si trovi in immersione volontaria o se è colato a picco. Il sottomarino avrebbe dovuto rientrare alla base di Mar del Plata domenica o lunedì. A margine delle ricerche, la marina argentina preparava oggi anche un dispositivo di salvataggio dell’equipaggio nel caso venga localizzato il San Juan. Stanno montando del materiale americano arrivato domenica. Si tratta di moduli che permettono di soccorrere 16 persone alla volta fino a più di 600 metri di profondità.

Ratko Mladic condannato.

Ratko Mladic condannato. Cosa è successo a Srebrenica

Ergastolo all’ex comandante serbo-bosniaco per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. Il massacro della città-martire l’11 luglio 1995

Gioia disperata delle madri di Srebrenica alla condanna di Mladic

Pubblicato il 22 novembre 2017
Ratko Mladic, il ‘boia di Srebrenica’ in aula all’Aja. Scoppio d’ira: espulso

L’Aja, 22 novembre 2017 – Ergastolo a Ratko Mladic. L’ex comandante serbo-bosniaco, il ‘boia di Srebrenica‘ in primo grado è stato ritenuto responsabile di alcune tra le peggiori atrocità compiute in Europa dalla fine della II Guerra Mondiale. Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia lo ha condannato per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanita’ compiuti durante il conflitto di Bosnia.

Nella sentenza si legge che Mladic  ha “condiviso l’intenzione” e “l’obiettivo criminale” di sterminare i musulmani durante la guerra in Bosnia. Mladic è stato riconosciuto colpevole di 10 degli 11 capi d’imputazione, tra cui quelli relativi alla carneficina di cui nel 1995 rimasero vittime ottomila musulmani della città-martire della Bosnia, Srebrenica.

Più di 20 anni dopo la guerra – che provocò oltre 100.000 morti e 2.2 milioni di sfollati – l’ex capo militare serbo bosniaco, ormai 74enne è stato aespulso dall’aula perché, dopo una crisi ipertensiva, i suoi avvocati hanno chiesto il rinvio della sentenza e, di fronte al rifiuto dei giudici, lui ha dato in escandescenze.

Ma cosa è successo a Srebrenica? Il massacro s’inquadra nella guerra in Bosnia Erzegovina del 1992-1995. L’11 luglio 1995 Migliaia di musulmani bosniaci furono uccisi dalle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić, con l’appoggio del gruppo paramilitare degli “Scorpioni”, nella zona protetta di Srebrenica che si trovava al momento sotto la tutela delle truppe olandesi delle Nazioni Unite.

LE TAPPE – Il 16 aprile 1993 l’Onu decise di incrementare la propria presenza a Srebrenica e dintorni e il 6 maggio istituì come zone protette le città di Sarajevo, Tuzla, Zepa, Goražde, Bihać e Srebrenica. Inoltre dichiarò che gli aiuti umanitari e la difesa delle zone protette sarebbero stati da garantire anche all’occorrenza con uso della forza, utilizzando soldati della forza di protezione delle Nazioni Unite.
La cosiddetta zona protetta di Srebrenica fu delimitata dopo un’offensiva serba del 1993 che obbligò le forze bosniache a una demilitarizzazione sotto controllo dell’Onu. Le delimitazioni delle zone protette furono stabilite a tutela e difesa della popolazione civile bosniaca, quasi completamente musulmana, costretta a fuggire dal circostante territorio, ormai occupato dall’esercito serbo-bosniaco, dove decine di migliaia di profughi si recarono in cerca di rifugio

IL MASSACRO  – Verso il 9 luglio 1995, la zona protetta di Srebrenica e il territorio circostante furono attaccati dalle truppe della Vojska Republike Srpske, e dopo un’offensiva durata alcuni giorni, l’11 luglio l’esercito serbo-bosniaco riuscì a entrare definitivamente nella città di Srebrenica. I maschi dai 12 ai 77 anni furono separati dalle donne, dai bambini e dagli anziani, apparentemente per essere interrogati, in realtà vennero uccisi e sepolti in fosse comuni.

