Ratko Mladic condannato.

Ratko Mladic condannato. Cosa è successo a Srebrenica

Ergastolo all’ex comandante serbo-bosniaco per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. Il massacro della città-martire l’11 luglio 1995

Gioia disperata delle madri di Srebrenica alla condanna di Mladic

Pubblicato il 22 novembre 2017
Ratko Mladic, il ‘boia di Srebrenica’ in aula all’Aja. Scoppio d’ira: espulso

L’Aja, 22 novembre 2017 – Ergastolo a Ratko Mladic. L’ex comandante serbo-bosniaco, il ‘boia di Srebrenica‘ in primo grado è stato ritenuto responsabile di alcune tra le peggiori atrocità compiute in Europa dalla fine della II Guerra Mondiale. Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia lo ha condannato per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanita’ compiuti durante il conflitto di Bosnia.

Nella sentenza si legge che Mladic  ha “condiviso l’intenzione” e “l’obiettivo criminale” di sterminare i musulmani durante la guerra in Bosnia. Mladic è stato riconosciuto colpevole di 10 degli 11 capi d’imputazione, tra cui quelli relativi alla carneficina di cui nel 1995 rimasero vittime ottomila musulmani della città-martire della Bosnia, Srebrenica.

Più di 20 anni dopo la guerra – che provocò oltre 100.000 morti e 2.2 milioni di sfollati – l’ex capo militare serbo bosniaco, ormai 74enne è stato aespulso dall’aula perché, dopo una crisi ipertensiva, i suoi avvocati hanno chiesto il rinvio della sentenza e, di fronte al rifiuto dei giudici, lui ha dato in escandescenze.

Ma cosa è successo a Srebrenica? Il massacro s’inquadra nella guerra in Bosnia Erzegovina del 1992-1995. L’11 luglio 1995 Migliaia di musulmani bosniaci furono uccisi dalle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić, con l’appoggio del gruppo paramilitare degli “Scorpioni”, nella zona protetta di Srebrenica che si trovava al momento sotto la tutela delle truppe olandesi delle Nazioni Unite.

LE TAPPE – Il 16 aprile 1993 l’Onu decise di incrementare la propria presenza a Srebrenica e dintorni e il 6 maggio istituì come zone protette le città di Sarajevo, Tuzla, Zepa, Goražde, Bihać e Srebrenica. Inoltre dichiarò che gli aiuti umanitari e la difesa delle zone protette sarebbero stati da garantire anche all’occorrenza con uso della forza, utilizzando soldati della forza di protezione delle Nazioni Unite.
La cosiddetta zona protetta di Srebrenica fu delimitata dopo un’offensiva serba del 1993 che obbligò le forze bosniache a una demilitarizzazione sotto controllo dell’Onu. Le delimitazioni delle zone protette furono stabilite a tutela e difesa della popolazione civile bosniaca, quasi completamente musulmana, costretta a fuggire dal circostante territorio, ormai occupato dall’esercito serbo-bosniaco, dove decine di migliaia di profughi si recarono in cerca di rifugio

IL MASSACRO  – Verso il 9 luglio 1995, la zona protetta di Srebrenica e il territorio circostante furono attaccati dalle truppe della Vojska Republike Srpske, e dopo un’offensiva durata alcuni giorni, l’11 luglio l’esercito serbo-bosniaco riuscì a entrare definitivamente nella città di Srebrenica. I maschi dai 12 ai 77 anni furono separati dalle donne, dai bambini e dagli anziani, apparentemente per essere interrogati, in realtà vennero uccisi e sepolti in fosse comuni.

Secondo le istituzioni ufficiali i morti furono oltre 8.372, sebbene alcune associazioni per gli scomparsi e le famiglie delle vittime affermino che furono oltre 10.000. A giugno 2015, 6.930 salme riesumate dalle fosse comuni sono state identificate mediante oggetti personali rinvenuti oppure in base al loro Dna, che è stato confrontato con quello dei consanguinei superstiti.

LA POLEMICA SULL’ONU – Durante il massacro di Srebrenica i 600 caschi blu dell’Onu e le tre compagnie olandesi Dutchbat I, II, III non intervennero. La posizione ufficiale è che le truppe Onu fossero scarsamente armate e non potessero far fronte da sole alle forze di Mladić. Si sostiene, inoltre, che le vie di comunicazione tra Srebrenica, Sarajevo e Zagabria non fossero ottimali, causando ritardi e intoppi nelle decisioni.Quando i serbi si avvicinarono all’enclave di Srebrenica, il colonnello olandese Karremans diede l’allarme e chiese un intervento aereo di supporto il 6 e l’8 luglio 1995, oltre a altre due volte nel fatidico 11 luglio. Le prime due volte il generale olandese Nicolaï, che si trovava a Sarajevo, rifiutò di inoltrare la richiesta al generale francese Janvier nel quartier generale dell’Onu a Zagabria perché le richieste non erano conformi agli accordi sulle richieste di intervento aereo. Non si trattava ancora, infatti, di atti di guerra con battaglie a fuoco. L’11 luglio, quando i carri armati serbi erano penetrati nella città, Nicolaï inoltrò la domanda di rinforzi a Janvier, che inizialmente rifiutò. La seconda richiesta dell’11 luglio fu onorata ma gli aerei  che stavano già circolando da ore in attesa dell’ordine di attaccare avevano nel frattempo ricevuto ordine di tornare alle loro basi in Italia per potersi rifornire di carburante.

Alla fine, solo due F-16 olandesi procedettero a un attacco aereo, praticamente senza alcun effetto. Un gruppo di aerei americani apparentemente non fu in grado di trovare la strada. Nel frattempo l’enclave era già caduta e l’attacco aereo fu annullato per ordine dell’Onu, su richiesta del ministro Voorhoeve, perché i militari serbi minacciavano di massacrare i caschi blu dell’Onu di Dutchbat.

Ratko Mladic condannato.ultima modifica: 2017-11-24T19:50:55+01:00da ugo565
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