Secondo le istituzioni ufficiali i morti furono oltre 8.372, sebbene alcune associazioni per gli scomparsi e le famiglie delle vittime affermino che furono oltre 10.000. A giugno 2015, 6.930 salme riesumate dalle fosse comuni sono state identificate mediante oggetti personali rinvenuti oppure in base al loro Dna, che è stato confrontato con quello dei consanguinei superstiti.

LA POLEMICA SULL’ONU – Durante il massacro di Srebrenica i 600 caschi blu dell’Onu e le tre compagnie olandesi Dutchbat I, II, III non intervennero. La posizione ufficiale è che le truppe Onu fossero scarsamente armate e non potessero far fronte da sole alle forze di Mladić. Si sostiene, inoltre, che le vie di comunicazione tra Srebrenica, Sarajevo e Zagabria non fossero ottimali, causando ritardi e intoppi nelle decisioni.Quando i serbi si avvicinarono all’enclave di Srebrenica, il colonnello olandese Karremans diede l’allarme e chiese un intervento aereo di supporto il 6 e l’8 luglio 1995, oltre a altre due volte nel fatidico 11 luglio. Le prime due volte il generale olandese Nicolaï, che si trovava a Sarajevo, rifiutò di inoltrare la richiesta al generale francese Janvier nel quartier generale dell’Onu a Zagabria perché le richieste non erano conformi agli accordi sulle richieste di intervento aereo. Non si trattava ancora, infatti, di atti di guerra con battaglie a fuoco. L’11 luglio, quando i carri armati serbi erano penetrati nella città, Nicolaï inoltrò la domanda di rinforzi a Janvier, che inizialmente rifiutò. La seconda richiesta dell’11 luglio fu onorata ma gli aerei  che stavano già circolando da ore in attesa dell’ordine di attaccare avevano nel frattempo ricevuto ordine di tornare alle loro basi in Italia per potersi rifornire di carburante.

Alla fine, solo due F-16 olandesi procedettero a un attacco aereo, praticamente senza alcun effetto. Un gruppo di aerei americani apparentemente non fu in grado di trovare la strada. Nel frattempo l’enclave era già caduta e l’attacco aereo fu annullato per ordine dell’Onu, su richiesta del ministro Voorhoeve, perché i militari serbi minacciavano di massacrare i caschi blu dell’Onu di Dutchbat.

A Messi la quarta scarpa d’oro

A Messi la quarta scarpa d’oro: “Sono solo uno che segna”

Catalogna dichiara l’indipendenza, ma Rajoy: “Via Puigdemont e nuove elezioni”

Catalogna dichiara l’indipendenza, ma Rajoy: “Via Puigdemont e nuove elezioni”

Aperto processo “costituente” della Repubblica. Ma Madrid scioglie il Parlamento della regione: “Si voterà il 21 dicembre”

Pubblicato il 27 ottobre 2017

Madrid, 27 ottobre 2017 – Muro contro muro. Il Parlament di Barcellona vota sì alla risoluzione sull’indipendenza della Catalogna dalla Spagna, ma il governo di Madrid interviene destituendo il presidente Charles Puigdemont e il suo ‘governo’, sciogliendo l’assemblea regionale e convocando nuove elezioni locali per il 21 dicembre.

FESTA IN PIAZZA – Un boato in piazza a Barcellona ha accolto l’annuncio della proclamazione d’indipendenza. In migliaia hanno manifestato nelle strade della città. Il Parlamento locale si è riunito all’ora di pranzo dopo numerosi rinvii. Quindi il via libera alla dichiarazione unilaterale di indipendenza, con 70 voti a favore, 10 contrari e due schede bianche.  L’opposizione unionista ha deciso di abbandonare l’Aula al momento del voto che è stato a scrutinio segreto. Il ‘Parlament’ catalano ha quindi aperto il “processo costituente” della Repubblica e deciso l’entrata in vigore della “legge di transizione giuridica e di fondazione della Repubblica”.

Con una breve cerimonia solenne, il presidente catalano Carles Puigdmont ha quindi invitato il popolo della Catalogna a difendere il paese “nelle ore che vengono” restando “sul terreno della pace, del civismo e della dignità. Come è sempre stato e continuerà”. Le centinaia di deputati e sindaci presenti hanno risposto gridando ‘Llibertat’ e poi intonando l’inno nazionale di Els Segadors.

LE CONTROMOSSE DI MADRID – La reazione del governo centrale non si è fatta attendere. Il premier Mariano Rajoy, al termine di un consiglio dei ministri straordinario, ha dichiarato destituiti dai loro ruoli sia Puigdemont sia il suo esecutivo. “La prima misura adottata oggi in virtù dell’approvazione al Senato dell’art. 155 (della Costituzione spagnola) sono la destituzione del presidente della Generalitat, del vice presidente Oriol Junqueras e dei consiglieri del governo autonomo”, ha spiegato annunciando subito dopo di aver “sciolto il Parlamento catalano”. Rajoy ha spiegato che i ministeri equivalenti spagnoli prenderanno il posto di quelli regionali. Verranno soppressi gli uffici del presidente e del vicepresidente catalano, come anche verranno sospesi i responsabili delle ‘ambasciate’ catalane all’estero (la Catalogna ha sette delegazioni di rappresentanza all’estero tra cui all’Ue e negli Usa, ndr) oltre al direttore generale dei Mossos d’Esquadra, la polizia regionale. “Il prossimo 21 dicembre si celebreranno le elezioni locali – ha continuato il premier -. Non si tratta di sospendere l’autogoverno, ma di restituirlo alla normalità il prima possibile” per “restituire la legge ai catalani”.

Misure tutte attese, visto che lo stesso Rajoy subito dopo il pronunciamento dell’assemblea catalana aveva definito l’indipendenza della Catalogna “un atto criminale” annunciando che lo stato avrebbe reagito per restaurare “la legalità”.

RADIO-TV CATALANA SALVA – Rajoy aveva anche espresso la volontà di prendere il controllo della radio e della tv catalana, TV3, accusata dagli unionisti di essere una voce troppo sbilanciata a favore dell’indipendenza della Catalogna. Ma l’ipotesi non è stata accettata dal Senato, che ha approvato un emendamento del partito socialista bloccando la richiesta di porre sotto tutela Tv3. La misura aveva suscitato nei giorni scorsi una levata di scudi in nome della libertà di stampa.

LE REAZIONI – Unione Europea e Stati Uniti si sono schierati al fianco di Madrid. “La Spagna è il nostro unico interlocutore”, ha detto il presidente della Ue, Donald Tusk. Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano ha sottolineato che l’Italia “non riconosce e non riconoscerà la dichiarazione unilaterale di indipendenza” del Parlamento Catalano. Sulla stessa linea il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani: “Nessuno in Europa riconoscerà l’indipendenza della Catalogna”.

PUIGDEMONT RISCHIA 30 ANNI DI CARCERE – Non è chiaro come Puigdemont e i suoi ‘ministri’ reagiranno alla loro destituzione. Sembra improbabile che la accettino. Anzi, secondo quanto riporta il quotidiano La Vanguardia, si sono “riuniti nel palazzo del governo locale (Palau) per seguire le istruzioni ricevute dal Parlament per istituire la repubblica catalana”. Il presidente catalano però rischia anche 30 anni di reclusione. Infatti la procura generale dello stato spagnolo è pronta a chiedere l’incriminazione per “ribellione” del politico catalano. L’incriminazione per questo reato in Spagna comporta pene molto dure, fino a 30 anni. E l’accusa potrebbe essere estesa al vicepresidente Junqueras.

MARCIA DEGLI UNIONISTI – In serata un gruppo di manifestanti unionisti ha attaccato la sede di Catalunya Radio sulla Diagonal di Barcellona rompendo i vetri dell’ingresso e proferendo insulti contro i giornalisti riferisce l’agenzia Acn. Il gruppo si era staccato da una manifestazione di circa mille persone che, inalberando bandiere spagnole, sono scese in strada per protestare contro la proclamazione dell’indipendenza. La polizia catalana è intervenuta per proteggere l’emittente.